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[email protected] Fatti, notizie e riflessioni dalla Scuola d’Impresa della Facoltà di Ingegneria al JPL il permesso di esami- nare con maggior accuratez- za quella zona. Nell’aprile del 1998 il Mars Global Surveyor fotografò nuova- mente la regione di Cydonia (seconda immagine in figura 1). Le nuove immagini avreb- bero dovuto immediatamen- te fare giustizia di ogni ipo- tesi di manufatti alieni, ma non fu così: della faccia su Marte si continuò a parlare chiamata, divenne in breve tempo così celebre e popolare da diventare oggetto di artico- li, libri, talk shows radiotele- visivi e perfino il copione di un film del famoso regista Brian De Palma (Mission to Mars, del 2000). Alla prima missione utile la NASA, al fine di dare una risposta ai naturali interrogativi che una potenziale, anche se quanto mai improbabile, struttura aliena poteva suscitare, diede Il 25 luglio 1976 la sonda spa- ziale americana Viking 1, in orbita intorno a Marte, invia per la prima volta sulla Terra la foto di un altopiano nella regione di Cydonia, circa 10° a Nord dell’equatore marziano. Nella struttura, che misura approssimativamente 3 km in lunghezza e 1,5 km in larghez- za, molti credono di ravvisare le fattezze di un volto umano (cfr. 1, prima immagine). La “Faccia di Marte”, come venne IL . FISSO I Punti de “Il punto” Il punto fisso Editoriale a cura di Agostino La Bella. Il punto di fuga A cura di Guendalina Capece. A che punto è l’impresa? “E(xperimental)-learning in Jor- dan” di Gianluca Murgia. Il punto scientifico “Boston, hub accademico” di Cinthia Campi. Il punto letterario “21 dicembre 2012: dialogo o contrapposizione?” e “Sfogliando qua e là...” a cura di Federica Lorini. Il punto esclamativo Soluzione degli anagrammi del numero precedente e tre nuovi enigmi. Il punto di vista “Certificazione Qualità nel setto- re Istruzione” di Bruna Di Silvio e “Il costo del combattere i muli- ni a vento” di Alessandro Ferra- ra. Match Point Rubrica dedicata al cinema a cura di Gianluca Murgia. L’appunto Il punto successivo Anno 3, Numero 3 Direttore responsabile: Agostino La Bella Redazione: Maria Assunta Barchiesi Elisa Battistoni Guendalina Capace Bruna Di Silvio Marco Greco Cristina Landi Federica Lorini Gianluca Murgia Paola Pasqualino Carlo Pecchia Fabrizio Rossi Settembre 2009 l Di alieni, fantasmi e occulte influenze, ovvero l’importanza dei bias cognitivi (e di esserne consapevoli) Hoagland (autore di The Monuments of Mars: A City on the Edge of Forever oltre (continua a pag. 2) detta "faccia" e delle altre presunte strutture artificiali nell'intorno. Ma, naturalmente, anche que- sta prova non ha completa- mente soddisfatto i complotti- sti, come ad esempio Richard ancora per molti anni, finché il 21 settembre 2006 l’ente spa- ziale europeo (ESA) divulgò nuove immagini ad altissima risoluzione della regione (cfr. figura 2) dalle quali appariva l'origine naturale della cosid- Fig. 1 – Foto originali da Viking 1 nel 1976 e da Mars Global Surveyor nel 1998 Fig. 2 – Foto ad alta risoluzione della regione di Cydonia (fonte: ESA, 2006)

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Page 1: Anno 3, Numero 3 l · redazioneilpunto@uniroma2.it Fatti, notizie e riflessioni dalla Scuola d’Impresa della Facoltà di Ingegneria al JPL il permesso di esami-nare con maggior

[email protected]

Fatti, notizie e riflessioni dalla Scuola d’Impresa della Facoltà di Ingegneria

al JPL il permesso di esami-nare con maggior accuratez-za quella zona. Nell’aprile del 1998 il Mars Global Surveyor fotografò nuova-mente la regione di Cydonia (seconda immagine in figura 1). Le nuove immagini avreb-bero dovuto immediatamen-te fare giustizia di ogni ipo-tesi di manufatti alieni, ma non fu così: della faccia su Marte si continuò a parlare

chiamata, divenne in breve tempo così celebre e popolare da diventare oggetto di artico-li, libri, talk shows radiotele-visivi e perfino il copione di un film del famoso regista Brian De Palma (Mission to Mars, del 2000). Alla prima missione utile la NASA, al fine di dare una risposta ai naturali interrogativi che una potenziale, anche se quanto mai improbabile, struttura aliena poteva suscitare, diede

Il 25 luglio 1976 la sonda spa-ziale americana Viking 1, in orbita intorno a Marte, invia per la prima volta sulla Terra la foto di un altopiano nella regione di Cydonia, circa 10° a Nord dell’equatore marziano. Nella struttura, che misura approssimativamente 3 km in lunghezza e 1,5 km in larghez-za, molti credono di ravvisare le fattezze di un volto umano (cfr. 1, prima immagine). La “Faccia di Marte”, come venne

IL . FISSO

I Punti de “Il punto”

• Il punto fisso

Editoriale a cura di Agostino La Bella.

• Il punto di fuga

A cura di Guendalina Capece.

• A che punto è l’impresa?

“E(xperimental)-learning in Jor-dan” di Gianluca Murgia.

• Il punto scientifico “Boston, hub accademico” di Cinthia Campi.

• Il punto letterario “21 dicembre 2012: dialogo o c o n t r a p p o s i z i o n e ? ” e “Sfogliando qua e là...” a cura di Federica Lorini. • Il punto esclamativo Soluzione degli anagrammi del numero precedente e tre nuovi enigmi.

