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prospero trigona aporie emtriche nella commedia

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Critica del testo - 2009 - 2/3 - Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

Critica del testo, XII / 2-3, 2009

Critica del testo, XII / 2-3, 2009

Prospero Trigona

Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

In un poema che dichiara dal primo allultimo verso la scelta metrica nellendecasillabo in terza rima, un discorso sulla portata della polimetria, sullimportanza del suono nella parola e del ritmo nel verso (cio della melodia) e sul valore semantico che ne conse- gue, riguarda specificamente i piedi metrici sia nei raggruppamenti dei versi sia allinterno dei singoli versi. , per, importante pene- trare questo particolare valore semantico perch dalla piena com- prensione di esso e dalla comprensione dellambiente musicale che i singoli versi contribuiscono a creare dipende in parte il giudi- zio estetico di armonia o meno dellinsieme.Se questa impostazione dovesse sembrare troppo legata alleste- tica musicale, diciamo subito che, come vero che di timbri non ovviamente il caso di parlare (visto che nessuno sano di mente o non tocco dagli dei pu sentire direttamente la voce di Carn o di Mins, di beati o di santi), cos vero che le parole di ogni verso contengo- no in se stesse non solo lintensit fonica (per cui non abbisognano di sovrascritture quali piano, pianissimo, forte, fortissimo, etc.), ma anche il ritmo stabilito principalmente bench non total- mente dai piedi metrici. Non totalmente perch siamo convinti che alla determinazione del ritmo contribuisca anche il valore seman- tico intrinseco della parola, cio il senso, il significato. Questo fu gi chiaro a poeti tanto diversi come J. Milton e T. S. Eliot1. Dante

1. Milton nella brevissima prefazione al Paradise Lost in cui spiega la sua rinunzia alla rima: () true musical delight: which consists only in apt numbers, fit quantity of syllables, and the sense variously drawn out from one verse into an- other (Miltons Paradise Lost, London 1732). Eliot nel saggio del 1942 The Music

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Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

stesso, a suo tempo, affermava che la poesia creazione elaborata rettoricamente e musicalmente, alla quale, cio, concorrono unarte del Trivio e una del Quadrivio2.Non nostro intento soffermarci sulla concezione dantesca della musica, che affonda le radici in testi medioevali dal Poeta conosciuti direttamente o indirettamente e sulla quale hanno indagato studiosi di varia estrazione professionale e culturale (dai tedeschi agli italiani agli anglosassoni) ed esiste ormai una considerevole bibliografia3.Intendiamo concentrarci su un altro aspetto della poesia dantescaconcepita dallautore come fabricatio verborum armonizatorum4.Ora, poich questa fabricatio si concretizza nel signum, nella parola,ci occuperemo di questo signum da Dante ritenuto al tempo stessoelemento sensibile e razionale5.Dante fu molto sensibile al valore della ripetizione e della va-riazione del ritmo sia allinterno del singolo verso sia allinterno deiraggruppamenti di versi. A questa sensibilit dovuta una strutturaendecasillabica molto articolata che presenta variazioni di piedi metri-ci prevedibili, imprevedibili e perfino ardite, ma tutte funzionali ai finidellespressivit e della resa estetica. Le variazioni e gli scarti ritmicisono spesso portatori di passaggi espressivi di nuove valenze di signi-ficato. Perci, e non solo per evitare leffetto di monotonia, il sensomusicale lo portava a creare versi come accordo di vocabula pexa eyrsuta, e versi monometrici in gruppi di due o tre, raramente di pi.Nei raggruppamenti fonetici, mano a mano che si sviluppano i versi,ritmi e misure sono sorvegliati ai fini del risultato poetico6. Certamen-

of Poetry: () the music of poetry is not something which exists apart from the meaning, in On Poetry and Poets, London 1961, pp. 20-38, p. 29.2. Cfr. De vulgari eloquentia, II, IV, 2: poesim (), que nichil aliud est quam fictio rethorica musicaque poita (cfr. Dante Alighieri, De vulgari eloquentia, a c. di P. V. Mengaldo, in Id., Opere minori, Milano-Napoli 1979, t. II, pp. 3-257, a p. 160).3. Citiamo solo due considerevoli esempi di queste indagini: il volume a cura di Luigi Pestalozza La Musica nel tempo di Dante, Ravenna 1988, e lo scritto di Raffaele De Benedictis, Ordine e struttura musicale nella Divina Commedia, Fucecchio 2000.4. De vulgari eloquentia, II, VIII, p. 202.5. Hoc equidem signum est ipsum subiectum nobile de quo loquimur: nam sensuale quid est in quantum sonus est; rationale vero in quantum aliquid significa- re videtur ad placitum, ibid., I, III, p. 40.6. Si consideri brevemente la variazione ritmica in un momento dellincon- tro-scontro tra Farinata e Dante: lamaro riconoscimento di Farinata Slli han quel/lrte, /dsse, /mle ap/prsa, //ci mi tor/mnta/ pi che/ qusto/ ltto (77-Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

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Critica del testo, XII / 2-3, 2009

Critica del testo, XII / 2-3, 2009

te la familiarit con i classici latini, da un lato, e con i poeti provenzali che erano rimatori e musici al tempo stesso, dallaltro, fu essenziale. noto che Dante conosceva solo la metrica latina ma non quella greca, molto pi ricca e complessa, che conosceva la levigatezza e la musi- calit dei versi di Virgilio e di Ovidio. Per, sapeva pure che se, da un lato, gi negli scrittori latini del Medioevo losservanza della quantit era andata attenuandosi e si era andata materializzando lesigenza di far coincidere laccento ritmico con quello grammaticale7, dallaltro, nel tardo Medioevo era nata e si andava sviluppando una poesia in volgare che riconosceva nella rima e nel numero delle sillabe i pri- mi segni distintivi dalla poesia quantitativa tardo-latina8. Ma, se nella costruzione del verso certamente grande il debito di Dante verso i suoi maestri latini (Virgilio, Ovidio, Stazio) e verso i poeti provenzali, straordinaria la sua capacit di trattare liberamente i dettami degli uni e degli altri e di svincolarsi dagli uni e dagli altri: basti pensare che in grado di bruciare il ritmo di un endecasillabo in due anapesti e un inconsueto piede di cinque sillabe (Onor/te lalts/simo pota, Inf. IV, 80) che sembra sfuggire alla classificazione metrica classica.

