anno xvii - n° 4 – aprile 2005 oggi famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone....

24
ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia Sped. Abb. Post. 45% Art. 2 Comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Cosenza ORGANO DELCENTRO SOCIO CULTURALE “V. BACHELET” COSENZA - AL SERVIZIO DELLA FAMIGLIA IN CALABRIA Oggi Famiglia Nella terra della Chiesa fiorisce santità e grandezza umana Occorre accogliere l’eredità umana e cristiana di Wojtyla. Occorre prendere il largo. Ritornare in mare aperto senza paura CONTINUA A P AGINA 2 9 Dicembre 1998 - Il Centro Socio-Culturale “V. Bachelet” in udienza da Papa Giovanni Paolo II nella Sala Nervi di Vincenzo Filice F F inita la kermesse funeraria tutto ri- torna alla ferialità. Giovanni Paolo II “il grande”, nonostante i suoi ven- tisei anni di pontificato, sembra essere stato una meteora, splendente e fugace. La prossima settimana avremo il nuovo Papa. Ma non cala il sipario sulla vita ric- ca e umanissima di questo fecondo testi- mone. Essa ha dato il la al terzo millen- nio e nelle sue trame è apparso più visi- bile l’ordito misterioso di Dio. Di questo “padre” universale sul qua- le, in tanti e senza confini geografici, nè limiti d’età, hanno versato lacrime di te- nerezza e di dolore, bisogna raccogliere l’eredità per allontanare l’ombra buia del- l’ipocrisia e della regressione collettiva. I fiumi di gente in fila per l’ultimo saluto e i fiumi di parole scritte sui quotidiani e dette nei commenti televisivi, senza ap- propriazione dell’eredità, potrebbero, giu- stamente, suggerire che si sia trattato di un affare mediatico ben architettato, o di una suggestione collettiva, o di una stru- mentalizzazione mastodontica e indeco- rosa, o della rivelazione di un bisogno pe- ricoloso di un capo assoluto, di una pa- ternità unica, per il mondo e per le nazio- ni. Sarebbe, comunque, il sintomo rivela- tore di quanto il processo di massificazio- ne (o globalizzazione emozionale), galop- pante e inquietante, sia avanzato nella società post-moderna senza radici e sen- za padri, dall’ethos sfilacciato che, come un humus boschivo devastato e inquina- to, è incapace di orientare e alimentare la ricerca di senso, nel diritto, nella scienza, nella tecnologia, nella politica, nella vita familiare, nella vita economica e, anche, nella stessa religione. Ma, attenti! L’eredità cui alludo non è tanto quella del Papa, quanto quella di Carol Wojtyla. Mi si consenta lo sdoppia- mento. L’eredità del Papa, nei detti e nei fatti, è quella della Chiesa stessa senza soluzione di continuità col suo passato. Il Papa, anche quando chiede perdono per gli errori commessi dai suoi predecessori e dai cristiani, si muove e opera nel solco di una tradizione dottrinale, valoriale, di- sciplinare, giuridica e pastorale autorevo- le e bimillenaria cui deve restare fedele e che, a volte, lo imprigiona. In questo sen- so il Papa Wojtyla ha fatto quello che ogni Papa ha fatto e farebbe. Si potrebbe dire che il ruolo (o il posto) ha fatto l’uomo. In questo senso l’eredità di Papa Wojtyla è quella di ogni Papa, anche di quello che verrà. Tutti i papi, ormai, viaggiano, fan- no encicliche, riformano la Curia, tutti sono conto la guerra, tutti si battono per la pace, tutti sono buoni diplomatici, tut- ti per il dialogo, tutti contro divorzio- aborto-libero amore-fecondazione artifi- ciale, la commercializzazione del sesso, tutti si barcamenano tra conservazione innovazione nello sforzo, spesso immane, di tenere al centro la barra della barca di Pietro. Ma io alludo all’eredità di Wojtyla come persona, al suo personale carisma umano che, come tale, è unico ed origi- nale, perciò, irripetibile. I tratti di questo carisma che, forse, hanno determinato il fascino del Papa defunto e dato lustro al papato, mi paiono i seguenti: Umanitas: Il Manzoni direbbe: “tutto ei provò”: operaio alla cava della Solvay, fidanzato all’ebrea Stefania Kluger ucci- sa ad Auschwitz, clandestino ricercato dalla Ghestapo, provato negli affetti (uni- co superstite della famiglia!); giovane go- liardico e atletico, poeta, attore, catte- dratico.

Upload: others

Post on 05-Jun-2020

2 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005

Oggi FamigliaSped. Abb. Post. 45% Art. 2 Comma 20/b Legge 662/96 - Filiale di Cosenza

ORGANO DEL CENTRO SOCIO CULTURALE “V. BACHELET” COSENZA - AL SERVIZIO DELLA FAMIGLIA IN CALABRIA

Oggi FamigliaNella terra della Chiesa fiorisce santità e grandezza umana

Occorre accogliere l’eredità umana e cristiana di Wojtyla.Occorre prendere il largo. Ritornare in mare aperto senza paura

✔ CONTINUA A PAGINA 2

9 Dicembre 1998 - Il Centro Socio-Culturale “V. Bachelet”in udienza da Papa Giovanni Paolo II nella Sala Nervi

di Vincenzo Filice

FFinita la kermesse funeraria tutto ri-torna alla ferialità. Giovanni PaoloII “il grande”, nonostante i suoi ven-

tisei anni di pontificato, sembra esserestato una meteora, splendente e fugace.La prossima settimana avremo il nuovoPapa. Ma non cala il sipario sulla vita ric-ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile l’ordito misterioso di Dio.

Di questo “padre” universale sul qua-le, in tanti e senza confini geografici, nèlimiti d’età, hanno versato lacrime di te-nerezza e di dolore, bisogna raccoglierel’eredità per allontanare l’ombra buia del-l’ipocrisia e della regressione collettiva. Ifiumi di gente in fila per l’ultimo saluto ei fiumi di parole scritte sui quotidiani edette nei commenti televisivi, senza ap-propriazione dell’eredità, potrebbero, giu-stamente, suggerire che si sia trattato diun affare mediatico ben architettato, o diuna suggestione collettiva, o di una stru-mentalizzazione mastodontica e indeco-rosa, o della rivelazione di un bisogno pe-ricoloso di un capo assoluto, di una pa-ternità unica, per il mondo e per le nazio-ni. Sarebbe, comunque, il sintomo rivela-tore di quanto il processo di massificazio-ne (o globalizzazione emozionale), galop-pante e inquietante, sia avanzato nellasocietà post-moderna senza radici e sen-za padri, dall’ethos sfilacciato che, comeun humus boschivo devastato e inquina-to, è incapace di orientare e alimentare laricerca di senso, nel diritto, nella scienza,nella tecnologia, nella politica, nella vitafamiliare, nella vita economica e, anche,nella stessa religione.

Ma, attenti! L’eredità cui alludo non ètanto quella del Papa, quanto quella diCarol Wojtyla. Mi si consenta lo sdoppia-mento. L’eredità del Papa, nei detti e neifatti, è quella della Chiesa stessa senzasoluzione di continuità col suo passato. Il

Papa, anche quando chiede perdono pergli errori commessi dai suoi predecessorie dai cristiani, si muove e opera nel solcodi una tradizione dottrinale, valoriale, di-sciplinare, giuridica e pastorale autorevo-le e bimillenaria cui deve restare fedele eche, a volte, lo imprigiona. In questo sen-so il Papa Wojtyla ha fatto quello che ogniPapa ha fatto e farebbe. Si potrebbe direche il ruolo (o il posto) ha fatto l’uomo. Inquesto senso l’eredità di Papa Wojtyla èquella di ogni Papa, anche di quello cheverrà. Tutti i papi, ormai, viaggiano, fan-no encicliche, riformano la Curia, tuttisono conto la guerra, tutti si battono perla pace, tutti sono buoni diplomatici, tut-ti per il dialogo, tutti contro divorzio-aborto-libero amore-fecondazione artifi-ciale, la commercializzazione del sesso,tutti si barcamenano tra conservazione

innovazione nello sforzo, spesso immane,di tenere al centro la barra della barca diPietro. Ma io alludo all’eredità di Wojtylacome persona, al suo personale carismaumano che, come tale, è unico ed origi-nale, perciò, irripetibile. I tratti di questocarisma che, forse, hanno determinato ilfascino del Papa defunto e dato lustro alpapato, mi paiono i seguenti:

Umanitas: Il Manzoni direbbe: “tuttoei provò”: operaio alla cava della Solvay,fidanzato all’ebrea Stefania Kluger ucci-sa ad Auschwitz, clandestino ricercatodalla Ghestapo, provato negli affetti (uni-co superstite della famiglia!); giovane go-liardico e atletico, poeta, attore, catte-dratico.

Page 2: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

Aprile 2005Oggi Famiglia 2

Da vescovo e cardinale non è un “Gu-ru”, una sorta di santone, buonista, un-tuoso, spiritualista e rinunciatario, maresta “umano molto umano”: ride, scher-za, va in piscina, scala montagne, sa di-vertirsi. S’indigna e batte il pugno sul ta-volo, dialoga con tutti; bacia e abbraccia:donne, bambini, portatori di handikapetc; è attratto dalla femminilità e innamo-rato del genio femminile; ama e difende lastabilità e la coesione della famiglia e del-la coppia come valori fondativi dell’educa-zione e della civiltà; ama ed esalta la ses-sualità umana nella sua forza dialogica eunitiva e grida contro chi la mercifica e lacosifica riducendola a bisogno consumi-stico “uso e getta”. Uomo, insomma, pri-ma di ogni altra cosa. Uomo autentico,prima di essere prete, vescovo, cardinale,Papa.

Fede: Paul Claudel diceva di “crederein ciò che dice il catechismo, né più némeno”. Anche Woityla avrebbe potuto di-re lo stesso. La fede di Wojtyla affascina-va e lasciava sorpresi proprio perchè piùvicina alla fede semplice del nostro popo-lo che a quella dei grandi teologici: baciale statue, si fa pellegrino, chiede grazie,offre ex voto, è fedele alle pratiche dipietà, è un uomo devoto come non sonoio e come erano mia nonna e mia madre.Wojtyla era un uomo di studio e di ricer-ca ma non da razionalista presuntuoso efondamentalista. Egli scavava nel solcodella verità posseduta e contemplata.Guardando alla sua fede, dai tratti popo-lari e devozionali, si capiva che egli noncercava la verità, la portava, semplice-mente, alla luce (aletheia!) dal suo na-scondimento nel cuore dell’uomo, dalfondo, spesso cupo, della sua storia mar-toriata.

Tenacia: La sua vita, quasi da so-pravvissuto dalla bufera nazifascista ecomunista, non si spiegherebbe senzaquesta nota del suo carattere. Non eracocciutaggine, né chiusura ottusa. Era lacoscienza che tutto è penultimo e che ilmale è vincibile. Basta, solo, impegnarsi eresistere affascinati dal futuro che viene.Era la coscienza di non essere solo e ab-bandonato “ad un destino cinico e baro”.Perciò, mai dire mai. Poteva essere il suomotto. Una sorta di “boia chi molla” chelo ha portato a morire sul campo lottan-do fino allo stremo contro l’invincibileparkinson. Questa è stata una lezionepotente per quanti buttano la spugna al-le prime contrarietà e difficoltà. La tena-cia non si lascia vincere dagli eventi, né silascia trascinare dalle correnti, ma li do-mina, anzi, li capitalizza. Woityla, infatti,ha dato vigore alla sua stessa debolezzatrasformando in parola il suo stesso si-lenzio obbligato.

Fermezza: Il Papa è messo sul “trono”dell’apostolo Pietro prima di tutto perconservare, nella Chiesa, il lascito storicoed esperienziale della fede. Egli, perciò, èun conservatore dando a questo termine

il senso giusto, di custode e difensore,ma, anche, quello d’interprete ufficiale ecarismatico. Per questo, egli è la roccia (èKefa!) il punto solido e fermo, nel fluiredell’evoluzione culturale. Quasi per defi-nizione, il Papa è “is qui stat”. E’ colui chesta fermo in piedi e non si piega ad ognisoffiar di vento, o al mutare delle modeculturali, o alle suggestioni di un “pensie-ro debole”, o all’imperversare del soggetti-vismo relativistico e libertario. Woityla èstato un padre fermo e anticonformista,esempio per tutti i padri e per tutto ilmondo adulto ricaduto nell’adolescenza,idolatra dell’io come fascio di bisogni dasoddisfare e “corrotto” da un pluralismosenza verità e da un relativismo cultura-le ed etico nichilista. In un mondo dove lafigura paterna è abolita, o silenziata,Woityla ha insegnato come si è e come sifa il genitore distribuendo i sì e i non sen-za cedimenti a tentazioni populistiche esenza timore di apparire arretrato o me-dioevale. Ci ha fatto capire che si puòmettere in discussione tutto, ma a parti-re da punti fermi irrinunciabili: rispettodella naturalità dell’uomo e rispetto delladignità della persona. Anche il dialogo de-ve costituire un imperativo per tutti nellesocietà multietniche e multiculutarli. Mail primato deve essere dato alla verità del-l’uomo. L’uomo, quello quotidiano chesoffre e che lavora, è, infatti, la via dellaChiesa.

Franchezza: La lingua biblica la chia-ma “parresìa”. È la libertà interiore che fadire, con coraggio e apertamente, quelche si pensa senza riserve mentali, senzareticenze, o prudenze furbe, e senza se-condi fini. E’ il parlar franco d’altri tempi.E’ una nostalgia della civiltà contadinache ci siamo messi frettolosamente allaspalle per andare incontro alla modernitàe al parlare diplomatico, untuoso, artifi-cioso e bugiardo. Wojtyla, posto nel cuoredella modernità, per alcuni già divenutapost, ha parlato franco, senza addomesti-camenti e blandizie. Lo ha fatto, in Ame-rica Latina salutando aspramente il sa-cerdote Cardenal. Lo ha fatto in Sicilia,alzando il dito minaccioso contro la ma-fia, ma lo ha fatto, soprattutto, nei ri-guardo dei giovani. A loro predica il sen-so della croce, non li blandisce, li chiamaalla responsabilità dura, perciò gioiosa.

Per Wojtyla, capire i giovani non èconsentire al giovanilismo massmediolo-gico vuoto, ridanciano e con l’ombelico infuori. Ai giovani di Tor Vergata, il 19 ago-sto del 2000, il Papa dice chiaro e tondo:“Nel nuovo secolo voi non vi presterete aessere strumenti di violenza e di distruzio-ne; difenderete la pace, pagando anche dipersona se necessario. Voi non vi rasse-gnerete ad un mondo in cui altri esseriumani muoiono di fame, restano analfabe-ti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vi-ta in ogni momento del suo sviluppo terre-no e voi vi sforzerete di rendere questa ter-ra sempre più abitabile per tutti”.

I Papa-boiys sono, così serviti: re-sponsabilità e impegno, non lassismo epermissivismo godereccio da veline scu-laccianti, o pacifismo ribellistico alla no-global. Nel futuro prossimo, a partire dal-l’accoglienza di questo discorso franco, siconsumerà la verità autentica dei milioni

di Papa-boys in delirio da stadio da Romaa Denver, a Parigi, o di lacrime da orfa-nanza attorno alla sua bara.

I compiti? Dovranno essere necessa-riamente questi: disertare gli eserciti; di-sertare la violenza no-global; disertare ecombattere le fabbriche di armi; disertaree combattere il capitalismo selvaggio econsumistico; disertare e combatterepartiti e sindacati (di destra o di sinistrache siano) incapaci di creare lavoro pertutti; disertare e combattere le industrie ele produzioni inquinanti; disertare e sma-scherare le formazioni politiche libertariee le lobies mediche e farmacologiche chepromuovono, per denaro e per un fau-stiano successo, forme di ingegneria ge-netica, di procreazione medicalmente as-sistita e di eugenetica senza il dovuto ri-spetto per l’embrione umano e per la di-gnità della vita.

Cari lettori, tante sirene mi sussurra-no all’orecchio che anche la nostra Chie-sa è una Chiesa del silenzio, prigioniera,e, di se stessa: centralistica, burocratica,museo di vecchie cose e di vecchi riti chenon parlano più al cuore e alla vita dellefamiglie, luoghi di culto, dispensieri di unsacro sociale, affollati per la dose setti-manale di prediche soporifere e farcite diluoghi comuni moralistici, di liturgie pro-lisse, tristi e seriose per donne innamora-te dei santoni alla moda, o che hanno vi-sto il sole roteare a Meggiugorje (equant’altro), o per bambini forzati dellacomunione senza genitori, o per qualchemesto anzianotto poco rinunciatario incerca di consolazione.

D’accordo. Lo riconosco: abbiamo fati-cato tutta la notte e non abbiamo presonulla. Ma, oggi, come Woityla ci ha inse-gnato, prendiamo il lago e diciamo anchenoi “rotti”, ma fiduciosi: “sulla tua parola,calerò le reti”. Un cosa, però, sia chiaraanche ai laicisti che danno la Chiesa perperdente. Una Chiesa capace di suscitarepersonalità, affascinanti, ricche e com-plesse come quella di Papa Woityla, non èmorta ma viva e rigogliosa. Anzi. Solo nel-la terra della Chiesa, a volte prigioniera dise stessa e del suo peccato, fioriscono uo-mini grandi fino a riempire il mondo. Inaltre terre fioriscono ominicchi sulla cuiopera la storia è costretta a stendere unvelo di pietà e di silenzio.

Per ridare significatività e veridicità al-la nostra Chiesa occorrono preti-Wojtyla:maschi, dotti, coraggiosi, tenaci, ma oc-corrono, anche, credenti-Wojtyla, razio-nalmente motivati e convinti, dall’identitàforte e aperta, più battaglieri e aggressivi,più propensi ad accompagnare e salvare ilmondo che a giudicarlo e a fuggirlo, o aseguirlo acriticamente e conformistica-mente. Diamoci, perciò, una regolata eprendiamo il largo. Intanto, domani è unaltro giorno… anzi, è un altro Papa.

* Continua da pagina 1Nella terra della Chiesa fiorisce

santità e grandezza umana

Page 3: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

FAMIGLIA Aprile 2005Oggi Famiglia 3

di Carmensita Furlano

La soggettualità ecclesiale della fami-glia e la sua ministerialità promanano dalsacramento del matrimonio, che rimandaal mistero della Chiesa e della SantissimaTrinità. Questi tre grandi misteri: la Tri-nità, la Chiesa e la famiglia, sono tuttimodulati sulla relazione d’amore fedele efeconda nella quale formeremo la famigliadei figli di Dio.

Per comprendere ancora meglio la re-lazione fra Trinità, Chiesa e famiglia pos-siamo guardare alla Vergine Maria Iconadella Trinità, Modello e Madre della Chie-sa, Regina della famiglia.

Maria icona della SS. Trinità, in quan-to è contemporaneamente figlia di Dio Pa-dre, madre di Dio Figlio e Sposa di DioSpirito Santo.

Maria immagine, modello e madredella Chiesa, in quanto nella sua personaincarna l’attesa di tutto il popolo di Dio ele speranze dell’umanità.

Maria regina della famiglia. Avendovissuto in prima persona la vita della san-ta famiglia di Nazareth, la Vergine Maria èanche Sposa e Madre, capace di com-prendere le difficoltà, i problemi, le aspi-razioni di ogni famiglia.

La stessa missione ecclesiale della fa-miglia, fondata sul sacramento del matri-monio, può trovare in lei un modello ope-rativo, in particolare nelle nozze di Cana(Gv 2, 1-12), che può essere utilizzato co-me paradigma della missione di tutta laChiesa, e più specificamente della fami-glia cristiana.

La protagonista è Maria, che discerneuna situazione di bisogno, fa intervenireGesù e coinvolge diverse persone per ri-solvere il problema che si era venuto acreare.

a) Saper discernereMaria compie anzitutto un’azione di

discernimento: si accorge che gli sposinon hanno più vino. Il vino nel linguaggiobiblico indica la gioia, la festa, la cadutadelle inibizioni e delle paure, il segno diuna vita che si espande liberamente. Lamancanza di vino, perciò, è sinonimo dichiusura, irrigidimento, tristezza, suscet-tibilità, malumore, acidità.

