antifascisti pordenonesi nella guerra di spagna

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La Guerra di Spagna attraverso gli articoli e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese ...di Pordenone che lotta contro la reazione internazionale ne sono 6 o 7 che siamo decisi a lottare fino in fondo. a cura di Gian Luigi Bettoli PORDENONE 2008 ASSOCIAZIONE ”CASA DEL POPOLO DI TORRE”

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese.

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La Guerra di Spagna attraverso gli articoli e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

...di Pordenone che lotta contro la reazione internazionale ne sono 6 o 7 che siamo decisi a lottare �no in fondo.

a cura di Gian Luigi BettoliPORDENONE 2008

ASSOCIAZIONE ”CASA DEL POPOLO DI TORRE”

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Introduzione

Introduzionedi Gabriele Donato 1

È un orgoglio per me poter ricordare stamattina, grazie all’invito dell’Anpi di Sacile, la straordinaria decisione di decine e decine di friulani di partire, dopo il 1936, alla volta della Spagna per combattere il fa-scismo, che in quel paese si stava affermando grazie alla ribellione dell’esercito guidata da Francisco Franco. I friulani furono solo una piccola parte, ma estremamente significativa, delle decine di migliaia di volontari antifascisti che partirono da decine di paesi: solo gli italiani, nel complesso, furono circa 4 mila.

Un vero e proprio fiume di energie popolari confluite nella prima grande battaglia generale condotta, armi alla mano, in Europa contro il fascismo. L’intenzione era semplice: difendere il diritto dei popoli dello stato spagnolo a liberarsi dalle catene con le quali i latifondisti, la casta militare, la grande finanza e le gerarchie ecclesiastiche volevano continuare a tenerli intrappolati nella logica dello sfruttamento, “imprigionandone” la voglia di libertà.

Si trattò di una straordinaria “migrazione”: un flusso di idealità e passioni, un’esplosione fra-gorosa di vero e proprio internazionalismo proletario; essa seppe travolgere le frontiere trasformando operai, contadini e intellettuali che parlavano linguaggi anche diversissimi in un’unica forza straordi-naria. È possibile ricordare oggi l’impatto di quella forza ideale, l’eroismo di tanti volontari, evitando i riferimenti alle tante miserie dell’attualità in cui siamo immersi? Si tratterebbe di una reticenza ingiu-stificabile, e non pensiate che io mi riferisca esclusivamente all’esito delle recenti elezioni politiche, che hanno ricollocato al potere le forze di ispirazione conservatrice e reazionaria che allora non avrebbero esitato a schierarsi dalla parte del franchismo.

Penso anche ad altro: al rinnovato intensificarsi della campagna polemica contro i libri di storia scritti dagli “intellettuali di sinistra”, e anche ai fatti tragici che insanguinano le nostre città e che si legano al moltiplicarsi delle azioni squadristiche promosse dalle formazioni dell’estrema destra neofa-scista. Si tratta di due questioni completamente slegate l’una dall’altra? Per nulla, e lo dimostra proprio la vicenda drammatica di Verona: nella città in cui i neofascisti hanno assassinato un ragazzo, il sindaco leghista aveva proposto, circa un anno fa, che nel Consiglio direttivo dell’Istituto per la Storia del Mo-vimento di Liberazione entrasse, a rappresentare il Comune, Andrea Miglioranzi, esponente di spicco dell’estrema destra cittadina, già condannato per reati connessi alla sua militanza neofascista.

I due ordini di problemi si legano, e il clima di intolleranza si alimenta anche della rozzezza revisionista con la quale si vorrebbe cancellare la memoria antifascista; d’altra parte, si farebbe fatica a capire, altrimenti, tutto l’accanimento con il quale l’antifascismo viene continuamente messo in discussione. Azzerare la memoria antifascista rimane, per le destre vecchie e nuove, una priorità, nella logica dell’azzeramento dei conflitti e del superamento delle diversità: nella logica dell’uniformizzazio-ne passivizzante delle coscienze.

Questo è il motivo per cui spetta a noi il compito di riscoprire la funzione dei monumenti de-dicati all’antifascismo: essi devono diventare i luoghi in cui rifiutare pubblicamente l’idea che la me-moria collettiva possa risolversi in un generale patteggiamento in cui meriti e colpe, neutralizzandosi a vicenda, possano svanire. Con la stessa determinazione dobbiamo rifiutare l’idea di una storia ufficiale, imposta al paese dalla politica e dai partiti di governo: dobbiamo, invece, continuare a rivendicare con orgoglio la nostra memoria non pacificata, la nostra memoria indisponibile a scendere a patti con le ragioni di chi vuole cancellare le nostre ragioni.

Nessuna pacificazione, pertanto. Continuano ad esserci, oggi, motivi di conflitto che non possono essere occultati, così come esistevano settant’anni fa: allora da una parte c’era l’Italia di Mussolini, il quale mandò a supportare Franco 70 mila soldati, 800 aerei e 8 mila automezzi, solo per citare alcune cifre; dall’altra c’era l’Italia dei volontari antifascisti, perseguitati e costretti in maggioranza a vivere in esilio, l’Italia di Carlo Rosselli, di cui voglio citare alcune parole celeberrime:

1 Intervento pronunciato in occasione dell’inaugurazione a Sacile del monumento dedicato ai volontari antifascisti che hanno combat-tuto in Spagna, 11 maggio 2008.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

«In tutti i reparti si trovano volontari italiani, uomini che, avendo perduta la libertà nella propria terra, cominciano col riconquistarla in Spagna, fucile alla mano. Sappiamo che le dittature passano e che i popoli restano. È con questa speranza segreta che siamo accorsi in Spagna. Oggi qui, domani in Italia».

La libertà in Italia era andata perduta quindici anni prima, e nel maggio del 1936 il regime mussoliniano poteva vantare il proprio massimo successo d’immagine: la proclamazione dell’Impero a seguito della vittoriosa campagna d’Africa. Per gli antifascisti tutto sembrava irrimediabilmente per-duto, e gli anni che trascorsero dal 1934 al 1936 furono gli anni di maggior crisi per le organizzazioni intenzionate ad animare forme di opposizione clandestina al regime. Ma le difficoltà di quella crisi si tramutarono in voglia di rivincita, voglia che riprese rapidamente a diffondersi proprio con l’arrivo, in Italia, delle prime notizie riguardanti la lotta armata con quale la Spagna proletaria stava cercando di opporsi alla ribellione militare di Franco.

Furono le questure, in Italia, a registrare rapidamente la diffusione di umori nuovi presso gli ambienti popolari, tradizionalmente renitenti a farsi travolgere dalla retorica del fascismo; un agente della questura di Udine, per esempio, segnalò preoccupato ai suoi superiori un commento che aveva ascoltato presso un cantiere in cui era intervenuto per bloccare sul nascere una protesta contro le cattive condizioni di lavoro: “Lavoreremo sempre così finché non vengono i rossi dalla Spagna, e mi pare che stanno per arrivare”.

I sentimenti antifascisti facevano ancora fatica a tradursi in una lotta attiva e articolata, ma la fiducia che la lotta contro il fascismo potesse affermarsi altrove iniziava a generare speranze e aspettati-ve; le autorità parlavano preoccupate di “una forma spicciola di propaganda sovversiva, estremamente pericolosa perché intesa a creare dubbi”. Le loro preoccupazioni crescenti alimentarono una ripresa dell’attività repressiva, direttamente proporzionale alla ripresa dell’attività che definivano come “sov-versiva”: se, infatti, nel 1937 le condanne del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato erano state “solo” 172, nel 1938 furono 310, e nel 1939 365; l’opposizione al fascismo, anche grazie ai fatti di Spagna, aveva ripreso a farsi sentire.

La vittoria non arrivò, tuttavia, nemmeno dalla Spagna: fra il gennaio e il marzo del 1939 i franchisti entrarono a Barcellona e a Madrid, baluardi fino a quel momento delle forze repubblicane; venne scatenata una repressione feroce contro i combattenti antifranchisti, e il regime che si insediò potè pure contare sulla “benedizione” del papa di allora, Pio XII. La guerra civile spagnola, tuttavia, non fu solo il luogo di una sconfitta: fu un palestra straordinaria di combattimento, e gli antifascisti che vi si addestrarono sarebbero poi diventati la spina dorsale della Resistenza in Italia.

Ma chi erano quegli antifascisti? Erano azionisti, erano socialisti, erano anarchici, erano soprat-tutto comunisti: dovremmo forse essere imbarazzati per quest’ultimo fatto? Dovremmo parlare a voce bassa di quei combattenti a causa delle loro convinzioni politiche? Il revisionismo d’ispirazione conser-vatrice vorrebbe convincerci proprio di questo: vorrebbe persuaderci del fatto che l’antifascismo sarebbe stato allora irrimediabilmente inquinato dalla presenza ingombrante dei comunisti; anche contro questo tentativo abbiamo il dovere di reagire, in quanto l’intenzione che sta alla base di quest’operazione di rilettura della storia è chiara: se il comunismo viene considerato un male assoluto, coloro che l’hanno combattuto meritano di essere onorati alla stregua di combattenti per la libertà; in questo modo – è fin troppo evidente – si creano le condizioni per riabilitare non solo i franchisti, ma anche i repubblichini.

Stravolgere il passato, in altre parole, per rendere più digeribile un presente inquietante, in cui sta diventando possibile riempire di onori quanti si sono macchiati dei crimini peggiori in nome dell’anticomunismo; d’altra parte, da dove scaturiva la ferocia dei franchisti se non dall’anticomunismo più accanito? Si erano dati il compito di “fare pulizia”, limpieza, come dicevano: “Dobbiamo uccidere, uccidere e uccidere, così il Paese sarà ripulito e ci difenderemo dal proletariato”. Queste erano le loro “idealità”, condivise dai fascisti di tutta Europa e valorizzate dalle destre di oggi, ossessionate dall’idea di recuperare e glorificare il passato da cui provengono.

Noi abbiamo il compito di reagire: l’anticomunismo, che poi altro non è che astio nei confron-ti delle aspirazioni dei più deboli, ostilità nei confronti delle speranze degli oppressi, non deve essere accettato come il valore supremo da celebrare con nuovi libri di testo, con nuove date commemorative,

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Introduzione

con nuovi eroi nazionali. Tale virulenza serve a demolire la forza dei valori per cui i combattenti che oggi ricordiamo non hanno smesso d’impegnarsi, nemmeno di fronte al rischio più terribile, quello della morte. Ecco perché i “nostri” monumenti oggi sono più preziosi che mai: è di fronte ad essi che gli antifascisti devono rialzare la testa; è per questo che quelli che esistono già devono essere riscoperti, e altri devono essere costruiti, con il cuore pieno della passione che animò i combattenti di Spagna, e a cui uno di loro, Buenaventura Durruti, nel 1936 ha dato voce con queste straordinarie parole:

«Non dovete dimenticare che noi sappiamo anche costruire. Siamo noi che costruiamo questi palazzi e le città, qui in Spagna e in America e ovunque. Noi, i lavoratori, possiamo costruire altri edifici al posto di quelli distrutti, edifici anche migliori. Noi non siamo affatto spaventati dalle rovine. Noi stiamo per ereditare la terra. Non c’è il benché minimo dubbio su ciò. La borghesia può soffiare e distruggere il suo mondo prima di abbandonare le pagine della storia. Noi portiamo un mondo nuovo qui nel nostro cuore. Questo mondo sta crescendo anche in questo momento».

Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668,Tonelli Vittorio: foto di volontari internazionalisti,

fra i quali: Vittorio Tonelli (1), Giovanni Salvador (2) ed Enrico Canciani (3) da Castelnovo del Friuli nelle Brigate Internazionali

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Prologo

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Prologo. Foto di gruppo ad Albacete

«6.3.37 Espagna Mamma e Bruno 2 Non so perché da che sono in Spagna non ho mai ricevuto una lettera un

scritto qualunque, certo è difficile ma non dovete stancarvi. Immaginatevi che l’altro giorno ho incon-trato Pierini il figlio del maestro Pascuotti [sic], ed anche altri compagni di Pordenone come uno dei fratelli Corai ed il vecchio segretario della camera del lavoro e De Gottardo ed un altro che è morto si chiamava Magoga o un nome così.

Se ci sono arrivate le altre lettere lo sapete che ferito, ad ogni modo ne lo ripeterò in un attacco in un fronte presi una pallottola alla coscia sinistra e sorti alla destra, ora la ferita è quasi marginata senza lasciarmi alcuna conseguenza e ora aspetto di guarire completamente poi ritorno al fronte.

Da che sono qui in Spagna le mie opinioni politiche sono cambiate di fronte a certi in una pros-sima vi spiegherò scrivetemi più presto che sia possibile al seguente indirizzo Felice Stellina 12 Rue Antoine Billon Venissieux Rhone Francia.

Saluti rivoluzionari. Includete uno scritto di Bocalon 3 e di Tranquillo-Fossarelli 4 come va ed altri compagni. Saluti di cuore Durigon Achille.

2 Si tratta del fratello Bruno, sul quale cfr. Acs, Cpc, b. 1873, f. 128231. Nato a Pordenone il 27 aprile 1915, ivi residente, bracciante, falegname e fornaio, comunista, militare in Africa Settentrionale, detto Moro, sorvegliato dal 1934 al 1941. In conseguenza della note-vole attività epistolare del fratello, viene perquisita l’abitazione di famiglia a Torre, provocando il sequestro di «alcuni ritratti, di Lenin e di altri esponenti la rivoluzione russa, appesi in modo visibile alle pareti della cucina dell’abitazione stessa. Bruno ha dichiarato che i ritratti appartenevano al fratello Achille e che questi prima di partire per l’estero aveva dato incarico a lui e alla madre di lasciarli al loro posto». Aderisce successivamente al movimento anarchico (testimonianza di Lino Roveredo, Pordenone).3 Recte: Boccalon (Guido). Cfr.: Acs, Cpc, b. 682, f. 919. Nato a Pasiano di Pordenone il 5 aprile 1901 da Antonio e Carolina Colussi, domiciliato a Pordenone, in Via Roggiuzzole 13, bracciante disoccupato, comunista pericoloso, denunciato al Tribunale Speciale, morto il 18 luglio 1937. E’, insieme ad Ernesto Oliva, il responsabile del gruppo clandestino comunista che opera a Pordenone durante la fine degli anni ‘20 ed i primi anni ‘30, fino alla scoperta del gruppo da parte della polizia fascista nel 1931.4 Recte: Gassarelli (Giuseppe). Cfr.: Acs, Cpc, b. 2305. Nato a Pordenone il 12 luglio 1899 da Costanzo e Maria De Picco, ivi domi-ciliato in frazione Torre, in Via Carnaro 35, filatore disoccupato, bracciante, denunciato al Tribunale Speciale, sorvegliato dal 1931 al 1943.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Senza paura di darmi noia scrivetemi senza rimettermi dei soldi che io faccio come per mio ma-rito. Saluti e coraggio ride bene chi ride il ultimo» 5.

«23.3.37

Cara mamma e Bruno la prima lettera che ricevetti in data 27 febbraio. Inutile negarle a mia mamma [che]sono qui in Spagna non vedo motivo che avete di nasconderlo anzi dovrebbe essere come quella mamma che ho visto a Guadalajara quando ero in ospedale: - diceva sono orgogliosa di avere 4 figli al fronte ed uno qui all’ospedale; dovrebbe piangere solamente se mi trovassi a combattere assieme ai fascisti perciò avete fatto male non dirglielo. Ora sto bene e quando riceverete questa lettera sarò già al fronte della libertà. Quei fascisti che sono partiti dall’Italia hanno già dimostrato di essere dei volontari forzati perché nella battaglia del Guadalayara [sic] si sono dati prigionieri un migliaio e le due divisioni di Mussolini hanno preso una buona lezione dai Garibaldini (se non lo sapete il nostro batta-glione si chiama “Garibaldi”) ed in Guadalayara come in tutti i altri fronti si è saputo distinguere, ed i fascisti ci avevano attaccati con due divisioni di italiani e due miste armati fino ai denti però l’armata repubblicana li riscacciò e gli abbiamo preso un mucchio di materiale cioè per caricare il materiale ci occorre 750 camion senza le diecine di apparecchi fatti cadere a terra, e 60 pezzi d’artiglieria e più che 70 camions, insomma una dura lezione.

Insomma fate sapere che di Pordenone che lotta contro la reazione internazionale ne sono 6 o 7 che siamo decisi a lottare fino a fondo.

Margherita la tua lettera m[i h]a portato soddisfazione. Non ricordo chi è questo Lello... che mi parli, ò pure piacere che tu vai bene di salute. Fai bene prenderti la libertà sei già grande abbastanza.

N.B. Quando sono al fronte non sempre potrà scrivervi, però voi tutti dovreste scrivermi almeno una volta per settimana. Della mamma non me ne parlate nemmeno, non aver paura Bruno ne son già caduti solo in Guadalayara più di 3000 fascisti italiani.

Scrivetemi e scrivetemi sempre come va Bocalon, Tranquillo 6, Genio, Gonarelli 7 ed altri.Noi guadagneremo la rivoluzione.Saluti rivoluzionari.Durigon Achille.

Scrivetemi al seguente indirizzo: Stellina Felice Rue Antoine BillonVenissieux Rhone Francia» 8.

5 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, «Copia di una lettera proveniente dalla Francia con timbro postale 12.3.1937 Ve-nissieux Rhone diretta a Furlan Margherita Via Piave Torre di Pordenone Udine-Italia-mittente Felice Stellina 14 Rue Antoine Billon Venissieux (France)».6 Tranquillo Romanet: cfr. Acs, Cpc, b. 4383, f. 5654; Tsds, b. 339, f. 3370. Nato a Pordenone il 4 giugno 1911 da Luigi ed Antonia Grizzo, residente in Germania, facchino presso la Ditta Ceramiche “A. Galvani” di Pordenone, macellaio, comunista, pericoloso cat. II, fuoruscito, iscritto in Rubrica di frontiera e Bollettino delle ricerche per arresto, sorvegliato dal 1931 al 1943. Appartenente al gruppo clandestino di Torre della Fgcd’i, viene arrestato nel 1931 e condannato dal Tsds ad 1 anno e 6 mesi di reclusione. E’ rilasciato dal carcere dell’Aquila nel settembre 1932. Arruolato per il servizio di leva, diserta l’11 settembre 1934 per espatriare con Durigon verso l’Urss, ma - dopo essersi separato dal compagno - viene riconsegnato dalla gendarmeria austriaca all’Italia un mese dopo. Ripreso il servizio militare, nel settembre 1935 viene inviato in Etiopia. Durante una licenza a Pordenone, il 17 novembre 1936 viene arrestato per «oltraggio e minaccia verso il Podestà di Pordenone»: è condannato a 7 mesi di carcere. All’inizio di aprile 1938, per trovar lavoro dopo sette anni di disoccupazione, espatria in Francia, impiegandosi come contadino a Grenoble. Richiede l’invio della carta d’identità e dei documenti processuali nascosti presso una zia, ma questi vengono sequestrati, «non essendo improbabile che egli abbia voluto esibirli in Francia al soccorso rosso, per essere aiutato». In queste condizioni - privo di documenti - non può trovare lavoro stabile in Francia, e viene arrestato due volte ed espulso per vagabondaggio. Non può rientrare in Italia perché nel frattempo è stato condannato. Si trasferisce in Belgio nel novembre 1938: le condizioni di vita non sono migliori e viene espulso un mese dopo. Si trasferisce quindi in Germania, dove trova occupazione e viene individuato a Dresda nel 1942, al momento dell’ennesima richiesta di passaporto. Come i fratelli Durigon, aderisce al movimento anarchico.7 Recte: Gassarelli, come sopra. 8 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, «Copia di una lettera intercettata proveniente dalla Francia, diretta alla Signora Furlan Margherita Via Piave Torre di Pordenone (Udine) scritta dal figlio Duilio data timbro postale 15/4/37 Paris».

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Prologo

Il gruppo pordenonese viene così “fotografato” dalla polizia fascista:

«OGGETTO: DURIGON Achille “detto Chile” fu Antonio e Sist Seconda nato il 3/4/1913 a Pordenone ivi domiciliato, manovale comunista.

In relazione alle note n. 20023/33853/94211 del 26/5/u.s. E n. 32842/94211 del 22 u.s. Pregio-mi riferire che, a mezzo del riservato controllo della corrispondenza, quest’Ufficio è venuto in possesso di due lettere, che trasmetto in copia, a firma Durigon Achille, diretta a FURLAN Margherita di Luigi e Nocent Angela, nata a Pordenone 24/10/1902, ivi domiciliata, comunista, oggetto da ultimo della ministeriale N. 39264/47446 del 21/6/34.

La fotografia a solo, acclusa alla lettera del 12/3/1937, riproduce il Durigon, il quale in calce, vi ha scritto “28/2/37 - Mamma e Bruno vi saluto molto e speriamo che un giorno ci rivedremo; scrivete-mi che ho molto piacere di avere vostre notizie; saluti rossi Durigon Achille; alla lettera del 15/4/1937 era acclusa altra fotografia nel verso della quale è scritto “6/3/1937” a mamma e Bruno saluti rivolu-zionari tuo figlio e fratello Durigon Achille.”

I nominativi indicati nella lettera in data 12/3/1937 si identificano come segue:1°) “Pierini” figlio del maestro PASQUOTTI Pierino di Enrico e Marzot Maria, nato a Por-

denone il 27/6/1911, ivi domiciliato, residente in Francia, oggetto della nota N. 57689/12161 del 9/9/1936 C.P.C.;

2°) “Uno dei fratelli Corsi” in CORSI 9 Ruggero Luigi di Giovanni Maria, nato a Pordenone il 12/3/1888, oggetto della nota N. 18644/126469 del 25/3/1937 C.P.C.

3°) “Il vecchio segretario della camera del lavoro” potrebbe identificarsi nel comunista MA-SUTTI Costante fu Giuseppe e Polese Maria, nato a Prata di Pordenone il 25/5/1890, domiciliato a Pordenone, espatriato clandestinamente in Francia nel 1921 e ricercato perché condannato a 10 anni di reclusione per omicidio, oggetto della ministeriale 22914/25804 del 10/4/1937 C.P.C. 10

4°) “DE GOTTARDO” in DE GOTTARDO Umberto fu Emanuele e Dell’Agnese Luigia, nato il 27/7/1887 a Venezia, domiciliato a Pordenone, arruolatosi nelle milizie rosse, oggetto della ministeriale 18631/31064/18442 del 16/5/1937 C.P.C.

5°) “BOCCALON” in BOCCALON Guido fu Antonio e Colussi Carolina, nato a Pasiano di Pordenone il 5/4/1901, domiciliato a Pordenone, comunista schedato, attualmente ricoverato all’Ospe-dale di Sacile, oggetto della ministeriale 11303/910 del 24/2/1937 C.P.C.

6°) “MAGOGA” in MAGOGA Antonio di Angelo e Sartori Maria, nato a Breda di Piave, il 28/8/1898, domiciliato a Pordenone deceduto in Spagna, oggetto della Ministeriale 3699/18985 del 14/2/1937 C.P.C.

I nominativi TRANQUILLO, GENIO e GONARELLI, indicati nella lettera del 15/4/1937, non hanno precedenti in questi atti e non sono stati identificati; del pari sconosciuto è il nominativo “STELLINA Felice” Rue Antoine Bellon Venissieux Rhone, presso cui il Durigon si fa inviare la corri-spondenza; probabilmente si tratterà di recapito del “soccorso rosso”.

Ho disposto la revisione della corrispondenza diretta ai nominativi suddetti. Il Prefetto» 11».

9 Recte Corai.10 Non ci sono conferme che Masutti sia mai arrivato effettivamente in Spagna, ed inoltre egli a Pordenone era stato il segretario della Lega degli Edili; è invece il successivamente elencato Umberto De Gottardo ad essere stato il primo segretario della Camera del Lavoro nel 1919-1920.11 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, lettera della R. Prefettura di Udine, 2 giugno 1937, prot. Gab. n. 07491 P.S., diretta al Ministero dell’Interno, D.G.-P.S. della P.S., Divisione , sez. I^, Casellario Politico Centrale.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Questo scambio epistolare fra un antifascista combattente in Spagna e la sua famiglia si presta a varie considerazioni.

In primo luogo quella sui canali di comunicazione, che uniscono le reti vicinali tipiche delle catene migratorie - nelle quali gli “attivisti transnazionali” esprimono il loro carattere di “cosmopoliti radicati” 12 - a quelle della clandestinità politica, come il “Soccorso Rosso Internazionale”. Attraverso queste relazioni informali (alle quali si affianca la più o meno sistematica propaganda postale delle organizzazioni antifasciste) si coltivano per un ventennio le relazioni fra i fuorusciti e chi è rimasto in Italia, scambiando informazioni, strumenti di propaganda e mantenendo attiva una rete clandestina ancora oggi sconosciuta nella sua più ampia articolazione e radicamento locale.

Ma, purtroppo, questa proficua corrispondenza deve fare i conti con i meccanismi repressivi del regime fascista, che organizza una fitta rete di censura postale e telefonica, che permette di intercettare una parte notevole delle missive e, attraverso queste, di identificare e porre sotto sorveglianza gli anti-fascisti. Scoprendo molti dei fili della ragnatela della resistenza, attraverso un certosino lavoro di con-trollo (particolarmente stretto nei confronti delle famiglie degli antifascisti), infiltrazione dei gruppi di oppositori in Italia ed all’estero e – poi, sul territorio ed ai posti di confine al momento dei transiti – di arresto con le conseguenti torture, carcerazioni ed invio al confino.

Oggi però tutto questo materiale dell’apparato repressivo fascista, conservato negli Archivi di Stato, in particolare nei ricchi fondi dell’Archivio Centrale 13, costituisce per noi un’occasione inesti-mabile per ricostruire la storia dell’antifascismo popolare durante il regime fascista. Riscoprendone la sua vasta ramificazione, i collegamenti verticali ed orizzontali, il carattere in larga parte spontaneo e permettendoci di gettare il nostro sguardo su infiniti squarci di vita quotidiana delle persone inte-ressate. Un esteso mosaico, che sfugge alle ovvie categorie interpretative del personale di polizia – ed alle ancor più ovvie furbizie degli antifascisti, particolarmente quando, una volta arrestati, vengono sottoposti ad interrogatori - per recuperare una propria autonomia e dignità, ancor oggi quanto mai vivace e significativa.

Se i fascicoli delle prove giudiziali fanno riemergere intere biblioteche ed emeroteche di materiale delle varie organizzazioni antifasciste, sono a volte gli scatti d’ira o di orgoglio dei singoli cittadini e cittadine a fornirci dei flash illuminanti su una realtà tutt’altro che domata, omologata in un indistinto “consenso” o accomodatasi in comode “zone grigie”. Come i canti proletari intonati da prostitute in momenti di allegria o di sconforto, le imprecazioni contro le autorità gridate fra i fumi delle osterie da proletari esasperati, i ritagli di giornali sovversivi inviati come atto di sfida verso i maggiorenti del paese, i tanti resoconti politici mischiati alle lettere familiari.

E’ impagabile la soddisfazione nell’apprendere dal progredire della documentazione (o da nar-razioni successive) come i tranquillizzanti giudizi sul venir meno dell’impegno politico dei singoli sov-versivi vengano duramente smentiti dalla realtà dei fatti: come quei militanti ormai rassegnati che riap-paiono, magari da un’altra parte del mondo, attivi e magari in armi contro il fascismo internazionale. D’altro canto, la conoscenza del verminaio costituito dalla rete dello spionaggio fascista (sintetizzato in quell’Ovra che, più che una struttura vera e propria, è un “logo” che rappresenta un’articolata struttura di infiltrazione, repressione e provocazione) non può far sfuggire come – proprio in occasione della Guerra di Spagna – gli archivi fascisti debbano fare i conti con una nuova generazione di attivisti poli-tici, formatisi in gran parte nell’emigrazione economica, soprattutto in Francia, Belgio, Lussemburgo, di cui non conoscono ancora nulla ma di cui sentiranno parlare spesso a lungo.

12 Per questi concetti rinvio a: Tarrow.13 Purtroppo mancano intere serie archivistiche, distrutte sia durante il disfacimento del regime nel 1943-1945, sia nelle successive purghe postbelliche servite ad occultare la barbarie della dittatura da parte dei suoi solerti esecutori, praticamente tutti cooptati nei nuovi servizi segreti e di polizia repubblicani. Solo per una provincia è ancora conservato l’archivio della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale; non è noto il destino degli archivi dei Carabinieri (sulla struttura e l’attività dei servizi fascisti cfr. le ampie opere di Canali Mauro e Franzinelli 1999). Solo in rari casi si sono conservati gli archivi della rete locale di sorveglianza (Casali).

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Prologo

“Grazie” ed a dispetto delle finalità con le quali sono stati compilati gli estesi archivi fascisti, oggi possiamo ricostruire un nostro, veramente nobile anche se inevitabilmente parziale, albero genealogico di irriducibili soggettività antagoniste.

E si è costretti a riscrivere una storia finora data da troppi per scontata, quando non volgarizzata in caricature di comodo. Come quelle sul Friuli “zona bianca”, o peggio ancora quella sulla necessità di “colonizzare” il Pordenonese da parte di quadri udinesi e giuliani a partire dall’epoca resistenziale vista l’inadeguatezza della sinistra locale: come se non contassero le migliaia di operaie coscienti e capaci di dure lotte di fabbrica anche nelle condizioni più proibitive – come l’occupazione militare nazista. Ma anche, come emerge nettamente dalla documentazione, come se il Partito Comunista pordenonese, pur maggioritario grazie alla base operaia, non fosse stato decimato dalla massiccia diaspora prodotta dal settarismo staliniano: con l’ecatombe di militanti caduti dapprima sotto la repressione, in conse-guenza della “svolta” nei primi anni ‘30 e poi – nella seconda metà del decennio - con la successiva reazione (accertata dalle corrispondenze) alle “Grandi purghe” sovietiche ed allo scontro fratricida in Spagna.

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Le fonti di questa ricerca

Le fonti di questa ricercaLa maggior parte dei documenti utilizzati in questo libro proviene dall’Archivio Centrale dello

Stato ed è conservata nel fondo del Casellario Politico Centrale (Ministero dell’Interno, Direzione Gene-rale della Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati, Sezione 1a, Casellario Politico Centra-le). Nelle note, i richiami archivistici saranno sintetizzati in: Acs ed in: Cpc, indicando poi il numero di busta (b.) e di fascicolo (f.); altre forme di unità archivistica richiamate con minor frequenza saranno invece indicate per esteso.

Altri fondi utilizzati sono i fascicoli personali della Divisione di Polizia Politica, richiamati con la sigla Acs, Pol.Pol. e quelli del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, richiamati con la sigla Acs, Tsds. Viene sempre abbreviata in P.S. la denominazione Pubblica Sicurezza, comune sia alla Di-rezione Generale della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno (D.G.P.S., dalla quale dipendono la Divisione Affari Generali e Riservati – D.A.G.R. - e la Divisione di Polizia Politica – D.P.P. - ol-tre ovviamente ad altre divisioni talvolta citate nei richiami) che al Gabinetto di Pubblica Sicurezza delle Prefetture (Gab. P.S.: si tratta di un ufficio autonomo all’interno del Gabinetto delle Prefetture maggiori, oppure di un ufficio corrispondente al Gabinetto in quelle minori). Talvolta appaiono an-che riferimenti al Sim (Servizio Informazioni Militari), il servizio segreto delle forze armate, distinto dall’Ovra - la fantomatica sigla inventata da Mussolini, che riassume il sistema spionistico degli Ispet-torati speciali della polizia fascista – e dal servizio di polizia politica dei Carabinieri e della Mvsn, la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale che – all’avvento del regime – ha inquadrato (e stipen-diato) gli squadristi fascisti.

E’ possibile accedere alla schedatura sommaria del Casellario Politico Centrale per mezzo di in-ternet, a partire dall’indirizzo: http://archivi.beniculturali.it/ACS/cpcindex.html (bisogna poi digitare “ricerca”, e quindi compilare i dati di partenza per la ricerca sulla mascherina che appare alla videata successiva). Ausili fondamentali per la ricerca sono inoltre i vari monumentali repertori che, a partire dall’iniziativa di Adriano Dal Pont, sono stati prodotti dall’Anppia. Relativamente all’attività del Tri-bunale Speciale, oltre alle fonti d’archivio (utilissime soprattutto per quanto riguarda i verbali degli interrogatori e soprattutto per il materiale di propaganda antifascista conservato fra la documentazio-ne probatoria) vanno considerati i diciassette volumi - di cui uno, il secondo, in tre tomi - prodotti dall’Ufficio Storico del Ministero della Difesa, che riproducono le sentenze e forniscono anche infor-mazioni sul destino dei condannati alla carcerazione e dei prosciolti 14.

La pubblicazione delle immagini, quasi tutte provenienti dai fascicoli del Cpc, è stata autorizzata dall’Archivio Centrale dello Stato con provvedimento n. 757/08.

Per la lettera di Costante Masutti a Vittorio Vidali, si ringrazia il Centro Studi “Piero Gobetti” di Torino, e personalmente la dott.ssa Silvana Barbalato, per avercene concesso la pubblicazione. Presso il Centro sono conservate in copia, nel Fondo Masutti, le fotocopie dei quaderni di appunti e delle carte del dirigente operaio pordenonese, donate dai figli nel 1985. Il fondo è stato successivamente arricchi-to dall’acquisizione di altri documenti in copia dall’Archivio Centrale dello Stato.

Presso l’archivio della Fondazione Istituto “Gramsci” di Roma sono conservati gli archivi del Pcd’i-Pci, presso i quali è stato possibile rintracciare documenti utilizzati in questa sede.

Presso l’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione di Udine sono conservate nel Fondo diari e testimonianze le relazioni di alcuni dei maggiori dirigenti della Resistenza friulana, come quelle di Rino Favot “Sergio” ed Ardito Fornasir “Ario”, rispettivamente comandante e commis-sario politico della Brigata “Ippolito Nievo B” operante nella pianura pordenonese. L’istituto possiede inoltre una ricca biblioteca, ampiamente utilizzata in questo contesto, ed un data-base con i dati relativi alla schedatura presso il Casellario Politico Centrale dei sovversivi nati e residenti nell’antica provincia

14 Sulle ambigue caratteristiche della documentazione poliziesca, ed in particolare di quella proveniente dai servizi segreti, con il suo corredo di piste false, imboscate politiche e scontri fra cordate di funzionari, cfr. Franzinelli 2002 e Giannuli, Aldo; la miglior critica dei grotteschi esiti dei sistemi di spionaggio politico poliziesco rimane comunque il racconto di Böll.

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di Udine pre-1968, che verrà richiamato con la sigla Ifsml, data-base. Un’avvertenza: visto l’elevato numero di “sovversivi” schedati (una cifra stimata fra i 152.000 ed i 158.000) non stupisce che talvolta qualche persona non appaia in questa fonte, o nel sito dell’Archivio Centrale dello Stato, presso il quale esiste comunque un voluminoso indice cartaceo ordinato alfabeticamente.

Altra documentazione è stata reperita presso il Fondo Pci presso l’Archivio della Casa del Popolo di Torre di Pordenone. In esso sono conservate due sole buste dell’archivio della Federazione del Pci della Destra Tagliamento (poi provinciale di Pordenone), il quale è stato irresponsabilmente disperso dai dirigenti di quel partito al momento della trasformazione in altra formazione politica. Fenomeno di inciviltà comune anche alle altre forze principali della sinistra pordenonese: lo stesso destino è stato riservato anche agli archivi della Camera del Lavoro Cgil e del Partito Socialista Italiano. Le due buste superstiti contengono però un tesoro inestimabile, cioè i fascicoli personali della Sezione Quadri della Federazione, relativi agli anni ‘40 e ‘50, ricche di narrazioni autobiografiche e di altri dati e documenti personali di molti dirigenti locali e provinciali del partito. La conservazione di questi preziosi docu-menti va ascritta a merito di un indimenticabile dirigente della sinistra pordenonese: il funzionario comunista e sindacale Bruno Pascutto, prematuramente scomparso, che li ha salvati e depositati presso la Casa del Popolo.

Infine i francobolli: insieme ad alcuni altri emessi dalla Repubblica spagnola (o sovrastampati su francobolli della precedente monarchia), i due francobolli dedicati alle Brigate Internazionali ed al Soc-corso Rosso Internazionale provengono dalla mia collezione privata. Mi sono stati donati ormai molti anni fa dal maggiore dott. Donato Gigante, ufficiale medico del Corpo Truppe Volontarie inviato dal fascismo in Spagna, ed appassionato filatelico. Le vie attraverso le quali si manifesta l’astuzia della storia sono veramente infinite.

La ricerca ha potuto servirsi di alcune testimonianze orali: si tratta delle interviste ai partigiani Dante Bertoli di Castelnovo del Friuli (20 febbraio 2006) e Spartaco Serena di Pinzano al Tagliamen-to (15 luglio 2006) ed al garibaldino di Spagna e partigiano Vincenzo Tonelli di Tolosa (2 settembre 2008). Ringrazio Fiorenza Bagnariol che ha svolto insieme a me le prime due interviste.

Nella trascrizione dei passi originali riportati nel testo (indicati dai simboli « ») si è usato il criterio di riprodurre fedelmente le particolarità stilistiche, correggendo solo i refusi più evidenti ed indicando con precisione i nomi di persone o di luogo identificati con chiarezza. Le sottolineature ed le parole a caratteri maiuscoli sono fedelmente trascritte dagli originali.

Da un punto di vista filologico la procedura di “raddrizzare le gambe” all’italiano piuttosto clau-dicante di attivisti politici scarsamente scolarizzati e spesso autodidatti potrà apparire discutibile: ma essa ha due ragioni che voglio qui esplicitare. La prima è, appunto, filologica: se questo fosse uno stu-dio sulla cultura popolare, apparirebbe di estremo interesse la riproduzione esatta degli errori formali, delle tradizioni dialettali, dei tributi ad altre lingue da parte di persone in via di acculturazione tran-snazionale: ma si tratterebbe di altra cosa rispetto all’obiettivo di questo lavoro, che mira a ricostruire la storia sociale e politica di una selezione significativa degli internazionalisti friulani.

La seconda motivazione – fortemente soggettiva – è dovuta alla scelta, maturata in lunghi anni di lavoro politico, ma anche come co/operatore sociale, di considerare il lavoro di ricerca storica come parte di un processo “protesico” di implementazione delle risorse degli ultimi: più o meno come han-no fatto per tanto tempo gli intellettuali più vicini al popolo, fossero essi preti, sindacalisti, maestri o postini, dando voce di chi non sapeva leggere o scrivere. Si tratta anche di una specie di elementare “vendetta di classe”, a fronte di quei burocrati fascisti che, meglio scolarizzati e retribuiti, non erano nemmeno loro capaci di individuare le trascrizioni onomatopeiche di una geografia multinazionale, sfidando il senso del ridicolo nella miope ma abbondante produzione di mucchi di informative. Sicu-ramente lo faranno anche oggi, e non siamo certi che l’avvento di internet sia di ausilio ai loro eredi più della scarsa consuetudine con gli atlanti.

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Le fonti di questa ricerca

Si ringrazia per le traduzioni dallo spagnolo delle vignette e degli articoli di giornale Alberto Chicayban, musicista transnazionale ed operatore sociale della “stimolazione musicale attiva”.

Si ringrazia Roberto Bagnariol di Lestans per aver messo a nostra disposizione una copia degli altrimenti introvabili scritti biografici relativi a Domenico Sedran.

La ricerca che qui viene presentata non può prescindere dal materiale precedentemente raccolto dagli studi di storia del movimento operaio e dell’antifascismo pordenonese e friulano. Fra i quali spicca in parti-colare il volume di Marco Puppini, In Spagna per la libertà, che costituisce – a distanza di venticinque anni dalla sua uscita - il più ampio e solido repertorio di notizie sui volontari internazionali provenienti dall’attua-le Friuli Venezia Giulia e dai territori sloveni ed istriani appartenuti all’Italia fra il 1918 ed il 1943.

Rinviamo per ulteriori notizie, oltre che per il quadro d’insieme, alle schede biografiche di Pup-pini, limitandoci a segnalare alcune marginali correzioni. Innanzitutto quella relativa alla “scoperta” di internazionalisti sfuggiti finora alla ricerca, per motivi geografici - il trevigiano Antonio Magoga, come il veneziano Mario Betto appartenente ad una famiglia trasferitasi nel Pordenonese nel primo dopoguerra - o politici, come Domenico Sedran, militante trozkista ed insorto barcellonese del 1937, certo poco incline a frequentare l’associazionismo dei garibaldini di Spagna ed a lasciarvi traccia; dai repertori dell’Anppia è riemersa la figura di Ermenegildo Cozzi. O il chiarimento sulla esatta presenza nelle file delle Brigate Internazionali del minatore barciano Albino Bet e del muratore (e dirigente sindacale pordenonese) Umberto De Gottardo. Ed una possibile conferma relativa allo sloveno gori-ziano Antonio Arančič, oltre a segnalazioni da verificare relative ad altre persone. Altre notizie saranno desumibili dalle singole schede.

Abbiamo cercato di risalire, almeno con alcune indicazioni sommarie, a tutte le persone citate nel testo, con l’eccezione dei maggiori – e più noti – dirigenti del movimento operaio italiano, per i quali si rinvia senz’altro alle biografie contenute nel Dizionario di Andreucci e Detti.

Le sigle sono state ridotte al minimo: le elenchiamo di seguito per maggiore praticità: Aicvas (Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna), Anppia (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti); Cgl (Confederazione Generale del Lavoro, dal 1906 al 1944, quando viene sostituita dal sindacato unitario Confederazione Generale Italiana del Lavoro: Cgil); Cgt (Confédération Générale du Travail); Cln (Comitato/i di Liberazione Nazionale); Cnt (Confede-ratiòn Nacional de Trabajo), Fai (a seconda dei contesti, la Federaciòn Anarquista Ibérica, oppure la Federazione Anarchica Italiana), Fgcd’i (Federazione Giovanile Comunista d’Italia, dal 1921 al 1943, poi ricostituita nel 1949 come Fgci); Gl (Giustizia e Libertà); Ifsml (Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione); Lidu (Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo); Mvsn (Milizia Volontaria per la Sicurezza nazionale); Pcd’i (Partito Comunista d’Italia, dal 1921 fino allo scioglimento dell’Inter-nazionale Comunista nel 1943, poi ribattezzato Partito Comunista Italiano: Pci); Pce e Pcf (rispet-tivamente i partiti comunisti spagnolo e francese), Pnf (Partito Nazionale Fascista); Poum (Partido Obrero de Unificaciòn Marxista), Psi (Partito Socialista Italiano, che riunifica nel 1930 la maggioranza del Psi massimalista ed i riformisti del Psuli); Psoe (Partido Socialista Obrero Español); Sfio (Section Française de l’Internationale Ouvrière, il Partito Socialista francese); Sim (il Servizio Informazioni Militari); Sis (il Servizio Informazioni Speciali del Ministero dell’Interno nel secondo dopoguerra), Sri (Soccorso Rosso Internazionale); Uil (Unione Italiana del lavoro, la parte del sindacalismo rivoluziona-rio che si stacca dall’Usi – Unione Sindacale Italiana – nel 1914 scegliendo l’interventismo).

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La Guerra di Spagna del 1936-39: prova generale della Seconda guerra mondiale

Negli anni ‘30 il fascismo – creatura squisitamente italiana, andata al potere nel 1922 - stende i suoi tentacoli sul pianeta. Il Giappone inizia la sanguinosa conquista della Cina nel 1931. Hitler va al potere nel 1933. L’Italia fascista invade nel 1935 l’Etiopia. Anche in Francia i fascisti tentano la via del colpo di stato nel 1934.

La reazione antifascista provoca la costituzione dei Fronti Popolari, superando vent’anni di frat-ture a sinistra. Coalizioni fra socialisti, comunisti, radicali e repubblicani iniziano a governare in Fran-cia e Spagna, ma anche nel lontano Cile, dove fa la sua prima prova di ministro il giovane Salvador Allende. In Spagna del governo faranno parte anche quattro rappresentanti del più forte movimento anarchico europeo - il sindacato Cnt - ed in Catalogna viene eletto ministro della giustizia il “trozkista” Andreu Nin, dirigente del Poum.

Se il Fronte Popolare francese passerà alla storia per la conquista delle 40 ore di lavoro e delle due settimane di ferie pagate, quello spagnolo mette mano alla riforma agraria ed al consolidato potere delle oligarchie tradizionali. E’ per questo che un’alleanza fra i latifondisti, la chiesa cattolica ed i mili-tari scatena il golpe del 17-18 luglio 1936. Sconfitti dalle forze popolari in molte città, i militari – fra i quali emergerà il futuro dittatore Francisco Franco – impongono alla Spagna una spietata guerra civile, che durerà fino alla primavera del 1939.

La Spagna diventa l’anteprima europea della seconda guerra mondiale. Francia ed Inghilterra abbandonano al suo destino la Repubblica democratica, nascondendosi sotto l’ipocrisia del “non inter-vento” internazionale, mentre Germania ed Italia fasciste intervengono direttamente con loro truppe. L’intervento delle truppe marocchine franchiste riporta in Europa la violenza colonialista contro i civili: per altro verso, il governo di Fronte Popolare spagnolo non sarà capace di superare il suo euro-centrismo colonialistico, e rifiuterà di concedere l’indipendenza al Marocco.

I tedeschi assurgono ad oscura fama con il bombardamento terroristico di Guernica, immorta-lato da Pablo Picasso, ma i fascisti italiani non sono da meno, con i bombardamenti di Barcellona e le violenze del satrapo delle Baleari, lo squadrista bolognese Arconovaldo Bonaccorsi. Le stragi di oppo-sitori ed i campi di concentramento franchisti dureranno ben oltre la guerra, provocando centinaia di migliaia di morti e molti più esuli in terra straniera.

A sinistra, l’intervento sovietico rafforza il Pce nei confronti della democrazia autogestionaria garantita alla Catalogna dall’egemonia degli anarchici di Cnt e Fai e delle sinistre comuniste antistalini-ste riunite nel Poum, portando ad uno scontro fratricida nel maggio 1937. Ma – nonostante la guerra civile “minore” in campo repubblicano - la guerra di Spagna è anche la prova generale della Resistenza europea. Da ogni paese del mondo arrivano migliaia di volontari, inquadrati in gran parte nelle Bri-gate Internazionali, ma presenti anche in altre organizzazioni autonome, in particolare le colonne dei miliziani anarchici e poumisti. E’ in questo settore, in Catalogna, che fin dall’estate del 1936 si crea la prima Colonna italiana guidata da Carlo Rosselli – inquadrata nelle milizie della Cnt/Fai - nella quale confluiscono i volontari anarchici, di Giustizia e Libertà, dei repubblicani di sinistra dell’Alleanza Re-pubblicana socialista e dei socialisti di sinistra del Partito Socialista Massimalista, ma anche volontari comunisti. I comunisti organizzeranno invece, sul fronte di Madrid, la Centuria “Gastone Sozzi”, per poi partecipare alla costruzione di quel vero e proprio “esercito del Comintern” che saranno, dall’au-tunno di quell’anno, le Brigate Internazionali. All’interno delle Brigate Internazionali nasce il Batta-glione “Garibaldi”, espressione unitaria dell’accordo fra il Pcd’i, il Pri ed il Psi.

Per la Resistenza italiana, la Spagna della guerra civile costituisce la prova generale, prima di

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combattere – come indica Carlo Rosselli da Barcellona - l’ultima battaglia contro il fascismo in Italia. Nel 1936 sono ormai tramontate le speranze di una sconfitta del regime in Etiopia, dove i gas asfissianti e la crudeltà razzista hanno effimero successo sui combattenti dell’ultimo stato libero d’Africa.

Lo sforzo dell’antifascismo si sposta sul terreno della difesa della repubblica governata dal Fronte popolare, contro i generali golpisti appoggiati dai governi italiano e tedesco. A Guadalajara, nel 1937, le truppe di Mussolini vengono sconfitte dai volontari italiani del “Garibaldi”, ed è la prima vittoria dopo quindici anni, quelli che separano la difesa di Madrid dalle barricate dell’Oltretorrente di Parma, dove gli Arditi del Popolo avevano sconfitto migliaia di squadristi di Italo Balbo.

Emigrazione ed internazionalismo: un legame strutturale

Nessuna emigrazione è così numerosa come la nostra. Le altre emigrazioni, al confronto, non sono che quantità trascurabili 15.

Gli emigrati all’estero e, in misura minore almeno per la nostra regione, nuovi fuorusciti dall’Ita-lia si arruolano come volontari internazionali. Marco Puppini ha sottolineato nel suo studio la fortissi-ma prevalenza di operai migranti che connota la partecipazione friulana alle formazioni internaziona-liste in Spagna. Operai che si dividono equamente fra chi ha vissuto la tumultuosa fase dei movimenti popolari del primo dopoguerra ed ha patito sulla sua persona la sconfitta da parte delle squadre fasciste, e chi è maturato in una precoce adolescenza di apprendistato, professionale e politico ad un tempo, all’estero.

Lo sottolineano i ripetuti percorsi incrociati dei volontari biografati in questa sede, fra i bacini minerari del Belgio ed i cantieri edili e le fabbriche di Francia e del mondo. Biografie che arricchiscono la conoscenza di un fenomeno migratorio complesso, non interpretabile con i semplicistici canoni motivazionali della povertà e della subalternità sociale,anzi intrecciato costituzionalmente con la storia del movimento operaio friulano.

Dal Friuli e dalla Venezia Giulia di allora proviene il contingente più numeroso di volontari per la repubblica spagnola, 415 (di cui 145 provenienti dalla sola provincia di Udine 16) inferiore in cifra assoluta (ma non in percentuale) alla sola Emilia Romagna, che ne conta 431, e superiore alla stessa popolosa Lombardia, che ne conta 217. Se nelle terre slovene e croate l’antifascismo si lega alla difesa dell’appartenenza nazionale conculcata dal fascismo, in Friuli esso è inestricabilmente legato alla tradi-zione di sindacalizzazione internazionale degli operai emigranti. Si spostano interi paesi: basti pensare agli 11 volontari, 2 dei quali caduti, provenienti dal solo comune di Castelnovo del Friuli. Non a caso si tratta di un comune esemplare – fin dai primi anni del ‘900 - quanto ad emigrazione di personale edile qualificato ed a precoce acculturazione politica ed organizzativa nelle file socialiste e, dal 1921, comuniste.

I “mori” della “Garibaldi”

Lo stretto legame fra lotta internazionale al fascismo e lotta per la democrazia in Italia è dimo-strata da un episodio altrettanto simbolico: la partenza dalla Spagna per l’Etiopia – di lì a poco - di un pugno di dirigenti comunisti, fra i quali il commissario del “Garibaldi” Ilio Barontini ed il triestino Anton Ukmar, per contribuire alla organizzazione della guerriglia dei partigiani etiopici contro gli

15 Emilio Lussu, La Legione italiana in Spagna, in: «Giustizia e Libertà», 9 ottobre 1936, citato in: Canali Giulia, p. 59.16 Comprendente il territorio della futura Provincia di Pordenone.

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occupanti fascisti italiani.Un aspetto dell’internazionalismo dei volontari italiani in Spagna, finora trascurato ed emergen-

te da questa ricerca, è quello della presenza di etiopici nelle file della “Garibaldi”. Finora la presenza di volontari di colore era ritenuta limitata agli statunitensi di origine africana, che vantano, con il sindacalista Law Oliver, il primo esempio di ufficiale nero al comando di soldati bianchi. A cubani ed africani è dedicato solamente un accenno 17.

Vincenzo Tonelli, nella sua intervista del 2 settembre 2008, fa riferimento alla presenza di tre «abissini» partecipanti ai combattimenti alla Città Universitaria di Madrid. Non ne ricorda la pro-venienza, ma è molto significativo che proprio dei rappresentanti del paese aggredito dal fascismo italiano l’anno prima combattano inquadrati nel reparto degli antifascisti italiani. Inoltre un episodio particolare rimanda alla crudele esperienza delle contrapposizioni etniche prodotte dal colonialismo, anche italiano, cioè l’uso di utilizzare ascari eritrei ed etiopici per opprimere la popolazione araba di Libia, e viceversa di utilizzare ascari libici in Etiopia. Tonelli ricorda infatti l’intervento degli «abissini» in questo contesto: di fronte alla ovvia titubanza degli italiani nell’esporsi per snidare da un edificio dei probabili franchisti marocchini, gli internazionalisti africani risolvono il problema facendo sfoggio della loro conoscenza del turpiloquio arabo, costringendo gli avversari a venire allo scoperto. Come non ricordare queste parole del grande africanista Del Boca:

Con l’invio sul fronte Sud di queste truppe libiche, per la totalità di religione islamica, contro un avversario in gran parte di fede cristiana, il regime fascista commetteva un nuovo e gravissimo crimine consentendo ai libici, con estrema perfidia, di vendicarsi per le violenze subite per vent’anni dalle loro famiglie a opera dei battaglioni amhara-eritrei. [...] Come riconosceva lo stesso Graziani, i libici erano sempre in testa, sempre all’attacco. Il loro grido, Uled! Uled!, soverchiava il rumore della battaglia e riempiva di terrore i reparti etiopici, che pure, come ha riconosciuto il generale Nasi nella sua relazione finale, si battevano «fieramente, sfruttando abilmente qualsiasi asperità del terreno» 18,

senza essere sfiorati dal dubbio che quei volontari delle Brigate Internazionali avessero vissuto quell’espe-rienza, o per lo meno l’avessero conosciuta dalle testimonianze dei connazionali?

La presenza degli etiopici ritorna nella testimonianza di Giulio Vespignani su «Il nuovo Avanti!» che narra della morte di uno di loro, sempre a Madrid, nella stessa giornata in cui muore il brugnerese Giacomo Zaia 19. Che non si trattasse di uno solo – come si potrebbe essere indotti dall’articolo del giornale socialista, è testimoniato inoltre dalla sepoltura di Tecle Hagos, morto il 19 agosto 1941 nel campo di concentramento francese di Vernet 20.

Il conflitto nella sinistra e la crisi delle Brigate Internazionali

Nel maggio del 1937 le tensioni fra comunisti terzinternazionalisti - da una parte - ed anarchici e comunisti rivoluzionari del Poum, sfociano in alcune giornate di vera e propria guerra civile, concen-tratasi soprattutto a Barcellona. Ci sono morti nei combattimenti fratricidi, ed arresti ed uccisioni nei confronti di esponenti delle due formazioni rivoluzionarie: i più noti sono quelli dell’anarchico italiano Camillo Berneri e del segretario del Poum Andreu Nin.

17 Ramella.18 Del Boca, pp. 198-199.19 Vedi la scheda biografica a lui dedicata.20 Dobbiamo in questa sede ringraziare il garibaldino Vincenzo Tonelli, che con energia giovanile ci ha portato in un giorno di fine estate in visita al campo di concentramento di Vernet d’Ariège, della cui memoria è da sempre vigile custode

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Si affrontano in questa occasione due visioni contrastanti della rivoluzione spagnola: da una parte il centralismo castigliano, arroccato nella difesa di Madrid, ed il federalismo catalano, riottoso ad allinearsi al governo nazionale. Dall’altra c’è la contrapposizione fra la priorità terzinternaziona-listica del Fronte Popolare - coinvolgendo anche settori moderati della politica e della società (nel caso spagnolo i partiti repubblicani, la destra del Psoe e la borghesia) con l’obiettivo prioritario della vittoria bellica contro il fascismo – e la linea della rivoluzione dal basso, della riforma agraria e della socializzazione dell’economia portata fino alle estreme conseguenze dell’espropriazione e della gestione comunitaria e sindacale. Infine, sul piano militare, c’è la contrapposizione fra l’esigenza di costruire un esercito repubblicano, da opporre alle forze armate passate in massima parte con i golpisti, e il rifiuto antimilitarista di accettare gerarchie e disciplina.

Si tratta di un confronto con effetti dirompenti sulla tenuta della coalizione antifascista, che produce una marginalizzazione delle componenti più avanzate, uno spostamento a destra nell’asse del governo repubblicano (al socialista di sinistra Largo Caballero subentra il socialista moderato, vicino ai comunisti, Juan Negrìn) ed una condizione di maggiore militarizzazione della guerra, con il soffo-camento delle spinte rivoluzionarie e popolari che avevano connotato la prima fase della guerra civile soprattutto in Catalogna.

Sulla soluzione della crisi non può non pesare l’ombra dello stalinismo, con l’assimilazione degli oppositori fra gli agenti del fascismo, leit-motiv della violenta persecuzione di massa che domina la scena sovietica. Persecuzioni che sono tutt’altro che sconosciute all’ambiente operaio, come dimostra l’irriverente presa di posizione dei sindacati anarchici spagnoli, riportata in una lettera di Alessandro Furlan 21. Lo sterminio dei dissenzienti, veri o potenziali, l’esigenza di eliminare ogni pluralismo inter-no al movimento operaio, è l’altra faccia di una politica di alleanze antifasciste vista in senso difensivo, dopo l’ubriacatura rivoluzionaria degli anni della grande crisi, di cui rimane un solo legato: quel social-fascismo che ora riemerge come accusa strumentale nei confronti dei comunisti non allineati.

Eppure un’alternativa allo scontro fratricida nelle file antifranchiste era realisticamente pos-sibile: come dimostra l’esperienza di chi – come il socialista Francesco Fausto Nitti, proveniente da Giustizia e Libertà - riesce a conquistare la fiducia di una colonna anarchica, trasformandola in un battaglione del nuovo esercito attraverso il dibattito politico, conquistando alla causa comune e non demonizzando i compagni di diverso orientamento:

Il Moro non mi fece aspettare e infilò le parole come un nastro nella mitragliera: «Sono qui perché il capo sei tu, adesso. Sei il comandante, ma nessuno ti conosce. Ti hanno mandato da Barcellona e sei venuto e hai preso il comando. Ora fai e disfai, dài i galloni, organizzi le compagnie, predichi, urli e comandi. Ci hai fatto lavorare come bestie, di corsa, al passo, a terra, e corri di nuovo, con le armi sul groppone e le cassette di munizioni, e punteria e tiro e lancio di granate e poi marce di notte e di giorno e ancora di corsa e a stri-sciare per terra. Sempre così per molti giorni. Ma credi che questo basti? Credi di essere il capo? Questo te lo diremo noi, e per me, per Atanàsio Gòmez, detto el Moro, tu non sarai il comandante fino a che non verrai al fuoco con noi. Quando usciremo dai ripari sotto la mitraglia dei fascisti voglio vederti in testa al Battaglione. Allora, quando le pallottole fischieranno e i mortai e le marmitte nemiche ci arriveranno addosso, allora lo vedremo che razza di capo sei. Voglio vederlo con questi occhi e sono venuto a dirtelo perché la mia vita è stata quella di un povero cane che ha imparato a soffrire e a non aver paura di niente e di nessuno. [...]

Mi fu possibile costringere la voce ad un tono di allegra superiorità: «Bravo Moro! Dal tuo punto di vista hai ragione, ma era necessario ubriacarsi per venire a dirmelo? Ti interessa, e interessa i compagni, di sapere se io sono degno o no di comandarvi? Cercherò di meritarlo, stanne sicuro! Con la stessa fretta con la quale sei venuto qui, torna indietro, adesso, ma sta attento alle scale perché vedo che le gambe non ti reggono bene. Corri al fienile della tua compagnia, prendi la tua coperta, buttaci dentro le tue cose e torna da me. Al tuo capitano dirai che da questo momento tu passi effettivo alla plana mayor, te ne vieni con me al comando. Lei, Bost, ne prenda nota. In quanto a te, Atanàsio Gòmez, detto el Moro, d’ora in poi starai sempre vicino a me. Sarai il mio aiutante, la mia guardia del corpo, se vorrai. Mi terrai sotto gli occhi giorno e notte. Ma ricorda bene, fra poco andremo al combattimento e ci andremo assieme. Mi seguirai come la mia stessa ombra, dove

21 Cfr. oltre la scheda biografica della famiglia Furlan.

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io andrò tu dovrai venire e guai a te se ti allontani. Hai ben capito? Ed ora un buon consiglio: quando le pallottole fischiano, quando i mortai e le marmitte dei fascisti ci arrivano addosso, tu non chiuder gli occhi, neppure se te li bruciano, ma tienili bene aperti e spalancati e guarda me, così potrai dire ai compagni che razza di comandante sono» 22.

Certo, Nitti ha alle spalle – oltre ad un’ideologia libertaria - un robusta base etica, appresa dal padre pastore metodista e dall’esperienza vissuta come giovanissimo sottufficiale volontario durante la Prima guerra mondiale. Ma questo ruvido scambio di battute è molto più simile alla pedagogia rivolu-zionaria di Makarenko 23 che alla rigida disciplina militarista imposta ai reparti repubblicani (e che non a caso Vincenzo Tonelli respinge, rifiutando a suo rischio la promozione sul campo ad ufficiale).

La riflessione di Vincenzo Tonelli, pur raccolta oltre sessant’anni dopo, data a quell’epoca l’au-tocritica relativamente allo scontro con gli anarchici: «Il mio giudizio è sempre stato che questi tragici scontri sono stati un grande errore che doveva essere evitato». Tonelli rileva come il risultato degli avvenimenti catalani sia stato un indebolimento generale della resistenza antifascista, oltre a produrre una presa di distacco da parte dei sostenitori internazionali della Repubblica 24.

Tonelli rileva inoltre la presenza degli anarchici non solo nelle loro colonne autonome, ma anche nelle Brigate Internazionali. Nella sua esperienza, lo scontro fratricida penetra all’interno degli stessi reparti internazionali, producendo il distacco di questi combattenti, portati a solidarizzare con i loro compagni. Mentre lo stesso reparto cui appartiene Tonelli è spostato alla periferia di Barcellona, in attesa di un eventuale impiego nella repressione, l’anarchico reggiano Umberto Ferrari (con il quale ha un ottimo rapporto) diserta e muore negli scontri davanti all’Hotel Colon. Apprendiamo da Tonelli come Ferrari si fosse spostato dalle colonne organizzate dagli anarchici spagnoli, nelle quali si era ar-ruolato al momento dell’arrivo dalla Francia, ai più organizzati reparti internazionali, pur non manife-stando esplicitamente in quella sede - fino al momento della scelta di campo nello scontro interno - le sue precise opinioni politiche 25.

Pur tenendo conto di questo giudizio, Tonelli riconferma un’opinione non entusiastica degli anarchici spagnoli, fra i quali occorre distinguere diversi approcci. Una parte degli anarchici sono cioè responsabili di atteggiamenti pericolosi per le truppe repubblicane, per la loro indisciplina, la tendenza a non coordinarsi con le altre formazioni, l’andirivieni incontrollato dai loro reparti, con il relativo esporsi ai colpi spionistici e militari dei fascisti. Opinione che coincide con la tesi terzinternazionalista sugli avvenimenti spagnoli 26. Giudizio comunque più articolato di quello espresso nei confronti della sinistra comunista del Poum, considerata - anche in questo caso in consonanza con Longo - responsa-bile degli scontri di Barcellona 27.

Diametralmente opposta la testimonianza di Sedran, appartenente alla minoranza trozkista dei militanti delle colonne del Poum: in questo caso la collaborazione al governo di ministri della Cnt e del Poum è frutto di un ben diverso confusionismo, di una visione non leninista dei problemi del potere, che porta queste forze politiche all’opportunismo, al disarmo ed infine alla sconfitta della rivoluzione. In ogni caso, le testimonianze di anarchici e comunisti dissidenti si concentrano nel denunciare forme di repressione poliziesca ingiustificata, con la denuncia della presenza in Spagna della polizia politica sovietica.

22 Nitti, pp. 66-67.23 Makarenko.24 Tonelli, pp. 21 e 66-67.25 Umberto Ferrari, nato a Scandiano (Re) nel 1907, proveniente da una famiglia socialista, emigra come bracciante in Francia nel 1930 e prende contatto con gli ambienti anarchici. Nel 1936 si reca a combattere in Spagna, ed in settembre si arruola nella colonna “Ascaso” della Cnt-Fai. Cfr.: Antonioli-Berti-Santi-Iuso, v. I, p. 605, biografia a cura di Fabrizio Montanari.26 Longo. Va per altro rilevato come il grande dirigente comunista – che dimostrò, ad esempio di fronte al movimento degli studenti del 1968, una notevole apertura, soprattutto se paragonata al settarismo dei compagni del Pcf – conservasse anche negli ultimi anni della sua vita un atteggiamento tutt’altro che autocritico, anzi sprezzante nei confronti di chi, anche successivamente rientrato nel Pci, avesse partecipato alle varie forme di dissidenza antistalinista.27 Tonelli, pp. 70-72; Longo.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Va introdotto in questa sede un altro elemento di valutazione che può aiutare a spiegare l’altera-zione del delicato equilibrio interrottosi nel maggio 1937, ed è quello della composizione politica dei volontari internazionali in Spagna. Su 35.000 volontari internazionali, si valuta che i comunisti furono 25.000, rappresentando l’assoluta maggioranza del contingente, grazie alla capacità di mobilitazione delle strutture dell’Internazionale Comunista. Un’analisi relativa ai 3397 italiani rileva che di 1.449 non si conosce l’orientamento politico, cifra superiore ai 1.301 comunisti (il 38,29%), i quali sono seguiti da 328 anarchici (9,6%), 224 socialisti (6,6%), 56 repubblicani (1,7%) e 39 di Gl (1,2%) 28. Questa analisi può portare a varie considerazioni: la prevalente scelta antifascista degli internazionalisti; la netta prevalenza organizzativa – tendenzialmente egemonica - dei comunisti fra chi ha fatto una scel-ta di partito (che tende – in questo sottoinsieme – ad equivalere alla percentuale globale delle Brigate); la presenza minoritaria, ma significativa, di anarchici e socialisti e la scarsa presenza di Gl e Pri.