78) espresso in due versi i cui piedi sono un dattilo iniziale seguito da trochei, tutti piedi dal ritmo fermo adatto ad esprimere la concentrazione dellio parlante su se stesso. Ma appena la voce si leva per esprimere una opposizione, una rivalsa anchessa amara, e Farinata volge la sua attenzione al futuro del Poeta, il ritmo cam- bia in ordinati giambi: Ma nn cinqunta vlte fa raccsa /la fccia dlla dnna ch qui rgge(79-80). Avvertiamo il lettore che nelle vocali su cui cade laccento ritmico abbiamo posto sempre laccento grave non perch siano vocali aperte ma per convenzione. Citeremo sempre da Dante Alighieri, Commedia, con il commen- to di A. M. Chiavacci Leonardi, Bologna 2001.7. Basti solo ricordare linno di Ambrogio Aeterne rerum Conditor, o quello, ben noto a Dante, di Venanzio Fortunato Vexilla Regis prodeunt.8. Infatti, Johannes de Garlandia, nella sua Parisiana poetria de arte pro- saica, metrica et rythmica, parlava di versi nei quali contano le rime e il numero delle sillabe ma non i piedi metrici: Quid sit RYTHMUS. Rythmus ita describitur: Rythmus est consonantia dictionum in fine similium sub certo numero sine metri- cis pedibus ordinata. In G. Mari, I Trattati Medievali di Ritmica Latina, Bologna1971 (ristampa anastatica delledizione di Milano, 1899), p. 36. Si veda anche in Parisiana Poetria, ed. by T. Lawler, New Haven 1974. La non certezza che Dante avesse letto il testo di Johannes compensata dalla certezza che tra i clerici le idee circolavano. Sul passaggio dalla versificazione metrica latina a quella romanza si veda lo studio tuttora valido di V. Pernicone, Storia e svolgimento della metrica, in Tecnica e Teoria Letteraria, a c. di G. Getto et alii, Milano 1948, pp. 237-277, e i riferimenti in esso contenuti ad altri studi segnalati nelle note e in bibliografia.

Poich un discorso sul ritmo implica, ovviamente, una considera- zione musicale dei passi che esamineremo, diciamo subito che ci oc- cuperemo soltanto di una delle tre parti in cui Cassiodoro faceva con- sistere la musica9, cio della metrica poetica che, in realt, riguardava la musica solo indirettamente. Leggeremo lendecasillabo di Dante in termini di metrica latina (considerando, convenzionalmente, le vocali accentate come lunghe e le vocali non accentate come brevi) non per- ch vogliamo forzare la ritmica romanza entro schemi metrici latini, ma perch, nel nostro caso, la terminologia metrica antica permette di mettere in evidenza il ritmo meglio della terminologia moderna che parla di accenti primari e secondari. Si tenga conto, per, che, se gli scarti ritmici nei piedi metrici sono funzionali allespressione di signi- ficato, il significato a sua volta influenza la lettura ritmica del testo. Ora, possibile incontrare aporie ritmiche di varia natura: per esem- pio a) aporiae scribendi, nel senso che il testo presenta improvvise variazioni ritmiche che sorprendono il lettore e lo impegnano nella ricerca di una soluzione razionale, e b) aporiae legendi, nel senso che, malgrado i piedi metrici prescrivano coerentemente un determinato ritmo, il lettore scandisce il verso modificando quel ritmo ed costret- to ad una riflessione supplementare. Nel nostro scritto esamineremo tre esempi, nel primo dei quali presente laporia di primo tipo, men- tre negli altri due presente quella di secondo tipo.

Partiamo da un exemplum tratto dalla prima cantica:

Ed c/co vr/so ni/ venr/ per nve5 giambi un vc/chio, bin/co pr/ ant/co plo,5 giambi gridndo/: Gui a vi,/ nime/ prve!anfib.+anfim.+datt.+ tr.

Nn ispe/rte/ mi ve/dr lo/ cilo:1 datt.+ 4 tr. i v/gno pr/ menr/vi a ll/tra rva5 giambine le t/nebre ettr/ne, in cl/do e n glo. 2 anap. + 2 giambi

(Inf. III, 82-87)

9. Musicae partes sunt tres: armonica-ritmica-metrica () metrica est quae [mensuram] diversorum metrorum probabili ratione cognovit, ut verbi gratia heroi- con, iambicon, heleiacon, et cetera. Cassiodori Senatoris Institutiones (II, 4-5), ed. by R. A. B. Mynors, Oxford 1937.Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

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Critica del testo, XII / 2-3, 2009