Quante le famiglie in cui manca oggiquesto vino della gioia? Quante le perso-ne che non gustano più questo vino dellafesta, della speranza, della libertà che siapre all’amore? Dietro la facciata appa-rentemente serena di tante famiglie si na-sconde spesso una grande carenza di pa-ce e di gioia. Dietro il volto apparente-mente soddisfatto di tante persone si na-sconde molte volte una vistosa carenza diprospettiva, di futuro, di progettualità. Sitratta di fare un discernimento serio diquesta mancanza, per cercare di capirecome potervi ovviare. E ciò va fatto nellaconsapevolezza che solo Gesù è in gradodi offrire il “vino buono”, quello non falsi-

ficato, a denominazione di origine control-lata!

Un particolare curioso: durante il ban-chetto nuziale di Cana nessuno si accorgedella mancanza di vino: né i servitori, néil maestro di tavola, né gli invitati, né i fa-miliari degli sposi. Se ne accorge Maria, laquale può capire dove manca il vino dellagioia evangelica, in quanto questa gioia lapossiede e, di conseguenza, ha un’istinti-va sensibilità per discernere dove essa c’èe dove invece manca. Piena di SpiritoSanto, Maria avverte immediatamentequando e dove manca la gioia del Vange-lo.

La Chiesa è, come Maria, piena dellagioia dello Spirito. Essa dunque si sentemossa verso tutti coloro che non speri-mentano questa gioia per cercare di ripor-tarli alla speranza e guidarli alla grandefesta eterna del Cielo.

E all’interno della Chiesa è proprio lafamiglia che possiede una particolare ca-pacità di discernimento delle situazioni didisagio, di sofferenza, di solitudine, cioèquella famiglia che si sforza di aderire alprogetto salvifico del Signore e di essernesacramento storicamente comprensibileed efficace. Una tale famiglia può trovaredentro di sé enormi risorse di attenzione,sensibilità, generosità, che sono in gradonon solo di discernere le situazioni di bi-sogno, ma anche di porvi rimedio.

b) Preparare la strada a GesùMaria quando avverte che sta per

mancare il vino ed esploderà il disagio el’imbarazzo degli sposi, fa intervenire Ge-sù. Sa benissimo che solo Gesù è in gra-do di dare il vino della gioia, perciò è ne-cessario farlo intervenire. Gesù è già lì, èinvitato alle nozze, ma fino a quel mo-mento non è intervenuto e appare comeuno dei tanti. Analogamente possiamo di-re che Gesù è già presente nel cuore diogni uomo, si è già invitato da solo nellavita di ogni uomo per farla essere una fe-sta, ma non interviene fino a quando gliinteressati non lo sollecitano e non glifanno spazio. Egli non vuole forzare nes-suno, proprio perché è amore; e l’amorenon si impone mai, perché si può soloproporre.

L’azione pastorale della Chiesa nonpuò consistere nell’introdurre a forza ilmessaggio evangelico nel cuore dell’uomo,specialmente in un contesto culturale co-me il nostro, che esalta il pluralismo e lalibertà individuale. Bisogna invece partiredal presupposto che Gesù è già in attesanel cuore di ogni uomo e che si deve solopermettergli di operare liberamente. Lapastorale ha il compito di preparare lastrada all’incontro vivo con Gesù, in mo-do che ognuno liberamente e consapevol-mente faccia spazio al Signore nella suavita. È solo in una tale prospettiva chepuò emergere tutta la forza dell’invito diMaria: “Fate quello che vi dirà”.

La famiglia, quale soggetto ecclesiale,è in grado certamente di svolgere un ruo-

lo importantissimo in questo campo. Pre-parare la strada all’incontro vivo con Cri-sto è il compito primario dei genitori cri-stiani nei confronti dei loro figli. Nessunopuò sostituirli in questa delicata operazio-ne, come nessuna struttura pastorale è ingrado di prendere il posto della famiglianella trasmissione della fede, nella narra-zione delle meraviglie di Dio “di generazio-ne in generazione”, nella predisposizionedei cuori degli uomini alla conversione.

c) Saper coinvolgerePer mettere in moto la potenza opera-

tiva di Gesù, Maria si rivolge ai servi, iquali si danno subito da fare, riempiendod’acqua le giare di pietra e chiamando aloro volta il maestro di tavola; e questichiama lo sposo, meravigliandosi che soloalla fine venga servito il vino buono. Sicrea un coinvolgimento generale di tutti ipresenti e si evita che uno solo faccia tut-to quello che c’è da fare.

Il vero segreto di un’efficace azione pa-storale è quello di moltiplicare i collabora-tori. Gesù stesso ha indicato questa stra-da: ha chiamato i dodici apostoli, i quali aloro volta hanno scelto altri e così via…LaChiesa è tutta ministeriale, perché i suoimembri sono tutti dotati dei carismi delloSpirito e vengono messi in grado di ap-portare il loro contributo alla missione. Icarismi e i ministeri sono diversi, ma lamissione è unica e va esercitata col con-tributo di ognuno, dal momento che nes-suno nella Chiesa può dirsi inutile. La di-versità di ministeri va esercitata in un cli-ma di corresponsabilità e complementa-rietà, senza scadere in sterili forme di cle-ricalismo, che interpretino il servizio deilaici come semplice longa manus dei pre-sbiteri…

Proprio la famiglia nel nostro temposta dando un impulso nuovo a questa mi-nisterialità laicale attraverso le forme dicollaborazione delle famiglie cristiane allamissione della Chiesa: nel campo dellacatechesi, della liturgia, della carità; del-l’animazione cristiana della politica, dellacultura, del lavoro, dell’economia. La fa-miglia è sicuramente il “crocevia” di tuttal’azione pastorale della Chiesa, dal mo-mento che non c’è settore della pastoraleche non passi di fatto dalla famiglia.

Concludendo la famiglia è un beneprezioso anche per la Chiesa, anzi essa èla prima fondamentale forma di comunitàecclesiale all’interno della quale si speri-menta l’amore di Dio trasmettendolo digenerazione in generazione, annunciandoil Vangelo agli uomini del nostro tempo,senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltàe dalle trasformazioni in atto nella nostracultura, ma rimodulare l’immutabile Van-gelo di Cristo in modi nuovi: sappiamo in-fatti che non è il Vangelo che cambia, mail mondo. E noi dobbiamo essere capaci diaccompagnare questo cambiamento co-municando lo stesso Cristo di ieri, di oggie di sempre in forme adatte al tempo cheviviamo.

La famiglia secondo le Nozze di Cana Il compito primario dei genitori cristiani nei confronti dei propri figli

è preparare la strada all’incontro vivo con Gesù Cristo

Page 4: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

FAMIGLIA Aprile 2005Oggi Famiglia 4

di Carmensita Furlano

Storicamente il matrimonio non èstato altro che l’unione legale tra leparti (non necessariamente due e nonnecessariamente con gli stessi diritti: ladonna era considerata subalterna al-l’uomo).

A partire dal Medioevo, la Chiesa hainiziato ad interessarsi all’argomentoda più vicino estendendo la sua giuri-sdizione anche su questo atto, perchéper essa il matrimonio è in se stesso unvincolo di diritto naturale e sacro.

Mentre all’inizio vi era solo una be-nedizione semplice davanti alla chiesa,dal 13° secolo in poi si afferma definiti-vamente il matrimonio canonico comesacramento, di cui il concilio di Tren-to(1563) stabilisce la forma definitiva.

Negli ultimi secoli, però, la riformaprotestante e le spinte per una maggiorlaicità dello stato portarono i legislatoriad interessarsi anche a questo campo:del 1804 è il Codice Napoleonico, chestabilisce per la validità del rito la pre-senza di un ufficiale dello stato civile.

Nello stato italiano unitario, il nuo-vo codice civile dall’1/1/1866 disco-nobbe tutti gli effetti giuridici al matri-monio religioso, mantenendo come uni-ca forma valida quello civile, il Concor-dato del 1929 ridonò effetti civili al ma-trimonio religioso.

Ancora oggi il matrimonio civile è di-sciplinato dal codice civile del 1942.

Ma che cosa è il matrimonio religio-so e cosa il matrimonio civile?

Può apparire strano parlare di diffe-renza sostanziale o formale dell’istitutoin questione, ma certo è che entram-be le forme celebrano il sentimentodell’amore, che si spera vero e dura-turo.

Il matrimonio religioso è uno deisette sacramenti istituiti da Cristo, ed èil patto matrimoniale con cui l’uomo ela donna stabiliscono tra loro la comu-nità di tutta la vita.

È stato fondato e dotato di sua pro-pria legge dal Creatore.

Il sacramento del matrimonio è se-gno dell’unione di Cristo e della chiesa,e la grazia del sacramento perfezional’amore umano dei coniugi, consolida laloro unità indissolubile e la santificanel cammino della vita eterna.

Dio stesso è l’autore del matrimo-nio, la vocazione matrimoniale è iscrit-ta nella natura stessa dell’uomo e delladonna, usciti dalla mano del creatore,quindi il matrimonio non è una istitu-zione puramente umana.

Il matrimonio civile è un atto giu-ridico tra le parti, è contratto di unionecivile tra due persone che esprimono illoro consenso libero, la volontà di farevita comune, insieme ed il loro impegnodi rispettare i diritti e le obbligazioni

della nuova situazione.È una istituzione civile, regolato dal

codice civile, che ufficializza l’unione diun uomo e una donna dinanzi a tuttala società, dando vita ad un nuovo nu-cleo familiare come previsto dalla no-stra Costituzione nell’art. 29 che reci-ta: “La Repubblica riconosce i dirittidella famiglia come società naturalefondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull’egua-glianza morale e giuridica dei coniugi,con i limiti stabiliti dalla legge a garan-zia dell’unità familiare”.

Il matrimonio religioso proprio per-ché sacramento della chiesa, è realtàecclesiale ed evangelizzante. Proclamala buona novella sull’amore coniugale,coinvolgendo anche la sua celebrazioneperché comprende l’intera comunitàecclesiale nella quale gli sposi sono in-seriti e alla cui vita e missione prendo-no parte, tanto da fare di tale comunitàil luogo normale della celebrazione del-le nozze.

Gli sposi anzitutto come ministri esoggetti della grazia del sacramento, ilsacerdote in quanto presidente dell’as-semblea liturgica e teste qualificato del-la chiesa, i testimoni non solo garantidi un atto giuridico, ma rappresentantiqualificati della comunità cristiana, pa-renti amici e altri fedeli, membri di unaassemblea che manifesta e vive il mi-stero di Cristo e della chiesa.

Sebbene la dignità di questa istitu-zione non traspare ovunque con lastessa chiarezza, esiste tuttavia in tut-te le culture un certo senso della gran-dezza dell’unione matrimoniale.

Infatti chi può affermare che il ma-trimonio non è sacro anche per le per-sone che non sono religiose? Il matri-monio riguarda le promesse di fedeltàche vengono percepite come sacre, laparola fedele, anche nell’accezione lai-ca, ha una dimensione religiosa.

Il matrimonio soprattutto, è unaistituzione importante che protegge ibambini, questo obbiettivo ha in séqualcosa di sacro, anche per chi non èformalmente religioso; il matrimonio ela famiglia danno a tutti gli individuiun obbiettivo e un significato che van-no oltre le proprie individualità.

La vita moderna è concentrata sul-l’individuo e tende a smontare tutto ciòche è sacro, il matrimonio è quel cheresta della società tradizionale dentro

la società moderna, lega gli individuiagli altri, tenendo conto dell’importan-za dei bambini che per crescere hannobisogno di genitori e di una continuitàfamiliare.

Ma oggi ci si chiede, c’è piena co-scienza da parte degli sposi di vivere ilsacramento? Conoscono ciò in cui cre-dono o dicono di credere? Perché ci sisposa in chiesa?

Chi si decide per il matrimonio reli-gioso lo fa davvero con coscienza, congrande maturità e formazione solida?

Forse queste domande sono il primopasso per un cammino insieme; il pro-blema è conoscere e vivere le verità difede, e quindi bisogna prima costruirel’uomo e poi il cristiano.

Il problema allora non è tanto nelcontare se più matrimoni in chiesa o alcomune, ma sta al sempre più menonozze, e ancora, si è sicuri che tutti imatrimoni religiosi sono realmenteconcepiti come sacramento o è ancorala tradizione nonché la moda che la fada padrone?

Può sembrare che aumentino i ma-trimoni civili, ma ciò è un dato appa-rente, perché l’aumento se di questo sipuò parlare, deriva da una ricaduta dalmatrimonio religioso al matrimonio ci-vile, ma al tempo stesso c’è una ricadu-ta dal matrimonio civile all’unione difatto o convivenza che in Italia non èancora regolamentata, cosa accadràquando ci sarà una legge appropriata?

Quindi lo stare insieme è davvero ilvoler costruire un rapporto solido chesi tramuta in famiglia vera?

Scende anche il numero dei divorziin realtà, il boom del 2003 è in netta di-minuzione oggi, soggiunge in modo na-turale una domanda, meno divorzi:sarà forse che economicamente costatroppo?

Ma qualunque sia la motivazione,certo è che nessuno può costringere acontrarre matrimonio religioso, mentrevi sono tanti che lo contraggono perl’effetto del “fattore famiglia di prove-nienza”, infatti molte coppie si sposanocon il rito religioso per il rispetto delleusanze locali e delle tradizioni di fami-glia.

Secondo alcuni pareri su 100 matri-moni religiosi il sacramento viene vis-suto in una percentuale che non supe-ra la soglia del 2%, e né si può affer-mare che i divorzi sono possibili o certiin percentuale maggiore nei riti civilipiù che in quelli religiosi, perché le sta-tistiche mostrano come il numero deidivorzi è più alto nei riti religiosi.

Concludendo, sicuramente la cosaprincipale da fare e forse anche urgen-te, è rieducare alla bellezza dello stareinsieme, al capirsi, al dialogare, allagioia di costruire un mondo migliore incoppia con rispetto e complicità, riap-propriarsi del senso dell’esser coppia efamiglia; usare il matrimonio per ob-biettivi diversi non farà altro che di-struggere l’istituto stesso.

Allora si al matrimonio, civile o reli-gioso che sia – anche perchè il civilepuò sempre trasformarsi in religioso - ,ma al di sopra di ogni cosa si alla cele-brazione dell’amore vero!

MATRIMONIO CIVILE O RELIGIOSO?Qualunque sia la scelta ciò che conta

è la celebrazione dell’amore

Page 5: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

FAMIGLIA Aprile 2005Oggi Famiglia 5

di Anna Maria Mauro Pastorino

Il nostro Paese sta vivendo in que-sti mesi un momento particolarmen-te importante legato ai prossimi refe-rendum riguardanti la Legge40/2004 che probabilmente si svol-geranno a giugno.

Più volte come Associazione, neinostri convegni, seminari, sul nostrogiornale “Cronache e Opinioni” ab-biamo affrontato il tema della pro-creazione medicalmente assistita, la-mentando l’assoluto vuoto legislativoin merito a questioni così fondamen-tali legate alla vita, e apprezzandocon la recente legge 40/2004 l’impor-tante passo avanti fatto dall’Italiaverso una indispensabile regolamen-tazione di pratiche mediche che ave-vano visto compromessa la difesa del-la dignità della vita umana, plauden-do soprattutto la scelta di mettere alcentro dell’interesse i diritti del con-cepito.

È chiaro che la prossima convoca-zione referendaria ha imposto al CIFun impegno ancora maggiore tantoche, visto le reiterate prese di posizio-ne della Chiesa, l’Associazione haaderito insieme a personalità che fan-no parte del mondo scientifico, cultu-rale, professionale, politico ed asso-ciativo al “Comitato Scienza e Vita perla legge 40/2004”. L’intento è quellodi rendere la nostra voce più forte per

non lasciare che questa legge impor-tante subisca inaccettabili modifiche.

Insieme al Comitato rileviamo l’op-portunità di astenerci ai prossimi re-ferendum, un’astensione che non hail significato di una mancata rispostaal nostro dovere civico di votare ma,al contrario, che esprime una estrin-seca e legittima (prevista dalla Costi-tuzione) manifestazione di una vo-lontà cosciente e consapevole degli ef-fetti politici della nostra scelta.

Con l’astensione, infatti, vogliamodire un “doppio no” ai quesiti referen-dari e all’uso distorto dei referendumin materia di fecondazione.

Lo stravolgimento della legge 40del 2004 colpirebbe soprattutto ledonne, poiché diventerebbero davverodonne-contenitori, e la maternità sa-rebbe trasformata in una “gara spor-tiva”. Contenitori non di un progetto,ma di un oggetto del proprio deside-rio, di un essere umano che non ha ildiritto di conoscere i propri genitori,che viene “selezionato” in base ad unapresunta assenza di malattie. Insom-ma la sacralità della vita verrebbeprofondamente compromessa.

Davvero è il caso di fermarsi. Pen-so che il modo di vivere la maternitàstia cambiando radicalmente. Le logi-che del consumismo infatti hannoraggiunto anche questo aspetto dellavita umana: avere figli è diventatouno status symbol, come andare alleMaldive o avere una determinata

macchina, una donna ed anche unuomo sono disposti a sottoporsi apratiche dolorose, psicologicamentedevastanti pur di non rinunciare aciò che viene vissuto come “diritto”,un figlio appunto.

In passato non era così diffuso ilproblema dell’infertilità di coppia an-che perché ai figli ci si cominciava apensare molto presto (20 anni) ed èsullo spostamento dell’”orologio bio-logico” che la politica e la società do-vrebbe svolgere una serie riflessione,ma quando accadeva che una coppianon riusciva ad avere figli era natura-le che questi investissero i proprisentimenti di maternità e paternitàsui nipoti o su altre persone. Davverosi percepiva che al proprio bisogno diessere per l’altro vi potevano esserepiù risposte.

È vero anche che oggi le praticheper adottare un bambino a volte sco-raggiano i genitori che vedono il lorodesiderio negato anche dalle istitu-zioni. E’ anche in questa direzioneche bisogna agire. Tra un anno chiu-deranno gli istituti per l’infanzia, gliorfanotrofi e l’auspicio è che davverol’affido così come l’adozione diventinodecisamente procedure più semplici.

L’auspicio che il CIF rivolge so-prattutto alle donne è quello di riu-scire a ritrovare il senso vero dellaGrazia della maternità e della pater-nità nell’essere disponibili a prender-si cura dell’altro.

Centro Socio-Culturale“Vittorio Bachelet”

Il Centro Socio Culturale V. Bachelet, costituito nel1981, ha modificato il proprio statuto con atto Notarileper il Dott. Nicola Micciulli, Notaio in Cosenza il23/09/1998 al n° 4092, la sua sede sociale è in Cosen-za alla Via Gaetano Salvemini n° 17, cap 87100, telefax0984/483050.

Partita I.V.A. n° 01612500783Codice e Natura Giuridica n° 91.33.0.Ha ottenuto il riconoscimento della personalità giu-

ridica di diritto privato ai sensi dell’art. 12 dei CC. e del-l’art. 14 del D.P.R. 24.07.1977 n° 616., con deliberazio-ne del D.D.G. n. 375 del 20.9.2000 e pubblicato sul Bol-lettino Ufficiale della Regione Calabria N. 105dell’8/11/2000.

Risulta iscritto al N. 160 del Registro Regionale delVolontariato con Deliberazione della G.R. n. 5991 del4.11.1998.

Con D.D. N. 7203 del 24.7.2001 della Regione Cala-bria, il Centro Culturale “V. Bachelet” ai sensi della leg-ge 16/85 – art. 6 – 3° comma è iscritto nel Registro Re-gionale delle Associazioni, Fondazioni ed IstitutiCulturali della Provincia di Cosenza.

mensile del centro socio culturale“VITTORIO BACHELET”

DIRETTORE : Vincenzo Filice

VICE DIRETTORE : Domenico FerraroDIRETTORE RESPONSABILE: Franco Bartucci

COORDINATORE E AMMINISTRATORE : Antonio FarinaSEGRETARIA DI REDAZIONE : Liberata MassenzoIN REDAZIONE : Vincenzo Altomare, Rosa Capalbo,

Giovanni Cimino, Mario De Bonis, Carmensita Furlano,Francesco Gagliardi, Giacomo Guglielmelli, Vincenzo Napolillo,

Antonino Oliva, Oreste Parise, Lina Pecoraro, Davide VespierSPEDIZIONE : Egidio Altomare, Rachele Mazzei

STAMPA: Grafica Cosentina - Via Bottego, 7 - CosenzaIMPAGINAZIONE: T.&P. Editoriale - Via Adua, 16 - CosenzaArticoli e Corrispondenze da spedire a C.P. 500 COSENZA

o Redazione - Via Salvemini, 17 - Tel. 0984 483050

87100 COSENZAwww.centrobachelet.it - E-mail: [email protected]

— Aut. Trib. Cosenza n° 520 del 9 maggio 1992 —

Oggi Famiglia

Il CIF ha aderito al Comitato Scienza e Vita

Page 6: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

EDUCAZIONE Aprile 2005Oggi Famiglia 6

di Vincenzo Altomare

“Ciò che prendiamo per noilo togliamo dalla bocca degli altri.