I comunisti, meglio supportati da un’organizzazione fortemente centralizzata, costretta alle du-rissime regole della clandestinità in vari paesi, possono approfittare dell’esperienza spagnola per forgia-re una avanguardia di quadri, prevalentemente operai, con capacità di comando militare, che tende a prevalere nella gestione delle Brigate Internazionali e che fornirà negli anni successivi i quadri di gran parte della Resistenza europea. Le altre forze politiche tendono a venire emarginate, come dimostrano sia l’esonero del repubblicano Randolfo Pacciardi dal comando del Battaglione “Garibaldi” nel settem-bre 1937, sia le fortissime polemiche che vedranno proprio gli ex internazionalisti del Psi chiedere al Consiglio Nazionale del partito, tenutosi dopo la caduta della repubblica nel marzo 1939, la rottura del patto di unità d’azione con il Pcd’i 29.

Ma questa emarginazione deriva da un dato oggettivo che viene riconosciuto dagli stessi prota-gonisti dell’epoca: se Carlo Rosselli nel gennaio 1937 aveva dovuto osservare l’isolamento nel quale era restato in una Colonna italiana prevalentemente anarchica anche perché «il nostro contributo, come movimento, è rimasto molto inferiore allo sperato. Sono stato lasciato quasi solo. Un gruppo di cinquanta giellisti avrebbe impedito molte cose», il segretario socialista Pietro Nenni nel settembre suc-cessivo doveva ammettere che «I socialisti alla Brigata sono sempre stati pochi. Ne sono passati in un anno un centinaio. Attualmente erano una ventina» 30. La debolezza delle forze democratico-socialiste assegna oggettivamente ai comunisti il ruolo di assicurare la direzione militare di questa e delle suc-cessive battaglie antifasciste, lasciando aperto fra le forze politiche di sinistra uno iato nel quale alla dialettica si sostituisce la faida militare.

Lo scontro interno alla sinistra contribuisce a far allontanare molti militanti dalla lotta: pro-prio la ricerca sul Pordenonese testimonia dell’uscita di un numero rilevante di quadri dal Pcd’i, per aderire al movimento anarchico nella maggior parte dei casi, oppure a posizioni trozkiste, ma anche per tornare nel Psi. Una scelta, più che ideologica, di rifiuto della politica staliniana di rinuncia alla lotta rivoluzionaria, come dimostreranno gli episodi di collaborazione successiva con i comunisti da parte dell’anarchico Mario Betto, del socialista rivoluzionario Costante Masutti, ma anche di trozkisti come Giovanni Poci e Vincenzo Serena, il quale sarà perfino commissario politico di un battaglione garibaldino 31. Complessivamente, questo significativo movimento di dissidenza nel Pcd’i pordenonese può costituire un elemento di valutazione delle cause della relativa debolezza, in termini di quadri, del partito locale – soprattutto quello dell’area cittadina -nella fase resistenziale ed in quella successiva.

Dopo la sconfitta, nei campi di concentramento francesi.

In realtà, se la violenta divisione interna alla sinistra indebolisce la resistenza repubblicana, essa non va sopravvalutata, a confronto dei fattori di isolamento internazionali e dei preponderanti aiuti

28 Ramella.29 Canali Giulia, pp. 117-120.30 Canali Giulia, pp. 75 e 116.31 Intervista a Spartaco Serena.

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militari prestati ai golpisti dalle potenze fasciste. L’Europa borghese assiste al soffocamento della demo-crazia spagnola, che cede pochi mesi prima dello scoppio della guerra generale. La Francia del Fronte Popolare che non aveva voluto aiutare i fratelli spagnoli verrà, nel giugno 1940, occupata dalle armate tedesche ed italiane.

Con la definitiva sconfitta repubblicana nel marzo 1939, per la maggioranza degli internaziona-listi si apre il calvario negli atroci campi di concentramento francesi. Quelli nei quali vengono internati dapprima gli spagnoli e gli internazionalisti e poi nel 1940 gli stranieri – in gran parte antifascisti – sotto il regime collaborazionista di Vichy, sono veri e propri inferni, come ricorda Arthur Koestler:

Nel pomeriggio ho passeggiato per le colline; incontrato una colonna di spagnoli che lavoravano a tagliar legna sotto la scorta di guardie. Vivono nel campo di Gurs (c’è anche una sezione maschile); sono stati sem-pre internati sin dalla sconfitta spagnola, e per dieci ore di lavoro al giorno non ricevono paga, neppure una sigaretta. Ricordo che Frau Müller mi ha raccontato una storia simile: tutti gli emigrati tedeschi arruolatisi nell’esercito francese per la durata della guerra sono ora in Marocco, riuniti in brigate di lavoro impiegate nei lavoro più pesanti (scavare pietre o costruire strade) in un clima micidiale; senza paga; di notte dietro il filo spinato; non saranno smobilitati – tenuti come schiavi sine die. La frase che l’Europa sta tornando all’epo-ca dello schiavismo è stata usata tanto spesso come strumento di propaganda che non ci rendiamo conto che ora sta diventando verità. Questi battaglioni del lavoro sono sotto ogni aspetto equivalenti a gruppi di schiavi. In proporzione al livello di vita romano, le baracche del Vernet e di Gurs sono peggiori delle antiche ergastulae. Il lavoro è in parte più duro di quello descritto da Catone e Varrone; il cibo certamente peggiore – nessuna prospettiva di farsi un peculium. Digiuno sessuale assoluto, mentre i servi si sposavano o vivevano in promiscuità. Completa delusione nel credere che gli orrori dell’antichità, raccontati nei libri di scuola, siano peggiori (relativamente e assolutamente) della realtà contemporanea 32.

All’internamento si somma il lavoro coatto al servizio delle forze armate francesi cui gli internati sono costretti nonostante il loro rifiuto:

La Francia con la linea Maginot non si sentiva troppo sicura. Utilizzò le forze lavorative dei rifugiati spagnoli ed internazionali per fare una leggera linea di sbarramento contro una prevedibile invasione tedesca dalla parte dei confini del Belgio. Il governo francese esigeva da ognuno di noi dei campi di concentramento la firma come volontario del lavoro per fare trincee e sbarramenti di ogni sorta. Chi si rifiutava di mettere la firma veniva mandato in baraccamenti di rappresaglia sulla paglia, e ridotto alla metà del cibo giornaliero. Dopo un mese una minoranza ci rifiutammo di mettere la firma, nelle baracche di rappresaglia, visto che metodi duri, calci e schiaffi non riuscivano a ottenere la firma per il lavoro cosiddetto volontario. In altri baraccamenti udimmo anche degli spari di fucile dei soldati. Perfino corse la voce di qualche ferito o morto. [...] Inizio 1940, firma o non firma, ci fecero viaggiare nei vagoni bestiame fino ai confini del Belgio; i gendarmi ci accompagnavano sempre dai baraccamenti con fili spinati al posto di lavoro e viceversa. Si dormiva su brande di tavole a tre posti uno sull’altro. Fascine di legna con un sacco di paglia, come materasso, con qual-che coperta. Quanto qualcuno di noi delle compagnie di lavoro ebbe l’occasione di parlare con dei contadini nei paraggi dove si lavorava, i contadini si rendevano conto e si meravigliavano che non eravamo quello che a loro dicevano i gendarmi, di non parlare con noi perché eravamo banditi e ladri, e che ognuno di noi aveva commesso perlomeno dieci omicidi 33.

Il sistema concentrazionario non è purtroppo solo una caratteristica dei nazisti, ma è uno stru-mento ben diffuso, utilizzato anche da regimi democratici al di fuori di ogni norma umanitaria come strumento di annientamento degli avversari e di loro sfruttamento schiavistico.

Vincenzo Tonelli - in occasione di un viaggio degli studenti del Liceo Scientifico “Galileo Ferra-ris” di Varese nel 2000 - presenterà una testimonianza sulla vita del campo di concentramento francese di Vernet, nel dipartimento dell’Ariège, nel sud-ovest della Francia. Il campo era stato già attivo prece-dentemente, ma Tonelli lo conosce in particolare durante gli anni del governo fantoccio di Vichy. Nel

32 Koestler, pp. 211-212.33 Cfr. in particolare la testimonianza di Sedran, pp. 154-155.

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campo - similmente a quelli italiani per gli internati africani ed jugoslavi - lo sterminio dei deportati non avviene secondo la scientifica macchina di sfruttamento ed eliminazione nazista, ma attraverso la sottoalimentazione, il gelo, la completa mancanza di assistenza ed i quotidiani e sadici maltrattamenti. Con risultati non meno agghiaccianti. Una realtà trascinatasi fino al 1944, quando i tedeschi subentra-no al maresciallo Pétain e trasferiscono tutti i superstiti a Mauthausen, con il loro sterminio finale.

L’impegno di Tonelli - rinchiuso nel campo nel 1942 ed uscitone nel 1943 34 - così come quello di altri sopravvissuti, è stato quello di salvare la memoria del campo di concentramento, destinato dalle autorità francesi (anche in questo caso in assoluta similitudine con quelle italiane) alla completa sparizione con la cessione ad un’azienda agricola, in modo da garantire, con l’estinzione materiale delle tracce del misfatto, il conseguente oblio della memoria e la facile vittoria del negazionismo.

Nella testimonianza di Tonelli due elementi appaiono indispensabili per sopravvivere alle impos-sibili condizioni del campo: la possibilità di svolgere un’attività lavorativa esterna, ottenendo un au-mento delle infime razioni alimentari e potendo avventurosamente introdurre qualcos’altro dall’ester-no, e la solidarietà del collettivo di partito. Una solidarietà mutualistica concessa solo dopo rigorosi controlli, senza i quali il recluso è escluso dall’aiuto degli stessi compagni di camerata. Tonelli stesso ritiene che, se non si fosse poi consegnato alle autorità fasciste italiane dopo sei mesi di campo, non sa-rebbe sopravvissuto, nonostante l’aiuto dei compagni. A motivare le dure regole della clandestinità nel campo - secondo Tonelli - è la necessità di non cadere nelle trame delle spie infiltrate fra i prigionieri per tenerli sotto controllo 35.

Ben diverso è il senso della vigilanza di partito, fra i comunisti, nella testimonianza di Venanzio Parutto. Quello che in altri ambienti sarebbe riprovevole od oggetto di dissenso, diventa un merito. Ed ecco che la coesione fra i militanti comunisti, e l’esclusione degli avversari politici assume ben altro, inquietante significato:

Le funzioni sono strettamente politiche: dalla trasmissione delle direttive del partito alla lotta contro gli av-versari politici, individuati implacabilmente nello stesso campo antifascista: «In questo campo denuncio al P[artito] i Troschisti, anarchici e soci, gente che non si aveva mai vista al fronte o se sono stati al fronte erano nelle formazioni non controllate da noi, che ci sabotarono e crearono movimenti rivoluzionari nell’interno contro la Repubblica, queste canaglie avevano ancora il coraggio nel campo di concentramento di denigrare i garibaldini e tutte le brigate internazionali, chiamandoci fino sanguinari che si aveva le mani sporche di sangue ecc. ecc. Denuncio questo al P. che ci ha pensato a smascherarli in pubbliche riunioni nelle baracche li abbiamo isolati in un cantuccio messi in condizioni di non più nuocere» 36.

Lo scontro interno alla sinistra prosegue nelle proibitive condizioni dei campi francesi, men-tre si scatena la guerra mondiale. Le ragioni dello scontro antifascista appaiono secondarie, rispetto all’esigenza di isolare ogni formazione collocata alla sinistra del partito. Altre testimonianze tendono a ridimensionare questo livello di conflittualità od a negarlo 37. Va notato lo scarto temporale che le divide: fra l’autobiografia del Pci staliniano di Parutto, la nota di Valiani e l’intervista di Tonelli passa oltre mezzo secolo, nel quale si sedimenta l’essenziale ideologia del comunismo italiano come settore più coerentemente democratico ed unitario dell’antifascismo.

34 Grazie al suo permesso di soggiorno per lavoro in Francia, Tonelli aveva potuto riprendere le sue attività fra il 1939 ed il 1942, par-tecipando così alla resistenza sviluppatasi in quel paese: intervista del 2 settembre 2008.35 Tonelli, pp. 103-126.36 Archivio Casa del Popolo di Torre, fondo Pci Pordenone, f. Venanzio Parutto, Biografia del comp. Parutto Venanzio, Claut 24-12-54, foglio XI.37 Leo Valiani, Koestler ed io nel campo di concentramento, in: Koestler, pp. 257-258; intervista a Vincenzo Tonelli del 2 settembre 2008.

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Epilogo. Nella Resistenza internazionale, e dopo

Dal giugno 1940 al novembre 1942 i nazisti sono alle porte dei campi di concentramento fran-cesi, possono da un momento all’altro esautorare i fantocci di Vichy. Dal 1941 le armate tedesche invadono l’Urss, arrivando a più riprese alle porte di Mosca, Leningrado e Stalingrado ed appare obbli-gata la scelta del Pcd’i di indicare agli iscritti la prospettiva del rientro in Italia, per altro raccomandata solo ai compagni che non abbiano sulle spalle condanne al carcere 38. Questo significa per la maggior parte degli internazionalisti affrontare la polizia fascista con i suoi rudi interrogatori e l’assegnazione al confino.

Molti degli internazionalisti però non ritornano in Italia: dal 1941 inizia la Resistenza, grazie al determinante ruolo comunista, che nei paesi di emigrazione come la Francia, il Belgio ed il Lus-semburgo usufruisce del contributo degli emigranti. La forte spinta resistenziale dal 1941 testimonia ancora una volta delle contraddizioni del movimento comunista. Il quale è dapprima messo in crisi dal drammatico annuncio del patto tedesco-sovietico sottoscritto il 23 agosto 1939, che assicura il via libera all’occupazione congiunta della Polonia e distrugge per un biennio ogni possibilità di dialogo a sinistra, gettando i comunisti nell’isolamento. Ma che poi si getta nella lotta con tutta la sua forza ed il suo radicamento popolare, fornendo anche i suoi quadri formatisi nella Guerra di Spagna, che diven-tano punti di riferimento innanzitutto in Francia e poi, dopo l’8 settembre 1943, in Italia.

Chi si trova in Italia dopo l’8 settembre diventa subito il riferimento per i primi gruppi parti-giani, cui fornisce la propria preparazione militare e formazione politica. Ne è un esempio proprio il numeroso gruppo degli “spagnoli” di Castelnovo, subito costretti a riprendere la lotta per salvare un più giovane compagno individuato dai fascisti 39.

La Guerra di Spagna, capitolo decisivo nella corsa verso la guerra mondiale, è anche il luogo nel quale si formano tanti degli oppositori al fascismo. Una scuola – a dispetto delle contraddizioni rilevate – tendenzialmente unitaria, che ha costituito un crocevia di scambi accelerati e concen-trati in breve tempo. Questi combattenti, in maggioranza rivoluzionari, diventano nel corso di un decennio di battaglie i più coerenti – a prescindere dalla loro ideologia – i più coerenti costruttori e difensori della democrazia europea, tanto da arrivare ad una ideologia dell’antifascismo che si sovrappone ed identifica con l’identità della sinistra. Un processo costruito attraverso il sacrificio diretto di gran parte di loro: come dimostrano i numeri di questa provincia, che vede cadere ben 19 dei 65 volontari, in Spagna ma anche nella lotta di liberazione del nostro paese e nei campi di concentramento nazisti.

Su un altro fronte, proprio per i legami trasversali costituiti fra loro e per la comunanza della bat-taglia antifascista, gli internazionalisti di Spagna cadranno vittime della persecuzione staliniana. Come dimostra in modo tragico il destino dell’ebreo asburgico Manfred Stern, che col nome di battaglia di Jean-Baptiste Kléber aveva comandato l’XI - la prima - Brigata Internazionale nella difesa di Madrid. Al ritorno in Urss Stern venne rinchiuso in un gulag, dove sarebbe morto nel febbraio del 1954, dopo la morte dello stesso tiranno 40. Lo stesso generale Vladimir Alexandrovich Antonov-Ovseenko, uno dei capi militari della rivoluzione bolscevica, attivo come console sovietico a Barcellona nella lotta con-

38 Nel maggio 1941, a fronte di una lista di circa 400 detenuti italiani nel campo di concentramento di Vernet, solo 288 chiedono di essere rimpatriati, mentre 120 non si presentano (o non vengono presentati dalle autorità francesi, secondo il parere del delegato del governo italiano). In novembre, rimangono a Vernet 218 italiani, dei quali 117 hanno chiesto di essere rimpatriati, mentre «i rimanenti hanno espresso il desiderio di non essere rimpatriati». Cfr.: Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, R. Delegazione italiana per il rimpatrio, telespresso da Tolosa. n. 1594/149 del 2 giugno 1941 e lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. 2^ al Cpc, prot. n. 442/32778 del 27 novembre 1941, «Copia del telespresso del Ministero Esteri n. 11452.34.R in data 13 novembre 1941-XX [...] ».39 Come testimoniano in due diverse interviste Dante Bertoli e Vincenzo Tonelli. Sulla partecipazione alla Resistenza a Castelnovo, cfr. inoltre: Tonelli.40 Cfr. la biografia in: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Manfred_Stern&action=edit&redlink=1, ultimo accesso il 15 novembre 2008.

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tro anarchici e comunisti antistalinisti, non farà una fine migliore: al suo ritorno in Urss scomparirà alla fine degli anni ‘30 nelle grandi purghe 41.

Negli anni peggiori della guerra fredda gli “spagnoli” saranno le vittime predestinate della nuova ondata di persecuzione staliniane nei paesi delle “democrazie popolari” sorte nell’Europa Orientale, accusati di congiurare con la nuova eresia “tito-fascista”: non a caso proprio in Spagna si era formato il nucleo dell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo. La vicenda spagnola collega a Tito l’ungherese Làszlò Rajk, condannato a morte nel 1949, ed il cecoslovacco Arthur London, arrestato e torturato nel 1951. Ma segna anche il destino di Andrè Marty, il leggendario dirigente rivoluzionario che – dopo essere stato Ispettore generale delle Brigate Internazionali in Spagna, guadagnandosi il titolo di «ma-cellaio di Albacete» dagli anarchici – che viene espulso dal Pcf nel 1952. Perfino Giuliano Pajetta sarà escluso – su richiesta del capo comunista ungherese Mátyás Rákosi - dal Comitato centrale del Pci per i suoi legami di amicizia con Rajk 42.

Si cerca così di interrompere un filo ideale che aveva saputo unire le prospettive di un movimen-to rivoluzionario non del tutto normalizzato, sotto la coltre apparentemente omogenea del conformi-smo di partito: ma l’operazione non riesce del tutto, anche perché ad ostacolarla sta il prestigio ed il grande spessore emotivo che lega i combattenti internazionali di Spagna alla leggenda. E la memoria indissolubile della breve stagione dell’unità antifascista internazionale.

Forse non è un caso che, in occasione del primo incontro dei movimenti pacifisti dei paesi dell’Alpe Adria, tenutosi a Kranjska Gora nel 1984, la delegazione slovena vedesse come partecipanti, a fianco degli inquieti esponenti della Lega dei giovani socialisti, ormai esplicitamente insofferenti per i legami dello stato a partito unico, gli ormai anziani appartenenti all’associazione degli ex combattenti nelle Brigate Internazionali di Spagna.

l’inaugurazione del monumento ai garibaldini a Tolosa. Dono di Vincenzo Tonelli (il secondo da sinistra).

41 Antonio Moscato, nota in: Sedran, p. 177.42 Cfr.: Meschiari, testimonianze di Alessandro Carri a p. 12, di Giorgio Napolitano a p. 18 e di Armando Addona a p. 26; per André Marty cfr. la biografia in: http://fr.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Marty, ultimo accesso il 15 novembre 2008.

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Elenco internazionalisti caduti della provincia di Pordenone

Internazionalisti dell’attuale provincia di Pordenone

- caduti in difesa della repubblica spagnola:

Pietro Bortolus1. , Sesto al Reghena, 1913, operaio, caduto probabilmente sulla Sierra de Arga-lanes (Estremadura) nel febbraio 1938; Romano Bravin2. , Polcenigo, 1904, manovale, caduto a Huesca il 16 giugno 1937; Oscar Buffolo3. , Caneva, 1893, ferroviere, morto a Tolosa il 20 novembre 1940 per malattia contratta durante la Guerra di Spagna; Ciro De Michiel4. , Castelnovo del Friuli, 1904, muratore, caduto a Lopera (Cordoba) il 16 febbraio 1937; Luigi Girani,5. Pordenone, 1905, operaio, caduto in Estremadura il 16 febbraio 1938;Antonio Magoga, 6. Pordenone, 1898, muratore, caduto a Chapineria il 18 ottobre 1936;Giacomo Mutton7. , Caneva, 1895, operaio, caduto a Morata de Tajuña il 12 febbraio o il 9 aprile 1937;Pierino Pasquotti,8. Pordenone, 1911, operaio chimico, morto ad Albacete nel 1937;Egidio Sellan9. , San Vito al Tagliamento, 1904, operaio, caduto a Huesca il 16 giugno 1937;Vittorio Vedova,10. Castelnovo del Friuli, 1897, muratore, caduto nella battaglia dell’Ebro nel settembre 1938; Mario Vendruscolo11. , Pasiano, 1900, contadino, caduto a Morata de Tajuña il 12 febbraio 1937;Giacomo Zaia,12. Brugnera, 1914, operaio, caduto a Casa del Campo - Madrid il 20 aprile 1937; Mario Zaros,13. Caneva, 1906, minatore, caduto probabilmente a Mirabueno il 1° gennaio 1937.

- caduti nella lotta di Liberazione o in prigionia:

Mario Betto1. , Fontanafredda, 1908, muratore, partigiano caduto a Barcis il 15 ottobre 1944;Giovanni Maria Bortolussi2. , Valvasone, 1912, bracciante, partigiano caduto il 1° gennaio 1945;Italico Bravin3. , Polcenigo, 1913, carbonaio, morto a Dachau il 10 marzo 1942; Giovanni Battista Brusadin4. , Pordenone, 1898, minatore, morto a Mauthausen in data im-precisata; Guerrino Troiano5. , Spilimbergo, 1902 (o 1907), operaio, partigiano caduto a Chievolis il 17 marzo 1944; Luigi Vedova6. , Castelnovo del Friuli, 1904, muratore, morto in campo di concentramento in Germania in data imprecisata.

- combattenti per la repubblica spagnola:

Albino Bet1. , Barcis, 1905, muratore;Carlo Bisaro2. , Spilimbergo, 1901, operaio; Giacomo Brovedani,3. Clauzetto, 1889, muratore; Enrico Canciani4. , Castelnovo del Friuli, 1906, muratore; Gino Capponi,5. San Vito al Tagliamento, 1918, meccanico; Giovanni Cengarle,6. Spilimbergo, 1911, fornaciaio; Ruggiero Luigi Corai,7. Pordenone, 1888, elettricista; Carlo Cozzi,8. Castelnovo del Friuli, 1905, bracciante;

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Ermenegildo Cozzi9. , Castelnovo del Friuli, 1901, mosaicista;Angelo De Bernardo10. , Pordenone, 1908, operaio; Umberto De Gottardo11. , Pordenone, 1887, muratore; Luigi Della Puppa12. , Aviano, 1918, operaio; Antonio Del Rizzo13. , Chions, 1908, minatore; Basilio De Piero14. , Pordenone, 1907, operaio; Francesco De Piero15. , Cordenons, 1906, muratore; Achille Durigon16. , Pordenone, 1913, bracciante; Angelo Filiputti,17. Claut, 1904, muratore; Luigi Maraldo,18. Meduno, 1895, calzolaio; Luigi Marconi19. , Roveredo in Piano, 1904 impiegato; Antonio Martin20. , San Vito al Tagliamento, 1895, operaio; Alberto Masut,21. Caneva, 1909, muratore; Erminio Mazzoni22. , Pordenone, operaio 43; Antonio Moras,23. Pordenone, 1904, operaio; Venanzio Parutto24. , Claut, 1899, operaio; Antonio Pasut25. , Pordenone, 1896, muratore; Carlo Antonio Pegolo26. , Odessa (da genitori di San Quirino), 1915, minatore;Giovanni Pellegrini,27. Pordenone, 1912, falegname; Ludovico Redolfi De Zan28. , Aviano, 1903, operaio; Carlo Rossi29. , Castelnovo del Friuli, 1913, cementista; Pietro Russignaga,30. Aviano, 1906, cementista; Giovanni Salvador31. , Castelnovo del Friuli, 1908, muratore; Domenico Sedran32. , San Giorgio della Richinvelda, 1905, falegname;Mirino Simonutti33. , Pinzano, 1910 imbianchino; Ermenegildo Stradella34. , Aviano, 1916, operaio; Giovanni Tanner,35. Clauzetto, 1900, muratore; Antonio Tesolin36. , Casarsa, 1903, muratore; Pietro Toffolo,37. San Quirino, 1897, minatore; Vincenzo Tonelli,38. Castelnovo del Friuli, 1916, muratore; Vittorio Tonelli39. , Castelnovo del Friuli, 1907, muratore; Eugenio Vedova,40. Castelnovo del Friuli, 33 anni, muratore; Giovanni Visintin41. , Aviano, 1895, falegname; Olinto Zaghet,42. Brugnera, 1908, muratore;Eugenio Zannier,43. Clauzetto, 1903, muratore; Giovanni Zannier,44. Clauzetto, 1906, operaio; Pompeo Zannier,45. Spilimbergo, 1912, operaio; Antonio Zorzetto,46. Sacile, 1899, carpentiere.

Sono indicati sommariamente per ognuno dei volontari internazionali: il comune di prove-nienza, l’anno di nascita, il mestiere esercitato e le circostanze della morte 44 .

43 Questo volontario non è stato precisamente individuato come originario di Pordenone, e non esistono per altro riscontri nel Cpc: una persona con questo nome sarebbe originaria di Molinella (Bo), ma non sembra mai essere espatriata (Acs, Cpc, b. 3188, nato nel 1886, residente a Bologna, ferroviere e socialista, sorvegliato dal 1926 al 1942). La consultazione incrociata di Puppini, p. 188 (che riferisce dell’internamento ad Argelès sur Mère ed a Gurs, ed a quello successivo a Dachau), dell’elenco dei prigionieri da rimpatriare da Vernet (cfr.: Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, R. Delegazione italiana per il rimpatrio, telespresso da Tolosa n. 1594/149 del 2 giugno 1941) e del sito internet http://www.fracassi.net/shoah_2007.htm suggeriscono che il volontario internazionale possa identificarsi con Erminio Mazzola, Acs, Cpc, b. 3183, nato a Quistello (Mn) nel 1888, residente in Francia, fonditore e comunista, iscritto alla Rubrica di frontiera e sorvegliano nel 1941-1942. Tuttavia, in mancanza di precisi riscontri, e tenendo conto dell’incertezza che molte volte circonda l’attività degli antifascisti, abbiamo scelto di mantenere Mazzoni nell’elenco, pur con queste cautele.44 Gli elenchi derivano da quelli di Cescut e Puppini, pp. 106-121; ho effettuato alcune modifiche ed aggiunte derivanti dalla ricerca presentata in questa sede.

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Schede biografiche di volontari antifascisti internazionali

provenienti dal territorio dell’attuale Provincia di Pordenone.

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Schede biografiche

Albino Bet, l’uomo che morì tre volte.Minatore emigrante, da Barcis al Belgio

Nasce a Barcis il 30 marzo 1905 da Carlo e da Caterina Paulon; lui stesso è soprannomina-to Carlo, come il padre. Frequenta le scuole fino alla terza elementare. Già a quindici anni risulta simpatizzante del Partito Socialista, che in paese vanta una presenza importante: agli inizi del se-colo l’operaio Giovanni Battista Bet è un assessore comunale così influente da essere proposto a sin-daco, incarico cui probabilmente deve rinunciare per guadagnarsi la vita come emigrante. I socialisti il comune lo conquistano in quel 1920 nel quale Albino inizia a manifestare pubblicamente le sue opinioni. Viene eletto sindaco il libraio e scrittore Giuseppe Malattia della Vallata, anche se la giunta durerà pochi mesi a causa della rottura fra la Lega degli edili (che ha promosso la lista) ed il sindaco.

Bet, che nel primo dopoguerra partecipa alle manifestazioni pubbliche socialiste, continuerà a risiedere nel comune natale, anche se emigra in Belgio nel 1922.

«Risiedette a Liegi, e lavorò da minatore nel bacino industriale dell’Angleur fino al 1929 e poi non diede più notizie di sé ai familiari. Trasferitosi a Seraing, frequentò elementi ed ambienti sovversivi. Ai primi dello scorso novembre partì da Liegi, diretto nella Spa-gna, per arruolarsi volontario nelle milizie rosse».

Viene sorvegliato come comunista dal 1931 al 1943; è iscritto alla Rubrica di frontiera e al Bol-lettino delle ricerche per l’arresto 45. Un altro rapporto, precedente di qualche anno, elenca più speci-ficamente le peregrinazioni di Bet nella periferia sudorientale di Liegi, a dimostrazione delle difficoltà abitative della manodopera operaia ospitata in quel bacino minerario. Il 29 novembre 1922 arriva a Tilleur, nel giugno 1923 si trasferisce ad Ougrée, nel dicembre 1924 ad Angleur, nel gennaio 1927 ritorna ad Ougrée, nell’aprile 1932 è a Seraing e nel settembre dello stesso anno a Jemeppe; nel dicem-bre 1933 ritornerà ad Ougrée: pur mantenendosi in un raggio che non oltrepassa i dieci chilometri, si tratta di ben sette cambi di residenza in undici anni.

In quel 1932 Bet sta per sposarsi con Marie Daco, cittadina belga, lavora nella miniera di Ou-grée-Marihaye, è considerato un buon operaio e apparentemente non è segnalata la sua partecipazione ad attività antifasciste o manifestazioni comuniste, anche se il suo nome è però inserito da una «fonte fiduciaria» in un elenco di oppositori al regime e – quattro anni dopo, grazie all’arruolamento nelle Brigate Internazionali – diventerà il «soprascritto pericolo sovversivo» 46.

45 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, Prefettura di Udine, cenno biografico del 15 marzo 1937.46 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, Direzione Polizia Politica, Appunto per l’On. Divisione , prot. n. 500/10948 dell’8 aprile 1933 e Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., lettere al Prefetto di Udine prot. n. 14994/98976 del 16 marzo 1937 e prot. n. 9383/98976 del 17 marzo 1937.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

In Spagna con gli jugoslavi del “Dimitrov”

Bet parte insieme con altri antifascisti (fra i quali il pordenonese Giovanni Battista Brusadin ed il sacilese Giacomo Zaia) per la Spagna nella prima settimana di novembre del 1936:

«A seguito delle notizie comunicate col precedente telespresso n. 5284/1059 del 30/X us. informo che l’at-tività intesa a favorire gli arruolamenti di nostri connazionali nelle milizie rosse spagnole si è notevolmente accresciuta in questi ultimi giorni per opera del noto Lazzarelli 47, di Russo Enrico 48, ritornato temporane-amente dal fronte spagnolo e di altri agenti non potuti finora identificare.Secondo notizie avute da fonte attendibile ma che non ho avuto modo di controllare sarebbero avvenute in quest’ultima settimana le seguenti partenze di connazionali: [...].Il R. Consolato di Charleroi informa che nei giorni scorsi un gruppo di sette connazionali che si propone-vano di raggiungere Marsiglia per arruolarsi nelle milizie rosse spagnole, venne dalla polizia belga impedito al posto di frontiera di Equellines Jeumont di passare in territorio francese per non essere in possesso di regolari documenti di identità. I componenti di tale gruppo, sempre secondo l’informazione del predetto R. Console, erano stati provveduti di denaro e di biglietti di viaggio da un connazionale residente a Brusselle [sic] che si è loro presentato sotto il nome di Battistata 49 e che pare sia incaricato di reclutare volontari nella zona dell’Hainaut e del Limburgo. Parallelamente alla propaganda in favore degli arruolamenti viene anche svolta quella per raccolta di fondi. Liste di sottoscrizioni, all’infuori di quella dirò così “ufficiale” che quasi giornalmente compare sulle colonne del socialista “Le Peuple” e che già ascende a 1.144.686 franchi, circolano per le officine e per i pozzi mine-rari e si fa ammontare a tutt’oggi a circa mezzo milione di franchi la somma così raccolta a favore del fronte popolare spagnolo» 50.

«Lo stesso Bet fu fermato la mattina del 20 ottobre u.s. a Seraing, insieme a tale Pavkovic Maté di Simon, nato a Trnbusi (Jugoslavia) il 15 gennaio 1912, di nazionalità jugoslava, pure lui abitante ad Ougrée in rue des Noidans n. 26.Il Pavkovic fu trovato in possesso di 2700 franchi francesi e 600 franchi belgi, e dichiarò che, mentre i 600 franchi belgi gli appartenevano, gli altri invece costituivano un fondo destinato a coprire le spese di viaggio fino a Parigi per lui, per il Bet e per gli altri “compagni” che dovevano partire lo stesso giorno – via Parigi – alla volta della Spagna, essendo stati ingaggiati nelle milizie popolari spagnole.Il Bet e il Pavkovic furono rilasciati e partirono quindi per la Spagna.Il nostro informatore avverte inoltre che il Pavkovic era il capo del gruppo comunista jugoslavo di Ougrée» 51.

Bet viene ferito presumibilmente nel dicembre 1936: «Infatti il giornale comunista “Il Grido del Popolo”, edito a Parigi, nel n. 1 e 2 gennaio ultimo nella seconda pagina porta una fotografia di un

47 Acs, Cpc, b. 2740, Luigi Lazzarelli: nato nel 1892 a Mulazzo (Ms), socialista, residente in Belgio, cameriere. Sorvegliato dal 1923 al 1943, iscritto alla Rubrica di frontiera. Organizzatore del Psi in Belgio, nel 1940 Lazzarelli, fuggito in Francia per sfuggire ai nazisti, viene fucilato dall’esercito francese insieme ad altri antifascisti, ed ingiustamente accusato di collaborazionismo. Cfr. Morelli ed inoltre: http://www.geocities.com/soho/den/7257/numero5/debono.html e http://www.valtaro.it/lunario2005/index.htm, ultimo accesso il 14 novembre 2009.48 Acs, Cpc, b. 4498, Russo Enrico. Nato a Napoli nel 1895, comunista, meccanico e tipografo, sorvegliato dal 1926 al 1941, confinato ed iscritto alla Rubrica di frontiera. Russo, all’avvento del fascismo segretario della Federazione del Pcd’i e della Camera del Lavoro di Na-poli, aderisce poi alla Frazione di sinistra del Pcd’i di orientamento bordighista e partecipa al segretariato internazionale dell’opposizione comunista. Nel 1936 è in Spagna al comando della Columna Internacional Lenin del Partito Obrero de Unificaciòn Marxista; contrario alla militarizzazione delle milizie decisa dal governo di Fronte Popolare, ritorna in Francia nel 1937. Ricollegatosi nel 1943 al Pci nella Napoli liberata, è animatore delle tendenze di sinistra nella Cgil e nel partito, con il quale rompe nuovamente su posizioni antistaliniste: passa quindi al Psiup e, nel 1947, aderisce alla scissione socialdemocratica. Cfr.: http://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Russo, ultimo accesso il 14 novembre 2009.49 Acs, Cpc, b. 410, Battistata Quinto, nato a Povo (Tn) nel 1910, fabbro, comunista, iscritto alla Rubrica di frontiera, documentazio-ne dal 1930 al 1941. Commissario politico della XII Brigata Internazionale “Garibaldi”, è catturato e trucidato dai franchisti, insieme al comandante Eloj Paradinas, durante la difficile battaglia di Caspe in Aragona, il 28 aprile 1938: cfr. Puppini, pp. 91-92.50 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, copia del telespresso n. 5420/1107 del 6 novembre 1936 della R. Ambasciata d’Italia di Bruxelles al Ministero degli Affari Esteri, «Propaganda pro Spagna in Belgio. Arruolamenti di sovversivi italiani nelle milizie rosse», firmato Preziosi.51 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, Direzione Polizia Politica, Appunto per l’On. Divisione , prot. n. 500/35695 del 4 dicembre 1936.

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Schede biografiche

gruppo di feriti del Battaglione Garibaldi nella quale il Bet è assai riconoscibile» 52. Si tratterebbe del primo di tre ferimenti consecutivi; le notizie di fonte fascista al suo proposito sono contraddittorie: in un altro rapporto viene dichiarato che «secondo quanto ha riferito l’ufficio politico della locale 63^ legione M.V.S.N. sarebbe stato ferito alla spalla sinistra negli ultimi combattimenti presso Madrid e fatto prigioniero dai Nazionali» 53.

Qualche mese dopo - troveremo nuovamente il suo nome fra i dispersi della compagnia italiana del Battaglione “Dimitrov” della XV Brigata Internazionale, reparto costituito soprattutto da volontari jugoslavi: ricordiamoci del contatto iniziale fra Bet e Pavkovic in partenza dal Belgio 54. Il 12 febbraio 1937 la neocostituita XV Brigata viene impiegata per la prima volta sul fronte del Jarama, nella difesa di Morata de Taiuña sul lato sudorientale di Madrid. Le perdite della compagnia italiana – formata da numerosi internazionalisti friulani giunti in Spagna in dicembre e gennaio - sono molto forti: muoiono circa un terzo dei suoi componenti, al primo giorno di guerra. Gli informatori fascisti ne censiscono 13, oltre ad 11 dispersi, fra i quali figura anche “Carlo” Bet, che da quel momento verrà considerato morto 55.

Tuttavia, visto che nell’estate di quell’anno si ripete l’attribuzione di Bet al “Garibaldi”, è proba-bile che egli abbia appartenuto a quella parte superstite della compagnia italiana del “Dimitrov” che il 1° maggio 1937 confluisce, con gli altri reparti italiani, nella ristrutturata XII Brigata Internazionale, che eredita il nome dell’eroe del Risorgimento italiano 56.

“Redivivo” secondo gli informatori fascisti in Belgio, Bet viene segnalato di nuovo ad Ougréee, a partire dal luglio 1939 57:

«Viene riferito da fonte fiduciaria che gli ex combattenti delle brigate internazionali che prima della guerra civile spagnola erano stati autorizzati a soggiornare nel Belgio, in seguito a pressioni fatte sul governo da parte dei parlamentari comunisti e socialisti, hanno ottenuto di poter rientrare nel Belgio.Aggiunge il fiduciario che tutti i reduci italiani che erano penetrati nel Belgio clandestinamente oppure che si trovavano nei campi di concentramento in Francia, saranno a poco a poco autorizzati a dimorare in quello Stato a meno che non abbiano precedenti sfavorevoli. Essi debbono inoltrare domanda al Ministero degli Interni belga ed ogni singolo caso sarà accuratamente esaminato».

Di seguito a questa informativa (che l’informatore fosse un funzionario governativo belga è intu-ibile dalla nota conclusiva del capo della D.P.P. – e dell’Ovra - Guido Leto 58: «In occasione di eventuali accertamenti all’estero si prega di non comunicare il presente elenco nella forma integrale e di non far cenno alla circostanza della presentazione da parte dei suddetti della domanda per essere autorizzati a

52 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, Ministero dell’Interno, lettera al S.E. il Prefetto di Udine prot. n. 29683/98976 dell’8 maggio 1937.53 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, telespresso circolare n. 5191 del 10 novembre 1938 del R. Consolato d’Italia a Liegi al Cpc; R. Prefettura di Udine, Notizie per il prospetto biografico del 31 marzo 1937.54 L’appartenenza al “Dimitrov” è poi confermata da un appunto del Cpc datato 24 settembre 1941, nel quale si fa riferimento a Carlo Penchienati, il comandante della compagnia (non appartenente ad alcuna forza politica).55 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, lettera del Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., D.A.G.R., Sezione 1^ al Cpc ed alla Sezione 2^, prot. n. 441/023041 del 18 maggio 1938, con allegato «Primo elenco dei connazionali militanti tra le truppe rosse spagnole deceduti in combattimento dall’inizio della guerra fino a tutto il mese di aprile 1937-XV°»; telespresso circolare n. 5191 del 10 novembre 1938 del R. Consolato d’Italia a Liegi al Cpc e documenti successivi; Puppini, pp. 79-80.56 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, R. Prefettura di Udine, Notizie per il prospetto biografico del 25 giugno 1937; http://www.anpi.it/spagna/1937.htm, ultimo accesso il 15 novembre 2008.57 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, minuta della lettera del Ministero dell’Interno al R. Consolato di Liegi, prot. n. 63021-98976 del 4 agosto 1939 e telespresso di risposta del Consolato n. 4393 del 4 ottobre 1939.58 Che, dopo una fine servizio nella Repubblica Sociale Italiana ed un breve “purgatorio” postbellico, termina la sua carriera come direttore tecnico delle scuole di polizia dell’Italia democratica e come memorialista pro domo sua: cfr. Franzinelli 1999, ad indicem, in particolare p. 477.

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rientrare nel Belgio») sono riportati i nomi di 29 internazionalisti italiani, fra i quali Bet ed i pordeno-nesi Basilio De Piero 59 e Giovanni Battista Brusadin 60.

Fra fascisti e nazisti

Dopo l’occupazione nazista del Belgio, Bet (con De Piero) fa parte di una «Lista di connazionali residenti in Belgio da considerarsi politicamente più pericolosi», comprendente 28 nomi. La lettera di trasmissione è una chiara testimonianza della consolidata collaborazione internazionale fra i fascismi contro i loro oppositori, e contribuisce a far giustizia sommaria delle ricorrenti banalità sul blando fascismo italiano rispetto al crudele nazismo tedesco:

Posizione Cassaforte Brusselle addì 12 Luglio 1940 - A. XVIIIOGGETTO: RAPPORTI DELLA R. AMBASCIATA CON GLI ORGANI DI POLIZIA POLITICO-MILITARE GERMANICA.

Testo:Ho conosciuto il Tenente Colonnello DISCHLER, Capo del servizio controspionaggio politico-militare germanico per la zona Belgio-Lussemburgo e nord della Francia, che ha il suo ufficio in Bresselle, ed ho stimato opportuno metterlo in relazione con il funzionario della R. Ambasciata che più particolarmente si è sempre occupato dell’attività degli avversari del Regime.Si sono così stabiliti cordiali rapporti personali intesi ad una efficace collaborazione sulle questioni attinenti alla sorveglianza degli avversari dei regimi fascista e nazista, ed alle conseguenti misure da adottare.Nel corso di tali rapporti, si è avuta l’opportunità di segnalare al predetto Colonnello alcuni nomi di italiani qui residenti, politicamente più pericolosi, sul conto dei quali esistono in atti precedenti specifici e che sono inscritti in rubrica di frontiera per l’arresto.Dal canto suo il competente ufficio militare germanico mi ha comunicato che nelle locali prigioni di St Gil-les trovansi detenuti i connazionali GREBORIO Ernesto di Giuseppe, nato a Niella Tanaro il 3 dicembre 1903, e LEONARDI Alcide fu Clemente, nato a Monchio di Ciano d’Enza il 18 luglio 1905 61, e mi ha chiesto se io avessi niente in contrario circa la loro liberazione. Dati i loro precenti, quali risultano agli atti di questa Cancelleria, ho ritenuto di dover rispondere che non ravvisavo opportuno per il momento procedere alla loro scarcerazione. Infatti, il Greborio è un pregiudicato, socialmente pericoloso, ozioso e ribelle, ed il Leonardi è un attivo propagandista comunista inscritto in R.d.F. per l’arresto.Circa i provvedimenti da adottare eventualmente nei riguardi dei connazionali politicamente pericolosi di cui ho fatto sopra cenno, il Colonnello Dischler ha emesso l’avviso che ove si ritenga opportuno far proce-dere al loro arresto ed alla loro traduzione in Italia per essere ivi consegnati alle RR. Autorità, occorrerebbe che il R° Governo prendesse speciali accordi con le Autorità centrali del Reich, dato che la consegna di connazionali nella forma suddetta avrebbe giuridicamente valore di un’estradizione, per l’applicazione della quale potrebbero essere invocati gli accordi esistenti in materia fra l’Italia e Belgio. Per quelle pratiche che il R° Governo volesse espletare in merito, allego ad ogni buon fine una lista degli italiani politicamente più pericolosi, tuttora residenti in Belgio 62.

La risposta del Ministero dell’Interno non si fa attendere: i segnalati, «dei quali si rileva che sono tutti pericolosi sovversivi dei quali la maggior parte hanno combattuto nelle milizie rosse spagnole [...]

59 Acs, Cpc, b. 1736, De Piero Basilio, nato a Pordenone il 13 agosto 1907, giardiniere, comunista, residente in Belgio, sorvegliato dal 1937 al 1942, iscritto alla Rubrica di frontiera. De Piero arriva in Spagna nel novembre 1936, opera inizialmente col gruppo di Picelli ad Albacete, e poi con il Battaglione “Garibaldi”, col quale combatte a Mirabueno, Majadahonda, Arganda e Guadalajara, dove cade ammalato. In seguito alla malattia rientra in Belgio: cfr. Puppini, pp. 151-152.60 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, Ministero dell’Interno, Divisione Generale della P.S., D.A.G.R., Sezione I^, copia dell’appunto della D.P.P. n. 500/18520 del 24 giugno 1939.61 Acs, Cpc, b. 2764, operaio, socialista, confinato, iscritto alla Rubrica di frontiera, documenti dal 1938 al 1941.62 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, telespresso circolare n. 2761/567 della R. Ambasciata d’Italia al Ministero degli Esteri.

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dovrebbero essere arrestati e tradotti in Italia» 63.In seguito ad un’ispezione della polizia tedesca presso l’alloggio di Luigi Lazzarelli a Bruxelles -

dopo l’uccisione da parte francese del segretario del Psi in Belgio, avvenuta ad Abbeville il 20 maggio 1940 – viene scoperta un’ampia documentazione sulle varie organizzazioni dell’antifascismo italiano, successivamente trasmessa all’Ambasciata italiana nel gennaio 1941. La polizia fascista viene così in pos-sesso di una lista di 20 appartenenti all’Associazione belgo-italiana degli ex combattenti, di 28 aderenti alla Sezione del Psi della provincia di Bruxelles (appartenenti anche all’Unione Popolare Italiana 64), cinque aderenti al Fondo Matteotti residenti a Tilleur (Liegi) e 48 ex combattenti internazionalisti di Spagna: fra essi ci sono Bet, Brusadin, Domenico Ribanelli (futuro sindaco di Forgaria) 65 e Zaia 66.

Nella Resistenza belga

Bet partecipa alla Resistenza, fino all’arresto nel febbraio 1943:

Si ha l’onore di riferire che la “Gestapo” di Liegi, ha fatto conoscere a questo R. Ufficio che il nominato in oggetto è stato arrestato per attività comunista e terroristica, nonché per aver partecipato ad atti di sabotag-gio a danno della Autorità occupanti. Il predetto è stato incolpato inoltre di aver minacciato di morte un funzionario germanico ed il Commissario di Polizia di Ougrée, perché notorio germanofilo.La “Gestapo” ha fatto presente che il Bet ha confessato i delitti di attività sovversiva, di terrorismo e di sabo-taggio, mentre ha negato di aver minacciato di morte le suddette persone.Il sottoscritto si è intrattenuto con il Comandante Graf, capo della locale Gestapo e si è venuti nella deter-minazione che a questo R. Consolato verranno comunicate le misure che saranno prese contro il Bet, dopo regolare processo, che avrà luogo tra qualche giorno. A seconda del parere del Comandante Graf, sembra che la condanna a morte sia inevitabile, tuttavia egli ha fatto presente che se le Autorità Superiori Italiane doves-sero chiedere il trasferimento nel Regno del detenuto, nulla si opporrebbe da parte della Polizia germanica.Poiché il Capo della Gestapo ha chiesto un dettagliato rapporto sui precedenti del Bet, si prega di far co-noscere se si debba dare evasione alla sua richiesta, significando che il sunnominato è segnalato in R.F. da arrestare 67.

L’ambasciata italiana autorizza la trasmissione ai nazisti di una sintesi della documentazione relativa a Bet, e si esprime per «l’opportunità di profittare subito delle buone disposizioni dimostrate dalle predette autorità per la sorte del BET e di richiederne senz’altro il suo rimpatrio coatto» 68. La corrispondenza – che dà per acquisita la condanna a morte nel processo che si svolge ai primi di aprile 69 - si arresta poco dopo, e riprende – con una richiesta di notizie da parte della Prefettura di Udine, solo il 7 settembre 1943, alla vigilia della caduta del Regno e del suo esercito. Nulla si sa da questa fonte sulla sorte del comunista barciano.

63 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, appunto dattiloscritto del Capo della Sezione I^ alla Sezione I^ (Materia) del 3 agosto 1940.64 Organismo unitario dell’antifascismo italiano, presieduto dal comunista Romano Cocchi, nel primo dopoguerra dirigente di sini-stra del Partito Popolare e della Confederazione Italiana del Lavoro. L’Upi, che ha iniziato le sua attività nel 1937, non sopravvive alla rottura a sinistra provocata dalla firma del patto tedesco-sovietico nel 1939, che provocherà anche la rottura di Cocchi con il Pcd’i: cfr. Andreucci-Detti, biografia di Cocchi a cura di M.G. Rossi.65 Cfr. oltre in: Antifascisti, nati o residenti nel Friuli occidentale, condannati al confino.66 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, copia del telespresso circolare n. 347/56 del 24 gennaio 1941 della R. Ambasciata di Brusselle al Ministero degli Affari Esteri.67 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, telespresso circolare del R. Consolato d’Italia a Liegi alla Gerenza degli Affari Consolari d’Italia a Brusselle, n. 1135 del 17 marzo 1943, firmato il reggente Vittorio Bianchi.68 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, telespresso circolare della Gerenza degli Affari Consolari d’Italia a Brusselle al R. Consolato d’Italia a Liegi, n. 1017 del 25 marzo 1943.69 Acs, Cpc, b. 592, f. 98976, Bet Albino detto Carlo, D.P.P., Appunto per la D.A.G.R., prot. n. 500/10028 dell’11 aprile 1943.

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La morte nera

Nei fascicoli dell’Aicvas, conservati a Milano presso l’archivio dell’Istituto Nazionale della Storia del Movimento di Liberazione in Italia, ho trovato la soluzione del mistero. Albino Bet, non si sa in quale modo, sopravvive ai nazisti, e nel dopoguerra riprende il suo lavoro di minatore in Belgio.

E’ nota la vicenda della grande migrazione postbellica di minatori italiani in quel paese, in base ad un accordo sottoscritto dal governo di De Gasperi, per il quale migliaia di disoccupati italiani ve-nivano scambiati con quantitativi di carbone ceduto a prezzo di favore all’Italia, così come Teresina Degan denuncia già nel dicembre 1946 sulle pagine del settimanale comunista friulano 70.

Bet non sopravviverà alla malattia mortale che mina la salute dei minatori del carbone - la silicosi - e nel 1956 farà il suo ultimo viaggio: ritornerà in ambulanza fin dal lontano luogo di emigrazione, per morire nel suo paese natale 71.

70 «Lotta e lavoro», Anno II, n. 61 di domenica 8 dicembre 1946, p. 2, Lo sfruttamento del lavoro italiano nelle miniere del Belgio. Che ha fatto il Ministro De Gasperi per proteggere i nostri operai?; «Libertà» di mercoledì 30 ottobre 1946, p. 2, Entro novembre. Altri mille minatori friulani saranno avviati alle miniere carbonifere del Belgio e giorni seguenti.71 Testimonianza di Angelo Bet, da Montereale Valcellina, novembre 2008.

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Schede biografiche

Morte non accidentale di un anarchico: Mario Betto.

Nasce a Venezia il 31 dicembre 1908 da Giuseppe e Rosa Formentini. Comunista, è sorvegliato dal 1938 al 1942 ed iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto. Anche due suoi fratelli maggiori subiscono lo stesso destino: Alberto ed Ulderico, anche loro comunisti 72.

La famiglia Betto (composta dai genitori e da quattro figli) risiede a Fontanafredda dall’ottobre 1921 73. Il fratello Ulderico, «durante la sua permanenza a Pordenone, dove risiedette dal 1919 al 1923, si dimostrò un fervente e pericoloso comunista. Essendo stato, per la sua attività sovversiva, più volte percosso dai fascisti, riparò a Fontanafredda» 74.

I Betto emigrano a Thiais, vicino a Parigi, l’11 ottobre 1923 75. Mario lavora come apprendista vetraio, e poi come muratore; dal 1930 al 1936 si trasferisce a Parigi, finché - nell’agosto 1936 - si arruolerà volontario in Spagna. Alla polizia fascista, Mario racconterà di essersi trovato in quel paese al momento dello scoppio della guerra civile perché vi sta svolgendo come di consueto un mese di ferie annuali: testimonianza quanto mai significativa della qualità della vita conquistata dai lavoratori fran-cesi dell’epoca 76. La testimonianza di Betto è del tutto reticente: narra di avere rifiutato in ogni modo l’arruolamento nelle forze armate repubblicane, mentre Puppini documenta come, dal novembre del 1936, Betto abbia militato nel Battaglione “Dimitrov” e poi nella XII Brigata “Garibaldi”, e più spe-cificamente nel «battaglione dei miliziani rossi spagnoli comandato dal noto PENCHIENATI Carlo». In tali reparti, Betto partecipa a tutti i combattimenti,da quelli del Harama del 1937 a quelli dell’Ebro del 1938 77.

Fra comunismo ed anarchismo

Probabilmente il passaggio dall’anarchismo al comunismo di Mario Betto – suggerito dal rientro in Francia nell’aprile-maggio 1938 – è prodotto dagli scontri di Barcellona del 1937. Nel luglio 1938 Mario viene espulso dalla Francia, insieme al padre ed ai fratelli Alberto ed Ulderico in quanto «mili-tanti comunisti e già combattenti nella Spagna rossa»: si tratta evidentemente di una generalizzazione che omologa l’impegno politico di gran parte della famiglia 78. I tre fratelli si recano quindi in Spagna: ma Mario viene accusato di diserzione dall’esercito repubblicano e rinchiuso nel carcere di Montjuic

72 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario e Pol.Pol., pacco 129, f. 14; Cpc, b. 598, f. 138546, Betto Alberto (nato a Venezia il 3 gennaio 1898, residente in Francia, iscritto alla Rubrica di frontiera per l’arresto, documenti dal 1939 al 1940) e f. 96298, Betto Ulderico (nato a Venezia il 25 settembre 1893, perlaio, pericoloso, residente in Francia – poi rientrato nel 1941, dopo un anno di internamento nel campo di Vernet -, iscritto alla Rubrica di frontiera per l’arresto).73 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, lettera della R. Prefettura di Venezia al Cpc, prot. Gab. P.S. n. 038022-A-8 del 3 marzo 1940. In altri documenti il trasferimento da Venezia in Friuli è datato all’ottobre 1912, ma appare un refuso: nella lettera della R. Pre-fettura di Venezia al Cpc del 3 marzo 1940, prot. Gab. P.S. n. 038022-A-8 si dichiara testualmente che «il suindicato manca da Venezia da diciannove anni».74 Acs, Cpc, b. 598, f. 96298, Betto Ulderico, R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., prot. n. 06353 del 28 aprile 1933.75 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, «copia della lettera della R. Prefettura di Venezia in data 5/3/1940, N. 037987, diretta al M° Interno P.S. A.G.R.-Sez. I^-C.P.C.»; lettera della R. Prefettura di Venezia al Cpc, prot. Gab. P.S. n. 038022-A-8 del 3 marzo 1940.76 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, verbale della deposizione alla Questura a Venezia del 4 dicembre 1942.77 Puppini, 336-337; Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.15779 del 29 maggio 1939 («Da fonte fiduciaria si è avuto l’unito elenco di connazionali già militanti nella XII brigata internazionale – la Garibaldi – i cui nominativi sono stati rilevati da un “ruolino di marcia” della brigata stessa») ed appunto del Cpc del 22 settembre 1941..78 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, «copia dell’appunto della D.P.P., in data 19/7/1938, N. 500/24963, diretto alla Div. A.G.R.»; verbale della deposizione alla Questura a Venezia del 4 dicembre 1942; Pol.Pol., pacco 129, f. 14, note da Parigi del 4 maggio e del 1° luglio 1938 dell’informatore n. 353: si tratta del commissario Bellavia, definito «il più valido emissario dell’Ovra a Parigi» da Franzinelli 1999, pp. 132-133.

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a Barcellona, dove rimarrà fino al febbraio 1939. L’arresto - in un carcere dove vengono concentrati i militanti anarchici e del Poum – può essere una conferma della scelta di uscire dal Partito Comunista oppure il luogo della conversione: Betto (nella deposizione alla polizia fascista quattro anni dopo) non si dilungherà ovviamente in spiegazioni 79.

Probabilmente per non fare la fine del fratello, Alberto ed Ulderico fuggono dalla Spagna, rien-trando in Francia. Qui vengono perseguiti dalle autorità locali per la violazione del decreto di espulsio-ne, anche se il Tribunale di Perpignano li assolve, «ritenendo come esatto il fatto che essi sono rientrati in Francia perché costretti dalle autorità spagnole rosse». Ciò nonostante i due sono successivamente arrestati nel Dipartimento della Seine 80.

Ritornato in Francia nel febbraio 1939, al momento della caduta della repubblica spagnola, Mario viene internato nel campo di concentramento di Gurs, mentre la sua compagna spagnola Rosa Servera Tericama viene arrestata.

Mario, impiegato nei lavori militarizzati nel Pas-de-Calais, viene catturato dai tedeschi ed invia-to in campo di concentramento in Germania nel 1940; liberato e ritornato in Francia nel novembre 1941, viene nuovamente arrestato nel marzo 1942 in quanto combattente in Spagna. Nel dicembre 1941 è consegnato alla polizia italiana, e – dopo l’interrogatorio, nel quale nega qualsiasi militanza politica - lasciato libero ed ammonito 81.

I blocchi di Vernet«campo di disciplina e di vergate» 82

Il fratello Ulderico sarà invece internato a Vernet dal momento dell’aggressione italiana alla Francia nel 1940 fino al maggio 1941, quando chiederà di essere inviato in Italia. Sarà inserito fra gli «anarchici ed estremisti» :

Si informa con l’occasione che gli italiani internati nel campo ammontano attualmente a 398, divisi in tre settori, rispettivamente nominati A. (individui già oggetto di condanne di diritto comune) B. (anarchici ed estremisti) C. reduci di Spagna 83.

E’ necessaria una certa cautela nell’utilizzare le cangianti catalogazioni dei blocchi di baracche di Vernet. A differenza di questi documenti, in altri la suddivisione è stabilita fra «categoria A. (Reati di diritto comune)», riservata in particolare a chi veniva internato per attività di “borsa nera”; «categoria B. (Comunisti e sovversivi)» e - inquadrati nella «categoria C. (Ex Miliziani di Spagna)». Nell’elenco del giugno 1941 si elenca anche, singolarmente, un «Quartiere E» (l’infermeria?), poi confluito nella categoria C nell’elenco di novembre 84.

Anche nella memorialistica vengono date versioni diverse:

79 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, verbale della deposizione alla Questura a Venezia del 4 dicembre 1942.80 Acs, Cpc, b. 598, f. 96298, Betto Ulderico, lettera del Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., D.A.G.R., Sezione I^, al Prefetto di Venezia, prot. n. 441/011195 del 19 maggio 1939.81 Acs, Cpc, b. 598, f. 138859, Betto Mario, verbale della deposizione alla Questura a Venezia del 4 dicembre 1942; lettera della R. Prefettura di Venezia al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R. prot. n. 031521 Gab. del 6 dicembre 1942.82 Cfr. oltre la biografia 1950 di Venanzio Parutto.83 Acs, Cpc, b. 598, f. 96298, Betto Ulderico, lettere del Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., D.A.G.R., Sezione 2^ al Cpc, prot. n. 442/8118 del 3 aprile 1941; della Prefettura di Venezia Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., prot. n. 09125 P.S. del 6.6.1941; del Cpc al Ministero degli Affari Esteri, prot. n. 39376/96298 del 15 agosto 1941. 84 Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, R. Delegazione italiana per il rimpatrio, telespresso da Tolosa. n. 1594/149 del 2 giugno 1941 e lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. 2^ al Cpc, prot. n. 442/32778 del 27 novembre 1941, «Copia del telespresso del Ministero Esteri n. 11452.34.R in data 13 novembre 1941-XX [...] » con allegato «Elenco dei connazionali internati nel campo di concentramento del Vernet che hanno chiesto di rimpatriare». Nel primo documento si parla di “quartieri”, nel secondo di “categorie”.

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Schede biografiche

La sezione A era per stranieri con precedenti penali, la sezione B per quelli con precedenti politici, la sezione C per quelli senza alcuna accusa precisa ma che erano “sospetti”, o per motivi politici o per motivi comuni. Io ero nella C; e così era la maggior parte della gente venuta con me da Parigi 85.El campo iera diviso in tre sezioni: una sezion, la sezion A, iera de quei che iera comuni e politici, una mista; la B ieri i politici qualificati e la C iera quei sospeti, senza ben chiarificazione. E mi me ga messo in questa ul-tima categoria. Con mi iera anche Valiani -Waiczen – e diversi altri comunisti: Jaksetich de Trieste, Waiczen de Fiume e tuti prezzi grossi del Partito Comunista. E iera anche in dissidio del Partito per la posizione che gaveva ciapà la Russia di fronte a la Polonia. Discussioni anche in mezo a loro, i ga passado momenti de crisi. Nel campo B iera Longo – quela volta se ciamava Gallo -, Montagnana e diversi altri comunisti. Iera diversi anche Spagnoli, comandanti di brigata: iera Sanz, compagno nostro che dopo Durruti – iera lui comandante de la colona Durruti e dopo iera diversi altri comandanti spagnoli ne la B 86. Ricordo che la zona A era riservata ai reclusi per reati comuni; la zona B era per noi detenuti politici; la zona C per gli ammalati e vi erano, poi, gli uffici amministrativi, i posti di controllo, le prigioni interne al campo e la zona delle guardie. In ognuna di queste zone vi erano differenti baracche. Luigi Longo, il dirigente del Partito comunista italiano, fu anche lui internato in questa zona, solo che lui era nella zona A. A volte com-pivano volutamente questi mescolamenti arbitrari di prigionieri, sia per non dare troppa importanza a noi politici, sia per esporci a varie pressioni e a vari controlli, da parte di spie e di infiltrati 87.

Il partigiano Spartaco

Betto si stabilisce a Visinale di Pasiano dove, dopo il 25 luglio 1943, viene subito contattato da Rino Favot - ex funzionario della Fgcd’i clandestina per l’Italia nordorientale, divenuto il comandante Sergio della Resistenza nella pianura fra Friuli occidentale e Veneto 88 - che sta organizzando le file dell’antifascismo. Betto diventa il partigiano Spartaco: ma, per i suoi metodi poco ortodossi di agire verso la popolazione, viene criticato da Favot e poi inviato in montagna 89. Non si tratta certo di caratteri-stiche esclusive degli anarchici, quanto di comportamenti tipici delle formazioni o singoli partigiani ispirati ad un ribellismo classista, non ancora ricondotto alla nuova linea di unità ciellenistica imposta da Togliatti al Pci.

La figura del miliziano antifascista di Spagna spicca fra i partigiani accorsi in Valcellina: le esperienze vissute sembrano moltiplicare la distanza di una generazione che non ha ancora raggiunto i quarant’anni:

«In un ambiente di giovani e di giovanissimi partigiani, l’anziano “Spartaco” era in verità una strana figura... Un cappellaccio alla Pancho Villa, un cinturone fiorito di bombe a mano, di coltello e di pistolone, la sua inseparabile chitarra a tracolla... divenne ben presto conosciuto da tutti e con la sua aria scanzonata, col suo umorismo, la sua allegria, fu veramente il personaggio più caratteristico del “Gramsci”» 90.

A conferma dell’impercettibile linea di confine fra militanze rivoluzionarie non ritenute incom-patibili, uno dei giovanissimi compagni di lotta di Mario Betto ricorda che il suo quasi omonimo,

85 Koestler, p. 82.86 Tommasini, p. 388 (ma il curatore, Claudio Venza, afferma che «Tommasini è internato nel terzo settore, quello dei reduci dalla Spagna», p. 85).87 Tonelli, p. 109. L’inquadramento di Longo (che durante la sua permanenza riuscirà a celare la sua vera identità) nel settore A è confermato anche nella biografia 1950 di Venanzio Parutto.88 Acs, Cpc, b. 1980, f. 116341, Favot Bruno, nato a Chions il 24 aprile 1912 da Erminio ed Amalia Garotti, decoratore, comunista, pericoloso cat. 3a, confinato politico.89 Ifsml, Diari e testimonianze, b. 14, f. 4, Brigata Ippolito Nievo B, sf. 5, Testimonianza di Favot Rino “Sergio” comandante della Brigata Unificata Garibaldi Osoppo di pianura “Ippolito Nievo B”, pp. 3 e 28. Altre testimonianze: «Entrò presto a far parte dei G.A.P. locali, ma il suo carattere, il suo spirito indipendente, le stranezze del suo comportamento crearono grossi fastidi e numerose difficoltà ai dirigenti del movimento, tanto che, alla prima occasione, egli fu consegnato e convinto a salire in montagna»: Candotti, pp. 131-203 (Colon-nello, pp. 15-113).90 Candotti.