• Il punto di vista

“Certificazione Qualità nel setto-re Istruzione” di Bruna Di Silvio e “Il costo del combattere i muli-ni a vento” di Alessandro Ferra-ra.

• Match Point

Rubrica dedicata al cinema a cura di Gianluca Murgia.

• L’appunto

• Il punto successivo

Anno 3, Numero 3

Direttore responsabile: Agostino La Bella Redazione: Maria Assunta Barchiesi Elisa Battistoni Guendalina Capace Bruna Di Silvio Marco Greco Cristina Landi Federica Lorini Gianluca Murgia Paola Pasqualino Carlo Pecchia Fabrizio Rossi

Settembre 2009 l Di alieni, fantasmi e occulte influenze,

ovvero l’importanza dei bias cognitivi (e di esserne consapevoli)

Hoagland (autore di The Monuments of Mars: A City on the Edge of Forever oltre

(continua a pag. 2)

detta "faccia" e delle altre presunte strutture artificiali nell'intorno. Ma, naturalmente, anche que-sta prova non ha completa-mente soddisfatto i complotti-sti, come ad esempio Richard

ancora per molti anni, finché il 21 settembre 2006 l’ente spa-ziale europeo (ESA) divulgò nuove immagini ad altissima risoluzione della regione (cfr. figura 2) dalle quali appariva l'origine naturale della cosid-

Fig. 1 – Foto originali da Viking 1 nel 1976 e da Mars Global Surveyor nel 1998

Fig. 2 – Foto ad alta risoluzione della

regione di Cydonia (fonte: ESA, 2006)

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te si ritiene la soglia minima di informazione necessaria. Infi-ne, particolari visualizzazioni o presentazioni di dati e fatti (framing) possono condiziona-re il significato che viene attri-buito a fatti, fenomeni o avve-nimenti. Poiché tutti siamo affetti da qualche tipo di bias le decisio-ni acquistano sempre un margi-ne di imprevedibilità e di “irrazionalità”, anche in pre-senza di fatti apparentemente oggettivi. É importante perciò riconoscere quelli dei nostri interlocutori per sfruttarli a nostro favore o quanto meno per riuscire a prevedere, con buona approssimazione, com-portamenti e decisioni. Occorre anche essere in grado di rico-noscere i propri in modo da evitare di essere sottilmente manipolati dagli specialisti della persuasione occulta. I principali bias cognitivi che sono stati osservati e discussi nella copiosa letteratura posso-no essere collocati in quattro classi. La prima è quella del “framing”, cioè del quadro complessivo all’interno del quale vengono inquadrati fatti e messaggi per influenzarne il significato percepito (molto importante nel contesto dei media in cui quasi sempre le notizie sono presentate in modo da incoraggiare certe interpretazioni e scoraggiarne altre). I bias semplificanti sono scorciatoie che permetto-no di interpretare velocemente fatti, raggiungere rapidamente conclusioni e prendere decisio-ni in tempi brevi; tali scorcia-toie, che si sono formate nei nostri processi cognitivi attra-

(continua a pag 3)

(continua da pag 1)

che di un sito web “alternativo” dedicato allo spazio) e lo scrittore azero Zecharia Sitchin, anch’egli titolare di un sito web e auto-re di molti libri tra cui segna-liamo Divine Encounters: A Guide to Visions, Angels and Other Emissaries, il quale sostiene che vi siano riferi-menti a questa formazione marziana nella letteratura sumerica. La storia della faccia su Mar-te deriva da un ben noto “bias cognitivo” detto parei-dolia (dal greco είδωλον, immagine, col prefisso παρά, simile); si tratta della natura-le tendenza a riconoscere forme familiari in immagini disordinate; l'associazione si manifesta in special modo verso i volti umani e le figure animali in generale. Classici esempi sono il viso della luna, oppure i profili umani o animali che a volte ci diver-tiamo a cercare nelle nuvole, oppure l'associazione di im-magini alle costellazioni. Sempre alla pareidolia si può ricondurre la facilità con la quale riconosciamo volti che esprimono emozioni in segni estremamente stilizzati quali le emoticon. Questo bias si è sviluppato con l’evoluzione, che ha favorito gli individui e i gruppi che più facilmente e velocemente riuscivano a riconoscere situazioni di peri-colo anche da pochi segni, ad esempio scorgendo un preda-tore mimetizzato, oppure al contrario a vedere le proprie prede separandone le sagome da quelle dell’ambiente in cui cercavano di nascondersi. Proprio perché prodotto dal-l’evoluzione si tratta di un

bias molto comune, che con-sente di dare una spiegazione razionale a fenomeni apparen-temente paranormali, quali le apparizioni di immagini su muri o la comparsa di "fantasmi" in fotografie. Un fenomeno analogo alla pareido-lia (una sorta di pareidolia acu-stica) si verifica anche per le percezioni uditive, quando si crede di sentire suoni, parole o frasi significative in rumori casuali, come quelli ottenibili da registrazioni eseguite al contrario. Numerose leggende riguardo a presunti messaggi satanici inclusi in canzoni rock ed heavy metal (cfr. ad esem-pio, il caso di Stairway to Hea-ven) sono da attribuirsi sempli-cemente a questo fenomeno, amplificato dai fan e in alcuni casi sfruttato a scopi commer-ciali dall'industria discografica. La pareidolia è solo uno dei tantissimi bias cognitivi che, in situazioni particolari, influen-zano e distorcono le percezioni e il giudizio. Come abbiamo visto alcuni di essi si sono ge-nerati come comportamenti evolutivi che, almeno nel pas-sato, hanno portato ad azioni più efficaci o hanno permesso di prendere decisioni migliori e più velocemente. Altri sono prodotti come risultato di espe-rienze, collettive o individuali, che hanno permesso di riscon-trare il buon funzionamento pratico di determinati schemi comportamentali, i quali ver-ranno quindi adottati automati-camente. Altri ancora sono indotti dalla naturale tendenza al risparmio di risorse cogniti-ve, per cui valutazioni, decisio-ni e giudizi scaturiscono imme-diatamente non appena rag-giunta quella che implicitamen-

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IL .