E’ veramente necessario ciò che vogliamo acquistare?Dobbiamo ridurre al minimo

le nostre necessità”.(Gandhj)

Ogni volta che discutiamo sul temadell’essenzialità (qualcuno preferisceadottare la parola ‘sobrietà’) sembre-rebbe che ci imbarchiamo su una zat-tera fragile destinata a essere travoltadalle rapide del fiume di una societàopulenta e consumistica. In effetti, nonmancano gli opinion makers, indottri-nati alla scuola del neoliberismo, chesostengono come sia impossibile deli-neare con chiarezza un’idea di essen-zialità, perché bisognerebbe considera-re il tenore di vita cui siamo dediti oggiin occidente.

Un tenore che ci impedisce di di-stinguere ciò di cui abbiamo realmentebisogno e ciò che, invece, è puro orpel-lo istillatoci nella coscienza dal modellosociale nel quale viviamo. Cosicché, lanostra diventa una “coscienza pubblici-taria”, per la quale tutto è necessario enulla è superfluo. Di tutto avremmo bi-sogno: di due-tre cellulari, di coca colae hot dog, di Mc Donald e via dicendo.Per cui, secondo questi opinionmakers, parlare di essenzialità sarebbediscorso superficiale, poco attento alla‘complessità’ della nostra epoca, alleesigenze di famiglie sempre più impe-gnate su mille fronti. Ragionamenti co-muni, questi, diffusi a diversi livelli: fa-miliari, interpersonali, comunitari in-ternazionali. Ragionamenti che ci indu-cono a fare dei bisogni i nostri valori,dimenticando, invece, che sono i valorii nostri veri bisogni.

Avvertiamo, ad esempio, il bisognodi acquistare spesso, di circondarci dioggetti e di dissipare il nostro tempo inmille cose da fare. E diciamo che nonabbiamo scelto noi questo stile di vita,ma che è la società che ce lo impone.Non altrettanto forte è, invece, il desi-derio di fare noi la nostra vita, di dialo-gare, di ascoltarsi, di vivere a contattocon la natura, di dedicarsi alla lettura,di spezzare il pane del nostro tempocon chi ha bisogno di essere ascoltato oper sviluppare partecipazione sociale epolitica.

In famiglia, nelle parrocchie, nellescuole, dovremmo imparare a porre do-mande sul nostro stile di vita, senzadarlo per scontato. Dovremmo tornarea esser un po’ come Socrate, il quale ditanto in tanto si recava al mercato perrendersi conto di quante cose potessefare a meno!

Vi è un bellissimo testo di HenryThoreau che, seppure scritto nel 1861,

vale la pena rileggere ancora oggi.“Consideriamo la maniera in cui

spendiamo la nostra vita. Questo mon-do è un luogo di affari. Non c’è altro chelavoro, lavoro, lavoro. Un irlandese chemi vide mentre stavo prendendo gli ap-punti in un prato, era convito che iocalcolassi i miei redditi. Penso non visia nulla, nemmeno il delitto, più con-trario alla poesia, alla filosofia, alla vitastessa di questo incessante trafficare...Se un uomo impiega mezza giornata acamminare nei boschi perché ciò glipiace, rischia di esser considerato unoscioperato; ma se egli occupa tutta lagiornata come speculatore, tagliandoquei boschi e spogliando la terra primadel tempo, sarà stimato cittadino indu-strioso e intraprendente. Come se aduna città non interessassero le sue fo-reste se non per abbatterle! Le cose cheora occupano maggiormente l’attenzio-ne degli uomini, come la politica e laroutine quotidiana, sono, è vero, fun-zioni vitali della società umana, ma do-vrebbero esser svolte inconsciamente,come le corrispondenti funzioni del cor-po fisico. Invece, la nostra vita è in granmisura un ricordare ciò di cui non

avremmo mai dovuto esser consapevo-li”.

Io penso che la parola essenzialità sipossa tradurre in mille modi, perchécontinua a corrispondere alla necessitàspirituale di ognuno di noi: quella diessere i veri protagonisti della nostraesistenza, senza lasciarci vivere dallecose, dagli affari, soprattutto dai biso-gni indotti dalla pubblicità.

Per me essenzialità vuol dire averetempo per leggere criticamente un li-bro, stare a contatto con la natura, col-tivare i propri talenti e condividerli congli amici e con gli altri, partecipare allavita sociale e politica, amare la propriamoglie o il proprio marito ascoltando,dedicando tempo, avendone cura contenerezza e dedizione, prendendosi cu-ra (insieme) dei propri figli.

Ma a questo bisogna essere educati,per potere fare scelte di vita significati-ve. Per dirla con Paulo Freire, abbiamobisogno di un’educazione critica, nondepositaria - bancaria. Cioè, di un’e-ducazione che ci renda consapevoli cheil nostro stile di vita è quello che sce-gliamo liberamente e consapevolmente.Tanti, oggi, diseducano affermando chesiamo in tutto e per tutto determinatidal sistema, dalla società nella qualeviviamo. E questa è l’educazione depo-sitaria - bancaria!

Eppure le cose non stanno così: noisiamo, si, condizionati ma non determi-nati dalla società. Conserviamo sempreuna quota di libertà che ci permette diessere critici, alternativi, profetici.

Noi siamo più forti del ‘sistema’,perchè il potere di decidere quale deb-ba essere il nostro stile di vita è nellenostre... coscienze, non negli apparati.Se, ad esempio, veniamo a sapere chela “coca cola” finanzia le guerre in cor-so e attenta al futuro di bambini, don-ne e risorse ambientali del sud planeta-rio, dovremmo chiederci se è proprionecessario comprarne, visto che non èper niente salutare e, soprattutto, cirende conniventi con una profonda in-giustizia.

Se, ancora, sappiamo che una ban-ca finanzia l’industria bellica, si potreb-be organizzare un boicottaggio sempli-ce ed efficace: pensiamo a dieci corren-tisti che chiudono il conto in quellabanca per trasferirlo presso gli sportel-li di una banca etica….

Tutto questo è possibile e doveroso.Probabilmente, quel passaggio in cuiconsiste la pasqua potrebbe essere pro-prio questo: transitare dalla culturadell’avere alla cultura dell’essere, che èsempre un sinonimo di essenzialità.

Consigli di lettura

H.D. Thoreau, Walden o vita nei boschi,Bur, Milano

P. Freire, Pedagogia dell ‘autonomia,EGA, Torino 2004

Educare all’essenzialità: una scelta possibile

Page 7: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

Aprile 2005Oggi Famiglia 7 EDUCAZIONE

di Domenico Ferraro

L’istruzione professionale, nella so-cietà attuale, assume una dimensioneche va coordinata alla politica economi-ca, finanziaria e culturale delle popola-zioni.

I rapporti produttivi, ormai, non so-no condizionati da limitazioni territo-riali e, dunque, gli operatori debbonoacquisire una formazione malleabile edutilizzabile in contesti diversi e diffe-renti.

Lo studio sull’istruzione professio-nale, perciò, riflette lo sviluppo e l’evo-luzione culturale della società.

Ogni popolo esprime le sue esigenzemateriali e la sua capacità produttivamediante la formazione dei suoi opera-tori.

Da ciò se ne deducono le sue esi-genze funzionali. Si ha, così, un pano-rama storico delle origini degli istitutipreposti alla formazione dei giovani nelcampo del lavoro e dei servizi sociali.

La prospettiva che se n’evidenzia èun riflesso del costume del popolo edelle sue esigenze economiche piùprofonde.

Queste caratterizzazioni definisconolo stile di vita e il costume di una popo-lazione.

Ieri, nella nostra società rurale, piùche di istruzione si poteva parlare diformazione al lavoro, espressa al segui-to dell’esperienza contadina o alla co-stante presenza imitativa nella bottegaartigianale.

Oggi, invece, nella società industria-le, tecnologica, mediale, robotica, laformazione professionale si coniugacon l’istruzione e con una dinamica ca-pacità culturale adattabile in contestimutabili.

Infatti, le professionalità assumonoprofili differenziati, specialistici, mini-mali.

Richiedono non solo una prepara-zione pratica, ma, anche, teorica.

L’efficienza operativa si coniuga conla predisposizione alla capacità di mo-dificare i propri gusti e le proprie ten-denze sia per mutare processi lavorati-vi e sia per una eventuale mobilità ter-ritoriale.

I processi produttivi si modificanocontinuamente, poiché mutano le ri-chieste del mercato e cambiano le esi-genze della gente.

La concorrenza è sempre più serra-ta e senza scrupoli. Il mercato è senzaconfini territoriali.

La produzione è maggiormente piùefficiente dove il mercato del lavoro ri-chiede un costo di mano d’opera e dipersonale specializzato più economicoe sottovalutati sono i diritti dei lavora-tori e lo sfruttamento delle professiona-

lità è sollecitato dal bisogno.L’istruzione professionale, dunque,

si trova a dover operare in una situa-zione strategica che oltrepassa le esi-genze particolari di un paese, di unanazione.

La mondializzazione, la globalizza-zione del lavoro, della produzione, delconsumo richiedono anche una globa-lizzazione delle professionalità, oveognuno possa inserirsi secondo le sueeffettive capacità, poiché, ormai, le ca-ratterizzazioni produttive si sonouniformate alle culture del mondo.

Ecco che scompaiono i mestieri esempre più prepotente si affaccia l’esi-genza di una professionalità, la cuisfaccettatura sia tale da potersi conti-nuamente trasformare ed adeguarsi al-la mobilità universale della produzione.

Allora, l’istruzione, la cultura do-vranno costituire la struttura su cui sidovrà impiantare ogni specie di profes-sionalità, soggetta continuamente amodifiche, ad aggiornamenti, a cam-biamenti.

L’importanza della scuola di base, diuna cultura generale sono richieste co-me fondamento indispensabile ad ogniforma di professionalità, che, anchequando è specialistica, minimale nellasua caratterizzazione, non può prescin-dere da una vastità culturale che l’ani-ma e le dà un profondo senso di pro-fessionalità e non assuma la funzionedi un tecnicismo operativo utile soloper un meccanismo pratico e non su-scettibile di mutamento.

Allora, le professionalità della so-cietà del postmoderno si caratterizzanoper la loro capacità di aggiornamento,per la loro pregnanza culturale e per illoro alto profilo istruttivo.

Naturalmente, per acquisire queste

moderne caratteristiche si richiede unaunificazione tra l’azione formativa e ilprocesso vero e proprio produttivo, cioèla coniugazione reale e viva tra la fab-brica e la scuola, tra la teoria e la pra-tica, tra il processo di apprendimentoculturale e le esperienze del lavoro ef-fettivo.

Per poter adeguare, poi, la propriaprofessionalità alle esigenze del territo-rio, bisogna conoscere i protocolli d’in-tesa sottoscritti dalle forze sociali, in-dustriali e regionali che si rinnovanopresso ogni Assessorato regionale pre-posto alla formazione.

L’istruzione professionale acquista,così, una concretezza funzionale poichéviene elaborata ed espressa in rapportoalle esigenze reali del territorio.

Riflette, anche, tutte le condizioniculturali delle Amministrazioni regio-nali, che concordano di conseguire pro-fili professionali rapportati alle richie-ste del mercato del lavoro e alle carat-terizzazioni di sviluppo economico, fi-nanziario, industriale, turistico, azien-dale delle capacità produttive dell’am-biente in cui operano gli istituti profes-sionali.

Si realizza un vero rapporto di con-cordanza tra le capacità individuali equelle sociali.

La regionalizzazione della formazio-ne professionale riflette non solo queiprincipi generali teorici emanati dallaComunità europea e dal Governo na-zionale, ma, anche, acquisisce le carat-teristiche culturali dell’ambiente socia-le ed economico in cui deve operare.

Inoltre, è necessario analizzare laraccolta delle leggi regionali riferite al-l’organizzazione della formazione pro-fessionale.

Ne consegue una visione complessaed unitaria delle molteplici specificitàregionali e, contemporaneamente, sipercepisce la varietà delle esigenze lo-cali, il cui sviluppo è legato ad una po-litica di rinnovamento professionale ealle realizzazioni di operatori capaci disaper interpretare le esigenze profondedella propria popolazione e di saper fa-re emergere la vocazione naturale delproprio ambiente.

La formazione professionaleLa globalizzazione della produzione, del consumo

richiede anche la globalizzazione delle professionalità,affinché esse si uniformino alle culture del mondo

Il «Teatro Musicale Giovane»“Città di Cosenza”

vivamente commossocomunica che per onorare la memoria

del Papa Giovanni Paolo IInel corso dell’anno ripresenterà la commedia

“La Bottega dell’Orefice”di Karol Wojtyla

già rappresentata al Quirino di Roma,a Castel Gandolfo e a Cosenza il 14 febbraio 1980

al Teatro Rendano,presentata e tenuta a battesimo

in “prima mondiale”dal drammaturgo Diego Fabbri.

Page 8: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

Aprile 2005Oggi Famiglia 8 EDUCAZIONE

di Giovanni Chilelli

Nella “psicopatologia della vita quo-tidiana”, pubblicata nel 1901, SigmundFreud analizza tutti quei disturbi chedeterminano dei lapsus, delle dimen-ticanze, delle sviste, delle sbadatagginied altri fenomeni di questo tipo, tutti ri-feribili ad “impulsi specifici complessi”aventi la loro sede proprio nell’incon-scio. Tale opera nasce, per testimo-nianza diretta di Freud, dal medesimocontesto autoanalitico, che aveva di giàsollecitato lo scienziato a studiare il va-lore semantico d’un fenomeno psichicofino a quella epoca misconosciuto dallascienza ufficiale: il sogno. “L’Interpreta-zione dei sogni”, infatti, è consideratala pietra miliare che segna la nascitadella Psicoanalisi. In tale opera, il pro-posito analitico dell’Autore, è orientatoverso una serie di manifestazioni psi-chiche della persona, durante la fasedel sonno, mentre la Psicopatologia co-stituisce l’altro versante della “Interpre-tazione dei sogni” giacche si propone dianalizzare quei disturbi, che sembranosfuggire al dominio della “consapevo-lezza” durante lo stato di veglia allostesso modo dei sogni con i quali sem-brano di avere un’origine sorprenden-temente comune. Tant’è che sia i sogni,sia i disturbi della memoria (lapsus, di-menticanze, eccetera) sono generatidall’attività instancabile d’una sorgentedi energia nascosta alla nostra coscien-za, ma racchiusa in quel mondo sotter-raneo, chiamato inconscio. E’ qui cheFreud ha voluto”scavare” con impegnoed interesse particolare, tenendo pre-senti i risultati della sua stessa autoa-nalisi al riguardo.

Lapsus linguaeUna delle implicazioni più corrente

del lapsus, si ha quando il pensiero siimpadronisce di una parola non giustaperchè ingannato dalla rassomiglianzadi questa con la parola giusta. Oppure,può capitare che 1’ idea espressa nellapsus sia proprio quella inconscia, chesi voleva rimuovere. In tal caso, il la-psus ha un supporto riconducibile adun discorso inconscio, latente, che vie-ne a mescolarsi col discorso manifesto,pronto ad esplodere, spesso in momen-ti meno opportuni. Inoltre, è bene met-tere in evidenza che nel discorso, il flui-re delle parole, a volte, può sfuggire alcontrollo cosciente del loro significato,per cui si verifica un “cedimento di con-trollo”, che favorisce la pronunzia di undato termine, mosso esclusivamentedall’inconscio. In altri termini, si verifi-ca la congiunzione di due elementi, cheagiscono quasi sempre simultanea-mente: il favorisce il lapsus ed è origi-nato dalla funzione inibitrice dell’atten-zione; il secondo, invece, approfittandodel cedimento dell’attenzione inibitrice,

fa irruzione contro il placet della co-scienza.

Dimenticanza dei nomi propriI1 lapsus ci fa assistere alla pro-

nuncia di una “parola” sfuggita al con-trollo della coscienza, la dimenticanzadei nomi propri ci fa vedere la contro-partita di questo meccanismo, poichéin tal caso, è la parola che noi cerchia-mo di controllare che ci sfugge,trascinata dalla momentanea perditadella memoria.

Generalmente, il nome dimenticatoè associato ad un argomento che ci puòtoccare da vicino, e tale da provocare innoi emozioni intense, spesso penose,per cui si dimentica un nome non per-ché questo susciti, di per sé i motivi chesi oppongono alla sua riproduzione,bensì perchè, per assonanza oppureper omofonia, presenta somiglianzacon un altro nome, che, in quel mo-mento si affaccia prepotentemente nel-la nostra mente lasciando in penombraquello interessato. Inoltre, la dimenti-canza di un nome proprio può ancheverificarsi quando il discorso “primario”viene, improvvisamente, in conflittocon un impulso concettuale seconda-rio, il quale ha la forza di deviare la pre-cedente concentrazione oppure, quantomeno, di appannarne la lucidità origi-naria. Altre volte può accadere che ilmotivo della dimenticanza possa avereun significato più sottile consistendo,cioè, in un rancore “sublimato” nei con-fronti d’una data persona, conosciutadirettamente, studiata oppure per aver-ne sen-tito parlare. Né è da escludersiche alcuni disturbi fisici, come stan-

chezza, mal di testa, calo dell’umorepossono determinare delle amnesie piùo meno marcate. In tal caso, però, sitratta di un impulso inconscio non ri-conducibile esclusivamente ai disturbisopra accennati, giacché lo stesso im-pulso può causare delle dimenticanzeanche in soggetti in perfette condizionidi salute. In estrema sintesi, la dimen-ticanza di un nome, secondo Freud, sipuò spiegare ricordando l’argomentoimmediatamente precedente a quellaconversazione presa in esame, perchè ildisturbo si manifesta proprio come una“perturbazione del nuovo argomento adopera del precedente”, anche se conuna serie di meccanismi diversi di vol-ta in volta.

Ricordi d’infanzia e di coperturaLe leggi sulla conservazione dei ri-

cordi della prima infanzia, si rivelanosorprendenti per due ordini di ragioni:la prima è che, senza alcun dubbio, ta-li ricordi non solo vengono conservatinella memoria per tutto il corso dellavita, ma sembrano impressi con unanitidezza particolarmente minuziosa eprecisa; la seconda ragione è che, tut-tavia, a fronte della conservazione dicerti ricordi relativi a fatti di insignifi-cante rilievo, alcuni avvenimenti im-portanti o eccezionali, spesso, non la-sciano alcuna traccia. In tal caso, sitratta di un segno di “spostamento”dell’intensità psichica, riferita all’im-portanza stessa del o dei ricordi lonta-ni. Tali motivi di “spostamento” sono ri-levabili con una certa facilità, e si sco-pre che non si tratta di semplici errorida parte d’una memoria infedele, ma dimotivi molto più profondi. Nel corsodella vita d’un individuo, forze potentiriescono a modellare la facoltà di evo-care alcuni ricordi passati non consi-stenti in fatti realmente accaduti, ben-sì d’una loro successiva elaborazione,provocata da quelle forze che hannoesplicato la loro azione modificatrice inetà più avanzata. E così i ricordi infan-tili acquistano sempre più il significatodi “ricordi di copertura, in analogia coni ricordi dei popoli antichi, come ci ven-gono tramandati da miti e leggende,Trattasi delle fantasie, posteriori ai fat-ti accaduti nel periodo adolescenziale,che vengono proiettate nel passato sot-to forma di ricordi. Negli adulti, i ricor-di riguardano meccanismi psichici di-versi. Alcuni conservano immagini visi-ve, altri ricordano a fatica i contorniprecisi di un avvenimento vissuto. Unpo’ come quel famoso discepolo prontoad affermare “Se ascolto, dimentico, sevedo, ricordo, se faccio, imparo”. Co-munque, argomenti di questo tipo nonsi esauriscono con poche delucidazioni,ma richiedono studi e riflessioniprofondi perchè ci troviamo di fronte aun mondo “sotterraneo”, che si agitacontinuamente al di sotto della nostracoscienza.