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certamente anarchico per ideologia, avesse aderito al Pci per realismo politico, individuando nel partito uno strumento necessario per la lotta antifascista organizzata 91.

La sua morte, avvenuta il 15 ottobre 1944, durante la difesa della conca di Barcis dal rastrella-mento nazifascista, è stata descritta con grande commozione da Mario Candotti. Le forze del Batta-glione garibaldino “Gramsci” difendono l’accesso alla vallata, ma - dopo una settimana di resistenza - debbono ritirarsi verso nord. Betto si presenta volontario con un altro compagno per minare la gal-leria che sbarra l’accesso al paese, ma i tedeschi arrivano prima che il lavoro sia finito e lui - lasciando scappare il compagno - si sacrifica facendosi esplodere con la mina, travolgendo gli avversari 92.

91 Testimonianza di Mario Bettoli, Pordenone.92 Ifsml, Fondo diari e testimonianze, b. 14, f. 4, Brigata Ippolito Nievo B, sf. 5, Testimonianza di Favot Rino “Sergio” comandante della Brigata Unificata Garibaldi Osoppo di pianura “Ippolito Nievo B”; Candotti, pp. 15-113; Puppini, pp. 336-337; testimonianza di Mario Bettoli.

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Schede biografiche

Carlo Giovanni Bisaro: come un contadino diventa comunista

fra i metallurgici ed i minatori di LongwyNasce a Gradisca di Spilimbergo l8

marzo 1901 da Angelo Sante e da Maria Io-gna. Ha frequentato le elementari fino alla terza; è contadino – ma in Francia diventerà carpentiere - figlio di un piccolo proprietario (70 pertiche) e viene schedato dal 1937 al 1942 come antifascista. Secondo una indi-screta informativa del 1937, la sua forma-zione politica deriverebbe dall’unione con la ferrarese Olga Magli, «appartenente ad una famiglia di naturalizzati ed antifascisti». Se-condo gli informatori fascisti, sarebbe stata lei ad influenzarlo, tanto che Bisaro «porta giornalmente in officina la colazione dentro un tascapane scarlatto» 93.

Se è vero che è stata la sua compagna ad influenzarlo, non è certo stata sola: siamo a poco più di un chilometro dal centro di Longwy, dove la Lorena confina con il Lussemburgo. Lì gli abitanti han-no soprattutto due caratteristiche, quella di essere italiani immigrati per lavorare nelle miniere e nelle acciaierie, e quella di essere in maggioranza comunisti 94.

Ecco come la biografia di Bisaro viene ricostruita da lui stesso, con le ovvie reticenze imposte dallo scenario dell’interrogatorio da parte del Vicecommissario Toscano nella Questura di Udine, al momento del rientro in Italia nel 1942:

Espatriai per la Francia per motivi di lavoro nel dicembre 1926 con regolare passaporto.Appena giunto in Francia mi sistemai a Mont Saint Martin (tra Meurthe et Moselle) donde dopo un anno e mezzo, mi trasferii a Herserange , dove mi stabilii definitivamente. Ho sempre lavorato come manovale presso delle Acciaierie.Nei primi anni della mia permanenza in Francia non mi occupai di politica, e credo, soltanto nel 1936 o 1937, mi iscrissi all’Unione Popolare di Herserange, spinto a ciò dall’attiva propaganda che veniva fatta in tal senso, specialmente tra noi operai e senza annettere grande importanza alla cosa.Ho partecipato soltanto ad una conferenza tenuta nella sede dell’Unione Popolare. Credo negli stessi anni mi ero pure iscritto ai sindacati del lavoro. Leggevo il giornale “La voce degli Italiani” cui era abbonato il mio padrone di casa, tale Petrolati Giulio, marchigiano, operaio. Pure professando idee comuniste, non ho mai però fatto propaganda attiva.Credo nel gennaio del 1938, capitò un giorno a Herserange una comitiva non so se di francesi o di spagnoli, che cercava di ingaggiare operai disposti ad andare a lavorare in Spagna. Io mi lasciai convincere e per il compenso pattuito di 10 pesos al giorno venni ingaggiato insieme con molti altri individui, appartenenti a diverse nazionalità, viaggiai in treno fino a una località che non ricordo, sulla frontiera dei Pirenei, donde in autocarro fummo fatti proseguire per Figueras. Da Figueras col treno fummo portati a Albacete, dove venimmo forniti di divise e di fucili mitragliatori. Io venni assegnato alla 12^ Brigata, 2° Battaglione.Un mese o un mese e mezzo dopo, poiché io avevo dichiarato di essere carpentiere, venni prelevato dalla unità di prima linea e mandato a lavorare nei pressi di Ginestar (Catalogna). Fino alla fine della guerra stessi

93 Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., sezione I^ al Cpc, prot. n. 441/059233 del 27 novembre 1937, «Copia della lettera N° 031689-Div. Gab. P.S. in data 21-10-1937 pervenuta dalla R. Prefettura di Udine» con allegato «Stralcio dell’allegato al telespresso N° 983 in data 20-7-1937-XV° del R. Consolato d’Italia in Nancy [...] RIU-NIONI DI PROPAGANDA DELL’UNIONE POPOLARE (FRONTE UNICO) NELLA REGIONE DI LONGWY».94 Cfr. Filippetti.

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in detta località e in una ad essa vicina: Tivens.Rifugiatomi in Francia con tutti gli scampati attraverso la frontiera dei Pirenei, fui internato dalle autorità francesi dapprima nel campo di concentramento di Argelès, poi a Gurs, indi nuovamente ad Argelès, ed infine, dopo una breve permanenza nel forte di Molin, al campo di concentramento di Vernet.A.D[omanda].R[isponde] Non ho mai partecipato ad alcun combattimento, sia pur in divisa da mili-ziano rosso e munito di armi, ho sempre lavorato come carpentiere 95.

In realtà, secondo Puppini, Bisaro avrebbe dovuto partecipare alle battaglie di Caspe e dell’Ebro 96. Nel luglio 1941 Bisaro fa parte di una lista di 288 di detenuti italiani rinchiusi a Vernet che

chiedono di essere rimpatriati. Insieme a lui, solo per citare la nostra regione 97, sono rinchiusi nel settore B: Giovanni Giuseppe Felice di Buia (Ud) , Egidio Nigris di Pozzuolo del Friuli (Ud), Silvio Tassotti di Paluzza (Ud) , Eugenio Zannier di Clauzetto (Pn) 98; nel settore C (che secondo le autorità fasciste dovrebbe essere tutto composto da combattenti repubblicani di Spagna): Antonio Arančič da Kostanjevica/Castagnevizza di Gorizia 99, Novellio Bon di Colugna di Tavagnacco (Ud), Giordano Candusso di Maiano (Ud), Iginio Comuzzi di Romans d’Isonzo (Go), Italico Candoni di Tolmezzo (Ud), Adelchi Castellani di Reana del Roiale (Ud), Leonardo Della Ricca di Udine, Ettore Duca di Povoletto (Ud), Venceslav Erzen di Cerkna/Circhina di Gorizia, Duino Feruglio di Feletto Umberto (Ud), Francesco Gustincich e Giorgio Jaksetich di Trieste, Valentino Klanjscek di Solkan/Salcano di Gorizia, Luigi Laurencic di Doberdò (Go), Lino Marega di Villesse (Go), Alberto Masut di Caneva (Pn), Dino Piccoli di Feletto Umberto (Ud), Giovanni Pellizzari di Preone (Ud), Francesco Rabassi di Socchieve (Ud) 100, Marino Simonetti di Gorizia, Giovanni Visintin di Aviano (Pn), Leopoldo Caha-rija di Aurisina (Ts), Olinto Zaghet di Brugnera (Pn), Giovanni Zannier di Clauzetto (Pn), Pompeo Zannier di Spilimbergo (Pn), Leonardo Della Ricca di Udine e, nel “Quartiere E”: Venanzio Parutto di Claut (Pn), Bruno Sangiorgi di Trieste, Giuseppe Picco di Bordano (Ud ) 101.

Fra gli italiani ci sono altri “sudditi dell’Impero”, questa volta bianchi. Si tratto di otto albanesi (dal 1939 l’Albania è stata occupata dagli italiani), fra i quali il futuro presidente del consiglio comu-nista Mehmet Shehu, pure lui combattente della XII Brigata Internazionale “Garibaldi” 102.

La Commissione provinciale per il confino lo condanna quindi a quattro anni 103.

95 Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, copia del verbale di interrogatorio presso la Questura di Udine del 13 marzo 1942.96 Puppini, p. 130.97 Con qualche sconfinamento nella periferia slovena della città di Gorizia, assegnata alla Jugoslavia nel secondo dopoguerra. I riferi-menti alle province, con questa eccezione, sono quelli odierni.98 Felice, Tassotti e Zannier hanno combattuto in Spagna. 99 Citato da Puppini, p. 327 per la mancanza di segnalazioni al Cpc.100 Manca al suo proposito ogni precedente riferimento alla partecipazione alla guerra di Spagna.101 Non esistono altri riscontri relativi alla presenza di Picco (che nell’elenco di novembre confluirà con Parutto nel settore C) e San-giorgi fra gli internazionalisti di Spagna. 102 Nel maggio 1941, a fronte di una lista di circa 400 detenuti italiani nel campo di concentramento di Vernet, meno di 300 chiedono di essere rimpatriati, mentre 120 non si presentano (o non vengono presentati dalle autorità francesi) al delegato del governo italiano: cfr. Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, R. Delegazione italiana per il rimpatrio, telespresso da Tolosa. n. 1594/149 del 2 giugno 1941 e lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. 2^ al Cpc, prot. n. 442/32778 del 27 novembre 1941, «Copia del telespresso del Ministero Esteri n. 11452.34.R in data 13 novembre 1941-XX [...] » con allegato «Elenco dei connazionali internati nel campo di concentramento del Vernet che hanno chiesto di rimpatriare».103 Acs, Cpc, b. 662, f. 131290, Bisaro Carlo Giovanni, Ministero dell’Interno, Confino Politico, Appunto per il Cpc del 9 giugno 1942.

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Schede biografiche

Pietro Bortolus, da Sesto al Reghena: «fino che Mussolini esisterà l’Italia sarà sempre povera »

Pietro Bortolus nasce a Sesto al Reghena il 26 novembre 1913 da Giovanni e Teresa Riobello. Operaio, è schedato dal 1937 al 1941 come co-munista, iscritto alla Rubrica di fron-tiera per l’arresto 104.

Bortolus emigra in Francia nel 1930 105. La sua attività lavorativa in Francia può essere ricostruita grazie ad un fatto singolare: al momento della morte gli verranno ritrovate addosso dai franchisti le ricevute dei pagamen-ti delle contribuzioni previdenziali. Bortolus è stato nell’Allier nel 1933 (ad Urcay), 1934 (ha lavorato per l’impresa edile dei fratelli Bastianelli di Monluçon) e 1936, ed a Bergerac nella Dordogne a più riprese, dal 1934 al dicembre 1937. Si tratta di occupa-zioni spesso per poche settimane, che denotano una pendolarità , probabil-mente stagionale, fra le due regioni della Francia meridionale 106.

Nell’aprile 1937 Pietro indirizza una lettera al fratello Luigi Bortolussi [sic], a Bagnara di Gruaro (località del-la provincia di Venezia vicina a Sesto al Reghena) 107, nella quale sono allegate due tessere del Comitato di accoglienza ai bambini di Spagna, edita dalla Commission de Solidarité du Rassamblement Populair, nelle quali sono aggiunte a penna rispettivamente le parole: «Salvate i Vostri Bimbi e il Vostro Sangue» e «Questo sopra e il pane che sa Mussolini Traditore»:

«12/4/1937Caro fratello ti rispondo alla tua lettera che ò ricevuto mesi fa la quale mi spiegavi tutti i ocorenti per venire in Italia. Dunque mi dicevi che bisogna essere fascisti per Poter tenere i diritti in Italia se bisogna essere fa-scisti però in Italia quando Mussolini sarà morto e quando il regime fascista sarà qui come vuoi che vengo in

104 Acs, Cpc, b. 773, f. 130584, Bortolus Pietro.105 Acs, Cpc, b. 773, f. 130584, Bortolus Pietro, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., prot. n. 441/052953 del 15 ottobre 1937, «Copia della lettera n. 025567 in data 7/X/1937/XV della R. Prefettura di Udine [...]».106 Acs, Cpc, b. 773, f. 130584, Bortolus Pietro, lettera segreta del Ministero della Guerra, Servizio Informazioni Militari al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., prot. n. 3/6662 dell’11 marzo 1938.107 Luigi Bortolus lavora come autista per una ditta di Cordovado e, pur non apparendo un sicuro sostenitore del regime, è stato iscritto ai Fasci giovanili e non viene segnalato come oppositore. Cfr.: Acs, Cpc, b. 773, f. 130584, Bortolus Pietro, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., prot. n. 441/052953 del 15 ottobre 1937, «Copia della lettera n. 025567 in data 7/X/1937/XV della R. Prefettura di Udine [...]» ed allegata «Copia della lettera N. 018763 in data 27 luglio 1937/XV della R. Prefettura di Venezia [...]».

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Italia che mi sono uno sfegatato comunista non ò questa idea mi dici che mi bisogna di guadagnare tanti sol-di no no non è vero perché sappiamo tutto ciò che passa in Italia che invece di mandare i uomini a lavorare li manda al macello Fino che Mussolini esisterà l’Italia sarà sempre povera abbasso Mussolini in maniera che il popolo italiano abbia tutti i suoi diritti sulla terra e di cambiare Dottrina. In Italia avete una sola Dottrina e che c’è la difesa dei capitalisti e la schiavitù del popolo italiano la quale vi succhiano il vostro sangue.Che cosa vuoi caro fratello che vengo in Italia non fosse neanche una settimana. Perché certamente mi toccherebbe inchinarmi a questo schifoso di Regime fascista mai e mai e mai più contento di morire piuttosto; di rendermi qui. Sul giornale del Fronte unico dice che anche in Italia incominciano ad aprire gli occhi e si spera che sia vero ne avete più di bisogno, caro fratello ti faccio sapere presto se non finisce la guerra di Spagna vado anche me per combattere per la pace del mondo intiero per la libertà e per il pane e abbasso Franco. Sono contentissimo che in Espagna si va sempre progressando, e si spera che sarà Spagna sempre ma Repubblicana e democratica non mi allungo altro che Salutarti te e Intiera famiglia fammi sapere come vi portate famigli e parenti se ce arrivatte delle disgrazie prego di voler farmi sapere tutto.

Il tuo fratello Pietro» 108.

Rimane un’incertezza sulle circostanze della morte di Bortolus. Secondo il Sim egli viene ritrova-to sulla Sierra de Argallen (presso Cordoba), ma questo collocherebbe la sua morte al 23 settembre del 1937 109. La ricevuta dei contributi relativa al dicembre 1937 escluderebbe questa possibilità: potrebbe trattarsi di una confusione commessa dagli informatori del Sim, e trattarsi della Serra de Argallanes (o Argallones, altra denominazione, utilizzata da Puppini) in Estremadura, dove la Brigata “Garibaldi” ha forti perdite il 15 e 16 febbraio 1938 110.

108 Acs, Cpc, b. 773, f. 130584, Bortolus Pietro, sottolineature nell’originale (probabilmente da parte dei funzionari fascisti).109 Acs, Cpc, b. 773, f. 130584, Bortolus Pietro, lettera segreta del Ministero della Guerra, Sim, al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., prot. n. 3/6662 dell’11 marzo 1938; http://www.originifamiglialue.ch/page27.htm. 110 Puppini, pp. 90 e 131, che però data la morte al 23 settembre 1938 e colloca Argallones vicino a Cordoba.

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Schede biografiche

Giovanni Maria Bortolussi:«qui si fa quella politica e si mangia discretamente e là che non fate la politica quasi morite di fame»Giovanni Maria Bortolussi nasce

a Valvasone il 25 luglio 1912 da Luigi e Maria Bianchet. Bracciante nullate-nente, emigra in Francia il 19 gennaio 1931. Schedato come comunista dal 1937 al 1942, è iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto.

Bortolussi lavora in quegli anni nella Francia meridionale, fra Lingua-doca e Costa Azzurra:

« [...] il nominato in oggetto giunto a Tolone da Montpellier nel 1934, risie-deva fino a poco tempo fa in questa città al n° 18 dalla Rue de l’Unité. Frequentava ambienti sovversivi, nel-lo ambito dei quali era noto per i suoi sentimenti antifascisti» 111.

«Nel novembre del 1936, trovandosi disoccupato a Tolone, fu ingaggiato nelle milizie rosse. Prima di partire per la Spagna rossa, aveva recapito presso il fratello Fausto, dimorante a Croi-sce Fontaine-Tolone-4 Rue N° 24. A mezzo del noto recapito rosso “Virgi-nia Baldovino” Clos Seniere Serinette Toulon Var fu inviato al padre un va-glia di £. 100, che fu sequestrato. In seguito non ha dato notizie di sé. Sol-tanto in una lettera scritta alla madre da Fontaine in data 10.11.1937 ha comunicato di aver combattuto in Spagna per il trionfo dei rossi e che presto sarebbe ritornato a combattere» 112.

Ecco il testo della lettera alla madre:

«Fontaine lì 10-11-1937Carissima MadreOggi stesso abbiamo ricevuto la tua desiderata lettera il quale annotai il tutto ciò che spieghi particolarmente al fratello Fausto perché sicuro non pensavi che me mi trovassi assieme; e per questo che mi permetto di risponderti su qualche tua questione; buone per esempio sul caso delle miserie che soffrite questo devi cari-cartelo sulle spalle del tuo caro marito non mi permetto di dire mio padre perché m’à sempre detto che non

111 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. 1^ al Cpc, prot. n. 441/07169 del 25 febbraio 1938, «Copia del telespresso n° 051/25 in data 8/1/1938 XVI° diretto dal R° Consolato d’Italia in Tolone [...]». La Sezione Prima della D.A.G.R., oltre a contenere il Cpc, è responsabile della gestione delle informazioni per “Materia”: cfr. Acs, Cpc, b. 4736, f. 5184, Sellan Egidio, nota della D.P.P. Del 20 novembre 1930 prot. n. 500/22834, trascritta dalla Sez. I^ (materia).112 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, Prefettura di Udine, cenno biografico al giorno 22 aprile 1938.

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sono suo figlio. E’ per questo cara Madre che domandi di poter farlo venir via, ora è già troppo tardi ciò è passato il tempo delle ciliegie come dice il proverbio bisogna approfittare quando è l’occasione.Ora casa madre per conto del debito che han fatto le sorelle all’ospedale non farti del cattivo sangue fin quando ci ò credito lascia che marci la baracca e poi come te credi molto in Dio e vai spesso alla Messa si dice così (Iddio pagherà).Ora cara madre termino il mio curto e mal scritto perché se continuassi a dire cosa ce n’é parecchie per fare un processo, ma fra qualche giorno ritornerò in Spagna, in Italia non ci posso più venire ma se per disgrazia dopo questa guerra mi salvo la pelle e che in Italia cambia la dittatura del vostro bravo Mussolini che posso ritornare, ci avrei molti conti da regolare; ci dirai anche al fratello Fiorello che qui si fa quella politica e si mangia discretamente e là che non fate la politica quasi morite di fame. E me che faccio la guerra per avere il diritto di vivere e per la Pace, pane e libertà, ma non come quella che vi fa credere Mussolini e che voi aggiunti al catechismo lo credete come pure vi fanno credere che noi siamo dei banditi e dei criminali, e che massacra le donne, i bambini e la politica di civilizzazione del vostro grande Mussolini.Infine termino il mio lungo scritto, dico lungo perché c’è delle cose che non vi faranno molto piacere.Ricevete i più sinceri saluti Te Mamma e tutta la famiglia saluti pure a quelli della nonna e vicini fai pure leggere questa lettera al fratello e dico pure a mio padre. I più sinceri saluti vostro figlio Jvan.Fra qualche giorno sarò ancora in Spagna rossa e non quella di Mussolini.Se ti fa piacere rispondermi presto, di nuovo saluti tuo figlio Giovanni» 113.

Nonostante le dure parole nei confronti del padre, Giovanni gli garantisce periodicamente l’arrivo di assegni del Soccorso Rosso Internazionale, che vengono sequestrati dalla polizia italiana: nella sua corrispondenza si trovano anche riferimenti ad altri assegni del Sri intercettati, indirizzati a Giovanni Canciani di Castelnovo del Friuli, padre di Enrico 114.

Bortolussi viene segnalato (anche se il nome è storpiato in Bartoluzzi) in una lista di ben 207 antifascisti italiani combattenti in Spagna, probabilmente elaborata grazie alle spie fasciste infiltrate dal Comando Truppe Volontarie 115. La notizia relativa a Bortolussi circola anche fra gli abitanti di San Vito al Tagliamento 116. Oltre a disporre la consueta vigilanza sulla corrispondenza alla famiglia, la scelta di Bortolussi comporta il rifiuto della concessione del passaporto per la Francia per la sorella Iolanda, che lavora a Roma come domestica presso la famiglia di un cancelliere di Pretura. Si vuole evitare che Iolanda raggiunga i fratelli all’estero (oltre a Giovanni c’è anche il ventitreenne Fausto, che fa il meccanico a Grenoble 117.

Secondo Puppini, Bortolussi è arruolato nel dicembre 1936 nel Battaglione “Garibaldi”, con il quale – e con la omonima brigata – partecipa probabilmente a tutti i combattimenti da quel momento fino alla battaglia dell’Ebro nell’estate del 1938. Da quel momento in poi, il fascicolo del Cpc segnala una perdita di contatto da parte dei servizi fascisti, che non riusciranno più ad individuarlo, se non per scoprire (dopo l’occupazione della Francia) che Bortolussi è stato internato nel campo di concentra-mento francese di Gurs 118. Sempre Puppini ci informa che Bortolussi viene arruolato nella compagnie di lavoro per stranieri allo scoppio della guerra; rientrato in Italia per partecipare alla guerra partigiana, muore il 1° gennaio 1945 in località sconosciuta 119.

113 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, Ministero dell’Interno, «Copia di una lettera intercettata, proveniente dalla Francia con timbro postale 9-11-1937 – Fontaine Isère, diretta alla signora Bortolussi Maria, Via Tagliamento, Valvasone (Udine) Italia».114 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, Ministero dell’Interno, «Copia della nota n° 09282 in data 9-10-1937, pervenuta dalla R. Prefettura di Udine».115 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione 1^, circolare riservata ai Prefetti ed ai Questori del Regno, prot. n. 441/026910 del 13 luglio 1938.116 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. 1^, «Copia della nota n° 09282 in data 9/4/1937 XV°, diretta dal Prefetto di Udine [...]».117 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, copia della lettera della Regia Questura di Roma al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., prot. n. 074849 U.P.A./4a del 9 settembre 1938.118 Acs, Cpc, b. 773, f. 132179, Bortolussi Giovanni Maria, copia dell’appunto della D.P.P. n. 500/11004 del 4 aprile 1942, con alle-gata riproduzione di scheda della Sureté Nationale basata sui documenti sequestrati all’Unione Popolare Italiana.119 Puppini, pp. 131-132.

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Schede biografiche

Giovanni Battista Brusadin, «segretario della sezione comunista italiana di Soignies»

Nasce a Pordenone il 18 agosto 1898 da Antonio e Maria Calligari. E’ sorvegliato dal 1935 al 1941 come co-munista, pericoloso della categoria 1ª, iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto.

Frequentate le scuole elementa-ri, Brusadin – qualificato come brac-ciante - partecipa alla prima guerra mondiale, prestando servizio dal feb-braio 1917 al luglio 1920. Rimasto ve-dovo nel 1922 (ha un figlio, Edoardo, nato quell’anno, affidato alle cure della sorella Maria a Pordenone), emigra in Belgio per lavorare come minatore.

«All’estero si fece subito notare, per il suo atteggiamento sospetto ed av-versario al Regime e successivamente, durante la permanenza in Havré, si di-mostrò pericoloso sovversivo»120.

Nel 1935 Brusadin viene indi-viduato da una spia fascista, che ne identifica lo pseudonimo “Giorgio”, ed informa che, per una bronchite, ha dovuto sospendere per un periodo il lavoro presso la miniera di Beaulieu.

«L’attività del Fontana, del Carrera e del Brusadin, è venuta alla luce in seguito al sequestro del bollettino interno del dicembre 1934 della sottosezione italiana del P.C.B. D’altra parte è da notare che gli stranieri che si occupano di politica sovversiva si tengono molto nascosti perché temono da una parte la giustizia e dall’altra i padroni che potrebbero licenziarli» 121.«[...] dalle informazioni assunte, risulta che i nominati in oggetto, tutti residenti a Havré, sono pericolosi sovversivi e capi principali della lega antifascista nelle zone di Havré, Boussoit e Maurage» 122.«In occasione del Rassemblement Universel pour la Paix, svoltosi com’è noto in questa città dal 3 al 5 set-tembre scorso, i connazionali Brusadin Giovanni Battista [...] e Modolo Angelo di Paolo nato a Polcenigo il

120 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, Prefettura di Udine, cenno biografico al giorno 13 dicembre 1937.121 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., prot. n. 441/034923, «Co-pia dell’appunto n. 500/21308 del 17 agosto 1935 (XIII°) pervenuto dalla Onorevole Divisione Polizia Politica» e «Copia della nota n. 024539 P.S. del 2 dicembre 1935 XIV° pervenuta dalla Regia Prefettura di Udine [...]». Acs, Cpc, b. 2109, Fontana Silvio, nato a Caoria, frazione di Canal San Bovo (Tn) il 18 marzo 1901 (o 1910?), minatore, comunista, sorvegliato dal 1935 al 1944, iscritto alla Rubrica di frontiera. Secondo la citata informativa della D.P.P., «”Bruno” è Fontana Silvio [... ] segretario federale della sezione italiana del partito comunista belga (federazione di Soignies)», mentre «”Mario” è Carrera Antonio, nato a Longhena il 10.12.1902 conducente del “Café des Sports” 6 rue de Beaulieu ad Havré – E’ il responsabile della stampa della federazione suddetta». Secondo Acs, Cpc, b. 1114, Carrera Antonio, sarebbe invece originario del vicino comune di Mairano (Bs); comunista, contadino e conducente, iscritto alla Rubrica di frontiera e sorvegliato dal 1935 al 1943.122 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R. al Cpc, prot. n. 441/028904 del 29 luglio 1935, «Copia del telespresso n. 2569 del 2 luglio 1936 XIV° del Regio Consolato d’Italia a Charleroi [...]».

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25 aprile 1893, residente a Estinne-au-Val, 203 Chaussée de Mons 123, entrambi di sentimenti comunisti, si portarono a Bruxelle con l’intenzione di assistere al “Rassemblement”.

Non essendo peraltro investiti di alcun mandato, non poterono avere accesso ai locali nei quali si svolgevano i lavori delle varie commissioni e così dovettero tornare indietro non nascondendo il loro sdegno per le restrizioni adottate dagli organizzatori della manifestazione. [...] » 124.

Come abbiamo visto 125 Brusadin parte per la Spagna con altri antifascisti (fra i quali Carrera e Fontana126) nel novembre 1936. L’11 marzo 1937 il giornale comunista «Il Grido del Popolo», dif-fuso nella regione di Charleroi, pubblica una foto con un gruppo di volontari italiani nelle Brigate Internazionali, fra cui figurano Brusadin e Carlo Antonio Pegolo 127. Successivamente Brusadin viene segnalato fra i garibaldini i cui nomi sono stati riportati nel libro «”GARIBALDINI IN SPAGNA”, 1936-37-pubblicato in Madrid nel 1937, Tipografia “Diana” (U.G.T.) Calle Larra n° 6. Il predetto libro porta una prefazione del Generale rosso MIAJA, il quale elogia i componenti del Battaglione Garibaldi per la loro azione di Guadalajara». Insieme a lui notiamo Oscar Buffolo da Sarone 128.

Sottoposta a controllo la corrispondenza con la sorella Maria, nel secondo trimestre del 1938 viene sequestrato un vaglia di 100 lire inviato dal Sri 129.

Brusadin, arruolato nel Battaglione e poi nella Brigata “Garibaldi”, partecipa a tutte le battaglie del reparto, divenendo tenente. Viene ferito nel settembre 1938, durante la battaglia dell’Ebro 130.

Dato per morto – come altri compagni – dai fascisti, nel 1939 «il connazionale in oggetto, reduce dalle brigate internazionali spagnuole, ha fatto, qualche mese addietro ritorno in Belgio, e pro-priamente ad Havré, dove, a seguito di interessamento di quelle Autorità socialista, avrebbe ottenuto o starebbe per ottenere una nuova carta d’identità» 131.

Dopo l’occupazione del Belgio da parte nazista, Brusadin viene arrestato dai tedeschi e deportato a Mauthausen, dove trova la morte 132.

123 Acs, Cpc, b. 3328, Modolo Angelo, agricoltore, comunista, sorvegliato dal 1937 al 1941.124 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. I° al Cpc, prot. n. 443/04636 del 2 marzo 1937, «Copia del telespresso della R. Ambasciata Italia in Bruxelles in data 20.1.1937 [...]».125 Cfr. la biografia di Giovanni Battista Bet.126 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, Ministero dell’Interno, «Copia del telespresso del R. Consolato d’Italia a Charleroi, in data 9/12/1937 [...]»..127 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. I° al Cpc, prot. n. 441/033738 del 22 ottobre 1937, «Copia del dispaccio del R. Consolato in Charleroi n° 2027/A.63 in data 20 maggio 1937 [...]». Su Pegolo, nato ad Odessa nel 1915 da emigranti di San Quirino e vissuto fra Belgio e Francia, cfr. Puppini, p. 197.128 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, telespresso n. 691/137 del 27 maggio 1938 del Consolato Generale d’Ita-lia di Salamanca al Ministero degli Affari Esteri. 129 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, Prefettura di Udine, Notizie per il prospetto biografico del 2 luglio 1938.130 Puppini, pp. 134-135.131 Acs, Cpc, b. 869, f. 124673, Brusadin Giovanni Battista, telespresso n. 5359 del 16 novembre 1939 del R. Consolato d’Italia a Charleroi al Ministero degli Affari Esteri.132 Puppini, p. 135.

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Schede biografiche

Due garibaldini da Polcenigo, roccaforte del socialismo: Italico e Romano Bravin

Polcenigo è un paese di emigranti dove il socialismo attecchisce piuttosto presto, tanto da eleg-gere fra i primi degli amministratori socialisti, che nel primo dopoguerra saranno anche maggioranza. Pur senza fare riferimento al suo ruolo di capo della democrazia polcenighese e di primo esponente del socialismo locale, una lapide nell’atrio del Tribunale di Pordenone commemora il maestro ed avvocato Generio Cosmo, morto in una guerra cui i socialisti italiani si erano opposti nettamente, ma nella quale spesso avevano dovuto sacrificarsi al posto di tanti interventisti di maniera 133.

Fra gli antifascisti sorvegliati al Casellario Politico Centrale, quelli di Polcenigo sono ben 35: 11 solamente sono i Bravin, e si badi bene: solo alcuni sono parenti 134. Due di loro combattono nelle Bri-gate Internazionali, trovando la morte nel 1937 ad Huesca in Aragona e nel lager tedesco di Dachau.

Sfuggire ai franchisti per morire nelle mani degli hitleriani:

Italico BravinNasce a Polcenigo il 12 ottobre

1913 da Giovanni e da Caterina Zano-lin; è domiciliato a Polcenigo. E’ sche-dato dal 1937 al 1939 come comuni-sta, iscritto alla Rubrica di frontiera e Bollettino delle ricerche per l’arresto.

A Polcenigo frequenta le scuole elementari fino alla terza. Espatria in Francia per lavoro nel 1932: prima, «durante la permanenza in patria ser-bò buona condotta morale e politica» ed era addirittura iscritto alle organiz-zazioni giovanili del Pnf. In Francia – dove esprime idee comuniste – risiede ad Outre Mons (nel dipartimento del-la Seine et Oise: località non identifi-cata) e poi nel dipartimento alsaziano dell’Haute Rhin, dove lavora come carbonaio. Dopo aver sposato l’8 feb-braio 1935 la cittadina francese Mad-dalena Margherita Bannuwarth, dalla quale ha due figlie – risiede nei vicini comuni di Obermorschwihr, paese na-

133 China-Cosmo; Bettoli 2003.134 Acs, Cpc, b. 827, ad nomen; Ifsml, data-base: certamente la cosa è evidente nel caso dei fratelli Emilio e Romano, entrambi comu-nisti.

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tale della moglie, e Güberschwihr 135.Da qui parte per la Spagna fra la fine del 1936 e l’inizio del 1937, arruolandosi nel Battaglione

“Garibaldi”, di cui diventa ufficiale subalterno. E’ ferito gravemente in combattimento durante la bat-taglia di Guadalajara, il 13 marzo 1937, rimanendo invalido alla mano ed al braccio destro, ferita che lo costringerà, dopo più di un anno di ospedalizzazione, al rientro in Francia nel luglio 1938 136.

Della sua presenza nelle Brigate Internazionali e dell’assistenza del Soccorso Rosso Internazio-nale scrive al padre Giovanni, a Coltura di Polcenigo, un omonimo antifascista compaesano residente pure lui a Güberschwihr, in una lettera cui, «per il contenuto sovversivo non è stato dato corso»:

« Güberschwihr 7.2.1938Carissimo comparePrima di tutto vi faccio sapere che noi tutti godiamo ottima salute come vorrei sperare di voi e famiglia.Carissimo compare nella vostra lettera mi chiedete del vostro figlio Italico, per dirvi il vero, Italico si ritrova in Spagna, che noi l’abbiamo saputo dopo 6 mesi che era là perché lui ga scrito a un compagno francese e nella lettera diceva che lui apparteneva al battaglione Garibaldi che dice in quel battaglione sono tutti italia-ni, e domenica scorsa gli à scritto una cartolina a una delle sue bambine ma senza indirizzo. E per conto della sua moglie e bambine loro stanno bene e sua moglie lavoro e guadagna abbastanza e le bambine prendono un sussidio di 20 franchi al giorno della Spagna e così vivono bene le bambine sono belle tutte due che Lu-ciano le à viste anche domenica. Altro non m’allungo più che viarvi più sinceri saluti a voi comare e famiglia più tanti baci a mia fiosa e fioso. Vostra comare Luigia De Zan. Saluti dai miei figli. Di nuovo auguri.Cordiali saluti e baci a tutta famiglia. Spero che avete ricevuto la mia cartolina vostra fioza Clara De Zan» 137.

Catturato dai nazisti a Obermorschwihr, è internato a Dachau, dove muore il 10 marzo 1942 138.

135 Acs, Cpc, b. 827, f. 130641, Bravin Italico, R. Prefettura di Udine, cenno biografico al 17 maggio 1938; lettere della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 031556 Gab. P.S. del 13 ottobre 1937, 06768 Gab. P.S. dell’11 marzo 1938 e del 7 aprile 1938, stesso protocollo.136 Acs, Cpc, b. 827, f. 130641, Bravin Italico, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 031556 Gab. P.S. del 13 ottobre 1937; R. Prefettura di Udine, cenno biografico al 17 maggio 1938; Puppini, p. 132.137 Acs, Cpc, b. 827, f. 138102, Bravin Giovanni, «Copia di una lettera intercettata-timbro postale 7.2.938-diretta al signor Bravin Giovanni-Baica Posta Polcenigo Coltura». L’autore è identificato come Giovanni Bravin, di Pietro e di Apollonia Diana, nato a Polcenigo il 25 agosto 1880, ivi domiciliato e residente in Francia, sorvegliato dal 1938 al 1941 come antifascista, iscritto alla Rubrica di frontiera per la perquisizione. Di Giovanni Bravin le autorità fasciste rilevano che non aveva mai prestato il fianco a rilievi e «antecedentemente al mese di settembre [1938]egli non esplicava alcuna attività antinazionale. Da tale data il Bravin offerse i suoi servigi a questa repubblica [alla Francia] e dato l’ambiente in cui si trova, partecipa a quelle riunioni di carattere antitaliano»: cfr. telespresso del Consolato generale d’Italia a Strasburgo al Ministero dell’Interno, D.G.P.S.-A.G.R. n. 2140 del 27 maggio 1939.138 Puppini, p. 132.

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Schede biografiche

Un organizzatore comunista dei minatori in Vallonia:

Romano BravinNasce il 4 giugno 1904 ad Es-

sen, in Germania, da Antonio e Ro-mana Marcandella. Passa l’infanzia con la famiglia in Germania e succes-sivamente in Francia. Domiciliato a Polcenigo, dove abita fino al 1921, è nuovamente emigrante in Francia ed Belgio come minatore (il fratello mi-nore Emilio, morto prematuramente, faceva lo stesso mestiere presso le Cave di Aurisina 139). Sorvegliato dal 1934 fino al 1941 come comunista, è iscrit-to alla Rubrica di frontiera e Bolletti-no delle ricerche per l’arresto 140.

Viene espulso dal Belgio per motivi politici in quanto attivista del Partito Comunista, impegnato nel-la distribuzione di stampa sovversiva (precedentemente analoghi provvedi-menti erano stati presi contro di lui da Francia e Lussemburgo):

«12.5.1934Nel corso di investigazioni si viene a sapere che certo Bravin Romano, ce-mentista [...], domiciliato a Morlan-welz, rue du Cronfestu 161, fa una propaganda comunista sfrenata, con-sta essere lo interessato membro molto attivo del Secours rouge international e del p.c.i. - federazione del centro. Nella notte dal 30.4 al 1° maggio 1934 è stato sorpreso mentre faceva passare sotto le porte delle case a Peronnes-Ressaix, foglietti di propaganda comunista, stampati in italiano, nei quali viene preso pretesto della festa del 1° maggio per fare della propaganda sovversiva.[...]» 141

Successivamente Bravin si mantiene a lungo in clandestinità, nonostante le ricerche della polizia belga, grazie alla solidarietà dei compagni. Opera soprattutto nella fascia di territorio di frontiera fra il Belgio e la Francia, ma agisce anche dal Lussemburgo e dalla Germania (a dispetto del nazismo). Spostandosi in bicicletta da un

139 Acs, Cpc, b. 827, f. 16338, Bravin Emilio. Nato il 7 ottobre 1905 a Polcenigo, residente dapprima nel paese natale e poi ad Aurisina, minatore, Emilio aveva abitato in Francia con la famiglia a S. Etienne, aderendo alla locale Camera del Lavoro (la madre vi risiede stabil-mente dopo la morte del marito a Polcenigo nel 1922: cfr. il fascicolo del fratello Romano). Rientrato in Italia nel 1927, viene fermato nel luglio 1928 a Bolzano per aver apostrofato il cuoco, milite della Mvsn, con le seguenti espressioni: «Maledetta l’Italia e il tuo Capo» e «Verrà il tempo della riscossa, voglio morire col drappo rosso nelle mani», venendo per questo condannato a sei mesi di reclusione e 600 lire di multa. Muore a Trieste pochi mesi dopo il rilascio dal carcere.140 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano., cenno biografico del 25 febbraio 1937.141 Acs, Cpc, b. 827, f. 16338, Bravin Emilio, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione prima, al Cpc – n. 441.016412 del 19 maggio 1935 «Copia dell’appunto n. 500.10058 in data 8 aprile 1935 pervenuto dalla D.P.P.».

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luogo all’altro, cambia continuamente di sede e di nomi di copertura (come «Meunier» o «Jacques») e rima-ne uno dei principali promotori dell’opera di organizzazione del movimento comunista nella regione mine-raria di Charleroy [sic], con il ruolo di ispettore incaricato anche del tesseramento. Nella primavera del 1935 gli viene attribuita la redazione di un telegramma di protesta contro l’imbarco delle truppe italiane inviate a conquistare l’Etiopia, spedito a nome di un «Comitato Antifascista di emigranti italiani in Charleroy» 142.

Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano, volantini sequestrati nella corrispondenza dal Belgio con Polcenigo.

142 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano.

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Bravin, insieme ad Alfonso Zagami 143, viene arrestato il 24 giugno 1935, dopo più di un anno di clandestinità. «Il Bravin, già espulso dal Belgio con decreto in data 21.4.1934, è stato posto a dispo-sizione della Procura del Re di Charleroi. [...] Al momento dell’arresto, è stato trovato in possesso delle seguenti carte: 1°) quattro numeri del giornale comunista italiano “azione popolare”; 2°) un opuscolo documentario della lega antifascista; 3°) cinque tessere della l.i.a.b.”; due liste di sottoscrizione a favore di “azione popolare”» 144. In realtà i due comunisti riescono nuovamente a far perdere le tracce pas-sando attraverso le frontiere: Bravin si dedica anche alla propaganda postale, inviando a conoscenti di Polcenigo volantini del Pcd’i e numeri de «l’Unità» clandestina.

Bravin, Brusadin e compagni al lavoro nelle Maisons du peuple

Una «relazione confidenziale pervenuta da Bruxelles» alla D.P.P. a Roma descrive l’attività di Bravin e di altri attivisti del Pcd’i. Va notato come il Direttore Capo della Divisione, Di Stefano, si raccomandi: «Nel caso di indagini all’estero, si prega di non comunicare integralmente la relazione, ma – per non compromettere la fonte informativa – di fare richieste generiche e possibilmente riflet-tenti i singoli nominativi». Con espressioni frequenti come questa, quasi certamente si vuole coprire i favori concessi dalla polizia del democratico Belgio, che trasmette le sue informazioni allo spionaggio fascista:

«Bruxelles – Settembre 1936I militanti comunisti RIBANELLI Domenico – BATTISTATA Quinto – BRAVIN Romano – BARATTA Antonio, nato a Buenos Ayres 3-9-1901 tutti espulsi dal Regno e BACCIOCCHI Giuseppe alias Saletti Giuseppe, che deve ancora ricevere le notificazioni di un decreto di espulsione preso contro di lui in data 4-6-1935 e certo PETRONELLI non ancora meglio identificato, fanno una attivissima propaganda all’in-tento di riorganizzare il movimento comunista nel Belgio.I predetti che dicono di lavorare sotto l’egida del “fronte popolare” organizzano principalmente le loro riunioni nelle Maisons du Peuple socialiste e si dice che siano latori di una raccomandazione di un noto deputato socialista che facilita molto il loro lavoro.Per nascondere il vero scopo delle riunioni, la maggior parte di essi sarebbero affiliati o ai sindacati socialisti, oppure alla centrale dei minatori socialisti e sarebbero anche abbonati al “nuovo avanti”, organo della sezio-ne internazionale del P.S.I.Le riunioni si tengono principalmente le domeniche o in altri giorni feriali.Il 19-7-u.s. alla Maison du Peuple di Maurage, si è tenuta una di queste riunioni presiedute da Lazzarelli Lu-igi, con la partecipazione di Ribanelli Domenico e di Brusadin Gio. Batta, nato a Pordenone il 18-8-1898, segretario della sezione comunista italiana di Soignies.Gli stessi individui il 26 luglio scorso hanno tenuto altre riunioni nelle Maison du Peuple di Trivières, Thien e Bracquegnies.Il 2 agosto si tenne una riunione alla Maison du Peuple de la Louvière con l’intervento di Battistata Quinto, del nominato Lazzarelli e del sopracitato Brusadin Gio.Batta.Il 9 agosto Ribanelli Domenico ha parlato alla Maison du Peuple de Braylez Binche.Ecco i punti che principalmente vengono svolti nelle riunioni:1°) Avvenimenti di Spagna, distribuzione di liste di sottoscrizione a favore dei lavoratori spagnoli in lotta col Fascismo.2°) La Questione sindacale, base principale dell’organizzazione dei lavoratori emigrati;

143 Acs, Cpc, b. 5491, f. 121097, nato a Taurianova (Rc) nel 1904, contadino, comunista, confinato, iscritto alla Rubrica di frontiera, sorvegliato dal 1935 al 1942.144 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano, D.P.P.. Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.20742 del 10 agosto 1935. Le Leghe Italiane Antifasciste in Belgio sono un movimento di massa promosso dai comunisti italiani residenti in quel paese a cavallo fra gli anni ‘20 e ‘30: cfr. Morelli, pp. 208-210.

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3°) Il problema della mano d’opera straniera in Belgio.Durante il corso di queste riunioni è stato distribuito il giornale “Il grido del popolo” e “Lo stato operaio”.Si dice che il nominato Petronelli sia partito per la Russia per ricevere delle istruzioni che i comunisti stra-nieri dovrebbero seguire in Belgio in caso di sciopero o di altro movimento popolare.Ribanelli durante i suoi discorsi, ha fatto allusione ad un ingegnere italiano giunto recentemente in Belgio proveniente dall’Italia, dove ha purgato una condanna di 7-8 anni di prigione; questo ingegnere sarebbe incaricato dal C[omitato]C[entrale] del movimento comunista italiano del centro (La louvière Thuin e Soi-gnes; questo individuo sarebbe ora ospite di un belga a Maurage.Durante le riunioni fu proposto che ogni cellula o gruppo dovesse inviare una delegazione al Rassemblemen-te Universal pour la Paix, che ha avuto luogo a Bruxelles dal 3 al 6 settembre p.p.Nel corso di una riunione tenuta alla Maison du Peuple di Bray Ribanelli Domenico ha comunicato che era stata decisa l’organizzazione di una festa per il 15 agosto p.v. che avrebbe dovuto avere luogo presso il mi-litante comunista Zeni Emanuele nato a Mezzacorona (Trento) il 16-12-1899 abitante a Bray, Chemin du Roulx; in tale occasione sarebbe stata fatta una colletta e tutto il ricavato della festa sarebbe andato a profitto delle famiglie dei compagni Coegan Beniamino e di Ciesielski Joseph, entrambi espulsi dal Belgio duranto lo sciopero del giugno scorso» 145.

Ufficiale della “Garibaldi”

Nel dicembre 1936 viene per la prima volta segnalata la sua partenza dal Belgio per la Spagna , insieme ad un gruppo di volontari della regione di Charleroi 146.

Nominato ufficiale superiore (è comandante di sezione del 2° battaglione della XII Brigata Inter-nazionale), Bravin muore nel sanguinosa giornata del 16 giugno 1937 a Huesca, quando la “Garibaldi” subisce gravissime perdite nell’attacco insensato alle trincee falangiste. La notizia della morte viene comunicata alla madre a S. Etienne, e da questa ai parenti a Polcenigo 147.

Così viene commemorato dai compagni italiani:

«E’ col più grande dolore che riceviamo la notizia della morte del nostro amato compagno Bravin Romano (Meugniez) caduto eroicamente il 20 giugno sul fronte della Libertà durante gli aspri combattimenti di HuescaUna pallottola nemica lo ha ucciso alla vigilia di essere nominato Commissario Politico della sua compagnia.Onesto, coraggioso, instancabile, egli si era cattivata la simpatia e la stima di tutti i lavoratori italiani del bacino di Liegi.Anche prima di partire fu un fervente partigiano della causa del popolo spagnolo al quale aveva offerto le sue economie e il po’ d’oro che possedeva.Aveva appena trent’anni ma, per l’attività svolta in favore della classe operaia, aveva conosciuto tutte le pri-gioni del Belgio, dopo essere stato espulso dalla Francia e dal Lussemburgo.Malgrado le persecuzioni subite non si era mai lasciato vincere dallo scoraggiamento e dal pessimismo, e continuò senza tregua la propaganda per il Partito Comunista al quale apparteneva, e per le organizzazioni degli emigrati.I suoi compagni i suoi amici, i lavoratori italiani tutti addolorati per la perdita di un così generoso combat-tente promettono di essere degni del suo sacrificio e si impegnano di continuare la lotta con tanta abnega-

zione sostenuta dal valoroso compagno Bravin Romano» 148.

145 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano, Ministero dell’Interno, «Copia dell’appunto n. 500/28437 in data 1° ottobre 1936, pervenuto dalla Divisione Polizia Politica».146 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., D.A.G.R., sezione Prima, prot. n. 441/051608 , «Copia del telespresso del R. Consolato di Liegi in data 3 dicembre 1936, N. 4578» e 441/055263 «Copia dell’appunto n° 500/37948 in data 28 dicembre 1936 XV, pervenuto dalla On. Divisione Polizia Politica».147 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano; Puppini, pp. 85 e 132-133.148 Acs, Cpc, b. 827, f. 119359, Bravin Romano, , Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.14169 del 25 aprile 1938, con allegato ritaglio da «La Voce degli Italiani», del 29 ottobre 1937, La morte di un valoroso. Romano Bravin, articolo datato da Liegi 26 ottobre e siglato B. E.

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Oscar Buffolo, «il maggior esponente del sovversivismo nella zona di Caneva ed in tutto il Mandamento di Sacile»

Nasce a Sarone di Caneva il 1° settembre 1893 da Angelo e Pruden-za Buttignol. Domiciliato a Sarone, residente in Francia. Commesso viag-giatore, ferroviere, falegname. Comu-nista, pericoloso, sorvegliato dal 1922 al 1940, confinato e diffidato politico, iscritto alla Rubrica di frontiera e al Bollettino delle ricerche 149.

Buffolo compie gli studi fino alla quarta ginnasio, classe insolitamente alta in un mondo di lavoratori ma-nuali che di solito si limitano alle tre classi elementari obbligatorie, diventa quindi un impiegato ritenuto «assi-duo al lavoro». Nel primo dopoguerra Buffolo è attivo come organizzatore socialista a Sarone di Caneva, dove costituisce il riferimento per i settori più rivoluzionari del Psi e – apparen-temente – è un seguace della linea dei comunisti astensionisti di Bordiga in occasione delle elezioni amministrative del 1920 (sarà accusato violentemente dai compagni di aver contribuito con la sua azione alla perdita del comune di Caneva, conquistato dai socialisti nel 1914). Trasferitosi a Portogruaro, nel maggio 1921 è vittima di un’aggressione fascista a causa della «sua impetuosa azione politica» 150.

Nel suo caso, lo stanco rituale della compilazione del “Cenno biografico” prefettizio, spesso denso solo di risposte stereotipate e negative, diventa la forse inconsapevole apoteosi di un autentico capo sovversivo:

«Frequenta la compagnia di sovversivi ed è uno dei più attivi membri della Sezione locale del Partito comu-nista nella quale da 5 mesi ricopre la carica di Segretario. Gode di una certa influenza fra gli affiliati ed è in relazione con la Direzione del Partito. Durante la guerra fu militare del Genio e fu anche fatto prigioniero in Linz (Austria). Riceve giornali ed opuscoli di propaganda del Partito e vi collabora. Fa attiva propaganda nella Classe lavoratrice. E’ capace di tenere conferenze. Tiene contegno sprezzante verso le Autorità. E’ indi-viduo pericoloso per l’azione sobillatrice che esercita nelle masse. E’ stato anche Segretario della Federazione Provinciale Giovanile comunista di Padova. [...] Nell’immediato dopo guerra e specialmente durante la rapida ascesa del socialismo, il Buffolo diventò il maggior esponente del sovversivismo nella zona di Caneva ed in tutto il Mandamento di Sacile. La massa

149 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar.150 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Udine, cenno biografico al giorno 22/12/1922; Bettoli 2003, ad indicem; Rosa Pellegrini, pp. 234-235.

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operaia si lasciò facilmente adescare dalle promesse che egli lanciava, promesse che miravano a raggiungere i postulati del comunismo e perciò egli veniva fiduciosamente seguito. In Caneva e nei paesi limitrofi ri-cordano tutti le famose calate dei rossi, regolarmente inquadrati, capeggiati dal Buffolo, il quale in quelle torbide manifestazioni, oltre alla cravatta rossa, portava gli abiti listati in rosso e metteva a tracolla una larga fascia rossa. Tutte le razzie che venivano compiute ai danni dei cittadini non erano altro che il fatto di ordini categorici impartiti dal Buffolo ai suoi seguaci. Il Buffolo compì molti atti di violenza e di rappresaglia. Fra questi può citarsi quello di condurre quasi ogni giorno le sue squadre, composte di più centinaia di uomini, sotto le finestre del Municipio di Caneva per intimorire le Autorità Comunali e costringere, sotto minaccia di gravi danni a promuovere lavori pubblici in modo da tenere occupate le maestranze locali. E poiché gli aderenti al Partito del Comune di Caneva erano in prevalenza braccianti o manovali, il Municipio dovette compiere opere d’assoluta inutilità pur di dare loro occupazione. Con l’avvento del Fascismo il Buffolo non modificò le sue idee, ma quando però, si notò che era stato abbandonato dai suoi fidi, si allontanò dalla zona e di lui per qualche tempo non si seppe più niente. Soltanto dopo il delitto Matteotti, egli, a mezzo di qual-che fiduciario fece affiggere nella frazione di Sarone di Caneva un manifesto da lui sottofirmato inneggiando al comunismo ed alla riscossa contro il Fascismo e pure successivamente non tralasciò mai concessione alcuna per svolgere attività antinazionale facendosi iniziatore di clandestine riunioni. Il Buffolo ha subìto in questi anni moltissime perquisizioni personali e domiciliari, ma anziché moderare il suo comportamento si è sempre più intestardito nelle ideologie che persegue tanto da non esitare ad esprimersi con i CC.RR. ope-ranti, nei seguenti termini che chiariscono tutti il suo stato d’animo: “E’ INUTILE CHE MI PERSEGUI-TATE NON VI E’ NESSUNA FORZA CHE POSSA FARMI CAMBIARE IDEA. PIU’ ME NE FATE E PIU’ LA MIA FEDE SI RINSALDA”. Il suddetto individuo [è] capace di esercitare lo spionaggio militare e politico e d’intrigare ai danni del Governo e della Patria [...] ».

Per la sua attività Buffolo è sottoposto a vari processi nel 1920 (da qualcuno esce assolto). Fra gli esponenti politici con cui Buffolo entra in contatto in quegli anni tumultuosi c’è anche il grande dirigente anarchico Errico Malatesta, fra le cui carte verrà più tardi ritrovato il suo indirizzo 151. Nel 1927 è condannato a quattro anni di confino di polizia, che trascorre a Lipari. Ma neanche qui Buffolo cede: nel gennaio 1928 cerca di ricostituire con altri compagni la locale sezione comunista; più volte viene incarcerato e processato per contravvenzione al confino 152.

Volpe Lucifero.Altro nominativo assunto dal pericoloso comunista [...] »

Nel luglio 1932 parte da Sarone e fa perdere le sue tracce: verrà individuato in Francia l’anno successivo, sotto lo pseudonimo “Lucifero Volpe”, «emigrato clandestinamente all’estero per motivi politici» 153.

Questo eloquente nome di copertura è solo uno dei tanti adottati dal rivoluzionario saronese. Buffolo aveva adottato lo pseudonimo “Vicenzi Giovanni” come fiduciario del Pcd’i a Padova, fino al licenziamento per rappresaglia dal posto di assistente capo merci presso le Ferrovie dello Stato, nel settembre di quell’anno 154. Nel periodo successivo - nel quale Buffolo dovette trasferirsi da Padova a Milano - a “Vicenzi” facevano riferimento documenti sequestrati a Genova in una sede clandestina del Pcd’i. Nel 1932 Buffolo scrive, utilizzando lo pseudonimo “A. Rizzo”, a Rosanna Toffoli (presunta comunista, presso la quale si erano tenute in passato riunioni dei sovversivi del luogo) per sollecitarle l’organizzazione di manifestazioni di protesta nel paese natale 155.

151 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, apposita scheda a stampa del Cpc, «Le generalità suddette sono state rilevate da quaderni, rubriche ed appunti già appartenenti al defunto anarchico Malatesta Enrico [sic][...]».152 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Udine, cenno biografico al giorno 22 dicembre 1922, aggiornato a Padova il 21 febbraio 1924 e poi puntualmente dal 1927 al 1938.Caratteri maiuscoli nell’originale.153 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Udine, cenno biografico; Estratto del Bollettino delle Ricerche. Supplemen-to dei sovversivi, n. 020 del 19 luglio 1933, 01107.154 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Padova, Notizie per il prospetto biografico del 2 marzo 1926.155 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, «Elenco delle carte che si trasmette al Signor Prefetto di Padova», prot. n. 813-R, Roma, 18 marzo 1924; lettere delle Prefetture di Padova al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., prot. n. 129 P.S. dell’8 giugno 1924 e di Udine alla

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Nel 1933 Buffolo viene «diffidato ed espulso dal partito perché ritenuto elemento provocatore e spia. Il libello “Bandiera Rossa” in data 22 luglio u.s. pubblica un lungo articolo sul conto del Buf-folo, articolo che conclude con le seguenti parole: «Per tutte queste ragioni il P.C.I. espelle il Buffolo dalle sue file e non autorizza quindi il suo passaggio nelle file di altre sezioni della I[nternazionale] C[omunista] -La Segreteria del P.C.I.» 156. Secondo una particolareggiata circolare interna del Pcd’i, nella quale vengono indicati gli espulsi dal partito - suddivisi per categorie: «spie e provocatori»; «ele-menti sospetti»; «espulsi per tradimento» ed «espulsi perché inoltrarono domanda di grazia o per altri motivi» - Buffolo è compreso nell’ultima: cosa inspiegabile, in mancanza di una migliore conoscenza di quegli “altri motivi” che ignoriamo, una volta escluso ogni cedimento al regime da parte di questo incrollabile militante 157.

Buffolo viene anche incluso dalla Prefettura di Udine – sulla base di una semplice analisi dei suoi trascorsi di organizzatore popolare - fra i sovversivi capaci di attentati terroristici, anche se il Ministero dell’Interno esclude questa possibilità 158. L’anno successivo Buffolo viene segnalato nelle regioni di Clermont-Ferrand, Lione e Tolosa per la sua «intensa attività comunista». E’ individuato a Tolosa in agosto, presso il repubblicano Paolo Ruffini. In questa città è coinvolto in un incidente di automobile occorsogli il 28 aprile 1935. A carico di Buffolo – che risulta anche iscritto all’Associazione antifascisti degli ex combattenti italiani di Tolosa - c’è anche un provvedimento di espulsione dalla Francia 159.

Telegrafista dell’esercito repubblicano

Buffolo si arruola volontario con l’esercito repubblicano il 7 ottobre 1936 160. Anche in Spagna Buffolo usa lo pseudonimo Volpe Lucifero, contribuendo a confondere ulteriormente le idee alle spie fasciste.

Nel 1937 è ricoverato presso l’ospedale del Sri ad Albacete per una ferita conseguita in combat-timento. Secondo una cartolina inviata il 16 dicembre 1936 ad «Henry [Enrico non mi sovviene tuo cognome] proprietaire Restaurant Bolognese, 40 rue De Bourepos, Tolouse», Buffolo sarebbe «caduto di notte, linea fuoco, buca 3 metri, ho una spalla (sinistra) inamovibile» 161.

Nel maggio 1937 Buffolo è in servizio a Torija (ad est di Guadalajara) come sergente delle trasmissioni dello stato maggiore della 17ª Divisione e richiede un permesso per recarsi a Tolosa per partecipare ad un processo per l’incidente di automobile del 1935 162. Se la 17ª Divisione non fa parte

D.P.P. prot. n. 05423 Gab. P.S. del 24 settembre 1932 (e lettere allegate) ed al Cpc prot. n. 014608 Gab. P.S. del 24 ottobre e del 16 no-vembre 1932. Un perito calligrafo però esclude si tratti di Buffolo: cfr. Pro memoria per il Direttore Capo della D.A.G.R. del 15 dicem-bre 1932, stilato dal perito del Ministero dell’Interno. In mancanza di altri riscontri, è possibile ritenere che Buffolo (il cui domicilio in Francia rimaneva sconosciuto all’Ispettorato di Milano dell’Ovra) facesse scrivere i messaggi ad altra persona, per scrupolo cospirativo.156 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, telegramma-posta n. 11398 S.-I. della R. Ambasciata d’Italia a Parigi al Cpc del 3 agosto 1933.157 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, «Elenco di spie pubblicato dal partito comunista», allegato alla circolare del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione I^ prot. n. 441/044272 del 28 dicembre 1934. Sulla circolare, cfr.: Franzinelli, pp. 346-352: prodotta nel 1934 dal Pcd’i e contenente 505 nomi di persone da tenere sotto controllo da parte del partito, comprendeva - oltre ai veri o supposti collaboratori del fascismo nelle file del Pci - anche dissidenti dalla linea staliniana o semplici militanti che avevano avuto un momento di cedimento in carcere, poi riscattato sul campo. L’effetto paradossale di questo documento, una volta giunto nelle mani dell’Ovra, fu la possibilità per la polizia politica fascista di individuare o persino contattare potenziali punti deboli nella rete comunista: si tenga conto che l’elenco del Pcd’i rese noto anche lo pseudonimo “Volpe Lucifero” di Buffolo.158 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, estratto della lettera della Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, prot. n. 38130 del 5 giugno 1933 e risposta di Carmine Senise del 20 ottobre 1933, prot. n. 63852.159 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, D.P.P., Appunto per l’On. D.A.G.R, prot. n. 500/22971 del 16 agosto 1934; Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., «Copia del telespresso n° 01552 in data 31 maggio 1937 del R. Consolato d’Italia a Tolosa [...] » (almeno 49 nomi, di cui parte non schedati fino a quel momento, «sono stati copiati direttamente dal registro dell’associazione stessa»); richiesta di permesso di Oscar Buffolo «Al Excmo. Sr. Ministro de la guerra», data Torija, 5 maggio 1937.160 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, richiesta di permesso di Oscar Buffolo «Al Excmo. Sr. Ministro de la guerra», data Torija, 5 maggio 1937.161 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Udine, cenno biografico; cartolina da Albacete agli amici.162 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, richiesta di permesso di Oscar Buffolo «Al Excmo. Sr. Ministro de la guerra», data Torija,

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delle Brigate Internazionali, Buffolo apparirà fra i “Garibaldini di Spagna” inseriti nell’omonimo libro pubblicato a Madrid nel 1937 163.

Nel terzo trimestre del 1937 vengono sequestrati due assegni inviati dal Sri alla madre, prove-nienti dall’indirizzo «Madame A. Ferrari 32 Rue de Gode Argeteuil» 164.

Una relazione sul quarto trimestre del 1937 segnala Buffolo a Tolone, dove ha un negozio di ebanisteria: ma questa notizia (a parte la quasi certa confusione fra Tolone e Tolosa) viene smentita da un’altra informativa, secondo la quale egli è invece rientrato a Tolosa nella prima decade di luglio 1938. In tale circostanza, Buffolo sarebbe sottoposto ad un tentativo di espulsione dalla Francia da parte di quella polizia. La segnalazione del rientro in Francia di Buffolo non impedisce per altro alla Prefettura di Udine di riferire le consuete voci su una sua presunta morte in Spagna 165.

Secondo Puppini, Buffolo viene ricoverato in ospedale in Spagna nel maggio 1938 per una bronchite cronica contratta durante la guerra: il rientro in Francia deriverebbe dalla malattia. L’ultimo periodo di Buffolo a Tolosa è reso penoso dai ricoveri ospedalieri, dalla mancanza di lavoro e di fon-di, dall’impossibilità di ricevere aiuti dai compagni. Nel marzo 1940 è condannato a quattro mesi di prigione per infrazione al decreto di espulsione dalla Francia. Muore di malattia il 20 novembre 1940 166.

5 maggio 1937.163 Cfr. la biografia di Giovanni Battista Brusadin.164 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Udine, cenno biografico.165 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, Prefettura di Udine, cenno biografico; telespresso del Consolato Generale d’Italia a Tolosa al Cpc n. 9628 del 28 luglio 1938; Prefettura di Udine, Notizie per il prospetto biografico del 5 gennaio 1940.166 Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, telespressi del Consolato Generale d’Italia a Tolosa al Ministero degli Affari Esteri n. 954 del 22 gennaio 1940 e 2564 del 6 marzo 1940; Puppini, p. 135.

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Enrico Canciani:«difendere la classe operaia è un onore

e ben per questo che lotto sul fronte della libertà»Nasce a Castelnovo del Friu-

li l’11 dicembre 1906 da Giovanni e Maria Cozzi. Frequenta le elementari fino alla quarta. E’ muratore e viene schedato come antifascista e sorve-gliato dal 1937 al 1941, iscritto alla Rubrica di Frontiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto.

Emigra in Francia per lavoro nel 1930. Se «durante la permanenza in patria manifestò dubbi sentimen-ti di italianità», «all’estero cominciò subito a svolgere attiva propaganda sovversiva: e nelle lettere spedite alla famiglia, residente a Castelnuovo del Friuli si espresse sempre in maniera nettamente contraria al fascismo» 167.

Canciani proviene da una fa-miglia e da un comune che è, fin dai primi del secolo, una vera fucina di quadri del movimento operaio. Atti-vità che non si spegne con l’avvento del fascismo, e che prosegue clande-stinamente, per talvolta esplodere in forma plateale. Un esempio impor-tante è l’occupazione del municipio di Castelnovo nel 1933 da parte di 300 operai disoccupati, che ottengono di essere adibiti a lavori nelle bonifiche pontine. Esperienza che si rivelerà disastrosa - come denuncia la stampa comunista - costrin-gendo la gran parte di essi al rapido ritorno da Littoria, che avviene nel corso di poche settimane, a causa delle durissime condizioni di lavoro e di alloggio, della violazione degli accordi salariali e dell’in-sorgere della malaria. Gli operai debbono venir rimpatriati con sussidio pubblico; alcuni si arrangiano a tornare a piedi, va peggio a quelli che sono costretti a rimanere nelle paludi per rimediare qualche lira per rientrare 168.