FISSO

Di alieni, fantasmi e occulte influenze, ovvero l’importanza dei bias cognitivi (e di esserne consapevoli)

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di preghiera che, nonostante la fede, si traducevano per loro in una sofferenza a causa dell’asti-nenza dal fumo. Poiché ciò cau-sava in loro grave turbamento, decisero di risolvere il problema alla radice chiedendo il permesso di fumare durante le preghiere. Si rivolsero pertanto ai rispettivi superiori. Più tardi, uno chiese all'altro che cosa gli avesse detto il superiore. "Sono stato rimpro-verato aspramente solo per aver parlato del fatto", disse il primo. "Ed il tuo superiore, cosa ti ha detto?". "Il mio è stato molto compiaciuto", disse il secondo. "Anzi ha detto che facevo benis-simo. Ma dimmi, tu che domanda gli ha fatto?" "Gli ho chiesto se posso fumare mentre prego." "Te la sei voluta tu. Io gli ho chiesto se potevo pregare mentre fumo."

Agostino La Bella R. Balsekar (1996) La coscienza parla, Astrolabio.

(continua da pag 2) -verso millenni di evoluzione, o con decenni di esperienze quotidiane o, qualche volta, semplicemente per pigrizia mentale determinano scosta-menti rispetto all’assunzione di razionalità degli agenti impli-cita nella teoria economica. I bias di controllo riguardano la naturale tendenza a sovrasti-mare la capacità di controllare gli effetti delle decisioni. L’o-rigine di questi bias risiede con ogni probabilità nel fatto che individui e gruppi che si rite-nevano in grado di esercitare un elevato livello di controllo sull’ambiente e sui risultati delle loro azioni in situazioni diverse sono stati storicamente in grado di “rischiare” di più, innovando, creando nuove opportunità per l’acquisizione di risorse, generando sicurezza nei propri mezzi e nelle pro-prie capacità; hanno procurato

così, non solo a loro stessi ma ai loro discendenti, maggiori probabilità di sopravvivenza. Molti, naturalmente, avranno subito gravi conseguenze a causa della loro presunzione di controllo, ma sul piano evolu-tivo la maggiore fiducia nel risultato è risultata statistica-mente vincente. Infine, i bias motivazionali riguardano il sistema relazio-nale e quindi sia il modo con cui le persone desiderano esse-re considerate e valutate dagli altri, sia le convinzioni che ci facciamo a questo proposito, sia infine i riflessi di tali con-vinzioni sui comportamenti. Riprenderemo l’argomento nei prossimi editoriali; concludia-mo per ora con un divertente esempio di framing (tratto da Balsekar, 1996): due giovani monaci studiavano in semina-rio ed entrambi erano incalliti fumatori. L’educazione reli-giosa richiedeva lunghi periodi

Pagina 3

IL .

FISSO

compagna le parole per arric-chirle di significato e per aiu-tare il processo di comunica-zione ad avere l’efficacia de-siderata. Le mani sembrano, infatti, da un lato, guidare le parole affinché vengano rece-pite dall’interlocutore e, dall’-altro, sembrano voler cattura-re quelle che sono pronunciate dall’interlocutore senza la-sciare così la possibilità che si disperdano o che vengano distorte nel tragitto. In questo modo viene resa perfettamen-te tutta la complessità del pro-cesso comunicativo che, per poter essere efficace a 360°, deve, necessariamente, coin-volgere tutti i sensi.

Guendalina Capece

In occasione del work-shop tenutosi nella Facoltà di Inge-gneria nell’aprile 2005 dal titolo “Comunicazione effica-ce” l’immagine scelta per la presentazione è l’opera Communication di Isabelle Cardinal realizzata nel 1997. L’artista, che vive in Canada, lavora da freelance come illustratrice e graphic designer. Il quadro raffigura tre persone intente a comuni-care tra loro. Il flusso comu-nicativo è reso particolarmen-te evidente dai segni ondulati che partono dalle bocche, come a voler rappresentare, in modo anche fisico, la sonorità delle parole pronunciate. Nel quadro, tuttavia, c’è molto di più, come molto di più c’è nel

processo comunicativo. An-che lo sguardo, infatti, parte-cipa alla comunicazione, diretto verso la fonte, attento, sicuro, sottolinea le parole e il loro significato, dà enfasi e arricchisce il contenuto con informazioni non verbali che il più delle volte sono impor-tanti quanto le parole stesse. Lo sguardo, infatti, stabilisce un canale di comunicazione e il contatto visivo è uno stru-mento che accompagna il verbale e ha relazione con esso. La comunicazione non verbale si percepisce anche dalle mani della figura cen-trale del quadro. Anche i gesti giocano un ruolo fonda-mentale nel processo comu-nicativo. La gestualità ac-

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DI FUGA

Communication Isabelle Cardinal, 1997

Di alieni, fantasmi e occulte influenze, ovvero l’importanza dei bias cognitivi (e di esserne consapevoli)