LAPSUS LINGUAE, DIMENTICANZE DI NOMI, RICORDI VARISotto la lente attenta di Sigmund Freud

Sigmund Freud

Page 9: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

EDUCAZIONE Aprile 2005Oggi Famiglia 9

di Vincenzo Napolillo

Tra mente e corpo c’è un terzo in-comodo: i media, che possono cambia-re, se vengono bene usati o non se nefa abuso, la nostra vita quotidiana eanche il volto stesso della nostra ci-viltà. Se invece vengono distorti nel lo-ro uso, creano danni mentali e fisicidifficilmente riparabili. Il mezzo tecni-co che non viene messo al servizio del-l’uomo diventa non solo controprodu-cente, ma esattamente il suo contra-rio.

Una raccolta di saggi brevi di Silva-na Palazzo, pubblicati col titolo “Men-te, media, cervello (anticorpi critici)”,inducono a meditare su problematicheattuali. L’opera, di notevole valore let-terario e pedagogico, è stata premiatadalla giuria del Premio Letterario Na-zionale: “Donna e scrittura. L’ineditonel cassetto”, XI Edizione del 2004.Due argomenti, fra i tanti affrontaticon bravura, si possono leggere conimmediato profitto. Il primo, sugli “an-ticorpi critici”, non si rivolge a personedistratte e svagate, sempre meno sti-molate a esercitare l’intelligenza, ma agente che agisce nella consapevolezzache la comunicazione, di cui la lapida-ria definizione è stata data da RobertJacobson, è un problema primario del-l’uomo.

Nell’antichità l’informazione eraprivilegio di ristretti gruppi di potere(oggi si direbbe di lobbies), mentre nel-l’epoca in cui viviamo le informazionisi sovrappongono con ritmi talmenteincalzanti che ognuna di esse annullaquella precedente. In poche parole, ilmondo s’è fatto più piccolo, s’è ridottoal “villaggio globale”, ma l’uomo attua-le rischia di vivere in solitudine e diprodurre comportamenti nevrotici einnaturali. Nell’epoca della “techné”,l’aspetto più complesso è, secondo laprof. Palazzo, “creare quegli anticorpinecessari a ravvisare ogni falso dialo-gismo e a sviluppare le capacità criti-che con le quali controbattere l’imposi-zione visiva e persuasiva degli stru-menti di comunicazione”.

Sono a tutti noti gli studi di Alexan-der, Freud, Jung, Maslow, May, Ro-gers, White sulla creatività, di cui fatesoro Silvana Palazzo, esperta anchedi criminologia e di neuroscienze, persostenere che il processo creativo, cosìimportante, non è un privilegio di po-chi eletti, bensì la capacità di tutti, chenon sempre si manifesta, perché nonviene stimolata da particolari tecnichee metodi educativi.

Nella vita di relazione spesso spun-ta una gara, che si chiama “invidia”.Una volta si definiva ostilità: infatti,sulla cabina dei camion si leggeva: “In-vidia crepa”. Palazzo distingue l’invidiabuona da quella cattiva. Ad ogni mo-do, per lei si tratta d’una forma indi-retta di amore, d’un sentimento uma-

no “a cui, come l’amore, l’uomo nonpuò sottrarsi”. Dunque, è un desideriod’amore, che va orientato nella giustadirezione, mettendo cioè l’invidia sulpiano del confronto o, per meglio dire,dell’emulazione. Senza provare ram-marico per la felicità, il benessere e lafortuna degli altri. Scrive Palazzo: “As-solviamo quindi questo sentimentoche tra l’altro è figlio degenere dellanostra società, dove gli stimoli a invi-diare sono tanti, dove su di esso sipunta per l’acquisto dell’ultimo model-lo di automobile o altro, dove è prati-camente impossibile non soccombere.Ma quali sono i limiti identificabili trainvidia ed emulazione? Difficile stabi-lirlo, né necessario, l’importante èprenderne coscienza e tentare di subli-marla inventando strategie di fondovolte a superarla”.

Il libro di Silvana Palazzo ha unacarica di intricata complessità e dichiarezza concettuale. È stato conce-pito per stimolare piacevolmente il di-battito, per uscire dai luoghi comuni eoffrire un aiuto a progettare il futuro.Soprattutto è un dono, che merita ap-prezzamento.

Tra mente e corpo c’è un terzo incomodo: i media

L’uomonella poesiadi Luigi Scarpelli

di Domenico Ferraro

La tematica della poesia di LuigiScarpelli è intrisa di un profondo sen-so dei problemi della vita.

A tratti serpeggia nei suoi versi unsottile sentimento di amarezza, chenon si trasforma in sconsolata sfidu-cia, in accorato rifiuto esistenziale per-ché è saldamente ancorato ad una fi-losofia che si salda in Dio.

Nelle sua poesia, i dolori, le delu-sioni, le preoccupazioni, la paura, lapovertà, la natura e tutto ciò che ruo-ta intorno all’uomo costituiscono l’ha-bitat ideale e acquistano un significatosolo se si agganciano alla speranza, al-la fiducia, che sono emblematizzatenell’ordine naturale della religiosità.

Un’esperienza sofferta, vissuta in-tensamente, costituisce il phatos dellasua poetica.

La sua fantasia, le sue immagini ri-specchiano sempre una riflessione tor-mentata, sgorgata da un’intenso pen-siero, da una dimensione umana e dalsuo mondo intellettuale.

La sua cultura si nutre di una clas-sicità umanistica e nell’espansione deisuoi pensieri si riflette la problemati-cità della società d’oggi.

La sua poesia è ricca di un sub-strato culturale, che si evince dalle fi-nezze psicologiche, che descrivono i

sentimenti umani.Le sue espressioni non sono mai

erranti e vuote immagini, fatte di paro-le senza significato, ma animate dauna musicalità stimolante un intensosentimento.

La sua poeticità si concretizza sem-pre intorno ad una riflessione o ad unfatto realmente vissuto ed assume laplasticità espressiva della comunica-zione interpersonale.

La poesia di Luigi Scarpelli è riccadi contenuti che ti fanno riflettere, tipongono dei problemi, ti suscitanosentimenti, ti svelano verità.

Dio è presente nei suoi pensieri,nella sua intimità, nella sua sofferen-za, nella tristezza dei pensieri umani enella bellezza della natura, spesso de-turpata dall’imprevidenza e dalla mal-vagità dell’uomo.

Il suo linguaggio poetico è sempli-ce, come semplici e spontanei sono gliavvenimenti che scuotono e infervora-no la sua fantasia.

Luigi Scarpelli, nel trasporto dell’i-spirazione poetica, riesce ad esserespontaneo e introspettivo, fantasioso econcreto, affabile e comprensivo nelcapire gli altri e nell’immedesimarsinelle problematiche esistenziali dellavita.

Nella sua poesia, complessa ed ar-ticolata, vive e si riflette l’uomo, tuttol’uomo con i suoi ardori e le sue pas-sioni, con le sue idealità e le sue mise-rie.

Luigi Scarpelli, Finché luce risplen-de, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza

Page 10: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

SOCIETÀ Aprile 2005Oggi Famiglia 10

di Oreste Parise

L’introduzione di un sistema eletto-rale incompleto ed insufficiente in unedificio istituzionale concepito con unsistema delicato di equilibri tra i varipoteri, ha prodotto un ampliamentodella frattura tra la cosiddetta societàcivile e la classe politica. Il sistema elet-torale pseudo-maggioritario doveva av-vicinare elettori ed eletti, creare unostretto legame tra il rappresentante edil rappresentato, ma ha al contrarioampliato la distanza, scavato un abissotra di loro, come risulta sempre più evi-dente. Si determina così un inarresta-bile allontanamento dalla politica distrati sempre maggiore della gente, chesi rifugiano nell’astensione dal voto, nelvolontariato, e qualsiasi altra forma diimpegno sociale che sia più lontanopossibile dalla politica.

A questo bisogna aggiungere le tra-versate trans-oceaniche di un numerocrescente di protagonisti politici chetrasvolano tra partiti e schieramenti,pronti ad occupare la plancia di co-mando più immediatamente disponibi-le. Sergio D’Antoni da Democrazia eu-ropea alla Margherita; Vittorio Sgarbiche inciucia con l’UDEUR, Cirino Pomi-cino alla Margherita, Franco Covello daForza Italia e Dorina Bianchi dall’UDCentrambi in viaggio verso la Margheri-ta: sono ormai molte le transumanze ele trasmigrazioni da un partito all’altro,ed altri se ne registrano numerosi comenon mai. In ogni dove ci cerca un ripo-sizionamento in vista del prossimoscontro elettorale del 2006: ciascunofiuta l’odore acre della sconfitta ed ilprofumo di una possibile vittoria ed invista di questo agognato obiettivo sischierano le truppe. In particolar modochi si è abituato ad occupare comodepoltrone nelle stanze del potere e le ve-de logore e traballanti, cerca una nuo-va casa. I traslochi sono frequenti, conarmi e bagaglio al seguito, e spesso cla-morosi ed inaspettati. Sembra la Napo-li “au temps jadis” il 5 maggio, tradizio-nalmente il giorno dei traslochi. Saràforse è vero che l’odore acre di una ca-sa in fiamme comincia a diventare in-sopportabile...?

La scelta di ciascuno e sacra ed in-violabile. Non può essere sottoposto acensura poiché la libertà politica, tota-le ed assoluta, costituisce il fondamen-to stesso della democrazia. Coerente-mente con il dettato dell’art. 67 dellaCostituzione ciascun eletto rispondeunicamente ai suoi elettori del compor-tamento tenuto per l’espletamento delsuo mandato: “Ogni membro del Parla-mento rappresenta la Nazione ed eser-cita le sue funzioni senza vincolo dimandato”. Il principio si applica a qual-siasi livello di rappresentanza politica.Se gli elettori continuano a premiare

l’eletto nel suo girovagare tra i partiti,questi interpreta e rappresenta un co-mune sentire di chi gli ha rinnovato lafiducia. E non è certo censurabile né ci-vilmente né penalmente. Sono gli elet-tori gli unici arbitri e giudici.

Eppure vi erano segnali incorrag-gianti, esperimenti arditi che sembravavolessero preoccuparsi di creare unipotesi di futuro. La Margherita da uncoraggioso tentativo di creare un amal-gama tra culture politiche tra loro di-verse, ma con una base comune ricer-cata nella tradizione laico e cattolico,democratica e tollerante rischia di tra-sformarsi in un melting pot politico, do-ve confluiscono scontenti e delusi, crisidi coscienza e di valori, tardivi penti-menti ed ambizioni inespresse. Qual-siasi pastore che sia in grado di con-durre con se il proprio ubbidiente greg-ge elettorale trova braccia spalancate etavole imbandite, senza filtro alcuno,senza verifica di coerenza. La logica è

matematica, costituita da una sempliceoperazione di somma, di valore aggiun-to elettorale. Si tratta di una matemati-ca elementare, che conosce solo i nu-meri naturali ed ha dimenticato la sco-perta dell’algebra e l’esistenza dei nu-meri negativi. È lecito chiedersi quantivoti si perdono per ogni aggiunta del-l’ultima ora, calpestando etica, moralee decenza politica? Quanti giovani fug-giranno? Quanti professionisti, impie-gati ed intellettuali si interrogherannosconfortati sulle alchimie elettorali cheimpediscono qualsiasi reale processo dirinnovamento?

Non è consentita alcuna penalizza-zione per il comportamento tenuto daipolitici a qualsiasi livello nella loro atti-vità, al di fuori delle ipotesi di reato,salvo la censura politica, la quarantenamorale che dovrebbe servire alla cate-chizzazione del convertito. Ma se ogniincoerenza viene subito premiata, siperde un sistema di valori, un riferi-mento morale, si legittima qualsiasicomportamento deviante.

È giusto aprire le porte a chiunquebussa, in particolare a figliol prodighi epentiti, a chiunque vuole venire a dareil proprio contributo, a dedicare il pro-prio tempo e le proprie capacità al ser-vizio della politica, a contribuire all’ela-borazione di idee e programmi. Non al-trettanto legittima appare la pretesa diservirsi della politica e dei partiti perporre all’incasso immediato delle cam-biali che nessuno ha mai firmato.Chiunque occorre oggi ad incassare undividendo su bond che non ha mai sot-toscritto, non offre alcuna prova diadesione sincera e affidabilità: prontoad un altro trasloco il prossimo 5 mag-gio partenopeo.

Il sistema maggioritario strumento del legametra elettori ed eletti?

SEMINARIO DI AGGIORNAMENTOper Dirigenti scolastici, Docenti, Educatori, Genitori

Progetto Pluriennale: “Formarsi per Prevenire”“LA GENITORIALITA’ NEL PROGETTO FAMIGLIA”

Sabato 11 giugno 2005 “Casa Nazareth di Villa Rosa”

Passo Acquavona (Sila piccola) Decollatura (CZ)

Nell’ambito della promozione di iniziative a supporto della realizzazione del Pro-getto Pluriennale ”Formarsi per Prevenire”, l’A.Ge. di Catanzaro, a conclusio-ne del 1° livello di preparazione del Corso di formazione triennale per “Esper-ti in Educazione di Ambito Familiare”, programmato a Lamezia Terme nelperiodo marzo/giugno 2005, ha promosso questo seminario con lo scopo di af-frontare il tema dell’educazione e dell’informazione degli adulti sia per l’attua-lità dei suoi temi, sia per i bisogni emergenti nel sociale.

In particolare l’iniziativa intende contribuire a sostenere la competenza educa-tiva dei genitori quali adulti responsabili protagonisti della vita familiare, valo-rizzandone la “genitorialità sociale”.

“genitori preparati sono una risorsa viva e insostituibile nella società, per la qua-lità della formazione delle giovani generazioni”.

Page 11: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

CULTURA Aprile 2005Oggi Famiglia 11

di Michele Filipponio

La legge giuridica ha certamente lasua base più sicura nel diritto biblico.Esistono almeno cinque teorie che evi-denziano la derivazione delle leggi, nelcorso della storia, dalla legislazione bi-blica. Vi sono alcune teorie che giusta-mente vedono nel diritto biblico qualco-sa di positivo e di prescrittivo. Vi è, poi,l’interpretazione di tipo anglosassoneche coglie nel diritto biblico un aspettodescrittivo, quello che nasce dall’atti-vità di giurisprudenza. Per alcuni ese-geti e specialisti tedeschi del diritto an-tico, il diritto biblico e il diritto della Me-sopotamia sarebbero il risultato diesercizi condotti nelle scuole dagli scri-bi e, quindi, avrebbero un carattere ac-cademico.

Ma il diritto biblico come diritto posi-tivo e prescrittivo è simile al diritto ro-mano e ai diritti dei nostri codici che ri-salgono a Napoleone. Non ci deve sfug-gire che fu Napoleone a unificare il di-ritto dell’Europa moderna e a gettare lebasi dei nostri codici civili e penali. E’una tendenza prevalentemente france-se quella di considerare le leggi dellaBibbia e tutte le leggi successive comediritto prescrittivo. Tale teoria nascedall’onesta convinzione che la legge,una volta promulgata, dev’essere appli-cata come è enunciata. Ciò è piena-mente condiviso da chi vive in una so-cietà in cui i rapporti tra gli uomini so-no regolati dai codici. Ma in questi casiil problema nasce allorché si confronta-no i testi di legge con la pratica, chetante volte non collima con la teoria.

Nell’antichità vi sono studiosi i qua-li sostengono essere il re responsabiledella giustizia e dell’ordine pubblico.Ecco perché il re ha pieni poteri suisudditi. Certamente, prima che si in-ventasse la scrittura, esistevano le leg-gi orali, che volavano via col vento:“verba volant, scripta manent”. Tutta-via anche con l’invenzione della scrittu-ra sorgevano difficoltà: con la “propa-ganda reale” il re ordinava agli scribi discrivere su steli le leggi, ma, nelle cul-ture antiche, poche persone sapevanoleggere e scrivere, per cui le leggi eranoignorate dalla stragrande maggioranzadei cittadini.

Consideriamo ora il diritto consuetu-dinario, che è un riflessivo della prassio giurisprudenza. Esso consiste nel ri-ferirsi a casi simili per risolvere una si-tuazione. In questo senso le leggi sonocostituite dalle sentenze dei giudici. Peresempio, le decisioni di una Corte Su-prema hanno valore di legge. Ma ciò av-viene anche negli uffici o nelle scuole.Infatti, quando si tratta di prendere unprovvedimento o di produrre un atto enon ci si orienta immediatamente, sisegue la prassi, cioè si prende dall’ar-

chivio il provvedimento dello stesso tipogià adottato in anni precedenti e lo siadotta per un caso simile, sempre nelrispetto di articoli e normative varie.

Tra le diverse teorie, però, noi prefe-riamo quella elaborata da alcuni esege-ti inglesi: il diritto scritto e, perciò, l’ar-chivio. Ciò che è scritto ha unvalore permanente. Quello cheè scritto sopravvive a colui chel’ha scritto. Gli antichi giàpensavano che si poteva so-pravvivere alla morte grazie al-le opere scritte. Scrivere signi-fica dare valore a un’operagiuridica. I1 diritto è scrittoper durare nel tempo.

L’idea e la funzione di ar-chivio si comprendono bene seci riferiamo ai codici biblici. Ineffetti, all’interno del “Penta-teuco” (i primi cinque libri del-la Bibbia) vi sono diversi codi-ci, che talvolta si contraddico-no. Tali codici sono stati con-servati, l’uno accanto all’altro,senza che vi sia stato alcuntentativo di armonizzarli.Questo si spiega quando si ac-cetta 1’ idea di archivio. Certa-mente i giudici consulterannosempre e comunque detti co-dici per prendere, alla fine, leloro decisioni.

Fin qui ci siamo riferiti alleleggi giuridiche, ma vi è la leg-ge morale che è molto più va-sta e più incisiva della leggegiuridica. La legge morale siinscrive, poi, nella legge divinao, se vogliamo, discende daquest’ultima.

In conclusione, se il dirittobiblico è a fondamento di tuttele leggi, emerge dalla nostracoscienza di cattolici la totaleinsoddisfazione e la più acce-sa critica alla “Legge delle leg-gi”, alla Costituzione, ma pen-siamo alla recente Costituzio-ne europea, in cui non compa-re il minimo richiamo alla dot-trina cristiana. Sono sicuroche tale carattere “laico” del“documento europeo” in paro-la comporterà gravi conse-guenze. Nel suo libro, fresco distampa, “Memoria e identità”Giovanni Paolo II parla delle“gravi forme di violazione dellalegge di Dio”; e, più avanti,dello “sterminio legale degli

Il DIRITTO BIBLICOE LE LEGISLAZIONI OCCIDENTALI

La prescrittività della legge è condivisanelle società i cui rapporti sono regolati dai codici

esseri concepiti e non ancora nati” vo-luto, ciò che veramente ci sorprende,da “parlamenti eletti democraticamen-te”.

In effetti oggi assistiamo a fenomeniche, a dir poco, ci disgustano e ci inor-ridiscono: si cerca di legalizzare l’immo-ralità in linea anche con filosofie dei di-svalori, con “l’ideologia del male”, colcinismo più macroscopico.

Sarebbe bene ritornare in noi stessi,in una rivalutazione individuale e so-ciale tesa all’essere e non all’avere, alleidealità spirituali e religiose e non almaterialismo, che è semplicemente in-gannevole.

Stele di diorite nera su cui èscritto in nitidi caratteri del pe-riodo babilonese classico il codi-

ce di Hammurapi (1728-1686).