Come prova la prima delle lettere di Canciani intercettate dalla censura postale fascista, sono i genitori ad averlo avviato ad un orientamento politico preciso, che è condiviso anche dai fratelli Lino e Mario. Mario è il responsabile del gruppo di giovani comunisti di Castelnovo che viene individuato nel 1933, insieme alla scoperta della rete comunista friulana 169. Lino, che pure «durante la permanenza

167 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, Prefettura di Udine, lettera al Cpc del 2 aprile 1937, prot. Gab. P.S. n. 04419 e cenno biografico del 3 febbraio 1938. Nei documenti dell’epoca viene sempre usato l’ipercorrettismo “Castelnuovo”.168 Acs, Tsds, Materiali a stampa, b. 15, f. 199 «Battaglie sindacali», anno XIII, n. 5, settembre 1933, Scioperi e agitazioni in Italia. Dal Friuli. 300 disoccupati invadono il Comune di Castelnuovo, articolo firmato «Un bracciante».169 Nato il 20 luglio 1914, manovale: sorvegliato come comunista dal 1934 al 1940, condannato al Tribunale Speciale ed assolto per insufficienza di prove: cfr. Acs, Cpc, b. 995, f. 118768, Canciani Mario ed Acs,Tsds, b. 494, f. 4993.

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in patria manifestò idee contrarie al Regime, senza però dar luogo a specifici rilievi in linea politica», emigra in Belgio nel 1929 e poi in Francia nel 1930, lavorando come muratore ad Alfortville-Oise e stabilendosi nel 1932 a Tolone, nel quartiere di Lagoubran. Lino viene a lungo ritenuto dai fascisti combattente nelle truppe repubblicane spagnole insieme al fratello - anche se poi viene verificato che non si è mai spostato dalla città francese – e per tale motivo viene sequestrato un assegno di 60 lire inviato da lui al padre, ritenuto un sussidio del Sri 170.

Secondo Puppini, Canciani si arruola nell’esercito repubblicano spagnolo alla fine del 1936, prima nel Battaglione “Dimitrov” della XV Brigata Internazionale e poi nella XII Brigata “Garibaldi”, combattendo fino all’ottobre 1938 171.

L’orientamento politico nettamente comunista è dimostrato dall’ottimismo della seguente let-tera, scritta nel maggio 1938. Significativo di un orientamento coerentemente frontista il riferimento politico esclusivo ai tre partiti sottoscrittori dell’impegno per la costituzione del Battaglione “Garibal-di” (Pcd’i, Pri e Psi) e l’enfasi sul rapporto con i cattolici impegnati nella difesa della repubblica, che fa anzi pesare sulle spalle dei fascisti la responsabilità di persecuzioni antireligiose.

Carissimi genitoriIn salute normale come pure de voialtri tutti desidero. Per il momento mi trovo quì già credo che lo sapete per il passato. Il quale do prova alla nostra disciplina. Vi dico che il 100 per 100 avete ragione. Mi [ricordo]ogni giorno le parole che mi dicevate prima di venire in Francia. Sono queste leggere e sempre attivi di non lasciarsi sfruttare difendere la classe operaia è un onore e ben per questo che lotto sul fronte della libertà. Così vi dico di essere contento più di sempre, oggi. Che le lotte che stiamo a difendere con le armi oggi quì, noi a la difesa di tutto il nostro popolo italiano. Che da 16 anni soffre sotto il terrore del regime di Mussolini.Quì assieme a noi non lottano solo i comunisti e sociali e repubblicani. Qui lottano tanti cattolici tanti operai stati ingannati dalla repressione della borghesia del nostro paese. Noi vogliamo difendere la Spagna perché è un paese repubblicano e democratico che il fascismo di Berlino e Roma volevano aggredirlo il no-stro popolo italiano. Vi dico sinceramente la verità, che la vittoria è sicura. Non solo la vittoria della Spagna ma anche nel medesimo tempo ma vittoria del nostro popolo italiano che da 16 anni soffre sotto il terrore fascista. I fascisti si vedono persi, al fronte non possono far niente. I fascisti che partono dall’Italia sono tutti dei uomini ingannati per la paura e la repressione dei mille e mille che ànno lasciato la loro moglie e loro ma-dre. Quando sono al fronte possono salutare sempre i suoi di famiglia. I Fascisti loro medesimi se si rifiutano di andare al fronte li ammassano i spagnuoli repubblicani si difendono con dei belli fucili e mitraglia si che i più fortunati sono quelli che possono essere prigionieri con noi quando sono con noi vogliono battere da veri volontari con noi contro quelli che li ànno ingannati. E ben questo che Mussolini à bisogno di reclutare tutti i giorni rubarci i figli alle madri per andare a morire in Espagna contro un governo che difende la sua propria indipendenza il pane a tutti il lavoro la libertà e la pace di tutto il mondo.Voglio dirvi, e perché? Ho capito che quei poveri disperati dei carabinieri vi vengono a farvi delle noie però sono sempre mandati da quei tre o quattro responsabili del proprio comune. Questo è la risposta che dovete dirgli.Se siete degli uomini di coraggio, ànno da venire al fronte a fare i conti con loro. Ma si vede che siete degli uomini senza fede i primi che tradite il comune con tutta l’italia del popolo umano. Sono dei miserabili. Poi gli direte che qui è dei 100 e 100 cattolici che difendono la libertà. Perché i fascisti in Germania e in Spagna dei ribelli fascisti ammazzano preti donne e bambini è la verità è per questo che lottano a fianco nostro. Coraggio vivere contenti che siamo in strada per difendere tutto il popolo onesto e cosciente contro i barbari fascisti.Tanti saluti e baci padre e madre e fratelli figlio Rico.Caro zio mi sono indirizzato a voi di dare subito a mio padre Canciani Giovanni questa lettera. Vi saluto e di vero cuore un bacio unito la mia cara zia Caterina e figli nipote Canciani Rico.Scrivetemi subito con questo indirizzo:Canciani Rico 8 rue Naisy le Sed – Paris XX 172.

170 Nato il 30 novembre 1905, manovale, sorvegliato come comunista dal 1937 al 1941: cfr. Acs, Cpc, b. 995, f. 137046, Canciani Lino, iscritto alla Rubrica di frontiera per l’arresto.171 Puppini, p. 138..172 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, «Copia di una lettera proveniente dalla Francia timbro postale Quai Valmy Paris 30

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La scelta comunista non sembra escludere un esplicito apprezzamento per la cultura e la stessa confessione di fede degli interlocutori, che viene esplicitata nella lettera inviata alla madre di un altro volontario di Castelnovo, Carlo Rossi 173.

Canciani, che combatte con il grado di sergente, viene ricoverato all’Ospedale militare n. 1 di Madrid nel corso del 1937: è l’ufficio informativo del Comando Truppe Volontarie italiane a rilevare la notizia dall’archivio di quell’ospedale, dopo la caduta della capitale spagnola 174.

La lettera, ed il tentativo di aggirare la censura inviandola ad uno zio non impegnato politica-mente, testimoniano delle continue persecuzioni poliziesche nei confronti delle famiglie degli antifa-scisti, costantemente perquisite, sottoposte a controlli postali ed a sequestri delle rimesse dei congiunti dall’estero.

Rientrato in Francia nell’ottobre 1938, Canciani inizia a fare viaggi in Italia come corriere del Pcd’i. Il 22 febbraio 1939 viene arrestato nel Comasco ma è rilasciato, in quanto utilizza i documenti del compaesano Giovanni Del Tatto, emigrato a sua volta in Francia 175. Questo incidente senza con-seguenze fa scoprire l’attività di Canciani, segnalato nel novembre 1938 e nel marzo 1939 176, ma non gli impedisce di continuare la sua attività anche durante la guerra 177.

maggio 38, diretta al signor Magrin Domenico – Castelnuovo del Friuli Località Mondel».173 Cfr. oltre la scheda biografia di Carlo Rossi.174 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione Prima al Cpc, prot. n. 441/015745 del 29 maggio 1939, «Copia di telespresso n. 31655/c del 15 maggio 1939 del Ministero Aff. Esteri [] ».175 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, lettera del R. Commissariato per i Servizi di Polizia di Frontiera III Zona di Como al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., Divisione Polizia Frontiera e Trasporti, prot. n. 0896 del 24 marzo 1939.176 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, lettera della R. Questura di Milano al Cpc, prot. n. 029806 A.9 Gab. Del 31 marzo 1939.177 Puppini, pp. 138-139.

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Ruggero Luigi Corai, Fiorina Mio e le donne del Soccorso Rosso InternazionaleNasce a Pordenone il 12 marzo

1888 da Giovanni Maria e da Pasqua Bomben, operaio elettricista, è domi-ciliato a Pordenone (dove vive in Via Borgo Campagna 10 la moglie con i quattro figli) ma residente in Francia, dove è emigrato nel 1930. E’ sorve-gliato dal 1937 al 1940 come comu-nista. Pericoloso cat. I, i scritto alla Rubrica di frontiera e al Bollettino delle ricerche per arresto.

«Dal dicembre 1936 trovasi in Spa-gna, arruolato nelle milizie rosse; la moglie Mio Fiorina, residente a Por-denone ha ricevuto dalla nota Rosset-ti Giuseppina, a varie riprese, rimesse del soccorso rosso» 178.

«Parigi 12 dicembre 1936Cara Signora,Mi scuserà di non aver potuto ri-sponderle più presto alla sua lettera del 29 novembre spero però che avrà ricevuto i vaglia mandati il 4.12 e 10.12 con importo uno di 270 e l’al-tro di 140 lire.Con lei non sia in pensiero per suo marito, sta bene, ma lavora fuori per alcuni tempi assieme a mio marito ed è così che mi fa pervenire i soldi per inviarli a lei ed ai suoi figli. Spero che il vostro bambino sta più bene e che gli altri sono bravi e non vi danno troppo pensiero.Ad una lettera per mio marito ho aggiunto anche quella che mi avevate mandato. Il sig. Corai sarà stato molto contento ricevere notizia di sua famiglia.Una amica che vi manda i suoi più sinceri saluti.F° G.RossettoRossetto Giuseppe 161 Boulevard S. Denis VilleparisisSeine et Marne Francia» 179.

La vicenda di Corai ci permette di gettare uno sguardo sull’importante ruolo delle donne nel funzionamento delle reti antifasciste 180. Escluse dai reparti combattenti - soprattutto dopo la militariz-zazione delle forze repubblicane spagnole – e a scegliere fra spersonalizzazione e sacrificio degli affetti o la condanna a ruoli di secondo piano nella struttura politica, le donne che fanno la scelta dell’antifa-

178 Acs, Cpc, b. 1465, f. 126468, Corai Ruggero Luigi, Prefettura di Udine, cenno biografico del 30 aprile 1937. Su Giuseppina Ros-setti, cfr.: Moranino.179 Acs, Cpc, b. 1465, f. 126468, Corai Ruggero Luigi, Ministero dell’Interno, copia.180 Sul quale, cfr. Gabrielli.

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scismo portano sulle proprie spalle i rischi e le responsabilità del funzionamento della rete informativa e di propaganda e di quelli della solidarietà.

Poco considerate dai sistemi di schedatura del regime, quasi fossero una realtà poco significativa (sono solo 5006, pari al 3,28% degli oltre 150.000 schedati al Casellario Politico Centrale 181) le donne riappaiono in realtà come mogli, compagne, sorelle, figlie, madri: oggettivamente complici, nei fascicoli dei sovversivi maschi. Quasi fossero trasparenti, il loro ruolo emerge tra le pieghe della storia, che – nel caso significativo di Pordenone – ci ha lasciato tanti nomi (per la verità poco frequentati) di attivisti e dirigenti maschi, galleggianti su un universo di lotte operaie che hanno visto le donne protagoniste in maggioranza. E comunque proprio dal mondo delle operaie tessili è emersa una delle più grandi dirigenti della storia del movimento operaio italiano, Teresa Noce – organizzatrice sindacale nella clan-destinità e poi segretaria della Fiot nel secondo dopoguerra. Proprio Noce – nel corso di una sua visita alle organizzazioni comuniste friulane nel 1931 – è protagonista di un duro scontro con i compagni, cui rinfaccia una sottovalutazione del ruolo reale che le donne hanno nelle lotte operaie 182.

Fra Pordenone e la Francia emerge il caso di Ida Brusadin, operaia cotoniera appartenente ad una famiglia impegnata attivamente nelle file socialiste e comuniste (attorno alla quale avviene il ten-tativo di ricostruzione della Fiot nei cotonifici pordenonesi, grazie al fratello Luigi ed alla sorella Elena 183). Ida Brusadin diventa, dopo la scoperta e l’arresto del gruppo comunista clandestino di Pordenone nel 1931 e la fuga del marito Ernesto Oliva, la referente del Pcd’i negli stabilimenti cittadini. Costretta all’esilio dalla sua situazione, eccessivamente esposta, diventa una funzionaria che, sotto la falsa identità di Germaine Toiler, attraversa – direttamente o tramite intermediari - la frontiera per stabilire contatti e consegnare il materiale propagandistico clandestino. Il lavoro politico deve però accompagnarsi ad occupazioni tutt’altro che remunerative, sia intellettualmente che materialmente: Brusadin è costretta per mantenersi a fare la lavandaia (con la conseguente insorgenza di reumatismi) e successivamente la domestica presso una famiglia inglese. Nel caso di Brusadin, è probabilmente questo ruolo pesante e poco gratificante, oltre all’arresto del marito nel 1933 a Milano, a convincerla a rientrare in Italia e ad abbandonare l’attività politica 184.

La piemontese Giuseppina Rossetti, nata in Francia nel 1899 in una famiglia di operai sociali-sti, abbandona anch’essa l’attività di impiegata postale per dedicarsi alla famiglia ed all’attività politica, nella quale ella affianca il marito Adriano a Villeparisis, centro che costituisce un punto di incontro per molti antifascisti anche pordenonesi. Un’attività poco appariscente, ma assai rischiosa e delicata, dalla quale dipendono la sopravvivenza dei militanti clandestini ed i sussidi con i quali sopravvivono le loro famiglie 185.

Non può stupire quindi che all’individuazione delle sedi e della rete del Soccorso Rosso Inter-nazionale la polizia fascista dedichi molte energie, con l’obiettivo di interrompere il flusso di risorse destinato alle famiglie degli antifascisti.

«A mezzo del riservato controllo della corrispondenza, questo Ufficio è venuto in possesso di un vaglia in-ternazionale di Lire 200, diretto a Corai Giuseppina – Pordenone – Borgo Meduna 10, mittente Mm. G.

181 Dati desunti dal sito internet dell’Acs: http://nostos.maas.ccr.it/cpc/Archinauta_NSC.aspx, ed elaborati personalmente. Va però usata qualche cautela nel prendere come oro colato i depositi documentari a nostra disposizione: a proposito di Rosanna Toffoli, la compagna corrispondente di Oscar Buffolo – non schedata in un apposito fascicolo del Cpc – va rilevata la sua iscrizione come sovversiva almeno presso la Prefettura di Udine: cfr. Acs, Cpc, b. 886, f. 12176, Buffolo Oscar, lettera della Prefettura di Udine al Cpc, prot. n. 0485 Gab. del 17 settembre 1935 e risposta del Ministero dell’Interno, prot. n. 65070/12176 del 27 settembre 1935.182 La dirigente comunista ne accennerà poi nel suo libro di memorie: cfr. Noce, pp. 138-139; la relazione di Noce, conservata in for-ma anonima negli archivi del Pcd’i, è riprodotta in: Degan-Bettoli, pp. 51-60. Sull’ispezione di Noce e la questione dell’organizzazione delle operaie, cfr. il recente: Donato, pp. 297-305.183 Acs, Cpc, b. 1880, f. 71697, Ellero Giuseppe di Enea, minuta del 27-9.1924, prot. n. 2478 Gab.184 Acs, Cpc, b. 869, f. 111650, Brusadin Ida, verbale dell’interrogatorio svolto da parte del vicecommissario di P.S. Luigi Rossi in Udine, 6 febbraio 1934. Cfr. il discorso tenuto da Ida Brusadin all’XI congresso della Fgcd’i nel 1931, in: Degan-Bettoli, pp. 69-71.185 Moranino. Cfr. i successivi riferimenti all’attività di Rossetti – che sarà commissario politico di compagnia nel Battaglione Gari-baldi in Spagna - a Villeparisis nella biografia di Parutto.

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Leroux 212 Rue de Suresnes Seine Nanterre. [...]Le indagini, esperite per identificare il mittente del predet-to vaglia, del quale trasmetto copia fotografica, hanno dato esito negativo. Probabilmente si tratterà di un nuovo recapito del soccorso rosso» 186.

Risponde qualche giorno dopo il capo della divisione Carmine Senise che:

«il recapito [...] è già noto quale recapito del “soccorso rosso”, come è stato comunicato con la circolare di questo Ministero 24/7/u.s., n. 441/037484. Tenuto conto pertanto di tale circostanza e di quanto codesta Prefettura riferì con la nota 23/1/u.s. N° 0416, non vi può essere dubbio che il vaglia giunto a Corai Giusep-pina provenga dal “soccorso rosso” a causa del di lei marito arruolatosi nelle milizie rosse spagnole. Pregasi pertanto di farne sequestrare l’importo, con le note modalità, e di trasmetterlo a questo Ministero» 187.

Corai partecipa alla guerra di Spagna fra i primi, accorrendo ad Albacete già col primo gruppo organizzato da Guido Picelli, il leggendario comandante degli Arditi del Popolo che impedirono ai fascisti la conquista di Parma nell’agosto 1922. Partecipa a tutte le battaglie, fino a quella dell’Ebro nel 1938.

Le autorità fasciste raccolgono anche la voce che Corai «vuolsi sia deceduto nella Spagna rossa» 188. Ma non è vero: dopo la sconfitta, Corai è internato nei campi di concentramento francesi di Gurs e Saint Cyprien. E’ poi impiegato nelle compagnie di lavoro per stranieri impegnate in lavori a servizio delle truppe anglofrancesi impegnate contro i nazisti nel 1940. E’ in questo contesto che è catturato dai tedeschi nel giugno 1940 a Dunkerque ed internato in un campo di concentramento tedesco, dal quale però riesce ad evadere. Nel dopoguerra vive per molti anni in Francia, prima di rientrare a Pasiano 189.

186 Acs, Cpc, b. 1465, f. 126468, Corai Ruggero Luigi, «Copia della nota n° 0416 in data 23/7/1937 XV°, pervenuta dal Prefetto di

Udine [...]».187 Acs, Cpc, b. 1465, f. 126468, Corai Ruggero Luigi, lettera del Ministero dell’Interno, Direzione Generale di P.S. alla Prefettura di Udine, prot. A.G.R. 441/039629 del 4 agosto 1937. Nelle Notizie per il prospetto biografico del 3 ottobre 1937, relative al terzo trime-stre, è annotato che «E’ stato sequestrato alla moglie un vaglia internazionale di £. 200 inviatole dal soccorso rosso».188 Acs, Cpc, b. 1465, f. 126468, Corai Ruggero Luigi, Notizie per il prospetto biografico del 5 aprile 1940.189 Acs, Cpc, b. 1465, f. 126468, Corai Ruggero Luigi; cfr. inoltre Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò e Puppini, pp. 146-147.

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Il «vecchio segretario della Camera del Lavoro»: Umberto De Gottardo.

Nasce a Venezia il 22 luglio 1887 da Emanuele 190 e da Luigia dell’Agne-se. Muratore, è sorvegliato dal 1928 al 1942 come comunista, fuoruscito e pericoloso cat. I, iscritto alla Rubrica di frontiera e Bollettino delle ricerche per arresto.

Così riassumono – con le espres-sioni razziste ed il tono supponente ti-pici di questo tipo di materiali elabo-rati con l’angusta visuale degli spioni impegnati ad occhieggiare dal buco della serratura: queste stesse formule si troveranno ripetute migliaia di volte in tutti i fascicoli - la sua grande attività di organizzatore sindacale, politico ed amministratore pubblico (fu assessore comunale e consigliere provinciale per il Psi fra il 1920 ed il 1922 191) le au-torità fasciste:

«Risulta assente da Venezia sin dal censimento del 1901. Pare siasi diretto a Pordenone dove nel 1912 contrasse matrimonio con tale Fabbro Eleonora di Pietro.Non prestò servizio militare perché incorporato nel reparto pompieri della città di Udine e non prese parte alla guerra mondiale, perché, vuolsi, si trovasse in Germania.Dopo l’armistizio ritornò a Pordenone, ove esercitava il mestiere di muratore, dimostrandosi però poco amante del lavoro.E’ di scarsa cultura, avendo frequentato soltanto la 4^ classe elementare, ma nel periodo rosso esplicò attiva propaganda fra le masse operaie di Pordenone e dei comuni vicini, tenendovi comizi e confe-renze. Fu assessore comunale di Pordenone. Dopo l’avvento del Fascismo il De Gottardo, emigrò in Francia con la moglie, svolgendovi attività sovversiva. Il 1° maggio 1934 – giusto quanto riferì il R° Consolato d’Italia a Chambery in data 16 gennaio 1935, il medesimo fu espulso da quella Repubblica per attentato alla libertà di lavoro 192.Il De Gottardo, arruolatosi nelle milizie rosse spagnole non ha dato più notizie di se ai congiunti resi-denti tuttora a Pordenone. [...]» 193

190 Al patronimico, forse usato anche come nome di battaglia (notizia riferitami dal figlio adottivo Bruno Pascutto), è forse dovuto lo sdoppiamento fra le figure di Umberto ed Emanuele De Gottardo avvenuto nel libro di Puppini. Inoltre le fonti fasciste tendono gene-ralmente a storpiare il cognome in Di Gottardo.191 Non aderendo in quella fase alla scissione comunista, anzi subentrando nella primavera 1921 al dimissionario assessore comunista Enrico Marzot. Il quale – inversamente a De Gottardo - poi rientrerà nel Psi: cfr. oltre la biografia del nipote di Marzot, Pierino Pa-squotti.192 Insieme ad altri nove italiani, fra i quali Ribelle Gonano da Prato Carnico ed Antonio Vallar da Tramonti di Sopra: cfr. Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, «Divisione Polizia Politica – Appunto per l’On/le D.A.G.R., prot. n. 500/9014, Roma, 5 maggio 1934, XII». 193 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, Prefettura di Venezia, cenno biografico del 1° agosto 1939. Per un’informazio-ne sull’attività di De Gottardo nel primo e nel secondo dopoguerra, cfr. Bettoli 2003 e Bettoli-Zilli.

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Nel 1928 De Gottardo è a Saint Claude, nel Jura, dove «abita in camera ammobiliata a Combe des Marais» Quanto al suo orientamento politico, «E’ iscritto al partito comunista e lo era già in Ita-lia»: il suo passaggio dal Psi al Pcd’i può quindi essere collocato fra il 1922 – anno nel quale emigra in Francia - e quell’anno 194. Il 10 ottobre di quell’anno è fra gli oratori (fra i quali un deputato del Partito Comunista Francese) che accolgono a Digione l’esule comunista valdostano Giuseppe Serraillon 195:

«Gli oratori presentarono il Serraillon ed egli raccontò pretese atrocità subite ed essi esaltarono il suo marti-rio e l’audacia colla quale aveva saputo sottrarsi dall’artiglio dei suoi persecutori» 196.

Esattamente dieci giorni dopo De Gottardo trova lavoro presso l’impresa Bernasconi di Cham-bery e vi si trasferisce 197.

A Chambery De Gottardo è, insieme ad un francese, l’oratore che il 13 giugno 1931 comme-mora Giacomo Matteotti nel settimo anniversario della sua uccisione. La manifestazione si tiene in Passage Murger, 8 nella Sala dei Sindacati, alla presenza di una sessantina di persone, in gran parte italiane 198. De Gottardo è pure presente, il 29 novembre successivo, alla conferenza antifascista tenuta dal socialista Luigi Campolonghi, segretario della Lidu 199.

Dopo l’espulsione dalla Francia successiva alle manifestazioni del 1° maggio 1934, De Gottardo si trasferisce in Svizzera, dapprima a Ginevra e poi a Zurigo, dove si trova l’anno successivo 200. Poi rientra a Chambery, dove fa parte della numerosa schiera di volontari che vengono arruolati in città per andare a combattere in Spagna 201.

De Gottardo entra a far parte della XII Brigata Internazionale “Garibaldi” 202, svolgendo il com-pito di portaferiti e salvando un compagno ferito nella terra di nessuno in Aragona: si tratta del tren-tino Adriano Bertella, che nel dopoguerra si stabilirà a Pordenone (De Gottardo collaborerà con altri compagni alla sua evasione dal campo di Gurs) 203.

Dopo la sconfitta è internato nei campi di concentramento francesi di Argelès e Gurs; rimarrà poi in Francia durante la guerra, per rientrare a Pordenone successivamente e riprendere il suo lavoro sindacale alla testa della Federazione degli edili. All’inizio degli anni ‘50, impossibilitato a proseguire il lavoro come operaio edile, acquisisce con la sua nuova compagna una licenza di venditore ambulante,

194 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, «Stralcio della lettera 4 agosto 1928 n°10450 del R. Consolato a Digione, avente oggetto “Sovversivi residenti a St. Claude (Jura)».195 Acs, Cpc, b. 4610, f. 18276, Sarraillon Giuseppe Cleberto, nato a La Salle (Ao) nel 1891, residente in Francia, calzolaio, comunista, iscritto alla Rubrica di frontiera, sorvegliato dal 1928 al 1938.196 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, «Copia del telespresso n. 14482 del 13/10/1928, avente per oggetto Serraillon Giuseppe, comunista».197 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, telespressi del R. Consolato d’Italia a Digione al R. Consolato d’Italia a Chambery, n. 15145 del 24 ottobre 1928 e del R. Consolato d’Italia a Chambery al Ministero dell’Interno, Cpc, n. 263-Schedario del 39 gennaio 1930.198 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, lettera del R. Consolato d’Italia a Chambery al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 1613-Stralcio del 18 giugno 1931e «Copia del Telespresso del R. Consolato d’Italia a Chambery N. 1612 Schedario del 18 giugno 1931/IX° diretto al Ministero dell’Interno-Ministero Esteri-R. Ambasciata d’Italia a Parigi avente per Oggetto: Chambery – Commemorazione Matteotti».199 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, R. Consolato d’Italia a Chambery al Ministero dell’Interno, Cpc, n. 2922-Stral-cio del 30 novembre 1931.200 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, telespresso del R. Consolato d’Italia a Chambery al Ministero dell’Interno, Cpc, n. 0382/1261 del 15 febbraio 1935.201 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S. D.A.G.R., Sez. 1^ al Cpc, prot. n. 441/018872 del 5 maggio 1937. Cfr. la foto.202 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, , Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.15779 del 29 maggio 1939, «elenco di connazionali già militanti nella XII brigata internazionale».203 Cfr. Puppini, pp. 335-336. ed Acs, Cpc, b. 552, nato a Trento nel 1911, ivi residente, fabbro, antifascista, sorvegliato dal 1937 al 1944, confinato, iscritto alla Rubrica di frontiera.

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Schede biografiche

mestiere che esercita fino alla morte, avvenuta nella primavera del 1957 204.

204 Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto Acs, Cpc, b. 1663, f. 18442, De Gottardo Umberto, telespresso del Ministero degli Affari Esteri al Ministero dell’Interno, P.S.-A.G.R., prot. n. 323382 del 2 ottobre 1939 Puppini ad indicem sotto De(o Di) Gottar-do Emanuele e De Gottardo Umberto; intervista a Bruno Pascutto del 3 novembre 2006.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Il capo dei giovani comunisti di Torre in bicicletta attraverso l’Europa:

Achille Durigon.Nasce a Tor-

re di Pordenone il 3 aprile 1913 da Antonio e Secon-da Sist. Sopranno-minato Chile, fa il manovale ed il cal-zolaio. Fin da ragaz-zo entra in contatto con il Pcd’i clande-stino, grazie proba-bilmente a Vittorio Carli 205 presso cui fa l’apprendistato.

Diventa re-sponsabile della cellula della Fgcd’i di Torre, che il 1° maggio 1930 issa una bandiera rossa sul campanile della chiesa del paese. Condannato a sei anni e tre mesi di carcere e detenuto a Firenze, è liberato grazie ad un indulto nel 1933. Espatria clandestinamente nel 1934, insieme a Tranquillo Romanet, cercando di raggiungere l’Urss e poi la Turchia e l’Iran. Attraversa l’Au-stria, la Svizzera (dove si separa da Romanet), la Francia, dove si reca a Parigi da Pasut, noto comunista pordenonese sposato con Elisabetta Furlan, e poi a Drancy sur Seine, sempre presso i Furlan 206. Riparte verso l’Urss nel 1935, attraverso Svizzera, Austria, Ungheria, Romania, dove viene arrestato e torturato come spia sovietica, essendogli stato trovato addosso l’indirizzo di Costante Masutti in Urss. Poi attra-versa Cecoslovacchia e Polonia: qui viene arrestato durante il primo tentativo di espatrio clandestino verso l’Urss. Arriva finalmente in Urss nel febbraio 1936: viene arrestato dalla polizia politica Gpu per un mese e poi espulso in Cecoslovacchia. Arrivato in Austria in aprile, acquista una bicicletta, con la quale raggiunge Drancy in maggio. Qui frequenta il comunista pordenonese Ernesto Zorzit, iscritto al partito 207.

In ottobre si arruola nelle Brigate Internazionali, come portaferiti nella 1a comp. del 1° Bat-taglione Garibaldi. Combatte sul fronte di Madrid e viene ferito ad una gamba. Alla fine del 1937 Durigon rientra in Francia, critico verso la svolta conservatrice imposta al governo repubblicano dai comunisti.

205 Vittorio Carli nasce a Pordenone il 20 ottobre 1894 da Giovanni ed Orsola Peles, domiciliato a Cordenons, Via Sclavons, facchino presso lo Stabilimento Makò di Cordenons e calzolaio. Componente del gruppo del Pcd’i clandestino scoperto nel 1931 e condannato a 3 anni e 2 mesi di carcere (scontati la metà) è sorvegliato fino al 1942. Negli anni successivi tutta la sua famiglia è impegnata nella Resistenza (Vittorio nei Gap): impegno che viene pagato con la distruzione della loro abitazione, minata dai fascisti il 19 settembre 1944. Cfr. Acs, Cpc, b. 1089 e Tsds, b. 339, f. 3370; Bettoli-Zilli, p. 62.206 Su Antonio Pasut e la famiglia Furlan, cfr. oltre.207 Ernesto Zorzit nasce a Pordenone il 16 giugno 1894 da Vittorio e Maria Barbaro. Falegname, è domiciliato in Corso Garibaldi 53. Denunciato al Tribunale Speciale per appartenenza al gruppo del Pcd’i clandestino nel 1931 si sottrae all’arresto in quanto è emigrante in Francia: è iscritto alla Rubrica di frontiera per arresto e viene sorvegliato dal 1931 al 1942. La moglie Dosolina Brunettin, nata a Por-denone il 2 aprile 1908 da Francesco e Maddalena Brusadin, espatria in Francia alla fine del 1931. Cfr.: Acs, Cpc, b. 5598, f. 91202,

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Schede biografiche

La guerra civile nella Spagna repubblicanaed il passaggio all’anarchismo

«Sono ritornato in Francia cioè a Drancy per la terza volta di salute stò benissimo e spero di poter lavorare presto. Dopo 11 mesi di lotta ho abbandonato la Spagna. Il motivo ve lo spiegherò in una prossima con questa vi comunico solamente il mio arrivo in Francia se mi date un indirizzo sicuro che non vada persa la corrispondenza potrà parlarvi più a lungo su diverse questioni per ora vi parlerò sull’andamento della situa-zione internazionale.La Spagna è ancora il perno della rivoluzione proletaria internazionale i paesi cosidetti democratici come Francia Inghilterra la assassinano a dosi, avevano paura in un primo tempo cioè dal 19 luglio al maggio che si facesse la rivoluzione, come in realtà la si faceva, allora sotto imposizione del partito comunista si è fatto ca-

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

dere il Governo di Largo Caballero nel quale Governo veniva rappresentato tutto il popolo spagnuolo e se ne costituì un altro di tipo borghese con a capo Indelecio del Prieto e presidente di forma il dott. Negrin e con scarse manovre eliminarono la C.N.T. sindacato di influenza anarchica e U.G.T. sindacato di influenza so-cialista. Cioè rimasero fuori dal Governo più di 8 milioni di operai e combattenti del fronte cioè la forza viva e rivoluzionaria del paese. Il partito comunista comincia a montare alla carica contro i anarco-sindacalisti pericolo n. 1, poi la U.G.T., da quel momento non è più la Spagna stessa che dirige i suoi destini ma Mosca, il Governo rosso, Stalin il sanguinolento dittatore, perciò si comincia demolire le conquiste rivoluzionarie e si dichiara al mondo che in terra di Spagna non si fa la rivoluzione ma si lotta per la difesa della democrazia, la Russia non vuole che comunisti libertari abbiano di dar una prova nella storia che è possibile dirigere la società senza dittatura, perciò d’altronde non vuole nemmeno che guadagnino i fascisti, perché allora se guadagnano i[l] Governo i fascisti la Russia si troverebbe a sua volta slegata e circondata in questo modo credono guadagnare la guerra in Spagna il conto è sbagliato, laggiù operai e contadini nella maggioranza non vogliono saperne di democrazia e nemmeno della dittatura fascista, perciò oggi come oggi in Ispagna il partito comunista sta a fa[re] una grande lotta contro anarco sindacalisti per eliminarli ed impadronirsi del potere completamente ed in questa lotta chi guadagna è il fascismo che avanza ogni giorno poco o troppo in territorio leale. Quando vidi queste manovre domandai la prima volta ai primi di aprile di andarmene dalle Brigate internazionali, non mi concessero, e così una seconda volta, la terza domandai congedo e marciai a Barcellona di li cercai di entrare in formazioni militari anarchiche, però il Governo di Valencia ha dato or-dine che per i volontari internazionali non possono entrare in formazioni spagnuole se non che nelle brigate internazionali, oppure lasciare la Spagna e per questo dovetti abbandonare la Spagna. Ora sono ritornato a Drancy e faccio qualche ora di lavoro per settimana intanto che posso guadagnarmi un pezzo di pane.Scrivetemi dettagliatamente cosa è successo in un anno da questa parte da noi come la va in famiglia ed i miei cari compagni insomma scrivetemi a lungo a lungo e presto, trovatemi un indirizzo che non vadano smarrite le lettere.Saluti a tutti» 208.

A Drancy Durigon rompe con i compagni pordenonesi (significativamente anche con Masutti, che è uscito dal Pcd’i e si colloca nell’area trozkista). Non riesce a trovare occupazione per la sua si-tuazione irregolare: ma anche, afferma, per la persecuzione da parte degli ex compagni comunisti. Per questo si consegna al confine italiano nell’agosto 1940.

Durigon riassumerà le sue vicende di quegli anni al momento dell’interrogatorio con i Vice Commissario Alberto Marino ad Udine: si tratta di una testimonianza dove le sue vere opinioni sono mascherate da un – facilmente comprensibile, visto il contesto - anticomunismo di maniera, che viene fatto risalire all’epoca precedente l’esperienza spagnola.

Tutta da verificare la circostanza del ferimento, che viene attribuito non ai combattimenti – cui dovrebbe certamente aver partecipato, se non come combattente almeno come portaferiti – ma ad uno scontro armato con un commissario politico. Versione fantasiosa, cui per prime le autorità fasciste mostrano di non credere assolutamente.

« [...] Mi presentai così alla sede del fronte popolare italiano, da un certo Romano Cocchi di anni 35, roma-no, il quale mi diede tutte le indicazioni possibili per l’arruolamento nelle milizie rosse spagnole.Dopo alcuni giorni da detta presentazione fui nuovamente invitato a presentarmi alla sede dell’ “Unione popolare” ed il Cocchi mi consegnò 50 franchi, pagandomi il viaggio in ferrovia fino a Marsiglia.A Marsiglia mi imbarcai sul piroscafo “Città di Barcellona” assieme a 500 miliziani sbarcando dopo circa 2 giorni ad Alicante.In tale occasione, ho conosciuto i seguenti miliziani:1°) Pellizzari Mario di circa anni 26 da Belluno;2°) Pezzali Mario di circa 27 anni da Cremona;3°) Bennati Gino di circa anni 30 da Ferrara (o Rovigo);4°) Malozzi Ettore di circa 28 anni da Roma;

208 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, copia della lettera inviata da «Drancy 20.9.37» a «Mamma e Bruno», indirizzata «Alla Signorina Furlan Margherita Via Piave n. 51 Torre di Pordenone Udine Italia. Timbro postale: illeggi[bi]le (proveniente dalla Francia)», firmata e con aggiunta: «P.S. Il Mio indirizzo Durigon Achille Rue Chamante Drancy Seine Francia». Il testo è stato parzialmente pub-blicato in: Degan-Bettoli, pp. 71-73.

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Schede biografiche

5°) Morelli Aldo di circa anni 26 toscano;6°) Penchenati di circa anni 30 ligure;7°) Scarselli di circa anni 45 da Piombino (o Livorno);8°) Piero (o Del Piero) di circa anni 30 del Friuli;9°) Buffa di circa anni 30 siciliano;10°) Provera di circa anni 40 Milanese;11°) Marvin Romano di circa anni 26 da Gorizia;12°) Marvin Albino di circa anni 30 da Gorizia; (fratelli)13°) Galeani Vittorio di circa anni 45 dal Nord America;14°) Santini Ferdinando di circa anni 35 dal Nord America;e diversi altri di cui non ricordo il nome.Giunto ad Alicante fummo rinchiusi in una caserma e alcuni giorni dopo fummo trasportati ad Albacete, dove fui regolarmente arruolato nella 12^ Brigata Internazionale Garibaldi, con l’incarico di addetto alla Intendenza. Successivamente mi recai con la Brigata a Medrigueras, ove vi furono le esercitazioni.Da detta località rimasi alquanto indietro con l’Intendenza, mentre la Brigata proseguì per lo Scerros degli Angeli 209, ed infine a Chammartin de la Rosa ed Alpado.Giunto così al gennaio 1937, mi spostai con l’Intendenza fino a Mattegoso dove ebbi un incidente con il Commissario Politico del Battaglione “Boccalatte” 210.Detto incidente si svolge nei seguenti termini: Incontrato il Commissario, io gli chiesi, come avevo fatto già parecchie volte prima ad altre autorità rosse di mettermi in libertà dal Battaglione.Successivamente mi scagliai contro di lui e contro i comunisti in genere ricordandoli tutte le malefatte dei comunisti stessi. Poco dopo mi allontanai, ma appena fatti pochi passi il Boccalatte mi colpì alle gambe con parecchi colpi di fucile ed io gli risposi scaricandogli addosso la pistola, ma non sono in grado di precisare se lo avessi colpito o meno. Subito dopo mi detti alla fuga, e trovato un camion, fui accompagnato in un ospedale da campo, e dopo pochi giorni fui trasportato all’ospedale di Guadalaiara [sic], quindi ad Albacete ed infine a Murcia.Complessivamente rimasi all’ospedale circa 2 mesi e cioè fino al giugno 1937. Uscito dall’ospedale ottenni un mese di convalescenza che passai fra Barcellona e Valencia e quindi rientrai a Murcia.Preciso che sono rientrato a Murcia prima dello scadere della licenza, e che durante la permanenza a Barcel-lona, attraverso la signora Angeloni potei avere un lasciapassare per far ritorno in Francia.Infatti ai primi di settembre attraverso il valico di Port-Bou 211 raggiunsi il territorio francese.Confermo che durante la permanenza in Spagna non ho partecipato a combattimenti, né preso parte ad alcuna operazione militare.Arrivato a Port-Bou, proseguii per Parigi dove mi incontrai nuovamente con lo Zorzit Ernesto e con il Ma-sutti Costante. Poiché questi mi rimproverarono per essere io scappato dalla Spagna, dopo qualche giorno lasciai Parigi, recandomi nuovamente a Drancy. In detta città, conobbi Zannetta Giuseppina di anni 20, nativa di Belmonte (Caserta) naturalizzata francese, ma figlia di genitori italiani, con la quale strinsi subito rapporti intimi. Eravamo così al dicembre 1937 ed io, stanco di peregrinare per il mondo avrei voluto ritornare in Italia, ma la predetta ragazza mi sconsigliò. [...]Dopo qualche mese riuscii ad occuparmi come minatore nel bacino di Bry, ma i comunisti di detta località, accortisi che ero fuggito dalla Spagna, mi denunciarono alla Polizia ed allora fui costretto a fuggire e ritornai a Drancy. Ivi ripresi a vivere con la Zannetta lavorando come scaricatore in un mercato.Nel marzo 1938 la Polizia, venuta a conoscenza che non ero in regola con i documenti d’identificazione, mi notificò il “Refeulement” 212 ed allora io cambiai solamente indirizzo e rimasi egualmente a lavorare ove ero.

209 Recte Cerro de los Angeles: altura madrilena dove ai primi di novembre del 1936 il neocostituito Battaglione “Garibaldi” della non ancora completata XII Brigata Internazionale viene lanciato in una manovra di alleggerimento dei combattenti impegnati nella Città Universitaria, dove già combatte l’XI Brigata Internazionale (Puppini, pp. 72-73).210 Acs, Cpc, b. 681, Anacleto Francesco Boccalatte, nato nel 1907 a Cuccaro Monferrato (Al), calderaio comunista residente in Fran-cia, sorvegliato dal 1928 al 1942, iscritto alla Rubrica di frontiera e denunciato al Tribunale Speciale. Cfr. inoltre la foto del prospetto con l’organigramma della 1a Compagnia del Battaglione Garibaldi, tratto dal fascicolo di Achille Durigon.211 Durigon scrive Port-Bon, ma ritengo si tratti di Port Bou, al confine fra Catalogna spagnola e francese (Rossiglione).212 Recte: refoulement, decreto di espulsione.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Nel marzo 1939, come contravventore al “Refeulement” la Polizia mi arrestò e dovetti scontare un mese di prigione. Nel dicembre 1939, dalla Zannetta, che con me sempre conviveva, ho avuto un figlio al quale ho imposto il nome di Bruno. Trovandomi senza lavoro, ho lasciato Drancy e mi sono recato a lavorare in un bosco della Gironda, ove sono rimasto fino al giugno del corrente anno. Scoppiata la guerra, sono fuggito recandomi prima a Bissarossa (Land) e poi dovetti tornare indietro fino alla Gironda dove mi riuscì con la Zannetta, dalla quale mi separai per presentarmi alla frontiera italiana.Il 18 agosto mi sono costituito alle Autorità di confine di Bardonecchia, che mi hanno dichiarato in arresto. [...] » 213.

Le dichiarazioni di pentimento e le prese di distanze dal Pcd’i non vengono assolutamente tenute in considerazione. D’altronde pure esponenti di primo piano del partito – come ad esempio Ernesto Oliva, membro del Comitato Centrale eletto a Colonia nel 1931 e responsabile sindacale del Centro Interno del partito scoperto a Milano nel 1933 214 - non si erano fatti molti problemi a scrivere diret-tamente al dittatore per ottenere la sua indulgenza, salvo poi gettarsi subito con tutte le loro energie nella lotta clandestina. Durigon viene quindi incarcerato ad Udine e poi internato in dicembre, per un anno, nella casa di lavoro di Imperia (cui era già stato destinato per la violazione della libertà vigilata nel 1934). Nel febbraio 1941 fa richiesta di grazia a Mussolini, che viene respinta:

« [...] sia per i di lui precedenti politici, sia per l’attuale vivo ricordo che la popolazione di Pordenone ha del Durigon, egli non è meritevole di alcuna considerazione.Il Durigon, come è noto a codesto Ministero, è stato in Pordenone ed all’estero un accanito ed ostinato comunista. [...]Per ultimo ha combattuto in Spagna con le milizie rosse, ove sembra sia rimasto ferito in combattimento ad una gamba.Con la vittoria militare del Generale Franco il Durigon si rifugiò in Francia con gli altri miliziani fuggiaschi, rimanendovi fino al 19 agosto 1940, epoca in cui rimpatriò essendo ormai divenuto difficile il suo ulteriore soggiorno in Europa dopo le vittorie militari germaniche.E’ celibe, ariano, e non ha religione essendosi qualificato ateo.Ciò premesso, questo ufficio esprime parere contrario all’accoglimento di qualsiasi istanza del Durigon che possa procurargli una eventuale diminuzione di pena, oltre che non esserne meritevole anche per la cattiva impressione che tale provvedimento farebbe in pubblico» 215.

Ottenuta per buona condotta una riduzione della carcerazione, dal novembre 1941 è assegnato per cinque anni al confino a Ventotene, dove «non ha fornito alcuna prova di ravvedimento» 216. Libera-to nell’agosto del 1943, rientra a Pordenone. Qui collabora alla costituzione delle prime organizzazioni partigiane presenti in città. Nell’aprile 1944 è arrestato dai tedeschi ed internato in campo di prigionia a Monaco: ma forse non arriva in Baviera, visto che nei mesi successivi è segnalato a Klagenfurt. Nel dopoguerra, dopo aver svolto per qualche tempo attività sindacale come rappresentante anarchico nella Camera del Lavoro di Pordenone, rientra in Francia, stabilendosi nella regione di Parigi 217.

213 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, copia del verbale di interrogatorio, non datato ma allegato alla lettera della R. Pre-fettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 09060 Gab. P.S. del 29 settembre 1940.214 Acs, Cpc, b. 3585, f. 81509, Oliva Ernesto di Luigi.215 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, lettera urgente della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 06044 Gab. P.S. del 25 marzo 1941. Si noti il sinistro riferimento alla “razza ariana” che ormai ricorre nelle corrispondenze delle autorità.216 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille, R. Prefettura di Littoria, Notizie per il prospetto biografico del 28 aprile 1942.217 Acs, Cpc, b. 1873, f. 94211, Durigon Achille (residente a Pordenone, comunista, pericoloso cat. I, iscritto al Bollettino delle ricer-che e alla Rubrica di Frontiera, confinato politico, denunziato al Tribunale Speciale, documenti dal 1931 al 1944); Acs, Pol.Pol., pacco 458, f. 26; Acs, Tsds, b. 339, f. 3370; Antonioli-Berti-Santi-Iuso, v. II, biografia a cura di Marco Puppini.

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Schede biografiche

Lettere da Buenos Aires per Nimis: i Fabretti, il sindacato edile argentino,

l’organizzazione della solidarietà con la Spagna.Pietro ed Emilio

Fabretti, di Nimis, cre-scono - insieme ad altri 7 fratelli - lavorando con il padre. E non solo lavoran-do: il padre, dimostrando un’attenzione notevole per l’educazione dei figli, oltre a comprare sempre il quotidiano per sè compra il «Corriere dei piccoli» per i bambini.

Micca Pietro, for-naciaio comunista, è indi-cato come il capo storico dei socialcomunisti di Ni-mis, ma non è schedato al Cpc fino al 1937, quando viene intercettata una let-tera dei figli dall’Argenti-na. Eppure Micca Pietro era già stato confinato per antimilitarismo a Mugna-no del Cardinale durante la prima guerra mondiale, e poi è arrestato nel 1926 a Masnago per il possesso di materiale di propaganda comunista: successiva-mente era stato liberato per l’intervento del proprietario della fornace presso cui i Fabretti lavoravano, che fece pressione - approfittando del suo essere un gerarca fascista - perché gli servivano le capacità professionali dell’arrestato. Questo episodio spinge Pietro ed Emilio ad emigrare.

Pietro fa parte in Argentina del Comitato esecutivo dell’Alleanza antifascista, l’organizzazione di massa di orientamento comunista. Arrestato durante la manifestazione del 1° maggio 1931 a Rosario, è espulso ed imbarcato - con un centinaio circa di antifascisti stranieri, di cui 24 italiani - sulla nave da guerra “Chaco” per essere inviato in Italia dalla dittatura militare del generale Uriburu, che ha preso il potere nel 1930. Ma all’ultimo momento, grazie al rovesciamento di governo avvenuto nel frattempo, 14 di essi, fra cui Fabretti, non vengono consegnati all’Italia e possono rientrare in Argentina. Assunto lo pseudonimo “Adolfo Elena”, diventa il segretario dell’Unione operaia friulana, associazione antifa-scista. Nel gennaio 1936 viene di nuovo arrestato, nel corso di un duro sciopero generale degli edili di Buenos Aires, nel quale avvengono violenti scontri con la polizia, la quale pure conta vari morti nelle sue fila. Lo sciopero è motivato dall’insopportabile comportamento padronale: gli impresari usano scappare senza pagare i già magri salari. Il sostegno popolare allo sciopero è dimostrato dall’appoggio prestato anche dai negozianti, che contribuiscono all’allestimento di cucine popolari per gli operai. Ritenuto l’organizzatore dello sciopero ed arrestato una seconda volta, in suo favore intervengono i deputati socialisti argentini. Durante la detenzione nei campi di concentramento argentini, i detenuti vengono continuamente bagnati per farli ammalare.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Pietro Fabretti interviene più volte sulle questioni sindacali dell’edilizia sui numeri dell’«Italia del Popolo» e partecipa ad una delegazione che si incontra con il governo; la moglie, Vincenzina, è impegnata nel comitato di solidarietà con la Spagna repubblicana, le cui vicende sono seguite con attenzione:

Caro padrenoi di salute benissimo e speriamo sia lo stesso di te, dei fratelli e delle sorelle oltre che della mamma.Novità degne di menzione non ne abbiamo.Per quello che si riferisce alla Spagna la situazione, che era arrivata ad essere grave, si è capovolta completa-mente ed ora l’esercito del popolo, sotto la guida del valoroso generale Miaja, è all’offensiva su tutti i fronti – malgrado i giornali fascisti deformino a piacere la realtà dei fatti avrete avuto notizie della formidabile batosta ricevuta dai fascisti italiani a Guadalajara.In complesso, andiamo bene. Ti mando dunque fotografie tutte da giornali da qui. La fotografia N° 1 mostra una delegazione del sindacato dei muratori in attesa di essere ricevuta dal Ministro degli Interni per trattare l’aumento del salario dei manovali che noi abbiamo chiesto e che i padroni non vogliono concedere il che ci hà obbligati a dichiarare uno sciopero di protesta per 24 ore. Marcato con una X sono io – La fotografia N° 2 mostra la stessa delegazione insieme al Ministro. Quest’ultimo è quello marcato con due XX – Io sono quello segnato con una X – La fotografia n° 3 mostra parte della commissione del sindacato durante l’as-semblea – con una X io e con due XX dando la schiena Emilio. Poco fa si sono fatte le elezioni della nuova commissione – Emilio è segretario di organizzazione. Quello che si vede in piedi nella fotografia N° 3 è il segretario generale. Io sono vice segretario – attualmente abbiamo 30.000 iscritti ed il nostro è il sindacato più forte della capitale, cioè di Buenos Ajres. La fotografia N° 4 mostra un aspetto della attività del comitato pro aiuto alla Spagna repubblicana. Marcata con una X, Vincenzina che lavora nello stesso. La fotografia N° 5 mostra un altro aspetto del lavoro dello stesso comitato nuovamente segnata con una X Vincenzina (che è dattilografa) scrivendo a macchinaPer ora non ti scrivo di più, spero averti fatto una cosa gradita col mandarti le fotografie. Falle vedere agli amici e dì loro che qui si lavora anche per voi. Datevi animo e non vi preoccupate per noi.Vi abbraccio aff/te a tutti vostri figli e fratelli Pietro, Emilio, Vincenzina18 aprile 1937 218.

Le lettere di Pietro al padre (peccato non avere le risposte da Nimis!) si sforzano di interpretare la realtà italiana con gli occhi dell’antifascismo argentino, cercando di confutare la propaganda fasci-sta attraverso la trasmissione delle informazioni sulla situazione internazionale disponibili nel mondo democratico. Al di sotto della patina di “ottimismo della volontà” emerge una lettura perspicace della situazione internazionale: in Spagna non si sta combattendo solo una guerra civile interna – scatenata dall’oligarchia – ma i fascismi giocano la loro partita decisiva. Che, come sappiamo, gli stati democra-tici non vorranno neanche giocare, lasciando soli l’Urss ed il Messico nel sostegno alla repubblica.

Carissimo padre, ieri mi è giunta la tua ultima e, come vedi, mi affretto a risponderti subito [...] Nel caso venissero i carabi-nieri a domandare notizie... puoi comunicare loro... Ho appreso quanto far sapere per quello che si riferisce alla situazione del nostro paese. E’ bene che le illusioni vadano cadendo, a poco a poco. Quello che la gente non arriva a capire per il fatto che lo si dice e lo si ripete con insistenza, è bene che lo capisca attraverso la dura, se si vuole, esperienza dei fatti. [...] E’ altamente illustrativo delle bellezze del regime corporativo e dei magnifici risultati, per i lavoratori, s’intende, dell’impero, l’episodio del ritorno della squadra di operai che si era recata a lavorare e che guadagnava meno di quello che ogni operaio doveva spendere per il suo mantenimento. Noi, in linea generale, siamo informati di quella che è la situazione reale in Italia. Eppure, i giornali del regime che vedono la luce qui... hanno la faccia tosta di descriverci l’Italia come una specie di paradiso terrestre moderno. [...] Esprimi, nella tua lettera, del pessimismo nei riguardi dello svolgimento della lotta in Spagna. Naturalmen-te, ciò non tralascia di essere logico, dato il fatto che laggiù in Italia voi non avete altro modo di conoscere le cose che non sia quello della lettura dei giornali fascisti. Ed i giornali fascisti, come tutti sanno, dicono

218 Acs, Cpc, b. 1915, f. 45088, Fabretti Pietro Giulio Ottone, «Copia di una lettera intercettata proveniente dalla R. Argentina, diretta al Signor [Micca] Pietro FABRETTI in Nimis (Udine) scritta dal figlio residente in America, data timbro postale 19/4/1937 Buenos Aires - Argentina».

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Schede biografiche

soltanto quello che conviene al fascismo. Però la verità, se è vero che per noi, cioè per quelli che siamo con-trari al Fascismo, non tralascia di essere difficile, per ragioni che più avanti vedremo, è assolutamente grave per il fascismo internazionale che in Spagna giuoca la sua ultima carta.La lotta che si sviluppa in Spagna, come credo di aver detto già in una lettera precedente, è stata determinata dalla insurrezione degli strati più reazionari della borghesia spagnola, appoggiata dalle cricche militari e del clero, dall’alto clero, per il fatto che tutta questa gentaglia vedeva nel movimento che sorgeva sempre più im-petuoso, vale a dire nel fronte popolare, (alleanza di partiti politici democratici, di partiti operai e di sinda-cati) che era andato al potere attraverso le elezioni e che governava d’accordo alle necessità ed alle aspirazioni del popolo, un serio pericolo per i suoi privilegi. L’insurrezione dei cosiddetti “nazionalisti” tende quindi a creare nella Spagna una situazione come quella imperante in Italia ed in Germania, vale a dire una situazione che non occorre che descriva che tu la vivi e la soffri in carne propria. Da chi poteva sperare un aiuto un simile movimento, se non dall’Italia Fascista e dalla Germania idem? Per solidarietà determinata dalla iden-tità di propositi e come un mezzo per rafforzare la propria situazione certamente difficile in Europa, l’Italia e la Germania sono intervenute in modo diretto. Si trattava di rovesciare una roccaforte della democrazia e della libertà, si trattava di creare uno stato fascista alle spalle della Francia per, una volta arrivato il momento, dare addosso anche a questa e, finalmente, si trattava di creare le condizioni per attaccare la Russia, il paese che turba, con ragione, i sonni del fascismo italiano e tedesco. Di lì le ragioni per le quali la lotta che in un primo momento aveva il carattere di una guerra civile si è trasformata in un vero duello fra la democrazia ed il fascismo, che è lo stesso che dire fra la civiltà e la barbarie. I generali ribelli sono insorti contro il governo legittimo perché contarono con l’aiuto del fascismo internazionale, della canaglia a di tutti i paesi, dato che sapevano di avere contro di essi, come i fatti lo dimostrano, il popolo vero, autentico della Spagna.Sembrerebbe una tragica ironia, eppure si direbbe che noi, il nostro popolo, che pure ha tradizioni gloriose per le lotte che ha sostenute nel passato per la propria e di altri popoli, si sia destinati a fare da carnefici di al-tri popoli. Prima, tanto per non andare troppo lontano, abbiamo assassinato l’inerme popolo abissino. Ora, i nostri sono inviati in Spagna a fare da carnefici di un popolo che difende, con un eroismo senza precedenti nella storia, la sua libertà e la sua indipendenza. In un primo momento, il fascismo italiano pretese di negare il suo intervento nella Spagna. Oggi, lo ammette apertamente. Ma nella Spagna il fascismo ha trovato ben altri condizioni che nell’Abissinia! In Spagna il fascismo non ha a che fare con inermi, come in Abissinia, ma con l’esercito sorto dalle file del popolo, che ha una coscienza piena del perché combatte, che è rafforzato dai volontari accorsi da tutti gli angoli del mondo, perfino dall’Italia, che è sorretto dalla simpatia e dalla solidarietà di tutti gli uomini di cuore e specialmente del proletariato. Perciò, le truppe fasciste sono state in più occasioni sbaragliate, come sul fronte di Guadalajara, ed hanno lasciato sul territorio centinaia di morti. Il fascismo continua a mandare uomini e materiale di guerra, però noi abbiamo l’assoluta certezza che non riuscirà a vincere. Sappiamo che in Italia ed in Germania il malcontento cresce sempre il popolo non vuole saperne di essere il carnefice di un popolo fratello. Dall’altra parte, i cosiddetti “volontari” italiani in più occasioni hanno disertato in massa appena compresero l’inganno del quale erano stati vittime e appena si dettero conto che nelle file dell’esercito del popolo lottava la gloriosa brigata internazionale ed il battaglione Garibaldi, composto da italiani antifascisti. Laggiù, noi lo sappiamo, cercano di far credere che i “rossi” (in realtà non si tratta di rossi ma di un governo democratico come quelli che governavano l’Italia prima del fa-scismo) commettono degli atti di barbarie. In realtà, barbari sono i fascisti perché hanno provocato la guerra e perché hanno fatto cose che fanno rabbrividire, tanto sono selvaggi e crudeli. I bombardamenti di città e di paesi dove non ci sono [che]delle donne, dei bambini, dei vecchi, sono all’ordine del giorno. Poi le fucilazio-ni in massa, per il solo delitto di essere repubblicani e partitari del governo, sono all’ordine del giorno, nello stesso modo che i bombardamenti. Basterebbe citare l’esempio di Madrid, ed in questo momento quello di Bilbao. E pensare che gli aeroplani, gli aviatori, sono italiani e tedeschi. Anche di qui, dall’Argentina, molti italiani antifascisti sono andati a combattere in Spagna. Ma, questi, sono volontari sul serio, sono andati a combattere perché spinti dalle proprie idee, dal desiderio di mettere il loro braccio, se fosse necessario anche la loro vita, al servizio della democrazia, della civiltà, della libertà che il fascismo ha calpestato in Italia ed in Germania e vuol schiacciare anche in Spagna. Che spettacolo hanno offerto al mondo, invece, gli italiani che sono stati fatti prigionieri dell’esercito repubblicano. In parte, si trattava di uomini ingannati miserabilmen-te e nel resto dei casi si trattava di uomini che avevano accettato d’andare a combattere in Spagna, spinti dalla fame e dal desiderio di procurare ai loro cari un pezzo di pane. Perché risulta questo: “i volontari” mandati dal fascismo a morire e ad assassinare in Spagna sono pagati, come dei miserabili mercenari!Ho detto che in noi è la ferma convinzione che l’esercito della repubblica deve trionfare. Dalla sua parte, dalla parte del popolo e del legittimo governo della Spagna è tutto il mondo civile. In questi ultimi giorni, quando una nave da guerra tedesca bombardava la indifesa città di Almeria (si tratta della nave da guerra “Deutschland”) tutto il mondo civile insorse in modo tale che la Germania, apparentemente decisa a giuo-carsi il tutto per tutto, dovette fare macchina indietro ed altrettanto l’Italia, cioè il fascismo italiano.Or sono pochi giorni, è morto come conseguenza di un accidente di aviazione uno dei più feroci dei generali

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che si ribellarono al governo legittimo il generale Emilio Mola. Il mondo ha emesso una specie di respiro di sollevo. Infatti, non si trattava di un essere umano, ma di una vera e propria iena. Naturalmente che nella Spagna ci sono delle difficoltà. Specialmente l’attitudine degli anarchici è quella che crea più difficoltà. Però, a poco a poco le cose vanno migliorando, la situazione interna si va rafforzando, l’unità di tutte le forze antifasciste solidificando e parallelamente procede il miglioramento tecnico dell’esercito del popolo. Infatti, deve sapere che il governo della Spagna era rimasto, praticamente senza l’esercito come conseguenza della ribellione. Appena da poco tempo si va elaborando l’esercito saldamente disciplinato che per ora trattiene il fascismo e gli infligge delle sconfitte parziali però che in breve, agli ordini del generale Miaja, sarà in grado di sostenere l’offensiva che schiaccerà il fascismo. E’ comune, a questo riguardo, il motto creato dal popolo: La Spagna non è l’Abissinia.In quanto a voi, non dovete perdervi d’animo. Né credere alle menzogne del fascismo. Il trionfo della democrazia in Spagna significherà il crollo del fascismo anche in Italia.Saluti ai fratelli ed alle sorelle. Procurerò di scriverti più di frequente. Ad ogni modo, non vi preoccu-pate per noi.Buenos Aires Giugno 10-1937 Tuo figlio Pietro Fabretti 219

Per la loro attività i Fabretti, insieme ad altri tre compagni, vengono arrestati nell’ottobre di quell’anno ed espulsi dall’Argentina, consegnandoli alle autorità italiane con l’imbarco sul piroscafo “Regina Giovanna”. In difesa dei cinque dirigenti sindacali edili, si muovono l’Internazionale socialista e quella sindacale, ad iniziare dal segretario dell’Unione internazionale dei lavoratori edili e del legno, l’olandese van Achterbergh. Il deputato argentino Perez Reiros vola a Rio de Janeiro per cercare di ottenere lo sbarco in Brasile; il governo del Messico offre l’asilo politico e le spese di trasporto. Fallito il tentativo di bloccare la nave italiana sulla sponda americana dell’Atlantico, gli antifascisti italiani in Argentina inviano telegrammi ai dirigenti della sinistra francese, dal socialista Leon Blum al comunista Maurice Thorez al segretario della Cgt Jouhaux, per far sbarcare i deportati a Dakar.

A questo punto i fascisti decidono di saltare questa tappa e di puntare su Gibilterra. Giunti in Italia, i Fabretti negano ogni accusa, e rifiutano la proposta di aderire al sindacato fascista. Sono condannati a 5 anni di confino: inizialmente tutti e due a Ponza, da cui Pietro viene poi trasferito a Lagonegro. Saranno prosciolti il 26 novembre 1942, praticamente ad un mese dalla fine pena: poi le loro strade si separeranno. Pietro rimane al sud, e rientrerà a Nimis, distrutta completamente dai nazi-fascisti durante l’attacco alla zona libera del Friuli orientale nel 1944, assumendosi il gravoso compito di sindaco della ricostruzione, che manterrà fino al 1951 insieme ad incarichi di direzione sindacale nella Camera del Lavoro di Udine. Emilio invece verrà inviato dal Pci a Pordenone durante la Resi-stenza, assumendo il compito di rappresentante del partito nel Comitato di Liberazione Nazionale dopo l’arresto di Eugenio Pamio e curando l’organizzazione nelle fabbriche, dalla quale passerà quasi naturalmente, nell’immediato dopoguerra, alla segreteria della Camera del Lavoro 220.

219 Acs, Cpc, b. 1915, f. 45088, Fabretti Pietro Giulio Ottone, «Copia di una lettera intercettata proveniente da Buenos Aires-timbro postale 12.6.1937 – Argentina – e diretta al sig. [Micca] Pietro Fabretti in Nimis (Udine-Italia)». 220 La biografia dei Fabretti è stata ricostruita grazie al materiale d’archivio in: Acs, Cpc, b. 1915, f. 126519, Fabretti Micca Pietro, 45088, Fabretti Pietro Giulio Ottone e 115377, Emilio Giovanni ed alla testimonianza di Emilia Bellot, moglie di Emilio , Pordenone, febbraio 2006.

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Schede biografiche

La “normalità” di una famiglia operaia antifascista di Torre:

i Furlan.La vicenda di Achille Durigon fa entrare in scena un’in-

tera famiglia operaia di Torre, attraverso le lettere a Margherita e le visite ai componenti emigrati in Francia. Quello dei Furlan è un buon esempio delle opinioni e dei comportamenti comu-ni in quella frazione cotoniera, di cui si trovano tracce sia nei documenti ufficiali che nei ricordi orali. I Furlan fanno parte di una rete di informazione e sostegno che costituisce il collega-mento fra l’avanguardia di combattenti repubblicani in Spagna ed il retroterra dell’antifascismo diffuso in patria e nell’emigra-zione.