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luglio 2009, per una durata totale di 20 ore, e ha visto la partecipazione di 18 allievi provenienti da di-verse facoltà (Computer Science, Computer Infor-mation System, Business Information System, Management Information System). Il successo della fase di lancio dell’iniziati-va, pubblicizzata attraverso semplici forme di comuni-cazione universitaria, e con un forte commitment da parte del Dr. Dia Arafah (Vice-President for Scienti-fic Affairs) e del Dr. Fawaz Al Zaghoul (Dean of IT Faculty), e da tutti i loro collaboratori della University of Jordan, è testimoniato dal fatto che, al kick-off meeting, si sono presentati 40 allievi inte-ressati all’esperienza didat-tica. Dopo aver proceduto ad una fase di pre-selezione, si è dato effetti-vamente inizio alle sessioni durante le quali è stata adottata una varietà di “descrittori didattici”: • kick-off meeting in moda-

lità face-to-face, con la partecipazione in video-conferenza del gruppo di ricercatori dell’Incubatore Euro-Mediterraneo, che hanno presentato il pro-gramma all’interno del quadro più ampio delle azioni della Scuola Medi-terranea;

• seminari frontali con col-legamenti in videoconfe-renza con il nodo italiano e con quello marocchino

(continua a pag 5)

Nell’articolo intitolato Quattro parole per l’e-learning del nuovo millennio (secondo nu-mero de Il Punto), era stato delineato un modello innovati-vo di e-learning basato su un approccio distribuito, granula-re, open source e peer-to-peer, realmente capace di coinvolge-re gli allievi, rispondendo al loro bisogno di interazione e partecipazione e favorendo un concreto processo di apprendi-mento. Tale modello rappre-senta il principale risultato del progetto eLF@MED (e-Learning distributed Frame-work for MEDiterranean coun-tries), che la Scuola di Inge-gneria dell’Impresa ha realiz-zato in collaborazione con l’e-Business Management Section (eBMS) della Scuola Superio-re ISUFI (Università del Sa-lento), il Centro METID del Politecnico di Milano e la ISED spa. Tale progetto ha permesso non solo di valutare le principali alternative didatti-che, tecnologiche e organizza-tive sviluppate nell’ambito della letteratura e delle princi-pali esperienze di e-learning, ma anche di realizzare un mo-dello originale di e-learning che potesse avere un’efficace applicazione nel contesto euro-mediterraneo, oggetto specifi-co del progetto. A distanza di quasi quattro anni dall’avvio del progetto, giunti ormai alla sua conclu-sione, è stato effettuato un test significativo del modello svi-luppato, attraverso una speri-mentazione tenuta presso l’e-Business Management Compe-tence Centre (eBMCC) di Amman, in Giordania, un cen-tro nato dalla collaborazione

tra la Scuola Superiore ISUFI dell’Università del Salento e la University of Jordan e fa-cente parte della più ampia iniziativa della “Scuola Medi-terranea in e-Business Management” che l’ISUFI ha lanciato nei paesi della costa sud del Mediterraneo, sin dal 2005. Si tratta di un progetto di par-tenariato Euro-Mediterraneo perfettamente allineato con le nuove visioni del Digital Divi-de, con le politiche di vicinato della UE e con i pilastri della strategia di Lisbona. Attual-mente la Scuola è costituita da 4 nodi operativi specializzati sull’Innovazione Digitale e sui cambiamenti strategico-organizzativi necessari per incrementare la produttività ed aumentare la competitività delle imprese tradizionali e hi-tech, e della Pubblica Ammi-nistrazione. Oltre al nodo prin-cipale localizzato presso l’In-cubatore Euro-Mediterraneo dell’ISUFI (www.ebms.it), vi è il centro creato in Marocco in partenariato con l’Universi-tà Al Akhawayn (localizzato presso il Technopark di Casa-blanca), quello lanciato in Tunisia in partenariato con il Technopole Elgazala del Mi-nistero delle ICT (localizzato a Tunisi presso il Technopole Elgazala) e quello in Giorda-nia creato con la University of Jordan (localizzato ad Amman nel campus della University of Jordan) che ha rappresentato il contesto della sperimentazione del progetto eLF@MED. Il programma, concepito e disegnato secondo le logiche del “Collaborative Learning”, si è svolto dal 25 giugno al 7

Pagina 4

A CHE .

E’ L’IMPRESA?

E(xperimental)-learning in Jordan

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conto, con un peso differente (ovviamente!), delle valuta-zioni effettuate dagli allievi e quelle effettuate dal docente. Nel secondo step, entrambi i gruppi hanno operato in ma-niera comunitaria; a ciascun gruppo è stato chiesto di ela-borare una soluzione finale agli stessi quesiti proposti nello step precedente. La fina-lità di tale passaggio era di testare l’utilità degli strumenti di peer reviewing, come il workshop, nello sviluppo di soluzioni condivise. In sostan-za, la sperimentazione ha per-messo di verificare la funzio-nalità e comprendere l’impor-tanza del workshop come strumento utile anche allo sviluppo di competenze soft. Il workshop può rappresentare un elemento centrale all’inter-no del modello di e-learning sperimentato, poiché ne raf-forza il carattere distribuito, granulare e peer-to-peer: in-fatti, esso permette di espri-mere e valutare la conoscenza sviluppata dalla community dei partecipanti ad un corso e-learning, anche quando non è espressa in forma strutturata. Inoltre, la natura open source del workshop permette di lavorare su quelle criticità, alcune delle quali emerse già durante questa sperimentazio-ne, che andranno risolte per favorire l’implementazione di questo strumento anche in altri corsi.

Gianluca Murgia

(continua da pag 4)

della Scuola Mediterranea per alcuni approfondimenti e testimonianze sui modelli, le strategie e le piattaforme tecnologiche di e-Business;

• accesso ad un modulo on line sui benefici e le oppor-tunità collegate all’adozio-ne dei modelli di e-Business;

• presentazione e discussione di alcuni casi di studio di aziende che hanno imple-mentato con successo l’e-Business;

• lavoro di gruppo centrato sull’analisi di tali casi;

• presentazione finale dei lavori da parte degli allievi con interazioni in videocon-ferenza;

• valutazione sia da parte degli allievi, in modalità peer-to-peer, sia da parte dei docenti.