Page 12: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

SOCIETÀ Aprile 2005Oggi Famiglia 12

di Sante Casella

Premesso che non ci può essere de-mocrazia senza organizzazione, il parti-to democratico e classista dei primi de-cenni del secolo scorso ha avuto biso-gno di organizzazione più d’ogni altroraggruppamento, al fine di proiettareall’esterno la sua azione. In effetti, l’u-nica arma del proletariato è semprestata l’organizzazione attraverso cui iceti subalterni poterono lottare e mani-festare la propria volontà collettiva. Ma,per il Michels, l’organizzazione tendeva(e tende) all’oligarchia, cioè, alla nasci-ta e crescita del potere di pochi dirigen-ti sulla gran massa degli aderenti. Edallora come si può garantire la demo-crazia e l’autogoverno delle masse sen-za cadere nella spirale dei gruppi oli-garchici od aristocratici?

Per il Michels, la democrazia direttao plebiscitaria sarebbe l’ideale per l’au-togoverno del popolo, ma essa è impra-ticabile per motivi tecnico-funzionali(spazio, clima, convocazione, ecc.); am-menochè – accogliendo osservazioni esuggerimenti di un altro studioso tede-sco, il Preuss – non si ricorra ai mezzidell’informatica....

La democrazia diretta e plebiscita-ria, peraltro, non impedisce neanche laprevalenza di capi e tribuni che trasci-nano le masse sulle loro posizioni, equindi, nuovamente si cade nella for-mazione di gruppi oligarchici.

Infine, il raduno oceanico (assem-blearismo democratico) fa sparire l’in-dividualità e deresponsabilizza le mas-se (decisioni importanti e delicate pre-se a cuor leggero in assemblee annoia-te, distratte o influenzate, non sareb-bero mai adottate da ristrette commis-sioni di studio che vagliano i problemicon serietà, responsabilità e competen-za).

Ed ecco allora che il Michels pro-spetta che la democrazia indiretta erappresentativa è il modello efficiente,insostituibile e praticabile, disponendodi delegati, che operano in rappresen-tanza della massa, di cui realizzano idesideri. In effetti, si è andata, nel tem-po, consolidando l’accettazione, de juree de facto, di una leaderchip alla guidadel partito o dell’organismo di massa.Leaderchip che si è andata sempre ma-nifestando con l’iniziativa di un capoche fonda il partito e detiene una sortadi supremazia sulla base. Generalmen-te il dirigente all’origine era (ed è) solo ilservitore della base e quindi con unaposizione di partenza egualitaria di tut-ti i membri del partito. Ma, successiva-mente, con la crescita dell’organizzazio-ne, si è imposta l’attività permanente diuna leaderchip stabile, di politici diprofessione (fenomeno anche questoconsolidato nei moderni partiti demo-cratici e di massa).

La leaderchip così concepita si èsempre rafforzata divenendo competen-te, specializzata e preparata in apposi-te scuole di partito. Quindi, per il Mi-chels, “il gruppo dirigente stabile, pro-fessionalizzato, si renderà indispensa-bile, determinando l’accentramentonelle sue mani del potere del partito.Insomma i capi s’impongono alla mas-sa da cui hanno ricevuto e ricevonouna delega sempre più ampia e duratu-ra”

Il partito moderno di classe e di mi-litanti, organizzazione di lotta, capacedi mobilitare in modo permanente gliadepti, con disciplina militare, guidatoda capi potenti e decisi, in grado diprendere decisioni rapide, un partitosiffatto era grosso modo, per Michels, ilpartito socialdemocratico tedesco deiprimi decenni del ‘900.

L’esperienza e l’analisi empiricaconfermeranno che l’esigenza della lot-ta e della mobilitazione “ è necessariaper il successo della classe lavoratrice.”L’esigenza di un tale partito fa dire aMichels nientemeno che “la democrazianelle forme originarie farebbe perderetempo e occasioni al partito rivoluzio-nario, mentre un temporaneo dispoti-smo è necessario; la sottomissione del-le masse alla volontà di pochi è unadelle più alte virtù democratiche...(Sic.)Ed ancora: “l’autentica democrazia èpossibile solo alla fine della lotta”.

Il rebus dei radicali e la crisidel sistema maggioritario

IL TORMENTONE DELLA RICHIE-STA D’OSPITALITA’dei Radicali di Pan-nella, Bonino e Capezzone ad entrambigli schieramenti di destra e di sinistra,pone al centro della nostra riflessionela QUESTIONE RADICALE e, nellostesso tempo, la presa d’atto di un du-plice fallimento: 1- la via del terzo polo,sperimentata da Segni, Martinazzoli edagli stessi radicali, non è praticabile;2- la via del bipolarismo o bipartitismoall’anglosassone si sta dimostrando inItalia non praticabile; perché si trattadi due ammucchiate eterogenee, conun crescente numero di partiti, partiti-ni e movimenti, sempre in lite tra di lo-ro, e tenuti insieme da un collant mol-to scadente.

Non per caso sono caduti, dopo il1994 il Governo Berlusconi e, dopo il1996, i Governi Prodi e D’Alema. Nonper caso stiamo assistendo all’iniziodella fine del berlusconismo, favoritoperaltro da continui litigi e “distinguo”(e gelosie?) dei soci fondatori della CdLcome Bossi, Casini, Follini, Fini, Tra-bucchi, ecc.

Ma torniamo ai Radicali. Sono statii più convinti promotori del sistemaelettorale “maggioritario” (o di qua o dilà) ma, incoerentemente, in tutte letornate elettorali successive al 1993, si

sono presentati sempre da soli. In ef-fetti i radicali, pur con idee libertariecondivisibili, ci hanno abituato a sorti-te ed a virate di 360 gradi nell’arenapolitica ed elettorale. Purtuttavia, anzi-ché fare una scelta di campo (comechiedono da sinistra e da destra) insi-stono nel chiedere ospitalità ai due po-li contrapposti. Non si rendono contoche, con tale atteggiamento, alimenta-no negli elettori confusione e sconcer-to. Non bastava la fine delle ideologie;non bastava il “turismo” politico di uncrescente numero di parlamentari na-zionali, regionali e di esponenti politicilocali, eletti in un polo che trasmigra-no, a cuor leggero, verso il polo avver-sario, tradendo così gli elettori che lihanno votati e dimostrando, allo stes-so tempo, sfrenate ambizioni persona-li, e mancanza d’ogni principio o valo-re ideale e morale!

I Radicali, dunque, con l’equivocaposizione assunta in vista delle prossi-me elezioni (regionali e nazionali) con-tribuiscono, al pari dei mestieranti del-la politica e del potere, che imperversa-no nei due poli, a far crescere il disgu-sto e la disaffezione degli elettori.

Il tasso di partecipazione alla vitadei partiti e dei sindacati e lo stessoastensionismo elettorale molto bassodimostrano, peraltro, eloquentemente,come il sistema elettorale attuale nonaiuti affatto la crescita democratica e lapartecipazione dei cittadini alla vita po-litica.

Pertanto i Radicali - a nostro avviso- se non riescono a fare la scelta dicampo (o di qua o di là, come hannosempre predicato in passato) almenoabbiano il coraggio politico di chiedereil superamento dell’attuale falso mag-gioritario o falso bipolarismo all’italiana(vale ricordare che partiti, partitini emovimenti attuali sono più di 50, men-tre nella “famigerata prima Repubblicae nell’altrettanto “famigerato” sistemaelettorale proporzionale i partiti era15/16).

I Radicali italiani dovrebbero, quin-di, dire a chiare lettere, che gli attualieterogenei e litigiosi schieramenti (am-mucchiate di culture e ideali contra-stanti, costretti a stare in condominiingovernabili) farebbero bene a lavora-re e lottare tutti per l’obiettivo di un ve-ro bipartitismo.

Da un lato un partito progressista-sinistrorso-riformista-democratico-li-bertario-occidentale – purgato dellefrange estremiste, massimaliste, conte-statarie, violente, marxiste-leniniste,superate storicamente dopo la cadutadel muro di Berlino nel 1989; e dallaparte contrapposta un partito conser-vatore-destrorso-moderno-democrati-co, liberato da estremisti, squadristi,violenti, xenofobi e nostalgici del nazi-fascismo, sconfitto storicamente nel1945.

Origine della leadership politica e sindacaleLa democrazia indiretta e rappresentativa è il modello efficiente, insostituibile, praticabile

Page 13: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

POLITICA Aprile 2005Oggi Famiglia 13

di G.B. Giudiceandrea

Si sa che al tuono segua fatalmen-te il fulmine e ai tanti tuoni che han-no accompagnato i risultati elettoralidella Casa delle libertà in questi ulti-mi anni (amministrative, europee,suppletive, ecc.) è seguita la folgoredelle recenti regionali: perdere 5 regio-ni (6 con la Basilicata che voterà abreve) su 8, è una sconfitta che non sipuò dissimulare con nessun artifiziosofistico. Anche perché in tutto il ter-ritorio nazionale l’andamento è univo-co: crescita del Centrosinistra, che inpercentuale guadagna dappertutto,mentre in voti talora guadagna (in Pie-monte 107.711 voti, in Lombardia314.400 voti, in Campania 167.944voti, in Calabria 126.152 voti, ecc.) etalora perde (in Liguria 2.058 voti, inEmilia 44.148 voti, in Toscana338.290 voti e in Umbria 3.859 voti);la Casa delle Libertà, invece, cala inpercentuale e in voti in tutte le regio-ni, anche in Lombardia e Veneto, leuniche due regioni in cui ha conser-vato la maggioranza e la Presidenza.Nelle 13 regioni che hanno votato il 3e 4 aprile, il Centrosinistra confermala sua forza di oltre 12 milioni di voti(con un incremento di 500 mila voti),mentre la Casa delle Libertà perde ol-tre 3 milioni e mezzo di voti.

Verrebbe da chiedere dove siano fi-niti gli altri 3 milioni che la Casa delleLibertà ha perso, ma il Centrosinistranon ha guadagnato, se non sovvenis-se che i voti validi sono scesi da qua-si 28 milioni a quasi 24 milioni e mez-zo, con una diminuzione di oltre 3 mi-lioni e mezzo, mentre il numero di af-fluiti alle urne è rimasto pressochéimmutato: il 71,4% contro il 73% pre-cedente. Si è registrato in queste ele-zioni, quindi, un astensionismo ag-giuntivo di oltre 3 milioni e mezzo dielettori che si sono recati ai seggi, so-no entrati in cabina, ma hanno depo-sto la loro scheda bianca o la hannoannullata; questa specificità si cogliein tutte le regioni e si deve pensareche si tratti di quegli elettori “delusi”che non se la sono sentitata di ridareil proprio consenso al centrodestra,come avevano fatto nel passato. Basti-no pochi esempi: in Lombardia leschede nulle e bianche hanno supera-to il milione e la Casa delle Libertà ècalata di oltre 1.100.000 voti; in Vene-to le schede nulle e bianche sono sta-te più di 400.000 e la Casa della Li-bertà ha perso 409.000 voti; in tutte leregioni in cui si è votato, i voti validisono calati di quasi 3 milioni e mezzo,poco meno di quanto ne ha perduti laCasa delle Libertà.

Rimane da spiegare (o almeno ten-

tare di farlo) i motivi che hanno potu-to indurre questa considerevole mas-sa di elettori delusi a rimanere inmezzo al guado annullando la schedaperché non se la sono sentita di rida-re il proprio consenso alla Casa dellaLibertà, ma non se la sono sentitanemmeno di votare per il centrosini-stra.

E’ legittimo supporre che ad ali-mentare la delusione abbiano contri-buito, oltre alla sproporzione tra le at-tese create e le cose realizzate, anchela nebulosità suglisbocchi che avrà la “li-beralizzazione” dell’e-conomia: non è casua-le che il Piemonte siastato strappato al cen-trodestra soprattuttoper il voto di Torino edella sua Provincia chesta vivendo il drammadella crisi FIAT e dellacassa integrazione cheminaccia migliaia dioperai ed impiegati; co-sì come ha contribuitola baraonda dei prezzidi chi ha approfittatoper rialzarli dopo ilpassaggio all’euro; edancora ha contribuitoil fatto che non venga-no certezze dalla rifor-ma costituzionale cheinveste le regioni ed inuovi equilibri tra i po-teri del Premier e il no-stro ordinamento tra-dizionalmente parla-mentare.

Mentre i motivi diincertezza non manca-no ed alimentano ladelusione, occorre ela-borare proposte rifor-miste che diano certez-za di rinnovamentonella stabilità. La cosapeggiore, diceva D’Ale-

ma qualche settimana addietro, è cor-rere il rischio di apparire conservatoried egoisti, insensibili ai tanti problemidelle classi lavoratrici italiane e di tut-to il mondo, specialmente quelle anco-ra lontane dal progresso tecnologico eculturale dell’Europa.

In vista delle politiche occorre,quindi, elaborare un programma chedia certezza di rinnovamento e di svi-luppo, in modo da dare agli elettoridelusi e indecisi il coraggio per usciredal guado.

Rendere irreversibile la vittoria del 3 e 4 apriledando certezze agli oltre 4 milioni di elettori

che hanno votato scheda bianca o nullaRiepilogo dei risultati delle regionali in voti e in percentuali

PARTITI REGIONALI REGIONALI DIFFERENZA2000 2005 2000/2005

Centrosinistra 12.219.750 12.727.926 +508.17643,7% 52,0% +8,3%

Centrodestra 14.727.911 10.856.157 -3.871.75452,7% 44,4% -8,3%

Altri 1.013.080 880.961 -132.1193,6% 3,6% 0,0%

TOTALE 27.960.741 24.465.044 -3.495.697

Agazio Loiero neo Presidente della Regione Calabriaeletto nell’ultima tornata elettorale

Page 14: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

POLITICA Aprile 2005Oggi Famiglia 14

di Oreste Parise

Alle 15 del lunedì 4, chiuse le urne,si diffondono gli exit-poll. La notiziacorre veloce attraverso l’aria, più velocedel vento. Agazio Loiero è il nuovo Go-vernatore della Calabria. Il risultato eralargamente atteso e non desta eccessi-va meraviglia, ma l’entità della vittorialascia lungamente increduli. Fino alleore ultime venivano diffusi sondaggipiù o meno ufficiali che il confronto sisarebbe risolto in un tête-à-tête al car-diopalma. La preoccupazione maggioreera il cosiddetto “voto disgiunto”, la re-mota possibilità di una vittoria di uncandidato e la maggioranza di segnoopposto: il massimo della iella per laRegione.

A tarda sera, a risultato acquisito esuperiore ad ogni pronostico ed attesa,non vi sono manifestazioni di giubiloper le strade, in segno di rispetto perPapa Wojtyla. Anche lui ha dato unamano al Cavaliere tirandolo verso ilbasso: gli ha oscurato i botti finali del-la sua campagna mediatica. Giovedì se-ra, tutte le trasmissioni radio-televisiveerano state sospese, per l’improvvisoaggravamento delle condizioni del Pon-tefice. Solo nel vespasiano si consuma-va il soliloquio magniloquente del bis-unto, sfidando l’enorme stima e rispet-to che circondava uno degli uomini piùamati del pianeta. Si è trattato di un at-to temerario, che solo la sua arroganzamanageriale potevano concepire.Quanto questo gesto di “Communica-tor” sia costato in termini di consenso,non è dato sapere. Certo non deve aver-gli giovato molto.

Grande è la soddisfazione che si leg-ge nei volti della gente, che si nota nel-le conversazioni per le strade. Per laprima volta, si tratta di un voto netto,di una scelta senza ripensamenti, chela stragrande maggioranza voleva esperava, ma che tutti temevano potes-se essere ostacolato da un potere chenon aveva esitato a mettere in campotutte le forze della sua capacità di per-suasione. Centinaia di milioni (di euro)promessi a destra e a manca per mira-bolanti progetti, concorsi regionali dicentinaia di posti dirigenziali, assun-zioni di forestali, girandola di ministri,sottoministri e faccendieri a prometteretutto e di tutto.

E poi la grande confusione di unacampagna elettorale assurda, surreale.Il Centro-Destra, la fantomatica “Casadella Libertà” (chissà da che cosa ci haliberato poi ... ) che si era trasformatain una coalizione di lotta e di governo.Mentre assestava critiche pesanti e al-lusioni indicibili al governo regionale, sipresentava come la vera ed unica alter-nativa, il nuovo che avanza, un pro-gramma rivoluzionario che promettevaesattamente quello che si era tenace-

mente rifiutato di fare gli ultimi diecidisperati anni di questa Regione. Il tut-to con la garanzia degli assessoriuscenti, che magnificavano il propriooperato, i brillanti risultati personali, lemirabilia realizzate, con tutti i consi-glieri uscenti che chiedevano una ri-conferma del mandato portato a termi-ne con grande onore, sporcato solo daun Presidente incompetente ed incapa-ce, a cui addebitare tutto il fallimentodell’immagine della Giunta. Insomma,il fallimento era frutto di un difetto dicomunicazione, sul copione di “Com-municator”, che si affanna a spiegareche il Governo ha realizzato tutto il suoprogramma, il Paese sta meglio, i gio-vani sono soddisfatti, i pensionati pos-sono andare in balera a divertirsi e viadicendo. Sono solo quei fetenti dei co-munisti che, mentre digeriscono i bam-bini, oscurano l’etere, occupano le tele-visioni, si appropriano dei giornali perconfondere i bravi elettori, per diffonde-re falsità ed infamità. La calunnia, sisa, è un venticello ... che non si sa co-me arginare.

Questo ribaltamento dei ruoli, conil candidato del Centro-Sinistra piutto-sto preoccupato di elevare il tono deldibattito, di occuparsi degli effetti sullaregine della politica nazionale, dellasciagurata riforma della devolution,delle scelte anti-meridionali del gover-no, che richiamava l’attenzione sullapreponderanza del peso della Lega sul-l’azione del Governo poteva sembrareun modo per allontanarsi dai problemiconcreti della gente, dalle difficoltà cre-scenti, della ripresa del mesto movi-mento migratorio verso il Nord. Vi eraun diffuso scetticismo sulla capacitàdella gente di capire il messaggio, di se-guire il candidato su un terreno diffici-le, di grandissima rilevanza, ma di dif-ficile digestione.

Bisogna riconoscere che AgazioLoiero ha avuto un fiuto da alano poli-tico, riuscendo a interpretare le pulsio-ni più profonde dell’elettorato, che nonsolo si è dimostrato molto più attento ecapace di distinguere i messaggi, discindere la propaganda dalle mistifica-zioni, dove si nascondeva la continuitàe dove poteva sperare in una propostainnovativa. Ed ha dato le risposte giu-ste. Il voto calabrese è stato segnato dalgelido vento di “tremontana” che ha col-pito il leader ed i suoi sodali leghisti,ma ha una valenza tutta locale, nontanto e non solo sull’operato della giun-ta uscente, ma sulla capacità di unaclasse politica di interpretare i bisognie disegnare soluzioni per i problemireali della gente..

Si è trattato di un risultato moltoimpegnativo, di una richiesta netta dicambiamento, in sintonia con il restodel Paese. Vi è stato un diffuso fenome-no di trasmigrazione di importanticomponenti della vecchia maggioranza.

Sarebbe però un grave errore attribuireil risultato ad una azione di vertice, di-menticandone l’entità e la chiarezza, ilcontributo dei giovani, degli scontenti,dei delusi e tradire le attese di un cam-biamento vero, profondo del modo difare politica. Il clientelismo ha ancoraun forte appeal sull’elettorato, come di-mostrato dalla hit parade delle prefe-renze, ma vi è un largo settore dell’elet-torato scevro da pregiudizi, pronto agiudicare sui fatti, a ribaltare il suogiudizio, impietosamente.

Si è trattato della fine di una espe-rienza politica, del risveglio da un so-gno che si era a mano a mano trasfor-mato in un incubo, di un consenso rac-colto in un involucro vuoto come ForzaItalia, che rischia di liquefarsi con lastessa velocità con la quale è sorta. Si ètrattato della disillusione del grandepopolo delle partite IVA, dei piccoli im-prenditori, che si erano sentiti chiama-ta alla missione di cambiare la società,ritenendo di poter governare il pubblicocon le stesse armi intellettuali di un’a-zienda, dimenticando etica e rigore mo-rale, calpestando regole e buon sensoin nome di un efficientismo che potes-se far crescere e sviluppare il Paese.

A questo fallimento bisogna con-trapporre un progetto che abbia allasua base la correttezza istituzionale, ilrispetto delle regole, la crescita colletti-va, rifiutando l’esasperazione indivi-dualistica e familistica della vita pub-blica.

