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Appunti del Corso di: Sistemi Energetici e Impatto Ambientale G P 11 maggio 2016 Sommario Questo corso è mirato ad approfondire le diverse tematiche proget- tuali ed operative degli impianti per la produzione di energia elettrica e termica, con particolare attenzione al contenimento dell’impatto am- bientale ad esse correlato. L’approccio è duplice: si tratteranno gli aspetti formativi (analisi dei problemi progettuali, delle leggi di fun- zionamento dei componenti, delle prestazioni anche in condizioni non nominali, dei meccanismi di formazione e di rimozione degli inqui- nanti), ma fornisce anche una conoscenza dello stato dell’arte e dello sviluppo tecnologico di macchine e impianti, nonchè dei criteri generali di progettazione e di valutazione tecnica, economica ed ambientale. 1

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Appunti del Corso di:Sistemi Energetici e Impatto Ambientale

G P

11 maggio 2016

SommarioQuesto corso è mirato ad approfondire le diverse tematiche proget-

tuali ed operative degli impianti per la produzione di energia elettricae termica, con particolare attenzione al contenimento dell’impatto am-bientale ad esse correlato. L’approccio è duplice: si tratteranno gliaspetti formativi (analisi dei problemi progettuali, delle leggi di fun-zionamento dei componenti, delle prestazioni anche in condizioni nonnominali, dei meccanismi di formazione e di rimozione degli inqui-nanti), ma fornisce anche una conoscenza dello stato dell’arte e dellosviluppo tecnologico di macchine e impianti, nonchè dei criteri generalidi progettazione e di valutazione tecnica, economica ed ambientale.

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Indice1 Proprietà termodinamiche dei Fluidi 4

1.1 Miscele di gas perfetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2 Cenni di Combustione: definizioni e calcoli 7

3 Analisi Entropica dei Sistemi Termodinamici 103.1 Formulazione generale: impiego congiunto del I e del II prin-

cipio della termodinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

4 Le irreversibilità nei cicli termodinamici 134.1 Perdite per scambi di calore a ∆T finiti . . . . . . . . . . . . 134.2 Irreversibilità interne al fluido . . . . . . . . . . . . . . . . . 134.3 Miscelamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

5 Tecnologia delle centrali a vapore 155.1 il ciclo a vapore d’acqua - Ciclo Rankine . . . . . . . . . . . . 155.2 I fattori che caratterizzano le prestazioni . . . . . . . . . . . . 16

5.2.1 Temperatura massima del ciclo . . . . . . . . . . . . . 165.2.2 Pressione massima del ciclo Pmax,ciclo . . . . . . . . . 175.2.3 Pressione di condensazione Pmin,ciclo . . . . . . . . . . 175.2.4 Numero di rigeneratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . 185.2.5 Numero di RH + SH . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

5.3 L’assetto delle moderne centrali . . . . . . . . . . . . . . . . . 185.3.1 La turbina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 195.3.2 Il generatore di vapore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225.3.3 Il condensatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265.3.4 Gli scambiatori di calore e le alette . . . . . . . . . . . 26

6 Emissioni di Inquinanti 306.1 Cenni sulle emissioni di inquinanti . . . . . . . . . . . . . . . 30

6.1.1 Le unità di misura delle emissioni . . . . . . . . . . . . 306.1.2 Conversione Emissioni espresse X%O2 −→ Y%O2 . . 316.1.3 Concentrazioni massiche . . . . . . . . . . . . . . . . . 326.1.4 Concentrazione riferita all’unità di energia . . . . . . . 33

6.2 Emissioni di gas incombusti CO . . . . . . . . . . . . . . . . . 336.2.1 Meccanismi di formazione di incombusti . . . . . . . . 336.2.2 Meccanismi di abbattimento di incombusti . . . . . . 33

6.3 Emissioni di ossidi d’azoto NOx . . . . . . . . . . . . . . . . . 346.3.1 Meccanismi di formazione di NOx . . . . . . . . . . . 346.3.2 Riduzione formazione di NOx in sede di combustione 366.3.3 Sistemi secondari di rimozione SCR . . . . . . . . . . 38

6.4 Emissioni di ossidi di zolfo SOx . . . . . . . . . . . . . . . . . 396.4.1 Meccanismi di abbattimento di SOx . . . . . . . . . . 40

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6.4.2 Abbattimento di SOx con FGD . . . . . . . . . . . . . 406.4.3 Abbattimento di SOx in sede di combustione FBC . . 43

6.5 Emissioni di particolato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 446.5.1 Meccanismi di rimozione del particolato . . . . . . . . 45

6.6 Configurazioni linea fumi centrale a vapore . . . . . . . . . . 48

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1 Proprietà termodinamiche dei FluidiUn fluido si comporta come un gas perfetto quanto più è lontano dal suopunto critico, nella maggior parte delle situazioni in cui ci si trova ad ope-rare le pressioni sono minori della pressione critica e le temperature sonomaggiori della temperatura critica, quindi l’approssimazione a gas perfetti èspesso valida. In condizioni operative quindi, l’aria è quasi sempre appros-simabile con il modello del gas perfetto e anche i prodotti di combustionecome N2, O2, ecc. sono considerabili come gas perfetti.

L’acqua invece no, la sua temperatura critica Tc = 373◦C e la sua pressionecritica Pc = 221bar non permettono l’approsimazione come fluido ideale,a meno che non sia presente in percentuali molto piccole, in questo casoè come se l’acqua si trovasse alla sua pressione parziale (quindi minore).Nel caso quindi si trovasse tra le componenti, in percentuali piccole, del gascombusto può essere considerata come g.p. purchè la pressione sia bassa ela temperatura sia elevata. Ciò non è possibile nei cicli a vapore, come ilciclo Rankine, in cui durante le trasformazioni l’acqua si trova in uno statobifase e bisogna quindi ricorrere alle tabelle per ricavare le proprietà .

Equazione dei gas perfetti ( o ideali)

p · v = R

MM· T (1.1)

Se il gas è monoatomico, inoltre, il suo cp è costante e vale

c∗p = 5

2R∗ = cost (1.2)

L’aria è formata, principalmente e con buona approssimazione, da due gasbiatomici: l’azoto N2 e l’ossigeno O2, i gas prodotti dalla combustione sonoa loro volta biatomici o poliatomici e hanno quindi il c∗

p variabile.

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Figura 1: c∗p in funzione della temperatura

I c∗p nei manuali tecnici-ingegneristici sono tabulati in forme polinomiale per

le varie specie chimiche e sono del tipo:

c∗p = a+ bT + cT 2 + . . . (1.3)

Tutte le proprietà estensive sono ricavabili, nota la massa molecolare e lalegge di variazione del calore specifico in funzione della temperatura, perogni p e T dalle seguenti relazioni:

Entalpia

h = ho +∫ T

To

c∗pdT (1.4)

generalmente vale lungo una trasformazione isobara, per i gas perfettiinvece vale sempre dato che h = h(T )

L’entalpia specifica alla massa [kJ/kg] è convenzionalmente posta a zero aT0 = 25◦C per le sostanze pure come ( N2, O2, H2, Ar), mentre per sostanzerisultanti dalla combinazione di più specie atomiche il suo valore assolutoa T0 = 25◦C corrisponde all’opposto del calore di formazione Cf dellamolecola.

Calore di formazione Cf

h0 = −Cf (1.5)

è la quantità di calore che si è dovuta sottrarre al gas combusto perriportarlo alla temperatura di T0 = 25◦C a partire dall’elevata tem-peratura in cui si trova dopo la reazione di combustione, fortementeesotermica.

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Questa convenzione è molto comoda nei calcoli perchè permette di scriverei bilanci entalpici in maniera semplice, senza termini correttivi, pur tenendoconto correttamente della presenza di reazioni chimiche. In generale quindisi esprimerà l’entalpia come la somma di un termine fisico legato alla tem-peratura hS =

∫cpdT e di uno legato al calore di formazione Cf .

Si definisce temperatura adiabatica della forma stechiometrica latemperatura tale per cui si ottiene:

h = ho +∫ T

To

c∗pdT = 0 (1.6)

L’exergia a p0 = 1atm con T0 = 25◦C, corrisponde in generale al lavoro otte-nibile con un processo reversibile da una massa unitaria di gas in condizionigeneriche, riportandola allo stato morto termodinamico.

1.1 Miscele di gas perfetti

Le proprietà si calcolano dai gas puri in esse contenute, nota la composizionemolare o massica della miscela si ha:

frazione molare

xi = molimoltot

(1.7)

pressione parziale

pi = xi · p (1.8)

massa molare della miscela

MM =∑

xi ·MMi (1.9)

frazione massica

yi = kgi

kgtot= xi

MMi

MM(1.10)

L’entalpia massica della miscela sarà la somma delle entalpie moltiplicateper la loro frazione massica:

hy =∑

yihi (1.11)

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Entropia

s = s0 +∫ T

To

c∗pdT −

R

MMln( p

p0) (1.12)

Per quanto riguarda invece l’ entropia ci sono alcune differen-ze a causa della sua dipendenza dalla pressione, oltre che dallatemperatura.

Per definire lo stato 0 ho bisogno oltre a T0 = 25◦C, anche di p0 = 101325Pa.Nota la funzione di c∗

p in funzione della temperatura, è possibile svolgere l’in-tegrale e, tramite il valore di s0 tabulato, calcolare l’entropia s.