Critica del testo, XII / 2-3, 2009

La terzina10 che precede lannunzio dellarrivo di Carn, col pe- sante silenzio che il Poeta-pellegrino intimidito da Virgilio si impo- ne, ha creato unatmosfera grave, di attesa: e il silenzioso cammino espresso in monotoni giambi. Il pellegrino si chiuso in se stesso, il lettore sente che la situazione non pu durare, qualcosa deve ac- cadere. E accade: al lettore dato un annuncio (82-83) ancora in giambi che, per il ritmo misurato nella lenta cadenza di legamenti bisillabici, ci trasmettono la sensazione dellarrancare della barca e, insieme, della fatica e dellet del nocchiero. Con questi due versi il poeta intende creare unatmosfera pi distesa, alleggerire il clima pesante precedentemente stabilitosi. Perci notevole, anzi notevolis- sima sar la frattura imposta dal v. 84 in cui il vecchio irrompe

gridndo/: Gui a vi,/ nime/ prve!

espressivo, per labbondanza di vocali e (soprattutto) per la variazio- ne dei piedi metrici, della frenetica agitazione e del concitato parlare del collerico demone. Cio, lirruzione del vecchio impone al lettore uno scarto ritmico, un impulso improvviso che rompe leccesso di ordine ritmico precedente (79-81 e 82-83) contrapponendogli un eccesso di disordine ritmico destinato anchesso a durare (84-87). Insomma, si viene a creare un tale capovolgimento, un cos forte contrasto tra i cinque versi precedenti e i quattro seguenti che il let- tore portato a pensare che questo scarto ritmico sia elemento es- senziale nellintenzione artistica del Poeta. E non a torto, crediamo, perch, al di l di ogni ossessione ritmica (che Dante, prima ancora dei lettori, non aveva), linterruzione come la variazione di un flusso ritmico non mai privo di valore sul piano semantico. Poich ogni parola ha un proprio accento e una propria espressivit, allinterno di un contesto va considerata ogni variazione di accento.La disposizione metrica del v. 84 non frequente in Dante: un anfibraco (gridndo) + un anfimacro (Gui a vi) + un dattilo (ni- me) + un trocheo (prve); perci viene fuori una serie di urli: quello che introduce e quelli articolati da Carn

uu // a/ uu/ u.

10. Allor con li occhi vergognosi e bassi, /temendo no l mio dir li fossegrave, /infino al fiume del parlar mi trassi (Inf. III, 79-81).

In realt, la svolta ritmica dinizio verso inattesa e sorprende il lettore perch gridando fa ancora parte della presentazione di Carn da parte del Poeta, presentazione che si svolta in ordinati giambi. Daltra parte, limpedimento a una lettura ritmica diversa, come per esempio gridn/do: Gu/i a vi/ in tre giambi, e la conferma di gri- dndo come misura ritmica a s stante e, perci, della necessit di uno stacco ritmico nei confronti dei suoni che seguono, derivano a) dal suo appartenere al momento della descrizione-testimonianza da parte del Poeta-pellegrino, b) dalla posizione incipitale che occupa nel verso, c) dallautonomia del discorso diretto che segue, cio le parole di Carn, e d) dalla punteggiatura, cio i due punti. Tra gridando e il resto del verso c una breve pausa, imposta sia dal Poeta sia dalla nostra consapevolezza semantica: essa funge da fionda che lancia il diabolico vociare. Tutto questo anche se siamo consapevoli, si badi, che questa pausa non equivale a una pausa musicale vera e propria perch la pausa segnata su un pentagramma pienamente parte del ritmo musicale in quanto un valore temporale reale, mentre i due punti, come la virgola, in un testo poetico hanno certamente un valore importante perch regolano lo svolgimento della frase e lo sviluppo logico del discorso, ma ritmicamente non hanno valore quantitativo.Dunque, noi leggiamo lanfibraco iniziale come un grido arti- colato in tre suoni: u//u, e diciamo che correttamente leggiamo cos per via di quella vocale a, su cui cade laccento, molto aperta (spe- cialmente nella pronunzia toscana, fino ad oggi) tra due sillabe con vocali chiuse. Ma siamo sicuri che il significato (lurlare) non cen- tri niente con la nostra lettura? che non gridiamo quella a perch sappiamo che essa parte del gridare? cio sappiamo che il verbo in cui essa incastonata esprime il senso o significato del gridare, al di l del ritmo? Se la parola fosse dicendo, anfibraco anchesso, noi, nella lettura, non caricheremmo tanto su quel suono pure aperto en e per di pi nasale, anchesso tra due sillabe con vocali chiuse, come facciamo su quella a; cio avremmo la stessa figura ritmico- sintattica ma non lo stesso momento fonico forte al suo interno11.

11. Ci viene in mente lavvertimento di Osip Brik, in Ritmo e sintassi, sulindissolubile legame tra ritmica e semantica a proposito della poesia di Pukin:Ci non significa che la semantica non influisca sulla ritmica; i cosiddetti accenti logici rafforzano il sistema dei momenti forti e delle pause, ma questinflusso puApparenti aporie ritmiche nella Comeda

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Perci crediamo si possa dire che linterferenza di senso al tempo stesso ci guida nella lettura, ricrea il complesso semantico profondo del verso e ci aiuta a sciogliere laporia.E, tuttavia, Carn ancora non si rivolto a Dante, ha parlato a tutti gli altri, a tutte le ombre dannate. Appena si rivolge a Dante, non poi tanto demone. Certo, ecco apparire il ritmo dellapostrofe, lo stesso con cui attaccher lautoritario Mins, lo stesso dellim- perioso Farinata, cio il giambo puro, composto da monosillabi e bisillabi nelle prime tre sedi del verso: E t/ che s/ cost/ di