Il candidato sconfitto era un tipi-co rappresentante dell’homo berlusco-niensis, un imprenditore pronto a go-vernare l’azienda Calabria, come lapropria azienda, dimenticando che losviluppo della regione non può essereottenuto con commesse pubbliche, macon progetti innovativi, con una forteazione politica. Particolarmente cocen-te la delusione per lo scarso consensodella sua città, e del tiepido entusiasmodei suoi collaboratori ed assessori: si èprontamente dimesso, ripensandoci ilgiorno dopo, tra la costernazione deisuoi che temono di rimanere improvvi-samente orfani. Un anonimo cantasto-rie ha raccolto le sue dichiarazione tra-sponendole in versi:

Populu e Catanzaru, populu ingratumindi jivi ca nun m’hai votatucu m’ha traditu mo’ restau fricatua seggia e suttu ‘u culu ci aiu levatu!A Riggiu mindi vaiu e Catanzaruli sordi mi li pigghiu cu ‘u panaru...L’avia fattu ppe dispettu a vuici aiu pensatu, mi tegnu tutti i duilu sindacu m’era na vita duciali scranni da regiona su na crucianun sacciu propriu c’aiu e scegghiraci pensu domana

ca mo’ mi n’daiu a ghira.

Quasi nelle stesse ore, un altro im-prenditore lascia il Consiglio Comunaledi Cosenza. Un mesto riconoscimentodel tramonto di una parentesi politica,un progetto abortito che voleva trasfor-mare, l’ente pubblico in azienda, la po-litica in management. Troverà il suonaturale epilogo nel prossimo confron-to nazionale.

Le elezioni regionali in Calabria

Page 15: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

POLITICA Aprile 2005Oggi Famiglia 15

di Egidio Sottile

Nella nostra società si va infiltrandoo si cerca di infiltrare con protervia unvelenoso e feroce odio politico nei ri-guardi dell’avversario, specie quandoun governo ha per capo, democratica-mente eletto, un personaggio aperto aivalori tradizionali di libertà, di religio-ne, di rispetto alla persona, delle leggi,degli elettori, di tutti gli elettori e quin-di rispettoso del voto espresso da loro.Si sta cercando, attraverso una certacultura subdola e illiberale che provie-ne da una certa sinistra che ha una ri-soluta ostilità che implica un atteggia-mento istintivo di condanna associataa rifiuto, ripugnanza, costante deside-rio di nuocere.

Si vorrebbe trasformare la nostrademocrazia liberale in “democrazia to-talitaria”, pronuba anche quella “sini-stracentro” che si definisce “cristiana”ma che non ha nulla a che vedere conil cristianesimo e con il Vangelo di Cri-sto che è pensiero di pace, di amore enon d’odio.

Certa sinistra inculca odio versol’avversario, perché va perdendo il po-tere, se non lo ha già perduto ed è perquesto motivo che è diventata promul-gatrice di odio e “intrinsecamente per-versa”, definizione che il Papa Pio XIpronunciò nella Enciclica “Divini Re-dentoris”, contro il comunismo ateoche, “rifiutando alla vita umana ognicarattere sacro e spiritualmente spoglial’uomo della sua libertà, toglie ogni di-gnità alla persona umana e ogni ritegnomorale contro l’assoluto degli stimoliciechi”. E uno stimolo cieco è quello diinculcare odio contro gli avversari.

È vecchio decrepito certo sinistri-smo.

In Italia bisogna difendere la demo-crazia attraverso il voto, spogliandola

da certa politica odiosa.Solo in America esiste la Democra-

zia, quando si vede che nella conduzio-ne della lotta civile e politica tra i duepartiti, il democratico e il repubblicano,il rappresentante perdente augura alvincitore il buon lavoro e si mette a di-sposizione, pur rimanendo e portandoavanti il suo pensiero politico di oppo-sizione.

Quando mai in Italia, da quando èsubentrato la democrazia, grazie alla“vecchia e nobile democrazia di De Ga-speri, che ha messo alle corde il social-comunismo , il perdente ha avuto buonpensiero politico di esprimere un nobi-le augurio di buon lavoro all’avversa-rio? Mai. Certa sinistra è antidemocra-tica e infida; quel che ha fatto moltoscalpore e che anche uomini di culturapoetica si siano accodati, durante l’ulti-

mo scorcio del tempo decembrino, acerte dichiarazioni odiose e sinistre neiriguardi del Presidente del ConsiglioBerlusconi. Il Vico scrive a propositodella cultura poetica che “il fine dellapoesia è quello di addomesticare la fe-rocia del volgo” e ancora “la poesiafondò l’umanità gentilesca” e quindi “ilpiù potente stimolo all’educazione civi-le”. Il poeta quindi non proclama odioma deve esserne lontano poiché la poe-sia è gloria, gaudio, amore ed è il piùpotente stimolo verso l’incivilimentocioè l’acquisizione di un livello il piùelevato sul piano dei rapporti umani,delle istituzioni e delle consuetudini so-ciali.

Si deve con responsabilità ricono-scere che la nobiltà paterna e il gestodel giovane Del Bosco hanno trionfatosull’odio e sulla ipocrisia.

È giustificabile l’odio politico contro gli avversari?

Alcide De Gasperi

Silvio BerlusconiRomano Prodi

Page 16: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

OPINIONI Aprile 2005Oggi Famiglia 16

di G.B. Giudiceandrea

Qualcosa si muove nella variegatagalassia dei pacifisti: il fronte del no al-la guerra sempre e in qualsiasi caso siincrina e lascia spazio alla concezionenon passiva di chi la aborre senza “se”e senza “ma”, per cedere il passo aduna strategia attiva di chi si impegnaper la costruzione della pace nella giu-stizia e nella democrazia. Nel breve las-so di alcuni giorni si sono succeduteprese di posizioni autorevoli come quel-la del Segretario dell’ONU, Kofi Annan,e in Italia quella di Piero Fassino, il lea-der della principale forza del centrosi-nistra, che aveva osteggiato duramentela teoria di Bush secondo la quale laguerra sarebbe giustificata per diffon-dere la democrazia. Gli slogan controla follia criminale di chi vuole “esporta-re la democrazia sulla punta della baio-nette” sono stati ormai ripudiati, dun-que, da voci autorevolissime, anche sec’è da aspettarsi nei prossimi giorni lacontroffensiva dei “puri e duri” della si-nistra massimalista, che sicuramentequegli slogan vorrà scandirli con voceancora più roboante, per compensarele autorevoli defezioni tra le voci delvecchio coro.

Ma ascoltiamo le ragioni nuoveche vengono (forse inaspettamente) af-fermate. Kofi Annan ha presentato undocumento contenente le sue proposteper la riforma dell’ONU e formula alcu-ne idee finora aborrite, come espres-sione di un “imperialismo guerrafon-daio”. Eppure il buon senso suggeri-va da tempo di tener conto di non po-chi casi da non tollerare, restandosenecon le mani in mano: ci riferiamo ai ve-ri e propri genocidi che bande crimina-li, autodefinentesi “ribelli” e “liberato-ri”, compiono quotidianamente contropopolazioni inermi in Africa, AmericaLatina e altrove, sottoponendole amassacri, stupri, incendi di villaggi edevastazioni feroci. Ognuno compren-de che perorare l’agnosticismo in nomedella pace, in questi casi, è colpevoletolleranza della violenza disumana.Era ora che il Segretario dell’ONU nel-le sue proposte di riforma di questo or-ganismo che cominciava ad apparireinutile per la convivenza dei popoli ecolpevole paravento di violenti massa-cri, includesse anche la definizione diun codice per regolare l’uso della forzae della guerra per garantire in ogni an-golo del pianeta il rispetto dei dirittiumani. Era anche ora che si ponessefine agli arzigogoli sofistici di chi parladi “Terrorismo di Stato” per impedireche si definisse e condannasse il terro-rismo che usa bombe per seminare di-struzione e morte tra civili, nelle scuo-

le, tra bambini. Annan pone tra le sueproposte di riforma la chiarezza perdefinire, finalmente, il terrorismo comecrimine contro l’umanità. Ed arriva,così, la proposta di istituire anche unaCommissione per la difesa della demo-crazia nel mondo, con la costituzionedi un fondo da spendere per la diffu-sione di essa. Fin qui le proposte diAnnan.

Fassino in una intervista concessaa “La Stampa” di Torino, afferma con-cetti del tutto nuovi rispetto alla tema-tica tradizionale del centrosinistra; egliper la prima volta riconosce che “biso-gna battersi perché nei Paesi Arabi cisia libertà a democrazia”. E per chiari-re meglio la novità della sua posizione illeader dei DS aggiunge che Bush haoperato un vero e proprio rovesciamen-to della vecchia politica americana che“in nome del realismo politico sostene-vano dittature militari e fasciste in Ame-rica Latina e altrove.” Fassino, insom-ma, ripudia la tesi del relativismo (cheaccettava come plausibile ogni ferocedittatura, ogni soggiogamento delledonne, ecc. perché espressione diun’altra cultura) e prende atto dellasvolta operata da Bush e la apprezzaapertamente, per non continuare a dirmale del Presidente americano anchequando opera in modo nuovo e positi-

vo. Fassino ha voluto rendere ancorapiù chiaro il suo giudizio affermandoche i tanti fermenti democratici cheemergono nel mondo arabo hanno ori-gine in un processo di secolarizzazionee laicismo del mondo arabo, ma anchee soprattutto nella “maggiore intransi-genza dell’Occidente verso chi nega i va-lori di libertà”, per cui bisogna staredalla parte di chi quei valori rivendica enon dalla parte degli oppressori. E’ cer-tamente una grossa novità che un lea-der della sinistra apprezzi così chiara-mente l’intransigenza e l’uso della forzacontro gli oppressori.

Umberto Ranieri, il deputato DSche è V.Presidente della CommissioneEsteri della Camera, noto per le sue po-sizioni riformiste e moderate, non hafatto mancare il suo apprezzamnentoper le posizioni di Fassino, dichiarandoche alla Casa Bianca non c’è il demonioe ribadendo che anche la guerra puòessere utile per aiutare i popoli a con-quistare libertà e democrazia, come av-venne negli Anni Quaranta in Italia,Germania ed Europa.

Forse è vero che si tratta dei primifermenti di una posizione nuova dellasinistra italiana: ma conviene sottoli-nearli e difenderli, affinché non sianotravolti dall’estremismo antiamericanodi una sinistra radicale.

Da Kofi Annan e Fassino arrivano posizioni nuove sull’ONU, sulla pace e sulla politica USA

LA GUERRA PUÒ RISULTARE UTILEPER AFFERMARE PACE E DEMOCRAZIA

Page 17: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

OPINIONI Aprile 2005Oggi Famiglia 17

di Francesco Gagliardi

Mentre i nostri occhi erano pienidi grosse e calde lacrime, i nostri cuo-ri infranti dal dolore per la morte diun coraggioso funzionario dei servizisegreti, che ho conosciuto di sfuggitatantissimi anni fa quando prestavaservizio negli uffici della questuraubicati allora nel palazzo dove io an-cora abito, gli schermi della televisio-ne nelle diverse ore della giornataproiettavano l’immagine di un uomopelato, con baffi e pizzetto, che parla-va a sproposito di tutto e di tutti, delrapimento e della liberazione dellagiornalista rapita a Baghdad un me-se fa e del sacrificio eroico di un gran-de uomo che col suo corpo le ha fattoscudo sacrificando se stesso per sal-varla.

Chi è quest’uomo che ogni ora delgiorno lo vediamo in tutte le televisio-ni pubbliche e private parlare di Giu-liana Sgrena, del suo rapimento, del-la sua liberazione, della morte dell’e-roe del SISMI Nicola Calipari?

Chi è quest’uomo che con un aereopagato dallo Stato Italiano si precipitaper primo a Baghdad per andare a ri-prendere la giornalista liberata?

Chi è quest’uomo che per primoscende le scalette dell’aereo atterratoa Fiumicino proveniente da Baghdadche ha riportato in patria la giornali-sta finalmente libera?

Chi è quest’uomo che viene inter-vistato per primo dai giornalisti le cuiaberranti affermazioni sono rimbal-zate sugli schermi televisivi di tutto ilmondo?

Chi è quest’uomo che il giorno deifunerali di Stato dell’eroe Nicola Cali-pari ha avuto l’ardire di intrufolarsitra gli uomini di Stato e di Governo,attraversare indisturbato la navatacentrale della Basilica di Santa MariaMaggiore in Roma, baciare la manodell’affranta signora Calipari e poi so-stare in piedi vicino alle cariche isti-tuzionali per tutta la durata del sacrorito?

E’ Nicola Calipari, l’eroe chesalvò di morte certa la giornalista dapoco liberata? No, il caro e compian-to Nicola, per salvare la Sgrena, èmorto da eroe nella Toyota che insie-me ad un altro funzionario del SISMIstavano andando verso l’aeroporto diBaghdad per imbarcare sull’aereo laGiuliana finalmente libera, sana esalva.

E’ Gianni Letta, il sottosegretarioalla Presidenza del Consiglio che colsuo silenzio, con la sua intelligenza,con la sua sagacia, col suo lavorosotterraneo e discreto, ha fatto di tut-to per riportare in Italia la GiulianaSgrena, giornalista del “Manifesto”che inviava da Baghdad i suoi artico-

li farneticanti invitando il GovernoItaliano ad abbandonare l’Irak? No,non è Gianni Letta.

E’ Pier Scolari, il compagno di vitadella giornalista rapita. Fino a pocotempo fa nessuno conosceva il suonome e il suo volto. Era nessuno. Oraè un divo della televisione, ha supe-rato finanche le sorelle Lecciso. Orasappiamo tutto di lui. Lo abbiamo vi-sto per la prima volta apparire in te-levisione dopo quelle immagini tra-smesse della Giuliana implorante epiangente, ridotta ad una larva uma-na dai suoi carcerieri, quegli stessiche oggi a distanza di pochissimigiorni vengono descritti pacifici, buo-ni, rispettosi, educati. - Mi hannotrattato bene! -. Ma come? Piangevidalla disperazione, eri completamen-te distrutta, chiedevi aiuto al governoitaliano, imploravi i tuoi amici a farequalcosa, invitavi il tuo compagno adagire: - Solo tu mi puoi salvare! -. In-fatti, dopo un mese esatto dal rapi-mento, Pier Scolari la riporta a casa,libera di continuare a farneticare, adire un sacco di panzane.

E Nicola Calipari chi era? Per Sco-lari e i suoi compagni un comprima-rio, un fedele servitore dello Stato, ca-duto in una imboscata architettata evoluta dal Governo Americano perchévolevano Giuliana Sgrena morta.Giuliana non doveva tornare viva aRoma e poi raccontare sul giornale gliorrori e gli obbrobri della guerra inIrak. Non si è trattato di un tragicoincidente, si è trattato invece di unvero agguato perché i soldati ameri-cani che hanno sparato più di quat-trocento colpi volevano uccidere lasua Giuliana che, secondo lui, cono-sce tantissimi segreti e che potrebbesvelare da un momento all’altro. Chetipi di segreti? Pier Scolari li conoscegià, altrimenti non avrebbe fatto si-mili affermazioni.

Pier Scolari, in questi giorni, è alcentro della scena, gli altri personag-gi che hanno contribuito alla libera-zione della sua compagna, sono deicomprimari. Non è stato pagato nes-sun riscatto. I rapitori sono delle bra-ve persone e non avrebbero mai ac-cettato dello sporco denaro dal guer-rafondaio governo italiano. La giorna-lista signora Sgrena è stata liberataindipendentemente dal pagamentodel riscatto o meno, è stata liberataperché il popolo italiano ha manife-stato contro la guerra, è sceso inpiazza in favore della giornalista rapi-ta, anche se in passato, come recital’ultimo filmato, ha fatto parte deiservizi di Saddam Hussein.

Soltanto Pier Scolari è depositario,a quanto pare, della verità. Lui satutto. E’ ritenuto informato su tutto equello che dice è infallibile. Le televi-sioni hanno riferito ogni dettaglio. Le

notizie che rimbalzano sugli schermitelevisivi le ha raccolte dalla viva vocedella sua compagna, quindi sono ve-re. Purtroppo, per lui, non c’è statonessun complotto. Nessuno volevauccidere la Giuliana, tantomeno l’e-roe Calipari. Se davvero avessero vo-luto ucciderla i soldati americani nonci avrebbero pensato due volte dopoaverla fatta scendere dalla macchinae identificata. L’avrebbero potuta uc-cidere insieme all’autista della Toyo-ta, anche lui ferito gravemente. Manon l’hanno fatto. Era buio, pioveva adirotto, non c’era nessuno.Chi avreb-be potuto testimoniare?

- C’era una montagna di proiettilisul sedile della macchina, io ne horaccolto una manciata -. Balle! Sul se-dile non c’erano proiettili. L’auto è sta-ta crivellata da una dozzina di colpi. Imagistrati italiani, quando la macchi-na arriverà in Italia, potranno consta-tare che la Giuliana la montagna diproiettili sul sedile dell’auto se li ha in-ventati. Perché ha detto questo?

- Non abbiamo trovato check point- continua a ripetere dal letto dell’o-spedale del Celio dove è ricoverata.L’agente del SISMI che guidava l’autola smentisce categoricamente: Ne ab-biamo incontrate tre. E allora perchécontinua a mentire?

Abbiamo appreso, tramite il“Manifesto”, che la signora Sgrenaha dato mandato allo studio legaleGamberini di Bologna perché si costi-tuirà parte lesa nel processo legale incorso e ha deciso di querelare il diret-tore del Tg.4 Emilio Fede per una pre-sunta aggressione verbale subita du-rante un’edizione serale del telegior-nale. Affari suoi.

Se vivessimo, però, davvero, in unpaese normale, i giornalisti della tele-visione e della carta stampata do-vrebbero smetterla di propinarci sem-pre le solite interviste e lasciare lesceneggiate di Giuliana e del suo Pieral godimento soltanto dei loro estima-tori che la pensano allo stesso modoe che appartengono alla stessa par-rocchia. Sono convinti che la libera-zione di Giuliana è frutto della loroadunata oceanica in piazza e allosventolio di centinaia di migliaia dibandiere arcobaleno? Lo sappiamoche non è vero, ma cosa possiamo fa-re? Nulla. Invece di stare zitti e rin-graziare il buon Dio e l’eroe NicolaCaliperi per aver compiuto il miraco-lo di far ritornare a casa la vispa gior-nalista rapita, il suo compagno conti-nua a farneticare e la sua compagnadal letto dell’ospedale minaccia finan-che querele. Se vogliono dire davveroqualcosa, parlino con gli inquirenti etacciano con gli altri.

Imitino la Signora Rosa Calipari,la quale prima, durante e dopo i so-lenni funerali del caro congiunto èstata sempre zitta, mai una parolafuori posto, sempre dignitosa, maiuna parola di lamento, ma si sono vi-sti i gesti generosi. Senza rancoreverso nessuno. Che dignità, che per-sona squisita, che Signora, che bellapersona!

Salvateci dal logorroico Pier Scolarie dalla vispa Giuliana!

Page 18: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

OPINIONI Aprile 2005Oggi Famiglia 18

di Liberata Massenzo

Venerdì 18 marzo la città si è sve-gliata trepidando. Era il primo giornodella fiera di San Giuseppe.

“Naturalmente, la mia classe nonentra e tutti insieme andiamo a farciun giro. Mamma mi ha dato dieci euro,spero di trovare il winnie per il cell aforma di ape, l’ho cercato tanto! Poiprendo la cinta con i brillantini e gli oc-chiali, spero che non si vedano che so-no dei tarocchi”.

“Stamattina mi sono alzato alle 6per occupare il posto e nonostante tut-to ho dovuto litigare con chi stava a de-stra e a sinistra. Via Bendicenti sembrasempre corta corta, quando devi aprireil banchetto, centimetro per centime-tro, ogni anno, te lo devi conquistare”.

“Mamma mia, che rovina stamatti-na!!!! Per entrare nella città ho impie-gato un’ora, i vigili, invece di facilitarelo scorrimento delle macchine, hannocreato ingorghi. In ufficio sono arrivatoin ritardo e mi è toccato recuperare. Inquesti giorni non si capisce niente, spe-ro che la fiera finisca il prima possibile.