I Furlan schedati al Casellario Politico Centrale sono ben sei, tutti nati a Pordenone e figli di Luigi (operaio meccanico) e di Angela Nocent. A testimonianza del grande attivismo del-le donne, che costituiscono il nerbo della classe operaia tessile pordenonese, esse sono la metà del gruppo tenuto sotto sorve-glianza: Anna, Elisabetta e Margherita. Ad esse ed ai fratelli va aggiunto il compagno di Anna, l’anarchico napoletano Oreste Abbate. La stessa classificazione politica della famiglia varia - sia nell’intestazione delle schede che nei carteggi - dimostrando nella confusione delle attribuzioni poliziesche dell’amalgama fra socialisti, co-

munisti ed anarchici.Margherita Furlan nasce il 24 ottobre 1902. Abita

a Torre e fa la sarta. Viene schedata come antifascista il 2 maggio 1930, contemporaneamente alla sorella Anna (detta Nina), nata l’11 febbraio 1905, operaia cotoniera residente in Francia, qualificata sia come antifascista che come socia-lista 221 ed iscritta alla Rubrica di frontiera «per il provvedi-mento di “perquisire e segnalare”». Elisabetta, indicata come socialista, è nata il 30 novembre 1894, risiede in Francia ed è casalinga. Il fratello Alessandro, minatore comunista, è nato l’8 dicembre 1897 e risiede pure in Francia; è iscritto alla Rubrica di frontiera «per perquisizione ed arresto in caso di rimpatrio» ed è sposato con Armida Minudel, operaia coto-

niera ritenuta anch’essa comunista. Oreste Abbate è nato a Napoli il 7 luglio 1887, e per il suo legame con Anna è di volta in volta

indicato come «amante» o «marito» 222; anarchico, è pure lui iscritto alla Rubrica di Frontiera «per il provvedimento di “perquisire e segnalare”» . Abbate ha un passato di grande impegno politico: condan-

221 «Essa durante la dimora in Patria e particolarmente durante il periodo rosso professò apertamente idee socialiste. Dopo l’Avvento del Fascismo, pur conservando le sue idee, non diede luogo a speciali rilievi». Cfr.: Acs, Cpc, b. 2201, f. 49234, Furlan Anna, lettera della R. Prefettura di Udine alla R. Ambasciata d’Italia nell’U.R.S.S. a Mosca, prot. n. 2247/882 P.S. del 25 marzo 1935.222 Oreste Abbate ed Anna Furlan si sposano nel settembre 1935 a Stalinski in Siberia, ma ancora nel 1938 gli atti non sono giunti in Italia per la trascrizione: cfr. Acs, Cpc, b. 2201, f. 49234, Furlan Anna e b. 3, f. 60638, Oreste Abbate, lettera del Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 5925/49234 del 3 febbraio 1938 ai prefetti di Udine, Trieste e Napoli. Casi di difficile comunicazione e registrazione in Italia di matrimoni avvenuti in Urss fra antifascisti italiani fuorusciti appaiono ripetersi, come dimostrano le vicende di Nella Masutti ed Emilio Guarnaschelli, sulle quali cfr.: Acs, Cpc, b. 3149, f. 25804, Masutti Costante.

Margherita

Anna

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nato per renitenza alla leva nel 1908, licenziato dall’Arsenale di Venezia per motivi politici durante la guerra mondiale, diserta nel 1916 e si rifugia in Svizzera, dalla quale viene espulso per motivi politici nel 1919. Quell’anno – sfuggendo per poco alla fucilazione - partecipa alla rivoluzione spartachista in Germa-nia, a fianco del futuro deputato comunista Francesco Misiano, con cui avrà frequenti contatti a Trieste, dove Abbate si trasferi-sce nel 1920 dopo l’amnistia postbellica (per rientrare in Italia, tramite la Svizzera, aveva adottato lo pseudonimo “Giovanni Jurissevic”, spacciandosi per un ex soldato austriaco di Trieste, dove aveva lavorato prima della guerra). Abbate tornerà ad emi-grare in Germania nel 1930 223.

Di Pietro ed Antonio Furlan si trovano notizie nei fa-scicoli del fratello e delle sorelle: Pietro è nato il 15 novembre 1900 e risiede in Francia: è comunista e marito di Lucia Colo-selli, che risulta autrice di corrispondenze ai familiari intercet-tate dalla polizia fascista. Antonio è nato nel 1899 e risiede in Francia a Villeparisis, Avenue Le Faivre; è coniugato con San-tina Pillat 224.

Il marito di Elisabetta Furlan, Antonio Urbano Pasut, è pure impegnato politicamente. Nato a Pordenone il 25 maggio 1896, risiede in Francia ed è muratore e comunista. Il suo im-pegno antifascista lo porta in Spagna a combattere nelle file del-la Repubblica, anche se non sono ben individuati il periodo ed i

luoghi del suo impegno 225.

Fra Italia, Francia... e Siberia

Quando Alessandro Furlan parte per la Francia nel 1928, «arruolato dal locale R. Ufficio dell’Emigrazione per conto delle miniere dell’Est della Francia», ha già un orientamento politico chiaro: «per il passato ha professato idee comuniste pur non es-sendo però iscritto al partito omonimo». Come spesso succede le autorità riscontrano una sua mancanza di impegno politico e par-lano di segni di ravvedimento, limitandosi a riscontrare la quiete apparente in superficie 226. Successivamente l’ingaggio viene revo-cato, ma nel frattempo Alessandro espatria clandestinamente nel luglio del 1929, raggiungendo la sorella Elisabetta ed il cognato che risiedono a Mitry Mory 227.

223 Su Abbate, oltre al fascicolo del Cpc, cfr.: Antonioli-Berti-Santi-Iuso, v. I, pp. 3-4, biografia a cura di Fausto Bucci, Michele Lenzerini e Andrea Tozzi.224 Acs, Cpc, b. 3, f. 60638, Oreste Abbate; b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro; b. 2201, f. 49234, Furlan Anna e f. 127364, Furlan Elisabetta; b. 2202, f. 47466, Furlan Margherita.225 Acs, Cpc, b. 3777 , Pasut Antonio e b. 2202, f. 47466, Furlan Margherita, «Copia della lettera della R. Prefettura di Udine, in data 9/6/1937, N. 08517, diretta al M° Interno P.S. A.G.R.-Sez.I^-Cas.Pol.Centr. Roma»; Puppini, p. 196.226 Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 018989 Gab. P.S. del 14 dicembre 1928.227 Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 07541 Gab. P.S. del 20 maggio 1930. Si tratta di un comune nel dipartimento della Seine et Marne, alla periferia nordorientale di Parigi (con-finante con l’area occupata attualmente dall’areoporto di Roissy-Chales De Gaulle, a nord, e Villeparisis, altro centro di insediamento di emigranti italiani , a sud).

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Schede biografiche

La sua sparizione da Pordenone provoca la reprimenda del Ministero dell’Interno verso la polizia locale, diffidata dal non denunciarlo finché lui non farà ritorno in Italia. Evidente-mente la Prefettura si era disinteressata della vicenda (o aveva coperto la brutta figura) finché le sorelle Anna e Margherita avevano cercato di seguire Alessandro nella primavera del 1930: «Le predette che risultano di idee avverse al regime per quanto non ne facciano propaganda, non hanno motivi plausibili per giustificare il loro temporaneo espatrio e quest’ufficio ritiene che esse tentino di emigrare allo scopo di stabilirsi definitiva-mente in Francia presso una loro sorella residente da molto tempo a Mitry Mary [sic]» 228.

In realtà è in atto una crisi economica internazionale, ag-gravata nel Pordenonese da quella del Cotonificio Veneziano gestito dai Brunner, che provoca un grande sciopero nella pri-mavera del 1928 e poi un prosieguo di agitazioni che durano fino al 1931, quando viene scoperta e processata una ramificata organizzazione clandestina comunista operante nella zona. L’emigrazione è l’unico sbocco, e non a caso – dopo Anna: Margherita sembra non partire da Torre - altri fratelli faranno seguito poco dopo: Pietro viene arruolato dalla «Ditta Schroth E. con sede a Graffenwald (Haut Rhin)»; Antonio dall’«Entreprise Buffet e Comp. con sede a Parigi Rue Boulair Villiers» . Nei confronti dei due fratelli viene riscontrata la loro mancanza di impegno politico ed accordato quel passaporto che è stato invece negato alle sorelle minori 229. Antonio trova alloggio nella vicina Villeparisis, il cui sindaco evita di dare notizie su di lui alla polizia fascista italiana. L’Ambasciata italiana a Parigi definisce ora esplicitamente Antonio comunista 230.

Anna invece riparte dalla Francia. Nel 1932 è in Unione Sovietica insieme ad Oreste Abbate, elettrotecnico anarchico napoletano precedentemente residente in Francia. Abbate era giunto in Fran-cia dalla Germania, dove era morta nell’ottobre 1930 la prima moglie Wanda Kudlascek. A Tula, nel 1932, nasce la loro figlia Ada, che va ad aggiungersi ai due figli del primo matrimonio di Abbate, Armi-do e Clelia 231. In Urss Abbate reincontra Francesco Misiano, ed il pordenonese Garatti, cioè Costante Masutti 232: ambedue sono comunisti che vivono una fase di crisi dei loro rapporti con il partito. Alla fine del 1935 Anna visita con la figlia i familiari in Francia, mentre Oreste deve rimanere in Urss non potendo allontanarsi dal lavoro: non sappiamo se poi esse si siano successivamente allontanate dalla Francia, ma certamente Oreste con i due figli maggiori vi giunge nel 1936 233.

228 Acs, Cpc, b. 2202, f. 47466, Furlan Margherita, lettera della R. Prefettura di Udine, prot. n. 07539 del 25 aprile 1930 ed allegata lettera di Anna e Margherita a S. Eccellenza Sig. Benito Mussolini, Ministro Affari Esteri., spedita da Pordenone l’11 marzo 1930.229 Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, lettere della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 07541 Gab. P.S. del 3 giugno 1930 e n. 012503 Gab. P.S. del 18 giugno 1930.230 Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, telegramma della R. Ambasciata d’Italia a Parigi al Ministero dell’Interno, Cpc, n. 6231 del 19 maggio 1931. 231 Nati rispettivamente il 28 dicembre 1920 ed il 17 gennaio 1926 a Trieste (il figlio maggiore Armido è chiamato in questo docu-mento Armando, mentre Clelia viene spesso chiamata, alla francese, Clely): cfr. Acs, Cpc, b. 3, f. 60638, Oreste Abbate, telespresso della R. Ambasciata d’italia nell’U.R.S.S. al Ministero degli Affari Esteri, n. 1019/407.232 Acs, Cpc, b. 3, f. 60638, Oreste Abbate, telespresso della R. Ambasciata d’Italia nell’U.R.S.S. al Ministero degli Affari Esteri, n. 1308/529. Masutti aveva precedentemente abitato pure lui a Mitry Mory sotto il falso nome di Brunello Ronci, prima di emigrare in Urss: cfr. Acs, Cpc, b. 3149, f. 25804, Masutti Costante, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 0562 Gab. P.S. del 13 gennaio 1933.233 Acs, Cpc, b. 2201, f. 49234, Furlan Anna, «Copia della nota dell’Alto Commissario di Napoli del 6.1.1935 N. 1827 diretta al Ministero Interno e per conoscenza alle LL.EE. i Prefetti di Trieste ed Udine»; «Copia del telespresso della R. Ambasciata Italia in Mosca in data 21.3.1935 N. 1308/520 diretto al Ministero Esteri e per conoscenza al Ministero Interno e R. Prefettura di Trieste»; telespressi della R. Ambasciata d’Italia nell’U.R.S.S. al Ministero degli Affari Esteri n. 4650/1780 del 23 ottobre 1935 e del Consolato Generale d’italia di Parigi al Ministero degli Affari Esteri n. 2519 del 21 gennaio 1938.

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Quella ricongiunzione familiare non s’ha da fare

La Prefettura di Udine negherà invece nel 1934 il passaporto alla moglie di Alessandro ed alla figlia Wanda (che ha 11 anni), cercando di impedir loro la ricongiunzione familiare: «La Minudel pur non avendo dato luogo a rilievi con la sua condotta politica è ritenuta persona di idee comuniste. Per quanto anzicennato e trattandosi della moglie di un attivo sovversivo espatriato clandestinamente ho disposto che sia rifiutato il rilascio del passaporto» 234.

Le intenzioni della famiglia erano state ben esplicitate in una lettera di Alessandro alla moglie intercettata dalla polizia:

«Villeparisis 27 maggio 34.Carissima Armida,con piacere ricevei tua, godo della buona salute di te e Wanda come pure di me, molto contento che ti abbia arrivato le carte, ma si capisce che il destino è ancora contro la mia felicità ossia se tu vuoi bene comprendere contro la nostra, come fai te se sei sua madre da domandarmi così con facilità il permesso che lascio nostra figlia in Italia dopo 5 anni che non la vedo e dopo tanto tempo che desidero d’averla sulle mie braccia per soddisfare quel amor figliale per me non soddisfatto?Senti una madre che chiedo e cinque anni che vive solo per sua figlia e che la lascierebbe forse per sempre mi comprendi forse per sempre perché l’avvenire è incerto, forse te potrai ancora vederla ma per me è persa per sempre di questo sono sicuro, perché dopo 5 anni che non mi vede non può avere l’amor figliale che dovreb-be avere e poi ancora 7 anni con quello che l’insegnano da odiare i sovversivi verrà che suo padre è odiato da sua figlia, ecco il risultato della tua debolezza, perché questa è una cosa come la sua prima comunione e tutto perché tu la lasci fare senza tanto occuparti.Del resto ti spiegherà intanto la situazione prima di prendermi di responsabilità che un giorno cadranno su me, tu saprai che qui il lavoro va male io ò fatto anche questa settimana 2 giorni e sono fortunato quando faccio due giorni per settimana dunque anche che Wanda rimanesse là sei sicura che non potremo aiutarla, invece se è qui con noi potremo piuttosto privarsi noi ma assicurarsi il pane a essa e mi spiego, se tu sei qui anche fosse lavoro non potresti lavorare ma con le conoscenze che ò qui potrò farti fare qualcosa l’ostessa e così un po’ ciascuno potremo vivere tutti tre perché dove mangiano due mangiano tre e poi saremo uniti e senza tanti pensieri, invece senza nostra figlia non avremo mai la felicità desiderata, ora ti spiegherò per conto delle scuole, sappi che quello che può fare là tanto meglio può fare qui, dipende solo il primo anno per imparare la lingua e poi se fa bene come fa là qui à la facilità di andare avanti senza pagare e di farsi un avvenire meglio che la, perché tu sai che là promettono tanto ma non mantengono niente e poi qui e le scuole libere e non come là che li guastano il cervello con il DUCE.Ora ti ò spiegato un po’ il mio sentimento e se tu ài il cuore di madre potrai darmi ragione e comprendere che ài preso una decisione troppo in premura senza pensare al nostro avvenire alla nostra felicità. Io com-prendo che la causa non è tua perché quando si prende una decisione bisognerebbe avere qualcuno che ti fanno vedere le conseguenze dell’avvenire, ma credo che se ài ben pensato mi darai ragione.Dunque adesso che ti ò detto cosa penso se credi da lasciarla là fa come vuoi ed io sarà contento di quello che fai sempre sotto tua responsabilità.Ora ti dirà cosa dovrai portare, la sveglia se è buona, il ferro da stirare, fazzoletti e il resto vendi tutto salvo il necessario per te come biancheria personale.

Per ora chiudo sia tutto abbiti i miei migliori baci saluti a tutti tuo Sandro » 235.

Ma il nulla-osta viene concesso lo stesso dal ministero e le due familiari possono finalmente rag-giungere Alessandro nella nuova residenza di Villeparisis.

«La C.N.T. e la F.I.T. sindacati anarchici, ci ànno domandato a Stalin di lasciar liberi

234 Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, lettere della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 0671 Gab. P.S. dell’8 giugno 1934.235 Copia dattiloscritta della lettera allegata in: Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, lettere della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 0671 Gab. P.S. dell’8 giugno 1934.

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Schede biografiche

i 5 milioni di deportati politici perché possano venire a difendere suoi fratelli Spagnoli...»

Nel novembre 1936 la Questura di Torino intercetta una lettera spedita da Alessandro Furlan al padre Luigi. Si tratta di una significativa testimonianza non solo sulla guerra scoppiata in Spagna, ma anche delle informazioni che girano sulle “Grandi Purghe” staliniane che stanno avvenendo nel frattempo in Unione Sovietica. E’ un documento che dimostra come il dibattito nella sinistra europea sia aperto e non soffocato dalle discipline di organizzazione, fino all’aperta provocazione degli anarchici spagnoli nei confronti del dittatore sovietico: come mai milioni di militanti di sinistra vengono depor-tati, quando potrebbero invece contribuire alla causa della rivoluzione?

La domanda è retorica, come testimoniano le opinioni di Furlan, ormai nettamente distinte da quelle del movimento comunista ed apertamente simpatizzanti per l’anarchismo. Opinioni “dissidenti” che, come quelle che Costante Masutti esprimerà al vecchio compagno Ernesto Oliva sull’involuzione dell’Urss 236, arrivano fin nelle case dei compagni italiani in clandestinità.

«VilleparisisCarissimi,spero che questa mia vi trovi tutti in buona salute, noi ora stiamo abbastanza bene Wanda va a scuola, Armida sta meglio la sua mano e così speriamo che anche papà vada bene e che a mamma le sia sparito i suoi dolori di testa, ò ricevuto il bigliettino che ài messo chiuso nella lettera di Toni è stato Pietro che me lo diede, l’altro che tu mi dici non ò visto niente.Ora casa Rita cercherò di spiegarti un po’ della Spagna, bisogna che incomincio ancora dai primi mo-vimenti per darti un’idea chiara della situazione, quando il partito socialista è andato al potere invece di fare piazza pulita con la gerarchia e la cricca militare à lasciato mano libera a tutti (come qui con il fronte popolare) e siamo arrivati al colpo di mano militare fascista, i primi giorni specialmente a Bar-cellona e nelle Asturie si rifiutarono da darci quelle armi che avevano ai volontari per battere contro i fascisti, perché questi volontari erano anarchici, intanto che i capi politicanti scappavano all’estero, quando il popolo eroicamente à arrestato l’avanzata fascista i capi social comunisti coraggiosamente si sono messi da padroni e volevano dettar ancora le sue leggi, ma ci è solo riuscito (quasi) a Madrid, per cercar di mettere ancora la disciplina militare e noi sappiamo per esperienza che quando un uomo porta le stellette è per servire l’interessi degli altri senza discuterli, posso dirlo perché è un mio compagno che è partito da qui appena incominciato ed ora si trova qui per pochi giorni in permesso, dunque lui si trova nella Catalogna nel fronte dell’Huesca la colonna internazionale composta di socialisti, anarchici, comunisti, e poi tutti partiti di sinistra, dunque tutti meritano la nostra ammirazione senza distinzione d’idee perché si battono e muoiono per un ideale, ma i comunisti quando partono i suoi capi li dicono di cercare da prendere le redini in mano e da non lasciarsi influenzare per li anarchici, si capisce che quando sono là e vedono come agiscono li anarchici fanno causa comune e il partito à preso il control-lo, solo il 5 per 100 che vogliono la disciplina del suo partito cambiano fronte e vanno a Madrid e si capisce che questi sono quelli che vorrebbero passar capitani o generali 15 giorni fa è stato un generale russo a visitare la Catalogna à tanto girato a visitare parecchi fronti e poi à domandato da parlare allo stato maggiore li ànno risposto che la gerarchia militare son cose passate e che ora si trova in presenza di uomini che sanno comandarsi da sé stessi, si capisce che anche loro ànno quelli che conoscono la stra-tegia militare ma sono anche loro in prima linea con il fucile e sono designati in comune senza bisogno per quello da mettere i galloni d’oro, una buona parte della Catalogna ànno già installato il vero co-munismo libertario, per darti un’idea un’estensione come la provincia di Udine e a mano che possono allargano, un esempio di come si passa là. Il generale Russo va dal barbiere, quando è servito domanda quanto li deve. Risposta – niente – va a mangiare, la stessa cosa. Li domanda spiegazioni, ebbene noi ci serviamo dell’oro solo con li stati esteri per comperare quello che abbiamo bisogno, ma nell’interno, a mano che ci mettiamo a posto abbiamo la moneta, ora diteci il vostro parere generale.Io trovo (e vi dico questo da uomo, che dove son passato tutti sono come fratelli e che non credevo da trovare un’entusiasmo e una disciplina fraterna volontaria senza bisogno di prigioni e di polizia, speria-mo che anche noi arriveremo da far così in Russia.

236 Degan-Bettoli, pp. 73-75.

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Ora lasciamo da parte questo fattore tanto interessante perché sarebbe troppo lungo e portiamoci agli av-venimenti, come avrai inteso 10 giorni fa dicevano che avevano preso Madrid, ma ancora non sono arrivati e già 10 giorni che i fascisti attaccano con cannoni, tanch, aeroplani e mitragliatrici ammazzano bambini donne incendiano ospedali ma trovano una resistenza accanita, subito che ànno attaccato Madrid la colonna Durruti forte di 4000 stranieri per la maggior parte anarchici son partiti dalla Catalogna e due giorni dopo sono arrivati sul fronte di Madrid per difender la città e ogni giorno ne partono da tutti i paesi, ora la città si trova difesa da 50 mila uomini. La prenderanno? Mistero.In tutti i casi se riescono vuol dire che di quei 50 mila uomini non ne rimarrà più uno perché si avranno fatto massacrare per difendere la sua libertà il suo ideale.Se prendono Madrid non è detto che i fascisti abbiano la vittoria... la lotta è ancora lunga perché i fascisti sono bene armati, figurati che in tre mesi di lotta, il popolo aveva 20 aeroplani in sua mano, adesso si ca-pisce ne à qualche centinaio, ebbene sono arrivati lo stesso a buttar già 100 aeroplani, quasi tutti Italiani e Germanici.La C.N.T. e la F.I.T. sindacati anarchici, ci ànno domandato a Stalin di lasciar liberi i 5 milioni di deportati politici perché possano venire a difendere suoi fratelli Spagnoli, non ci è ancora risposto...Termino salutandovi e baciandovi tuttivostro Sandro 237 ».

Qualche mese dopo è Margherita (l’unica figlia nubile rimasta con i genitori a Torre) a ricevere una lettera dal cognato Oreste Abbate, dedicata alle vicende sovietiche ed alla situazione spagnola:

«Rita carissima

Villeparisis 1.3.37Rispondo solo oggi alla tua lettera d.d. 4.2 perché molto occupato. Siccome la famosa carta d’identità come operaio, per bene 2 volte mi è stata rifiutata malgrè che si sieno occupati molti influenti di parigi, così non potendo più lavorare ove ero occupato “alla macchia”, mi sono deciso di mettermi a lavorare da solo, e difatti dal mese di gennaio che lavoro per conto mio.Le tue lettere e quella datami da Elisa la scorsa settimana. La cartolina per gli auguri di Nina, ricevute con infinite grazie, e rispondendo cronologicamente alle sue, nella prima lettera mi domanda ragguagli sulla attuale situazione russa, nonché del processo. Dunque le condizioni dell’operaio e contadino russo come altre volte scrittole, si confronti del periodo zarista, con il regime attuale à molto migliorato, ma natural-mente dipende a secondo i luoghi e secondo la capacità. Nei centri, come Mosca, Leningrado, Karkof, etc. gli operai vivono bene, sia dal lato morale che materiale, sempre secondo la loro capacità produttiva, non così nei paesi fuori centro, per esempio Siberia, Asia, Afganistan, Volga etc. ove difetta ancora il trasporto ed è logico che non si può provvedere all’esteriorità della vita, ma si guarda in prima linea la produzione e l’approvvigionamento. Certo però che con gli anni migliorerà progressivamente se il programma iniziale non viene cambiato, come io fermamente credo. Lei mi domanda ancora a riguardo delle condizioni a morte, è elementarmente logico che ciò avvenga, poiché come lei bene saprà il troszismo [sic], è una linea politica estremamente sinistra, che è nella via dell’anarchia! (Pas tout a fait) ma infine sono dei comunisti estremisti, quindi contro il regime attuale, che appena costruisce il socialismo, quindi ancora molto lontano dall’ultima fase del comunismo, ed avendo i troskisti una rete molto vasta di affiliati, per ostacolare il lavoro del Governo di Stalin, fanno atti di terrore e sabotaggio, quindi scoperti e processati, condannati a morte. La stessa fine hanno fatto e fanno, gli anarchici fucilati in massa, senza processo, esiliati, imprigionati etc. e sarebbe stata la fine che m’avrebbero fatto fare a me se fossi rimasto laggiù. Per la Spagna – La sua lettera allarmante, mi fa pensare come lei, giustamente, si compenetra nel movimento spagnolo, che tutti dicono guerra, mentre è un movimento rivoluzionario, ecco perché rivoluzion[ar]i di tutto il mondo, accorrono sulle barricate per difendere gli spagnuoli dalla marca fasc... ma non si spaventi troppo, i compagni laggiù non sono dei mercenari, bensì dei volontari, quindi lottando per una idea, è da augurarsi, come io sono convinto, che vinceranno. A proposito, Achille ha inviato una cartolina, alla quale ho subito risposto con lettera, sta bene e saluta tutti voi, questo valga a tranquillizzare lei e famiglia. Ho passato l’indirizzo a Piero e Toni perché scrivano. Mi domanda ancora lei, cosa vuol dire poligrafi? La poligrafia è un lavoro di fotografia stampata, oppure

237 Acs, Cpc, b. 2000, f. 18223, Furlan Alessandro, Divisione Polizia Politica. Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 6913 del 3 aprile 1937 ed allegata «Copia di lettera a firma Sandro con timbro postale in data 19.11.1936 Villeparisis diretta alla Famiglia Furlan Luigi – Pordenone in Torre – Via Piave – Provincia di Udine - Italia».

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Schede biografiche

disegni, vignette che vengono riprodotti dai giornali. Poli-vuol dire doppio.Grafia-accoppiato al Poli (poligrafia-stampato due volte 238). La poligrafia si ottiene prendendo sul piombo a lastra la copia di ????? quindi riprodotta nuovamente. Le basta? Se non l’è abbastanza chiaro mi riscriva, le sarà più chiaro e figurativo. Abbiamo appreso con sommo piacere che il babbo sempre migliora, che la mamma ha riavuto l’udito, felicitazioni!Oggi finalmente l’ho varato la spedizione racc. del gruppo fotografico fatto a Mosca presto è un anno. Credo che per oggi le basta e che non [ho]omesso niente, vero? Pertanto cara Rita, con i cari saluti di Nina, Armido e bambini a lei, nonni con i migliori fraterni saluti del tuo Oreste.Elisa m’informa che per il 1° dell’anno l’ha scritto Pasut una lunga lettera, anzi aspettava una vostra – dun-que niente di male.P.S. Le notre amì Achille, l’est restè blessè, l’est plus q’un moi a l’ospital. Tenez se pour vous. Je ne se pas ancor, mantenant comme sa va, je vous terrè informè » 239.

Non si tratta di una corrispondenza qualsiasi, come scopre la polizia fascista attraverso il con-trollo postale che intercetta una lettera del 29 gennaio 1938 diretta da Margherita ad Armido Abbate. «Alla predetta lettera – alla quale è stato dato regolare corso – era acclusa una seconda missiva redatta dal noto anarchico Abate [sic] Oreste – residente in Francia ed evidentemente spedita alla Furlan per farla poi recapitare al predetto Abate [sic] Armido, fratello del mittente» 240. Una volta individuato il canale di comunicazione, la Divisione di Polizia Politica – abituata ad utilizzare la vigilanza sulle cor-rispondenza per individuare le reti clandestine - non ci mette molto a capire come vadano le cose: «La corrispondenza epistolare tra l’Abbate e la Furlan, residente a Pordenone, si ritiene non abbia soltanto carattere familiare ma anche politico, inquantoché la Furlan Margherita, ci tiene a nascondere di essere in corrispondenza con l’Abbate residente a Napoli» 241.

Elisabetta, la prima a partire per la Francia, è anche l’ultima ad essere messa sotto controllo – a causa di una lettera inviata alla famiglia in Italia nella quale riferisce delle gravi condizioni di povertà patite dalla famiglia della sorella Anna a causa della loro permanenza in Unione Sovietica e della stessa difficile situazione che si sta vivendo in Francia 242.

La Repubblica (Italiana) continua le indagini sugli antifascisti

Talvolta i fascicoli del Casellario Politico Centrale contengono qualche sorpresa: non sempre finiscono nei mesi in cui crolla il regime fascista, ma la documentazione (anche se raramente, nelle nostre ricerche) riprende nel dopoguerra. E’ il caso di Oreste Abbate, la cui ultima documentazione di epoca fascista si conclude l’8 settembre del 1942... per riprendere quasi esattamente cinque anni dopo, quando dal Ministero si scrive alla Prefettura di Napoli, testualmente: «Con riferimento, da ultimo, alla nota n. 1013981 in data 8 Settembre 1942, si prega di comunicare ulteriori notizie riguardanti il

238 E’ evidente l’errore di traduzione in cui occorre Abbate: proprio con l’utilizzo di poligrafi, macchine tipografiche semplici da tra-sportare e nascondere, veniva diffusa in quegli anni la stampa clandestina antifascista, non in due, ma in molte copie.239 Acs, Cpc, b. 2202, f. 47466, Furlan Margherita, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 08517 Gab P.S. del 29 giugno 1937 ed allegata «Copia di una lettera intercettata proveniente dalla Francia con timbro postale Villeparisis Seine et Marne 2.3.1937 diretta M.lle Rite Furlan Via Piave 51 Torre di Pordenone (Udine)». Il nostro amico Achille è stato ferito, da più di un mese è ricoverato in ospedale. Tenetevela per voi. Non so ancora adesso come stia, ve ne terrà informata (traduzione del curatore). La Prefettura individua i nomi citati come: Oreste (Abbate), Elisa (Furlan), Nina (Anna Furlan), Achille (Durigon), Piero (Furlan), Toni (Antonio Furlan). Armido viene ritenuto inizialmente essere un figlio di Abbate, ma si tratta in realtà del fratello, pure lui anarchico, rimasto nella città natale: cfr. oltre. Su Armido Abbate, cfr.: Antonioli-Berti-Santi-Iuso, v. I, pp. 2-3, biografia a cura di G. Aragno.240 cs, Cpc, b. 2202, f. 47466, Furlan Margherita, , Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.7012 dell’8 marzo 1938.241 Acs, Cpc, b. 2202, f. 47466, Furlan Margherita, , Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.9130 del 22 marzo 1938.242 Acs, Cpc, f. 127364, Furlan Elisabetta, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 016700 Gab. P.S. del 12 febbraio 1937 ed allegata copia dattiloscritta della lettera da Villeparisis, firmata Lisa e non datata, indirizzata «Carissimi papà, mamma Rita».

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nominato in oggetto» 243. Il carteggio conservato, che dura fino al dicembre 1947, coinvolge Prefettura, Ministero e Con-

solato Generale di Parigi, il quale ultimo coinvolge anche la Prefettura di Polizia della capitale francese, nel tentativo di individuare la residenza dell’anarchico. Infine, il 30 aprile 1948, la ricerca si conclude con un messaggio favorevole del sindaco di Villeparisis, che afferma come: «In esito alla vostra lette-ra relativa al sig. Abbate Oreste, domiciliato in questo Comune, Passage des Preux, si comunica che dall’inchiesta effettuata in merito nulla di sfavorevole è risultato sul conto del predetto, il quale, prima della sua lunga malattia, lavorava regolarmente quale artigiano elettricista a Villeparisis ove godeva della stima di quella popolazione» 244. Ancora una volta sono le autorità locali francesi a tutelare questo antifascista emigrato dalla polizia del suo paese natale, che agisce in piena continuità con il precedente regime fascista (si badi alle date: quando inizia il carteggio, i governi di unità antifascista postbellici sono terminati da alcuni mesi; l’ultimo telespresso è spedito solo pochi giorni dopo la conquista della maggioranza assoluta della Democrazia Cristiana del 18 aprile 1948).

Dal 1946, infatti, presso il Ministero dell’Interno è stato attivato il “nuovo” Servizio Informa-zioni Speciali, nell’ambito di un processo di ricostruzione del vecchio apparato di polizia politica solo temporaneamente disarticolato dalla lotta antifascista. Secondo una circolare della Direzione Generale della P.s. le “nuove” schedature dovrebbero riguardare «tutti coloro i quali, per la loro attività politica, tendono a violare le disposizioni legislative emanate dallo Stato democratico contro il neo-fascismo; gli anarchici attivi, i quali, per definizione, sono contrari ad ogni legge ed organizzazione di Stato ed i violenti politici, cioè gli individui che, per attuare le loro idee politiche, non sentono alcun freno mo-rale e legale e si inducono a commettere azioni antisociali, come attentati individuali o terroristici, o a provocare, con deliberato proposito, gravi disordini» 245.

Si tratta di formule quanto mai ambigue, che permettono alle forze di polizia di controllare gli oppositori in forma particolarmente larga: come nel caso di Aldo Bortoluzzi, imbianchino e decoratore edile , già arrestato e condannato dal Tribunale Speciale nel 1931 per appartenenza al gruppo comuni-sta clandestino pordenonese, il cui fascicolo riporta anche di un controllo effettuato il 17 giugno 1958, quando ormai si sentono i primi climi di collaborazione di centro-sinistra 246.

243 Acs, Cpc, b. 3, f. 60638, Oreste Abbate, lettera del Ministero dell’Interno, S.I.S., sez. I^, Cpc, prot. n. 221-14706 del 23 luglio 1947 alla Prefettura di Napoli.244 Acs, Cpc, b. 3, f. 60638, Oreste Abbate, telespesso del Consolato Generale d’Italia al Ministero dell’Interno, S.I.S., sez. I^, Cpc, n. 4629 del 30 aprile 1948.245 La citazione proviene da una fonte insospettabile per un giudizio storiografico sulla restaurazione dei metodi della polizia fascista all’interno della struttura della sicurezza repubblicana: il sito internet del Ministero dell’Interno: cfr. la pagina http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/ministero/dipartimenti/dip_pubblica_sicurezza/direzione_centrale_della_poli-zia_di_prevenzione/scheda_liberazione.html246 Acs, Cpc, b. 774, f. 93898, Bortoluzzi Aldo. La documentazione relativa al 1958 non è però conservata nel fascicolo.

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Schede biografiche

Antonio Magoga, «fiero di appartenere al Comune di Pordenone,

che “i fascisti non poterono espugnare se non con l’aiuto dell’esercito”».

Appartiene ad una famiglia con-tadina di Breda di Piave (Tv) trasferi-tasi in Via Polcenigo, 3 a Pordenone nel 1915 (nella frazione cotoniera di Rorai Grande) e la sua vicenda illustra la presa dell’ambiente operaio sul-la nuova popolazione inurbata dalle campagne.

Inizialmente Antonio, nato il 28 agosto 1898, lavora come contadino ed aderisce al movimento socialista, poi nel 1924 emigra in Savoia con il fratel-lo Angelo - pure lui schedato come an-tifascista 247 - dove lavorano come mu-ratori. I Magoga si trovano nella stessa zona dove operano la famiglia Marzot-Pasquotti, il sindacalista socialista di Roveredo in Piano Pietro Babille 248 e pure Umberto De Gottardo.

Antonio Magoga viene defini-to nella schedatura come comunista pericoloso (è iscritto alla Rubrica di frontiera e al Bollettino delle ricerche), ma risulta però inizialmente attivista della Lidu ed appare in contatto con ambienti socialisti e repubblicani, come la Federazione delle Alpi promossa da Alceste De Ambris, il sindacalista rivoluzionario che a Fiume era stato stretto collaboratore di D’Annunzio.

«[...]l’individuo indicato in oggetto non tralascia occasione alcuna per sparlare pubblicamente contro il Regime La sera del 23 corrente [novembre 1930] in Annemasse nell’Hotel du Commerce raccontava pub-blicamente che al suo paese di Pordenone e dintorni erano stati licenziati in pochi giorni circa tre mila operai e che in Italia si muore di fame. Poi aggiunse che a Trieste, Pola, Gorizia, Torino, Milano e Como è già cominciata l’azione contro il Fascismo e che presto si vedrà scorrere del sangue nelle vie d’Italia...» Due mesi dopo, «Detto connazionale continua a mantenere cattiva condotta politica: prende parte a riunioni comuniste e fa propaganda delle sue idee avanzate. Giorni or sono, disse di essere fiero di appartenere al Comune di Pordenone, che “i fascisti non poterono espugnare se non con l’aiuto dell’esercito”. Aggiunse che spera di andare presto in Italia ad innalzare la bandiera rossa dove sventolò tanti anni, ossia sui cotonifici di Pordenone ed anche sul Municipio di Pordenone».

Irrequieto, Magoga ripete in ogni occasione che, non appena scoppierà in Italia la rivoluzione,

247 Acs, Cpc, b. 2933, f. 8555, Magoga Angelo, nato a Breda di Piave (Tv) il 7 aprile 1908 da Angelo e Maria Sartori, domiciliato a Pordenone e residente in Francia, falegname, antifascista, iscritto alla Rubrica di Frontiera, sorvegliato dal 1933 al 1943.248 Acs, Cpc, b. 228, f. 122, Babille Pietro Angelo, nato a Roveredo in Piano il 17 settembre 1883 da Antonio e Matilde Cadelli, residente in Francia, meccanico, schedato come: fuoruscito, socialista, pericoloso ed attentatore, iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle ricerche, sorvegliato dal 1925 al 1942.

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egli sarà il primo a piantare sulla torre di Pordenone la bandiera rossa 249. Non abbiamo a che fare con un parolaio, ma un uomo d’azione che aggredisce più volte espo-

nenti fascisti presenti fra gli emigrati. Nel periodo successivo, Magoga è attivo nella locale sezione comunista, nel Soccorso Rosso, nel Fronte Unico e nella costituzione di un circolo di cultura ad Anne-masse (salvo un trasferimento per un periodo ad Aix-les-Bains in Provenza per lavorare alla costruzione di un albergo) e partecipa alle iniziative sia nell’Alta Savoia che a Ginevra.

Il 25 agosto 1936 Magoga parte per la Spagna. Durigon ricorda l’incontro di quell’estate ad Albacete con Magoga ed altri compagni, e la sua morte successiva. Oltre alle informative dei servizi fascisti, ne dà notizia una lettera attribuita alla cognata:

«Annemasse lo 14.12.36Cari GenitoriSempre in ritardo – come d’abitudine. Ma questa volta con un motivo assai grave debbo dirvi e per voi ancora una volta qualche cosa vi darà dei pensieri e un gran dispiacere dopo che il fratello Antonio è partito da qui 25 agosto mi ha scritto a Parigi che mi disse di fargli il piacere di tenerli la sua corrispon-denza fino al suo ritorno e mi disse che aveva scritto a mamma che scrivesse con lo stesso indirizzo che il mio ò dunque ricevuto la vostra lettera che senza guardare il nome l’ò aperta. Visto ciò che li avete detto senza sapere più di voi mi sono visto nell’obbligo di tranquillizzarvi malgrado la mia ignoranza in ciò che succedeva da quale momento mi sono occupato a destra e a sinistra dai suoi amici per sapere se uno o l’altro sapevano qualche cosa questi giorni mi ànno affirmato che è partito in Spagna e li detta a questo amico che laggiù quando la guerra sarà finita ci avremo almeno del lavoro questo è tutto ciò che posso dirvi per il momento spero che a voi vi dia delle notizie ma me la guerra mi à fatto sempre troppo paura» 250.

Evidentemente solo successivamente giungerà al fratello Angelo la notizia della morte di An-tonio, avvenuta il 18 ottobre 1936 a Chapineria, durante un duro bombardamento che provoca fra i miliziani comunisti italiani della Centuria “Gastone Sozzi” ben tredici morti 251. Probabilmente la mancanza di notizie è dovuta alla contemporanea morte a Chapineria del trevigiano Fortunato Basso 252, partito insieme con lui da Annemasse per la Spagna.

Gli antifascisti italiani di Annemasse li commemorano insieme, il 29 giugno 1937:

«Particolare attività hanno avuto gli ambienti antifascisti della Alta Savoia in questi ultimi giorni prenden-do occasione, dall’annuale della morte di Matteotti e dall’arrivo ad Annecy di bimbi spagnoli la sera del 5 corrente ad Annemasse (dove già il 29 Giugno aveva avuto luogo una riunione per commemorare gli anti-fascisti Antonio Magoga e Fortunato Basso, caduti in Ispagna) e la sera del giorno precedente ad Annecy, hanno avuto luogo riunioni commemorative della morte di Matteotti. Oratore designato allo scopo era l’ex onorevole Modigliani, ma anche altre persone come Combais, segretario del Partito Socialista Francese e Bornaud, della C.G.T., ad Annecy, e Marcel Vigny di Ginevra, ad Annemasse, hanno colto l’occasione per parlare sulla situazione attuale, secondo il loro punto di vista, delle masse di fronte al Fascismo nel mondo e soprattutto in Ispagna.Potrebbe essere indice di tutto uno stato di spirito piuttosto depresso, ed è per questo che la rilevo, la frase pronunciata dal Modigliani ad Annemasse per simboleggiare riassuntivamente il “valore del sacrificio di Matteotti”: “Il n’y a pas besoin d’espérer pour agir” riportata nell’ampia cronaca che la “Depêche Dauphi-noise”, nella Edizione per la Savoia, ha dedicata alla riunione.La scarsezza degli italiani presenti (mancavano non pochi dei noti antifascisti del luogo) in un uditorio

249 Acs, Cpc, b. 2933, f. 17985, Magoga Antonio Angelo, comunicazioni del Consolato d’Italia a Chambery al Cpc del 25 novembre 1930, prot. n. 3474-Schedario, del 26 gennaio 1931, n. 252-Stralcio e del 29 aprile 1931 n. 1122 Sch.250 Acs, Cpc, b. 2933, f. 17985, Magoga Antonio Angelo, «Copia di una lettera revisione proveniente dalla Francia, con timbro postale 15.12.1936 Annemasse-Haute Savoie diretta al sig. Magoga Angelo Rorai Grande Pordenone-Udine Italia. Senza firma». 251 Acs, Cpc, b. 2933, f. 17985, Magoga Antonio Angelo, telespresso del Consolato d’Italia di Chambery al Ministero dell’Interno, n. 01134/775 del 22 maggio 1937; Puppini, p. 72.252 Acs, Cpc, b. 295, Basso Fortunato, nato nel 1898 a Zero Branco (Tv), residente in Spagna, contadino e muratore, comunista, sor-vegliato nel 1938. Sulla morte di Basso a Chapineria, cfr. 1936-1939 Elenco caduti Italiani in Spagna o nella resistenza, scaricabile dall’indirizzo internet: http://www.originifamiglialue.ch/page27.htm

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pochissimo numeroso sono stati notati ad Annecy. Ad Annemasse erano invece presenti almeno centocin-quanta fra i più noti sovversivi italiani della regione.Il 3 corrente, in occasione dell’arrivo di bimbi profughi di Spagna, manifestini volanti approntati dal locale Comitato di Soccorso sono stati largamente distribuiti in Annecy per evitare [sic] la popolazione a recarsi alla stazione all’arrivo di questo che è il primo gruppo di rifugiati diretti a quella città. Tali bimbi vengono naturalmente presentati come “orfani delle vittime di Hitler e di Mussolini» 253.

253 Acs, Cpc, b. 2933, f. 17985, Magoga Antonio Angelo, «Copia del telespresso del R. Consolato Generale d’Italia a Chabery N°

Acs, Cpc, b. 2933, f. 17985, Magoga Antonio Angelo, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., D.A.G.R., Sezione I^, «Connazionali deceduti in combattimento militanti tra le truppe rosse spagnole [...] primo

elenco – fornitomi dalla solita fonte fiduciaria che questo Regio Ufficio [Consolato Generale d’Italia a Salamanca] ha in Barcellona», 8 aprile 1937.

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Non avendo avuto alcuna conferma ufficiale della morte, le autorità fasciste continuano ad effet-tuare i periodici controlli fino all’inizio del 1942.

01765/1033 in data 15 luglio 1937 XV° diretto alla R. Ambasciata a Parigi e per conoscenza al Ministero Affari Esteri ed a Questo Mi-nistero avente per oggetto: “Attività antifascista in Alta Savoia”». Altro materiale su Magoga in: Acs, Pol.Pol., pacco 754, f. 50.

Acs, Cpc, b. 2933, f. 17985, Magoga Antonio Angelo, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., D.A.G.R., Sezione I^, «Connazionali deceduti in combattimento militanti tra le truppe rosse spagnole [...] primo

elenco – fornitomi dalla solita fonte fiduciaria che questo Regio Ufficio [Consolato Generale d’Italia a Salamanca] ha in Barcellona», 8 aprile 1937.

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Schede biografiche

Un Menocchio a Pravisdomini: le lettere di Carlo Marinato,

muratore italoargentino, sindaco e promotore del soviet di Pravisdomini.

Nasce a Buenos Aires il 10 aprile 1889 da Agostino 254 e Giuditta Mar-tin, originari di Pravisdomini, piccolo centro agricolo nella Bassa Pordeno-nese. Muratore naturalizzato argenti-no, risiede in Argentina ma mantiene il domicilio a Barco di Pravisdomini, dove abitano la moglie Caterina Fan-tin (nata a Pravisdomini nel 1889 da Giobatta e Laura Pellegrini) e la figlia. Socialista, è iscritto alla Rubrica di frontiera; viene sorvegliato dal 1927 al 1942 255.

Fino al primo decennio del ‘900 la situazione sociale e politica è priva di avvenimenti, rimanendo i conta-dini sotto il tallone di ferro di grandi proprietari di origine ancora feudale: come i nobili Panigai e Frattina, che amministrano il comune con un’alter-nanza fra i membri delle due famiglie. Negli anni precedenti la guerra mon-diale sorge un primo nucleo socialista; nel dopoguerra il Psi, dapprima debo-le elettoralmente, cresce in maniera esponenziale conquistando l’ammini-strazione comunale. E questa, diretta

254 Cfr.: Acs, Cpc, b. 3064, f. 88730. Nato a Pravisdomini il 28 agosto 1851 da Carlo e Giovanna Pellegrini, muratore, residente a Pravisdomini, antifascista, radiato, morto, documenti dal 2 novembre 1926 al 28 marzo 1931. Viene denunciato dai carabinieri di San Vito al Tagliamento per offese al Capo del Governo il 19 settembre 1926. «Il Marinato Agostino, dato anche la sua tarda età, quantunque non dissenta dalle idee del figlio, non è ritenuto individuo pericoloso». Il Ministero invece, nonostante si tratti di un settantacinquenne evidentemente esacerbato per la persecuzione nei confronti del figlio, costretto all’emigrazione dai fascisti, richiede «di disporre sul mede-simo una conveniente vigilanza riferendone». Viene assolto il 16 dicembre 1926 per insufficienza di prove. Cinque anni dopo, sprezzanti del senso del ridicolo, i controllori fascisti propongono di radiarlo dal Cpc, notando perspicacemente il venire meno dell’atteggiamento antagonistico in una persona ormai quasi ottantenne. Nel frattempo, un timbro apposto sull’ultima corrispondenza ministeriale, con la quale viene dato il nulla osta alla radiazione, ci avverte della morte del sorvegliato.255 Cfr.: Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo; Bettoli, 2003, ad indicem; Degan 1975. Mentre la documentazione relativa ad Agostino Marinato (compilata tutta in Italia) è scritta con una “t” sola, quella relativa al figlio (di ambiente sia italiano che argentino) è generalmente invece scritta con due “t”. Nel fascicolo relativo a Carlo, egli viene catalogato come «Marinatto», mentre Marinato è riportato nel riquadro riservato agli pseudonimi; nella documentazione sono più volte riportate correzioni che aggiungono la seconda “t”. Forse questa ambiguità è prodotta dallo stesso Carlo: nella firma sulla foto inserita nel fascicolo, Carlo firma con una “t” sola, ma lasciando il cognome tronco, come vedremo anche nelle firme di due delle lettere sequestrate e qui riprodotte. Nella terza lettera, egli firma invece con due “t”. Probabilmente quindi la stessa documentazione è influenzata dall’uso dialettale. Nel testo, ho optato per la versione Marinato, salvo mantenere la doppia nella riproduzione dei testi originali.

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da Marinato, non esita a prendere provvedimenti estremi per dare forza al movimento contadino: come la proclamazione di un soviet per amministrare le proprietà e piegare così gli agrari. Un’esperien-za stroncata dalla dura repressione da parte delle autorità statali e dalla successiva rivincita degli agrari, ed accompagnata da una personale persecuzione nei confronti del sindaco, derubato e poi accusato di appropriazione di fondi comunali. Accusa da cui per altro Marinato esce pienamente assolto nel febbraio 1922, dopo due mesi di carcere preventivo: per assurdo, mentre le squadre fasciste ormai dila-gano incontrastate, la magistratura lo condanna solo per il possesso di quella pistola che non era servita a difenderlo dai predoni neri! Come per altri amministratori di estrazione popolare, sul suo operato di sindaco pesa il violento pregiudizio dei maggiorenti che - per la prima volta - si sono visti sottrarre le leve del potere ed hanno dovuto sopportare l’onta di un’amministrazione divenuta strumento della lotta di classe dei contadini. Anche negli altri comuni socialisti, la vittoria fascista viene festeggiata a suon di detassazioni per i proprietari e tagli alla spesa pubblica, fatti passare per il ritorno alla ordinaria amministrazione.

«Il nominato Marinato Carlo, appena cessata la guerra e congedatosi dal servizio militare si rilevò un fanatico socialista ed in Pravisdomini (Udine) fece intensa ed efficace propaganda sovversiva. E’ dotato di una certa intelligenza che supplisce alla deficenza di cultura. Presentatosi alle elezioni amministrative quale candidato a consigliere per il Comune di Pravisdomini venne eletto e nominato Sindaco, carica che tenne dal Dicem-bre 1920 all’ottobre 1921 con grave discapito degli interessi del paese e per l’assoluta incapacità di ammini-strare. Nel 1920 venne denunciato all’Autorità Giudiziaria per aver tolta con violenza la bandiera Nazionale esposta dalla sede del Comune in occasione del genetliaco di S.M. il Re ma non è stato possibile conoscere l’esito del relativo procedimento. [...] E’ elemento pericoloso per l’ordine e la sicurezza Nazionale».

Lo stringersi delle maglie della repressione fascista induce Carlo Marinato all’espatrio: «temendo d’essere sottoposto ad un provvedimento di polizia, si arruolò nell’esercito argentino, ed ottenuto con quello la cittadinanza, con passaporto rilasciatogli dal Console di quella repubblica in Venezia, riuscì nel 1927 ad espatriare, recandosi a Buenos Aires» 256.

Alla fine del 1930 Carlo Marinato, che secondo Teresina Degan è dapprima espatriato in Austria (probabilmente per potersi imbarcare per l’Argentina da un porto di un altro paese europeo) risiede «in Calle Colon N° 52 Alberti (F.C.O.) Buenos Ayres». Nel 1933 si riferisce che «secondo notizie pervenu-te dalla R. Ambasciata di Buenos Aires, il Marinatto, che in primo tempo sembrava simpatizzasse pel Regime, ora, pare, invece, che continui a nutrire principi socialisti, dei quali, però, non fa propaganda». Questa notizia, che smentisce il presunto attenuarsi dell’antifascismo di Marinato, viene confermata tre anni dopo: «Risiede tuttora in Argentina: dove, secondo quanto ha segnalato il R. Agente Consolare di Chivicoy, esplica attività antifascista. In data 15.1.1937 è stato segnalato per l’iscrizione in R.F. per il provvedimento di perquisire e segnalare». Ormai sono scoppiate la guerra di Etiopia e quella di Spagna, 257 e lo scontro internazionale fra il fascismo ed i suoi avversari chiama alla lotta. Nel secondo trimestre del 1937 Marinato si trasferisce e le autorità consolari fasciste perdono i contatti per sei mesi, finché lo rintracciano, a fine anno, a Buenos Aires in Via Vaccareza 328 258. A metà del 1938 si segnala che «invia spesso a conoscenti e parenti, residenti in Pravisdomini, lettere di contenuto antifascista, dimostrandosi acerrimo avversario del Regime». All’inizio del 1939 si segnala che Carlo Marinato ha acquisito la citta-dinanza argentina, ma i controlli procedono con sistematicità, fino al 1942. 259

256 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, minuta della lettera del Cpc al Ministero degli Affari Esteri ed alla Prefettura di Udine, del 15 maggio 1942, prot. n. 28309/430.257 Secondo il Mininistero dell’Interno, Carlo Marinato, dopo aver raggiunto l’Argentina, «a quanto riferito da quelle nostre RR. Rappresentanze, ha continuato a professare principi socialisti, diffamando il Duce il Fascismo e simpatizzando per l’Etiopia e per la Spagna repubblicana». Cfr.: Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, minuta della lettera del Cpc al Ministero degli Affari Esteri ed alla Prefettura di Udine, del 15 maggio 1942, prot. n. 28309/430.258 In un successivo controllo il numero civico sarà indicato al 398: cfr. Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, Prefettura di Udine, scheda biografica del 4 ottobre 1939, prot. n. 09653 Gab.259 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, Prefettura di Udine, schede biografiche del 30 dicembre 1930, prot. n. 05322 Gab. P.S. e successive; del 29 settembre 1933, prot. n. 016680 Gab.; del 2 febbraio 1937, prot. n. 01209 Gab. (relativa al 4° trimestre 1936);

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In ogni caso, Marinato «è tenuto d’occhio dalla Polizia locale, quantunque osservi attualmente buona condotta in genere»: la collaborazione internazionale fra le polizie vede quindi quella argentina fornire materiale a quella italiana, incurante del fatto che ormai si tratti di un cittadino di quel paese. Nel febbraio 1942, secondo il consolato di La Plata, Marinato continua a risiedere ad Alberti, nell’area bonaerense, «dove continua a svolgere propaganda contraria al nostro Paese». Nelle note appuntate direttamente dai funzionari della polizia politica italiana sulla lettera proveniente dall’Ambasciata di Buenos Aires, e destinate alla Prefettura di Udine, si aggiunge: «con l’occasione si prega far conoscere quale sia la posizione militare del Marinatto, e se a suo carico vi siano mandati giudiziari tuttora ese-guibili». Pendenze giudiziarie per altro escluse dalla Prefettura di Udine. 260

Il passaggio successivo è una missiva del Ministero dell’Interno a quello degli Esteri, nella qua-le si riassume l’attività politica prebellica di Marinato e si propone di inserirlo anche alla Rubrica di frontiera per respingimento. Proposta accolta dal Ministero degli Esteri con telespresso del 2 giugno ed annotata il 10 successivo. La vicenda investigativa a proposito di Marinato si conclude con un vizioso doppio giro di corrispondenze per correggere la sua data di nascita, comunicata inizialmente in forma errata. 261

Se le prime indagini a carico di Carlo Marinato sono collegate all’ira paterna verso la causa delle disgrazie della famiglia e del popolo italiano, il suo ritorno alla politica attiva dopo l’inizio della guerra di Spagna viene confermato dai sequestri della corrispondenza inviata alla moglie Caterina Fantin, rimasta nella natia Pravisdomini in frazione Barco insieme alla figlia ventottenne Ines. Ovviamente «entrambe risultano di buona condotta morale e politica», anche se né noi, né i censori, possediamo la testimonianza delle loro sensazioni di fronte alle chiare corrispondenze del loro congiunto esiliato oltreoceano. Le lettere intercettate si susseguono dal gennaio 1937 al 1941. 262

La prima è datata «Alberti 5 giugno 1938», firmata «Carlo Marinat» ed è spedita a Giacomo Moro di Pravisomini:

«Pensando un po’ agli avvenimenti passati e presenti, fare un computo e guardare il risultato, verrebbe la voglia di eliminarsi da questo mondo della vergogna. La verità è, che si incontriamo al culmine della deca-denzia sociale. Il culmine, voglio dire che ben presto si darà volta la manovela. La tirania già passò il sistema del medio evo. E come hai tempi dei Borgia salgono come i funghi i padri Savanarola, semente, che per la sorte della umanità non è possibile estirpare. Spagna sarà il termine dell’orgia fascista. Ivi sarà la sua tomba con il nefasto condotiero, il pirata che sobrepassò la Rata del Mare Carribe. E voi piccoli uomini che non tenete altra capacità che quella di prostituirvi, potete seguire l’orgia macabra che il nefasto Tirano vi ha imposto, non tenete altro rimedio. Molto in là siete andati per poter retrocedere impunemente, molto lorde di sangue sono le vostre mani per poterle lavare sin mesnimas.Nessuno si sarebbe immaginato che la stirpe Italica (otterrà rispettata e amata da tutto il mondo) fosse ca-duta in uno stato di barbarie e depravazioni da essere odiata e disprezzata da tutto l’universo. Che vi dice la vostra coscienza? Coscienza...!! vi può essere coscienza, vi può essere vergogna in un postribolo? Sarebbe il colmo. Voi che siete del paradiso terrestre (ciò grazie al vostro Duce) non vi potete dar ragione della vergogna e beffa che passate, a causa che vi piace vivere nella oscurità. Però... non vi dite niente la miseria in cui siete caduti? Consta che l’80% dei piccoli proprietari vivono in afitto, e ciò vuol dire che si vive in un paradiso

del 7 luglio e del 24 dicembre 1937, stesso protocollo; del 2 ottobre 1938, prot. n. 014249; del 1° aprile 1939, prot. n. 09653 Gab. e successive fino al 12 aprile 1942, prot. n. 010003 Gab.260 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, lettera dell’Ambasciata italiana di Buenos Aires, Ufficio Riservato, al Cpc, del 30 gennaio 1939, prot. n. 5243 e telespresso della stessa Ambasciata al Cpc del 4 febbraio 1942, prot. n. 5039, con appunti per la compilazione della lettera del Cpc alla Prefettura di Udine del 6 aprile 1942, prot. n. 18156/430; lettera di sollecito del Cpc a Prefettura di Ud del 12 maggio 1942, stesso protocollo; lettere della Prefettura di Udine al Cpc del 1° e del 22 maggio 1942, prot. P.S. n. 0100003 Gab.261 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, minuta della lettera del Cpc al Ministero degli Affari Esteri ed alla Prefettura di Udine, del 15 maggio 1942, prot. n. 28309/430; telespresso n. 5451 del Ministero degli Affari Esteri al Cpc del 2 giugno 1942, prot. B. 63 16301; lettera del Cpc alla Divisione Polizia Frontiera e Trasporti, Servizio rubriche di frontiera del 10 giugno 1942, prot. n. 93790/430 e minuta della lettera del Cpc alla Prefettura di Udine, pari data e protocollo; lettera della Prefettura di Udine al Cpc del 23 giugno 1942, prot. n. 0100003 Gab. P.S. e lettera del Cpc alla Divisione Polizia Frontiera e Trasporti, Servizio rubriche di frontiera del 4 luglio 1942, prot. n. 98671/430.262 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, lettere della Prefettura di Udine al Cpc del 18 gennaio 1937, prot. Gab. P.S. n. 01209; dell’8 luglio 1938, prot. Gab. P.S. 031768 e del 12 ottobre 1938, stesso protocollo.

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d’inferno. Ora poi vi è giunto l’ordine di strngere un po’ di più il cinturone, è una manna che vi cadde dal cielo per opera e volontà del vostro santo padre e signore Duce; e non andrà molto tempo che dovrete man-giare il pane di sorgo, ciò, per completare il paradiso della Mussolandia. Sia detto, che in compenso vi ha datto un Impero, che a tutt’oggi non si sa qual fine avrà. Ora, il supremo filibustiero vi manda al macelo per conquistare il Mare nostrum, e in questo mare nostrum incontrerete ciò che vi siete meritati per tutto il bene che avete proporzionato all’umanità massacrando donne, bambini, vecchi e infermi, e per avervi conquistato con tante prodezze il tittolo di pirati. Voi che vivete nella completa oscurità per ordine e volere di un pazzo criminale, non vi rendete conto di tutto ciò, mentre che tutto il mondo tiene in suo potere la prova irrefutabile di tutte le barbarie consumate e che state consumando come pure la prova irrefutabile della vostra miseria corporale e mentale».

Questo testo, in cui le defaillances sintattiche di un autodidatta e la mistura fra l’italiano e gli spagnolismi sono ampiamente sopravanzate dalla potente capacità polemica e da immagini evocative di grande emotività, è rivolto ad un compaesano di opposta fede politica: infatti «il destinatario si iden-tifica per Moro Giacomo fu Francesco e fu Franchi Silvia, nato a Pravisdomini il 23.2.1893, impiegato comunale, il quale risulta di buona condotta morale e politica ed iscritto al P.N.F. dal 15.10.1922». Nonostante sia diretta ad un camerata ante-marcia legato al regime da un buon posto nel potere locale, i censori avvertono che alla lettera non è stato dato corso. Il timore che le chiare argomentazioni sui disastri dell’imperialismo fascista, e sul discredito gettato su tutto il popolo italiano dal regime, possano far emergere qualche realistico dubbio, è troppo forte 263.

La lettera alla moglie è del 14 agosto, accompagnata da numerosi ritagli di giornale: si tratta so-prattutto di vignette satiriche, rivolte in gran parte ai due dittatori fascisti alleati, Mussolini ed Hitler, ma anche di una tabella sui 10.709 bambini spagnoli uccisi, ed i 15.320 feriti dai bombardamenti delle aviazioni italiana e tedesca sulle città spagnole, accompagnata da un commento autografo di Marinato: «Gesta eroiche del fascismo». Marinato, fin dalle prime battute, ironizza sulla censura fascista, di cui è pienamente cosciente, che legge le sue corrispondenze:

«Impressioni del momento sopra Spagna dedicate alla mia cara signora, bene inteso con il permesso della sbirraglia fascista. Ogni qual volta che si sveglia la linea di avanguardia fronte all’azione del fascismo, rissorge a maraviglia nuovi contingenti umani finché la resistenza si incarna, riafirmando glorie passate e ottenute in questa sublime. Lo spirito di lotta tempra il sentimento di classe, in ribelione congenita di chi come i combattenti formano prima che l’esercito dove che la sforzata milizia costituiva con il suo spirito ribelle na-turale, la opposizione più solida, di fronte alla oppressione e alla ingiustizia capitalista. Il sedimento di quella lotta e il riflesso della tragedia attuale di modo un equivoco. La esistenza, come il brio della accometida che costituisce in ogni individuo della confederazione generale del lavoro, la caratteristica più distaccata, si ascusa dove la sua presenza. Impiazata nei fianchi più vulnerabili; di fronte allo spirito belico della macchina Italo-Germanica, rende il massimo, fortificando il “non passeranno” con rassegnata rottondità. Perché ogni combattente è un nemico dichiarato dell’invasore e un lottatore di altro tempo. L’estoicismo dei combattenti antifascisti con valore cosciente rivoluzionario che tante volte alentò verso la sua netta la libertà individuale e colettiva minacciata il fascismo si abbatterà di fronte alla barrera insormontabile di uomini che difendono facia alla morte la indipendenza della libertà e del diritto delle genti con il dirito della libertà determinazione del suo futuro. La medesima incorompibile valentia i medesimi uomini di netta precedenza il medesimo impeto che illumina spendosamente le giornate ecelse di luglio, che fecero di Madrid una barriera insormon-tabile, che trionfò in Guadacara e Pegnaron che avanzò in Belcite e reso a Teruel, e colui che lotta nelle trince dell’evante e impedisce il disarogio della concuista del fascismo, le unità di azione di aciaio confederale, vendicano il suo posto d’onore nella avanzata, metralia e aviazione, tuuche e artilieria, come forza che si di-sborda in corrente sopra la linea di fuoco della indipendenza e della libertà, non cedono un palmo di terreno ove i lottatori palpitano all’unissono i loro quori e si templano i nervi di acciaio disposti di vincere o morire. La brisa Mediterranea bacia già il fronte degli eroi Castiliani. Castillia e Levante, avanzando repentinamente sopra il suolo invaso, abraccerà a Catalugna mentendo la prepotenza armata del fascismo, che ha potuto ottenere parzialmente realizzazioni immediate incapace di rompere la magnifica architetura della resistenza. Resistenza significa derota inieludibile della pirateria fascista» 264..

263 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, lettera della Prefettura di Udine al Cpc del 30 luglio 1938, prot. Gab. P.S. n. 031768 ed allegata copia dattiloscritta della lettera.264 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, lettera della Prefettura di Udine al Cpc del 12 ottobre 1938, prot. Gab. P.S. n. 031768 ed allegati la copia dattiloscritta della lettera ed otto ritagli dal giornale argentino «Critica»». Lettera firmata «Carlos Marinat», datata

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Schede biografiche

Una terza lettera intercettata - anche questa inviata alla moglie - è della fine del 1940, quando l’Italia è ormai entrata nella guerra mondiale. E l’affetto per la moglie non può impedirgli di pole-mizzare tanto ironicamente quanto nettamente, nei confronti dei timori comunicatigli da lei, e della sua visione cattolica e filofascista delle cose del mondo e del ruolo bellico dell’Italia. E qui, parlando di chiesa, Marinato utilizza il latino chiesastico - forse frutto dell’educazione giovanile, ma forse più probabilmente della lettura dei giornali satirici come «L’Asino» e delle polemiche anticlericali sui gior-nali socialisti - nel quale riesce ad esprimersi con una proprietà che illumina la sua ampia, per quanto lacunosa, cultura, ed un senso delle cose del mondo che, forse per vicinanza geografica, ci ricorda le teorizzazioni di un altro grande dissidente friulano, Domenico Scandella, detto Menocchio, da Mon-tereale, l’ultima vittima della repressione mortifera dell’inquisizione concordiese. Con il sicuro tono discorsivo del grande polemista, Marinato mette in discussione il ruolo consolatorio ed ausiliario del potere svolto dalla chiesa cattolica, in particolare a sostegno del regime fascista dopo il Concordato del 1929, e delle sue imprese coloniali ed imperiali. Ovviamente anche le lettere alla moglie non vengono recapitate, ma sono trattenute negli archivi di polizia.