E t/ che s/ cost/, nima/ vva,prtiti/ da cod/sti che sn/ mrti;(88-89)

ma nellapostrofe non insita aggressivit e ad essa non segue ag- gressivit. E non solo perch anima viva sembra una constatazione con funzione distintiva nei confronti delle altre anime e rallenta con il dattilo e il trocheo la foga ritmica dei piedi dattacco, ma soprattut- to perch non nella natura del dattilo dinizio del verso successivo (prtiti) n del trocheo finale (mrti), che racchiudono i due anape- sti centrali frenandone il ritmo, sostenere aggressivit; dattilo e tro- cheo sono ritmi fermi, posati, decisi che non velocizzano il verso in uno svolgimento impetuoso. Non potremmo leggere il verbo prtiti come piede diverso dal dattilo, per esempio prti/ti da/, data lunita- riet suono-senso che fanno di esso una sferzata, n in modo diverso lunit sintagmatica da cod/sti, etc.: Carn martella su gruppi di parole-concetti che denotano volont (prtiti) precisazione (code- sti), status (son), esistenza (morti). Insomma Carn pi che ordinare, precisa e consiglia, e non pi cos perentorio n pi cos irruente e minaccioso come stato prima. Anzi, a quellordine far seguire una indicazione lunga tre versi:

() Per l/tra va,/ per l/tri prtiverr/i a pig/gia, nn /qui, pr/ passrepi li/ve l/gno convin/ che ti prti,(91-93)

dove il ritmo del suo discorso non pi concitato, , anzi, quellodiscorsivo comune; e c una ragione: il senso o significato delle sue

essere facilmente distinto dalla configurazione ritmico sintattica originale. In I Formalisti Russi, a c. di T. Todorov, Torino 1968, pp. 166 e 167.

parole esplicativo, esprime consapevolezza ed un fermo invito. Egli parla in giambi per due versi e chiude senza indugio scandendo le sue parole ancora in due giambi + due anapesti.Quanto al crucciare sottolineato da Virgilio

E l duca lui: Carn, non ti crucciare,(94)

vero che esso parente stretto di corrucciare, ma questo cruccio non denota aggressivit attiva verso Dante, come, invece, si vi- sto verso le anime dannate. Certamente Virgilio, costretto a fornirgli spiegazione, gli dice di non arrabbiarsi inutilmente; ma, di non ar- rabbiarsi con chi? con Dante, visto che non si partiva? Questo non chiaro, lipotesi non convince, a) perch Carn iracondo per sua natura, b) perch egli usa parole esplicative, persuasive, invitanti e c) perch essa non sostenuta da un ritmo adeguato. Che, poi, quelle parole risultino profezia di salvezza un fatto secondario; fatto pri- mario sembra che Carn, deciso a raddrizzare una stortura che non risponde n alla normalit del suo compito n allordine naturale delle cose, voglia portare a compimento un suo dovere, e che poi, tranquillizzato che tutto al suo posto, si acquieti.

Passiamo ora al secondo exemplum oggetto della nostra analisi. Quando Mins si rivolge a Dante il lettore stato gi informatosu come egli sia fatto e cosa faccia, sulla sua indole collerica e sul- le maniere spicce del suo operare, sulla sua funzione di confessore improprio e di magistrato grottesco. Che lo sappia il pellegrino pos- siamo solo inferirlo a) da un elemento esterno alla fabula, cio dal fatto che il pellegrino e il Poeta sono la stessa persona, e b) da un intervento quasi puramente formale del pellegrino-Poeta: Dico che (7). Ma come egli abbia questa conoscenza non ci dato sapere; e forse siamo proprio davanti a una delle manifestazioni di impreci- sione e forzatura sottolineate nei primi sette canti dellInferno dagli studiosi. Per il resto, visto che il silenzioso pellegrino sembra coin- volto molto meno che nel rapporto con Carn (perci la necessit di insistere con a me e mi vide nello stesso verso), tutta linformazione che precede la brevissima orazione indirizzatagli riguarda soprattut- to il lettore e Mins stesso: il lettore in quanto destinatario-spettatore della scena che sta per svolgersi, Mins in quanto autore dellorazio- ne. Essi sono i due fuochi, poich lintervento di Virgilio solo ri-Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

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petitivo di quello verso Carn e desta poco interesse. Ci interessano, perci, il lettore e Mins.

O t / che vin/i al d/lor/so osp/zio,5 giambi dsse Mi/ns a m/ qundo mi/ vde,lascin/do lt/to d/ cotn/to offzio,

gurda com/ntri e di /ci tu ti /fde;3 dattili + 1 trocheo non ting/nni lampiz/za d/ lintrre.2 anap. + 2 giambi

(Inf. V, 16-20)

Queste parole attente e misurate meravigliano e lasciano am- mirato il lettore che si aspetta il peggio da questo superlativo bruto, certo pi temibile e temuto del nocchiero del canto terzo; il lettore si aspetta un comportamento ferino e caricaturale, perch a una fiera e a una funzione caricaturale il Poeta lo ha introdotto.Le prime parole di Mins sono perentorie, quelle di chi abi- tuato al comando o di chi ha certezza di quello che dice, insomma di chi sa di poter usare e usa il verbo allimperativo; si pensi alle parole di Ciacco nel canto VI o a quelle di Farinata nel X, etc., che sono parole scandite in giambi:

O t che s per qusto nfrno trtto,(40)O tsco ch per l citt del fco.(22)