In quest’ultima fase è stato u t i l i z z a t o i l mo d u l o “Workshop”, una funzionali-tà avanzata della piattaforma Moodle e usata molto rara-mente all’interno di corsi e-learning, che permette la sot-tomissione degli elaborati (deliverable) da parte degli allievi e la valutazione di tale materiale in modalità “peer”, sia da parte del docente, sia da parte degli allievi stessi. Questo consente al workshop di divenire uno strumento molto utile per lo sviluppo del pensiero critico di ciascun allievo, perché lo costringe a

codificare le proprie conoscenze e, contestualmente, anche a confrontarsi con quelle espresse dagli altri risultando anche un valido supporto all’apprendi-mento collaborativo. Sulla base di tali considerazioni l’aula è stata divisa in quattro gruppi (A, B, C, D): i gruppi A e B si sono occupati dell’analisi di un case-study, mentre i grup-pi C e D si sono occupati di un altro case-study. Nel resto dell’-articolo mi riferirò esclusiva-mente ai gruppi A e B, visto che i gruppi C e D hanno operato, rispettivamente, in maniera analoga. Il gruppo A ha lavorato in ma-niera comunitaria fin dal primo step, producendo una soluzione e caricandola sul workshop. I membri del gruppo B, invece, hanno lavorato singolarmente producendo ciascuno una solu-zione agli stessi quesiti proposti al gruppo A e caricandole sullo stesso workshop. Alla fine del primo step, sul workshop erano, dunque, presenti sia una solu-zione di gruppo sia diverse so-luzioni singole. A questo punto, tutti i componenti dei gruppi A e B sono stati impegnati nell’as-sessment delle soluzioni propo-ste, tenendo conto di alcuni criteri precedentemente comuni-cati; contestualmente, anche il docente ha effettuato la valuta-zione delle stesse soluzioni sulla base degli stessi criteri. Al ter-mine della procedura di asses-sment, il workshop ha generato automaticamente un voto per ciascuna soluzione, tenendo

Pagina 5

A CHE .

E’ L’IMPRESA?

E(xperimental)-learning in Jordan

Il centro giordano della Scuola Mediterranea dell’ISUFI

(e-Business Management Competence Centre)

Un momento della sessione in videoconferenza tra

il Centro di Competenze di Amman

e l’Incubatore Euro-Mediterraneo dell’ISUFI

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Applicata. La Sloan School of Management è nota per essere interculturale (docenti e studenti da più di 60 Pae-si), interdisciplinare, interge-nerazionale, e per la conti-nua ricerca dell’eccellenza. La mission del MIT è: “To advance knowledge and edu-cate students in science, technology, and other areas of scholarship that will best serve the nation and the world in the 21st century”. Tra Harvard e il MIT, sul lato opposto del fiume Char-les, si trova la Boston University, fondata nel 1869. Il campus è stato costruito (nel 1937) in seguito al gran-de incendio di Boston del 1872, che aveva costretto l’università a ricollocarsi in vari edifici sparsi. Successi-vamente ampliata, oggi, con più di 30.000 studenti, è la quarta più grande università privata degli Stati Uniti. Tra i suoi alunni, la prima donna a conseguire un dottorato. La ricerca è innovativa in nu-merosi settori, tra cui Inge-gneria, Giurisprudenza e Medicina. La Goldman School of Dental Medicine, infatti, è all’avanguardia e l’MBA della School of Management è tra i primi 30 a livello nazionale. Ma nel- l’offerta didattica non si pos-sono non menzionare anche altri istituti celebri.

(continua a pag. 7)

Boston, capitale della Rivo-luzione Americana, è sicura-mente la città più colta, ele-gante e sofisticata degli Stati Uniti. Fondata nel 1630, divenne colonia britannica sei anni più tardi, nel 1636. Il nome originario di Tri-mountain, dai suoi tre colli, fu cambiato in Boston, dal- l’omonima città britannica. Città suggestiva, sia geogra-ficamente che per architettu-ra, è uno dei maggiori centri turistici del New England e importante punto di collega-mento con l’Europa, affac-ciata sulla costa atlantica ed eretta su una serie di peniso-le collegate. Boston occupa un ruolo di primo piano nel panorama intellettuale, cultu-rale e scientifico del paese. Molti nomi illustri nella sto-ria politica e culturale degli Stati Uniti provengono da famiglie dell’alta borghesia liberale bostoniana e nel passato è stata al centro delle più importanti iniziative cul-turali. Si distinse subito co-me centro culturale impor-tante quando nel lontano 1635 fu fondata la prima scuola pubblica americana, la Boston Latin School, che ancora oggi è un esclusivo liceo, e nel 1636 la più pre-stigiosa delle università ame-ricane. Ad oggi vi sono oltre 50 college e università e so-no numerosi i centri di ricer-ca sia di tipo scientifico che sociale. Tra le principali uni-versità troviamo Harvard e il

Massachusetts Institute of Technology (MIT), entrambe dall’altro lato del fiume, a Cambridge. La prima è a tutti gli effetti il più antico ateneo americano; fa parte della Ivy League, associazione privata delle otto più antiche universi-tà statunitensi e detiene il pri-mato nella classifica delle università mondiali. Dotata della più grande biblioteca universitaria del mondo, conta nove facoltà, tra cui, di eccel-lenza globale, Medicina, Giu-risprudenza e la Business School (prima nelle classifi-che). La mission è “To edu-cate leaders who make a diffe-rence in the world”. Tra i suoi laureati, John F. Kennedy, George W. Bush, Al Gore, ma anche attori (Jack Lemmon) e direttori d’orchestra (Leonard Bernstein). In pieno stile ame-ricano Harvard vive una ami-chevole rivalità con il Massa-chusetts Institute of Techno-logy (MIT), una delle più im-portanti università di ricerca del mondo. Aperto nel 1865 a Back Bay e spostato a Cam-bridge nel 1913, il MIT gode di una notevole reputazione per la qualità dell’insegna-mento e della ricerca. Qui si trovano alcuni dei complessi tecnologici più all’avanguar-dia del mondo. E’ stata tra le prime università ad usare i laboratori nella didattica, a sviluppare la professione di ingegnere chimico, a organiz-zare corsi in Ingegneria Aero-nautica ed Elettrica e in Fisica

Pagina 6

IL .