Questi ambulanti vendono ogni anno lestesse cose a prezzi sempre maggiorati,poi con quest’euro!!! Di anno in annoaumentano gli extra comunitari e conloro l’immondizia. Gli spazzini impiega-no 10 giorni per ripulire”.

“Chi bellezza ca’ stannu ‘maccattu ipiatti! Ogn’annu dicu ca mì cumpru epue nente. Ma stannu me signu stipa-ta i sordi! A bancarella ca me piacia amia, s’è spostata ara Gil, e me vena an-cora chiù comodo cura machina”.

“Che seccatura oggi mio figlio non èandato a scuola! Con lui per casa nonriesco a concludere nulla; si sa, i ra-gazzi hanno il moto perpetuo e: nonpuoi lavare che fanno pedate, non puoispazzare che alzano polvere, insomma,non puoi far nulla”.

Questi sono alcuni dei commentisulla fiera di San Giuseppe raccolti perstrada. Alcune persone sono contente,altre meno; certo è che si tratta di unatradizione della nostra città che, se purcon qualche sacrificio da parte di tutti,è giusto mantenere.

Ricordo che da piccola (non moltianni fa) la fiera era per me sinonimo difesta: quelle grida degli ambulanti chesbattevano piatti indistruttibili sulle la-miere, erano inusuali e per questo pia-cevoli, il profumo del croccante caldo edelle noccioline, i cavallucci di cacioca-vallo fatti con tanta maestria che sem-brava un peccato mangiare, il gelato daZorro: ecco quello che rappresentavaper me la fiera.

Adesso molte cose sono cambiate, ilnumero degli extracomunitari è cre-sciuto a dismisura, tanto da dare aglialtri uno spazio marginale.

Da qualche anno si sta ripetendocon successo l’iniziativa di “Fierain…mensa”, che garantisce la sera unpasto caldo a tutte quelle persone chelavorano alla fiera e che non possonopermettersi di andare a mangiare al ri-storante o in rosticceria. Le parrocchiedella città e le associazioni si fanno ca-rico di organizzare la preparazione e di-stribuzione delle pietanze. Gli anni pre-cedenti si distribuiva quel che le bravecuoche avevano preparato a casa, que-st’anno, almeno per il primo, si è cer-cato di prepararlo sul posto, ciò per mi-gliorare la qualità delle pietanze.

Oggi, per me la fiera è sinonimo diconfusione, non è piacevole più tuffar-mi in quei fiumi di gente che una voltasi caricava di pacchi e pacchetti pienidi cianfrusaglie, mentre oggi si limitasolo ad osservare e al più esclama“com’è bello!!”, ma ci pensa bene primadi acquistare.

Spero che almeno per i ragazzi restiquel che rappresentava per me da pic-cola: un momento di festa, e che gli am-bulanti, che spendono tempo e faticaper allestirla, abbiano sempre il loroguadagno, cosicché possano trovareutile ripeterla l’anno successivo.

ATTILIO PERRI:un portabandieradi cultura

di Franco Michele Greco

L’intellettuale dipignanese AttilioPerri è morto il 15 dicembre 2004, a 66anni, lasciando un vuoto nella comu-nità letteraria cosentina i cui effetti giàsi notano vistosamente. Con l’uscita discena della sua carismatica figura, lacultura cosentina ha perduto una per-sonalità poliedrica: non solo critico let-terario e storico, ma anche poeta, sag-gista, redattore di riviste, consulenteeditoriale e organizzatore di premi lette-rari.

Quasi incredulo alla notizia dellasua scomparsa, incapace di accettarel’evento luttuoso così imprevisto, lafredda mattina del 15 dicembre mi so-no tornate in mente le parole del cele-bre “Soliloquio” che Benedetto Crocescrisse pochi giorni prima di morire:“La morte sopravverrà a metterci in ripo-so, a toglierci dalle mani il compito a cuiattendevamo; ma essa non può fare al-tro che così interromperci, come noi nonpossiamo fare altro che lasciarci inter-rompere, perché in ozio stupido essanon ci può trovare”.

Mai la morte avrebbe potuto coglie-re in “ozio stupido” uno studioso in-stancabile e fieramente battagliero, un

Dipignano (Cosenza)Dicembre 2003

Il Prof. Attilio Perri,terzo da sinistra nella foto,

relatore in un convegnoculturale.

Finalmente è finita la fiera…Commento critico alla fiera di San Giuseppe

Una città pulita

Sarebbe rara

Come una notte stellatasenza uno spicchio di luna.

Come enormi bocchea esalar aria del ner sospiro.

E la natura è schiavadella nostra avidità.

Ha bianche piumein una macchia nera.

Come se questo fosseun lieve pensiero.

FRANCESCO DE LORENZO

Page 19: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

LETTERATURA Aprile 2005Oggi Famiglia 19vero portabandiera di cultura come At-tilio Perri.

Personalmente, di Attilio ho sempreammirato, in primo luogo, la costanzaintrepida nell’assolvere in tutte le sue“avventure letterarie” un compito etico.Egli era sempre presente con incredibi-le tempestività nel dibattito culturalepiù impegnato, consapevole di quantoseria, artigianalmente, fosse ogni atti-vità di scrittura. La sua figura, infatti, èstata centrale per le sue iniziative infa-ticabili di critico letterario. In tutto ilsuo operare si manifestava la passioneperché la vita letteraria si confermassein alta credibilità nelle sue implicazionicome forza portante dell’intero esisteresociale.

Simpatico, profondo nei ragiona-menti, rispettoso delle altrui opinioni,vero maestro senza averne troppo l’a-ria, lavoratore fino ai limiti delle forze,esempio ed aiuto a chi si ponesse sullavia sempre difficile della letteratura edella storia.

Per alcuni anni ed in momenti diparticolare mutazione dei tempi ci tro-vammo in perfetta sintonia. E così, ver-so Attilio, ho contratto un debito di ri-conoscenza che non ho fatto in tempo arestituire per come desideravo, ma so-no sicuro che quel poco che ci siamoscambiati resterà vivo nel mio cuoreper sempre.

Il ricordo più prezioso? Certamenteuna sua telefonata a tarda sera: “Hoterminato di leggere il tuo libro sull’e-migrazione calabrese - mi diceva -. M’èpiaciuto, ci dobbiamo vedere per discu-tere su alcune iniziative culturali cheho in mente...”. Era, questa disponibi-lità massima verso chi stimava, lagrande dote naturale di una personasensibile e straordinaria Era un criticorigoroso pure sotto il profilo morale At-tilio Perri, ma nello stesso tempo sape-va essere generoso se si convinceva del-la bontà di un testo o di un autore spe-cie quando si trattava di tirare fuoridall’ombra qualche valida pagina inedi-ta o un talento a torto emarginato. Enon disdegnava le polemiche, Attilio;anche se non lo faceva in maniera ecla-tante, disprezzava coloro che sciupano

l’altrui denaro, i politici che investononella promozione della propria campa-gna elettorale e sono indifferenti e in-sensibili verso i ricercatori e gli studio-si che, con enorme sacrificio, dedicanoil loro tempo al recupero della memoriastorica collettiva. I suoi giudizi eranochiari sì, ma mai perentori; le sue pa-role potevano essere severe si, ma maiirrispettose. In realtà, Attilio aveva unostile tutto suo, con uno charme parti-colare conferitogli anche da un’olimpi-ca competenza di modi - a prima vistaincuteva perfino un certo timore reve-renziale per via della chioma bianca daantico filosofo greco. Attilio era purepersona di conversazioni e di colloquiaffabili, sorretto sempre da una memo-ria incredibile, quasi un archivio ster-minato. Ed era capace di scrivere inmodo sorprendente di molti argomentianche sociali (l’inquinamento, la vio-lenza comune, la criminalità, la volga-rità dilagante, la televisione, i tic dellasocietà letteraria, le mode).

Nell’editoriale che apriva il n. 2 delquindicinale di cultura “il fermento”, dicui era direttore editoriale e superviso-re, Attilio Perri scriveva: “In effetti si di-scute con preoccupazione per una fami-glia che ha perduto la sua centralità; peruna scuola fuori tempo; per una societàche va avanti a forza di inerzia, in conti-nuo travaglio; per una inflazione galop-pante; per una Chiesa che deve tenderesempre alla edificazione interiore.

La soluzione, a mio avviso, si pone intermini di passione civile, rigore moralee cultura… Se avremo il coraggio di per-correre la strada maestra del “dovere”,ci salveremo. La “forza del Dovere” si co-glie nel silenzio della coscienza; è l’im-perativo categorico che deve tradursi inprassi di vita a vantaggio della Patria,della famiglia e della società Ci costerà?E come ci costerà dopo anni di lungosonno, di inefficienza totale. Ma, alla fi-ne, ripigliando le nostre nude membra, agrado a grado, giorno dopo giorno, consacrificio, riacquisteremo le forze. E gua-riremo”.

Veniva invitato a convegni e lui rela-zionava con serietà e precisione.

Cultore sensibilissimo e passionale

dell’amicizia - ne potrebbe testimoniarelo scrittore Coriolano Martirano - AttilioPerri può essere evocato da molti pro-prio sotto questo profilo.

Il 15 dicembre 2004 il Prof. AttilioPerri è passato ad altra vita, ma eglicontinua e continuerà a parlarci e a es-sere presente, tra la comunità lettera-ria cosentina, con i suoi scritti, con tut-to ciò che è stato capace di creare e do-narci. E grande e incolmabile è il vuotoche e iniziative avviate e rimaste inter-rotte, che attendono di essere comple-tate e sviluppate, anche perché a miogiudizio, questo è il miglior modo permantenere viva la memoria e mostrar-gli gratitudine. Grazie Attilio, grazie deltuo insegnamento, che ti anni nel liceoscientifico di Cosenza, ma, soprattuttomaestro di vita. Ciao Attilio, per le tan-te altre vie di incontro che s’incrocianonel mistero di questa grande avventu-ra, che è la nostra esistenza. Grazie an-che a nome dei dipignanesi che haimolto amato. Chi ha letto anche solooccasionalmente alcuni scritti di AttilioPerri sa quanto forte e intenso sia il suorapporto con Dipignano e il borgo diTessano, in particolare, di cui fu canto-re appassionato nell’opera scritta insie-me a Saverio Brich “Un’antica Universi-tas: profilo storico di Tessano-Laurigna-no”, Edizioni Pubblisfera, 2003.

Attraverso la straordinaria erudizio-ne di cui era in possesso, alla curiositàinesauribile che lo animava, Attilio Per-ri entrava nell’intimità della storia loca-le, per andare a cogliere gli effetti sot-terranei che le svolte e le rotture segna-te dai grandi avvenimenti ufficiali de-terminarono sui destini collettivi. E intale scavo da “minatore” Attilio fu co-stantemente accompagnato da una vi-vida “lanterna”: l’amore appassionato,smisurato, viscerale per la sua Tessa-no.

“Si vivo qui -diceva Attilio dove cono-sco tutti da sempre. Tessano è la miapatria, una dimora antica. Certo, l’im-portanza del luogo è fondamentale, leradici, la mia terra, la curiosità del vico-lo, l’appartenenza alla vicenda umanavissuta in queste case tra misera esplendori, tra amore e morte. Ho sceltodi vivere qui perché la linfa la ritrovo so-lo nel mio amato borgo, dove respiro unparticolare sentimento del tempo”.

Grande studioso, Attilio, e per megrande e sincero amico. Era - per suastessa ammissione - sostanzialmenteuna persona intimamente melanconi-ca. Ma da lui, paradossalmente, si spri-gionava un grande ottimismo che con-tagiava chiunque lo avvicinasse. Eracome una fonte di energia continua dacui si era calamitati. Chi lo ha cono-sciuto non dimenticherà mai quellasua rara capacità di spezzare la bana-lità del quotidiano, di vincere l’ozio esaper sorridere.

Attilio è vivo nei nostri pensieri, neisuoi scritti che continueranno a parlar-ci, nella memoria di momenti vissutiinsieme. Ma non dire che non se piùsarà tra noi con la sua infaticabile vita-lità intellettuale, sarebbe una forma diretorica per lui sicuramente insoppor-tabile.

Page 20: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

BIBLIOTECA Aprile 2005Oggi Famiglia 20

REGALATE UN LIBRO AL CENTRO DI LETTURADEL CENTRO SOCIO-CULTURALE “V. BACHELET”

La pubblicazione è stata realizzatada un’équipe di ispettori scolastici chehanno analizzato un questionario dif-fuso in scuole medie, situate in tutto ilterritorio nazionale.

Lo studio, perciò, riflette la concre-tezza e la validità di una reale situa-zione. E’ stato condotto con la severitàobiettiva e con una metodologia di la-voro scientifico. La concezione dei va-ri item evidenzia ogni aspetto specificodella collocazione territoriale dellascuola, ne descrive la situazione eco-nomica della utenza scolastica, la ca-ratterizzazione culturale, il coinvolgi-mento delle famiglie nelle attivitàscolastiche, il ruolo che giocano le at-tività nella formazione dell’orienta-mento degli alunni. Ne risulta, in linegenerale, una carenza generalizzatadella problematica inerente alle fina-lità del lavoro, anche se la problemati-ca, da un atteggiamento teorico, vienerappresentata come una necessitàineludibile delle attività scolastiche.

L’inchiesta, anche se è stata realiz-zata in un momento diverso dalla si-tuazione attuale e in un tempo ormaidecorso, conserva tutta la sua attua-lità e la sua pressante necessità.

Può costituire una testimonianza euno sprone per modificare tutto ilcontesto scolastico e la politica che neriformi la normativa e inserisca la cul-tura dell’orientamento lungo tuttol’arco dell’iter della formazione.

Proprio nel periodo preadolescen-ziale se ne percepisce maggiormente ildesiderio e il bisogno improcrastinabi-le per evitare e prevenire il diffuso fe-nomeno dell’abbandono scolastico.

Allora, la cultura dell’orientamentonon è solo una necessità psicologicadegli alunni, ma è anche una oppor-tunità culturale, che rispecchia in mo-do coinvolgente i desiderata più radi-cali della utenza scolastica. Ne pro-spetta le aspettative e rende le attivitàadeguate alle necessità future della vi-ta e alla prospettiva reale di un inse-rimento possibile nel proprio contestosociale ed economico.

La scuola, così, diventa un labora-torio concreto di attività reali, non teo-riche ed astratte, ma riflesso delle ca-ratteristiche della società e di un ter-ritorio, le cui opportunità di sviluppomaturano e si preparano innanzi tut-to nell’ambito scolastico e nella forma-zione culturale dei giovani.

L’iter scolastico, allora, si trasfor-ma in un’affascinante esperienza, cheprepara il futuro di ogni alunno. Neesalta le aspettative, promuove le loro

attese culturali, li coinvolge in espe-rienze motivate. Sottrae la scuola allatentazione di un diffuso atteggiamen-to intellettualistico astratto e alla teo-rizzazione programmatica di attivitàfalsamente formative, ma solo demoti-vanti l’interesse degli alunni e, spesso,anche degli insegnanti.

L’opera, dunque, consegue da unlavoro maturato nell’esperienza con-creta della realtà scolastica. E’ realiz-zata da esperti, la cui professionalitàquotidiana si esprime nell’ambito vis-suto nella scuola e non nella formula-zione concettuale di teorie pedagogi-che formative, educative, cognitive emetodologiche, che non ritrovanospesso un riscontro nelle esperienzeconcrete degli alunni, ma, neanche,negli atteggiamenti professionali deidocenti.

Le analisi e le riflessioni formulatesui molteplici item non sfuggono allaonestà concettuale di una strategiapolitica, che preveda l’improcrastina-bile necessità di una trasformazionescolastica radicale. Essa è provocatadai mutamenti antropologici dei giova-ni, da una diversa ambientazione cul-turale, da esperienze esistenziali ma-turate nell’ambito di una intercultura-lità etnica e sociologica, da una me-dialità capillarmente diffusa e da unacaratterizzazione tecnologica. Il nuovocontesto culturale ha rivoluzionato lamentalità dei giovani, le aspettative, il

futuro professionale, l’economia, etutto quanto costituisce la strutturasociale, il costume della gente, il loromodo di pensare, di agire, di vivere leesperienze esistenziali. Da ciò derival’opportunità irrevocabile di un’esi-genza formativa essenziale dell’orien-tamento come presupposto irrinun-ciabile nell’iter educativo ed istruttivodei giovani. Essi vivono le loro espe-rienze culturali in un’ambientazioneintellettuale, che sia espressione econseguenza del costume antropologi-co e mediale che si respira e si vivenella comunità, nella prospettiva dellenuove e sofisticate professionalità enell’ambito di un lavoro, che ritrovasempre diverse e differenti formulazio-ni operative.

Ecco che, allora, formare la cultu-ra dell’orientamento, significa inserirela scuola e tutta la sua funzionalitàeducativa, formativa e istruttiva in uncontesto culturale vivo e palpitantenelle esperienze quotidiane di tutti edi esserne gli interpreti critici.

La scuola non può sottrarsi ai con-dizionamenti ambientali proprio per lasua natura e la sua consistenza fun-zionale, poichè deve interpretare edattuare tutte quelle finalità sociali eindividuali della comunità.

La scuola del passato viveva la so-cialità della cultura antropologicacontadina, ristretta e ambientata nelcontesto familiare. Le sue esperienzeesistenziali arricchivano i comporta-menti di tutti, condizionavano la suafunzionalità culturale e professionaledegli operatori scolatici e i contenutiprogrammatici. Oggi, in un clima dicultura mediale e tecnologica, la scuo-la deve vivere e interpretare la situa-zione di una socialità familiare, che vi-ve l’esperienza isolante di una culturache sempre più si chiude in un ri-stretto rapporto di relazioni e si allar-ga smisuratamente alle esperienzeculturali di una società, che si apre atutti i contesti etnici, religiosi, com-portamentali e consumistici di tutto ilmondo.

La scuola, allora, deve sapersi por-re alla guida di questo intricato e dif-ficoltoso itinerario esistenziale, sevuole veramente espletare la sua fun-zione, non solo istruttiva, ma, anche,orientativa e formativa nell’ambienta-zione culturale, che caratterizza la so-cietà del postmoderno.

Ci auguriamo che la strategia poli-tica non trascuri di riconoscere l’esi-genza inderogabile dell’orientamentocome presupposto professionale, ma,anche, come condizione culturale, for-mativa, educativa ed istruttiva dellapersonalità degli utenti della scuola diogni ordine e grado.

Studi e Documenti degli Annalidella P. I. , N° 62 L’orientamento nellescuole media, Le Monnier, Firenze

Cultura dell’orientamentoe scuola laboratorio

Page 21: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

BIBLIOTECA Aprile 2005Oggi Famiglia 21

Si ha l’impressione di immaginarel’autore che, inginocchiato in unamaestosa cattedrale, rivolga lo sguar-do verso l’infinito e rifletta sulle sueesperienze esistenziali.

Il silenzio profondo, la solitudine,l’ombra che avvolge ogni cosa lo invi-tano alla preghiera. La sua è una pre-ghiera che sgorga dall’animo e si tra-sforma nella confessione delle sueesperienze. Diventa monologo, si rac-chiude in se stessa. Il suo pensare ri-flette la propria condizione di uomosolo.

I fatti della sua vita affiorano comein uno specchio e si vedono nella re-frazione di una luce che ne evidenziaogni aspetto.

Le sue parole, che esprimono i suoisentimenti e quelli di tutti gli uomini,riflettono il linguaggio biblico e quelloevangelico.

Il suo è un parlare a tu per tu conDio. È un chiedere, è un domandarecon un atteggiamento, alcune volte disofferenza, altre volte con il piantodella gioia.

In questo soliloquio si prospetta lacondizione problematica dell’animoumano. Tutte le situazioni scorronocome tessere di un mosaico e tutte in-sieme formano la figurazione dell’e-sperienza umana.

La tragicità della vita, l’amarezzadelle delusioni, le aspirazioni, i con-trasti, le gioie, che conseguono alle fa-tiche di una conquista, costituisconole tematiche delle riflessioni di Li Bas-si.

La profondità del suo pensieroscandaglia i più riposti e intimi na-scondigli dell’animo umano.

In questo sforzo intellettuale, l’e-sperienza dell’uomo scorre nella flui-dità di una visione, che non ritrovaostacoli nel suo cammino.