Ma la perentoriet dellapostrofe di Mins si stempera gi a met verso, quando terminano i giambi puri dei monosillabi e ini- ziano quelli dei polisillabi; cio gi a met verso il ritmo martellante si attenua. Il lettore sorpreso non solo perch la fiera non emette minacciosi ululi come Carn, ma anche perch si esprime con un ossimoro, doloroso ospizio: lospizio era un posto di sollievo dalle fatiche o dalle pietose condizioni umane, che accoglieva pellegrini e viaggiatori, mai un luogo di tormento (almeno non programmatica- mente); e soprattutto perch lossimoro contiene una considerazio- ne, un giudizio che umanizza la fiera.Inoltre, non solo per Mins viene usato il verbo dire, almeno in prima istanza, e non gridare come invece per Carn, ma lattac- co del suo discorso subito interrotto da un intervento autoriale per ben due versi (17-18) che, richiamando e ricordando al lettore lalta funzione di giudice di Mins, differenzia lintroduzione-ingresso di

questo demonio da quello del demonio nocchiero. Ora il lettore, che gi sa che egli giudice muto visto che, invece di emettere senten- ze oralmente, giudica e manda secondo chavvinghia e sa anche che egli ha superato la sua naturale costituzione per cui orribilmente ringhia visto che disse, cio ha parlato umanamente deve tener conto dellintrusione autoriale in quanto essa oggettivamente lo di- strae dallosservare i continui scarti e la radicale variazione ritmica che caratterizzano i versi in cui parla Mins: essi, infatti, nella ri- presa del v. 19 (gurda com/ntri e di /ci tu ti /fde) che presenta tre dattili prima del trocheo finale, capovolgono lo schema ritmico dellapostrofe iniziale (16) composto da cinque giambi; e ricordia- mo che il dattilo per sua natura rallenta il ritmo. Insomma, nella breve orazione di Mins si alternano un verso in giambi (16), uno in dattili (19, tranne la battuta finale fide) e uno in anapesti e giambi (20) che conclude con parole dal tono solenne e con un severo am- monimento: non ting/nni lampiz/za d/ lintrre. Leccezionalit della figura di Mins espressa tutta nelleccezionalit della costru- zione rettorica e ritmica (rethorica musicaque) dei versi: egli parla soltanto in tre dei cinque e usa un ritmo oratorio estremamente vario ma perfettamente funzionale. Infatti, dopo lapostrofe giambica del v. 16, Mins nel v. 19 concettualmente articola il suo avvertimento in due segmenti: comentri e di cui tu ti fide, ambedue dipendenti da un unico verbo (guarda) che li tiene strettamente uniti e legati a s in un solo ritmo: il dattilo fino al trocheo fde; poi, nellultimo verso, Mins si affretta a concludere la specificazione dellavvertimento con due gruppi di piedi che, nella diversit, sono coordinati tra loro: due anapesti e due giambi (20).Ora, al contrario del dattilo, lanapesto per sua natura non un ritmo lento; a batterlo sembra molto appropriato per esprimere il ritmo prodotto dagli zoccoli di un cavallo in corsa. Ma noi leggiamo tutto il v. 20 con tono fermo e solenne. In realt il complesso ritmico nei versi in cui Mins parla molto vario e articolato, frammentato, e, perci, coerentemente rende giustizia alla sua natura di mostro ringhiante ma non agitato; cio il ritmo di quei versi esprime connotativamente il valore denotativo delle parole con le quali il Poeta lo ha gi presenta- to. E, allora, perch noi leggiamo il v. 20 con tono fermo e solenne? Per due ragioni: a) perch, se vero che comparativamente i tre versi hanno ritmi discordanti, questi, per, sono concordanti allinterno diApparenti aporie ritmiche nella Comeda

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ciascuno, cio allinterno di ogni verso il ritmo piuttosto compat- to, e questa compattezza influenza il lettore, e b) soprattutto perch crediamo che qui entri in gioco un altro fattore: quello intellettuale e di conoscenza. Il lettore sa che Mins un giudice e che la legge di per s non minaccia, ma mette in guardia, rammenta, fa appello alla ragione e alla consapevolezza delluomo. E dunque, siamo sicuri che il nostro tono solenne, malgrado la velocit del ritmo metrico, non sia dovuto esplicitamente al senso o significato delle parole, e che questo non influenzi la nostra lettura della scansione ritmica? Se tutto il verso ritmicamente spezzato in due anapesti e in due giambi, allora biso- gna riconoscere due cose: a) che il Poeta stesso ci aiuta a rallentare il ritmo veloce degli anapesti, e b) che la nostra consapevolezza del significato delle parole a condizionarci nella lettura ritmica del verso e a portarci a leggerlo in quel determinato modo, cio con tono fermo e solenne. questa consapevolezza che scioglie laporia di secondo tipo che riscontriamo nellexemplum discusso.Quanto al gride sottolineato da Virgilio

E l duca mio a lui: Perch pur gride?(21),

qui c una intrinseca ambiguity: considerato che siamo in luogo dogni luce muto ma che mugghia come fa mar per tempesta e che Mins con le anime morte non parla mai essendo uso a ringhiare, lunica volta che parla non pu certo avere la voce bassa e vellutata. Perci il suo gridare ben diverso da quello di Carn, il quale invei- sce contro le anime morte prima di urlare verso luomo vivo. Infatti, se questi ha dato segno palese di essersi accontentato della risposta di Virgilio e calmato, se Cerbero si tacer al gesto di Virgilio ceden- do al proprio istinto bestiale, Mins sembra non badare a Virgilio: la legge pu solennemente metterti in guardia, ma se non sbagli non interviene, ti ignora (nel bene e nel male), soprattutto davanti a ordini superiori.