In una miscela, lo stato termodinamico di un singolo gas è determinatodalla sua pressione parziale, per cui si dovrò utilizzare per ogni componente,l’entropia alla sua pressione parziale e non alla pressione della miscela.Definita quindi per una certa specie chimica l’entropia alla pressione effettivas e s∗ quella alla pressione parziale si avrà che:

s∗(pi, T ) = s(p, T )− R

MMlnpi

p= s(p, T )− R

MMln(xi) (1.13)

L’entropia della miscela smix sarà data dalla somma delle s∗(pi, T ) e nondalla somma delle s(p, T ) e risulta quindi:

smix =∑

yi · s∗ (1.14)

da cui:

smix =∑

yi(si −R

MMln(xi)) =

∑yisi −

R

MM

∑yiln(xi) (1.15)

Si può dire quindi che l’entropia della miscela è la somma delle entropie dellesingole componenti, pesate sulle frazioni massiche, con l’aggiunta del termine−(R/MM) ·xi · ln(xi), che costituisce l’entropia di miscelamento ∆smix.Ciò significa che se miscelassimo un certo numero di componenti tutti adun certo valore di p e T, l’entropia della miscela risultante è aumentatadi ∆smix rispetto all’entropia iniziale dei componenti. Si noti che ∆smix èpositivo, che rende conto dell’irreversibilità dell’operazione di miscelamento,ovvero di aver dissipato lavoro teoricamente ricavabile dall’espansione dallapressione totale alle singole pressioni parziali dei componenti. Il ∆smix ècorrelato alla perdita di lavoro reale.

2 Cenni di Combustione: definizioni e calcoliLa combustione è una reazione esotermica chimica tra un combustibile ed uncomburente: i prodotti della reazione avranno una T maggiore dei reagenti.

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I cicli che utilizzano i cicli di combustione interna come sorgente di caloresono i più diffusi nella generazione di potenza e tra quelli a combustioneinterna rientrano le turbine a gas.

La quantità di calore sviluppata dalla reazione chimica di ossidazione diun generico combustibile viene chiamata "potere calorifico" La sua defini-zione viene formulata considerando i flussi di entalpia delle specie chimichepartecipanti alla combustione: in ingresso il comburente - in genera aria -(suffisso ox = oxidizer e il combustibile (suffisso f = fuel ), in uscita i gascombusti (suffisso g = gas, riportati alla condizione di riferimento T0, p0 esi ha quindi:

Potenza sviluppata nella combustione

Wcombustione = Gf · LHV = Goxhox,0 +Gfhf,0 −Gghg,0 (2.1)

LowerHeatingV alue = LHV = αhox,0 + hf,0 − (α+ 1)hg,0 (2.2)

α rappresenta il rapporto in massa tra comburente e combustibile.

α = Gox

Gf(2.3)

LHV rappresenta fisicamente il calore sottratto dai prodotti delle rea-zioni di ossidazione di un dato combustibile per riportarli alle condi-zioni iniziali dei reagenti, considerando che l’entalpia dell’acqua neifumi allo stato gassoso.

L’utilizzo dell’LHV è alternativo a quello del potere calorifico superiore(HHV = Higher Heating Value), che considera invece l’acqua nei fumi al-lo stato liquido e rappresenta quindi il calore recuperabile dai prodotti dicombustione, compreso il calore ottenuto dalla condensazione dell’acqua pro-dotta nella combustione: non essendo questa operazione normalmente per-seguita nei processi si preferisce usare LHV.

I valori di LHV e HHV sono univocamente definiti una volta nota la com-posizione chimica del combustibile.

La loro definizione prevede di impiegare un rapporto aria/combustibile ste-chiometrico, cioè che tutto il carbonio e tutto l’idrogeno contenuti nel com-bustibile vengano completamente ossidati a CO2 e a H2O, utilizzando tuttol’ossigeno presente nell’aria.

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In generale, utilizzando delle entalpia che tengano conto dell’entalpia fisica:

h = hs − Cf (2.4)

h = h0 +∫ T

To

c∗pdT = −Cf + hs (2.5)

Considerando il bilancio di un combustore adiabatico, in cui si indica con Gf

la portata massica di combustible, con Gox la portata massica di ossidantee con Gf · LHV il calore scambiato per riportare a temperatura iniziale laportata massica Gg di gas combusti, si ottiene:

Bilancio Energetico del Combustore Adiabatico

Gf · hf +Gox · hox = Gg · hg (2.6)

Si noti che, per tutte le specie, h0 è l’opposto del calore di formazione:h0 = −Cf , in quanto la definizione di LHV è riferita a T = 25◦C e i terminidi entalpia fisica hs sono nulli ( si ricordi che h = hs−Cf ), per cui intendocon Cf,g i calori di formazione dei componenti dei gas combusti pesati perla loro frazione massica, e analogamente per l’ossidante e il combustibile, siottiene:

Gf · LHV = Gg · Cf,g −Gox · Cf,ox −Gf · Cf,f (2.7)

Quest’equazione può essere riscritta utilizzando invece di h, la sola entalpiafisica hs =

∫ TToc∗

pdT e introducendo LHV per tenere conto delle reazioni dicombustione.

Gf · hf +Gox · hox = Gg · hg (2.8)

sostituendo h = hs − Cf

Gf · (hs − Cf )f +Gox · (hs − Cf )ox = Gg · (hs − Cf )g (2.9)

sostituendo nella definizione di LHV

Gf · LHV = Gg · Cf,g −Gox · Cf,ox −Gf · Cf,f (2.10)

si può riscrivere in

Gox · hs,ox +Gf · (hs,f + LHV ) = Gg · hs,g (2.11)

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A questo punto, l’espressione ricavata si presta ad una semplificazione uti-lizzabile per un calcolo non rigoroso ma utile per veloci valutazioni di primaapprossimazione.

Sostituendo i termini hs = cp · (T −T0) e si ipotizza di utilizzare lo stesso cp

per ossidante, combustibile e gas combusti.

Gox·cp·(Tox−T0)+Gf ·(cp·(Tf−T0)+LHV ) = (Gox+Gf )·cp·(Tg−T0) (2.12)

Gf · LHV = Gox · cp · (Tg − Tox) +Gf · cp · (Tg − Tf ) (2.13)

e se si ipotizza anche che Tf = Tox si ottiene:

Gf · LHV = Gg · cp · (Tg − Tox) (2.14)

3 Analisi Entropica dei Sistemi TermodinamiciNell’analisi delle trasformazioni energetiche, è conveniente introdurre degliindici di valutazione che sappiano indicare:

• le quantità relative dei flussi di energia coinvolti.

• il merito della macchina che opera tali trasformazioni.

Il 1◦ principio della tdn. va bene al primo scopo, mentre è limitato nel qua-lificare la correttezza termodinamica delle trasformazioni in atto. E’ peròpossibile fare luce su quest’ultimo aspetto utilizzando i concetti del secondoprincipio o della degradazione dell’energia.

I cicli combinati, relativi a cicli aperti, non sono limitati superiormente,mentre i cicli chiusi, come un ciclo a vapore, hanno dei limiti superiori det-tati dalla resistenza dei materiali ad alte temperature.

Considerando il rendimento di primo principio di un generico ciclo termodi-namico di produzione di potenza di combustibili fossili si ha:

ηI = risultato utile

spesa energetica= Welettricanetta

Qin(3.1)

Per ovviare a queste lacune, che si rivelano spesso delle trappole concettualiportando a gestioni energetiche irrazionali, è stato elaborato il concetto di"rendimento di 2◦ secondo principio" genericamente definito come:

ηII = risultato utile

risultato utile REV(3.2)

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Il denominatore rappresenta il massimo effetto utile ottenibile con macchinee processi ideali ai sensi del secondo principio, in cui è annullato qualsiasidegrado energetico a seguito della produzione di entropia conseguente alleirreversibilità .

3.1 Formulazione generale: impiego congiunto del I e del IIprincipio della termodinamica

Figura 2: Schema di un generico sistema termodinamico interagente conl’ambiente

Il sistema scambia con l’esterno una potenza meccanicaW e diverse potenzetermiche Qi, attraverso sorgenti di calore a temperature Ti; nel sistema sonointrodotte una o più portate massiche Gin e Gout, si supponga il sistema incondizioni stazionarie e si scriva:

primo principio della termodinamican∑

n=0Qi −W +

∑in

Gh∗ −∑out

Gh∗ = 0 (3.3)

secondo principio della termodinamica

−n∑

i=0

Qi

Ti−∑in

Gs+∑out

Gs = ∆S ≥ 0 (3.4)

Si noti che s è l’entropia specifica, funzione di stato delle masse fluenti nelsistema, mentre∆S rappresenta la generazione di entropia totale del sistemaa causa delle trasformazioni irreversibili avvenute.Considerando un solo flusso G in e out, si ottiene dalla prima:

G · (hout − hin) =∑

i

Qi −W (3.5)

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e analogamente per la seconda:

G · (sout − sin) =∑

i

Qi

Ti+∆S (3.6)

Sommando membro a membro e moltiplicando la seconda per la temperaturadell’ambiente di riferimento che rappresenta lo stato morto caratterizzatoda T0, P0, cioè lo stato in cui un generico fluido, raggiunto questa condizionenon permette più di ricavare alcuna forma di energia utile, si ottiene:

W =n∑

i=1(1− T0

Ti)Qi +

∑in

G(h∗ − T0s)−∑out

G(h∗ − T0s)− T0∆S

(3.7)

I vari termini dell’ultima relazione ricavata mettono in relazione la potenzameccanica scambiata dal sistema con:

• i flussi della grandezza h∗ − T0s che indica la disponibilità del fluidoa compiere lavoro rispetto ad uno stato di riferimento.

• gli equivalenti meccanici della potenza termica Wme,i che rappresen-tano la quantità di potenza meccanica producibile da quella termicacon un processo reversibile, infatti le potenze termiche sono pesate dalrendimento del ciclo di Carnot. Si noti che è scomparso il termine discambio con l’ambiente a T0 coerentemente con il concetto di statomorto termodinamico, da cui non si può ricavare lavoro.

• le irreversibilità causate dai processi dissipativi, col termine T0∆S,che ha l’effettivo significato di potenza persa fisicamente a lorocausa. Questo termine si annulla se il processo è reversibile.