«Carissima moglieCome mi palpita il cuore dall’emozione al pronunciare la tanto dolce, la tanto angelica parola moglie. Da tempo ricevei lettera di Artemio (sappi che colui che scrive è quel tuo marito he ti manda certe lettere che ti mettono terrore, pregoti perciò prima di continuare di metterti la maschera contro i gas che potrebbero emenare da questo terrorifico scritto) la quale mi manda da leggere la tua che gli mandasti in risposta alla visita che mi fece in Alberti Il tuo scritto non è per me nulla una novità, essendo sempre il medesimo di 20 anni fa. Le verità che dici, sono verità apparenti una parte l’altra parte non tiene fondamento alcuno. Tu analizzi le cose e i fatti con la mentalità del prete, e ivi sta il tuo errore. Se il tuo è un analisi. Vedo nient’altro, che sei una buona seguace della Santa Religione Catolica, Apostolica Roma. Detta religione insegna (così mi diceva il Santo del molto Parroco e poco Reverendo Don Massimo Simoni) di sopportare pazientemente, e con santa rassegnazione, tutti i rovesci della vita. Privazioni, disgusti, peste, fame et belum, che l’altissimo a predestinato, sia in comunità, o a ogni singolo mortale. Per esempio: Se il grande condotiere (assicurati bene la maschera) dei grandi destini Italici dice che dovete sacrificarvi tutti, per la conquista dell’Impero, che dovete dare volontariamente... tutte le vostre ricchezze (ai Condottieri) anello matrimoniale etc. etc. per mandare al macello i figli d’Italia, e disseminare le sue ossa nei campi d’Africa, di Spagna, di Grecia, di Egitto, e nel fondo dei mari, ciò è per volontà dell’Altissimo, che, secondo la teoria della suddetta religione, ogni buon cattolico, deve accettare come castigo dai peccati commessi. E che al medesimo tempo serve come premio per la conquista del celeste paradiso (fac simile dell’Italico Impero) sempreché, detti soffrimenti, e dette privazioni sono sopportate e accettate senza muovere il becco, cioè, senza protesta alcuna, e all’ora si avrà conquistato la felicità eterna. Certo poi che detta felicità sarà dopo la morte, meglio dopo che mai. Vedo che sei nel cammino della perdizione (questo dico per tutti i miscredenti che non tengono fede in Dio Benito) col non accettare rassegnatamente l’Inferno della vita. Se tutto ciò è per volontà del Dio dei cieli e Benito della terra, perché lagnarsi? Devi tenere un po’ di più fede mia signora, non importa se in Dio o in Benito, però si di tuo marito. Credo si approssimi il giorno in cui potrò spiegarti bocalmente ciò che in una lettera non posso spiegarti: non per timore della censura, non mi spaventa la vendetta degli assetati di sangue in camicia negra, gli è che mi soddisfa di più. Se il tono delle mie lettere non è mai di tuo aggrado, non tengo io la colpa, bensì gli avvenimenti e in parte tu pure, per la tua coscienza di non voler comprendere ne di cercare di comprendere. La tua poca comprensione si nota nell’avermi calcolato pazzo nell’eleggere le mie lettere. Ivi, nell’ignoranza e cotardia in cui siete caduti, per opera e volontà delle Belve (dura la maschera) mussoliniane, per l’egoismo bestiale dei quattro magnati della Santa... Madre Chiesa coalizzati ad altri quattro magnati del capitalismo, è molto facile e comodo calcolare da pazzo a chi dice la verità. Don Massimo Simoni diceva: Carletto, figere e non inteligere... Sono certo che neppure questa sarà di tuo aggrado, però non ti affliggere per tanto poca cosa, solo ti dico di scrivermi. Non importa quello che mi scrivi, non perché tenta interesse; solo m’importa che mi scrivi.Non mi allungo di più, presto avrò un’altra visita di Artemio?Ti saluto unita a tutti di costì. Unisco pure tanti saluti agli sbirri della censura e a tutte le anime vendute compartecipi di tutte le nefaste gesta del nefasto fascismo, che il Dio gli aiuti nel giorno della resa dei conti che pronto si avvicina. Si scopron le tombe si levan i morti...Tuo marito Carlo Marinatto» 265.

«Alberti 14 agosto 1938».265 Acs, Cpc, b. 3064, f. 430, Marinato Carlo, lettera della Prefettura di Udine al Cpc del 13 marzo 1941, prot. Gab. P.S. n. 07717 ed allegata la copia dattiloscritta della lettera datata «Alberti 15/12/1940». Sottolineature nell’originale.

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Dalle fonderie del Pays noir all’arte muraria in Aquitania:

Alberto Masut di Caneva, 86^ Brigata.

Nasce a Caneva il 29 luglio 1909 da Pietro e Lucia Manfè. Muratore, è schedato come antifascista dal 1939 al 1943 ed iscritto alla Rubrica di fron-tiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto 266.

Secondo Puppini, Masut è at-tivo fin dal 1935 nelle organizzazioni comuniste di lingua italiana e si ar-ruola in data imprecisata nella Brigata “Garibaldi”, della quale diventerà te-nente 267. Altri aspetti poco conosciuti del suo periodo spagnolo possono es-sere letti fra le righe della deposizio-ne rilasciata al commissario Bispico al momento del ritorno in Italia:

Sono espatriato, con regolare passa-porto, il 23 dicembre 1920, per il va-lico di Bardonecchia, assieme a mio padre, recandomi nel Belgio, dove mi stabilii ad Erquelinnes (Charleroi) Rue de Montagne. Trovai lavoro presso uno stabilimento industriale, rimanendovi per circa 2 anni. Nel dicembre del 1925 mi trasferii a Marchienne-au-Pont (Charleroi) occupandomi nella fonderia “Providence” e prendendo domicilio al n° 1 di Rue Beaumont.Non essendovi più lavoro, nel marzo del 1930 emigrai in Francia a Moissac (Tarn et Garonne) dove lavorai come muratore presso la ditta De Brocca e stabilendo il mio domicilio a St. Nicolas de La Grave.Terminati anche ivi i lavori e non avendone in vista altri, nel marzo del 1937, decisi di recarmi in Spagna, dove, dai compagni di lavoro, avevo inteso dire che vi erano delle ottime possibilità per prestare la mia mano d’opera. Infatti il 7 di detto mese giunsi in Ferrovia a Perpignano, da dove raggiunsi il confine franco-spagnolo che varcai poi clandestinamente a piedi, giungendo l’8 successivo a Port Bou, da dove, nello stesso giorno arrivai a Barcellona. Ivi fui fermato dalla polizia spagnola perché sprovvisto di documenti. Saputo che andavo in cerca di lavoro mi proposero l’arruolamento volontario nelle milizie rosse spagnole, dove avrei potuto trovare lavoro presso l’Intendenza dell’esercito repubblicano.Avendo accettato, il 25 marzo successivo raggiunsi Albacete e da lì pochi giorni dopo, Cordova, dove fui vestito da miliziano, armato ed assegnato all’86^ Brigata Spagnola, prestando servizio presso l’Intendenza di detta unità. A Cordova rimasi per circa 18 mesi sempre addetto all’Intendenza della mia unità, dove lavoravo come scaricatore alla ferrovia ed ai magazzini di approvvigionamento dell’Intendenza.Durante tutto questo periodo non ho preso parte a nessun combattimento ed azione, non essendomi mai spostato oltre i sobborghi di Cordova. Il 25 settembre 1938, in seguito al ritiro dei volontari, fui trasferito a Valencia, da dove nel gennaio del 1939, raggiunsi in piroscafo Barcellona.

266 Acs, Cpc, b. 3149, f. 30437, Masut Alberto.267 Puppini, p. 186.

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Schede biografiche

Ivi dovetti attendere il turno per il ritorno in Francia, che si presentò verso la fine dello stesso mese.All’atto del mio rientro in territorio francese fui arrestato dalla polizia francese ed incarcerato nel campo di St. Cyprien. Nego che durante le tre settimane circa, della mia permanenza, nel mese di gennaio a Barcellona in attesa del mio turno per ritornare in Francia, io sia stato assegnato col grado di caporale, ad un battaglione di mitraglieri, costituitosi dopo la caduta di Barcellona. Dal campo di concentramento di St. Cyprien dopo 2 mesi passai al Campo di Gurs, dove rimasi fino all’aprile del 1940, data in cui fui trasferito a Vernet 268.Dal quale campo, il 25 settembre 1941, fui dalla polizia francese accompagnato alla frontiera italiana di Mentone dove fui arrestato dagli agenti di P.S. [...] 269.

Quindi Masut, emigrato in tenera età con il padre per essere avviato al lavoro, secondo una consuetudine dell’emigrazione stagionale, fa le sue prime esperienze industriali in Belgio, per poi spo-starsi in Aquitania, inserendosi nel mercato dell’edilizia. In realtà, quella del 1920 verso la Francia è un’emigrazione familiare, che tende a diventare definitiva, e non a caso Masut non rientrerà più in Italia se non per sfuggire al campo di concentramento francese nel 1941 270. La sua ultima residenza, dopo Moissac, sarà Agen, nel Lot-et-Garonne, dove si impiegherà nell’impresa edile di Giuseppe Fab-bro 271.

Dopo il rientro in Italia, Masut viene assegnato al confino a Ventotene per tre anni.

268 Nel fascicolo di Masut sono presenti vari elenchi di italiani detenuti a Vernet da rimpatriare nel 1940 e 1941, fra i quali un «Elenco dei connazionali detenuti o internati in Francia ed appartenenti a partiti estremisti i quali hanno manifestato il desiderio di rimpatriare», con brevi cenni biografici. L’elenco, del novembre 1940, comprende rinchiusi a Vernet (fra i quali tre albanesi e due sammarinesi com-battenti in Spagna) ed ad Argelès .269 Acs, Cpc, b. 3149, f. 30437, Masut Alberto, verbale dell’interrogatorio presso la Questura di Udine, 27 novembre 1941.270 Acs, Cpc, b. 3149, f. 30437, Masut Alberto, R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R. Sez. 1^, prot. n. 01234 Gab. P.S. del 14 febbraio 1941.271 Acs, Cpc, b. 3149, f. 30437, Masut Alberto, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione I^ al Cpc, prot. n. 441/06227 del 29 aprile 1942, con allegata scheda ricavata dagli archivi dell’Unione Popolare Italiana.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Nelle Brigate Internazionali per fuggire dall’Unione Sovietica.

L’astuzia di Costante Masutti, ardito del popolo.

La figura di Costante Masutti è una delle più importanti fra i dirigenti politico-sindacali del movimento ope-raio pordenonese della prima metà del ‘900 272.

Originario di Prata, Masutti inizia fin da giovane l’attività di ope-raio edile nell’emigrazione in Svizze-ra, dove si avvicina al socialismo ed al sindacato. Nel primo dopoguerra, è il segretario della Lega degli edili di Por-denone che, con centinaia di aderenti, è la più forte e combattiva struttura della Camera del Lavoro e di tutto il sindacato friulano. Masutti aderisce fra i primi al Pcd’i ed è fra gli orga-nizzatori delle “Barricate di Torre” del maggio 1921, sulle quali lascerà una più tarda testimonianza teatrale 273. Dovrà poi fuggire da Pordenone dopo uno scontro con una squadra fascista che gli tende un agguato l’8 giugno 1921, nel quale Masutti riesce ad ave-re la meglio, uccidendo il capo degli squadristi. Inizia così un percorso di esilio, dapprima in Francia e poi in Unione Sovietica, dove Masutti è attivo sia come esponente del collettivo dei comunisti italiani che come operaio stakhanovista. Lì assume lo pseudonimo “Garatti” come nuovo cognome per tutta la famiglia. Preso di mira dalla repressione staliniana (di cui è vittima diretta il genero Emilio Guarna-schelli 274), Masutti dimostra una notevole presenza di spirito, che gli permetterà di essere fra i pochi che riescono ad uscire dall’Urss sfuggendo alle persecuzioni. Attivo nelle reti trozkiste, Masutti ritorna presto in seno al Psi mantenendo posizioni rivoluzionarie e – significativamente, vista l’esperienza vissuta – mai anticomuniste 275.

Fra il 1945 ed il 1949 sarà attivo dirigente del Psi e della Cgil pordenonesi; una volta rientrato in Francia, sarà il segretario della sezione di Parigi e poi della federazione francese del Psi fino alla morte nel 1960.

272 Alla sua figura è dedicato l’articolo di imminente pubblicazione: Bettoli, 2008.273 Un episodio della guerra civile in Italia. In Pordenone maggio 1921, integralmente riprodotto in: Degan-Bettoli, pp. 12-24.274 Le cui lettere, raccolte dalla moglie Nella in: Guarnaschelli, costituiscono la prima testimonianza del tragico destino dei comu-nisti italiani in Urss destinata ad un vasto pubblico.275 Cfr. la sua lettera ad Ernesto Oliva in: Degan-Bettoli, pp. 73-75.

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Schede biografiche

Per Masutti – come per alcuni altri comunisti italiani in Unione Sovietica 276 - l’arruolamento nelle Brigate Internazionali diventa una delle opzioni di salvezza. Fra le sue carte si trova questa lettera indirizzata a Vittorio Vidali, inviata con l’evidente obiettivo di ottenere il suo sostegno presso le auto-rità sovietiche per l’arruolamento in Spagna:

«Al Comp. Carlos Comandante 5° Reggimento d’acciaioMadrid

Scusami se così direttamente voglio rubarti un istante per esprimerti la mia ammirazione, la seria sim-patia, e i miei auguri i più ferventi per l’ardua e alta mansione che ti incombe di questi giorni dove tutto il mondo del lavoro guarda con accentuata angoscia e speranza a voi.In seguito a richiesta da me fatta agli organi responsabili pure a me fu concessa l’autorizzazione di rag-giungere il campo di battaglia come voi, ma a ragione di certe pratiche burocratiche e formali questo va per le calende greche, e intanto il tempo passa.Ho 46 anni Vittorio, non sono nemmeno uno dei più robusti, anche se qui mi àn retribuito l’onorevole titolo di Stacanov, e ottenni il primo premio di Stacanov della città di Mosca, per il lavoro di intonaca-tura (stuccatura) e ora guadagno assai bene.Però il mio posto conto sia più utile là, in quel fronte, anzi che in questo.Ho fatto la guerra, fui scelto tiratore di fucile e poi per 2 anni mitragliere. Conosco sufficientemente la mitragliatrice Fiat, e la Santatien 277 francese. Possiedo certe qualità di iniziativa, sono militante da circa 30 anni, organizzai alquanti movimenti operai, e fra l’altro anche le barricate nell’anno 1921 a Torre di Pordenone mio paese d’origine di cui forse ancora ricordi. Per tutto ciò e altro ancora mi autostimo abile in prima linea sotto ogni aspetto, tanto più guadagnando ora anche il mio Angelo, e la mia com-pagna, quel minimo necessario per poter vivere, e stante anche di averne il loro consenso e quello del partito italiano. Così che ti supplicherei a voler fare del tuo meglio sia nel rimettermi o rimetter un rigo a chi tu possa ritenere più adeguato onde solicitarne la mia partenza.Nella ansiosa attesa e speranza che tu voglia coadiuvarmi nella riuscita quanto prima, abbiati mio Caro Carlos unitamente alla tua Cara Compagna, i miei saluti e auguri più distinti di simpatia.

Garratti Pietro e famigliaMosca settembre 1936» 278

In Spagna Masutti non arriverà mai, nonostante la confusione delle spie fasciste, che lo scam-biano con De Gottardo ad Albacete: «La partenza del Masutti dall’URSS è stata segnalata a questa Regia Ambasciata fin dal luglio scorso ed ha formato oggetto del mio telespresso n° 2811/1249 del 28 luglio, diretto alla Regia Ambasciata in Varsavia e per conoscenza a codesto Regio Ministero ed a quello per gli Affari Esteri. E’ stato riferito successivamente che il predetto avrebbe, coll’aiuto dell’ar-chitetto sovietico Jofan (laureato in Italia), trovato occupazione presso l’Esposizione Internazionale di Parigi. Nulla risulta per ora circa l’eventuale arruolamento del Masutti nelle milizie rosse spagnole. Da una recente lettera della figlia Nella Masutti in Guarnaschelli – oggetto dell’odierno telespresso n° 3979/1828 – sembra anzi potersi dedurre che egli si trova tuttora in Francia» 279.

276 Dundovich-Gori-Guercetti, pp. 177-178. Confermando lo stesso fenomeno, ma attribuendovi un segno diverso, «lo storico Thomas sostiene inoltre che Stalin potè forse trovare conveniente l’allontanamento degli esuli comunisti dall’Unione Sovietica, nel mo-mento in cui stava per dare inizio alla grande purga». Cfr. Canali Giulia, p. 42.277 Recte Saint Etienne.278 Centro Studi “Piero Gobetti”, fondo Costante Masutti, quaderno 9. Il materiale del quaderno, che documenta gli incontri presso l’Ambasciata italiana a Mosca nel 1937 - riproducendo copie di lettere e relazioni presentate ai responsabili locali del Pcd’i -deve essere integrato con alcuni fascicoli di pagine sparse.279 Acs, Cpc, b. 3149, f. 25804, Masutti Costante, telespresso dell’Ambasciata d’Italia a Mosca al Ministero dell’Interno, n. 3980/1829 del 20 ottobre 1937.

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Antonio Moras, un attentatore?Nasce a Pordenone il 14 giugno 1904 da Mosè e Marianna Fantin. Frequenta le elementari fino

alla terza. Manovale, è sorvegliato dal 1937 al 1942 come comunista fuoruscito, pericoloso di categoria I, iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto.

Emigra nel 1923 in Francia per lavoro: «All’estero si dimostrò subito accanito comunista. Tra-sferitosi nel Belgio continuò a svolgere attività sovversiva [...] ». In Belgio si sposa con Alice Augustine Racguaert ed ha una figlia. E’ renitente alla leva 280.

In Francia risiede il fratello Enrico, pure comunista schedato, in quanto denunciato al Tribunale Speciale nel 1931 come appartenente al gruppo clandestino di Torre di Pordenone della Fgcd’i guidato da Achille Durigon. Enrico si era sottratto all’arresto in quanto era già emigrato nel 1930 281.

Antonio parte per la Spagna nel febbraio del 1937, insieme ad altri italiani residenti in Belgio, fra i quali il pordenonese Basilio De Piero da Seraing (che è anche membro della redazione del gior-nale «Il Riscatto degli italiani», di cui fu direttore il fondatore del Pcd’i pordenonese, Pietro Sartor) ed il sanquirinese Pietro Toffolo da Genk. Due anni dopo il gruppo di comunisti italiani in Belgio, accresciuto da dodici persone, viene accusato da una informativa dei servizi militari di essere destinato allo svolgimento di azioni nel territorio spagnolo ormai conquistato dai fascisti «I seguenti individui di origine italiana, residenti nel Belgio, sono recentemente partiti per la Spagna rossa, sembra nell’intento di penetrare nel territorio nazionale allo scopo di compiere attentati e atti di sabotaggio». Pur non po-tendo escludere un’eventuale missione di resistenza dietro le linee nemiche, sembra che tale iniziativa (che dovrebbe coinvolgere anche De Piero, ritornato dalla Spagna gravemente minato nel fisico) abbia luogo solo nel territorio della inesauribile fantasia dello spionaggio militare 282.

In realtà Moras - che è per di più confuso dallo spionaggio fascista con qualche omonimo – secondo Puppini nel febbraio 1939 fa il percorso esattamente contrario, uscendo dalla Spagna dopo aver combattuto nei Gruppi di artiglieria internazionale e poi nella Brigata “Garibaldi”, di cui diventa sergente. Il suo destino sarà di essere rinchiuso nel campo di Argelès sur Mer (dove viene individuato nel giugno 1937 283), di Gurs e nelle compagnie di lavoro per stranieri, senza rientrare in Italia fino al dopoguerra 284.

280 Acs, Cpc, b. 3393, f. 131520, Moras Antonio, Prefettura di Udine, cenno biografico del 27 gennaio 1938.281 Acs, Cpc, b. 3393, f. 94352, Moras Enrico, nato a Pordenone il 14 ottobre 1910, muratore, comunista, sorvegliato dal 1931 al 1942, iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle ricerche per il provvedimento di perquisire e segnalare, in282 Acs, Cpc, b. 3393, f. 131520, Moras Antonio, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sez. 1^ al Cpc, prot. n. 441/05211 del 5 dicembre 1937, «Copia dell’appunto n° 500/4155 in data 4/2/1937 XV°, pervenuto alla D.P.P.»; «Copia della lettera n. 3/3065 in data 6 febbraio 1939/XVII del Ministero della Guerra S.I.M. diretta al Ministero dell’Interno Dir. Gen. della P.S. Roma – avente per oggetto – Terroristi italiani partiti dal Belgio per la Spagna». Ma cfr. inoltre: Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione I al Cpc, prot. n. 441/033110, «Copia del telespresso n. 2368/367 in data 20 maggio 1938/XVI del Consolato in Bruxelles [...] ».283 Acs, Cpc, b. 3393, f. 131520, Moras Antonio, D.P.P., Appunto per l’On. D.A.G.R. prot. n. 14576 del 15 maggio 1939.284 Puppini. p. 193.

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Schede biografiche

«Bisogna che vi dico che il nostro Partito ci à guardato come una mamma

guarda i suoi figli». Venanzio Parutto, “Nacio”,

fondatore del Partito Comunista a Claut.Nasce il 30 maggio

1899 a Preganzona (in Canton Ticino, Svizzera) da Antonio ed Elena Bar-zan, commercianti ambu-lanti originari di Claut. A due anni rientra a Claut, dove i genitori hanno una piccola proprietà, frequen-ta le scuole fino alla terza elementare e poi aiuta il padre dal 1910. Nel 1915 emigra a Milano, presso una sorella pure lei vendi-trice ambulante di tessuti, ma sceglie di fare l’opera-io meccanico. Durante la Prima guerra mondiale fa le sue prime esperienze di lotta, entrando in contatto dapprima con i sindacalisti rivoluzionari all’Alfa Romeo. Pacifista, passa però dalla Uil sindacalista ed interventista alla Cgl socialista. Nel dopoguerra, partecipa all’occupazione delle fabbriche nel 1920 ed alla costituzione del Pcd’i nel 1921. Nel 1923 emigra in Francia 285.

Parutto scrive nei primi anni ‘50, ed il suo pubblico è l’ufficio quadri della sezione di un Pci in piena era staliniana, al quale vengono successivamente inviati alcuni testi autobiografici, solitamente autografi compitati su pagine di quaderno. Ne abbiamo tratto le testimonianze relative al periodo spagnolo, nelle quali la militanza nelle Brigate Internazionali si inserisce nell’attività politica svolta in Francia fra gli anni ‘30 e ‘40 286.

La biografia del 1950:«Febbraio 1923 ritorno a Claut in congedo, mese di Marzo parto per la Francia, vado a lavorare in un can-tiere idroelettrico dopo pochi mesi assieme ad altri compagni organizziamo uno sciopero per aumento paga, che è terminato con una sconfitta due compagni espulsi dal dipartimento e solo 10 centesimi di aumento della paga che noi si aveva domandato 40 centesimi all’ora. Lì non c’era organizzazione di P[artito] girai la Francia in diversi paesi fino al 1933 e non ebbi più contatto col P[artito] perché non esistevano dei com-pagni italiani però quando mi presentava l’occasione leggevo la nostra stampa ero abbonato al Giornale dei Gruppi Comunisti italiani in Francia che ora non ricordo il nome e L’Umanità 287 la prendevo quando mi era possibile trovarlo.

285 Acs, Cpc, b. 3749, f. 14409, Parutto Venanzio.286 Archivio Casa del Popolo di Torre, fondo Pci Pordenone, f. Venanzio Parutto.287 Si tratta del quotidiano comunista francese «L’Humanité».

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Nel 1933 mi trovavo a Villeparisis (vicino Parigi) e lavoravo in una carriera 288 di gesso, in questa carriera non c’era organizzazione sindacale esisteva il terrore contro le organizzazioni sindacali. In questo paese però esisteva un gruppo di compagni qui organizzati che dopo poco tempo vengo avvicinato e mi domandano le condizioni del lavoro della carriera e quali sono le nostre rivendicazioni, io glì do tutte le informazioni richiestemi e cominciamo ad organizzare qualcuno ma con molta fatica. Dopo poco tempo i compagni mi propongono di entrare al P[artito] che io accettai da quel momento mi dettero una trentina di giornali di lingua italiana da vendere partecipai a diverse riunioni clandestine del P[artito] a Parigi in qualità di segre-tario di un gruppo di compagni della vicina località di Ville Parisis. 1936 partecipai alla occupazione delle Fabbriche al momento del governo del Fronte Popolare, alla carriera che lavoravo si aveva organizzato 40 Comunisti di tutte le nazionalità e 200 organizzati sindacali al mo-mento dell’occupazione è stata una delle più entusiaste fabbriche dei dintorni, in questo periodo io mi sono occupato di organizzare il Fronte Popolare degli italiani della località e sempre aiutato dai vecchi compagni si organizzava delle festicciole che il ricavato lo inviavamo a Pro vittime politiche dei compagni in galera o al confino, in Italia.Nel Settembre 1936 partii volontario per la Spagna con 700 altri compagni e simpatizzanti della Regione Parigina, appena in Spagna organizziamo il Battaglione Garibaldi e riceviamo il battesimo del fuoco il giorno 13 Novembre 1936 al Cerro Rojo, 19 o 20 dello stesso mese a Casa campo rimango ferito portato all’Ospedale esco dall’Ospedale mi portano in uno dei più bei posti di villeggiatura che andavano i ricchi nel tempo dei governi reazionari,nel mese di Febbraio 1937 con altri 3 compagni non ancora completamente guariti, domandiamo di ritornare al fronte arriviamo al fronte nella grande battaglia di Arganda mi passano alla Sezione Mitraglia, prendo parte alla battaglia di Guadalajara e a tutte le battaglie della nostra Brigata Garibaldi, le Battaglie e le ritirate di Catalogna fino a Settembre 1938 qui ferito un’altra volta sull’Ebro, e mi portano all’Ospedale in questo frattempo per disposizioni del governo Negrin le Brigate Internazionali vengono smobilitate. Finito l’ospedale guarito rientro nel campo di smobilitazione.Il mese di Gennaio 1939 i Fascisti rompono il fronte la repubblica spagnuola è in pericolo il fa appello ai compagni chi vuole riprendere le armi volontariamente per tentare di salvare la Repubblica, io sono uno dei primi.Ci armano e ripartiamo per il fronte, ma ormai troppo tardi i fascisti avevano rotto tutto il fronte, noi con armi leggere e a piedi e loro armati fino ai denti e motorizzati per 15 o 20 giorni abbiamo dovuto marciare giorno e notte con alla testa il nostro carissimo compagno Longo (Gallo) col pericolo di essere circondati da un momento all’altro e fatti prigionieri e tagliati a pezzi dai fascisti italiani e tedeschi ecc. Ai primi Febbraio perso il contatto col nostro comando io e diversi altri compagni prendiamo la strada della frontiera francese. A pochi passi da questa deponiamo le armi e rientriamo in Francia nel campo di concentramento di S. Cyprien per questo mio errore il Partito mi fece un rimprovero semplice. In questo campo di concentramento partecipai attivamente alla organizzazione della vita quotidiana del campo, nominato capo di sezione di baracca collaborai attivamente allo smascheramento di diversi pro-vocatori, rimasi sempre disciplinato alle direttive del P[artito] rifiutato come la stragrande maggioranza dei compagni di partito a lavorare al fronte per il governo di Daladier.1940 Con diversi altri compagni venni portato nel campo di concentramento di Vernet, campo di disciplina e di vergate, in questo campo erano diversi dirigenti del nostro P[artito] fra i quali il nostro caro Longo trattato come un delinquente comune.1941 Mese di Agosto malgrado tutti gli sforzi del nostro P[artito] non si poteva più vivere volevano far-ci morire di fame il P[artito] fa venire sul posto una commissione consolare e consiglia tutti i compagni di fare domanda di entrare in Italia così faccio il mese di settembre venni portato a Udine nelle carceri giudiziarie, passai alla commissione di confino davanti alla quale tenni un contegno un po’ troppo ener-gico vantandomi di aver sparso il sangue per la libertà del popolo spagnuolo, che i compagni mi ànno biasimato, il mese dicembre confinato per la durata di 5 anni, parto per Ventotene con diversi altri compagni arrivato a Ventotene prendo subito contatto con il P[artito] dove conosco diversi compagni che erano rimasti in Italia, fra i quali Scoccimarro Terracini e diversi altri, partecipo alla vita attiva del P[artito] nell’isola liberato il mese di Agosto 1943.Posso ringraziare il P[artito] se sono ancora vivo, perché il P[artito] non mi ha mai abbandonato neanche nell’assistenza, dato che io non ricevevo nessun soccorso da nessuno facevo parte dei collettivi di baracca o di camerata e quello che era per i compagni era anche per me, altrimenti c’era di morire di fame.Ritornato a Claut non mi è stato possibile organizzare niente subito, nel 1944 il mese di Giugno ar-rivano i Partigiani Garibaldini prendo subito contatto con un compagni che conoscevo dalla Spagna,

288 Dal francese carrière, cava di pietre.

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e sono nominato mugnaio delle formazioni Partigiane della zona faccio questo mestiere fino Gennaio 1945, in questo periodo faccio parte del comitato di Liberazione nazionale alla Liberazione venni no-minato Presidente di questo poi assessore Comunale.Appena la Liberazione andai a Maniago e mi misi a contatto con i compagni di quella Sezione e il mese di Giugno 1945 costituii la Sezione del P[artito] a Claut con 10 compagni e nominato segretario ab-biamo costituito la Camera del Lavoro, organizzato diverse manifestazioni anche in paese specialmente per i disoccupati. Attualmente segretario di Sezione Mi firmo Parutto Venanzio» 289

La biografia del 1954:«Nel 1931 vado a Villeparisis sempre a venti chilometri da Parigi lavoro in una cava di gesso alla festa fre-quento le feste organizzate da un gruppo di antifascisti italiani, compagnia filodrammatico pro Soccorso Rosso, nell’intervallo da un bicchiere di vino all’altro faccio conoscenza con i compagni italiani, credo sia stato nel 1932 che ricevo l’invito di presentarmi a una riunione del gruppo comunista in lingua italiana, in quale riunione mi domandano se volevo entrare a far parte del P.C. ed io accettai senz’altro. Ricordo ancora il nome del segretario Rossetti Adriano da Biella 290.Da lì a poco tempo divenni il diffusore del nostro settimanale una volta legale una volta semilegale e una vol-ta illegale a secondo che i governi di quel tempo, erano in Francia, costituiamo un altro gruppo di comunisti italiani e fui nominato capo gruppo con l’aiuto dei compagni del luogo anche noi organizziamo festicciole pro Soccorso Rosso partecipai a diverse riunioni dei gruppi della regione a Parigi, nel 1935 licenziato perché cercavo con altri compagni di organizzare nel sindacato gli operai polacchi cinesi e italiani che lavoravano nella cava, viene all’orecchio del capo cantiere tre italiani e due polacchi siamo stati licenziati. 1936 anche in Francia si occupa le fabbriche, benché disoccupato do tutto il mio modesto contributo affinché la lotta riesca bene specialmente nelle cave dove lavoravano gli italiani e gli stranieri, i quali non ànno tardato di innalzare la bandiera rossa sulle più alte ciminiere, sempre in collaborazione con i comp[agni] francesi.Nel settembre 1936 da due mesi che era scoppiata la guerra di Spagna e un gruppo di comp[agni] italiani partiti dalla Regione Parigina combattevano, in una riunione di comp[agni] del luogo il P. faceva appello a chi volontariamente voleva andare a combattere in Spagna. Io e altri 4 o 5 compagni accettiamo di andare a combattere. Da lì a pochi giorni si parte salutati dal nostro compagno Di Vittorio.Arrivati ad Albacete fatta l’istruzione vado al fronte assegnato nella sezione mitraglia. Capo sezione è il compagno Felice (Paolo) ora membro del C[omitato] F[ederale] di Udine 291, col 12 o 13 Novembre 1935 ferito gravemente alla testa, non sono ancora guarito completamente e per il mese di febbraio 1937 con altri due compagni domandiamo al commissario politico del Convalescenziario comp[agno] Suardi 292, di essere inviati al fronte, lui non era tanto contento, però dietro nostra insistenza ci lascia partire.Da quel giorno partecipai a tutti i combattimenti del Battaglione Garibaldi prima e Brigata dopo, salvo due licenze una in Spagna e una in Francia di circa 4 o 5 293 giorni in tutto. Promosso gradualmente fino a sottotenente per merito di guerra, malgrado la mia poca conoscenza dell’arte militare e anche poco istruito per conoscere le carte geografiche ma il P. mi à imposto e ò dovuto accettare, chi mi à promosso in quel momento era il comp[agno] Raimondo comandante del I° Battaglione Garibaldi 294, ultimamente comandavo a una sezione mitraglia.

289 Archivio Casa del Popolo di Torre, fondo Pci Pordenone, f. Venanzio Parutto., Biografia di Parutto Venanzio, Claut 8 dicembre 1950, fogli 3-6.290 Acs, Cpc, b. 4422, nato nel 1894 a Mongrando (Vc), muratore, comunista, sorvegliato dal 1927 al 1943, confinato, iscritto alla Rubrica di frontiera e denunciato al Tribunale Speciale.291 Giovanni Felice, nato il 9 luglio 1905 a Bruckberg (Germania) da genitori emigranti di Buia. Cfr. per le biografie sua e del fratello Enrico: Puppini, pp. 157-159.292 Emilio Suardi, nato a Romano Lombardo (Bg) il 1° aprile 1905, operaio comunista emigrato in Francia. Ferito a Boadilla e ricovera-to all’ospedale di Benicasim, è nominato commissario del Centro sanitario. Guarito, diventa istruttore della 45a Divisione e commissario della XII Brigata “Garibaldi” durante la battaglia dell’Ebro nel 1938. Sarà poi attivo nella Resistenza francese ed in quella italiana. Muore nel paese natale il 4 febbraio 1983. Cfr.: Spriano, terzo vol., p. 265 e la scheda biografica all’indirizzo: http://www.anpi.it/uomini/suardi_emilio.htm293 Mia interpretazione, altrimenti potrebbe letteralmente intendersi “45 giorni”.294 Dovrebbe trattarsi di Agostino Casati, nato nel 1897 a Rho (Mi), ferroviere comunista, confinato, iscritto alla Rubrica di frontiera

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Nel settembre 1938 al fronte Monte Cavallo (l’Ebro) vengo ferito la seconda volta, però non tanto grave ricoverato all’ospedale nel frattempo si decide di ritirare le Brigate Internazionali dal fronte. Radunati in un paese di Catalogna e si attende per essere inviati in Francia la Francia non ci vuole più si domanda di an-dare in Messico, intanto i fascisti ne approfittano della demoralizzazione delle truppe spagnole, della nostra partenza, rompono il fronte, il P[artito] fa appello ai comp[agni] chi vuole volontariamente riprendere le armi ed io accetto di riprendere le armi, ma molti pochi siamo quelli che siamo decisi di partire, perché vera-mente la situazione è molto critica e rischiosa, comunque si parte una cinquantina arrivati nel luogo dove si doveva arrivare troviamo il nostro carissimo compagno Gallo, Longo ci mette al corrente della situazione si deve se si fa tempo difendere Barcellona, il comandante di questa formazione era il compagno Zanella della Pr[ovincia] di Treviso 295 e il com[pagno] Bolzano Piemontese.Ci à voluto qualche giorno per organizzarsi, ormai Barcellona era caduta, in una situazione che non si poteva più controllare i fascisti erano da tutte le parti anche quelli italiani. Per circa 20 giorni abbiamo girato nei diversi punti della Catalogna sempre con la minaccia di essere circondati e distrutti fisicamente. Dobbiamo la vita al nostro valoroso e coraggioso comp[agno] Longo e un maggiore spagnolo che ci ànno portato nei sentieri tortuosi montagnosi della Catalogna alla nostra salvezza dalla sicura morte.Negli ultimi giorni di questa tragica ritirata sfinito perché non si dormiva né giorno e né notte, mi addor-mentai io e un altro comp[agno] in un momento di sosta, svegliati non abbiamo più trovato la nostra for-mazione. Abbiamo deciso di prendere la strada della frontiera francese, senza cercare i comp[agni].Arrivati al campo di S. Cyprien Francia i responsabili del P[artito] il segretario Masetti ci domanda subito come dove sono gli altri compagni, noi gli spieghiamo tutto, il compagno Masetti ci dice che prima di pren-dere delle misure contro di noi aspettava il rientro degli altri compagni in nostra compagnia, da lì a due o tre giorni i compagni sono rientrati interrogati di come sono svolte le cose, riconfermano quello che abbiamo detto: il comitato del campo del P[artito] si riunisce alla nostra presenza. Riceviamo un biasimo solenne, perché non si doveva partire ecc. ecc. se fosse stato un altro momento ci si aspettava la fucilazione. Sicuro che mai se fosse stato in un altro momento, non si faceva un atto di indisciplina così grave.Noi ci facciamo l’autocritica ecc. ecc. non per questo il P[artito] mi lascia senza far niente c’ho sempre qual-che piccolo incarico di fiducia trasmettere le direttive del P[artito] e informando i compagni della situazione politica internazionale si era in quell’epoca (es il Fronte Popolare francese) si era nel gennaio 1939.(In terra di Spagna anzi al fronte ò conosciuto i seguenti compagni: Felice (Polo), Callegaris Giovanni Commissario politico alla battaglia di Bua della Jara, da Biella 296, Saccenti ora deputato di Prato Toscana 297, Raimondi, Vanelli 298, Gherardi, questi da Bologna 299, Maglietta mio porta munizioni attuale segretario

e denunciato al Tribunale Speciale, sorvegliato dal 1926 al 1942 (cfr. Acs, Cpc, b. 1138). Casati, con i nomi di battaglia di “Nino Rai-mondi” e “Rajmond”, partecipa alla Colonna italiana, la prima formazione antifascista che si costituisce in Spagna nell’estate del 1936 e nell’autunno del 1937 assume il comando interinale della Brigata “Garibaldi”: cfr. Spriano, terzo vol., pp. 88 e 225 e Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola, all’indirizzo: http://www.geocities.com/soho/den/7257/numero3/antg2.html295 Marino Zanella, nato a Segusino (Tv) il 16 luglio 1908, bracciante comunista. Comandante di battaglione garibaldino, verrà poi internato in Francia e poi condannato al confino in Italia. Comandante partigiano nel Trevigiano, è fucilato a Pieve di Soligo (Tv) il 26 gennaio 1945. Cfr.: http://www.anpi.it/uomini/zanella.htm296 Recte Calligaris, nato il 12 maggio 1900 a Belfort (Francia) da famiglia originaria di Mongrando nel Biellese (dove ri-tornò nel 1906), decoratore, comunista. Emigrato in Francia, è a Villeparisis (dove risiede anche Parutto) dal 1931. Diven-ta commissario politico del 2° Battaglione “Garibaldi”. Dopo il 1939 è internato in vari campi di concentramento fran-cesi e poi condannato al confino in Italia. Partecipa alla Resistenza in Piemonte. Muore a Biella il 10 giugno 1983. Cfr.: Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli, Vercellesi, biellesi e valsesiani volontari antifascisti in Spagna. Biografie, all’indirizzo internet: http://www.storia900bivc.it/pagine/spagna/biospagna.html297 Dino Saccenti, nato a Prato nel 1901, operaio, comunista. Nel 1935 espatria in Francia e, l’anno dopo, è in Spagna nelle Brigate internazionali. Arrestato dalla polizia francese nel 1940, viene consegnato alle autorità italiane che lo confinano a Ventotene. Prende parte alla lotta partigiana in Toscana. Sindaco di Prato, costituente e deputato dal 1948 al 1958. Cfr. la biografia all’indirizzo internet: http://www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/biografie%20antifascisti81.html298 Lorenzo Vanelli, nato a Bologna nel 1902, ferroviere, comunista. Emigra nel 1923 in Francia ed in Belgio. Nel 1936 si arruola nel Battaglione Garibaldi. Alla fine della guerra civile spagnola viene internato in Francia; rientrato in Italia è confinato a Ventotene. Parte-cipa alla lotta partigiana in Emilia. Nel dopoguerra è segretario della “Fratellanza ex garibaldini di Spagna”. Cfr. la biografia all’indirizzo internet: http://www.romacivica.net/ANPIROMA/antifascismo/biografie%20antifascisti74.html299 Roberto Gherardi, nato a Castelguelfo (Pr) il 4 dicembre 1899, caduto a Purocielo di Brisighella (Ravenna) l’11 otto-bre 1944, calzolaio, comunista. Nel 1927 fu condannato dal Tribunale speciale a cinque anni di reclusione. Nel 1937 vo-lontario garibaldino in Spagna col nome di Giovanni Peri. Internato nel campo di Vernet e poi confinato a Ventotene. Muore in combattimento durante la Resistenza in Romagna. Cfr. la biografia all’indirizzo internet: http://www.anpi.it/uomini/gherardi_roberto.htm

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della Camera del lavoro di Napoli 300, Marega Dino 301 Masetti ecc. quanti non ricordo il nome e tanti troppi per dire il vero sono morti al mio fianco.In questo campo denuncio al P[artito] i Troschisti, anarchici e soci, gente che non si aveva mai vista al fronte o se sono stati al fronte erano nelle formazioni non controllate da noi, che ci sabotarono e crearono movimenti rivoluzionari nell’interno contro la Repubblica, queste canaglie avevano ancora il coraggio nel campo di concentramento di denigrare i garibaldini e tutte le brigate internazionali, chiamandoci fino sanguinari che si aveva le mani sporche di sangue ecc. ecc. Denuncio questo al P[artito] che ci ha pensato a smascherarli in pubbliche riunioni nelle baracche li abbiamo isolati in un cantuccio messi in condizioni di non più nuocere.Nei campi di concentramento stetti fino non mi ricordo bene se nel 1941 o 42, insomma in fino quell’anno che è stata dichiarata la guerra alla Unione Sovietica traslocati da un campo all’altro, sempre disciplinato alle direttive del P[artito] in quell’anno come ripeto non ricordo 41-42 302. La situazione è venuta grave i nazisti alle porte dei nostri campi il nostro nutrimento diminuiva tutti i giorni il P[artito] non aveva più possibilità di aiutarci, il P[artito] ci consiglia chi non aveva condanne da scontare in Italia, di fare domanda di rientrare in Italia al console generale, in quella volta in Francia c’era una commissione di rimpatrio, chiamata questa commissione sul posto, la quale ha accettato il nostro desiderio, e di lì a poco tempo, a scaglioni siamo stati inviati in Italia, si era credo agli ultimi giorni di settembre, le truppe tedesche erano alle porte di Mosca, Leningrado assediata, secondo i nostri nemici dovevano cadere ora per ora, però i garibaldini non la pensa-vano così.Portato alle carceri giudiziarie di Udine, lì stetti due mesi e mezzo. In questo frattempo venni interrogato come tutti gli altri compagni garibaldini dal commissario Marino, di questo commissario mi avevano parlato i compagni che erano stati interrogati prima di me che picchiava sodo, e mi ero preparato a resistere e dire quello che volevo dire io. Mi presento da questo signore accompagnato da due poliziotti e comincia l’inter-rogatorio, chi sei dove vieni ecc. io gli rispondo che venivo dal campo di concentramento di Vernet Francia. Perché eri lì perché sono andato a combattere volontario in Spagna. Il signore è andato sulle furie non so quanti insulti mi à detto, ordina subito al poliziotto di mettermi le manette. Ricomincia interrogarmi di quando era a Milano, era bene informato, che io ero un comunista e un po’ rivoluzionario ecc. ecc. Io nego gli dico che non sono mai stato comunista ero solo organizzato sindacalmente, poi comincia della Francia per tenerla corta io gli dico che in Spagna sono andato di mia iniziativa con degli amici spagnuoli, non ricordo i nomi dei miei comandanti mi domanda se sono stato ferito gli rispondo di sì per concludere dopo due ore circa, mi domanda se non ero pentito di essere andato in Spagna gli rispondo che sono contento di essere andato in Spagna e di aver sparso il mio sangue per la difesa del Popolo spagnuolo, non è stato più tempo quell’uomo è diventato furibondo, estrae la rivoltella e me la punta nella tempia e con la mano mi vuole dare un pugno poi non mi fa niente si accontenta di ingiuriarmi, era mezzogiorno passato aveva fame, mi à lasciato.All’indomani mi trovo all’aria con il comp[agno] Felice il quale mi domanda come me la passavo gli rac-conto, il compagno mi biasima dicendo che quello non era il momento di fare una dichiarazione simile, quella si poteva farla in momenti che il nostro P[artito] era legale, ecc. ecc. ma non in quel momento, io gli risposti che un compagno prima di partire mi aveva consigliato di dire così io poi ho alterato i consigli del compagno. Poi passai alla commissione di confino e mi diedero 5 anni.Il mese di Dicembre mi portano a Ventotene lì trovo molti Garibaldini e quasi tutti i dirigenti del nostro P[artito] avvicinato subito dai compagni i quali ci domandano della nostra salute e del morale soddisfatti di questo.Da lì a pochi giorni ho avuto contatti col P[artito] col compagno Alberganti 303, con Nicola Giovanni ora

300 Clemente Maglietta, nato a Napoli il 22 febbraio 1910, viene condannato nel 1932 ad otto anni dal Tribunale Speciale per la sua attività di organizzazione del Pcd’i in Umbria ed Abruzzo. Liberato anticipatamente nel 1936, espatria clandestinamente l’anno successi-vo per arruolarsi nelle Brigate Internazionali. Internato a Vernet e poi incarcerato a Venezia. Nel dopoguerra componente dell’Esecutivo della Cgil e deputato del Pci, partito che abbandona alla fine degli anni ‘50. Cfr. Andreucci-Detti, terzo vol., pp. 222-223.301 Lino Marega da Villesse (Go), operaio comunista del Cantiere navale di Monfalcone, condannato al confino nel 1929 riesce a fug-gire in Francia. Dopo aver combattuto nelle Brigate Internazionali, è internato nei campi di concentramento francesi e poi a Ventotene. Partecipa con ruoli dirigenti alla Resistenza dapprima in Friuli, e poi in Veneto. Dirigente del Pci nel dopoguerra, a Gorizia ed a Vicenza, muore nel paese natale nel maggio 1984. Cfr. Puppini.302 E’ il 1941, sia per il riferimento all’aggressione nazifascista all’Unione Sovietica, sia perché la data è confermata dalla decisione della Commissione provinciale per il confino (vedi oltre).303 Giuseppe Alberganti, ferroviere milanese e dirigente comunista fin dalla fondazione del partito. Espatriato in Francia, combatte nelle Brigate Internazionali e poi è internato a Vernet nel 1939. Confinato a Ventotene, è poi dirigente della Resistenza e, nel dopoguerra,

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segretario degli Amici dell’Unità di Milano 304, e con il compagno Griffone 305 con il quale gli ho fatto la mia biografia anche lui mi à criticato della dichiarazione al commissario.Anche qui il P[artito] non mi lascia inattivo bisogna fare qualche cosa, trasmetto le direttive del P[artito] e informo due tre compagni e simpatizzanti della situazione interna dell’Italia, della guerra ecc. Nel 1943 il mese d’Agosto vengo liberato da Ventotene ho avuto contatti con i compagni Nicola Giovanni, Alberganti il popolare Girolamo Li Causi. Poi ò conosciuto Scoccimarro Secchia ecc. che potete informarvi del mio comportamento (la compagna Adele Bei lavandarie dei comp[agni]). Dopo 14 anni di assenza ritorno in Claut, dove trovo mio figlio di 14 anni che ancora non conoscevo, in paese regnava una miseria tremenda trovai un posto a lavorare, politicamente non potevo far niente perché non mi conoscevano tanto bene dopo tanto tempo e poi regnava la sfiducia che il fascismo aveva creato. [...]306»

La lettera di trasmissione della biografia del 1954:«Cari compagni, Nell’inviarvi la mia biografia, raccomandandomi quello che ò fatto e quello che non ho fatto, non posso tacere di una cosa e dirvi quello che à fatto il nostro Partito, per me e diversi come me, che non ricevevano, né denaro né generi alimentari dai suoi familiari e parenti.Posso ringraziare il nostro grande Partito della sua assistenza morale e materiale grazie ai suoi collettivi, co-stituiti da compagni e simpatizzanti, grazie alla solidarietà nazionale e internazionale, che la maggior parte di noi ex Garibaldini di Spagna abbiamo salva la vita, pensate, che qualcuno di noi si era arrivati al peso di 35 o 40 chili. Grazie al pronto intervento del P[artito ci] siamo rimessi. Bisogna che vi dico che il nostro Partito ci à guardato come una mamma guarda i suoi figli 307.Molto poche sono state le perdite anche perché nei campi di concentramento e nell’Isola di Ventotene non so se sono state due o tre compagni in tutto.Ho molto imparato nei campi di concentramento e nell’Isola cosa è disciplina di P[artito] e sorveglianza rivoluzionaria, guai se non fosse[ro] state queste due cose, la reazione internazionale e quelli che ci guarda-rono aspettavano una nostra provocazione per poterci eliminare, ma questa non l’ànno avuto la nostra forza à prevalso contro i suoi provocatori ce la siamo cavata con qualche stangata e qualche compagno sei mesi di galera. [...] 308»

del Pci. Cfr.: Andreucci-Detti, primo vol., pp. 23-24.304 Nato a Caravaggio (Bg) il 1° agosto 1896, impiegato. Giovanissimo organizzatore sindacale della “Lega lavoratori albergo e mensa”, ne diviene segretario nel 1919. Socialista dal 1912, aderisce al Pcd’i e viene dapprima confinato e poi condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione “Processone” contro il gruppo dirigente del partito. Amnistiato nel 1934, espatria in Francia. Nel 1940 è internato a Vernet e poi confinato ad Ustica ed a Ventotene. Dirigente della Resistenza e, nel dopoguerra, del Pci milanese. Muore a Milano il 18 maggio 1971. Cfr. la biografia all’indirizzo internet: http://www.anpi.it/uomini/nicola_giovanni.htm305 Pietro Grifone, economista e dirigente comunista romano, condannato dal Tribunale speciale e confinato a Ponza ed a Ventotene, dove scrive su incarico del partito il famoso libro su Il capitale finanziario in Italia (1940, edito nel 1945). Partecipa alle Resistenza e nel dopoguerra è esponente del Pci. Cfr.: Andreucci-Detti, secondo vol., pp. 593-596, biografia a cura di D. Preti.306 Archivio Casa del Popolo di Torre, fondo Pci Pordenone, f. Venanzio Parutto, Biografia del comp. Parutto Venanzio, Claut 24-12-54, fogli VI-XV.307 Sottolineatura nell’originale.308 Archivio Casa del Popolo di Torre, fondo Pci Pordenone, f. Venanzio Parutto, Alla Segreteria della Federazione del P.C.I. Di Porde-none, Claut 28-12-54.

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Un chimico per la Repubblica Spagnola: Pierino Pasquotti.

Nasce a Pordenone il 26 giu-gno 1911. Il padre, Enrico, è maestro elementare e corrispondente da Torre per il settimanale socialista “Il Lavo-ratore Friulano” (dalle cui pagine fu-stiga instancabilmente il parroco don Giuseppe Lozer) e da Marzot Maria, operaia tessile. Lo zio materno, il mu-ratore Enrico Marzot 309, è organizza-tore del sindacato edile e, nel 1920, è eletto assessore comunale per il Partito Socialista, incarico cui rinuncia nel-la primavera del 1921 per l’adesio-ne (solamente temporanea: insieme all’altro ex assessore Luigi Brusadin rientrerà presto nel Psi) al Partito Co-munista d’Italia. Pierino, al momento della schedatura, è operaio, residente in Francia, domiciliato a Pordenone, socialista, iscritto alla Rubrica di fron-tiera (per arresto) e al Bollettino delle Ricerche (1938? «da arrestare»), è con-siderato pericoloso cat. I. Emigrato presso lo zio Enrico Marzot ed altri familiari in Francia, Piero Pasquotti viene immediatamente messo sotto controllo dal Consolato di Chambery 310.

La sua attività politica è segnalata nel dicembre 1934 da un appunto dattiloscritto del Diret-tore Capo della Dpp Di Stefano: «da fonte confidenziale attendibile viene riferito che certo Pasquotti Pietro, non meglio identificato, espatriato in Francia nel 1930, in atto residente a Villaerd Bonnot (Isère) - Avenue G. Miribel 54 bis, è iscritto alla Lidu e alla S.F.I.O. ed ha chiesta l’iscrizione al partito socialista italiano» 311.

Quattro mesi dopo, dalla stessa fonte si riferisce come «è stato confidenzialmente riferito che il noto Carleschi Ezio [...] avrebbe abbandonato il partito massimalista e sarebbe passato a quello so-cialista italiano. Detto sovversivo risiederebbe attualmente a Brignoud (Jsère) ove svolgerebbe intensa attività unitamente al pure noto Pasquotti Pietro [...]. La Prefettura di Udine, richiesta di un’identifi-cazione e di notizie sul conto di certo Pasquotti Pietro, segnalato per la sua equivoca attività all’estero, ha riferito che detto Pasquotti si identifica per Pasquotti Pierino [...] abitante in Vicolo Molinari N° 16, apprendista assistente tessile. Nel 1930 egli espatriò in Francia per ragioni di lavoro. Durante la sua

309 Cfr. su di lui: Acs, Cpc, b. 3119, f. 111785, Marzot Enrico; Bettoli 2003, ad indicem. Anche un altro fratello di Maria, Giordano, sarà sorvegliato dal regime per il suo antifascismo: cfr. Acs, Cpc, b. 3119, f. 61504, Marzot Giordano. Di Enrico Pasquotti invece si conferma documentazione nel fascicolo del figlio.310 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, Pasquotti Pierino. Sono conservati documenti dal 21 dicembre 1934 al 12 aprile 1942.311 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, Ministero dell’Interno-D.G.P.S.,. appunto per la D.A.G.R. del Capo D.P.P, prot. n. 500/35729 del 21 dicembre 1934.

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permanenza a Pordenone, mantenne regolare condotta in genere e qui non ha precedenti né pendenze penali» 312.

Il 17 luglio un nuovo appunto di Di Stefano riesce a darci non solo notizie di Pierino Pasquotti, ma un verbale completo delle deliberazioni del Psi di Grenoble: «Domenica 16 giugno fu convocata l’assemblea della sezione del p.s.i. alla quale intervennero: Pesa Vito - Papa Raffaele - Cugno Giovanni - Pasquotti Pierre - Starnini Giordano - Pelattiero Marcello - Capogna Giuseppe - Martinelli (nuovo iscritto, da identificare) - Loannato Giuseppe. Lo scopo dell’assemblea è stato per la nomina delle nuo-ve cariche, che furono distribuite come segue: 1° Segretario Politico: Pelettiero Marcello; 2° Segretario amministrativo: Pasquotti Pierre; 3°, 4° e 5° Consiglieri: Capogna G., Papa R. e Mazzera M. Il Maz-zera, non essendo presente, gli saranno comunicate le cariche, e nel caso che rifiutasse, sarà sostituito dal Pesa Vito». Evidentemente il fatto che l’azione informativa nei confronti di Pasquotti non venga sollecitata dalle autorità consolari (che, come vedremo poco avanti, sono ignare dell’impegno politico di Pierino e di suo zio Enrico) o dalla Prefettura di Udine, ma dalle continue informative della Direzio-ne centrale di Polizia Politica a Roma, testimonia della presenza di un confidente della polizia fascista, infiltrato fra i socialisti italiani emigrati nel Delfinato e partecipante alle loro riunioni da tempo, visto che conosce tutti i vecchi iscritti, ma non il nuovo acquisto della sezione. Vista la cautela dimostrata solitamente dalla polizia fascista nel coprire i propri confidenti, è quindi assai probabile che la spia sia uno dei nove compagni partecipanti alla riunione del 16 giugno. 313

Pochi giorni dopo, Di Stefano produce, evidentemente grazie al solerte confidente, una fotogra-fia di Pasquotti, «facendo presente che detto individuo, a quanto riferito dalla stessa fonte fiduciaria, avrebbe costituito a Brignoud un “gruppo turista operaio” (G.T.O.) che sotto l’apparenza esteriore di società sportiva, perseguirebbe scopi politici» 314.

Il 14 settembre Di Stefano comunica che «presso detto individuo [...] trovasi attualmente il padre, professore, non meglio indicato. Detto Pasquotti padre - che si sarebbe recato nella località anzicennata per trascorrere le vacanze accanto al figlio - dovrebbe prossimamente fare ritorno nel Re-gno, via Modane». Quest’ultima segnalazione fa partire una richiesta di informazioni alla Prefettura di Udine ed alle autorità consolari in Francia, «per far tenere, con le complete generalità, dettagliate informazioni, specialmente in linea politica, sul conto del Pasquotti padre, trasmettendone copia della fotografia. Il R. Consolato di Chambery è parimenti pregato di compiacersi disporre opportune in-dagini per assodare se e quale attività politica il Pasquotti padre abbia svolta nella località suindicata e riferirne l’esito» 315.

Solo ai primi di dicembre, la Prefettura di Udine dà informazioni su Enrico Pasquotti, che sappiamo essere stato maestro elementare a Torre e per tanti anni corrispondente dalla frazione porde-nonese per il settimanale socialista «Il Lavoratore Friulano», dal quale soprattutto conduceva le sue po-lemiche con il parroco don Giuseppe Lozer, da lui soprannominato ironicamente «Fatutto». «Pregiomi significare che il padre del socialista [...] è stato identificato per Pasquotti Enrico fu Pietro e fu Zotti Petronilla nato a Sacile il 22/4/1887, abitante in Pordenone Vicolo Molinari N° 16. Il predetto risiede a Pordenone dal 1909 ed è insegnante elementare presso quelle Scuole. Egli risulta di regolare con-

312 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, lettere del Cpc «all’on. Sezione Prima (Ufficio Materia)», prot. n. 29331/5809 del 27 aprile 1935 (un appunto a matita corregge il nome del compagno di Pasquotti in Carleschi Elio) e Prefettura di Udine al Cpc prot. Gab. 01511 P.S. dell’8 giugno 1935, con aggiunte a penna frasi che costituiscono la minuta del successivo messaggio dal Cpc all’Ambasciata di Parigi (non conservato, ma annotato come prot. n. 47270/121461 del 3 luglio 1935) e del telegramma dall’Ambasciata al Consolato di Chambery, prot. n. 17096 del 17 luglio 1935.313 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, lettera della D.A.G.R., Sezione Prima, prot. n. 441/029625 dell’8 agosto 1935, contenente copia dell’appunto prot. n. 500/18693 del 17 luglio 1935 del Direttore Capo della D.P.P.. L’informazione del confidente è del giorno succes-sivo all’assemblea del Psi di Grenoble.314 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, appunto dattiloscritto del Direttore Capo della D.P.P. per la D.A.G.R., prot. n. 500/21136 del 16 agosto 1935.315 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, appunto dattiloscritto del Direttore Capo della D.P.P. per la D.A.G.R., prot. n. 500/23182 del 14 settembre 1935; minuta della lettera del Cpc alla Prefettura di Udine, al Consolato di Chambery ed all’Ambasciata di Parigi, prot. n. 63427/121461 del 18.9.1935.

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dotta in genere, senza precedenti né pendenze penali. E’ iscritto al P.N.F. (Sezione di Pordenone) dal 31/7/1933. Il medesimo con regolare passaporto rilasciato da questa R. Questura in data 22/7/1935, il 25 luglio detto si recò in Francia per visita al figlio Pierino facendo ritorno a Pordenone il 6/9/u.s.». La corrispondenza si conclude allegando una fotografia, che però, pochi giorni dopo, viene rinviata al mittente dal Cpc, che richiede in cambio l’invio di quella «costà esibita nel luglio scorso pel rilascio del passaporto». E, per giunta «con l’occasione, si restituisce la fotografia trasmessa col foglio cui si risponde, con preghiera di precisare, in modo indubbio, la persona che la fotografia stessa riproduce». Decisamente, la paranoia burocratica è un ostacolo formidabile per la potente macchina spionistica fascista. Finalmente, l’ultimo giorno del mese, la Prefettura di Udine conferma che proprio di Enrico Pasquotti si tratta; ma la foto conservata nella cartella non è questa, inviata all’archivio fotografico, ma è una spedita successivamente, nel febbraio 1936, copia di quella conservata in Municipio per il rilascio del passaporto. 316

Come abbiamo visto a proposito dello zio, nel novembre 1935 il Consolato di Chambery infor-ma, escludendo legami con l’antifascismo attivo, «che il nominato in oggetto risiede effettivamente a Villard Bonnot, presso lo zio materno, Marzot Enrico». E nel settembre 1936, sempre accreditando il disimpegno politico dei due: «Il nominato in oggetto risiede tuttora a Villard-Bonnot insieme a suo zio Marzot Enrico. Non consta che il padre del Pasquotti risieda nella predetta località. [...] Tanto per no-tizia, con preghiera di far conoscere l’attuale recapito del Pasquotti padre». Richiesta che non viene per altro accompagnata dall’apertura di una cartella a suo nome, fatto probabilmente dovuto all’adesione di comodo al Pnf, imposta dal fatto di essere maestro elementare: scelta condizionata dall’esigenza di conservare il posto di lavoro, che lo accomuna ad altri compagni di fede (perfino Francesco Fiorot, uno dei capi della resistenza di Torre del 1921, che era stato licenziato in tronco dal commissario prefetti-zio). Dobbiamo pure riscontrare che al Cpc l’indirizzo di Enrico a Pordenone ce l’hanno da quasi un anno, ma evidentemente i meccanismi mentali dei poliziotti italiani impediscono loro di comunicarlo semplicemente ai colleghi di Chambery, ed impongono invece di richiederlo nuovamente alla Prefet-tura di Udine. Grazie a questa corrispondenza apprendiamo comunque che Enrico, che continua ad essere iscritto al Pnf, «si reca spesso in Francia a far visita al figlio Pierino socialista» 317.

Che il 1936 non sia solo un anno di incontri con il padre, ma prepari una scelta importante, lo si verrà a sapere solo l’anno successivo, quando in giugno, la Prefettura di Udine informerà il Cpc «che l’individuo in oggetto si sarebbe arruolato nelle milizie rosse spagnole». La scoperta deriva dall’intercet-tazione di una lettera, inviata in marzo, dal comunista Achille Durigon, pure lui di Torre di Pordenone ai suoi familiari. La lettera (grazie ad un intermediario francese) viene dalla Spagna: «Immaginatevi che l’altro giorno ho incontrato Pierini il figlio del maestro Pascuotti, ed anche altri compagni da Pordenone come uno dei fratelli Corsi ed il vecchio segretario della camera del lavoro e De Gottardo ed un altro che è morto si chiama Magoga o un nome così». Si tratta di una lettera importante, nella quale Durigon (che si sta riprendendo dagli effetti di una ferita in battaglia) preannunzia ai familiari la decisione di abbandonare il Pci per aderire all’anarchismo, ma in questa sede è la prima testimonianza dell’arrivo di Pierino Pasquotti nella Spagna repubblicana. Pronta (anche se non sempre precisa) è l’identificazione da parte della Prefettura dei volontari repubblicani giunti dal Pordenonese: «Pierini» è Pierino Pasquotti, «Uno dei fratelli Corsi» è Ruggero Luigi Corai - di cui i funzionari però continuano ad accreditare il cognome sbagliato - «il vecchio segretario della camera del lavoro“ potrebbe identifi-carsi nel comunista MASUTTI Costante»: ed invece qui si fanno sviare da una “e” di troppo, perché Masutti sta altrove, ed invece si tratta di Umberto De Gottardo «arruolatosi nelle milizie rosse»; infine «Magoga» è Antonio Magoga, nativo di Breda di Piave ma domiciliato a Pordenone, morto in Spagna.

316 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, lettere della Prefettura di Udine al Cpc, prot. Gab. n. 01511 P.S. del 2 dicembre 1935; del Cpc alla Prefettura, prot. n. 82870/121461 del 13.12 s.a. (ma recante timbro: «Copiato 15 DIC. 1935») e della Prefettura al Cpc prot. Gab. n. 01511 P.S. del 31 dicembre 1935 e del 14 febbraio 1936.317 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, telespressi del Consolato di Chambery all’Ambasciata di Parigi ed al Cpc, prot. n. 12633/5 del 13 novembre 1935 e prot. n. 01994/3372 del 26 agosto 1936 e lettera della Prefettura di Udine al Cpc, prot. Gab. n. 023644 PS. del 30 settembre 1936; b. 3119, f. 11785, lettere del Cpc al Prefetto di Udine, prot. n.78571.121461 del 1° dicembre 1935 e prot. n. 57689.121461 del 9 settembre 1936.

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Un’ultima nota: il recapito dell’intermediario della lettera, alla periferia di Lione, si trova solo a 120 chilometri dal paese dove abita la famiglia Marzot, e rimanda ad una rete di relazioni che debbono aver funzionato al momento dell’arruolamento nelle file dei reparti internazionali della Repubblica spagnola. 318

Immediatamente parte l’attività di segnalazione a tutte le Prefetture, per preparare l’arresto di Pierino qualora tentasse di rientrare in Italia: «Socialista Pasquotti Pierino [...] troverebbesi Spagna combattere fianco milizie comuniste. Pregasi disporre attente misure vigilanza affinché predetto Pa-squotti qualora rientri aut fosse rientrato Regno sia arrestato et sottoposto rigorosa perquisizione. Prefetto Udine est altresì pregato far iscrivere predetto socialista rubrica frontiera et con fotografia bollettino ricerche assicurando et disponendo confronti parenti Pasquotti medesimo controllo corri-spondenza et sequestro eventuali rimesse danaro soccorso rosso». Pochi giorni dopo lo stesso Ministero richiede alla Prefettura di Udine la compilazione della scheda biografica del pericoloso sovversivo. Atto cui la Prefettura risponde con la tempestiva pubblicazione dei dati e di una foto giovanile di Pierino nel Bollettino delle ricerche: «PASQUOTTI Pierino di Enrico, nato 27.6.911 a Pordenone, residente in Spagna, operaio. Socialista pericoloso da rintracciare ed arrestare arruolatosi nelle milizie rosse spa-gnole» [...] 319.