Passiamo, infine, al terzo exemplum tratto dalla terza cantica, dopo una premessa.Lunit spirituale nel Purgatorio si manifesta anche nella cora- lit del canto e nellarmonia; ma sempre canto monodico quello dei beati, come il canto religioso che ha dominato tutta la tradizione medioevale, il canto gregoriano. Ci che detto quasi allinizio del-

la cantica, quando le anime purganti cantavan tutti insieme ad una voce (II, 47), vale fino alla fine. Qualunque inno, qualunque antifo- na, qualunque invocazione, di anime o di angeli, diventa sempre co- rale. Su questa coralit, che in Purgatorio come in Paradiso sembra parte dellessenza della beatitudine, il Poeta insiste esplicitamente e ogni tanto la sottolinea non solo per esigenza poetica interna ma anche per ricordarla al lettore; fino allultimo canto. raro incontrare qualche solitario cantore, come la sirena del so- gno di Dante in Purg. XIX, o langelo prima e la voce poi in XXVII,8 e 55, o Matelda allinizio di XXIX; pi spesso pu esserci una voce solista che inizia un canto subito seguita da altre voci, come in VIII, 17 (seguitar lei), o in XXX, 12 (e tutti li altri appresso). Possono esserci cori a voci alterne ma non dialoganti, come per esempio in V: cantandoMiserere a verso a verso (24), o allinizio di XXXIII: alternando / or tre or quattro dolce salmodia (1-2) secondo le alternanze proprie delle antifone liturgiche; ma non c responsorium. Anche i lussuriosi, che sono distinti in due schiere e gridano motti diversi, in XXVI, si allonta- nano cantando un unico inno. Insomma in Purgatorio,

una parola in tutte era e un modo,s che parea tra esse ogne concordia.(XVI, 20-21)

Anche in Paradiso, ci sono echi, suoni, canti, cori, ai quali si aggiungono continui movimenti di danza, ma mai un contro-canto o una contro-danza. Il canto, si tratti di inni, salmi, di dossologia mag- giore o minore o di altro, sempre accompagnato da danze, e come sempre si canta in coro cos sempre si danza a ruota, in ununica me- lodia in un unico ballo: circulata melodia (XXIII, 109), dice il Poeta con espressione icastica, oppure e moto a moto e canto a canto colse (XII, 6); come dire che in un determinato ritmo musicale e danzante le anime possono solo inserirsi ma non possono modificarlo mai. Perfino laquila formata dagli spiriti giusti, in XIX, roteando canta- va (97). E cos fino alla fine, quando Gabriele inizia a cantare Ave, Maria e tutti i beati e gli angeli si uniscono a lui

Rispuose a la divina cantilenada tutte parti la beata corte,(XXXII, 97-98)

dove non c dialogo malgrado il Rispuose: pi che di risponderesi tratta di corrispondere.Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

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Critica del testo, XII / 2-3, 2009

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Ora, da Boccaccio ci stato assicurato che Dante si dilett in suoni12 e da illustri dantisti a seguire che della musica posse- dette conoscenza tecnica e gusto13. Se del primo possesso non abbiamo notizia certa, nel senso che non abbiamo prove documen- tali e testimonianze, certezza abbiamo del secondo, cio del gusto e della profonda conoscenza della musica sul piano teorico, come testimonia tutta la teorizzazione presente nel De vulgari eloquentia e nel Convivio, culminata nella Comeda; ma fu conoscenza in senso medioevale, in quanto il Poeta era di mentalit medioevale ed ere- de di una tradizione che andava da Pitagora a Platone, da Boezio e Cassiodoro ad Ambrogio ed Agostino, a Tommaso etc., e in quanto studioso delle arti del Trivio e del Quadrivio. Sulla sua conoscenza e il suo sentire influ fortemente la teoria boeziana che distingueva tra musica instrumentalis, musica humana e musica mundana; in concreto, per, egli impront tutta la coralit e la musicalit del- le due ultime cantiche sul canto gregoriano, canto sacro per eccel- lenza, strutturalmente monodico, che, sviluppandosi mano a mano, domin per secoli nel Medioevo mentre andavano nascendo nuove realt e scuole musicali sia a livello elevato sia a livello popolare. Considerata la sacralit di quel canto, Dante non poteva avere come punti di riferimento altri generi musicali come ballate e laudi, che proprio nel suo secolo nascevano, si affermavano e si espandevano: erano ambedue troppo popolane e popolari, perci non degne di en- trare nello stile tragico della sua ultima cantica n di esser prese a modello per tessere le lodi del Signore14. Queste venivano cantate

12. Vita di Dante Alighieri per messer Gio. Boccaccio cittadino fiorentino, Milano, per Giovanni Silvestri, 1822, I, pp. 70-71: () sommamente si dilett in suoni, e canti nella sua giovanezza: ed a ciascuno, che a que tempi era ottimo cantore e sonatore, fu assai amico ed ebbe sua usanza; ed assai cose, da questo diletto tirato, compose, le quali di assai piacevole e maestrevol nota a questi cotali facea rivestire. Del resto, musicisti erano i suoi amici Casella e Lapo Gianni e chiss quanti altri.13. S. A. Chimenz, alla voce Dante in Enciclopedia UTET-La Biblioteca diRepubblica, Torino 2003, vol. 6, p. 59.14. Anche sul piano letterario Dante riteneva la ballata (e ancor pi la lauda) composizione inferiore alla cantio perch forma darte non completa n autonoma che necessitava di cantanti e ballerini: Adhuc: quicquid per se ipsum efficit illud ad quod factum est, nobilius esse videtur quam quod extrinseco indiget: sed can- tiones per se totum quod debent efficiunt, quod ballate non faciunt: indigent enim