W = Wrev − T0∆S (3.8)

Il rendimento di secondo principio ηII si può quindi esprimere come:

ηII = W

Wrev= Wrev − T0∆S

Wrev= 1− T0

∑i∆Si

Wrev= 1−

∑i

∆ηII,i

(3.9)

Nell’ultimo modo è più facile individuare per ogni componente di un sistemail relativo peso sul rendimento.

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4 Le irreversibilità nei cicli termodinamiciE’ possibile ricostruire il rendimento dei processi energetici mediante la va-lutazione delle irreversibilità (∆S) verificatesi nelle varie trasformazioni dicui è composto il processo stesso, in particolare il ciclo termodinamico.Noto ∆S è possibile ricavare le perdite di potenza utile e di rendimento re-lative al processo considerato, individuando le responsabilità delle singolemacchine al conseguimento di rendimenti minori di quelli ideali.

4.1 Perdite per scambi di calore a ∆T finiti

Lo scambio termico è reversibile solo se avviene, in ogni punto dello scam-biatore, sotto differenze di temperature infinitesime. Considero il caso delloscambio di potenza Q tra una sorgente termica a temperatura costante Th

e una portata G di fluido più freddo, trascurando le perdite verso l’esternoe non essendoci lavoro:

T0∆S = (1− T0Th

)Q+G(hin − hout)−G(T0sin − T0sout) (4.1)

e poichè Q = G(hout − hin) si ricava che:

∆S = G(sout − sin)− Q

Th= ∆Sfluido +∆Ssorgente (4.2)

con ∆Ssorgente negativo poichè il calore è uscente e la sua entropia assolutadiminuisce.Si vuole sottolineare inoltre come il termine T0 · ∆S corrisponde effettiva-mente ad una perdita fisica di lavoro meccanico. Si consideri una sorgentedi calore a temperatura T1: con una macchina che opera reversibilmente sipotrà estrarre un lavoro pari a w1 = q · (1 − T0/T1), supponendo di intro-durre tra la sorgente e il ciclo una resistenza termica, tale che la cessione dicalore avvenga a T2 < T1 si otterrà un lavoro pari a w2 = q · (1− T0/T2) equindi si avrà un ∆w = w1 − ww = q · (T0

T1− T0

T2) = T0∆sres,termica

4.2 Irreversibilità interne al fluido

A causa di una trasformazione irreversibile ( ∆S > 0) compiuta dal fluidosenza interagire con l’esterno. Questo è ciò che avviene, ad esempio, in unavalvola di laminazione isoentalpica in cui non c’è scambio di lavoro o di ca-lore ma solamente una perdita di pressione; questo è la più irreversibile delletrasformazioni per passare d una pIN ad una pOUT .Il lavoro che si sarebbe potuto ottenere sarebbe pari a w = RTln PIN

POUTlungo

una trasformazione isoterma di un gas ideale.

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w = RT · ln PIN

POUT= T ·∆s (4.3)

Si noti che T 6= T0 dato che per ottenere il T ·∆S non basta far espandereil gas nella valvola adiabaticamente, ma bisogna fornire calore al fluido permuoversi lungo un’isoterma dato che durante l’espansione il gas si raffredda.Bisogna quindi spendere una quantità di calore qisot = wisot fornito a spesedi una quantità di lavoro equivalente wequivalente = qisot · (1− T0/T )da cui si ricava che:

wdiss = wisot − wequivalente = T ·∆S − (T − T0)∆S = T0 ·∆S (4.4)

4.3 Miscelamenti

Miscelando lo stesso fluido tra TH e TC , rinuncio allo sfruttamento del calorescambiabile per produrre lavoro grazie alla differenza di temperatura. Sisarebbe potuto creare un ciclo termodinamico tra le due TH e TC e produrrelavoro −→ vedere punto 4.1Se avessi le stesse condizioni per fluidi diversi, passando da p a pparziale

minore dopo il miscelamento −→ vedere punto 4.2

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5 Tecnologia delle centrali a vaporeLe centrali termoelettriche a vapore d’acqua sono le protagoniste indiscussenella produzione dell’elettricità . La flessibilità del ciclo a vapore nell’u-tilizzo delle diverse sorgenti deriva del concetto di ciclo chiuso in cui lostesso fluido ripercorre le stesse trasformazioni senza essere rinnovato. Nonci sono interazioni fisiche, questo preserva le parti più delicate dell’impian-to dal contatto con prodotti di combustione "sporchi", ma solo interazionitermodinamiche. Due importanti caratteristiche dei cicli a vapore:

• la capacità del valore d’acqua di acquisire e cedere calore a tempera-tura costante nelle transizione di fase consente di ottenere rendimentiaccettabili.

• il lavoro della parte attiva del ciclo (l’espansione) è talmente più grandedi quello della parte passiva(la compressione dell’acqua) da renderepossibile un salto netto di potenza anche con macchine poco efficienti.

Il limiti principali del ciclo, sono dovuti ai limiti dai materiali di cuisono fatti gli elementi che contengono il fluido alle sue temperature più alte.La temperatura massima del materiale sopportata è data dalla resistenzameccanica del materiali.Questo problema non si ha invece nei cicli aperti, anche se le temperatureraggiunte sono molto maggiore di quelle dei cicli chiusi. La differenza è chele alte temperature raggiunte, temperature di picco, vengono mantenute perpochissimi istanti e il materiale percepisce una temperatura media moltominore, lontano dai limiti di resistenza.

5.1 il ciclo a vapore d’acqua - Ciclo Rankine

Il ciclo è costituito nella sua forma più semplice da:

• una trasformazione isobara ad alta pressione in cui l’acqua viene ri-scaldata ed evapora fino alle sue condizioni di saturazione, realizzatain uno scambiatore detto generatore di vapore.

• un’espansione fino ad una pressione inferiore, che produce lavoro mec-canico.

• una trasformazione isotermobarica in cui l’acqua torna allo stato li-quid, realizzata in un condensatore.

• una compressione in cui l’acqua viene riportata alla pressione iniziale.

Questa versione del ciclo presenta numerosi difetti: innanzitutto il calorenecessario per riscaldare il liquido viene introdotto a bassa temperatura me-dia ( η peggiora). Inoltre durante l’espansione il fluido resta all’interno della

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curva di transizione di fase e ciò comporta la formazione di gocce di liquido,che determinano problemi in turbina.

Per risolvere il primo difetto si è introdotta la pratica degli spillamentirigenerativi - FHW (Feed Water Heating) la cui idea alla base è cheper riscaldare in modo termodinamicamente corretto un fluido a bassa tem-peratura, come l’acqua di alimento, occorre usare una sorgente di calore abassa temperatura, invece che il calore pregiato ad alta temperatura pro-dotto dalla combustione della sorgente primaria. Questa sorgente di caloreè individuata da una quantità opportuna di vapore, estratto dalla turbinaad una pressione teoricamente corrispondente alla quale si vuole riscaldareil liquido. Il vapore condensa riscaldando il liquido ad alta pressione; lecondense vengono inviate al pozzo caldo del condensatore.

Per aumentare le temperature di introduzione del calore nel ciclo e per risol-vere il problema del liquido in turbina, si è introdotta l’operazione del surri-scaldamento - SH (Super Heating), decisamente rilevante sull’aumentodel ηciclo tuttavia la sua realizzazione comporta introduzione di sezioni ope-ranti a T elevate e quindi accortezze sui materiali impiegati; eventualmentepuò essere ripetuto come risurriscaldamento - RH (Reheating).

5.2 I fattori che caratterizzano le prestazioni

Si individuano cinque parametri principali che descrivono la forma del ciclotermodinamico e stabiliscono la configurazione impiantistica.

5.2.1 Temperatura massima del ciclo

Un aumento della temperatura del vapore in uscita del surriscaldatore e delri-surriscaldatore comporta certamente un aumento considerevole di ηciclo,in quanto aumenta con essa la temperatura media di introduzione del calorenel ciclo. Migliorano gli aspetti legati alla presenza di fluido in turbina,spostando verso destra nel piano tdn. la linea di espansione del vapore.Il limite superiore è dettato dai materiali metallici con cui sono costruitetutte le parti dell’impianto sottoposte a tali temperature ( i fasci tubieri diSH, RH, i collettori di vapore surriscaldato, collegamento caldaia-turbina,la cassa e la palettatura della turbina); questi elementi sono sottoposti a si-gnificativi sforzi meccanici. Si cerca quindi un compromesso ideale tra costie prestazioni sugli acciai di tipo alto-legati.

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Parametro di Larson Miller è un parametro relativo alla vita utile diun materiale in funzione del tempo e della temperatura a cui lavora.

PLM = T (C1 + log10trott) (5.1)

con C1 = 20÷ 22, T espressa in Kelvin e trott in ore

5.2.2 Pressione massima del ciclo Pmax,ciclo

L’aumento della Pmax di ciclo comporta un aumento della temperatura me-dia di introduzione del calore nel ciclo e quindi un aumento di ηciclo.Di contro bisogna valutare la presenza di liquido in turbina perchè, aumen-tare P sposta a sinistra la linea di espansione, occorre quindi effettuare ade-guanti surriscaldamenti. Le centrali che lavorano a P > Pc = 221.2bar sonotecnologia consolidata da decenni, normalmente si riscontrano cicli supercritici 240÷ 250bar ma recentemente sono stati utilizzati valori di pressioni300bar negli USC Ultra Super Critical.