La sua preghiera si trasforma inuna confessione aperta, in una acco-rata e appassionata domanda di aiu-to, di sostegno, perché la persona af-faticata e gravata del suo pesante far-dello possa ritrovare la forza di conti-nuare il suo viaggio.

Li Bassi non esprime solo l’irrazio-nalità di una vicenda umana incom-prensibile. Vuole capire in profonditàil destino dell’uomo.

Il suo chiedere, allora, è insistente,pressante, quasi violento.

Il sentimento che avvolge le sueparole non ritrova un riscontro nel lin-guaggio quotidiano delle esperienzeumane.

La spiritualità del suo pensierosconvolge le situazioni, che scorrono

non vi sono astrattezze di linguaggio.Tutto riflette la passionalità di chi viveintensamente ogni esperienza e su diessa ritrova la capacità di riflettere edi trasformare le situazioni individua-li in esperienze generali della vita diogni uomo.

In questo consiste la concretezzadelle vicende vissute ed espresse da LiBassi. In questo accorato, appassio-nato e appassionante diario ognuno dinoi ritrova una propria condizione, unsuo proprio modo di vivere, una parti-colarità che ha segnato in modo defi-nitivo lo scorrere della sua esistenza.

In complesso, la sua opera è il ri-flesso di una vita, che vive la suaesperienza umana, in colloquio conti-nuo con Dio e con Lui si esprime conla familiarità, la intensità e l’intimitàfiliale di chi guarda al proprio padrecon la fiducia di una protezione chenon subisce mai soste ne sospensioni.

Li Bassi vive nell’alone di una spi-ritualità che riesce a diffondere trami-te il dialogo maturato nell’intimità diun animo fervente di passione umana,di sentimenti travolgenti.

La concretezza della sua dimensio-ne esistenziale non ritrova attenuazio-ne, né fingimenti. Tutto riesce a met-tere a nudo, anche quando sconvolge,terrorizza o crea scandalo.

La fiducia nella fede, la carità cri-stiana, la comprensione più spassio-nata non ritrovano resistenza ed osta-coli in ogni esperienza, anche la piùostile, la più difficile.

L’ottimismo della volontà, dell’in-telletto ritrova il modo di sostanziarela vita in tutte le sue manifestazioni,in tutte le sue espressioni, in tutte lesue motivazioni.

Allora, le preghiere, il monologo, ildialogo, le conversazioni riflettono levicende esistenziali dell’umanità inte-ra, che vive nella paura, ma che nel-l’intimo sa ritrovare la fiducia, la spe-ranza.

Nell’umanità del pensiero di LiBassi si percepisce la poeticità di unlinguaggio, che si esprime con la mu-sicalità e la cadenza ritmata che scuo-te l’animo e infonde tenerezza.

Nel suo diario riflette la fatica, l’a-sprezza, le amarezze, la fiducia e la se-renità delle esperienze di ogni uomo.

Le conflittualità, le contraddizioni,le avversità ritrovano nelle sue espres-sioni tutta la passione e i sentimentiche il cuore umano riesce ad esprime-re e la mente con chiarezza e luciditàriesce ad analizzare e a capire.

In questa esposizione risiede laspiritualità del diario, che si tramutain testimonianza e in esempio di vitada imitare e in filosofia ideale, priva difalsi moralismi.

Salvatore Li Bassi, Il Signore è vici-no a chi lo cerca, Accademia di Studi“Cielo d’Alcamo”, Palermo

Le Case Editrici sono invitate a inviare pubblicazioni a “Oggi Famiglia”

La rubrica è a cura di Domenico Ferraro

Il lirismo religioso di Salvatore Li Bassi

nella sua mente e attanagliano il suocuore.

Non vi è tristezza, ne scoramento.Le visioni si ampliano all’infinito, rag-giungono l’Eterno e riposano nellagioia di Colui che tutto può.

Nella conversazione mentale è ri-flessa tutta la condizione umana. Laforza del sentimento avvolge ogniespressione.

In questa penetrazione intellettua-le si evidenzia la capacità di saper fa-re affiorare le situazioni che l’uomo, inogni momento delle sue esperienzeesistenziali, riesce a vivere con modu-lazioni differenti e con capacità valu-tative contrastanti.

Il tormento del cuore umano vivein questo colloquio con Dio.

La fatica delle parole attanaglia lamente dell’uomo e sprona il suo esse-re e il suo esistere a vivere le espe-rienze spirituali, che conseguono sem-pre dopo le prove della sofferenza esi-stenziale.

Quando il pensiero di Li Bassisembra che si smarrisca, allora, sorgeconsolante la voce di Colui che egli in-voca con la passione e la disperazionedel naufrago e intravede in Dio l’anco-ra di salvezza.

La sua voce dissipa ogni dubbio,ogni equivoco e il monologo si trasfor-ma in dialogo. E Dio, nel cuore e nellamente di Li Bassi, fuga ogni ombra ela tempesta scompare e riappaiono lebrezze rinfrescanti della serenità esi-stenziale.

Nelle parole della conversazione

Page 22: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

STORIA Aprile 2005Oggi Famiglia 22

Padre GASPARE NUDI: studioso, pubblicista,direttore della prima biblioteca pubblica cosentina

Realizzò l’Associazione Sacerdotale e nella sua intensa attività politico-culturalesi comportò da vero liberale

di Michele Chiodo

Gaspare Nudi nacque a Mendicinonel 1829 da Domenico e Antonia Greco.Nel 1854 si era già stabilito a Cosenzanel Convento dei RR.PP. Riformati, do-ve, avendo intrapreso la carriera eccle-siastica, studiò teologia sotto la guidadel dotto “Lettor Mureno”, dell’ordinefrancescano. Precettore di Gaspare Nu-di fu il sacerdote Saverio Albi (autore,in seguito, di L’Anticristo, un lavoro inottava rima, dato alle stampe a Milanonel 1875), che il Nostro stimava assai,tanto da lamentare come un uomo delsuo valore non fosse stato chiamato adinsegnare nel Seminario Arcivescovile,mentre, con la sua vasta cultura e lasua integrità morale, onorava il LiceoTelesio. Un altro precettore di chiarafama ebbe Gaspare Nudi: l’arcidiaconoSaverio Basile (nominato Arcivescovo diReggio il 22 dicembre 1871, e morto do-po quattro giorni dal suo insediamento)che il sacerdote di Mendicino rimpian-se in quanto lo considerava «uomo digran merito» e decisivo per avergli fattoconoscere e apprezzare le belle letterenell’antico Collegio.

Nudi aveva un’alta considerazionedel mondo cattolico che si richiamavaalla chiesa delle origini e all’apostolatodei prelati; inoltre, per i non comunivalori umani che lo contraddistingue-vano, egli aveva amici scelti e qualifica-ti ed era stimatissimo non solo tra ilbasso clero e gli esclusi di quell’am-biente ma anche nel mondo laico, tra ideboli, i giovani e la gente semplice edemarginata.

Proprio per venire in soccorso diquesti ultimi, cioè per contribuire inprima persona a migliorare le condizio-ni umane ed ambientali dei suoi con-fratelli e di quanti avevano scelto laChiesa per evangelizzare le genti, il no-stro sacerdote progettò e rese pubblicala sua idea di realizzare in città l’Asso-ciazione Sacerdotale, che aveva ancheil fine di promuovere l’amicizia tra tuttii confratelli.

Ma il disegno, per diversi motivi,non sarà realizzato poiché Nudi, nel co-so della sua esistenza, assaporò anchei patimenti materiali a causa degli scar-si mezzi di sostentamento di cui dispo-neva, prova ne sia che incontrò moltedifficoltà a dare alle stampe i suoi stu-di.

Gaspare Nudi, veramente e concre-tamente, si rivelerà un prete legato allapurezza della chiesa, che lotterà alacre-mente contro il potere temporale del-l’Alto clero: “un prete scomodo”, dun-que.

Inoltre, per la sua attività politico-culturale, non si può negare che il No-

stro, fin dalla sua giovinezza si com-portò sempre da vero liberale. Non acaso egli era conosciuto per aver bra-mato assai l’unità della nostra Nazionee di aver partecipato alle cospirazioni.Non solo, Nudi soccorse i patrioti e, purnon dimenticando mai di essere un sa-cerdote, poiché egli non era assoluta-mente un uomo bigotto, corse a com-battere al fianco di Garibaldi.

L’opera prima di Nudi scaturì da unevento tragico che aveva interessatoCosenza e il suo circondario il 12 feb-braio 1854. Infatti, in tale data, quan-do ai vertici dell’Arcidiocesi di Cosenzaera l’arcivescovo D. Lorenzo Pontillo, lacittà e il suo circondario furono scosseda un violento terremoto; successe chel’anima appassionata del giovane semi-narista di Mendicino rimase talmentecolpita dai luttuosi eventi che la vispoetica di cui era dotato lo spinse acomporre, in ricordo, una poesia. Il la-voro durò dodici giorni, come ci infor-ma lo stesso poeta nel corso del testo, epoi fu dato subito alle stampe. L’inten-to dell’autore era proprio quello di im-mortalare le ferite che avevano laceratola sua Terra, ma quella fu anche l’occa-sione per dar pubblica prova delle sueconoscenze sulle cose patrie e su alcu-ni personaggi del tempo; luoghi, ele-menti ed aspetti, che sono richiamati inmodo dotto nel corso dei versi. Il com-ponimento si intitola Poesia sul tremuo-to del 12 febbraio 1854 in Cosenza.

Il promettente poeta e scrittore,stenderà altre tre opere, ma aspetterà il1874 per dare alle stampe il suo secon-do lavoro, un’opera che fornisce unospaccato generale della Chiesa cosenti-na e della sua organizzazione, Quadrogenerale degli ecclesiastici delle foranie,parrocchie, chiese, festività religiose efedeli della Arcidiocesi di Cosenza, pub-blicazione che non reca note tipografi-che ma che venne pubblicata, verosi-milmente, nello stesso 1874.

Da notizie d’archivio, risulta che nelcorso del suddetto anno Gaspare Nudiera economo nella parrocchia di S. Gio-vanni Battista di Figline Vegliaturo, fa-cente parte della Forania di Donnici

Supe r i o r ied Inferiori,che conta-va 900 ani-me.

Ma qua-le fu la veracausa deiben noti di-sagi che ac-compagna-rono l’esi-stenza diG a s p a r eNudi?

Egli pro-fessava liberamente le sue idee pro-gressiste e mostrava apertamente lasua indipendenza da certi potentati,che egli riteneva lontani dagli insegna-menti del Vangelo.

Tuttavia, per sgombrare il campodagli equivoci, è utile ripetere che, no-nostante ciò, Gaspare Nudi avevaun’alta considerazione del mondo cat-tolico che si richiamava al Vangelo e al-l’apostolato dei prelati; infatti, rimasesempre molto legato all’idea di quellaChiesa di Cristo in cui aveva scelto disvolgere il suo ministero! Inoltre, eraparticolarmente attratto dalla grandez-za e nobiltà della Chiesa cosentina delpassato che riteneva una «sacra ere-dità»: dunque, il suo unico intento eraquello di volerla rinnovare.

Il Nostro nella sua seconda mono-grafia Dal 1055 in cui i Vescovi di Co-senza vennero innalzati ad Arcivescovi.Quadro cronologico per curato GaspareNudi, questo il titolo formale, rende no-ti altri aspetti poco conosciuti della vitadella Chiesa cosentina; questa volta, efu la prima per una sua pubblicazione,la corredò di note tipografiche: Cosen-za, Tipografia dell’Indipendenza, 1875.

Nel 1881, il sacerdote di Mendicinodette alle stampe la sua ultima mono-grafia: La Nuova Italia o il Piccolo P. Cur-ci, pel sac. Gaspare Nudi. E, questa vol-ta, fu la Tipografia del Risorgimento astampargli il volumetto.

Nel corso del 1881 l’Amministrazio-ne provinciale di Cosenza, ripagando inparte la non comune preparazione cul-turale e il forte impegno civile di Ga-spare Nudi, lo nominò Direttore dellaBiblioteca pubblica cosentina.

Gaspare Nudi, nella sua veste dipubblicista, fu fondatore e direttore didue fogli periodici: “Il Vaticano Regio”,attivo per il solo 1884, e “Coraggio Civi-le” che, continuando l’impegno cultura-le e civile della prima testata, cominciòle sue pubblicazioni nello stesso 1884 eproseguì fino al 1889.

Gaspare Nudi morì nella sua abita-zione, sita in Portapiana a Cosenza, al-la fine del mese di marzo del 1889.

Page 23: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

ARTE Aprile 2005Oggi Famiglia 23

di Giovanni Cimino

Grazie alla donazione Carlo Bilotti,Cosenza, con un salto di qualità stacambiando aspetto. Carlo Bilotti, chevive negli Stati Uniti d’America, è ritor-nato con affetto nella sua città natale:Cosenza.

Politici e politicanti, persone colte enon hanno sollevato da più mesi unpolverone di critiche, se accettare omeno la donazione del Bilotti, poichéPiazza Fera avrebbe cambiato nome inPiazza Bilotti.

Finalmente il buon senso ha avutoragione e dopo aver messo “nero su

bianco”, per dare inizio ad un museoall’aperto, a Corso Mazzini è stata col-locata una stupenda scultura in bron-zo di Emilio Greco: “Grande bagnante2”, una elegante figura femminile di fi-ne bellezza compositiva, quale frutto diuna ricerca classicheggiante. A distan-za di alcuni giorni, domenica 13 marzo2005, Piazza Fera ha cambiato nome inPiazza Bilotti ed è stata abbellita perl’occasione con cinque sculture di Pie-tro Consagra: “I paracarri” e “Il Bifron-tale” dalle quali emergono l’esperienzacubista filtrata da quella informale.

Il museo all’aperto sarà completatoentro la fine dell’anno con la collocazio-ne di altre sculture, fra le quali “Il

grande cardinale seduto” di GiacomoManzù e “Saint Georges et le dragon” diSalvador Dalì.

Non è facile “digerire” la cultura enon si dovrebbe cadere in logorroichecritiche e polemiche in favore di “unpaniere caduto dal cielo”, una donazio-ne, un avvenimento culturale che biso-gna accogliere con slancio, come avvie-ne in molti Stati europei e non.

Cosenza era già una città cultural-mente ricca per la sua storia e gli uo-mini che le hanno dato lustro, nonchéuna città con un centro storico impor-tante e bello, ma grazie alla donazioneBilotti, è diventata più ricca e più bel-la.

Cosenza: il museo all’aperto

il mensile della famigliaCONTRIBUTO VOLONTARIO

PER IL 20051) Contributo ordinario ee. 122) Contributo Amicoee. 20, con regalo il libro di Vincenzo Filice, “Leggere la Storia”, o “Enrico VII di Sve-

via e le tombe regie di Cosenza”, di V. Napolillo.3) Contributo Piùee. 40, con regalo “Annuario di Calabria”, Ed. VAL - Cosenza4) Contributo Enti e Sponsor ee. 60, con regalo libro “Leggere la Storia”,“Annuario di Calabria” Ed. VAL

- Cosenza e “Enrico VII di Svevia e le tombe regie di Cosenza”,di V. Napolillo.5) Contributo sostenitoreee. 100, con regalo i libri Edizione SeF.

Recati presso il più vicino ufficio postale ed effettua il versamento presceltosul C/C n. 12793873 intestato a “Oggi Famiglia”

Via G. Salvemini, 17 - 87100 Cosenza - Tel./Fax 0984 483050Si avvisano i signori lettori che il c.c. postale viene utilizzato come indirizzo

e serve una sola volta per il contributo volontario

Oggi Famiglia

Page 24: ANNO XVII - N° 4 – Aprile 2005 Oggi Famiglia · ca e umanissima di questo fecondo testi-mone. Essa ha dato il la al terzo millen-nio e nelle sue trame è apparso più visi-bile

INDICONO:Il Premio Nazionale

“Francesco Terracina”articolato in due sezioni:

• Pittura a tema libero• Poesia inedita a tema.

Prima Edizione Anno 2005

REGOLAMENTO

Art. 1 Il concorso si propone di ricor-dare la figura di Franco Terra-cina, insegnante esemplare eamico speciale.

Art. 2 Per la sezione pittorica ognipartecipante o gruppo invieràl’opera munita di cornice, nonsuperiore a 40 x 60 cm.

Art. 3 Per la poesia, il cui tema saràl’amicizia, ogni partecipante ogruppo potrà inviare un testopoetico in cinque copie con li-bertà di stile e libertà di me-trica.

Art. 4 Tutte le opere dovranno perve-nire presso il Centro Socio-Culturale “Vittorio Bachelet” -Via Gaetano Salvemini n. 17,87100 Cosenza – Tel./fax0984/483050 E-mail: [email protected] entro il 30Giugno 2005. L’esito del con-corso verrà diffuso attraverso iconsueti mezzi di comunica-zione e in internet. I finalistiriceveranno lettera personale.

Art. 5 Ogni partecipante dovrà alle-gare in busta chiusa una notacontenente le generalità, il re-capito, il numero telefonico eil titolo della poesia o dell’ope-ra pittorica presentata.

Art. 6 Un premio di euro 750,00sarà assegnato all’opera pitto-rica 1a classificata, al 2° clas-sificato euro 500,00 e al 3°classificato euro 250,00.

Un premio di 500,00 sarà assegnato all’operapoetica 1a classificata, al 2° classificato euro250,00 e al 3° classificato euro 150,00.

Art. 7 A tutti i concorrenti verrà assegnato il diploma dipartecipazione.

Art. 8 La premiazione avverrà a Cosenza nel mese di ot-tobre 2005.

Art. 9 Tutte le opere pervenute non saranno restituite ela segreteria non assumerà alcuna responsabilitàper eventuale smarrimento o danneggiamento. Lasegreteria si riserva la facoltà di esporre le opere

pittoriche e pubblicare le poesie scel-te. Art. 10 Le giurie saranno due:una giuria per la sezione pittorica euna giuria per la sezione poetica, en-trambe saranno composte da 5esperti.

I giudizi delle giurie sono insinda-cabili ed inappellabili.Art. 11 Non è prevista alcunaquota di partecipazione. Non sonoprevisti rimborsi di sorta. I premi do-vranno essere ritirati di persona, sal-vo casi eccezionali di impedimentoper i quali è ammessa la delega. Perquanto non previsto dal presente re-golamento valgono le deliberazionidella giuria.Art. 12 La partecipazione al con-corso implica la piena accettazionedel presente regolamento.

Informativa ai sensi del D.Lgs.n. 196/2003 sulla tutela dei datipersonali: ai sensi dell’art. 13 “infor-mativa resa al momento della raccol-ta dei dati” i dati personali sarannoutilizzati esclusivamente per le inizia-tive promosse dal Gruppo e non ver-ranno diffusi a terzi a qualsiasi titolo;i dati richiesti (nome, cognome e indi-rizzo) sono obbligatori; con l’invio deisuoi dati l’interessato ne autorizzal’uso e ai sensi dell’art. 7 “diritto suc-cessivo” può richiederne la rettifica ola cancellazione rivolgendosi al segre-tario del concorso.

Cosenza, 18 marzo 2005

Il Responsabile del Premio(Dott. Antonio Farina)

CENTRO SOCIO CULTURALE

“Vittorio Bachelet”OSSERVATORIO SULLA FAMIGLIA

Via Salvemini, 17 - CosenzaTel. 0984 483050 - E-mail: [email protected]

ATLAS e C.Associazione Tempo Libero

Arte Sport e CulturaCorso d’Italia, 58

COSENZA

A.GEAssociazione GenitoriVia G. Salvemini, 17

COSENZA

La borsa di studio “Francesco Ter-racina” vuole rappresentare, a ri-guardo, una linea di controten-denza per rafforzare la tensioneeducativa e l’affermazione dei va-lori della tradizione forte incar-nata in tante persone semplici equotidiane ma di grande spessoretestimoniale.Franco Terracina (Cefalù 27-2-1946 - Cosenza 14-5-2004) è statouna di queste persone. Giovanedocente di educazione artistica,approdato a Cosenza dalla sicilia-na Cefalù, vi mette su casa e fami-glia esprimendo tutta la ricchezzadell’educatore autorevole e credi-bile e costituendo un modello pertutti dentro e fuori della famiglia.