a due o a tre voci dialoganti il cui andamento ritmico e melodico si discostava dalla monodia antifonaria gregoriana dove tutte le voci, su toni e semitoni diversi, eseguivano la stessa melodia. Eppure il Laudario di Cortona fu copiato negli ultimi decenni del Duecen- to; eppure quelle laudi costituivano musica religiosa devozionale; eppure la Toscana e lUmbria ne furono il centro. E allora, perch nelle due cantiche non modella mai le sue melodie sulla nuova musi- ca? Per scelta di un modello musicale preciso, e per scelta coerente, visto che Dante, sappiamo, era di una coerenza straordinaria15. Ma poteva, daltra parte, essere diversamente, considerato che nella cul- tura filosofica medioevale cristiana come nella formazione culturale e, perfino, nella struttura mentale del Poeta, sia a proposito delle diatribe teologiche come delle dispute politiche, si era sempre teso

plausoribus, ad quos edite sunt; ergo cantiones nobiliores ballatis esse sequitur ex- timandas, et per consequens nobilissimum aliorum esse modum illarum, cum nemo dubitet quin ballate sonitus nobilitate modi excellant. De vulgari eloquentia, II, III, pp. 156 e 158. Insomma, la ballata era argomento de mediocri vulgari, come dir subito dopo (in II, IV), e non de altissimo.15. Ma nel canto X del Paradiso troviamo una metafora, iniziata nei vv. 76-81, sospesa e poi ripresa nei vv. 145-148, che richiama la suggestiva immagine, familiare e al tempo stesso cortese, di una danza cantata ballata da donne, cio di una ballata. Se limmagine richiamata dal Poeta quella di una ballata, i beati, per, cantano, pri- ma di interrompersi al parlar di San Tommaso, e poi riprendono a cantare un canto mo- nodico: render voce a voce in tempra (146), cio accordandosi in un unico coro.Copiose sono nelle due ultime cantiche le citazioni di testi liturgici cantati e molti i riferimenti a strumenti musicali e a nomi di danze; ma la limitatezza delle citazioni solo alle parole e lindeterminazione delle funzioni degli strumenti lasciano nei lettori una serie di dubbi di varia natura sul rapporto del Poeta con la musica e li costringono a procedere con cautela, alluso di espressioni quali spesso difficile distinguere se Dante intenda , potrebbe intendersi ,potrebbe trattarsi di , difficile stabilire tuttavia se si trattasse , Dante pu aver conosciuto , fino alla disarmante conclusione da parte di un attento musicologo come Lukas Richter (nel suo saggio Dante e la musica del suo tempo contenuto nel volume pestalozziano La Musica nel tempo di Dante cit., pp. 55-112): Nel tentativo di spiegare le allusioni di Dante alle tecniche polifoniche si incontrano non lievi difficolt, dovute alluso della lingua fatto dal Poeta, assai lungi dallunivocit terminologica. Pi volte non si riesce a precisare se nei pas- si citati egli intenda reale polifonia o semplicemente un unisono cantato da pi voci (p. 79), e fino alla seguente messa in guardia: Tuttavia assai rischioso voler dedurre il processo polifonico della rota solo dallindicazione del canto di lode con cui larcangelo Gabriele circonda Maria (XXXIII, 109), una circulata melodia che il coro riprende in ritornello (p. 81).Apparenti aporie ritmiche nella Comeda

Prospero Trigona

Critica del testo, XII / 2-3, 2009

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alla, ed era sempre prevalsa laffermazione dellunicit? Tutti canta- no allunisono perch unit uguale a uno che uguale a perfezione: uno Dio, e uno e uno sono i suoi vicari sulla terra, limperatore e il papa cuicuique suum.

Ma consideriamo lexemplum.Come nella conversazione comune e quotidiana gran parte del- la funzionalit dovuta sia alla variazione continua del suono dei singoli vocaboli sia alla modulazione dellintonazione delle frasi, cos nei versi la variazione ritmica evita leffetto di monotonia e di limitata funzionalit che sortirebbe luso costante e prolungato della medesima scansione ritmica. I versi hanno un impulso ritmico proprio in cui la variazione incide sul piano semantico. Il gioco tra omometria e polimetria riveste un ruolo fondamentale nella comu- nicazione e nella creazione poetica, e richiede attenzione e sapien- za nelluso. Nella Comeda, abbiamo detto, ci sono molte sequenze omometriche di due versi, meno frequenti sono quelle di tre versi16,ma probabilmente un caso pi unico che raro una sequenza lungacome quella di Par. XIV, 28-33 che esamineremo.La nostra convinzione circa lestrema importanza dellinterfe- renza del significato nellarticolazione dei suoni di parole, che ci ha portato a citare J. Milton e T. S. Eliot, ci fa dire che il valore semantico finale di un componimento poetico legato da vincoli e condizionamenti che una composizione musicale non conosce.A conferma della nostra convinzione analizziamo i seguenti versi:Quelluno e due e tre che sempre vivee regna sempre in tre e n due e n uno non circunscritto, e tutto circunscrive,

tre volte era cantato da ciascuno di quelli spirti con tal melodia,chad ogne merto saria giusto muno.(Par. XIV, 28-33)

16. Per esempio:O t che s per qusto nfrno trtto, mi dsse, rconscim, se si:tu fsti, prma cho disftto, ftto.(Inf. VI, 40-42)