Il conseguimento di elevate pressioni è limitato dal dimensionamento mec-canico delle parti interessate come i fasci tubieri e collettori del generatoredi vapore e dei rigeneratori più caldi, valvole del vapor vivo, corpo dellaturbina ad altissima pressione, ecc.Lo spessore, e quindi il peso e il costo, degli organi in pressione è determi-nante. ( lo spessore delle tubazioni è proporzionale alla pressione, mentre ivantaggi in termini termodinamici sono determinati dalla temperatura cheha un legame approssimativamente logaritmico con la pressione)

5.2.3 Pressione di condensazione Pmin,ciclo

Una minor pressione di condensazione comporta un significativo aumentodel ηciclo. Il valore della Pcondensazione è determinato dalla disponibilità delmezzo refrigerante nel sito in cui è realizzata la centrale.In generale data la temperatura dell’acqua di raffreddamento disponibile, ladifferenza di temperatura tra questa e la condensazione (∆Tc) è stabilita dacriteri economici, tenendo conto dei costi, crescenti con il diminuire di ∆TC ,di:

• superficie di scambio del condensatore

• pompe di circolazione

• opere di presa e scarico

• maggiore sezione di scarico della turbina

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5.2.4 Numero di rigeneratori

Con un crescente numero di rigeneratori è possibile ottenere uno scambiotermico meno irreversibile o, in altri termini, utilizzare vapor a minore pres-sione per ottenere lo stesso riscaldamento.E’ inoltre possibile ottenere acqua di alimento a temperature più elevate.

5.2.5 Numero di RH + SH

L’aumento del numero di RH + SH ha lo stesso effetto dell’aumento di Tmax,senza richiedere evoluzioni in termini di materiali. Tuttavia l’aumento neicosti di investimento per l’aumento di un RH è sensibile.

5.3 L’assetto delle moderne centrali

Figura 3: Configurazione impiantistica di una centrale a vapore

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Configurazione relativa ad un ciclo supercritico con doppio RH. Sono pre-senti 3 rigeneratori di bassa pressione e 4 rigeneratori di alta pressione; fraquesti è interposto il degasatore - dearetor, che oltre a svolgere la funzio-ne di scambiatore rigenerativo (miscelando acqua e vapore ad una pressioneintermedia 5÷ 7bar ), svolge l’importante compito di separare i gas discioltinel flusso d’acqua, provenienti da rientri di aria nelle zone dell’impianto apressione sub-atmosferica; possibili infiltrazioni di aria a causa delle tenuteimperfette.

I gas disciolti, specialmente O2 svolgerebbero un’azione fortemente corro-siva a temperature elevate, vengono quindi rimossi da un flusso di vaporedi strippaggio, che fluisce in controcorrente rispetto all’acqua di alimentonella "torretta" del degasatore e i gas vengono successivamente dispersi inambiente.

La turbina a vapore, disposta su un unico albero, è divisa in più corpi, consdoppiamento di flussi. E’ inoltre dedicata una turbina al trascinamentodella pompa di alimento principale, tale disposizione consente una riduzionedella potenza delle macchine elettriche.

5.3.1 La turbina

La macchina fondamentale è la turbina (assiale) a vapore, che è l’espansorein cui l’energia termodinamica viene convertita in lavoro meccanico.La turbina a vapore è un oggetto di dimensioni rilevanti, costituita da unnumero elevato di stadi a flusso assiale.

Alcuni numeri adimensionali rilevanti per definire le caratteristichedegli stadi assiali

Ns = ω ·√Vex

∆h3/4is

; Ds = D/

√Vex

∆h1/4is

; V R = Vex

Vin(5.2)

dove Ns è il numero di giri specifico, Ds il diametro specifico, V R ilrapporto di espansione volumetrico, ∆his il salto entalpico isoentro-pico [J/kg], Vex e Vin le portate volumetriche all’uscita isoentropica eall’ingresso [m3/s], ω la velocità di rotazione [rad/s] e D il diametromedio tra base e apice di una pala.

Data una certa velocità di rotazione ω, imposta dall’accoppiamento direttocon l’alternatore (3000rpm per reti a 50Hz e 3600rpm per reti a 60Hz), edata una massima velocità periferica u = ω ·D/2 ammissibile in funzionedello sforzo centrifugo (proporzionale a u2) supportato dai materiali di cuisono costituiti le pale e i dischi su cui queste sono calettate, ne consegue un

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massimo salto entalpico che può venire elaborato da uno stadio.

Salto entalpico isoentropico

∆his,stadio = Kis ·u2

2 (5.3)

dove Kis è il coefficiente di carico dello stadio ( varia 2÷ 5)

Con materiali metallici e tecnologia attuale, ∆his,stadio = 100÷150[kJ/kg] e∆his,ciclo

∼= 1500[kJ/kg], si nota la necessità di utilizzare almeno una decinadi stadi, nella realtà ne sono necessari molti di più a causa dell’enormevariazione di volume specifico del vapore durante l’espansione che aumentacirca 3000 volte tra in e out:

• Il parametro V R < 1.5 ÷ 1.7 per uno stadio di buon rendimento, perevitare forti variazioni di velocità e soprattutto per restare in camposubsonico ed evitare urti a flussi supersonici.

• La necessità di mantenere il Ds entro valori ottimale per un buon ηimporrebbe di usare diametri più piccoli per piccole portate volume-triche, a cui conseguirebbero, a pari w, salti entalpici minori e quindipiù stadi.

• il numero di giri specifico, parametro rilevante perchè influenza note-volmente il rendimento di uno stadio.

A bassi Ns, numero di giri specifico, uno stadio risulta avere una piccolaaltezza di pala rispetto al diametro, che comporta elevate perdite per flussisecondari indotti dalla presenza delle superfici della cassa e del mozzo, e pertrafilamenti nei giochi tra le pale in rotazione e la cassa.

A Ns eccessivamente elevati corrispondono pale molto lunghe rispetto aldiametro, in cui la variazione di velocità periferica tra base e apice nonconsente di adottare triangoli di velocità ottimali lungo tutta l’estensioneradiale della pala.

Non è possibile ottimizzare tutti gli stadi con Ns vicini ai valori ottimalia causa della variazione di portata volumetrica, la soluzione è lo sdop-piamento dei flussi cioè suddividere il flusso di vapore a media o bassapressione su due o quattro turbine poste in parallelo ma calettate sullo stes-so albero.

Gli avanzamenti tecnologici nelle turbine a vapore sono identificabili in tretipologie di provvedimenti:

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• Aumento dell’altezza di pala di bassa pressionedato che la sezio-ne di scarico dell’ultimo stadio costituisce, a pari velocità assiale delflusso di vapore, il fattore limitante alla portata massica gestita dallaturbina. Pale più alte consentono di ridurre la velocità di uscita dellamacchina con conseguente diminuzione delle perdite legate all’energiacinetica di scarico.

• Utilizzo di stadi a forte grado di reazione, anche nei corpi di altae media pressione. Ciò richiede un numero di stadi più elevato, circail doppio rispetto a quelli ad azione ma questa soluzione permette diottenere rendimenti adiabatici molto elevati η = 94÷ 95

• Utilizzo di pale con profilo 3D, conformazione suggerita della ana-lisi CFD con vantaggi riconducibili ad un miglior controllo dei flussisecondari, indotti dall’interazione con la cassa e il mozzo della turbina.

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5.3.2 Il generatore di vapore

E’ l’organo in cui si realizza la combustione e il trasferimento del calore daigas combusti al fluido che percorre il ciclo termodinamico, cioè l’acqua chenelle sue fasi di riscaldamento del liquido, evaporazione, surriscaldamento.Nel caso di perdite a T > 100 si hanno espansioni estremamente violente acausa della variazione di volume specifico e pressione tra interno ed esterno,importanti requisiti di sicurezza per questo componente.

Figura 4: Schema di un generatore di vapore supercritico

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gli elementi principali sono:

• La camera di combustione in cui il combustibile, addotto ai bru-ciatori da appositi sistemi di movimentazione, reagisce con l’aria com-burente proveniente dalle casse d’aria - windbox, spinta da un ven-tilatore e preriscaldata dallo scambiatore rigenerativo.Qui si sviluppa a fiamma, che a T ∼= 2000◦C irraggia verso le pareti,rivestite da tubazioni in cui fluisce il vapore in transizione di fase.

• Le pareti membranate, composte da numerosissimi tubi uniti dalamiere saldate, sono disposte ad isolare la zona più calda, individuatadai tubi che costituiscono l’evaporatore, dall’ambiente esterno. Si notiche i coefficienti di scambio termico del vapore all’interno dei tubi sonoelevati e risultano determinanti per mantenere la parete metallica aduna temperatura prossima a quella del vapore stesso (circa 400◦C) purin presenza dei gas combusti a temperature molto più elevate.

• I surriscaldatori incontrati dai gas, dopo la zona di combustione, atemperature più moderate, di circa 1000◦C. I vari scambiatori di calorenon sono organizzati in controcorrente ma adottano una disposizionefinalizzata a limitare la temperatura delle tubazioni. Gli scambiatoriche costituiscono SH/RH sono disposti in modo da minimizzare l’im-piego di materiali atti a sopportare temperature molto elevati e quindicostosi. Ogni RH/SH è inoltre suddiviso in almeno due scambiato-ri, per interporre un attemperatore dove viene iniettata dell’acquacon lo scopo di operare un controllo preciso della Tfinale,vapore.surr perevitare temperature elevate.

• Successivamente i gas combusti, a temperature moderate ( 400-450◦C)vengono raffreddati fino a circa 350◦C nell’economizzatore, uno scam-biatore che riscalda l’acqua di alimento dalla condizione di ingresso nelGV a quella di incipiente evaporazione.

• Ulteriore raffreddamento finale nello scambiatore rigenerativo di tipoLjungstrom dove i fumi, non essendo più in grado di cedere calore alciclo, cedono calore all’aria comburente, portandosi alla temperaturafinale di circa 120-150◦C

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Figura 5: Schema di uno scambiatore di tipo Ljungstrom

Gli scambiatori di tipo Ljungstrom consistono in una matrice metallicapermeabile al flusso gassoso, (pacchetti di lamierini ondulati) mante-nuta in lenta rotazione: la matrice si riscalda passando a contatto con igas combusti, raffreddandoli e quindi cede calore all’aria quando, nellarotazione, ne viene a contatto. Sono scambiatori economici ed efficien-ti per trattare due flussi gassosi. Non sopportano differenze sensibilidi pressione tra i due gas e si verificano trafilamenti tra i due flussi,dovuti al lavaggio del gas intrappolato nella matrice.