Viene compilata la scheda biografica, che aggiunge dati e valutazioni sulla figura di Pierino, pur frammisti all’ottusa mentalità degli spioni di regime. «Celibe, nullatenente, assistente tessile, non prestò servizio militare perché non rimpatriato all’atto della chiamata della classe. [...] Di carattere facilmente suggestionabile, di comune intelligenza e mediocre cultura (scuole elementari) fu assiduo nel lavoro (fino al 1930 fu occupato come assistente tessile presso il cotonificio di Torre di Pordenone) verso le autorità mantenne un contegno rispettoso. Nel 1930 espatriò in Francia con passaporto per ragioni di lavoro e durante la permanenza in patria serbò buona condotta morale e politica senza dar luogo a rilievi. A Villard Bonnot lavorò per parecchi anni in una fabbrica di prodotti chimici, alloggiando presso lo zio materno Marzot Enrico. All’estero cominciò a seguire con simpatia le teorie socialiste, a Brignoud fondò un “Gruppo turista operaio” e successivamente cominciando a svolgere propaganda, si iscrisse alla “Lidu”-”S.F.I.O” ed al partito socialista italiano» [...] 320.

Basterebbe, per commentare la sufficienza con cui si giudica l’istruzione e la cultura di un ope-raio autodidatta, diventato chimico e per questo motivo impegnato nella fabbricazione di esplosivi per la Spagna repubblicana, badare al costrutto claudicante e privo di stile dei compilatori della biografia. Laddove non si può certo accennare alle persecuzioni avvenute all’avvento del fascismo, alle botte ed all’olio di ricino propinati al padre, agli zii emigrati, alle difficoltà economiche della famiglia che impongono al piccolo Piero di andare a lavorare, rinunciando all’iscrizione al Ginnasio-Liceo privato aperto dai Salesiani a Pordenone. E infine la sua emigrazione per l’insofferenza nei confronti della pre-tesa di irregimentare le giovani generazioni.

Assunto alla “Electro-chimie” Piero - anche grazie agli studi di chimica che svolge in Francia - diventa il responsabile del gabinetto di ricerca dell’azienda. Unendo, nelle ore libere, il lavoro politico fra i socialisti, fra i quali era stato introdotto dallo zio Enrico, con quello culturale, insegnando ai compagni l’esperanto, utopica lingua internazionale dei lavoratori. Dopo gli scioperi e l’occupazione della fabbrica nel 1936 Piero si schiera con gli operai: per questo motivo fu retrocesso a manovale dalla direzione, che non poteva tollerare l’impegno politico e sindacale di uno dei suoi quadri. E’ in questo quadro che matura la decisione di partire per la Spagna, lasciando Grenoble insieme a Filippo Amedeo.

318 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, lettera della Prefettura di Udine al Cpc, prot. n. 017391 del 7 giugno 1937; dattiloscritti: «Copia della lettera della R. Prefettura di Udine, in data 2/6/1937, N. 07491, diretta al M° Interno P.S.-A.G.R.-Sez. Ia -C.P.C. Oggetto: DURIGON Achille» (...) e allegata «Copia di una lettera proveniente dalla Francia con timbro postale 12/3/1937 Venissieux Rhone diretta a Furlan Margherita via Piave Torre di Pordenone Udine-mittente Felice Stellina 14 rue Antoine Billon Venissieux (France)».319 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, minuta del dispaccio telegrafico del Ministero dell’Interno ai Prefetti del Regno ed al Questore di Roma, prot. n. 37383/121461 s.d. ma spedito il 16 luglio 1937, lettere del Cpc alla Prefettura di Udine, stesso prot., del 24.7, senza data ma con timbro «COPIATO 26 Lug. 1937» e della Prefettura di Udine al Cpc, prot. Gab. P.S. n. 024171 del 31 luglio 1937; estratto del Bollettino delle ricerche. Supplemento dei sovversivi 01364.320 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461.

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«Lo Stato Maggiore delle Brigate Internazionali assegnò Piero alla fabbrica di esplosivi di Albacete. Lavoratore instancabile e buon chimico, fu promosso Sottotenente e gli venne affidata la direzione di un reparto» 321.

Più volte, nel corso dei mesi successivi, il Cpc sollecita il Consolato di Chambery a scoprire qual-cosa a proposito di Pierino Pasquotti, ma inutilmente. Intanto, dall’ottobre 1937, la Prefettura com-pila trimestralmente le “Notizie per il prospetto biografico”. E’ in questa sede che, per la prima volta, nell’aprile 1938 si afferma che, «secondo voci circolate a Pordenone sarebbe deceduto combattendo in Spagna nelle milizie rosse». Ancora una volta, mentre sembra essersi prosciugato il canale informativo in Francia, è dall’ambiente Pordenonese che filtrano notizie al suo proposito. Tre mesi dopo, la notizia ha un’ulteriore conferma: «Certa Tassan Angela, attualmente residente a Champ pres Troyes Isere, rim-patriando temporaneamente dalla Francia nel gennaio c.a. avrebbe recato al di lui padre la conferma della di lui morte in Spagna. Ciò è avvalorato dal fatto che il padre da circa tre mesi veste a lutto». Ma le notizie che filtrano non hanno alcuna conferma ufficiale, come dichiarato nel febbraio 1939. 322

La notizia della morte di Pierino viene comunicata nell’agosto 1939 dal Ministero degli Esteri, che l’ha ricevuta dal Corpo Truppe Volontarie, il contingente di truppe italiane inviate dal regime a fianco degli insorti di Franco. «Da fonte fiduciaria sono venuto a conoscenza che il connazionale Pietro Pascotti, non meglio identificato, appartenne, in qualità di miliziano, alle brigate internazio-nali dell’esercito rosso. Morì il 29 luglio 1937, all’età di 27 anni, per tifo ed è sepolto nel cimitero di Albacete». Secondo un prospetto del Ministero dell’Interno a proposito di 30 antifascisti che hanno combattuto per la Repubblica spagnola, Pierino non è l’unico morto per tifo in quella città: un altro volontario, Enrico Patossi, muore pochi giorni dopo di lui, il 14 agosto, della stessa patologia, ed altri due sono morti negli stessi giorni per cause ignote e sepolti ad Albacete: Aldo Seragno il 16 luglio e Giorgio Spirito l’11 settembre. 323

La famiglia mantiene il suo riserbo per quattro anni dopo la morte, ed intanto le schede bio-grafiche continuano stancamente a segnalare ogni tre mesi che non ci sono novità: ancora nell’aprile 1940 si annota: «Nulla da segnalare. Vuolsi sia deceduto nella Spagna Rossa». E’ da quel mese che però succede, nelle carte, qualcosa di significativo: da quel momento in poi Pierino non verrà più definito socialista, ma comunista. Non se ne capiscono i motivi: forse un cambio di funzionario in Friuli, più tendente alla confusione fra i partiti; forse un sintomo implicito dell’avvicinamento di altri componen-ti della famiglia, come le sorelle minori, al Pci. 324

L’arruolamento nelle Brigate Internazionali di Pierino, e la successiva sua morte, provocano una serie di conseguenze importanti sulla famiglia. Nel 1936 vengono ritirati i passaporti. Dopo la notizia della morte del figlio, alcuni colleghi di lavoro si allontanano da Enrico per la paura di compromettersi; perfino un commissario di polizia lo colpevolizza per non aver tenuto il figlio sotto controllo. 325

Solo nell’agosto 1941 la Prefettura di Udine comunicherà al Cpc che «il socialista in oggetto, secondo quanto ha fatto conoscere il di lui padre, è deceduto il 29/7/1939 in Spagna, per tifo, presso l’ospedale di Albacete. La notizia del decesso fu comunicata dal cognato Marzot Enrico di Antonio, residente a Villard Bonnat Grand Garre Isere (Francia). Ciò premesso, si informa codesto Ministero

321 Steffè, pp. 31-35.322 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, appunti a penna sulla lettera della Prefettura di Udine al Cpc del 7 giugno 1937 (minuta della lettera al Consolato di Chambery prot. n. 38810/121461); lettere del Cpc al Consolato del 19 settembre 1937 e del 27 gennaio 1938, stesso protocollo; Prefettura di Udine, «Notizie per il prospetto biografico», prot. n. 014685 Gab. del 6 aprile 1938, 5 luglio 1938 e 2 febbraio 1939. La famiglia apprende della morte di Pierino da Emanuele De Gottardo, che abbiamo visto essere stato insieme a lui nelle Brigate Internazionali: trovandosi ad Albacete, aveva assistito al suo funerale e ne aveva poi informato lo zio Enrico Marzot: cfr. Steffè, p. 35.323 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, telespresso del Ministero degli Affari Esteri al Ministero dell’Interno, n. 320166 del 14 agosto 1939; lettera del Ministero dell’Interno alle Prefetture del Regno ed alla Questura di Roma, prot. n. 441/030452 del 12 settembre 1939. Di-versa è la versione della morte conosciuta dalla famiglia: «Nell’estate 1937, causa le esalazioni venefiche di certi esplosivi plastici, Piero fu colto da malore e ospedalizzato. Malgrado le cure, il 29 luglio decedette». Cfr.: Steffè, p. 35.324 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, Prefettura di Udine, «Notizie per il prospetto biografico», prot. n. 09175 Gab. dell’11 luglio 1940 e seguenti.325 Steffè, p. 35.

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per gli accertamenti che crederà del caso, significando che nessuna comunicazione ufficiale è finora pervenuta al municipio di Pordenone». La corrispondenza burocratica durerà ancora qualche mese, finché, ai primi del 1942, l’amministrazione centrale accoglierà la proposta della Prefettura di prendere atto del decesso. 326

326 Acs, Cpc, b. 3765, f. 121461, lettere Prefettura di Udine al Cpc, prot. P.S. n. 010702 del 25 agosto 1941 e del 31 gennaio 1942; minuta della lettera del Cpc a Prefettura, prot. n. 6119/121461 del 12.1.942 e Prefettura di Udine, «Notizie per il prospetto biografico», prot. n. 05441 Gab. del 12 aprile 1942.

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Carlo Rossi «si trova assieme ai preti che lottano al suo fianco

va d’accordo il cento per cento non come noi tutti sono molto bravi,

i fascisti gli ànno bombardato tutte le chiese»

Nasce a Castelnovo del Friuli il 25 settembre 1913 da Amadio ed Anna Maria Moruzzi (detta Tramontina, poiché nata a Tramonti di Sotto). Cementista, è sorvegliato dal 1937 al 1943 come comu-nista ed iscritto alla Rubrica di frontiera. Emigra nel 1930 a Tolone, dove entra in contatto con il Pcf e viene arrestato nel 1934 per una manifestazione antimilitarista. Dal marzo 1937 al settembre 1938 combatte con la Brigata “Garibaldi” in Spagna 327.

Scriverà nel giugno 1938 alla madre di Rossi il compaesano Enrico Canciani:

Cara Tramontina[Omissis]In questo momento vi faccio sapere che mi trovo per qualche giorno in Francia e ci resterò giusto al termine del mio rilascio. Così vengo a dirti che è quasi sei mesi che c’ho avuto contatto col vostro figlio Carletto ed è venuto a trovarmi nel mio posto. Potete solo credere la contentezza che abbiamo avuto in questo incontro è da dire abbiamo fatto la festa. In questo momento non sono assieme, ma bensì mi à scritto lui si porta molto bene è amato da tutti. Tutti gli vogliono un gran bene, è sempre coraggioso ma che se sa doperarlo è molto intelligente serio e proprio fatto è fiducioso e ben per questo che c’ha sempre delle belle piazze nei posti in dove non rischia niente. Dunque vengo proprio oggi di ricevere sue notizie il quale mi domanda della mam-ma e di tutte le sorelle il quale chiede l’indirizzo pure della mia e della Tina e Lucia e Roma che avrebbe tanta volontà di loro scrivergli. Io presto lo vedo e mi ha raccomandato di portare vostre notizie al mio arrivo, così fate una lettera con due fogli, il quale lui à molto avere vostre notizie. Spero di avere la vostra risposta. Sapete Tranquilla quanto ridere che fa il vostro Carlo. Lui si trova assieme ai preti che lottano al suo fianco va d’accordo il cento per cento non come noi tutti sono molto bravi, i fascisti gli ànno bombardato tutte le chiese e ànno ammazzato centinaia e centinaia di preti così si difendono di più così anche loro assieme a noi per la sua devozione e contro i mal fatti. Il Carlo parla il linguaggio come loro, un giorno fui assieme e disse. Vedi mia madre à ragione e se fosse qui, sarei convinto che avrebbe un fucile in spalla e si difenderebbe contro i ribelli. Dunque vedete potrete essere superba ad avere un figlio che lotta per il vostro ideale? Lui ci parla di religione di ogni qualità e vanno d’accordo invece io non posso perché, non ne so. Il più che posso risponderli che sono contro i mal fatti e poi in fondo siamo sempre d’accordo Voi vedete in Italia pubblicano che sono i repubblicani che fanno delle noie alla religione e a preti dunque nel posto ribelle e il comando di Hitler della Germania se andate a confessarvi domandateci cosa fa lui in Germania dei bravi cattolici li imprigiona e li tortura, in verità siamo alle prove. Tante volte mi ricordo di voi in tante questioni Dunque avete ragione di essere cattolica anch’io oggi ma però contro i mal fatti.In breve attendo vostre notizie L’amico Rico.

Mio indirizzo Canciani Enrico 32 Rue de Flandre 32 Maison Alfort Seine France 328.

Sempre nel fascicolo di Canciani al Cpc è conservata una lettera di Rossi alla madre. Anche in questo caso vengono utilizzati parenti non impegnati politicamente per cercare di far arrivare i propri messaggi ai familiari più stretti, che si sanno probabilmente già controllati dalle autorità italiane.

Carissimo Zio,Vi mando questa lettera per poterla farla pervenire a mia madre. Ringraziandovi infinitamente vostro Nipote Carlo Rossi. Salutate molto il Pascolin e tutta la famiglia.

327 Acs, Cpc, b. 4435, Rossi Carlo; Puppini, p. 212.328 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, «Copia di una lettera intercettata- timbro postale Paris XI Rue Mercotir 18.6.1938 diretta alla signora Marcuzzi [sic]Maria Tramontina in Castelnuovo del Friuli borgata Franz».

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Nella busta interna vi è scritto quanto segue: indirizzata

P.F. Consegnare a vostra cognata Maria Moruzzi

Versailles le 8/12/38Carissima mamma mia.Oggi medesimo ho ricevuto la gradita lettera della sorella Mia la quale intesi il tutto che state bene di salute, come pure io. Mamma la Mia mi scrisse che pensi sempre per me, ma io penso ancora di più voialtri perché dovete stare sottomessi a quel Regime infame che Mussolini ha imposto. Io mamma sono sacrificato 2 anni di sofferenza pensando sempre di poter liberarvi di quella schiavitù che siete vittime, contro quei assassini. Dovresti vedere mamma in Ispagna ciò che fanno i fascisti. Italiani e Tedeschi comandati da due sanguinosi Hitler e Mussolini. Mamma dovresti vedere delle centinaia di madri come te, senza casa, senza marito, piene di freddo, causa a questi. Ciò che ho fatto è per il bene del mondo intero per avere un avvenire migliore da noi tutti tanto desiderato. Non è la brutta via come dice la Mia, non è causa vostra se non parlate in quella maniera vorrei che fosse 15 giorni con me mamma per vedere ciò che sono. E poi mamma vi vedremo per parlarci a bocca che ti dirò di più. Mi disse anche che dopo grande deve andare a servire per non lasciarti mancare un pezzo di pane. De... vedi mamma il fascismo ciò che è. E’ la miseria e la fame questo rappre-senta il Fascismo mamma. Io mamma vorrei essere al tuo fianco e parlarti mamma pensa quante migliaia di famiglie sono all’estero che causa a lui non possono più rientrare. I tuoi consigli li ho sempre ascoltati e li ascolterò sempre ma questa è la mia idea. Non è che non penso a te perché puoi immaginarti se un figlio che comprende l’umanità può dimenticarsi di sua madre, se non posso aiutarti non è che non voglio è perché non lavoro. Per la fotografia mamma sono io, ma solamente è che sono due anni già e sono da miliziano, e poi te ne manderò un’altra che vedrai meglio. Non è che non [ho] la volontà di scriverti, è che ti ho scritto una lettera il 1/11/1938 e non ò visto nessuna risposta, da te l’hai ricevuta? A me mi dispiace molto che la Mia sia andata in servizio ma cosa vuoi. Come ti dico neanche io lavoro, sono arrivato il 14710/38 de la Spagna. Mi disse che ciò che à scritto à scritto col cuore anche mamma te lo scrivo di vero cuore perché tutto ciò l’ho passato e visto. Mamma gli ho scritto alla Roma e non mi ha risposto ancora io non so se non vuole più rispondermi be...!!! pazienza, ho ancora te, per confortarmi c’ho già qualcuno vero mamma? Termino salutandoti e abbraccian-doti di vero cuore tuo indimenticabile figlio Carlo Rossi che sempre ti ricorda Salutami il Neto bacioni e fagli leggere anche la lettera saluterai tutti i compagni Salutano la zia Teresa e cugina maiuta. E come van?L’indirizzo è N° 12 Rue Carnel st. Martin 12 Les Chesnay Versailles S.O.Mandami l’indirizzo del zio Giovanni d’America. Saluti dal cugino Mario di Camino e figlio saluti de la B... mandami l’indirizzo delle sorelle tutte e specialmente la Mia 329.

329 Acs, Cpc, b. 995, f. 131465, Canciani Enrico, «Copia di una lettera proveniente dalla Francia timbro postale Paris 11712/38 Ave-nue d’Italie diretta al Sig. Braida Giovanni (Detto Pascal) Valeriano (Udine)».

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Schede biografiche

Fra Trozky e il Poum: Domenico Sedran.Nasce a Pozzo di San Giorgio della Richinvelda il 4 marzo 1905 da Mattia e Maria Lenarduzzi.

Falegname, è sorvegliato come comunista dal 1928 al 1942; è iscritto alla rubrica di frontiera per l’ar-resto 330.

Insieme a lui sono schedati i fratelli maggiori Agostino e Guglielmo, ambedue agricoltori e comunisti, che hanno precedentemente manifestato le loro opinioni politiche in patria, prima di emi-grare in Argentina nel 1923. Agostino, nato il 18 agosto 1899, è sorvegliato dal 1925 al 1934, quando muore nel Manicomio di Oliva (Cordoba) in Argentina, dove lavorava come bracciante; nel 1931-1932 risulta schedato come antifascista in una lista di quasi trecento persone compilata dai consolati italiani in Argentina 331. Guglielmo, nato il 22 gennaio 1901, è sorvegliato dal 1930 al 1933; dal 1931 viene radiato non essendo più ritenuto attivo politicamente. In Argentina lavora dapprima come fa-legname e poi come muratore, riuscendo a costruirsi con i risparmi una abitazione a Santa Fé, parte della quale ceduta in affitto 332.

Nel caso di Domenico Sedran – insieme con il triestino-vivarese Tommasini e con il castelnovese Vincenzo Tonelli - abbiamo un raro esempio di memoria autobiografica, scritta nel 1971 e pubblicata nove anni dopo con un ampio apparato di note esplicative di Antonio Moscato. Si tratta di un docu-mento significativo, oltre che per i fitti riferimenti politici, per la impietosa descrizione delle difficili, estreme, condizioni di vita di un proletario rivoluzionario ramingo per l’Europa. Una condizione esi-stenziale che ritornerà a presentarsi immutata, decenni dopo, alle nuove generazioni di immigrati nella “fortezza Europa” 333.

Sedran emigra a 17 anni nel 1922, insieme a tre compaesani. Partiti per lavorare in miniera nel Lussemburgo, i tre si fermano invece a lavorare alla ricostruzione delle zone devastate della Francia, vicino a Verdun. Dopo un paio di mesi, Sedran si trasferisce a Beaucourt, per lavorare come falegname (mestiere per il quale aveva fatto l’apprendistato in Italia) nell’impresa edile Ribolzi.

«Nei paesi della regione di Verdun almeno due terzi della manodopera edile era italiana e antifascista. Senti-vo tra questa massa di emigranti raccontare il loro odio per il terrore fascista, la cui prepotenza già conoscevo da prima di lasciare il paese. Come sempre la massa degli edili non era organizzata sindacalmente» 334.

Attorno al 1924 si trasferisce a Sannois nella regione parigina, dopo un primo disorientamento di fronte alla dimensione inconsueta della moderna metropoli:

Qui già trovai l’emigrazione un po’ più organizzata sindacalmente, come pure la classe operaia francese più organizzata. Si trovava «l’Unità» censurata dai questori fascisti. Alla sera qualcuno leggeva ad alta voce la cro-naca dell’«Unità» delle atrocità fasciste in mezzo a un gruppo di lavoratori. Poi ne seguivano dei commenti e delle piccole discussioni 335.

Nel 1925 si avvicina alla città, trasferendosi a Nanterre per lavorare in uno stabilimento di produzioni ferroviarie, e si iscrive ai gruppi di lingua italiana del Pcf. Partecipa a manifestazioni anti-militariste, ha i primi problemi con la polizia e, all’interno dei gruppi comunisti italiani, partecipa alle contrapposizioni fra la forte componente bordighista e la tendenza togliattiana e staliniana all’imposi-zione di una brusca chiusura della discussione e di una rigida disciplina interna. Sedran, inizialmente

330 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Domenico.331 Acs, Cpc, b. 4727, f. 64144, Sedran Agostino.332 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Guglielmo.333 Sedran.334 Sedran, p. 136.335 Sedran, p. 137.

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schierato con questi ultimi, si sposta poi sulle posizioni della sinistra dopo la lettura di alcuni testi trozkisti. Nel 1928 Sedran, con altri cinque compagni, viene espulso dalla Francia per la sua attività politica.

A Bruxelles, una volta trovata occupazione grazie alla Camera del Lavoro, Sedran si reimmerge negli scontri interni al Pcd’i - siamo all’epoca della liquidazione dell’opposizione di sinistra a livello sovietico ed internazionale - venendo espulso insieme ad altri due compagni. Nel 1929, dopo una serie di grandi manifestazioni antifasciste (contro l’assassinio di Vladimir Gortan, condannato a morte dal Tribunale Speciale, e quello di un altro antifascista alla frontiera con la Svizzera), Sedran viene espulso anche dal Belgio, anche se il sindacato del legno riesce ad ottenere la proroga del soggiorno.

Sedran viene indicato far parte di un elenco di 23 fra i membri più attivi della Lega antifascista, con sede a Bruxelles alla Maison des Tramwaimen il venerdì sera, ed i cui aderenti si ritrovano durante la settimana nei ristoranti della Maison du Peuple ed al caffè al n. 13 della Grand Place 336.

Nel 1930 è di nuovo in Francia (risulta uscito dal Belgio il 30 dicembre 1929 337), come immi-grato irregolare: dopo alcuni mesi a Parigi, va a lavorare da un fabbricante di mobili livornese a Lione – dove, se la sua cautela lo cela alle autorità francesi, viene tenuto sotto controllo dagli informatori fascisti - e poi, dopo un breve periodo in Corsica, nel 1931 è a Marsiglia. La partenza da Lione lo sot-trae agli sguardi indiscreti dello spionaggio fascista 338. Nel 1935 è delegato dai compagni marsigliesi a partecipare alla conferenza nazionale trozkista a Parigi.

Nell’agosto 1936 Sedran (che ha assunto lo pseudonimo “Adolfo Carlini”) parte con un gruppo di compagni marsigliesi per la Spagna, riunendosi con i trozkisti italiani che – già presenti in quel paese – avevano partecipato alle giornate di Barcellona del luglio nelle quali era stata schiacciata l’insurrezio-ne fascista delle forze armate, scatenando la rivoluzione catalana.

Barcellona 12.12.1936Cara Madre,Da molto tempo che non scrivo più, do le mie nuove, scrivendomi che la mia salute è ottima così voglio sperare che sia altrettanto di te che sei venuta vecchia e al padre, altrettanto per la famiglia! Io mi trovo qui in Espagna da un paio di mesi. In Barcellona il clima è molto buono anche d’inverno. Il sole risplende non fa bisogno di portare il sopra abito né l’impermeabile perché non piove molto. Come sapete in Espagna vi-viamo in rivoluzione. E da 14 mesi che io aspetto questo, vogliamo sperare e lottiamo perché la rivoluzione trionfi, contro i ladroni, e i proprietari grassi! E che i uomini [facciano]non più una guerra come il 1914 che voi conoscete come me, ma una guerra della miseria e degli affamati contro i profittatori di guerra, vale a dire contro i proprietari grassi di tutto il mondo, contro tutti i ricchi approfittatori del sangue dei contadini e degli operai. Cara madre se non muoio da una palla o da una scheggia, speriamo di vederci presto e di non avere tante preoccupazioni per il mangiare dormire ed il vestire della roba nel mondo ne sta per tutti e si può vivere bene tutti!!!!!Saluti a voi che siete vecchia al vecchio e a tutta la famiglia.Questo è l’indirizzo Carlini Adolfo Calle Escudellera N° 53-1-2 Barcellona Espagna.Non avete preoccupazioni per me che speriamo di rivederci! Sempre coraggio vostro figlio Domenico 339.

Sedran (en passant merita ricordare che, grazie all’emigrazione in giovane età, per le autorità italiane risulta renitente alla leva 340) si addestra alla Caserma Lenin, ma il gruppo trozkista 341 si vede

336 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Domenico, lettera della D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione Prima al Cpc, prot. n. 441/07714 del 5 maggio 1939, «Copia dell’appunto in data 22 aprile 1930 n. 500/8010 pervenuto della On. D.P.P.».337 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Domenico, lettera del Consolato di Bruxelles al Ministero degli Affari Esteri, prot. n. 4033/A. 63 del 22 aprile 1930.338 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Domenico.339 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Domenico, «Copia di una lettera intercettata proveniente dalla Spagna con timbro postale illeggibile diretta a Sedran Maria S. Giorgio della Richinvelda in Pozzo -Prov. Udine-Italia».340 Acs, Cpc, b. 4727, f. 19277, Sedran Domenico, lettera della R. Prefettura di Udine al Cpc, prot. Gab. 01188 P.S. Del 14 marzo 1930.341 Costituito da circa 30-40 persone: cfr. introduzione di Antonio Moscato in: Sedran, p. 133.

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rifiutare l’iscrizione al Poum, che non accetta il rivendicato “diritto di frazione”. I trozkisti italiani par-tono per il fronte con una colonna internazionale (ma in realtà in maggioranza costituita da spagnoli) di circa 400 miliziani, alla quale partecipano esponenti delle più svariate dissidenze antistaliniste del comunismo europeo, oltre ai socialisti massimalisti italiani. La colonna si scontra per un mese ad Estre-cho Quinto - sul fronte di Huesca - con i franchisti, costringendoli alla ritirata. I trozkisti richiedono nuovamente l’iscrizione al Poum, che viene ancora rifiutata sia per la non accettazione del diritto di frazione, sia come risposta alle polemiche della IV internazionale contro il Poum.

Così Sedran esprime l’opinione trozkista sul Poum, aggregato di varie correnti comuniste uscite dal Pce in varie direzioni. Fenomeno comune agli altri partiti comunisti: pensiamo alla quasi contem-poranea esclusione dal Pcd’i - nella fase della stalinizzazione, con la “svolta” del 1929 - di Angelo Tasca da “destra” e poi dei “tre” - Alfonso Leonetti, Pietro Tresso e Paolo Ravazzoli da sinistra, cui seguirà infine quella di Ignazio Silone. Salvo che nel caso spagnolo – a differenza dei compagni italiani, che si dividono fra trozkismo ed “entrismo” nelle file socialiste – i dissidenti riescono a riunirsi in un’unica formazione politica:

Credo che i dirigenti del POUM non voleva farsi passare per dei trotskisti. Difatti non lo erano. Se noi fac-ciamo un po’ di storia di come si formò questo partito, capiremo subito perché il POUM non poteva essere il partito guida della rivoluzione spagnola. Maurìn fu escluso insieme a Arquer e altri della III Internazionale nel 1928 come tendenza di destra. In seguito alla loro esclusione fondarono un partito chiamato «Obrero y campesino» principalmente in Catalogna e nelle isole Baleari; la loro ideologia di destra parlamentare e riformista si fuse poi con dei gruppi di sinistra di Nin e Andrade, dandosi la denominazione di Partito Obrero de Unificaciòn Marxista. Andreu Nin era stato segretario dei sindacati rossi a Mosca ed espulso per tendenza di sinistra nel 1927. Dopo la fusione mediante un congresso delle due tendenze di destra e di sinistra, praticamente nel POUM dominò sempre la tendenza di destra. Anche sulla questione sindacale il POUM coabitava nel piccolo sindacato di Catalogna di 50.000 iscritti con i socialisti che non erano migliori dei nostri saragattiani, mentre il sindacato anarcosindacalista, forte di mezzo milione di aderenti, dominò tutti gli scioperi, dandosi anche una tradizione rivoluzionaria 342.

Sedran è a Barcellona nelle giornate di guerra civile nel campo repubblicano, il 3-6 maggio 1937, quando lo scontro viene scatenato dal tentativo delle Guardie d’Assalto di impadronirsi della centrale telefonica controllata dalla Cnt fin dal luglio precedente. Segue la rivolta da parte di settori anarchici e del Poum 343 (gli stessi dirigenti anarchici cercano di spegnerla: in effetti l’effetto degli scontri sarà poi una svolta a destra, con la caduta del governo di Largo Caballero e l’esclusione dei ministri della Cnt) ed una dura repressione nei confronti dei settori rivoluzionari del Fronte Popolare.

Per i trozkisti il maggio 1937 segna il passaggio alla clandestinità, nella quale Sedran rimane fino all’arresto nel marzo 1938. Rimarrà al Carcere Modello di Barcellona fino al momento dell’arrivo delle truppe franchiste. Sedran – che testimonia come la resistenza isolata nei quartieri della città catalana continui per alcuni giorni anche dopo l’occupazione - rimarrà clandestino a Barcellona per cinque mesi, fino all’agosto del 1939, quando intraprende l’avventuroso viaggio per superare i Pirenei. A Per-pignan, dopo un periodo di ulteriore clandestinità, viene arrestato: «Qualche giorno dopo mi trovavo nel campo di concentramento con i rifugiati spagnoli, sulle sabbie malariche di acque e diarrea di St. Cyprien». Sedran – che a Saint Cyprien contrae la malaria - riesce ad essere utilizzato come falegname nei lavori esterni al campo, finché «verso la fine dell’anno 1939 i non spagnoli dei campi di St. Cyprien fummo trasferiti nei baraccamenti degli internazionali, Pau Gurs, nei Pirenei occidentali» 344.

Sedran, nonostante partecipi al rifiuto dell’arruolamento come lavoratori coatti per l’esercito francese, all’inizio del 1940 viene inviato alla frontiera con il Belgio. Da lì, i prigionieri – al momento dello sfondamento tedesco – debbono arretrare a piedi al seguito dell’esercito francese, per poi essere

342 Sedran, pp. 144-145.343 Antonio Moscato contesta la tesi del complotto anarchico-trozkista sulla base di vari elementi, fra i quali il mancato utilizzo delle consistenti milizie della Cnt e del Poum schierate sul fronte d’Aragona: cfr. Sedran, pp. 175-176.344 Sedran, p. 153.

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trasferiti in un campo in Bretagna, dal quale Sedran fugge, per ritornare a Parigi con mezzi di fortuna. Da lì Sedran si trasferisce poi in Belgio, dove svolge diversi lavori cercando di riprendere i contatti con i compagni conosciuti anni prima, per alimentare l’opposizione alla guerra. Con il 1941 e l’attacco nazista all’Unione Sovietica si dispiega la resistenza e, conseguentemente, si indurisce la repressione tedesca: Sedran, ricercato dalla Gestapo, si muoven fra le località belghe e quelle della Francia del nord per mantenere i contatti fra i gruppi trozkisti dei due paesi.

Sedran non può fare a meno di polemizzare con quei compagni che non capiscono l’esigenza soprattutto di agire (anche se poi riconosce onestamente il loro sacrificio nella lotta):

Nell’anno 1941 una domenica d’estate in un bosco alla periferia di Bruxelles il compagno Léon dette una conferenza sul tema dell’economia capitalistica e il marxismo, presenti una buona dozzina di compagni e simpatizzanti. Se la conferenza, anche andando per le lunghe, fosse stata in tempi normali, non ci sarebbe stato niente da dire. Se non altro sarebbe stata utile per elevare un certo grado di cultura ideologica marxista nei militanti. Ma in momenti che si rischiava la deportazione in campi di sterminio, per una conferenza innocua economicista, non mi potei più trattenere di interrompere il compagno, citando un passaggio del libro della grande economista marxista Rosa Luxemburg, dove dice che si può essere dei più grandi eco-nomisti, ma se si sbaglia sulla tattica pratica di lotta, si liquida queste medesime conoscenze economiche. Questa mia interruzione non fu troppo bene accolta dai presenti alla conferenza, anche perché non troppo abituati alle discussioni. Il giovane coraggioso compagno Léon, fu arrestato a Charleroi nel 1944 insieme al compagno Galloy, che era stato ferito ad un polmone al fronte di Huesca. Léon fu poi destinato al forno crematorio, e Galloy, dopo la deportazione, morì qualche anno dopo la guerra a Charleroi 345.

Nell’agosto 1943, dopo varie discussioni con i compagni in Belgio sulla situazione italiana, Sedran rientra in Italia: la conseguenza è – insieme con altri antifascisti – l’arresto alla frontiera e la carcerazione. Detenuto nelle carceri sotto la stazione ferroviaria di Milano, Sedran evade insieme con gli altri detenuti nei giorni dell’invasione tedesca, per evitare l’internamento in Germania. A Milano durante la Resistenza Sedran collabora con i gruppi bordighisti 346, utilizzando contatti stabiliti all’este-ro, non condividendone però per settarismo l’atteggiamento partecipativo di fronte all’insurrezione del 25 aprile 1945:

Infatti, dicevo questi comitati [i Cln] non faranno altro che tentare di fermare le masse, perché la bor-ghesia e i partiti operai hanno paura di trovarsi di fronte un movimento armato difficile da controllare 347.

Errore sul piano dell’azione politica - il prendere le distanze dall’insurrezione nazionale - che però coglie giustamente – sul piano dell’analisi – la realtà del futuro ripiegamento moderato della sini-stra italiana nella fase della ricostruzione:

« [...] il contenuto dei volantini era che la classe operaia non doveva pagare le spese della ricostruzione cau-sata dalla guerra capitalista, che la classe operaia doveva continuare la lotta fino alla liberazione totale dallo sfruttamento capitalistico, anche se il lupo di ieri aveva compiuto la sua metamorfosi diventando agnello. Il volantino diceva poi che i dirigenti riformisti sarebbero stati in prima fila per spingere la classe operaia nel “compito” di ricostruire l’economia capitalistica e lo Stato oppressore, e che era necessario sradicare comple-

345 Sedran, p. 159.346 Fra i bordighisti milanesi Sedran cita Gigi Bassi di Palmanova, che dovrebbe essere Antonio Gabassi (Palmanova, 1892-1975), attivista del partito Comunista Internazionalista fino alla morte: cfr. nota di Fausto Bucci in: Sedran, p. 184. Proprio a Palmanova, nel dopoguerra, è segnalata la presenza di un forte gruppo, definito “trozkista” dalla Federazione del Pci: in: «7/4 – Si è votato in 22 comuni compreso Udine. In provincia le nostre previsioni sono state giuste. Abbiamo vinto nei maggiori centri, Cervignano, Latisana, S. Danie-le, Pontebba. Abbiamo subito un insuccesso a Codroipo per 3 voti e a Palmanova imputabile questo al nucleo di trozkisti facenti parte del centro di Milano e che sono: Gigi Danielis, Antonio Gabassi, Lidio Sartori: che in quel centro hanno svolto una intensa ed attiva propaganda influenzando l’opinione pubblica in nostro sfavore [...]»..Archivio Fondazione Istituto Gramsci, Archivio Pci 1943-1991, b. 1946, Udine, f. 111 – pp. 1675/1756, sf. pp. 1739-1756, «Lettera della Federazione di Udine alla Direzione del Pci, Commissione elettorale centrale, prot. S/187 dell’11 aprile 1946, Elezioni».347 Sedran, p. 163.

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tamente la pianta capitalistica perché non produca più il frutto del fascismo, e non bastava quindi tagliare solo il ramo del fascismo» 348.

Nel dopoguerra Sedran rimane a Milano lavorando all’Atm, nella quale si impegnerà sindacal-mente, sostenendo posizioni egualitarie che anticiperanno le rivendicazioni del movimento operaio della fine degli anni ‘60.

Pensionato nel 1965, si trasferisce a Valeriano, partecipando alle vicende della sinistra trozkista, fino all’adesione al Partito della Rifondazione Comunista, non mancando di esprimere posizioni pole-miche verso tutti gli eredi del Pci rispetto a disinvolte alleanze tattiche parlamentari che gli ricordavano le sciagurate scelte della III Internazionale in Germania, prima dell’avvento di Hitler. Muore a Sequals il 26 giugno 1993 349.

348 Sedran, p. 164.349 Vurachi; appunti autografi di Sedran conservati da Roberto Bagnariol.

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La scuola del cantiere di Monfalcone: Egidio Sellan.

Nasce a S. Vito al Tagliamento il 10 settem-bre 1904 da Giuseppe e Luigia Milan. E’ operaio tubista presso il Cantiere Navale Triestino e domi-ciliato a Monfalcone. Co-munista, diffidato politico, fuoruscito, è iscritto alla Rubrica di frontiera ed al Bollettino delle Ricerche, da fermare. E’ sorvegliato dal 1927 al 1943 350.

E’ schedato al Cpc pure il fratello Giuseppe, nato il 9 maggio 1907 a San Vito al Tagliamento, residente a Monfalcone (Go), meccanico, comunista, sorvegliato dal 1927 al 1945 351. «Nel febbraio 1925, in una perquisizio-ne eseguita al domicilio di tale Bertoli Ezio, segretario della disciolta Sezione giovanile comunista di Monfalcone, tra i documenti sequestrati si rinvenne un elenco di inscritti, tra i quali figurava il nome del Sellan» 352.

La numerosa famiglia Sellan (i figli sono sette, tutti nati a San Vito al Tagliamento) si è trasferita a Monfalcone nel 1919. In questo caso siamo di fronte 353 al maggiore caso di urbanizzazione industria-le nel Friuli del Ventennio, quello del Cantiere Navale Triestino, che attira migliaia di operai da tutto il territorio regionale, producendo un’aggregazione proletaria particolarmente politicizzata e radicalizza-ta. Da qui nel settembre 1943 si produrrà l’eccezionale caso del passaggio in massa alla lotta armata di oltre mille operai che, riuniti nella Brigata Proletaria, saranno impegnati per settimane nella battaglia di Gorizia, il primo caso di scontro campale fra forze partigiane (italiane e slovene) e nazifascisti.

Quella dei Sellan è la difficile condizione della famiglie contadine inurbate nel primo dopo-guerra: nel 1927 «il padre ed il fratello Guido, sono occupati al Cantiere Navale, mentre gli altri sono disoccupati. Vivono tutti in critiche disagiate condizioni economiche in una casa diroccata dalla guerra». Per sopravvivere i giovani Sellan devono arrangiarsi anche con piccole attività illecite, mentre si costruiscono le prime attività economiche autonome: nel 1928 Attilio gestisce una officina per la riparazione di biciclette, nella quale assume anche Giuseppe 354.

Alcuni fra i fratelli sono segnalati per le loro idee sovversive, nate nell’ambiente della città dei cantieri, nel quale si avvicinano alle organizzazioni comuniste:

350 Acs, Cpc, b. 4736, f. 5184, Sellan Egidio. 351 Acs, Cpc, b. 4736. f. 5067, Sellan Giuseppe di Giuseppe.352 Acs, Cpc, b. 4736. f. 5067, Sellan Giuseppe di Giuseppe, lettera della R. Prefettura della Provincia di Trieste, Divisione Gab. P.S. al Cpc, prot. n. 174-28 del 3 febbraio 1928.353 Insieme al polo chimico di Torviscosa, nell’area della bonifica della Bassa Friulana, che però si svilupperà negli anni ‘30.354 Acs, Cpc, b. 4736. f. 5067, Sellan Giuseppe di Giuseppe, nota del Prefetto di Trieste, prot. n. 9848 del 25 novembre 1927 e lettera della R. Prefettura della Provincia di Trieste, Divisione Gab. P.S. al Cpc, prot. n. 174-28 del 3 febbraio 1928.

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Il Sellan Egidio, fu commesso presso tal Carrarese in negozio di rappresentanze di vetri. Dal maggio 1927 all’ottobre us. fu occupato al Cantiere come aiuto tubista a L. 1.45 all’ora. In genere la famiglia tutta risulta di buoni precedenti e di regolare condotta morale, esclusi i giovani Giuseppe ed Attilio, che risultano pregiu-dicati in linea di furto. Questi ultimi professano pure sentimenti antinazionali. Il Sellan Egidio professa idee estremiste da poco tempo, da quando cioè coi compagni del Bianco Eugenio Buttignon Volmaro e Silvestri Giovanni, cominciò a frequentare le osterie ed a attardarsi anche di notte a schiamazzare per le vie. Convinto ormai comunista prese anche parte alle riunioni coi compagni allo scopo di ricostituire la disciolta sezione giovanile comunista; facendosi a sua volta zelante propagandista fra i giovani, assertore di idealità bolscevi-che e spingendosi a complottare e congiurare ai danni della compagine della Patria. Il mattino del 7 ottobre us. verso le ore 7.30 invece di recarsi al lavoro, si avviò in bicicletta al ponte della bonifica del Brancolo, in località malsana paludosa, e precisamente nell’appezzamento inteso “Comugne della Madonna” dove s’indu-giò coi compagni per circa tre ore, finché tornando verso la Marcelliana, fu sorpreso con altri ed arrestato. E’ stato quindi colpito da mandato di cattura spiccato dal giudice istruttore del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato mandato comunicatogli in carcere il 23 ottobre u.s. a mezzo dell’arma dei CC.RR. 355.

Egidio è sottoposto a procedimento per cospirazione nel 1928 insieme ad altri 8 imputati residen-ti a Trieste, in Istria e nel Goriziano «per avere, in Monfalcone in epoca anteriore e sino al 7.10.1927, concertato fra loro e con altri, appartenendo a segreta associazione comunista, di commettere fatti di-retti a suscitare la guerra civile e la insurrezione armata contro i Poteri dello Stato». Rinviati una prima volta a giudizio in maggio, con sentenza n. 108 della Commissione Istruttoria, il 9 agosto vengono assolti dalla stessa, con un diverso giudice relatore, per mancanza di indizi. Nel frattempo i nove sono stati in carcere dal 7.10.1927 al 23.8.1928 356.

Subito dopo Egidio espatria clandestinamente: la sua partenza, insieme al compagno di fede Giovanni Silvestri, viene segnala ai primi di novembre 1928 ma le autorità, nonostante l’immediato allarme per l’allontanamento dei due, non riescono ad impedirne la fuga attraverso la frontiera di Ventimiglia. Sellan si stabilisce a Grasse sulla Costa Azzurra 357. «Il Sellan s’impiegò nella miniera de la Grand Combe a Mimes (Parigi) e di là il 27-2-1929 venne a Bruxelles», quando verrà espulso dalla Francia con altri antifascisti all’inizio del 1929 358.

Le talpe dell’Ovra nella polizia belga.

A questo punto Sedran si trasferisce in Belgio, a Bruxelles - dove lavora come vetraio - ma viene espulso anche da questo paese il 24 febbraio 1930.

Per capire quale sia il livello di infiltrazione fascista nelle file della polizia belga è significativa questa nota della Divisione Polizia Politica:

Si trasmette un elenco di tutti gli italiani che sono stati espulsi dal Belgio dal gennaio all’ottobre 1930, per la loro attività sovversiva, qui pervenuto in via confidenziale [...]Nel 1929 si sarebbe avuto un totale di 236 sudditi italiani espulsi o respinti (renvoyès) dal Belgio. Essi ver-rebbero così suddivisi.Espulsi 53 per precedenti penali – 53 per motivi di ordine pubblico – 1 dichiarato indesiderabile.Respinti: 96 per precedenti penali, 28 per motivo di ordine pubblico, 5 dichiarati indesiderabili.Si prega di evitare qualsiasi controllo nel Belgio. Se occorrono maggiori chiarimenti su qualcuno dei no-minativi di cui allo unito elenco, si prega di indicare il numero d’ordine corrispondente all’individuo che interessa a questa Divisione 359.

355 Acs, Cpc, b. 4736. f. 5148, Sellan Egidio, nota del Prefetto di Trieste, prot. n. 9848 del 25 novembre 1927.356 Cfr. Ministero della Difesa 1928, pp. 1009-1010. La fonte indica data e luogo di nascita errati nel caso di Sellan (come per altri quattro degli imputati di questo processo). Sul processo, cfr. inoltre: Patat, p. 282.357 Acs, Cpc, b. 4736, f. 5184, Sellan Egidio, lettera della R. Prefettura della Provincia di Trieste, Divisione Gab. P.S. al Cpc, prot. n. 9470-28 del 3 gennaio 1929.358 Acs, Cpc, b. 4736, f. 5184, Sellan Egidio, lettera del Consolato di Bruxelles al Cpc del 24 febbraio 1930, prot. n. 2170/A63; copia del telespresso del 4 aprile 1929, prot. n. 450/129 della R. Legazione all’Aja (che raccoglie l’elenco di 11 nomi da un informatore).359 Acs, Cpc, b. 4736, f. 5184, Sellan Egidio, nota della D.P.P. del 20 novembre 1930 prot. n. 500/22834, trascritta dalla Sez. I^ (ma-

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Sedran parte dalla città belga di Anderlecht, dove si era trasferito, il 6 marzo 1930 360; altre fonti lo daranno invece in partenza dal Belgio qualche mese dopo. Nei mesi successivi viene segnalata la sua presenza nei grandi cantieri per la deviazione del Reno nell’area a cavallo fra la Francia e la città svizzera di Basilea. Nella primavera 1932 è segnalato come clandestino a Parigi.

In Spagna

Nel 1936 si arruola nelle Brigate Internazionali in Spagna: il fascicolo al Cpc non ci fornisce no-tizie al proposito (se non quella della morte). Puppini ne ricostruisce il percorso, iniziato nel novembre 1936 ad Albacete con il reparto guidato da Picelli: Sedran è nel Battaglione, e poi nella Brigata “Ga-ribaldi”, di cui viene nominato tenente. Muore durante l’attacco garibaldino a Huesca, il 16 giugno 1937 361.

teria). Sottolineatura nell’originale.360 Acs, Cpc, b. 4736, f. 5184, Sellan Egidio, lettera del Consolato di Bruxelles al Cpc, prot. n. 9770/A. 63 del 20 ottobre 1930.361 Puppini, p. 216.

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Schede biografiche

Pietro Toffolo.Nasce a San Quirino il 22 no-

vembre 1897 da Vittorio e Rosa Sca-gnol 362. Frequenta le scuole elementari fino alla terza.

Durante la permanenza in patria simpatizzò per il partito socialista sen-za applicare propaganda. Espatriò per ragioni di lavoro in Belgio nel 1922 senza dare più notizie di sè alla fami-glia residente a s. Quirino; all’estero svolse propaganda sovversiva specie fra l’elemento italiano. Non ha precedenti a carico: prese parte alla grande guer-ra congedandosi il 21.4.1920 come caporal maggiore del 6° Centro Auto-mobilistico.

Bracciante, è sorvegliato dal 1930 al 1938 ed iscritto alla Rubrica di fron-tiera ed al Bollettino delle ricerche per l’arresto 363. Secondo un’informativa del 1930 invece Toffolo sarebbe considera-to comunista-anarchico 364. Altre infor-mazioni lo considerano comunista: ma comunque le appartenenze politiche inizialmente segnalate sul frontespizio del fascicolo del Cpc non vengono ge-neralmente aggiornate, con il risultato di alimentare la confusione (innanzitutto fra gli stessi funzionari fascisti, che ogni tanto si perdono in esilaranti congetture). Appartiene al Sri con tessera n. 109 365.

Toffolo risiede a Genk nel Limburgo-Wintersgal, dove lavora come manovale presso la locale miniera di carbone 366.

Toffolo risulta essere partito per la Spagna nel febbraio 1937 dove, secondo Puppini, è dapprima assegnato alle Brigate Internazionali e successivamente al servizio intendenza del Battaglione Istruzione a Villanueva della Jara 367.

362 La documentazione al Cpc chiarisce che l’equivoco creato dalla quasi omonimia con il compaesano (ma della frazione di San Foca) Pietro Toffoli di Giuseppe e di Arcangela Ambroset, nato a San Quirino il 26 luglio 1897 - pure emigrato in Belgio e Lussemburgo dal 1923, ma poi rientrato a San Quirino nel 1927 - ma non segnalato per attività politiche: cfr. Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, D.P.P., appunto per l’On. D.A.G.R. prot. n. 500/6427 del 25 marzo 1931. Ad aggravare la confusione è pure l’utilizzo dell’identità di Pietro Toffoli – quello “giusto” - da parte di Gaudenzio Magistrini (Acs, Cpc, b. 2921, nato a Ghemme (No) il 16 maggio 1898, fabbro, comunista, iscritto alla Rubrica di frontiera, sorvegliato dal 1933 al 1941) cfr. Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, D.P.P., appun-to per l’On. D.A.G.R. dell’11 marzo 1933.363 Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, Prefettura di Udine, cenno biografico del 7 maggio 1937.364 Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, appunto da fonte confidenziale del 19 maggio 1930.365 Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, lettera del Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., Sezione I al Cpc, prot. n. 441/054707 del 9 febbraio 1937.366 Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, D.P.P., appunto per l’On. D.A.G.R. prot. n. 500/14204 del 7 giugno 1933; lettere del Consolato di Charleroi al Ministero dell’Interno, D.G.P.S.., prot. n. 4622 del 23 agosto 1933 e di quello di Bruxelles al Cpc, prot. n. 1913/A.63 del 28 settembre 1933.367 Acs, Cpc, b. 5116, f. 51702, Toffolo Pietro, Prefettura di Udine, cenno biografico del 7 maggio 1937; Puppini, p. 228.

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L’anarchico triestino: Umberto Tommasini.Nasce il 9

marzo 1896 a Trie-ste da Angelo e Ber-nardina Tomma-sini, emigranti di Vivaro 368. Il padre lascia il Friuli mo-narchico, ma di-venta socialista nel porto asburgico: è lì che nasce il nucleo della Biblioteca Po-polare che poi orga-nizzerà nella sua abitazione a Vivaro, ed è oggi in gran parte conservata grazie ad un lascito di Umberto alla Biblioteca civica di quel comune. Combattente nella prima guerra mondiale, è ferito ed internato a Mauthausen.

Umberto abbandona il socialismo nel primo dopoguerra, aderendo insieme al fratello Vittorio all’anarchismo ed impegnandosi nella resistenza armata alle bande fasciste che infestano la Venezia Giulia. Dopo vari arresti e condanne al confino a Ustica e Ponza, espatria nel 1932. Nel 1934 inizia a vivere con Anna Renner: dalla loro unione nasce il figlio Renato.

Attivo antifascista a Parigi, accorre nel 1936 in Spagna, organizzando la sezione mitragliatrici della Colonna “Ascaso”, guidata da Carlo Rosselli di Giustizia e Libertà, dal comandante repubblicano Mario Angeloni (che cade durante la prima battaglia, a “Monte Pelato”) e dall’anarchico Camillo Ber-neri. A Monte Pelato, il successo nel resistere agli attacchi dei ben più numerosi franchisti accresce la credibilità dei primi volontari antifascisti italiani: in quella battaglia Tommasini, grazie all’esperienza nella Grande guerra, si dedica alla costruzione delle trincee, che costituiscono uno degli elementi della vittoria.

All’inizio del 1937 Tommasini viene arrestato dalle stesse autorità repubblicane, insieme ad un gruppo di antifascisti italiani incaricati di una delicata missione di sabotaggio delle navi franchiste nel porto di Ceuta. L’arresto del gruppo si trasforma in un braccio di ferro fra le varie componenti del governo repubblicano, e lo stesso ministro anarchico della giustizia deve obbligare l’anarchico triestino, che era riuscito ad evadere, a ritornare in carcere per non aggravare la situazione.

Dopo essere stato rilasciato Tommasini ritorna in Francia, dove si dedica ad un fallito attentato a Mussolini. Durante la Seconda guerra mondiale, è prima internato nel campo di concentramento francese di Vernet d’Ariège, poi consegnato alla polizia italiana ed internato a Ventotene e nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari.

Nel dopoguerra partecipa all’attività degli anarchici triestini, in forte contrasto con gli opposti nazionalismi filo-jugoslavo e filo-italiano, fondando il circolo “Germinal”. Viene arrestato dalle autori-tà di occupazione anglo-americane per la sua attività. Aiuta nell’espatrio gli anarchici bulgari che fug-gono dal regime comunista. Dirigente della Fai è direttore del settimanale «Umanità Nova» dal 1970 al 1979. Muore il 22 agosto 1980 a Vivaro; quattro anni dopo appariranno le sue memorie, pubblicate in un ampio libro-intervista a cura di Carlo Venza 369.

368 Acs, Cpc, b. 5139, f. 16325, Tommasini Umberto: fabbro meccanico, residente a Trieste, anarchico attentatore, pericoloso, fuoru-scito in Francia, iscritto al Bollettino delle ricerche ed alla Rubrica di frontiera, confinato politico.369 Cfr.: Antonioli-Berti-Santi-Iuso, v. II, biografia a cura di Claudio Venza; Tommasini.

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Schede biografiche

Vincenzo Tonelli, il garibaldino di Tolosa.Nasce a Castelnovo del Friuli il 13 luglio

1916 da Vincenzo ed Angela Colautti. Murato-re, è iscritto nella Rubrica di frontiera e nel Bol-lettino delle ricerche per l’arresto 370.

La storia di Vincenzo Tonelli è ampiamen-te ripercorsa nelle sue opere 371. Potrebbe trattarsi della “normale” vicenda di un operaio edile friu-lano che emigra in giovane età: ha solo 14 anni quando parte per la Francia con il padre, e 17 quando rimane solo in quel paese, trasferendosi a Tolosa, dove lavora anche per un impresario - Angelo Polacco - che prima del fascismo era stato il segretario della Federazione del Pcd’i di Udine. Un percorso che vede Tonelli bruciare le tappe, bluffando con gli impresari per salvarsi dalla di-soccupazione degli anni della grande crisi (e del contingentamento delle quote di stranieri) facendosi riconoscere anzitempo come operaio professionale

Ecco come Vincenzo narrerà il suo “tour de France” al vicecommissario Marino in Questura ad Udine, il 21 luglio 1943:

Nel luglio 1930 sono espatriato in Francia per ragioni di lavoro con regolare passaporto (ero iscritto sul passaporto di mio padre) stabilendomi a Parigi dove mi sono occupato come muratore; ho lavorato così da muratore presso la ditta francese Bafrè, la ditta Horieau ed altre ditte delle quali non ricordo il nome; abitavo a Parigi con mio padre in via Chemin de Goviot n° 5, successivamente in Avenue de la Duise n° 4 ed infine in Chiatillon sui Bagnon n° 4.Nel settembre del 1933, mio padre è rimpatriato essendo rimasto senza lavoro ed io, invece, mi sono trasfe-rito a Tolosa in cerca di qualche occupazione, inquantoché avevo a Tolosa un mio cugino di nome Colautti Giovanni che lavorava da muratore.A Tolosa mi sono occupato come manovale presso la ditta Bissot, successivamente ho lavorato con la ditta Polacco, la ditta Cosses, la ditta Pen ed altre ditte delle quali non ricordo il nome 372.

Nell’emigrazione Tonelli, oltre ad una notevole professionalità (come dimostra anche la sua ampia abitazione, costruita con le sue mani a Tolosa) si forma una altrettanto ragguardevole cultura politica, che lo porta ad avvicinarsi alle organizzazioni comuniste e successivamente a combattere nelle Brigate Internazionali (Battaglione e Brigata “Garibaldi”). Parte con un amico per la Spagna nell’otto-bre 1936, non prima di vedersi offrire da bere - come complimento per la scelta - da Polacco:

Sul lavoro avevo conosciuto, precedentemente, un friulano di anni 23, certo Zuliani Armellino e con costui, anch’esso disoccupato, mi sono recato a Perpignano; attraverso Port Bou e la frontiera franco-spagnola sono giunto a Barcellona; detto viaggio lo effettuai senza biglietto e senza documenti servendosi di un treno di miliziani, che si recavano in Spagna.A Barcellona mi recai alla caserma Carlo Marx col Zuliani ed ivi fui arruolato ed assegnato alla brigata “Garibaldi”; da Barcellona fui inviato ad Albacete dove dopo una prima sommaria istruzione militare fui successivamente inviato a Figueras dove venni vestito ed armato di fucile e munizioni, con la brigata “Gari-

370 Acs, Cpc, b. 5146, f. 137889, Tonelli Vincenzo. Nel fascicolo sono ricomprese alcune corrispondenze con la famiglie intercettate dalla censura postale.371 Cfr.: Tonelli e: Brambilla-Ferro-Morenzoni-Pesce-Poma-Tonelli. Recentemente Vincenzo ci ha concesso una lunga intervi-sta videoregistrata, che speriamo di poter rendere disponibile presto per il pubblico.372 Acs, Cpc, b. 5146, f. 137889, Tonelli Vincenzo, verbale dell’interrogatorio presso la Questura di Udine, 21 luglio 1943.

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baldi”, sono stato inviato a Serra de los Angeles dove ho preso parte ai primi combattimenti e cioè novembre del 1936 373.

A Serra de los Angeles muore l’amico Zuliani. Tonelli invece arriverà fino alla fine della guerra civile, rientrando in Francia solo alla fine dell’esperienza internazionalista. La sua storia coincide con quella delle grandi battaglie della “Garibaldi”, da Madrid a Guadalajara all’Ebro, e Tonelli ne ricava an-che qualche ferita e ricovero ospedaliero 374. Come nel caso degli altri antifascisti, la sua scelta militante provocherà non solo gli interventi della censura postale, ma anche continue persecutorie perquisizioni domiciliari presso la famiglia a Castelnovo.

Vincenzo parteciperà alla Resistenza: dapprima in Francia e poi in Italia, dal 1943 al 1945, con il nome di battaglia di “Remo”. In mezzo, fra il 1942 ed il 1943, c’è la reclusione nel campo di concen-tramento di Vernet, che aveva evitato tre anni prima grazie a quel permesso di soggiorno per lavoro che aveva potuto esibire al momento del ritorno in Francia. Verrà rimpatriato da Vernet in Italia, giusto il tempo di venire arruolato nell’esercito e di assistere al suo scioglimento l’8 settembre 1943. Tornato al suo paese, diventerà comandante di un reparto partigiano.

Ritornerà poi, come molti, in Francia, dove acquisirà la cittadinanza, ottenuta – con disappunto dei poliziotti ormai pronti ad espellerlo come clandestino - grazie al servizio prestato per quel paese nelle file della Resistenza.

Il filo dell’impegno di Tonelli, per tramandare attraverso varie iniziative la memoria della lotta antifascista, non è venuto meno neanche oggi, che è rimasto forse l’ultimo “garibaldino di Spagna”. E’ grazie a lui che l’associazione “Les Garibaldiens” di Tolosa si è impegnata per salvare e rendere fruibile come area monumentale quanto rimaneva del campo di concentramento del Vernet, impedendone la completa distruzione per finalità economiche. Ma è pure merito dei “Garibaldiens” tolosani la costruzione del monumento agli internazionalisti garibaldini che hanno combattuto in Francia - a partire dalla campagna dai Vosgi nel 1870-1871 fino alla partecipazione internazionale al “maquis” nel 1940-1943 - e nel mondo, e la collaborazione con il moderno Musée Départemental de la Résistance et de la Déportation.

373 Acs, Cpc, b. 5146, f. 137889, Tonelli Vincenzo, verbale dell’interrogatorio presso la Questura di Udine, 21 luglio 1943.374 Cfr., oltre ai libri di Tonelli stesso: Puppini, pp. 231-232.

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Schede biografiche

« [...] diversi sono cascati sotto i miei colpi. Dunque niente pietà,

bisogna lottare contro il fascismo con intelligenza e calma»:

il dialogo epistolare fra Vittorio Tonelli e la famiglia

Nasce a Castelno-vo del Friuli il 14 ottobre 1907 da Giuseppe ed Or-sola Canciani. Frequen-ta le scuole elementari. Presta servizio militare negli alpini. Muratore, è schedato come comunista pericoloso ed iscritto alla Rubrica di frontiera ed Bollettino delle ricerche per l’arresto.

«Verso il regime tenne un contegno alquanto ambiguo, frequentò con assiduità comitive di elementi ritenuti politicamente sospetti. Nell’agosto del 1929 emigrò in Francia con passaporto per ragioni di lavoro. Nel maggio 1934 a Tolosa non disdegnò di vantarsi apertamente di essere comunista [...] » 375.

Nel 1930 Tonelli era rientrato in Italia, per ripartire l’anno dopo definitivamente per la Francia, stabilendosi a Miramas, da dove si trasferirà nel 1934 a Tolone, dove effettivamente si iscrive al Pcf e partecipa alle attività della Bourse de Travail. Da quella città parte nel novembre 1936 per arruolarsi nelle file repubblicane. Il viaggio si svolge via nave da Marsiglia ad Alicante, per poi raggiungere via ter-ra il quartier generale delle Brigate Internazionali ad Albacete. Tonelli fa parte della prima compagnia del Battaglione “Garibaldi”, costituitasi attorno a Guido Picelli, e poi della XII Brigata, prendendo parte nel 1936-1938 alle battaglie di Madrid, in Estremadura e dell’Ebro. Il 10 marzo 1937 partecipa alla battaglia di Guadalajara ed è ferito, rimanendo in ospedale per un mese 376.

Dalla Spagna Tonelli scrive alcune lettere ai congiunti, che viaggiano attraverso le lunghe tappe delle relazioni parentali in Francia ed Italia (l’ultimo anello è la sorella Lucia che lavora a Napoli). La prima lettera intercettata contiene una fotografia nella quale Vittorio Tonelli appare con alcuni com-paesani (Giovanni Salvador ed Enrico Canciani) in un gruppo di volontari delle Brigate Internazionali 377.

375 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, Prefettura di Udine, cenno biografico del 5 luglio 1937.376 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, verbale dell’interrogatorio presso la Questura di Udine del 10 novembre 1942; «Organizacion de la primera compania del Batallon “Garibaldi”con su cuadro de mando, obrante en esta officina» (copia dattilografica) e telespresso n. 316384 del 25 giugno 1938 del Ministero degli Affari Esteri al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R.377 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, lettera della R. Prefettura di Udine al Cpc, prot. Gab. P.S. 025030 del 29 luglio 1937, con allegata «Copia di una lettera intercettata proveniente da Napoli e diretta a Tonelli Giovanni-Castelnuovo del Friuli (Udine) Driolamonte-timbro postale Napoli data 5.6.937.

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29/6/1937Caro padre,Ricevei con piacere la lettera che mi scrivesti. Spero questa mia vi trovi tutti bene che è quello che con piacere vi auguro. Ma certamente con il fascismo è molto difficile, perché con la miseria e col piombo vuole distrug-gere quello che è bello nella vita. Ma state sicuro, questa volta è arrivata la sua fine. Ho visto il Cenzo mio cugino, Enrico Salvatore Giovanni ed altri di Castelnuovo, tutti vi salutano e tutti stiamo bene 378.Sai sono stato 10 giorni in licenza e li ho passati molto bene, e anche dove sono non c’è male.Non ho gran cosa a dirvi se non che speriamo in bene la vittoria.Tanti saluti e baci. FiglioV. Tonelli

Spagna 8/8/1937Cara sorella,Io sto bene così spero e auguro a te. Ho ricevuto una tua lettera che tu avevi scritto alla Amabile, ho capito che ti sei molto arrabbiata per i dispetti che ci fanno in riguardo la corrispondenza con il Padre. Dunque non ti devi arrabbiare, questo succede già lo sai il perché sono io qua in Spagna a fare la guerra al fascismo. E ti dico la verità, diversi sono cascati sotto i miei colpi. Dunque niente pietà, bisogna lottare contro il fascismo con intelligenza e calma.Manderai al padre ciò che ti gli scrivo qua dietro. Tanti saluti e auguri tuo fratelloVittorio

Spagna 8/8/937Caro padre,Spero con questa mia di trovarvi in buona salute, come pure vi dico di me. Ho ritardato a scrivervi perché qui ci è stata una grande offensiva da parte nostra che è risultata vittoriosa. Ho aspettato per scrivervi il risul-tato. Certamente se avessi lasciata la pelle non vi avrei più scritto, ma al contrario l’hanno lasciata i fascisti. Spero ne sarai contento. Abbiamo fatto più di 1000 prigionieri; è stata una grande battaglia nell’aria di cui 28 aeroplani fascisti in un giorno sono caduti. Questa è la verità in quanto io ho visto. se tu vedessi che aviazione abbiamo, supera tre volte quella fascista.Ti ho scritto molte lettere di cui so che tante non le hai ricevute. Spero adesso col nuovo mezzo che adope-rate di avere molto meglio corrispondenza. Fammi sapere come va laggiù in Italia.Saluti e baci. Tuo figlioV. Tonelli 379

La censura postale provoca il risentimento dei Tonelli, come dimostra questa lettera inviata da Lucia ad Amabile Tonelli Del Frari, residente a Tolone. Una lettera in cui si fa anche riferimento ad una sorella di Amabile - Virginia -definita dalla polizia:

«di regolare condotta in genere, emigrata in Francia con passaporto per ragioni di lavoro nel 1935. Questa per il passato ha inviato somme di denaro ai familiari del predetto Tonelli Vittorio per incarico del soccorso rosso».