SCIENTIFICO

Boston, hub accademico

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Business School nota a livel-

lo internazionale per la

leadership imprenditoriale e

per la capacità di formare

leader in grado di anticipare

e gestire il cambiamento (il

suo fiore all’occhiello è il

corso di Foundations of

Management and Entrepre-

neurship e l’MBA è stato

classificato primo per im-

prenditorialità, per il sedice-

simo anno consecutivo; il

50% degli studenti sono

internazionali) la Tufts, fon-

data nel 1852, è rinomata per

la Fletcher School, la più

antica scuola americana per

laureati per lo studio delle

relazioni internazionali e

degli affari pubblici, oggi

conosciuta anche per la di-

plomazia e la giurispruden-

za. Due università relativa-

mente più recenti sono la

University of Massachusetts

Boston (UMass), l’unica

università pubblica con circa

15.000 studenti e 150 pro-

grammi offerti, e il Simmons

College, riservato alle don-

ne, che dal 1975 offre un

MBA con forte accento in-

ternazionale.

Che dire? C’è solo l’imba-

razzo della scelta!

Cinthia Campi

(continua da pag. 6)

E’ il caso della Northeastern

University, fondata nel 1898, e

situata nel centro di Boston,

leader nella ricerca interdisci-

plinare e nell’integrazione

dell’apprendimento in aula

con l’esperienza nel mondo

reale. Fiore all’occhiello è il

programma co-op (cooperative

education), uno dei maggiori e

più innovativi al mondo, clas-

sificato tra i migliori in USA.

Offre a tutti gli studenti la

possibilità di uno o più stage

retribuiti, che generano crediti

accademici e preparano all’in-

serimento nel mondo del lavo-

ro. Il modello di co-op ha avu-

to inizio nella Facoltà di Inge-

gneria, che festeggia quest’an-

no il suo centennale. A Bea-

con Hill, nel cuore della città,

è invece situata la Suffolk

University, rinomata per la

Facoltà di Giurisprudenza e

per la Business School, che

offre programmi, anche part-

time, in Business Administra-

tion, e in Amministrazione

Pubblica e Sanitaria. Sulle rive

del lago Waban, a pochi chilo-

metri da Boston, si trova Wel-

lesley College, fondato nel

1870. Fa parte delle Sette So-

relle, università riservate alle

donne e con orientamento alla

conoscenza e allo sviluppo del

pensiero e delle capacità intel-

lettuali (liberal-arts), piuttosto

che agli studi professionali e

tecnici. Tra le numerose tradi-

zioni la gara delle laureande

che, con indosso il tipico abito

nero della cerimonia, fanno

rotolare un cerchio di legno.

Colei che arriva prima riceve i

fiori dal Rettore. Un tempo si

diceva che la vincitrice sarebbe

stata la prima della sua classe a

sposarsi. Anche la Brandeis

University, fondata da membri

della comunità ebraica america-

na nel 1948, è orientata alle

liberal-arts e si fonda su quat-

tro pilastri: dedizione all’eccel-

lenza accademica, non faziosi-

tà, impegno sociale e patrocinio

della comunità ebraica. Il Bo-

ston College, fondato nel 1863,

è una delle più antiche universi-

tà gesuite statunitensi nonché

uno dei primi esempi di archi-

tettura gotica. Il tasso di ricono-

scimenti Fulbright è il più alto

degli USA, sia complessiva-

mente, che per l’assegnazione a

un singolo dipartimento (13

borse di studio in un anno!). La

sua dotazione è tra le maggiori

dotazioni di tutte le università

americane e la più cospicua tra

le università gesuite nel mondo.

Se il Babson College è una

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SCIENTIFICO

Boston, hub accademico

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“ricerca e mercato”. E ci fu allora un giovane di nome Gerberto proveniente dalla provincia francese di Alvernia, terra di druidi e di maghi, già monaco presso il convento di Aurillac il quale attratto dalla fama e dalla cul-tura araba che si poteva trova-re a Cordova pensò di recarvisi per compiervi un ciclo di stu-di, uno “stage”, si direbbe og-gigiorno. Per accedere al verti-ce della conoscenza ed essere iniziato ai più alti misteri si doveva, tuttavia, abiurare la fede cristiana e abbracciare il credo di Maometto. Gerberto fu apostata e la leggenda vuole che innamoratosi perdutamen-te di una fanciulla, figlia di un grande sapiente e maga ella stessa, di nome Meridiana, stringesse addirittura un patto con il diavolo allo scopo di giungere ai vertici del sapere. Nessuno all’epoca lo avrebbe mai compreso; ma il compor-tamento di Gerberto, letto in un’ottica moderna, si può in-terpretare come un’espressione di libertà morale e religiosa in funzione di attingere ad una libera gnosi. Nella parte leggendaria della vita di Gerberto si possono evidenziare alcuni elementi della cultura medievale: l’a-more passionale nei confronti della donna, per esempio, stre-ga o angelo che sia; oppure l’avventura dell’uomo che grazie all’intervento metafisico