Considerando invece il tipo di circolazione dell’acqua/vapore nella se-zione evaporativa del GV sono possibili due modalità: forzato o once-through nei GV supercritici in cui non esiste una coesistenza delle fasiliquido e vapore: l’acqua viene alimentata su numerosissimi tubi disposti inparallelo, alla fine dei quali si suppone sia avvenuta la completa evaporazio-ne; il vapore raccolto viene inviato al SH.−→ CRITICITA’: picchi di temperatura non controllabili nel caso itubi non venissero alimentati dalla corretta quantità di liquido. Questa criti-cità può essere ridotta drasticamente, nel solo caso di generazione di vaporea pressioni subcritiche, adottando due filosofie progettuali:

• La caldaia a tubi di fumo: i gas combusti fluiscono all’internodei tubi, che sono annegati in una piscina di acqua in ebollizione (poolboiling). Questa disposizione non è compatibile con pressioni elevate, acausa dello sforzo sul mantello esterno di diametro rilevante, e producesolo vapore saturo. non è applicabile ai GV delle centrali.

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• La ricircolazione del vapore attraverso il corpo cilindrico: ilflusso d’acqua viene distribuito sui tubi bollitori a partire da un corpocilindrico (drum) in cui vi è coesistenza tra acqua e vapore, attraversoun tubo discendente (down-comer) e un collettore inferiore. All’uscitadei tubi bollitori il fluido è solo parzialmente evaporato e la massa diacqua è ancora prevalente su quella del vapore, il titolo x in uscita ècirca 10÷20% e quindi la portata circolante nei tubi è pari a 1/x voltela portata di vapore prodotto. La frazione evaporata viene raccoltanella parte alta del corpo cilindrico da cui esce come vapore saturo.Il vantaggio è che in ogni punto del sistema domina la Tevaporazione

e si evita quindi la possibilità di surriscaldamenti localizzati; il vapo-re uscente è sicuramente saturo è regolarizza le operazioni dei SH. Ilsistema è però applicabile solo a sistemi bifase e si escludono quindiprocessi supercritici.La ricircolazione può essere naturale causata dalla maggior densitàdella colonna di liquido nel downcomer rispetto alla miscela bifase neitubi bollitori e dalla differenza di quota tra corpo cilindrico e collet-tore inferiore; se si utilizza una pompa di alimento per assicurare lacircolazione si dice forzata.

Il rendimento di un GV (ηGV ) è definito come il rapporto tra la potenzatermica effettivamente trasferita al fluido da riscaldare e la potenza termicadel combustibile (LHV). Si valuta ηGV in modo indiretto come complementoa 1 della somma delle perdite, che possono essere dovute a:

• incompleto recupero termico dei gas combusti

• imperfetto isolamento termico delle pareti

• rilascio di incombusti

• rilascio di sostanze ad alta T

Detta ξ la somma delle perdite, riferite alla potenza termica delcombustibile

ηGV = 1− ξ − Gg · cp,g · (Tst − Ta)Gf · LHV

(5.4)

ηGV = 1− ξ − (α+ 1)cp,g · (Tst − Ta)LHV

(5.5)

dove: Tst è la temperatura dei gas al camino

Per ottenere un alto rendimento ηGV bisogna quindi cercare di diminuirele varie perdite ed inoltre rilasciare dei gas di scarico alla temperatura più

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bassa possibile, utilizzando ad esempio uno scambiatore di tipo Ljungstrom,ed avere un corretto valore di α rapporto massico tra aria e combustibile. Ingenerale αreale > αstechiometrico per evitare incombusti che oltre a peggiorareηGV sono inquinanti pericolosi.

5.3.3 Il condensatore

vedere dispensa smaltimento di calore in ambiente

5.3.4 Gli scambiatori di calore e le alette

Il funzionamento di uno scambiatore di calore a superficie può essere sche-matizzato attraverso l’uso di equazioni costitutive, adatte a descrivere letrasformazioni subite dai fluidi e le caratteristiche dello scambiatore. Laprima equazione costitutiva è un bilancio energetico:

Q̇ = Ga∆ha = Gb∆hb (5.6)

Il bilancio termico dal punto di vista del condensatore

Q̇ = Ga · cp,a∆Ta = Ga · cp,a [Tout − Tamb] (5.7)

la seconda equazione costitutiva degli scambiatori è quella su cui sibasa la risoluzione dei problemi di scambio termico

Q̇ = U · S · LMTD · F = 1Rtot

· LMTD · F (5.8)

dove U è il coefficiente globale di scambio termico, S è la superficiedi scambio termico, LMTD è la temperatura media logaritmica, F èun coefficiente correttivo.

LMTD = ∆T1 −∆T2ln(∆T1/∆T2) (5.9)

Il coefficiente F, vale 1 se gli scambiatori sono in controcorrente mentre èdiverso da 1 ma tabulato nei vari manuali tecnici di scambio termico neglialtri casi. Per uno scambiatore come un condensatore o un evaporatore,dato che la temperatura si mantiene costante e non cambia la direzione dacui si guardano i flussi si usa F=1.

U tiene conto delle resistenze termiche che l’energia deve affrontare nel suotrasferimento dal fluido caldo a quello freddo. Nel caso di uno scambiatorea tubi (invece di parlare di lato A e lato B qui ci si riferisce al lato interno

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o esterno del tubo ? t è lo spessore del tubo):

Rtot = 1U ·A

= 1Ue ·Ae

= 1Ui ·Ai

(5.10)

Rtot = 1hi ·Ai

+ Rs,i

Ai+ ln(De/Di)

2 · π · λ · t + Rs,e

Ae+ 1he ·Ae

(5.11)

Il primo e l’ultimo addendo riguardano la resistenza di contatto fra il flui-do e la parete divisoria dello scambiatore, il termine centrale rappresentala resistenza della parete del tubo (ma potrebbe essere anche solo un settopiano come per gli scambiatori a piastre: in tal caso l’espressione deve esseremodificata di conseguenza). Il secondo e il quarto addendo invece rappre-sentano la resistenza termica addizionale generata dallo sporcamente dellesuperfici di scambio.In generale le superfici di scambio sono costituite da materiali altamenteconduttivi e hanno spessori ridotti, ragion per cui il termine dovuto allaconduzione si trova ed essere notevolmente più piccolo di quelli dovuti allaconvezione e può anche essere trascurato. Analoga sorte possono subire itermini di sporcamento, che sono comunque delle costanti. Quindi:

R = 1Ue ·Ae

= 1Ui ·Ai

∼=1

he ·Ae+ 1hi ·Ai

(5.12)

Il coefficiente di scambio convettivo per un flusso monofase può essere va-lutato dal numero adimensionale di Nusselt, che è funzione dei numeri diReynolds e Prandtl attraverso correlazioni sperimentali:

Nu = C ·ReA · PrB; Nu = h ·Dλ

;Re = ρ · v ·Dµ

;Pr = µ · cp

λ(5.13)

La capacità di scambio termico dell’intero scambiatore è limitata dal fluidocon la peggiore attitudine alla cessione del calore. Se uno dei due fluidi chescorrono nello scambiatore ha un coefficiente di scambio convettivo assai piùbasso dell’altro, è conveniente aumentare la superficie di scambio sul suo lato.

Visto che generalmente uno dei due fluidi scorre in tubi, una soluzione inte-ressante è l’utilizzo di alette dalla parte del fluido con minore coefficiente discambio, offrendo così una maggior superficie a bilanciare l’alta resistenzaconvettiva. Le alette non sono altro che superfici addizionali applicate allasuperficie del tubo cercando di minimizzare la resistenza di contattato.

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Figura 6: Differenti tipologie di alettature

Bisogna però tener conto del fatto che non tutta l’aletta si trova alla stessatemperatura del tubo: si tratta di un oggetto sottile, costruito in materia-le altamente conduttivo, raffreddato su due facce per convezione (contattocon l’aria, in genere) e riscaldato per conduzione dalla parete esterna deltubo attraverso una superficie di modesta entità (la base dell’aletta), chepotrebbe oltretutto non essere perfettamente aderente al tubo (resistenzadi contatto). Pertanto l’estremità più lontana dell’aletta si troverà ad unatemperatura inferiore a quella della base, per fornire il ∆T necessario al flus-so termico per conduzione lungo l’altezza dell’aletta. Quindi l’aletta sarà ingrado di scambiare meno energia che se fosse isoterma.

Efficienza dell’aletta

η = Q̇aletta,reale

Q̇aletta,isoterma

= h ·Aaletta · (Tmedia − Tinf)h ·Aaletta · (Tbase − Tinf)

(5.14)

In realtà spesso si utilizza questa proprietà in maniera diversa: si ra-giona come se l’aletta fosse ugualmente tutta alla stessa temperatura(e quindi la differenza di temperatura fra aletta e fluido fosse la stessanei due casi) e invece l’efficienza si riferisse ad un rapporto fra aree.In questa maniera l’efficienza dell’aletta si trova ad essere il rapportofra l’area efficace di scambio dell’aletta e la sua area totale:

Aaletta,efficace = η ·Aaletta,totale (5.15)

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Figura 7: Andamento della temperatura in una aletta rettangolare

Quindi la potenza scambiata da una superficie alettata sarà:

Q̇ = h·(Asenzaalette+η·Aalette)·(Tb−Tinf) = heq·Asenzaalette·(Tb−Tinf) (5.16)

Dove Tb è la temperatura della superficie del tubo (uguale a quella alla ba-se dell’aletta). L’ultima parte dell’equazione, che introduce heq, coefficienteconvettivo lato aletta ma riferito alla superficie non alettata, è particolar-mente utile: si presta bene a ricavare per via sperimentale heq, da cui poivalutare facilmente η. Questo valore di η (che è quindi ricavato sperimen-talmente) potrà essere corretto e utilizzato in calcoli generali relativi a unacerta conformazione geometrica di aletta.