Non abbiamo a che fare con un anello di collegamento qualsiasi del Sri: Virginia è la futura “Luisa”, dirigente delle donne nella Resistenza friulana, uccisa dai nazisti nel campo di sterminio della Risiera di San Sabba a Trieste 380:

378 Vincenzo Tonelli, Giovanni Salvador ed Enrico Canciani. 379 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, «Copia di lettera ordinaria proveniente dalla Francia, a firma “Amabile Del Frari e diretta: Signorina Tonelli Lucia presso Dr. Giardino-via S. Maria Vecchia N° 7- Seiano (Napoli)-Italia-con accluso [...] ». Il confronto fra gli originali e le trascrizioni (ambedue i testi sono presenti in questa busta) conferma il sospetto sul fatto che molte delle sgrammaticature nei testi degli antifascisti sono in realtà dovute a refusi o ad interpretazioni arbitrarie dei dattilografi della polizia. 380 Sulla quale cfr. Lizzero e Domenicali. Nel fascicolo di Vittorio Tonelli sono conservate delle lettere di Virginia, riguardanti aspetti di vita familiare.

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Napoli, 3 luglio 1937Carissima Mabile,in questo momento ricevo la tua e con soddisfazione e con orgoglio ho letto la tua e quella di Toio 381. Ti ringrazio di nuovo della fotografia che manderò a mio padre alla fine della settimana, in modo che la trovi Sabato a Spilimbergo. Se tu sapessi Mabile quanta rabbia che mangio questi giorni, non lo puoi immaginare. Figurati che l’altro giorno mi scrissero da casa che dopo una settimana più di ritardo andò la postina a por-tare la mia raccomandata, ove si trovava dentro quella di Toio. Figurati che glie l’hanno fatta solo vedere ed il brigadiere gliela portò via. Se fossi stata io gli avrei rotto il muso a questi schifosi di bestie maledette. Pensa che hanno fatto stare i miei di casa due mesi e mezzo senza mie notizie, avevano ragione di star in pensiero, pensa che razza di gente che abbiamo a Castelnuovo, e di più bisogna tacere. Questo è il giusto dell’Italia. E’ troppo ingiusto il mondo e non si può tacere sempre. Quà i giornali la cantano tutto al contrario “e vincono sempre i nazionali”.So che è inutile dirti che se hai notizie di inviarmi tutto a me.Solo ti avverto che ai 12 di questo mese partirò per la villeggiatura a Seano. Non so di preciso dove si trova, ma non è molto lontano da quì; non appena sarò giunta ti manderò l’indirizzo preciso.Avvisa anche la Virginia e gradirei che mi scrivesse prima che io parta. Se scrivi al Toio non mancherai di fare i miei saluti a lui e compagni. Se ti scrivono qualcosa da Castelnuovo me lo farai sapere.Ora Mabile ti lascio che debbo preparare la cena. Con tanti ringraziamenti di tutti, unisco a tutti voi aff.mi saluti.LuciaSaluti a mia cugina P. 382.

Proprio in quel periodo i fascisti raccolgono (attraverso il Consolato di Tolone) voci sulla pre-sunta morte in battaglia di Vittorio. Circostanza smentita polemicamente da lui stesso, in una lettera spedita diretta alla caserma di Carabinieri di Clauzetto per rivendicare il suo diritto di cittadino alla libera corrispondenza con i familiari:

Toulon 28.9.1937Egregio Maresciallo CarabinieriClauzettoAvendo saputo attraverso informazioni indirette che da qualche tempo vi ne occupate di me e che cercate il mio indirizzo. Dunque sono disposto a farvelo sapere su questa mia medesima. E siccome non posso avere corrispondenza con mio padre prega lei come autorità di intervenire presso l’ufficiale di posta di Castelnuovo e porre un termine a questo scandolo perché credo come cittadino italiano di avere il diritto di potere avere notizie di mio padre. Altrimenti mi rivolgerò io medesimo alle autorità residenti qua in Francia.Spero che questa mia raccomandazione avrà esito saluti.Tonelli Vittorio Bar de l’Octroi o Oetroi Lagenbran o Lagoubrau Toulon Var Francia 383.

A dispetto della sorveglianza poliziesca, di cui sono ben coscienti, i Tonelli continuano la loro corrispondenza, sfidando il regime tanto apertamente quanto - forse - ingenuamente. Un anno dopo Vittorio, nella fase di trasferimento dalla Spagna in Francia per il ritiro dei volontari internazionali deciso dal governo repubblicano, non solo scrive alla sorella da Tolone, ma le manderà anche dei mani-festini comunisti, con l’incarico di distribuirli segretamente e pure di saggiare la disponibilità dei suoi stessi datori di lavoro:

381 Vittorio Tonelli.382 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, lettera della R. Prefettura di Udine al Cpc, prot. Gab. P.S. 0484 del 21 maggio 1938, con allegata «Copia di lettera ordinaria, spedita da Napoli, a firma “Lucia” e diretta: Madame Amabile Del Frari-Bom/ine La Zuliette-Lagoubrau Ollianler [Allioules, scrive Lucia Tonelli] (Var)».383 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, lettera della R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, D.G.P.S., D.A.G.R., prot. Gab. P.S. 07361 del 20 settembre 1937; «Copia di una lettera spedita dalla Francia e diretta alla Caserma CC.RR. in Clauzetto». Decisamente alla Direzione della Pubblica Sicurezza mancavano gli interpreti di francese...

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Caro padre,Io sto bene e così auguro e spero in voi tutti uniti di famiglia mi trovo ancora in Spagna, ma in breve sarò spero in Francia sai perché il nostro governo ritira tutti i volontari così sarà obbligato anche Mussolini op-pure il macellaio del popolo italiano a ritirare pure i soldati italiani che combattono qui in Spagna spero di trovarvi tutti bene e i miei fratelli a casa che come mi avevi promesso non li lasciavi partire potevo scriverti anche prima ma siccome mi trovavo al fronte non avevo tanta comodità così adesso posso tenere la corri-spondenza perché non si fa niente che mangiare e bere mi farai sapere qualche notizia di là. Su di una altra lettera ti scriverò più cose prima aspetto tue nuove. Tanti saluti e baci e a tutti di famiglia saluti ai zii. Ricevi pure i saluti da Salvador Giovanni che siamo assieme da Lenzo tuo figlio V. Tonelli 384.

27.12.1938Cara sorella,io bene come pure son contento che tu pure godi buona salute. Io è da dieci giorni che sono ritornato dalla Spagna repubblicana, perché ora hanno ritirato tutti i volontari delle Brigate Internazionali, cosa che dovranno fare anche Mussolini e Hitler, e la guerra sarebbe presto finita e la Vittoria nostra si deciderebbe in pochi giorni. Ma finché Mussolini manda italiani in Spagna la guerra continuerà e molti italiani lasce-ranno la pelle laggiù e per niente, perché il popolo spagnuolo è forte e deciso a lottare fino alla sua vittoria. Questo te lo posso assicurare io che sono stato 26 mesi laggiù in Spagna. Senti, questa lettera devi bruciarla perché non vada in mano ai tuoi padroni, perché ti potrebbero arrivare delle noie e quei due foglietti che sono dentro devi vedere di distribuirli segretamente, se puoi metterli nelle buchette delle lettere di qualche operaio, ma ti ripeto segretamente e non dire niente nemmeno alla tua amica Letizia, che nessuno ti veda, questo per il bene di tutti. Poi mi farai sapere cosa dicono laggiù della guerra in Spagna, e cosa dicono pure della Francia, e i tuoi padroni quando parlano in riguardo alla guerra di Spagna e mi dirai se sono fascisti al cento per cento; mi dirai se posso scriverli io, e se sanno che io sono stato nella Spagna repubblicana. Spero avrai capito e mi darai risposta su quello che ti domando. L’indirizzo è sempre quello, ma è meglio che metti il nome della Virginia. Io appena finita la guerra ritorno in Spagna. Ho scritto al Padre ma ancora non ho ricevuto risposta, forse non avrà ricevuto la lettera, causa quei disgraziati di là. Io spero presto di mettermi in regola con la Polizia francese e cominciare presto a lavorare e aiutare così la famiglia.Io è molto tempo che non so niente di casa. Spero tu mi farai sapere qualche cosa. La lettera che hai scritto alla Virginia l’ho letta. La Virginia si trova a Parigi, ma deve arrivare in questi giorni. Se vuoi farmi sapere le relazioni col tuo fidanzato non mancherò di darti un consiglio da fratello.Ricevi i affettuosi saluti Tuo Fratello V. Tonelli.Augurio un buon anno 1939 che sarà l’anno della Vittoria e la morte del Fascismo.

Perché il Popolo Spagnolo lotta contro l’intervento italiano?La guerra che conduce Mussolini contro la Spagna repubblicana è una guerra di predoni a sostegno di un pugno di generali che hanno abiurato alla costituzione, alla fede giurata e che hanno aperta la via della loro patria agli eserciti stranieri.E’ risaputo che il governo repubblicano della Spagna - governo eletto a suffragio universale da tutto il popo-lo: governo quindi legale - fu a suo tempo riconosciuto ufficialmente da tutti i governi d’Europa e del mondo e quindi anche dal Governo di Mussolini il quale manteneva a Madrid un suo ambasciatore accreditato. Questo governo, contro il quale Mussolini ha fomentata la ribellione armata di un pugno di generali tradi-tori, fattisi strumenti della sua politica imperialista, è la rappresentazione viva dell’unità di tutto il popolo spagnuolo sceso in lotta per la sua indipendenza. Difatti esso è composto dai rappresentanti di tutti i partiti politici, dai quali è fermamente sostenuto, e nella sua composizione non vi è che un solo ministro comuni-sta: quello dell’agricoltura. Sarà anche opportuno ricordare che il Presidente della Repubblica, Sig. Azagna, è un repubblicano della corrente più moderata.Lo stesso capo del Partito comunista spagnuolo, nel marzo ultimo scorso, prendendo lo spunto da un ar-ticolo apparso sul giornale di Madrid «Mundo Obrero» ha scritto in tutte lettere la seguente affermazione: «L’unica soluzione della nostra guerra è che la Spagna non sia fascista, né comunista» ... «E’ necessario ripeterlo una volta di più, perché non resti sopra questa questione alcun dubbio possibile: il popolo della Spagna combatte per la sua indipendenza nazionale e per la difesa della Repubblica democratica. Il Partito comunista - dichiara in seguito il sig. Diaz - non ha pensato mai che la soluzione di questa guerra possa essere l’instaurazione del regime comunista».

384 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, «Copia di una lettera intercettata-timbro postale La Seyne sur Mer Var 16.11.1938 diretta alla signora Del Gallo Domenica G. Castelnuovo Friuli». Lenzo viene identificato dalla polizia come Vincenzo Tonelli.

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Del resto i 13 punti del Governo della Repubblica spagnuola, promulgati nel maggio 1938 sono estremamente espliciti e danno un’idea completa e chiara sui fini di guerra del governo e del popolo spagnuolo. Ma quanti in Italia conoscono i 13 punti del Governo spagnuolo? Mussolini ha impedito ogni pubblicazione a questo proposito ed i giornali prezzolati del regime hanno fatto il più completo silenzio sopra un documento che avrebbe certamente fatto impressione in mezzo agli italiani onesti, mettendo in luce il monumento di menzogne e di infamie con le quali si è cercato di giustificare l’ag-gressione italiana contro la Spagna repubblicana.

Nei 13 punti il governo legale del libero popolo della Spagna afferma:1) Di assicurare l’indipendenza assoluta e l’integrità totale della Spagna;2) Di assicurare la liberazione del territorio dalle forze militari straniere che lo hanno invaso;3) Di volere una Repubblica popolare, rappresentata da uno stato vigoroso, basato sui principi di pura democrazia;4) Che la struttura giuridica e sociale della Repubblica sarà l’opera della volontà nazionale, liberamente espressa da un plebiscito che avrà luogo quando la lotta avrà presto fine;5) Il rispetto delle libertà regionali, senza che ciò porti pregiudizio all’integrità dell’unità nazionale;6) Che lo Stato spagnuolo garantirà al cittadino la pienezza dei suoi diritti nella vita civile e sociale, la li-bertà di coscienza e garantirà il libero esercizio di tutte le credenze e delle pratiche del culto religioso;7) Che lo Stato garantirà la proprietà legalmente e legittimamente acquisita;8) Una profonda riforma agraria allo scopo di liquidare la vecchia e aristocratica proprietà semi-feu-dale;9) Che lo Stato garantirà, con una legislazione sociale avanzata, i diritti dei lavoratori;10) Il miglioramento culturale, fisico e morale della razza;11) L’armata spagnuola al servizio della nazione;12) Che lo Stato spagnuolo manterrà la sua fedeltà alla dottrina costituzionale di rinuncia alla guerra come strumento di politica nazionale;13) La sua decisione di concedere una larga amnistia per tutti gli spagnuoli che vorranno collaborare al compito immenso di ricostruzione e di emancipazione della Spagna.

Questi 13 punti rappresentano una popolarizzazione, una riaffermazione della Carta Costituzionale della Spagna repubblicana, riaffermazione dei principi per i quali il popolo spagnolo è deciso a difen-dersi ed a battersi fino all’ultimo uomo; la carta della vittoria del popolo in difesa della sua indipenden-za nazionale contro l’aggressione italo-tedesca. Questi 13 punti costituiscono un insieme dei principi nobilissimi che permetteranno al popolo, che oggi dà un esempio al mondo di eroismo e di abnegazio-ne, di trovare la via della vittoria e della costruzione della nuova Spagna; d’una Spagna che non sarà più il campo di sfruttamento di caste esose e retrograde, né il campo di lotta di uccelli di rapina, ma che sarà un paese il cui popolo troverà le vie aperte al proprio divenire pacifico, al benessere economico ed allo sviluppo sociale nelle sue forme più elevate e progressive.E’ questo popolo, è questo governo che le truppe d’invasione inviate da Mussolini vorrebbero ridurre alla schiavitù, di cui Mussolini vorrebbe spezzare la resistenza per depredarlo delle sue ricchezze e per ridurre la Spagna ad essere una colonia.Sia lasciato agli spagnoli il diritto di decidere della propria sorte e della forma di governo che meglio conviene ai suoi interessi ed alle sue aspirazioni. Questo è un principio di diritto politico internazionale che non si può calpestare senza esporsi alla propria volta alle peggiori delle conseguenze.Via i soldati italiani ed il materiale da guerra italiano dalla Spagna!Si metta in atto IMMEDIATAMENTE il ritiro dei legionari dalla Spagna applicando lealmente e inte-gralmente il patto italo-inglese e gl’impegni morali assunti dinanzi al mondo civile!La Spagna agli spagnoli! 385

385 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, «Copia di lettera ordinaria, proveniente dalla Francia a firma: “V. Tonelli”; con poscritto a firma: “Amabile Del Frari” e diretta “Signorina Lucia Tonelli - Riviera di Chiaia 276 - Napoli”. A detta lettera sono acclusi due volantini sovversivi, stampati alla macchia [...] (Timbro postale: Toulon s/Mer-Var 27.12.1938)». Il bimorfismo spagnolo/spagnuolo risulta nell’originale.

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Il 2 ottobre 1939 Tonelli viene arrestato a Tolone in quanto comunista, e rinchiuso nel Forte Santa Caterina; sarà nuovamente arrestato nel giugno 1940, quando l’Italia aggredisce la Francia, e verrà rinchiuso nel campo di concentramento di St. Cyprien. Verrà poi liberato dopo l’armistizio e potrà tornare al lavoro a Tolone. Sospettato per le sue attività politiche, è però arrestato nell’aprile 1941 e rinchiuso nel campo di concentramento di Djelfa, in Algeria (dove c’è anche Angelo Filiputti, garibaldino di Claut), da dove farà richiesta di rimpatrio 386.

Il 25 ottobre 1942 rientra in Italia e viene assegnato a cinque anni di confino a Ventotene, che sconta fino al 31 agosto 1943. Successivamente è uno degli organizzatori della Resistenza nella zona di Castelnovo: il suo è uno dei precoci atti con cui inizia la guerra partigiana, uno dei pochi che si possano ritrovare nel Cpc, che in quei giorni cessa di esistere 387, travolto dalle turbolenze della guerra di Liberazione:

Il 28/11/1943, in Castelnuovo del Friuli si rendeva responsabile di ferimento nei confronti di Carabinieri e davasi alla latitanza. Denunciato per detenzione abusiva di armi da guerra, mancato omicidio ed organizzazione a delinquere. Diramate ricerche arresto 388.

Nel dopoguerra ritorna in Francia 389.

386 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, verbale dell’interrogatorio presso la Questura di Udine del 10 novembre 1942; let-tera della Commissione Italiana di armistizio con la Francia, Sottocommissione Affari Generali, prot. n. 10106/AG del 13 maggio 1942, con allegato «Elenco connazionali internati nei campi di lavoro o di sorveglianza speciale in Algeria».387 Almeno come archivio, la polizia fascista invece scriverà alcune delle sue pagine più nere.388 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio, R. Prefettura di Udine, notizie per il prospetto biografico, 28 gennaio 1944.389 Acs, Cpc, b. 5146, f. 118668, Tonelli Vittorio e Puppini, pp. 232-233.

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Fra le tessere di un mosaico: Guerrino Troiano, “Miguel”

Nasce a Spilimbergo nel 1902 o nel 1907 390. Oltre alla data, rimane incerto il luogo di nascita: è probabile si tratti in un altro comune friulano, visto che il fratello Pietro 391 nasce a Pagnacco nel 1909.

In mancanza di un fascicolo a lui dedicato presso il Cpc, informazioni sono fornite dalla testi-monianza del figlio dell’impresario che aveva assunto Guerrino, fornaio di mestiere, nella sua ditta di mosaicisti-terrazzieri in Francia. Troiano emigra in quel paese attorno al 1934. E’ una data significa-tiva: pur non essendo coinvolto direttamente nel processo alla rete comunista dello Spilimberghese, è probabile che la sua sia una fuga per motivi politici, onde evitare conseguenze dopo l’arresto del fratello Pietro - nel 1933 - nell’ambito dell’inchiesta sulla vasta rete clandestina del Pcd’i friulano: solo nel comune di Spilimbergo vengono coinvolte ben 34 persone, oltre agli indagati nei comuni vicini, in particolare Sequals e Castelnovo del Friuli.

Il testimone, Jean Del Gobbo - presso la cui famiglia Troiano risiederà ed anche si appoggerà per le sue attività clandestine - aggiunge per altro una motivazione che ritornerà anche nelle scelte di vita sue e del padre Giuseppe, che nel secondo dopoguerra sarà anche per breve tempo sindaco socialista di Spilimbergo. Motivazione quanto mai significativa per le sue implicazioni sull’analisi del feno-meno dell’emigrazione friulana: l’esplicita scelta di trasferirsi di sede e di attività in cerca di migliore occupazione e soprattutto migliore reddito, pur in presenza di alternative in patria o in altre località straniere.

Troiano emigra a Bagnolet, alla periferia di Parigi, con la moglie Bianca ed il figlio Mario che, dopo la morte della madre, sarà affidato alla nonna ed agli zii. E’ nella fase successiva che Troiano si reca in Spagna per combattere nelle file repubblicane. Secondo Puppini fa parte delle batterie anticarro della Brigata “Garibaldi”, e viene dato per disperso 392 : la notizia della sua morte circola anche per Spilimbergo. Invece Troiano ed un ufficiale repubblicano si salvano dai bombardamenti franchisti rifu-giandosi sotto un ponte. Evidentemente catturato dai franchisti, viene internato nei campi di concen-tramento di Santander e San Sebastian, dove rimane per parecchi mesi. Una volta riuscito a fuggire, si rifugia da una donna a San Sebastian e poi passa in Francia, raggiungendo Parigi nel 1939, dove viene arrestato dalla polizia francese. Viene rilasciato grazie all’intervento dei Del Gobbo, che gli procurano dei permessi di soggiorno provvisori e gli danno alloggio.

Dopo la liberazione, nel 1940, Troiano si iscrive al Pcf e si dedica alla diffusione del quotidiano «l’Humanité» e, dopo l’occupazione nazista di Parigi, partecipa alla Resistenza con azioni di sabotag-gio, particolarmente alle linee ferroviarie, ed alla raccolta di fondi per il movimento partigiano (affidati ad Giuseppe Del Gobbo in un momento di peggioramento della repressione).

Troiano rientra a Spilimbergo dopo l’8 settembre 1943 per partecipare alla Resistenza con il nome di battaglia di “Miguel”. Sarà il primo caduto partigiano della città, ucciso dai tedeschi il 14 marzo 1944 nella zona di Chievolis (Val Tramontina). Il suo esempio viene seguito da più giovani militanti - come lo stesso Jean Del Gobbo - che costituiscono il Battaglione “Fratelli Bandiera”, comandato da Mario Troia-no, che per continuità con il fratello assume il nome di battaglia di “Miguel secondo” 393.

390 La data di nascita è controversa: la lapide dedicata ai caduti della Resistenza nel Cimitero di Spilimbergo (verificabile anche su in-ternet all’indirizzo: http://www.comune.spilimbergo.pn.it/index.php?id=256, ultimo accesso il 20 novembre 2008) indica il 1902, mentre le testimonianze raccolte (Angelillo, Pietro e Cescut, Puppini e Jean Del Gobbo ricorda) indicano il 1907.391 Acs, Cpc, b. 5224, Troiano Pietro, n. nel 1909 a Pagnacco, tipografo, comunista, denunciato al Tribunale Speciale,sorvegliato dal 1934 al 1940, successivamente radiato; Tsds, b. 493, f. 4993. Ho dedotto il rapporto di parentela dalla residenza indicata da Pietro nel fascicolo proces-suale (Via Baselia, casello ferroviario n. 100): infatti la madre dei Troiano era casellante, come indicato in: Jean Del Gobbo ricorda, p. 53. 392 Sono incerti data e luogo della sua perdita di contatto con i repubblicani, collocata fra il marzo 1937 ed il marzo 1938. Nel caso si collochi durante la battaglia di Caspe in Aragona, si dovrebbe propendere per il 1938. Cfr.: Puppini, p. 235; Jean Del Gobbo ricorda; 1936-1939 Elenco caduti Italiani in Spagna o nella resistenza.393 Puppini, p. 235; Jean Del Gobbo ricorda; Angelillo e Cescut, p. 302.

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Giacomo Zaia: Brugnera-Belgio-Madrid, Casa de Campo

La documentazione su Giaco-mo Zaia presso il Cpc va dal 1937 al 1941: l’operaio sacilese (censito come bracciante, nullatenente, celibe, ultima residenza Brugnera) è vigilato come comunista pericoloso, iscritto alla Ru-brica di frontiera e al Bollettino delle ricerche per arresto. Zaia frequenta le scuole elementari fino alla terza e – a sedici anni – emigra in Belgio nel set-tembre 1930 394.

Da qui parte per la Spagna nell’autunno 1936:

«Partecipasi a codesta On. Divisione che ai primi dello scorso novembre è partito da Charleroi, per andare ad arruolarsi volontario nelle milizie rosse del fronte popolare spagnolo, il nominato Zaia Giacomo di Luigi e fu Vivan Santa, nato a Sacile (Udine) l’11.2.1914, residente a Maurage. Costui risiedeva nel Belgio dal dicem-bre 1930. Vi giunse con passaporto rilasciatogli dalla Questura di Udine e, prima d’ora, non erasi mai fatto nota-re, nel Belgio, per attività politica.Il 30 ottobre u.s. lo Zaia si presentò all’ufficio comunale di Maurage di-chiarando di partire per l’Italia e di presumere che sarebbe rimasto assente dalla sua residenza tre mesi all’incirca; invece, come si è detto, e secondo almeno le notizie pervenute dai nostri servizi confidenziali, si è diretto alla volta della Spagna» 395.

La notizia della sua morte in Spagna, nelle file della XII Brigata Internazionale, è contenuta in un articolo de «l’Avanti!» del 22 maggio 1937:

«Note di un volontario.Dal Jarama al fronte di Madrid

Dal fronte, aprile.Sono convinto che questi miei modesti scritti saranno letti con soddisfazione dai lettori del «Nuovo Avanti». Essi sono l’espressione semplice della vita dei combattenti della libertà.Il Battaglione Garibaldi, dopo la avanzata di Guadalajara, poteva aspirare legittimamente al riposo. Ed infat-

394 Acs, Cpc, b. 5495, f. 127441, Zaia Giacomo, Prefettura di Udine, cenno biografico al giorno 31.5.1937 ed estratto del Bollettino delle Ricerche del 3 maggio 1937.395 Acs, Cpc, b. 5495, f. 127441, Zaia Giacomo, Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500 del 12 dicembre 1936.

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ti il riposo venne, ma breve, troppo breve. Comunque ci fu dato di passare alcuni giorni a V... svagandoci, chi nella lettura, o alla pesca, raccogliendo le prime viole e dimenticando i disagi della guerra.Intanto si stava organizzando la Brigata e il comando avrebbe avuto bisogno di disporre del tempo necessa-rio alla preparazione dei nuovi quadri. Ma, si sa, l’uomo propone e gli eventi dispongono. Gli avvenimenti disposero che il battaglione tornasse in linea.Prima, però, ci fu data una giornata di permesso per andare a Madrid a fare il bagno ed i compagni del «Ga-ribaldi» poterono constatare che la popolazione madrilena ama e stima i combattenti internazionali accorsi in terra di Spagna a difendere la Patria del proletariato.Venne il giorno della partenza per il fronte del Jarama dove si rimase soltanto due giorni, conseguendo in pieno i nostri obbiettivi.Le nostre perdite furono relativamente lievi, confrontate con quelle del nemico, ma è bene citare qualche episodio di coraggio dei compagni.Il nostro comandante Pacciardi diresse anche questa azione con fermezza e coraggio. Lo vidi ad un certo momento avanzare mentre le pallottole fischiavano, per ordinare alle tanks di tenersi in testa e di avanzare. Il compagno Brignoli fu ferito da una scheggia mentre stava osservando il movimento di truppa.Sul Jarama trovò una morte eroica il nostro abissino, il «moro» come lo chiamavamo in compagnia. E fu nel tentare di portargli soccorso che furono uccisi il compagno Ferrari, comandante la prima compagnia e un altro volontario. Onore alla loro memoria. Ad azione finita i garibaldini goderono di un brevissimo riposo e poi zaino in spalla, fucile a tracolla e via per un altro fronte, un fronte ben conosciuto dai superstiti delle prime battaglie.Stavolta eravamo di rincalzo e quindi piuttosto tranquilli, in un bosco che fu del dominio del re e vicino ad una villa famosa che fu per molti anni il ritrovo della putrida aristocrazia madrilena.Nella compagnia c’era qualche incertezza sulla situazione. Chi sosteneva che il nemico aveva avanzato di diversi chilometri, altri sostenevano che era quasi circondato nella Città Universitaria. Questa notizia, del resto, ci fu confermata dal comandante Pacciardi.Dalla nostra posizione noi potevamo seguire le fasi drammatiche della lotta a Casa del Campo e nella Città Universitaria. Purtroppo, ogni tanto fischiava qualche pallottola o la terra era squarciata da qualche obice. Uno di questi confetti uccise il bravo Lillo, un vecchio milite livornese, benvoluto e stimato da tutti.Qui ci raggiungeva il compagno Nenni, di ritorno dal suo viaggio a Londra. Lo trovai una sera nella trin-cea circondato da una folla di compagni che, come me, lo complimentavano per il suo grande discorso di Londra. Era con lui anche il compagno Ugo Giacomelli, venuto in visita al battaglione da un vicino settore dove è capitano.Dopo quattro giorni venne l’ordine di passare dalla riserva alla prima linea. Lungo la strada i compagni Geminelli, Ghersi e Fantinelli mi spiegavano passo a passo le posizioni, rievocando i ricordi dei primi com-battimenti del battaglione.Arrivati in prima linea, demmo il cambio ad uno dei più valenti battaglioni spagnoli. Nella notte non ci rendemmo conto esattamente dell’importanza della posizione, ma al mattino tutti compresero, quindi per-fezionamento del trinceramento e sentinelle in continua osservazione.Ci troviamo ai piedi di una quota famosa, in una posizione avanzata di grande importanza. Le trincee avversarie sono in certi punti a cinquanta o sessanta metri e siccome ci dominano, il nostro più piccolo movimento è spiato e castigato.Oggi Nenni è venuto, come d’abitudine fa ogni giorno, ad ispezionare la linea avanzata seguendola passo a passo ed interessandosi fraternamente di ognuno di noi.Alle cinque di sera è venuto il mio turno per montare di guardia nel punto d’osservazione avanzato. Ero lì da una trentina di minuti quando una cannonata è scoppiata a qualche metro dando il segnale del bombarda-mento. Il capo sezione Lattertin 396 si precipita verso di noi ordinandoci di ritirarci nei nostri trinceramenti, punto molto più sicuro.Finito il loro bombardamento incomincia il nostro coi lanciabombe. Il tiro è regolato da Lattertin che si è portato per questo al punto di osservazione dove lo coglie una cannonata.Povero Lattertin, aveva tutte le buone qualità, era amato per il suo carattere fin troppo buono. Era già sta-to ferito due volte ed avrebbe potuto passare qualche tempo in riposo, ma ha preferito venire in linea coi compagni. [illeggibile]ti per vendicarlo. Purtroppo, questo non è stato il solo caduto. Due altri nomi voglio ricordare,

396 Recte Lateltin, Filiberto Giulio: Acs, Cpc, b. 2728, nato nel 1906 a Verres (Ao) e segnalato solo per il 1938-1939 senza riferimento alle sue opinioni politiche o condizione professionale.

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quello di Zaia, che veniva dal Belgio, quello di Anacleto Sartori (Lombardi) appena giunto dal più tranquillo fronte dell’Aragona.Così è la guerra: terribile e crudele.Mentre scrivo e consegno questa lettera al compagno Battaini per la posta, si apprende che stanotte avremo il cambio.Ancora un breve riposo e poi altre lotte, fino alla vittoria» 397.

La morte di Zaia viene confermata sia dagli agenti dello spionaggio fascista che dai familiari: «In merito al decesso dell’individuo in oggetto, avvenuto in Spagna fra le milizie rosse non è perve-nuta alcuna comunicazione, né a Sacile né a Brugnera. Risulta, però, che un amico del predetto Zaia, residente in Belgio, abbia scritto una lettera al fratello di questi, Zaia Sante, residente a Milano, in Via Filippo Corridoni n. 7, portinaio, al quale avrebbe comunicato la notizia del decesso, avvenuto il 20 aprile 1937; si vuole allo Zaia Sante siano stati spediti alcuni indumenti che lo Zaia Giacomo aveva lasciato in Belgio, prima dell’arruolamento nelle fila rosse»398.

397 Acs, Cpc, b. 5495, f. 127441, Zaia Giacomo, copia de «Il nuovo Avanti (Le nouvel Avanti) Settimanale del Partito Socialista Italiano (Sezione dell’Internazionale Operaia socialista)», anno XLIII, n. 21, Nuova serie, anno IV, Parigi, 12 maggio 1937, articolo di Giulio Vespignani.398 Acs, Cpc, b. 5495, f. 127441, Zaia Giacomo, Appunto per l’On. D.A.G.R., prot. n. 500.36645 dell’11 luglio 1937; lettera delle R. Prefettura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 013796 Gab P.S. del 15 agosto 1937.

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Da Stevenà a Mirabueno? «l’antifranchista in oggetto» Mario Zaros.

Mario Zaros è il più giovane di tre fratelli originari di Stevenà, frazio-ne di Caneva di Sacile, tutti sorvegliati come comunisti 399. Il loro padre è ri-masto ucciso quando Mario era mol-to piccolo, e tutti prendono la strada dell’emigrazione: il terzogenito nel 1924, non ancora diciottenne. Le pri-me notizie che lo riguardano sono re-lative all’espulsione dal Lussemburgo il 31 maggio 1928, per attività comu-nista (già in patria aveva manifestato «idee social-comuniste, partecipando a diverse dimostrazioni sovversive» 400. Mario a questo punto si trasferisce in Belgio, a Grace Berleur presso Liegi, dove già risiedono il fratello Innocente Enrico e la madre.

Nel dicembre 1936 Mario par-te per la Spagna per arruolarsi nelle milizie repubblicane. Arruolatosi nel Battaglione Garibaldi, è segnalato ad Albacete nella prima formazione guidata da Picelli, ma successi-vamente risulta disperso in data e luogo imprecisato: la notizia circola comunque fin dalla primavera del 1937 401. A prestar fede ad un sito internet, che propone per la sua morte la data del 1° gennaio 1937 – lo stesso giorno in cui cadono altri combattenti del Battaglione Garibaldi – si potrebbe pensare alla Battaglia di Mirabueno, dove nei giorni successivi verrà ucciso anche Guido Picelli 402.

Nel 1950 il Ministero del Tesoro apre la pratica per l’accertamento della morte di Zaros, per la concessione della pensione di guerra alla madre. Significativo l’uso del linguaggio: alla Direzione Generale delle pensioni di guerra, che chiede notizie «dell’antifranchista in oggetto» - sulla base di una legislazione postresistenziale che riconosce il beneficio ai combattenti repubblicani di Spagna - la Questura di Udine risponde che «all’epoca della guerra civile, il predetto si arruolò nelle milizie rosse e vuolsi deceduto in combattimento contro i nazionalisti». Decisamente negli uffici di polizia il clima non era proprio cambiato 403.

399 In ordine di anzianità: Acs, Cpc, b. 5549, f. 32324, Zaros Innocente Enrico, pseudonimo “Calata”, nato a Caneva il 28 dicembre 1899, muratore, residente in Belgio e domiciliato a Caneva. Comunista, iscritto alla Rubrica di frontiera da arrestare. Acs, Cpc, b. 5549, f. 15752, Zaros Antonio, nato a Stevenà di Caneva il 12 maggio 1903, minatore, residente in Belgio e poi a Sacile. Comunista, pericolo cat. III, denunciato e condannato per offese a S.E. il 1° Ministro, iscritto alla Rubrica di frontiera, ammonito politico, sorvegliato dal 1926 al 1943. Acs, Cpc, b. 5549, f. 22182, Zaros Mario, nato a Stevenà di Caneva il 16 novembre 1906, bracciante, residente in Spagna e domiciliato a Stevenà. Comunista sorvegliato dal 1928 al 1942, iscritto alla Rubrica di frontiera e al Bollettino delle ricerche. Tutti sono figli di Giuseppe e di Lucia De Re.400 Acs, Cpc, b. 5549, f. 22182, Zaros Mario, Prefettura di Udine, cenno biografico al giorno 13 maggio 1937.401 Puppini, p. 253; Acs, Cpc, b. 5549, f. 22182, Zaros Mario, R. Prefettura di Udine, Notizie per il prospetto biografico del 1° luglio 1937, relative al 2^ trimestre 1937.402 1936-1939 Elenco caduti Italiani in Spagna o nella resistenza; su Mirabueno: Puppini, pp. 276-277.403 Acs, Cpc, b. 5549, f. 22182, Zaros Mario, lettere del Ministero del Tesoro, Direzione Generale delle pensioni di guerra al Ministero degli Interni, D.G.P.S. A.G.R., prot. n. 4708 del 13 gennaio 1950 e della Questura di Udine al Ministero dell’Interno, Cpc, prot. n. 04057 Gab. del 30 marzo 1950.

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La Guerra di Spagna attraverso la vita e le lettere degli antifascisti e dei garibaldini del Pordenonese

Antonio Zorzetto, comandante del “maquis”.404

Riproponiamo la biografia stilata da Roberto Barraco, pubblicata in opuscolo in occasione del Congresso della Sezione del Pci di Sacile nel gennaio 1979. Il prof. Barraco (nato a Roma il 17 agosto 1940 e morto a Pordenone il 27 aprile 2007), con la sua tesi di laurea, poi pubblicata anonima dal circolo culturale da lui stesso presieduto 405, è stato un pioniere negli studi sul movimento operaio pordenonese ed in particolare sul primo dopoguerra a Pordenone ed a Torre.

«Antonio Zorzetto nacque a Sacile il 14 ottobre del 1899 e cominciò da giovanissimo a lavorare come opera-io edile in una categoria fortemente influenzata dalla predicazione so-cialista e che costituiva la base più combattiva e organizzata del mo-vimento sindacale della CGIL anche nella De-stra tagliamento.Dopo la prima guerra mondiale e la parentesi del “biennio rosso”, che aveva acceso tante illu-sioni e che si era con-cluso con la sconfitta politica del movimento operaio per la grave insufficienza rivoluzionaria del PSI e per il cieco settarismo del PCd’I bordighiano, anche nelle nostre zone si abbattè la furia fascista, eroicamente ma vanamente contrastata da tanti lavoratori. E’ in questa situazione di terrore che molti operai, in particolare muratori, della nostra attuale provincia e della cittadina di Sacile, fra cui Zorzetto, emigrarono all’estero e soprattutto in Francia, Belgio e Lussemburgo. Zorzetto si reca a lavorare in Lussemburgo e nel 1927 si iscrive al Partito comunista locale (PCL), di cui diventa ben presto un attivo dirigente. Egli collabora intensamente anche al “Soccorso Rosso Internazionale”, l’organizzazione della Terza Internazionale, che aveva il compito di aiutare in tutti i modi i comunisti e le loro famiglie, che venivano in quel periodo duramente perseguitati in tutti i paesi dell’Europa occidentale.In questo clima egli viene espulso dal Lussemburgo perché “sospetto” di appartenenza al PCL e ripara a Se-raing nel Belgio dove continua l’attività politica, occupandosi nel lavoro sindacale e nella difficile opera della diffusione della stampa antifascista e marxista. Viene cacciato anche dal Belgio, tenta di rientrarvi, viene arrestato e incarcerato e poi nuovamente espulso. Ritorna ancora agli inizi degli anni trenta a Seraing, dove assume compiti di responsabilità nella direzione di quella Federazione. Trascorre quindi due anni travagliati tra arresti, detenzioni ed espulsioni, finché nel 1932 viene inviato a Parigi dal partito. Nella capitale francese Zorzetto svolge un’intensa attività politica tra i lavoratori francesi e italiani emigrati e nel 1933 viene nomi-nato segretario della Federazione ovest di Parigi.La direzione del partito (con in testa Togliatti e con Amendola, Longo, Di Vittorio, Novella, Dozza, Cloc-chiatti, Roasio, Negarville, Sereni e altri) che operava a Parigi tra enormi difficoltà e con l’insidia permanente delle spie e dei sicari fascisti, aveva compreso che per organizzare i gruppi comunisti italiani emigrati non bastava promuovere un’azione di collegamento, di raccolta di denaro, di offerte, di recapiti.Bisognava partecipare alla vita e alla lotta del popolo francese.Nello stesso tempo occorreva impegnare tutte le forze disponibili in direzione del lavoro politico in Italia ed è storicamente noto che il partito comunista è stato l’unico a mantenere in vita e in qualche modo a far agire la propria organizzazione interna nelle tremende condizioni create dalla dittatura fascista.Zorzetto lavora in questa attività e si sforza anche di scrivere per il settimanale “Bandiera rossa” diffuso tra i lavoratori italiani.Nel 1936 inizia la “guerra di Spagna”, originata dalla rivolta dei generali fascisti capeggiati da Franco contro la Repubblica popolare democraticamente eletta, e Zorzetto è inviato a Beriez presso la frontiera spagnola a fondare e dirigere un centro di smistamento per volontari delle Brigate Internazionali. Si trattava di demo-

404 Acs, Cpc, b. 5597, f. 36446, Zorzetto Antonio.405 [Barraco, Roberto], Il Pordenonese negli anni venti: la roccaforte del socialismo, Pordenone, Circolo A. Gramsci, 1973.

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Schede biografiche

cratici francesi, tedeschi, inglesi, polacchi, iugoslavi e di altri paesi, che erano accorsi per difendere la libertà e l’indipendenza dei popoli della Spagna e quelle dei loro stessi Paesi minacciati o già oppressi dal fascismo.In un primo momento i volontari furono inquadrati in formazioni distinte per nazionalità, ma poi nell’ot-tobre del 1936 furono costituite le Brigate Internazionali.La seconda Brigata era costituita da battaglioni di belgi, francesi, austriaci e tedeschi e da un reparto for-mato esclusivamente da italiani, il battaglione “Garibaldi”. Zorzetto si arruola in questa Brigata e vi ricopre incarichi di commissario politico nei vari battaglioni. Furono poi formate altre tre Brigate, e della Quinta il comandante è Vittorio Vidali “Carlos” 406.Le Brigate Internazionali parteciparono a tutte le battaglie della guerra in Spagna, dall’epica difesa di Ma-drid, al grande scontro di Guadalajara, fino al passaggio dell’Ebro nell’estate del 1938, dove Zorzetto rimase ferito e venne ricoverano in ospedale, mentre il comando lo citava nell’ordine del giorno.Schiacciati dalla superiorità militare dei franchisti e dei mercenari, i repubblicani e gli “internazionalisti” furono sconfitti; molti finirono nei campi di concentramento della Francia e dell’Algeria, sottoposti a infiniti soprusi e umiliazioni, mentre una parte, tra cui Zorzetto, prese o meglio riprese la via dell’esilio.Giunto a Parigi torna a lavorare nella segreteria della Federazione ovest e ha il compito della direzione or-ganizzativa della scuola di partito, che allora formava i quadri sulla base della “Storia del Partito comunista (bolscevico) dell’URSS”, un’opera staliniana rozza, schematica e settaria.La guerra mondiale che scoppia nel 1939 sorprende il PCI in piena crisi di riorganizzazione, mentre si ag-grava la repressione poliziesca e anche Togliatti viene arrestato a Parigi. La direzione del partito dà ordine a tutti i compagni attivi di trasferirsi nella zona libera dall’occupazione nazista e viene costituito il “Centro” di Marsiglia, diretto da Giorgio Amendola. Zorzetto, dopo aver passato vari mesi di galera a Parigi e nel campo di concentramento di S. Cyprien, giunge a Marsiglia e riceve da Amendola l’incarico di andare a Grenoble per costituire i primi gruppi di partigiani italiani. Essi entreranno poi a far parte dell’organizzazione dei franc-tireurs (i franchi tiratori 407), che svolsero un’efficace opera di sabotaggio e di lotta armata contro le formazioni naziste. Zorzetto è nominato commissario del movimento dei franc-tireurs e partecipa ad azio-ni di alta tensione drammatica, in cui cadono molti compagni, tra cui il compagno Spartaco Fontanot di Monfalcone. Quest’esperienza di lotta armata vissuta in Francia fu molto importante per gli sviluppi futuri della guerra partigiana in Italia. Durante un rastrellamento tedesco Zorzetto viene arrestato e caricato su un treno che doveva portarlo in Germania, ma il convoglio è fermato a Digione dalle truppe americane appena sbarcate in Normandia. Assieme agli altri deportati è rinchiuso in una caserma, ma riesce a fuggire e torna a Lione, dove viene nominato membro della Commissione militare italiana.Nel maggio del ‘45 rientra, dopo 23 anni, in Italia. A Milano fonda l’organizzazione “Centro raccolta esuli politici” e poi ritorna nella sua Sacile a dirigervi la locale sezione del PCI, assumendo anche importanti incarichi amministrativi nel Comune (dal ‘46 al ‘50 è assessore ai lavori pubblici).Naturalmente è per anni un autorevole dirigente della federazione di Pordenone, poi l’età avanzata e una grave malattia, per cui resta sei mesi ricoverato, lo costringono dal ‘60 a limitare la sua attività alla sezione di Sacile.L’ultima sua apparizione pubblica di rilievo avviene il 20 gennaio del ‘76, quando è chiamato alla presidenza durante un’affollata manifestazione per la libertà della Spagna nell’aula magna del Centro studi di Pordeno-ne, a fianco del compagno Vidali “Carlos” 408».

406 Più esattamente il muggesano Vidali era il comandante del famosissimo Quinto Reggimento, struttura diversa dalle Brigate In-ternazionali ed organizzata dai comunisti madrileni nell’ambito di un programma di mobilitazione dei volontari antifranchisti (divisi, appunto, per reggimenti corrispondenti ai vari partiti presenti nella capitale spagnola). 407 Si tratta probabilmente dei Francs tireurs et partisans français (Ftpf ), l’organizzazione di resistenza legata al Partito Comunista Francese, da non confondere col quasi omonimo movimento dei Francs tireurs, costituito da resistenti di orientamento radicalsocialista e guidato da Jean Moulin.408 Cfr. opuscolo Barraco-Zanolin, in: Archivio Casa del Popolo di Torre, fondo Pci Pordenone.

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Antifascisti del Friuli Occidentale condannati al confino

Antifascisti, nati o residenti nel Friuli occidentale, condannati al confino per cause

legate alla Guerra di Spagna.Il fondo “Confinati politici” dell’Archivio Centrale dello Stato conta 16.786 fascicoli. Sono stati

catalogati e pubblicati in regesto in uno studio realizzato dall’Anppia. E’ questa la fonte alla quale ab-biamo attinto notizie su altri antifascisti che, avendo combattuto in difesa della Spagna repubblicana, sono stati condannati al confino al momento del loro rientro in Italia 409.

Il 17 ottobre 1936 la Commissione per il confino di Aosta condanna a tre anni di confino tre persone per «critiche alla guerra d’Africa, denigrazione del regime, esaltazione della Spagna rossa e dell’Urss». Due sono originari del Friuli occidentale: Giuseppe Basso, nato ad Azzano Decimo il 16 luglio 1892 e residente a Verres (Ao), operaio, antifascista, Romeo Basso, nato a Vallenoncello il 25 novembre 1904 e residente a Verres (Ao), operaio, antifascista; Primo Checchini, nato a Volta Manto-vana il 29 dicembre 1900 ed ivi residente, operaio, disfattista. Giuseppe è «segnalato come antifascista dal 1922, arrestato il 23.9.1936 per denigrazione del regime, confinato per 3 anni (Squillace)»; stessa vicenda per il fratello Romeo. Tutti sono prosciolti condizionalmente il 15.3.1937 (nascita principe) 410.

Il 26 ottobre 1936 viene assegnato a 5 anni di confino Arturo Susanna, nato a Casarsa il 20 novembre 1887, calzolaio, socialista, per «manifestazione antifascista, esaltazione del comunismo e della Repubblica spagnola». Viene prosciolto condizionalmente il 24 marzo 1937. «Attivo dall’im-mediato dopoguerra. Arrestato nell’ottobre 1936 per esaltazione della Repubblica spagnola e denigra-zione del regime, confinato (Maida) per 5 anni. Liberato nel marzo 1937 (nascita principe). Radiato nel 1942». Insieme con lui viene arrestato il fratello Giuseppe, nato a Casarsa il 20 novembre 1902 e residente a Casarsa, imbianchino, comunista. Prosciolto nel marzo 1937 (per la nascita del principe), è ancora vigilato nel 1942 411.

Il 9 aprile 1937 sono condannati, rispettivamente a 2 e 3 anni di confino, due operai tessili antifascisti di Cordenons: Francesco Bozzer, nato a Cordenons il 14 novembre 1902 e Pietro De Piero, nato a San Daniele del Friuli il 10 agosto 1894, «per propaganda antifascista in fabbrica». Sono stati arrestati «per aver inneggiato alla vittoria dei repubblicani in Spagna». Bozzer, arrestato per primo l’11 marzo 1937 è confinato a Curinga. Era ancora vigilato nel 1942. De Piero, «attivo dall’immediato dopoguerra», arrestato il 14 marzo 1937, viene confinato a Conflenti: i 3 anni di confino sono ridotti a 2 in appello. Ambedue sono prosciolti condizionalmente per il Natale 1937 412.

Il 21 giugno 1937 è inviato ad un anno di confino Pacezio Sasso, nato a Valvasone il 9 settem-bre 1902, negoziante, disfattista, poiché «definisce false le notizie della stampa fascista sulla guerra di

409 I confinati politici effettivamente antifascisti sarebbero 13.157 che, detratte le assegnazioni multiple a carico della stessa persona, si riducono a 12.330. Cfr. Dal Pont-Carolini, primo vol., avvertenza alle pp. XV-XVII. I dati relativi alla provincia di Udine (nei confini storici pre-1968) constano di 303 assegnazioni al confino. La loro suddivisione per adesione politica sono le seguenti: 131 antifascisti, 96 comunisti, 24 apolitici, 11 anarchici, 11 disfattisti, 7 socialisti, 3 popolari, 2 antinazionali, 2 repubblicani, 1 fascista massone, 1 ger-manofilo e 7 senza qualifica politica. Si tratta del 2,45% dei confinati sul totale nazionale. Le assegnazioni al confino, divise per anno, sono: 4 nel 1926, 10 nel 1927, 7 nel 1928, nessuna nel 1929, 10 nel 1930, 3 nel 1931, 9 nel 1932, 24 nel 1933, 15 nel 1934, 22 nel 1935, 19 nel 1936, 29 nel 1937, 18 nel 1938, 22 nel 1939, 15 nel 1940, 35 nel 1941, 42 nel 1942 e 19 nel 1943. 7 sono stati assegnati al confino più volte (id., secondo vol., p. 646). Sulla scorta di questo repertorio e di quello sulle schedature di antifascisti al Casellario Politico Centrale (cfr. Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò), vengono forniti succintamente di seguito: i riferimenti anagrafici degli assegnati al confino, gli estremi della condanna e dell’eventuale successivo proscioglimento ed i motivi dell’assegnazione. Nel caso di persone citate altrove nel testo, si fanno gli opportuni rinvii per non incorrere in ripetizioni.410 Dal Pont-Carolini, primo vol., p. 4; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò411 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 661; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò, Antifascisti, cit.; Ifsml, data-base: in quest’ultimo Arturo Susanna viene indicato come negoziante in calzature, comunista e residente a Casarsa.412 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 663; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.

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Spagna». Viene prosciolto condizionalmente il 30 dicembre 1937. «Attivo dall’immediato dopoguer-ra, arrestato nel maggio 1937 per esaltazione della Spagna repubblicana, confinato (Limbadi) per un anno, liberato per natale 1937. Radiato nel 1942» 413.

L’11 marzo 1939 viene condannato a 5 anni di confino Ermenegildo Cozzi, nato a Castelnovo del Friuli il 25 agosto 1901, bracciante, comunista. Sarà liberato il 25 luglio 1943, in quanto «com-battente antifranchista in Spagna». Secondo il Cpc, invece, Cozzi è un operaio mosaicista anarchico. «Nel 1920 emigra in Francia, dove viene ripetutamente condannato ed espulso per attività sovversiva. Nel 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna. Dopo 4 mesi rientra in Francia, poi va in Svizzera. Arrestato al rimpatrio il 28.1.1939 e confinato (Montescaglioso) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943» 414.

Il 2 agosto 1939 viene condannato a 5 anni di confino Antonio Del Rizzo, nato a Chions il 29 agosto 1908 ed ivi residente, minatore, antifascista, in quanto «combattente antifranchista in Spagna. Sarà prosciolto l’11 novembre 1942. In data imprecisata si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna; rientra in Francia all’inizio del 1939, il 17.6.1939 arrestato al rimpatrio, confinato (Pisticci) per 5 anni». Liberato per il ventennale del fascismo. 415

Il 27 febbraio 1940 la Commissione per il confino di Napoli condanna come «combattente antifranchista in Spagna» al confino Luigi Angelo Maraldo, nato a Meduno il 14 gennaio 1895, resi-dente all’estero, cameriere, comunista. Liberato nell’agosto 1943. «Nel 1924 diserta dal mercantile su cui è imbarcato. Negli Usa fino al 1937, poi si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna. Preso prigioniero, il 18.9.1939 tradotto in Italia e confinato (Ponza, Ventotente) per 5 anni» 416.

Il 29 giugno 1940 viene condannato a 5 anni di confino Antonio Martin, nato a San Vito al Tagliamento il 7 settembre 1895, contadino, comunista, in quanto «combattente antifranchista in Spagna». Sarà liberato nel settembre 1943. Secondo il repertorio del Cpc invece Martin è un muratore socialista. «Espatriato in Francia nel 1925. Nel 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spa-gna. Arrestato dai tedeschi e consegnato alla polizia italiana il 24.5.1940, confinato (Ventotene) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943» 417.

Il 19 febbraio 1941 viene condannato ad 1 anno di confino Gino Antonio Capponi, nato a San Vito al Tagliamento il 4 maggio 1918 ed ivi residente, manovale, operaio, antifascista, in quanto «com-battente antifranchista in Spagna». Sarà prosciolto il 21 dicembre 1941. «Emigrato in Lussemburgo nel 1936, nel maggio 1938 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (Brigata “Garibaldi”); ferito in combattimento. Rientra in Francia nel febbraio 1939; internato (S. Cyprien, Gurs). Tradotto in Italia il 19.12.1940. Confinato (Ventotene) per 1 anno» 418.

Il 27 maggio 1941 viene condannato a 5 anni di confino Domenico Ribanelli, nato a Forgaria il 9.8.1906 ed ivi residente, muratore, comunista, in quanto combattente antifranchista in Spagna. Sarà liberato il 27 agosto 1943. Espatriato nel 1928, iscritto alla Rubrica di frontiera per attività antifascista in Francia, Belgio, Lussemburgo. Nel gennaio 1937 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spa-gna, sergente della Brigata “Garibaldi”, ferito in combattimento. Nel febbraio 1939 ripara in Francia, internato (S. Cyprien, Gurs, Vernet). Arrestato al rimpatrio, nell’aprile 1941, confinato (Ventotene). Liberato nell’agosto 1943. Partigiano, è il sindaco di Forgaria nominato dal Comitato di Liberazione Nazionale nel 1945. Poi ritorna ad emigrare in Francia, dove muore nel 1972 419.

413 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 664; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; Ifsml, data-base.414 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 668; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; Ifsml, data-base.415 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 670; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; Ifsml, data-base.416 Dal Pont-Carolini, quarto vol., p. 1529; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; Ifsml, data-base (ove è indicato come commesso).417 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 672; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.418 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 673; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; data-base degli schedati al Cpc della provincia di Udine.419 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 674; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; Puppini, p. 210; data-base degli sche-

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Antifascisti del Friuli Occidentale condannati al confino

Il 14 ottobre 1941 vengono condannati, rispettivamente a 2 ed a 4 anni di confino in quanto «combattenti antifranchisti in Spagna», Angelo De Bernardo (altrove è indicato rispettivamente come Umberto De Bernardo o Di Bernardo 420), nato a Pordenone il 7 novembre 1908 ed ivi residente, ope-raio, comunista, ed Eugenio Zannier, nato a Clauzetto il 25 novembre 1903 ed ivi residente, muratore e minatore, comunista. De Bernardo, «emigrato nel 1930 in Francia, dove svolge attività antifascista». Nel 1937 iscritto Rubrica di frontiera «perché segnalato nelle formazioni antifranchiste in Spagna. Arrestato al rimpatrio, il 24.6.1941 e confinato (Ventotene) per 2 anni. A fine pena (23.6.1943) tratte-nuto come internato, ma subito commutato in ammonizione per motivi di salute [23 giugno 1943] ». Zannier, «espatriato in Francia nel 1925. Nel dicembre 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (Battaglione “Dimitrov”). Gravemente ferito in combattimento, rimandato in Francia nel luglio 1938. Internato (Vernet). Tradotto in Italia nel luglio 1941, confinato (Ventotene) per 4 anni. Liberato nell’agosto 1943» 421.

«Il 20 novembre 1941 sono condannati 5 friulani combattenti antifranchisti in Spagna, a periodi da 3 a 5 anni di confino. Fra loro Achille Durigon, bracciante, comunista e Venanzio Parutto, nato il 30 maggio 1899 in Svizzera da genitori clautani e residente all’estero, meccanico, comunista. Durigon è liberato il 21 agosto 1943. Parutto, espatriato in Francia nel 1923, nel settembre 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (Battaglione “Garibaldi”). Due volte ferito in combattimen-to, promosso prima sergente, poi tenente per meriti di guerra. Ripara in Francia nel febbraio 1939, internato (S. Cyprien, Gurs, Vernet). Tradotto in Italia nel settembre 1941, confinato (Ventotene) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943. Partigiano fino al 1945. Dichiara alla Commissione per il confino di Udine: “Mi sono recato in Spagna di mia volontà, sono contento di avere combattuto per il popolo spagnolo e di avere versato il mio sangue per la libertà di detto popolo”» 422.

«Il 18 dicembre 1941 sono condannati altri 5 friulani combattenti antifranchisti in Spagna, a periodi da 3 a 5 anni di confino. Fra loro Alberto Masut, nato a Caneva il 29 agosto 1908 ed ivi resi-dente, meccanico, comunista ed Olinto Zaghet, nato a Brugnera il 23 dicembre 1908 ed ivi residente, muratore, comunista. Masut è espatriato con il padre nel 1920 (Belgio, Francia). Nel marzo 1937 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (tenente della Brigata “Garibaldi”). Rientra in Fran-cia nel febbraio 1939, internato (S. Cyprien, Gurs). Arrestato al rimpatrio, il 25.9.1941, confinato (Ventotene) per 3 anni. Liberato nell’agosto 1943. Nel data-base del Cpc viene indicato genericamente come antifascista. Zaghet, in Francia dal 1922, ne viene espulso nel 1935 per la sua attività comu-nista. Nell’ottobre 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (tenente del Gruppo di artiglieria internazionale), ferito in combattimento. Iscritto Rubrica di frontiera. Rientra in Francia nel febbraio 1939, internato (S. Cyprien, Gurs, Vernet); tradotto in Italia nel settembre 1941, confinato (Ventotene) per 4 anni. Liberato nell’agosto 1943. Comandante di una brigata partigiana operante in Apuania durante la guerra di Liberazione» 423.

«Il 17 aprile 1942 sono condannati a 5 anni di confino due friulani combattenti antifranchisti in Spagna: si tratta del laminatore Leonardo Della Ricca, comunista udinese, e di Giovanni Salvador, nato a Castelnovo del Friuli il 5 settembre 1908 ed ivi residente, manovale, comunista. Ambedue sa-ranno liberati il 22 agosto 1943. Nel repertorio dell’Anppia Salvador è invece indicato come muratore, antifascista. Espatriato nel 1929 (Belgio, Francia). Nel gennaio 1937 si arruola nelle formazioni anti-franchiste in Spagna (Battaglione “Dimitrov”, sergente della Brigata “Garibaldi”). Ferito in combatti-mento. Nel febbraio 1939 ripara in Francia, internato (Argélès, Gurs), poi nelle compagnie di lavoro al fronte. Tradotto in Italia nel febbraio 1942, confinato (Ventotene) per 5 anni, liberato nell’agosto

dati al Cpc della provincia di Udine.420 Dal Pont-Carolini; Ifsml, data-base.421 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 674; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò; data-base degli schedati al Cpc della provincia di Udine.422 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 675; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.423 Dal Pont-Carolini, secondo vol., pp. 675-676; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.

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1943. Partigiano in Friuli nel 1943-1945» 424.«Il 18 maggio 1942 sono condannati al confino 3 combattenti antifranchisti in Spagna dello

Spilimberghese. Si tratta di Carlo Giovanni Bisaro, nato a Spilimbergo l’8 marzo 1901 ed ivi resi-dente, contadino, antifascista; di Carlo Rossi, nato a Castelnovo del Friuli il 25 settembre 1913 ed ivi residente, cementista, comunista e di Giovanni Zannier, nato a Clauzetto il 15 settembre 1906 ed ivi residente, bracciante, antifascista. Bisaro, espatriato nel 1926, svolge attività antifascista in Francia. Iscritto Rubrica di frontiera.. Nel gennaio 1938 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna. Rientra in Francia nel febbraio 1939. Internato ad Argelès, Gurs, Vernet. Arrestato all’atto del rim-patrio, il 18.2.1942 e confinato (Ventotene) per 4 anni. Liberato il 22.8.1943. Rossi è emigrato nel 1930 in Francia. Nel febbraio 1937 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (Battaglione “Garibaldi”). Ferito in combattimento. Ripara in Francia nel dicembre 1938. Internato (Vernet), evade nel gennaio 1941. Catturato dai tedeschi nel marzo 1942, tradotto in Italia, confinato (Ventotene) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943. Partigiano in Friuli. Zanier è espatriato in Francia nel 1923. Nel dicembre 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (Artiglieria internazionale). Promosso sottufficiale. Ripara in Francia nel febbraio 1939, internato (S. Cyprien, Gurs, Vernet). Tra-dotto in Italia nel marzo 1942, confinato (Ventotene) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943. Partigiano in Friuli nel 1943-1945» 425.

«Il 24 ottobre 1942 viene condannato al confino come combattente antifranchista in Spagna Vittorio Tonelli, nato a Castelnovo del Friuli il 14 ottobre 1907, residente all’estero, muratore, comu-nista. Espatriato nel 1929 in Francia. Nell’ottobre 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (sergente del Battaglione “Garibaldi”), ferito in combattimento. Rientra in Francia nel novem-bre 1938, internato (Gurs, Vernet). Tradotto in Italia nell’ottobre 1942, confinato (Ventotene) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943, poi partigiano» 426.

«Il 3 febbraio 1943 vengono condannati al confino due combattenti antifranchisti in Spagna, Giordano Candusso di Maiano, bracciante, comunista e Giovanni Visentin, nato ad Aviano il 23 settembre 1895, falegname, comunista. Visentin è espatriato in Francia nel 1922. Nel febbraio 1937 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (dalla fine del 1937 nella Brigata “Garibaldi”). Ripara in Francia nel febbraio 1939, internato (Gurs, Vernet). Tradotto in Italia nel dicembre 1942, confinato (Ventotene) per 5 anni. Liberato nell’agosto 1943» 427.

«Il 2 aprile 1943 viene condannato al confino il combattente antifranchista in Spagna Antonio Tesolin, nato a Casarsa il 4 ottobre 1903 ed ivi residente, bracciante, apolitico. Sarà liberato nell’agosto 1943. Secondo il data-base del Cpc invece Tesolin è comunista. Dal 1929 in Francia, poi in Belgio, nel dicembre 1936 si arruola nelle formazioni antifranchiste in Spagna (Battaglione “Dimitrov”, sergente nella Brigata “Garibaldi”), ferito. Iscritto Rubrica di frontiera. Nel febbraio 1939 rientra in Francia, internato (St. Cyprien, Gurs), poi di nuovo in Belgio. Arrestato dalla Gestapo nel febbraio 1943 e tradotto in Italia, confinato (Ventotene) per 5 anni» 428.

424 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 678; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.425 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 679; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.426 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 681; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.427 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 682; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.428 Dal Pont-Carolini, secondo vol., p. 683; Dal Pont-Carolini-Martucci-Piana-Riccò.

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Indice

Introduzione p. 3Prologo p. 7Le fonti di questa ricerca p. 13La Guerra di Spagna del 1936-39 p. 17Elenco internazionalisti della provincia di Pordenone p. 27Schede biografiche p. 29

Albino Bet da Barcis p. 31Mario Betto da Fontanafredda p. 37Carlo Bisaro da Spilimbergo p. 41Pietro Bortolus da Sesto al Reghena p. 43Giovanni Bortolussi da Valvasone p. 45Giovanni Battista Brusadin da Pordenone p. 47Italico e Romano Bravin da Polcenigo p. 49Oscar Buffolo da Sarone di Caneva p. 55Enrico Canciani da Castelnovo del Friuli p. 59Ruggiero Corai e Fiorina Mio da Pordenone p. 62Umberto De Gottardo da Pordenone p. 65Achille Durigon da Torre di Pordenone p. 68Pietro ed Emilio Fabretti da Nimis p. 73La famiglia Furlan di Torre di Pordenone p. 77Antonio Magoga da Pordenone p. 85Carlo Marinato da Pravisdomini p. 89Alberto Masut da Caneva p. 94Costante Masutti da Prata di Pordenone p. 96Antonio Moras da Torre di Pordenone p. 98Venanzio Parutto da Claut p. 99Pierino Pasquotti da Pordenone p. 105Carlo Rossi da Castelnovo del Friuli p. 111Domenico Sedran da San Giorgio della Richinvelda p. 113Egidio Sellan da San Vito al Tagliamento p. 118Pietro Toffolo da San Quirino p. 121Umberto Tommasini da Trieste p. 122Vincenzo Tonelli da Castelnovo del Friuli p. 123Vittorio e Lucia Tonelli da Castelnovo del Friuli p. 125Guerrino Troiano da Spilimbergo p. 131Giacomo Zaia da Brugnera p. 132Mario Zaros da Caneva p. 135Antonio Zorzetto da Sacile p. 136

Antifascisti condannati al confino p. 139