(continua a pag. 9)

Tra i molti e gravi problemi di questo inizio di millennio vorrei soffermarmi, anche se in modo non convenzionale, sul rapporto tra l’occidente cristiano e il mondo islamico. A una rapida analisi sintesi, infatti, può sembrare che si tratti della semplice contrap-posizione tra una civiltà, alta-mente industrializzata, ricca fino all’opulenza, priva di valori etici, agnostica e una società fortemente ideologiz-zata, religiosa fino all’inte-gralismo, povera e prolifica. Dialogo o contrapposizione quindi? Con il pensiero volo ad un altro inizio: quello del secon-do millennio dell’era cristia-na. Certamente il contesto politi-co e sociale era ben diverso; la contrapposizione tra l’I-slam e la cristianità era evi-dente, ma allora era il primo a dettare tempi e modi della civiltà. Bagdad divenne sno-do nevralgico della cultura araba grazie all’illuminata guida di Sultani, i quali attra-verso una lungimirante politi-ca, consentirono lo sviluppo di una cultura e di una scien-za all’avanguardia nell’epo-ca. Altro centro di eccellenza fu Cordova in Spagna (dove insegnava Averroè); ma do-vunque sorsero centri di for-mazione frequentati da giova-ni di tutte le nazioni e di tutte le fedi. L’impulso maggiore della cultura islamica fu, sen-za dubbio, rivolto alla

“chimica” da identificare ancora come “alchimia”. In questo campo le metodologie furono assolutamente inno-vative, basti pensare alle tecniche di distillazione, cri-stallizzazione, soluzione, sublimazione, riduzione e calcinazione. Ancora oggi termini arabi identificano prodotti o utensili chimici: alcali, alcool, elisir, sciroppo, giulebbe, alambicco e altri. Molti furono anche i grandi filosofi islamici (medici, alchimisti, maghi, in una parola “sapienti”) che in-fluenzarono pesantemente il pensiero occidentale dei se-coli a venire; basti citare Hunain ibn Isaaq detto Joan-nizio e Muhammad ibn Am-mad detto Averroè. Ma su tutti giganteggia la figura di Abu Ali Al Husayn ibn Sina conosciuto come il celebre Avicenna, il cui pensiero filosofico e medico, compen-diato nel poderoso trattato dal titolo Canone di Medici-na, rimase base della cultura medica fino all’avvento della metodologia galileiana. Questo poderoso sviluppo culturale e scientifico fu an-che dovuto all’integrazione culturale di gruppi etnici e religiosi differenti; islamici, ebrei e cristiani convivevano, infatti, con una certa armo-nia. Dovevano, è vero, vivere in quartieri ben differenziati nel contesto urbanistico della città, ma tutti insieme face-vano cultura, affari e indu-stria, in termini moderni

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LETTERARIO

21 dicembre 2012: dialogo o contrapposizione?

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storia (e della leggenda!) il Go-lem aveva predetto a Gerberto che sarebbe morto “cantando Messa in Gerusalemme”. Fu così che il 12 maggio 1003 il grande papa, riconosciuto come il più sapiente tra gli uomini del suo tempo, mago e medico, conoscitore profondo (e ammi-ratore) della cultura islamica, morì cantando messa nella chie-sa di Santa Croce in Gerusalem-me, a Roma! Sepolto in Latera-no le leggende su di lui conti-nuarono. Si diceva che la sua tomba “piangesse”, cioè si ba-gnasse nell’imminenza della morte del papa, e nel 1684 quando fu aperta il corpo di Silvestro fosse ancora intatto, rivestito degli abiti e delle inse-gne pontificali. Visione di un attimo; al contatto con l’aria tutto divenne polvere spargendo intorno un profumo dovuto for-se agli oli dell’imbalsamazione. O all’ultimo prodigio di un ma-go che aveva sfidato il demo-nio?

Federica Lorini

P.S. Ho intitolato questo pezzo 21

dicembre 2012 perché taluni dicono e

scrivono che, per quella data, ci sarà

la fine del mondo, esattamente come

si diceva e si scriveva nell’anno mille,

sotto il pontificato di Silvestro II.

(continua da pag. 8)

raggiunge il successo attraver-so il sapere, anche se pedaggio obbligato può essere un “confronto” con il diabolico. Dante, del resto, per raggiun-gere il paradiso deve necessa-riamente passare attraverso l’inferno in un contatto addirit-tura fisico con Lucifero. Il patto con il diavolo, appunto. Ma è un patto o una sfida? Una sfida tra Gerberto, uomo del medioevo con la sua limitata cultura ben poco originale, e Gerberto, l’uomo medievale proiettato verso il Rinascimen-to. Il diavolo delle cronache medievali è in pratica il su-bconscio. Il patto quindi può essere interpretato come la ferma volontà di procedere oltre, un momento intermedio in un cammino di pura cono-scenza. Si dice che Gerberto avesse un Golem, si narra che con la sua arte magica avesse imprigiona-to un demone in una maschera d’oro e ad essa poneva quesiti cui il Golem rispondeva: il sapere profano è imprigionato al servizio del sapiente. E’ ancora buio ma si scorge la luce. L’occulto non fa più pau-ra, con la scienza possono es-

sere vinte le tenebre. E tutto questo è possibile grazie al riconoscimento, depurando questa storia dagli orpelli di superstizione e leggenda, della grandezza della civiltà Islamica e al contatto con le vette di un sapere, per l’epoca, assoluta-mente originale ed evoluto. Gerberto è quindi l’uomo, in-quietante quanto affascinante, capace di percorrere per primo questa complessa avventura culturale. Il 2 Aprile 999 Ger-berto d’Aurillac salì al Soglio Pontificio con il nome di Silve-stro II. La bestia dell’Apocalisse non si risvegliò nell’anno mille e non ci fu la fine del mondo. La ci-viltà islamica all’apice del suo splendore illuminava la strada che nell’Europa avrebbe porta-to al rinascimento degli studi umanistici e delle arti. Grazie a uomini quali Avicenna e Ger-berto si stabilì un canale cultu-rale, allora non percepito, ma che avrebbe influenzato i saperi nei secoli futuri. Purtroppo lo sbocco storico, questo a tutti noto, furono le Crociate; e fu proprio Silvestro II a lanciare per primo l’idea di una guerra santa per liberare il Sepolcro di Cristo. Ironia della