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6 Emissioni di InquinantiParlando di centrali termoelettriche alimentate a combustibili fossili, la te-matica del contenimento delle emissioni di inquinanti gassosi è fondamentale.Ciò vale soprattutto per l’impiego del carbone, sempre considerato un com-bustibile sporco ed inquinante. E’ però altrettanto vero che, attraverso l’usodelle BAT - Best Available Technologies, è possibile abbattere l’emissionedegli inquinanti.

I principali inquinanti prodotti dalla combustione e i corrispondenti valoridi emissioni massime per legge sono:

• gas incombusti CO

• ossidi di azoto NOx −→ max 200mg/Nm3

• ossidi di zolfo SOx −→ max 200mg/Nm3

• polveri −→ max 30mg/Nm3

6.1 Cenni sulle emissioni di inquinanti

La rimozione degli inquinanti avviene in generale con due metodologie:

• Metodi Primari per evitare la formazione dell’inquinante.

• Metodi Secondari per prevedere la rimozione dai gas combusti del-l’inquinante.

6.1.1 Le unità di misura delle emissioni

La maniera più naturale per esprimere la concentrazione delle emissioni è laconcentrazione volumetrica (ppmv) cioè parti per milione in volume:

1ppmv = 10−6 · molinquinante

molgas(6.1)

Si preferisce usare i ppmvd riferendosi alle moli di gas secchi ovvero:

1ppmvd = 10−6 · molinquinante

molgas,secchi(6.2)

e per passare da ppmvd a ppmv si effettua la seguente operazione:

1ppmvd = 1ppmv · molitotali

molitotali −moliH2O(6.3)

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Bisogna considerare però che la concentrazione volumetrica di un inquinanteè variabile con la diluizione dei fumi, cioè con la quantità aggiunta di ariarispetto alle normali condizioni di combustione. Bisogna quindi specificaresempre il contenuto di ossigeno nei fumi secchi come indice di diluizione deifumi. Riferimenti normativi:

Combustibili liq/gas in caldaie 3% in volume di O2Combustibili solidi in caldaie 6% in volume di O2Fumi di scarico turbine a gas 15% in volume di O2Motori alternativi 5% in volume di O2

6.1.2 Conversione Emissioni espresse X%O2 −→ Y%O2

Considerando di miscelare nA moli di gas con una generica concentrazionex di inquinanti con nB moli di aria.

Figura 8: Schematizzazione per conversione emissioni

Effettuando un bilancio delle moli di O2:

nA · x+ nB · 21 = (nA + nB)y (6.4)

da cui si ottiene nA/nB = y−x21−y

Effettuando un bilancio delle moli di inquinante:

nA · ppmx + nB · 0 = (nA + nB)ppmy (6.5)

da cui si ottiene ppmx = [1 + nA/nB] · ppmy

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Combinando i precedenti risultati si ottiene la formula per convertirele concentrazioni di inquinanti rispetto alle concentrazioni di ossigeno.

ppmy = ppmx ·21− y21− x (6.6)

6.1.3 Concentrazioni massiche

Ci si riferisce spesso al Normal Metro Cubo, cioè la quantità di un certogas, in moli o kg, contenuta in un metro cubo dello stesso gas a:p0 = 101325Pa e T0 = 0◦C, in queste condizioni si ha

vmol = R · T0P0

= 8314, 5 · 273, 15101325 = 22, 413

[Nm3

kmol

](6.7)

Per definizione quindi:

1kmol = 22, 413Nm3 (6.8)

e dividendo ambo i membri per la massa molare Mm

1kg = 22, 413Mm

Nm3 (6.9)

Analogamente si definisce Standard Metro Cubo, cioè la quantità di uncerto gas, in moli o kg, contenuta in un metro cubo dello stesso gas a:p0 = 101325Pa e T0 = 15◦C, in queste condizioni si ha

vmol = 23, 643Sm3 (6.10)

Per definizione quindi:

1kmol = 23, 643Sm3 (6.11)

e dividendo ambo i membri per la massa molare Mm

1kg = 23, 643Mm

Sm3 (6.12)

Questa conversione è comoda per passare da concentrazioni volumetrichein concentrazioni massiche senza dover conoscere le masse molari dei gascombusti ma conoscendo solo la massa molare dell’inquinante.

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6.1.4 Concentrazione riferita all’unità di energia

Si esprime in mg di inquinante per MJ di energia termica liberata dallacombustione. Permette di fare a meno del concetto di diluizione, essendo ilcalore sviluppato, indipendentemente dalla concentrazione di ossigeno.

6.2 Emissioni di gas incombusti CO

Gli incombusti sono la specie chimica prodotta dal carbonio, presente allostato gassoso. A causa di una non completa ossidazione del carbonio a CO2si forma il monossido di carbonio CO altamente pericoloso. E’ essenzialefare in modo che il carbonio si ossidi completamente.

6.2.1 Meccanismi di formazione di incombusti

Si parla in generale di CO, cioè monossido di carbonio, riferendosi alla cate-goria generale degli incombusti. Gli incombusti si formano inevitabilmentedurante le fasi intermedie della combustione.Il CO si forma rapidamente nella prima parte della fiamma, dalle possibi-li reazioni che coinvolgono i radicali e gli aldeidi ricavati dall’idrocarburodi partenza, nella sua decomposizione ad alte temperature. Una possibilecatena, che avviene in rapidissima successione nella fiamma, può essere:

CH4 +OH −→ CH3 +H2O (6.13)

CH3 +O −→ CH2O +H (6.14)

CH2 +H −→ HCO +H2 (6.15)

HCO +O −→ CO +OH (6.16)

6.2.2 Meccanismi di abbattimento di incombusti

La formazione è quindi inevitabile ma considerando le reazioni di distruzionedel CO, si nota che il gruppo OH è l’elemento fondamentale per convertireCO in CO2.

CO +OH −→ CO2 +H (6.17)

La prima reazione governa il processo alle alte temperature mentre la secon-da è significativa tra 1000÷ 1500K

CO +H2O −→ CO2 +OH (6.18)

Il gruppo OH deriva dalla reazione di dissociazione dell’ossigeno, ad altetemperature, in un ambiente ricco di acqua:

O +H2O −→ 2OH (6.19)

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Valutando le concentrazioni all’equilibrio si ha che:

[OH]eq = K(T ) · [H2O]1/2 · [O2]1/4 (6.20)

da cui si ottiene, applicando le regole della cinetica chimica:

La velocità di distruzione del monossido di carbonio

−d [CO]dt

= k [CO] [OH]eq = k ·K(T ) · [H2O]1/2 · [O2]1/4 (6.21)

Si noti la necessità di avere H2O e O2 in modo da ottenere gruppi OHe di O2 per ridurre le quantità di incombusti. Altri fattori importantisono le costanti di equilibrio k eK(T ); la temperatura inoltre aumentasempre la velocità reazione.

Per limitare la presenza di incombusti (CO) bisogna mantenereper lunghi periodi temperature elevate.

6.3 Emissioni di ossidi d’azoto NOx

Si formano da speci chimiche contenute nell’aria e sono i più difficili da trat-tare perché vengono formati per qualsiasi tipo di combustione. Ciò è dovutoal fatto che durante la combustione si raggiungono temperature elevate, del-l’ordine dei 1800◦C, alle quali l’azoto molecolare N2 tende a dissociarsi e, inpresenza di un ambiente ricco di O2 ad ossidarsi formando NO e NO2.L’azoto molecolare N2 è presente anche nel combustibile in quantità trascu-rabili rispetto ad altre forme chimiche in qui è presente l’azoto.Le normative si riferiscono genericamente ai NOx come a NO2, senza fa-re distinzione tra NO e NO2, gli ossidi di azoto vengono prodotti quasiesclusivamente come NO che vengono poi ossidati con lentezza.

6.3.1 Meccanismi di formazione di NOx

Si distinguono quindi tre meccanismi differenti:

• Thermal NO: per dissociazione e successiva ossidazione dell’azotomolecolare contenuto nell’aria comburente per via termica, cioè favo-rita alle alte temperature. −→ limitare la temperatura per evitare ladissociazione.

• Fuel NO: generati dall’azoto presente nel combustibile non in formamolecolare (N2), ma legato chimicamente in forma di ciano e amminocomposti, da cui, all’elevate temperature, si originano specie più sem-plici quali NH3 e HCN , che a loro volta si dissociano e si ossidano aNO.

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• Prompt NO: si formano immediatamente nella zona di fiamma perreazione dell’azoto con i radicali degli idrocarburi.

I più determinanti sono i thermal , mentre i prompt sono rilevanti soloquando vengono effettuate drastiche operazioni di abbattimento dei ther-mal. I fuel sono rilevanti per il carbone e per gli oli combustibili pesanti.

Negli anni ’5 Zel’dovich propose una trattazione nella quale venivano de-scritte le principali modalità di formazione dei NOx termici nelle reazionichimiche.

O +N2 −→ NO +N (6.22)

N +O2 −→ NO +O (6.23)

N +OH −→ NO +H (6.24)

Sotto l’ipotesi che la formazione di N nella prima reazione sia pari allarimozione dalle altre due e che la concentrazione di OH sia all’equilibrio, èpossibile con le leggi della cinetica chimica scrivere la velocità di formazionedi NO.

Espressione semplificata della massima velocità di formazione di NO:

d [NO]dt

= 2k [O] [N2] ; k = 1.8 · 108exp

[−38400T

](6.25)

si può inoltre esprimere la concentrazione di ossigeno come:[O]eq = K [O]1/2

eq con K = 3.97 · 105 · T 1/2exp[

−31090T

]e quindi:

d [NO]dt

= 1.45 · 1014T−1/2exp

[−69490T

][O2]1/2 [N2] (6.26)

L’ultima equazione mostra la fortissima dipendenza della formazione di NOdalla temperatura dei gas combusti. Indicativamente si pensi che abbas-sando di 200◦C la temperatura di fiamma, si diminuisce di un ordine digrandezza la formazione di NO.