In questa lunga sequenza di versi si snoda un ritmo giambico, eccezion fatta per lanclasi in seconda sede metrica nel v. 31 (ra) e in quarta nel v. 33 (sara); per nostra convinzione che il valore di una figura rettorica, e di questa soprattutto, dipenda dalla volon- tariet delloperazione poetica tesa a ottenere un determinato effet- to: ma qui non c volont, non c voluta trasposizione di accento, perci nellimpulso ritmico della sequenza quelle due variazioni quasi si perdono. Dove sorge un problema di interpretazione del ritmo, di aporia, e quindi un dubbio, a proposito dellinizio del v.30, cio del non cir/ di

non circunscritto, e tutto circunscrive,

perch la particella non sembra voler sottolineare una negazione, una limitazione. Solo che questa negazione presente nella prima parte del verso non si pone in contrasto con quanto affermato nella seconda parte. Dunque, a guardar bene, essa, nel perfetto bilanciamento del verso in due parti (al quale contribuisce la virgola centrale), non indica tanto una contrapposizione tra le due parti quanto una precisazione di essenza, come una precisazione di essenza indica il pronome tutto che segue. Le due ipotesi comportano una differenza nella lettura ritmica, perch nel caso di una sottolineatura di limitazione nn cir/ andrebbe letto come un trocheo, mentre nel caso di una precisazione di essenza come un giambo, cio non cr/, e sarebbe in linea con limpulso ritmi- co dellintera sequenza. Va da s che il resto del verso ritmicamente suona come una serie di giambi: -cunscrt/to, e tt/to cr/cunscrve. Ora porre in posizione incipitale un trocheo, nn cir/, significhereb- be contrapporre il suo ritmo sia al ritmo veloce dei giambi nei due versi precedenti sia al ritmo scorrevole dei giambi nello stesso verso, sia specificamente al ritmo giambico del circunscritto della seconda parte del verso che bilancia quello della prima. Cio questo trocheo si caricherebbe di una funzione di neutralizzazione che non ci pare esso abbia nello sviluppo del senso o significato concettuale che si va svolgendo e precisando nello sviluppo dei versi. Perci preferiamo leggere quel piede metrico come un giambo.Tuttavia noi dubitiamo che si possa scandire il ritmo giambico di questo verso mantenendo il ritmo incalzante dei due versi prece- denti; anzi, crediamo che quel ritmo in questo verso si debba rallen- tare. E, si badi, questo rallentamento opera non solo nei confrontiApparenti aporie ritmiche nella Comeda

Prospero Trigona

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del vigore ritmico trascinante dei due versi precedenti ma anche di quello dei tre seguenti; vale a dire crediamo che esista una certa di- screpanza ritmica tra questo verso e tutti gli altri dellintera sequen- za di sei versi. E perch mai?Prima di rispondere necessario precisare alcune cose: a) scan- dendo ritmicamente le misure metriche della sequenza si riconosce un ritmo che crediamo Dante derivasse dal canto gregoriano, cio lo scorrere del ritmo binario ritenuto biologico, in questo caso sinco- pato in quanto laccento principale risulta spostato dalla prima alla seconda nota o sillaba; b) nei due versi iniziali

Quellno e de e tr che smpre vvee rgna smpre in tr e n de e n no(28-29)

il Poeta impegnato nellaffermazione del concetto della verit dogmatica fondante della dottrina cattolica, cio della Trinit; c) in quello che segue

non cr/cunscrt/to, e tt/to cr/cunscr/ve

impegnato nella razionalizzazione di quel concetto per i lettori del suo poema, infine d) nella terzina successiva impegnato nella descrizione della felicit ultraterrena ed eterna dei beati che deriva dallaccettazione ed esaltazione sia del dogma sia della razionaliz- zazione. Torniamo ora al perch mai?.Perch mai questa aporia dicendi se i piedi sono tutti giambi? La ragione sta non solo nel fatto che i primi due versi consistono solo di monosillabi e bisillabi, ma soprattutto nel fatto che mentre nei primi due versi il Poeta afferma e conferma un dogma, un atto di fede assoluto, lontano da ogni parvenza di ragionamento, nel terzo invece esprime un atto di fede scolasticamente razionale in quanto in esso c riflessione, ragionamento, e il ragionamento frantuma luni- t dogmatica e fideistica chiusa nel chiasmo multiplo e nel ritmo ser- rato dei vv. 28-29. Cio il senso o significato espresso e ribadito nel- le parole circunscritto e circunscrive funge da elemento attenuante il ritmo nella nostra lettura perch esso introduce una flessibilit dina- mica che d respiro al ritmo incalzante dei versi precedenti (soprat- tutto) e dei seguenti. Come dire che, nellinsieme e coerentemente, il ritmo incalzante necessario a Dante per esprimere dapprima lunit trinitaria e poi lunitariet/coralit della dossologia minore (il Gloria

Patri, come si evince da XXVII, 1-2), cantata dai beati in cui ogni individualit scompare nellunit assoluta della fede proprio come nel canto gregoriano mentre esso non necessario n pertinente nel momento della ratio scolastica.Concludendo, perfino in un verso (30) metricamente composto dalle stesse misure (giambi), il ritmo profondo determinato non solo dalle misure metriche ma anche dal significato delle parole: ambedue gli elementi ci guidano nella lettura e ambedue contribu- iscono al valore semantico totalizzante del testo poetico. Di conse- guenza, possiamo dire che lo scarto ritmico, sia quando intrinseco nel ritmo sia quando dovuto alla consapevolezza del lettore, non solo fondamentale ai fini della poeticit di un componimento, ma non costituisce una vera aporia.