I meccanismi per ridurre la formazione di NO in sede di combustione sono:

• Brevi tempi di residenza in camera di combustione

• Diminuzione della concentrazione di ossigeno

• Diminuzione della temperatura di fiamma

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6.3.2 Riduzione formazione di NOx in sede di combustione

a. Ridurre i tempi di residenza nel combustore: tuttavia esistonodei tempi fisici minimi perché avvengano le reazioni di combustione,e in particolare l’ossidazione di CO: la presenza di CO, è fonte di in-quinamento e indice di cattiva combustione e incompleto sfruttamentodel combustibile.

b. Ridurre la concentrazione di O2 in vicinanza della fiamma: ciòè possibile con una combustione ricca, cioè con un rapporto aria/combustibileleggermente inferiore a quello stechiometrico. Questo comporta alteemissioni di CO ed è quindi necessario far seguire una forte diluizionecon aria per ottenerne il suo abbattimento, senza formazione di altriNO essendo nel frattempo diminuita la temperatura. Questo concettoè noto come Air-staged Combustion

Figura 9: Schema di una caldaia con combustione a stadi

c. Diminuire la concentrazione di azoto: un parametro influente madi scarsa importanza applicativa, dato che l’azoto è presente in grandiquantità nella combustione in aria e la sua concentrazione molare nonè modificabile.

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d. Diminuire la temperatura di equilibrio della fiamma: è la viamaestra poiché, come dimostrato precedentemente, la dipendenza dellaformazione di NO con la temperatura è di tipo esponenziale.Questo punto è quello su cui tutti i costruttori si focalizzano nellamessa a punto dei combustori. La temperatura della fiamma, datoun certo combustibile e un certo comburente, è funzione del rapportoaria/combustibile.Il picco di temperatura e quindi di produzione di NOx si ha per lacombustione stechiometrica, che sviluppa tutta la potenza termica delcombustibile distribuendola sulla minor massa di reagenti possibile.

Analizziamo nel dettaglio il meccanismo di Air Staged Combustion uti-lizzato in bruciatori ed in camera di combustione per ridurre la quantità diossigeno reagente durante la combustione.La seconda immissione di aria permette l’ossidazione degli incombusti eil completamento della combustione, si ottiene quindi un duplice effettonell’abbattimento della formazione dei NOX perchè nella zona primaria viè una concentrazione di ossigeno ridotta e nella zona secondaria si hannotemperature minori.

Figura 10: Schema di funzionamento Air Staged Combustion

Alternativamente è possibile avere una combustione con grande eccesso diaria (1, 5 ÷ 2 volte l’aria stechimetrica ) che deve essere però condotta deipressi della fiamma. Così facendo si abbattono le temperature e si ottieneuna riduzione di emissioni di NOx significativa ma non generalmente deci-siva.

Nella zona primaria si ha la fiamma diffusiva, con λ ∼= 1.Si parla di Pre - Mix Combustion quando si miscela dell’aria con ilcombustibile in modo da ottenere un λ elevato nei dintorni della fiamma;

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aumentare la portata di aria però diminuisce il rendimento della caldaiastessa poiché aumentano così le perdite al camino in luce al conseguenteaumento della portata di gas combusti.

Un altro meccanismo per la riduzione della temperatura della fiamma èl’aggiunta di un inerte: l’aggiunta al bilancio un’ulteriore massa che de-ve essere riscaldata comporta un assorbimento di potenza termica e chequesta non partecipi durante la combustione.

Gf · hf∼= Gacp,a(Tfiamma − To) +Ginertecp,inerte(Tfiamma − Tinerte) (6.27)

L’aria presente in eccesso rispetto alla condizione stechiometrica può essereconsiderata un inerte in quanto non partecipa alla reazione. L’inerte spessousato sono gli stessi gas combusti e si parla quindi di EGR - Exhaust GasRecirculation: si fa ricircolare una frazione della portata dei gas combustie la si miscela con l’aria in ingresso, ottenendo così una diminuzione dellatemperatura.

6.3.3 Sistemi secondari di rimozione SCR

Gli SCR - Selective Catalytic Reduction sono il sistema commercialmen-te più diffuso per l’abbattimento dei NOx una volta prodotto. Bisogna farein modo che i NOx prodotti si riducano a N2, si parla di riduzione selettivaperché l’obiettivo è la riduzione dei NOx e non di CO2 o H2O, e cataliticaperché si necessitano catalizzatori per migliorare la cinetica chimica dellareazione. Si necessita inoltre un elemento riducente oltre al catalizzatore,questo elemento è NH3 ammoniaca:

Le reazioni che avvengono nell’SCR sono:

4NO + 4NH3 +O2 −→ 4N2 + 6H2O (6.28)

6NO + 8NH3 −→ 7N2 + 12H2O (6.29)

e sono favorite a basse temperature.

La scelta della temperatura a cui deve lavorare l’SCR è critica. Le tempe-rature ottimali di lavoro sono tra i 250÷350◦C, range di temperature in cuihanno massima efficienza di rimozione.

ε = f

(T, S,

NH3NH3,stechio

)(6.30)

Il parametro su cui agire è comunque la temperatura, che favorisce la ci-netica chimica, quindi a T = 350◦C il catalizzatore funziona meglio a pari

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condizioni esterne, si hanno superfici ridotte e costi minori ma l’equilibriochimico è sfavorito. Questo è il range di temperature che si trova all’uscitadell’economizzatore.

L’eccesso di reagente inoltre sposta l’equilibrio verso i prodotti, con ab-bondante NH3 elimino i NOx ma l’ammoniaca è un gas dannoso, tossico,infiammabile e pericoloso e si evita quindi di averla in forma gassosa neiprodotti. Per questo si evita di un usare un rapporto maggiore di quellostechiometrico per quanto riguarda l’ammoniaca negli SCR.

(NH3

NH3,stechio≤ 1

)ε ∼= 85÷ 90% (6.31)

Bisogna considerare che il trasporto, la gestione ed in generale l’handlingdell’ammoniaca è critico perché a pressione e temperatura ambiente si trovaallo stato gassoso. Andrebbe quindi pressurizzata, con i relativi problemi ditenuta e sicurezza, o disciolta in acqua, con relativo aumento di ingombri.La soluzione migliore, ma più costosa, è l’utilizzo dell’urea (NH2)2CO chesi trova allo stato solido e non è tossica né aggressiva, quindi facilmentemaneggiabile.

Possibili problemi operativi:

• Presenza di ammoniaca non reagita nei fumi - ammonia slip.

• Possibile formazione di solfati di ammonio e conseguente corrosione edegradamento del catalizzatore, sporcamento e perdite di pressione.

6.4 Emissioni di ossidi di zolfo SOx

I combustibili contengono quantitativi di zolfo differenti: l’olio combustibilein percentuali 1÷5%, il carbone 0, 5÷8%, il gas naturale 5÷50ppm (non rile-vante). Lo zolfo è esso stesso un combustibile con un LHV = 9, 16 [MJ/kg]e si ossida in maniera preponderante a SO2, in misura minore a SO3.

Un importante problema relativo allo zolfo sono gli effetti ambientali,infatti, reagendo con l’umidità presente nell’atmosfera, gli ossidi di zolfodanno origine all’acido solforico H2SO4 e all’acido solforoso H2SO3 che mi-scelati con le piogge danno origine a piogge acide. Le piogge acide sonoresponsabili dell’acidificazione dei laghi e dei suoli, che porta al danneggia-mento di alcune forme di vita acquatiche e vegetali (conifere); ha inoltre uneffetto erosivo sugli edifici ed in particolar modo sui monumenti.

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6.4.1 Meccanismi di abbattimento di SOx

a. Scelta del combustibile con minor tenore di zolfo ovvero cer-cando di sostituire oli combustibile o carboni con il gas naturale.

b. Abbattendo i SOx prodotti dalla combustione, dopo la com-bustione questa è la soluzione prevalente per gli impianti di grandepotenza

c. Riducendo il contenuto di zolfo nel combustibile tramite im-pianti di gassificazione, detti IGCC - Integrated Gasification CombinedCycle che prevedono la gassificazione del combustibile e depurazionedel syngas così ottenuto.

d. Abbattendo i SOx prodotti in sede di combustione attraversola combustione a letto fluido.

6.4.2 Abbattimento di SOx con FGD

E’ il meccanismo, usato nel 95 ÷ 99% dei sistemi, prevalentemente in cen-trali a vapore alimentate a carbone o a olio combustibile, di desolforazionea umido dei fumi W-FGD Wet Flue Gas Desulphurization.

I gas combusti all’uscita dell’economizzatore sono inviati in una camera dovevengono investiti da un lavaggio di una soluzione di acqua e calcare (CaCo3- Limestone) o calce idrata ( Ca(OH)−

2 - lime) in modo tale per cui gli ossididi zolfo reagiscano in due modi:

Assorbimento di SO2 in acqua:

SO2(g) +H2O(l) −→ H2SO3(aq) (6.32)

Reazione con il sorbente solido:

H2SO3(aq) + CaCO3(s) −→ CaSO3(s) + CO2(g) +H2O(l) (6.33)

Sì noti che il solfito di calcio ( CaSO3 ) depositandosi sul fondo della came-ra sotto forma di fanghi, rende possibile, tramite ossidazione con iniezioneforzata di fanghi, il recupero di gesso (CaSO4 ∗ 2H2O) tramite la seguentereazione:

CaSO3s+ 2H2O + 12O2 −→ CaSO4 ∗ 2H2O(s) (6.34)

Il gesso ricavato può essere messo in commercio,principalmente nei cemen-tifici, incidendo positivamente sul bilancio economico dell’impianto, bisognaaltresì considerare i costi relativi allo stoccaggio, alla movimentazione e agliimpianti annessi.

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Figura 11: FGD by Wet Scrubbers

L’ efficacia di rimozione del FGD by Wet Scrubbers in figura è circadell’ordine di ε = 92 ÷ 98% ed il parametro di prestazione è dato dal rap-porto tra calcio e zolfo. Inoltre l’ FGD lavora meglio a basse temperaturepoiché sono favorite le reazioni e l’acqua inoltre abbatte la temperatura deigas combusti in uscita.

I gas combusti escono dal W-FGD saturi d’acqua e piuttosto freddi. Spes-so è necessario preriscaldarli prima del camino per ridurre il pennacchio emigliorare la dispersione in atmosfera. Si usano in questi casi scambiatoridi tipo Ljungstrom (gas-gas heater GGH) tollerando il trafilamento di unaparte (1÷ 3% ) dei fumi che non vengono trattati dal FGD.

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Figura 12: Pre-raffreddamento e Post-riscaldamento gas

L’inserimento dell’FGD nella centrale segue, indicativamente il seguenteschema:

Figura 13: Inserimento dell’FGD nella centrale

E’ possibile, talvolta, utilizzare la torre evaporativa per evitare il post-riscaldo, collocando il camino nella torre che garantisce il tiraggio naturalee il trascinamento dell’aria per la corretta dispersione dei gas.

Come accennato precedentemente, l’efficienza di questo sistema di filtraggioè elevata ε = 92÷ 98% ed è favorita dalla possibilità di adottare rapporti diCa/S ben in eccesso rispetto a 1, cioè alla condizione stechiometrica. Si notiperò che l’uso del sistema FGD introduce costi aggiuntivi rilevanti ( 8÷10%dei costi di impianto ) e perdite nel ciclo termodinamico, oltre che consumielettrici per pompe e ventilatori.

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Esiste anche l’alternativa, meno usata degli FGD - Dry Scrubbers conl’utilizzo di calce idrata o idrossido di calcio Ca(OH)2 , come reagente, insistemi a secco con le seguenti reazioni:

Ca(OH)2 + SO2 −→ CaSO3 +H2O (6.35)

CaSO3 + 12O2 + 2H2O −→ CaSO4 ∗ 2H2O (6.36)

che risultano tuttavia dare luogo a processi meno efficaci, l’efficienza a seccoarriva fino all’80% e, in aggiunta la produzione di gesso peggiora essendoquest’ultimo non puro e di bassa qualità. Sistemi a semi-secco in uso sonocon reagente bicarbonato di sodio (NaHCO3 ) ma i costi sono rilevanti.

Ulteriore alternativa è il meccanismo Seawater Scrubber, sistemi che im-piegano l’acqua di mare come reagente-sorbente. L’acqua di mare contienenaturalmente ioni carbonato (HCO−

3 ,CO2−3 ) che favoriscono l’assorbimento

della SO2 senza alterare eccessivamente l’acidità dell’acqua che viene rila-sciata in mare. Processo applicabile a impianti che usano carbone a bassotenore di zolfo, efficienza di desolforazione ε = 85÷ 95%

SO2 +H2O −→ SO2−3 + 2H+ (6.37)

H+ +HCO−3 −→ CO2 +H2O (6.38)

SO2−3 + 1

2O2 −→ SO2−4 (6.39)

Figura 14: Inserimento dell’FGD nella centrale

6.4.3 Abbattimento di SOx in sede di combustione FBC

Sistemi alternativi prevedono di assorbire lo zolfo in sede di combustionemediante iniezione di un sorbente in caldaie del tipo a letto fluido, funzio-nanti a temperature di 800÷900◦C, nelle quali l’aria viene iniettata sotto ad

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un letto formato da una miscela di combustibile, inerti (sabbia) e sorbente.I tempi di residenza del combustibile in camera di combustione sono dell’or-dine di qualche minuto. Opera con rapporti sorbente-zolfo Ca/S = 2 ÷ 3e si ottiene un efficacia di rimozione ε = 85 ÷ 95%. Questa soluzione nonpuò essere utilizzata per impianti di grossa taglia a causa degli ingombrieccessivamente elevati. E’ possibile controllare la temperatura nel letto, cheessendo fluido, pe

La combustione controllata a basse temperature:

• permette di ridurre le emissioni di NOx perché la temperatura è glo-balmente bassa

• permette di tenere sotto controllo le emissioni di SOx grazie all’in-troduzione insieme al carbone, del calcare sul letto fluido che ad altetemperature reagisce per formare CaO fortemente attiva a produrreCaSO3

• evita la produzione di incombusti perchè le differenze di temperaturesono elevate e l’eccesso di aria in combustione è facilmente regolabile,inoltre, gli incombusti tenderanno a restare nel letto di combustione.

Figura 15: Schema della combustione a letto fluido

6.5 Emissioni di particolato

Le ceneri derivano principalmente da Al2O3, SiO2 (e in parte anche daFe2O3, Cd, Pd, Hg,V queste ultime particolarmente pericolosi per l’uomo)il loro contenuto nel combustibile è rilevante e raggiunge indicativamente il

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5÷25% in peso. La percentuale delle ceneri è molto minore nei combustibililiquidi mentre la produzione diretta di polveri da combustione di gas natu-rale è sostanzialmente nulla.Vi è inoltre del residuo carbonioso incombusto, la fuliggine ma per una cal-daia in condizioni normali di buona combustione questa parte è trascurabile;la fuliggine può essere controllata gestendo l’apporto di ossigeno.

• particolato primario: ceneri e fuliggine.

• particolato secondario: NOx che reagiscono e solidificano.

6.5.1 Meccanismi di rimozione del particolato

a. Cicloni separatori sono collettori meccanici / inerziali che funzio-nano per effetto centrifugo; contenitori cilindrici con fondo conico neiquali il gas entra tangenzialmente dando luogo ad un movimento rota-torio che spinge le particelle solide sulle pareti e quindi per caduta sulfondo del contenitore. Sono sistemi grossolani, molto robusti ed idoneianche per gas ad alte temperature se realizzati con materiali refrattari.Hanno una bassa efficienza di rimozione ( 75÷99% per particelle oltrei 100µm. In alternativa è possibile utilizzare precipitatori con lavaggioad umico, wet particulate scrubbers, le particelle vengono intrappolatein gocce d’acqua, formando un refluo liquido da smaltire.

Figura 16: Top-Inlet Large-Diameter Cyclone

b. Precipitatori elettrostatici ESP che operano con un campo elet-trico generato tra fili (-) e piastre (+) posti a contatto del flusso digas. Il campo elettrico ionizza negativamente le particelle di polvere e

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ne consente la cattura sugli elettrodi a piastre. I costi di investimentosono relativamente elevati ma bassi costi di manutenzione. alta affida-bilità e pulizia periodica semplice tramite scuotimento elettrodi. Sonoposti a valle dello scaldatore di aria o a monte a media temperature(T = 300÷ 400◦C ) dopo il condensatore, direttamente all’uscita del-l’economizzatore (T = 120÷ 180◦C) prima dell’SCR. Sono in grado dioperare sia ad alte che a basse temperature ma lavorano meglio a bas-se temperature. Possono raggiungere un efficienza di rimozione fino alε = 99% su dimensioni di particelle da 5 a 100µm

Figura 17: Precipitatori Elettrostatici - ESP

η = 1− exp [−ASR · vm] ; vm = k [U/s]2

µG·DP (6.40)

Dove si sono indicati: η : efficienza di rimozione, ASR area specifica,vm : velocità media di migrazone, k: cost. , U : tensione, S: distanzatra elettrodi, DP : diametro particella, µG: viscosità del gas.

c. FF - Fabric Filters, filtro in tessuto o a maniche prevedono ilfiltraggio con una barriera in tessuto che può essere in Gore-Tex (co-stoso) oppure in Teflon o fibre di vetro. L’ effetto filtrate è influenzatodallo sporcamento del tessuto in maniera positiva. Rispetto agli ESPhanno una perdita di carico dei gas maggiore, i filtri in tessuto lavo-rano a temperature basse (T ≤ 150 ÷ 200◦C) e hanno una vita utilelimitata correlata a problemi di affidabilità e manutenzioni.Hanno efficienza elevatissima: ε = 99.5%

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Figura 18: Filtro in tessuto - FF

I filtri in tessuto vengono collocati in camere dette "baghouse" incui viene effettuata una pulizia periodica tramite scuotimento dellemaniche "bag" o tramite un flusso d’aria.

Figura 19: Fabric Filters in Baghouse

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6.6 Configurazioni linea fumi centrale a vapore

La denominazione deriva dal posizionamento dell’SCR.

Figura 20: Configurazioni linea fumi centrale a vapore

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A) Configurazione High- Dust L’SCR viene posto subito a valle dellacaldaia, la temperatura di lavoro dell’SCR ottimale è di 350◦C ed i problemiche possono sorgere sono:

• elevata presenza di polveri che necessitano di grossi canali e frequentimanutezioni.

• formazione solfato di ammonio che portano a precipitazioni acide chebloccano il catalizzatore.

Posizionamento ottimo per quanto riguarda la temperatura di lavoro, è lasoluzione più utilizzata.

Figura 21: Configurazioni high dust

B) Configurazione Low- Dust L’SCR viene posto direttamente dopo l’ESP - Precipitatore Elettrostatico, che rimuove le ceneri leggere. Poi-chè La temperatura a cui lavora l’ESP sono elevate non è possibile l’opzionedi utilizzo dei filtri a maniche. Il problema relativo alla formazione di solfatod’ammonio persiste.

Figura 22: Configurazioni low dust

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C) Configurazione Tail-End L’SCR è posto a valle della filtrazione, cheavviene a basse temperature, e desolforazione. I fumi sono riscaldati per ilfunzionamento del catalizzatore ed è necessario un secondo preriscaldatoreed un combustore, con relativo consumo addizionale di combustibile (puro).

Figura 23: Configurazioni tail end

Riferimenti bibliografici

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