21 dicembre 2012: dialogo o contrapposizione? Pagina 9

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LETTERARIO

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Figli e altri oggetti infiammabili di Porochista Khakpons

Una deliziosa e trascinante saga familiare prende vita nelle pagine di questo romanzo d’esordio della scrittrice iraniana Porochista Khakpour, giocato sulle vicende di una fa-miglia di immigrati negli Stati Uniti. Tre personaggi ironici, a tratti grotteschi, perfetta-mente descritti nelle loro psicosi, nei tic e nelle piccole manie e caratteristiche comporta-mentali. Su tutti campeggia il personaggio di Xerses, il figlio, che ha sempre avvertito un senso di diversità rispetto alle tradizioni e al retaggio iraniano impostogli dal padre che egli vive non solo con imbarazzo ma anche come vero e proprio fardello, inconfessabile anche agli occhi degli amici. Gli fanno da spalla/cornice i due genitori: Darius e Lala A-dam, trasferitisi a Los Angeles durante la devastante rivoluzione iraniana del 1979. Se il primo, tormentato dalla condizione di esule, si strugge per la patria perduta, la seconda spera di rifarsi una vita americanizzando il suo nome e stringendo amicizie nel nuovo e alieno mondo californiano. Xerses, dopo un’adolescenza solitaria trascorsa vergognando-si delle proprie origini, decide di trasferirsi il più lontano possibile dalla propria famiglia e va a vivere a New York con il solo desiderio di ricostruirsi per intero una nuova identi-tà. Tuttavia il destino ha altri piani e l’undici settembre del 2001 la sua vita cambia radi-calmente grazie all’incontro, sul tetto di casa, con una ragazza naturalmente di origine iraniana.

Perché leggerlo? Perché come ha scritto Jonathan Ames si tratta di un romanzo ipnotico, caleidoscopico, meraviglioso, folle e incredibile. “E racconta una delle storie migliori, dove tragedia e comme-

Sfogliando qua e là……. Pagina 10

Fùtbol. Storie di calcio di Osvaldo Soriano

“Di che cosa parla il libro? Di calcio? No. Parla dei goal che uno si perde nella vita. Ho capito. Portami all’ombra, ragazzo, che ti racconto quella del portiere senza mani”.

Centravanti di buone speranze, questo romanziere, aveva iniziato la sua carriera di calciatore ma un incidente ne ha interrotto l’ascesa tra i grandi del pallone in una terra, quella dell’Ame-rica Latina, in cui spesso il calcio rappresenta l'unica possibilità di riscatto. Soriano diventa quindi cronista sportivo e successivamente, con Triste, solitario y final, del 1973, uno dei roman-zieri più amati e acclamati dell'America Latina. Ma questa sua passione per lo sport, e per il fútbol in particolare, non l'ha mai abbandonato, una passione che trapela anche dalle pagine di quest’ultima fatica letteraria. Questo delizioso volume raccoglie venticinque racconti, sei in più rispetto all’edizione prece-dente, che rappresentano un’eclettica e incredibile galleria di personaggi, difficilmente dimen-ticabili. Tra le pagine del libro, con uno stile semplice ma affabulatore, prende vita una vera e propria squadra umana, composta da personaggi e ruoli differenti, come nel mondo del calcio, figure stralunate, dolci, a volte grottesche, spesso comiche e sempre molto affascinanti. Soriano scrive con passione e amore tanto dei grandi campioni, primo fra tutti Diego Armando Mara-dona, quanto di improbabili arbitri, sconosciuti portieri e allenatori in pensione.

Perché leggerlo? Perché non è solo un libro sul calcio, è un libro sulla memoria, su personaggi celebri ma imper-fetti che giocano partite senza fine, contro un avversario o contro la vita.

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LETTERARIO

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Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi Nonostante si tratti di un’opera pubblicata solo nel 1997, Sostiene Pereira, può essere annoverato tra i testi più importanti della letteratura contemporanea, al pari, visto il contenuto e lo stile, dei grandi capolavori del Neorealismo. Vera e propria storia della presa di coscienza di Pereira, un giornalista quieto e senza idee politiche che dirige la pagina culturale di un modesto giornale del pomeriggio, il Lisboa. Fa da sfondo una Lisbona che combatte la dura dittatura di Salazar nell’estate del 1938 e la dilagante insofferenza antisemita. Nonostante il particolare lavoro, Pereira non sembra rendersi conto di ciò che sta succedendo se non dopo l’incontro con Ma-nuel, il cameriere del Cafè Orquidea, dove è solito mangiare omelette e limonata e con il giovane Monteiro Rossi che inizia a collaborare con il giornale per la sezione necrologi di scrittori illustri, appartenente ad un movimento contrario alla dittatura. Pereira, il cui auto isolamento e il ricordo della moglie defunta lo avevano reso cieco, comincia così a scoprire la realtà del regime in cui vive, la violenza, il clima di intimi-dazione e la censura cui è sottoposta la stampa. Lentamente ma inesorabilmente Pe-reira inizia a prendere una posizione di netta opposizione al regime, denunciando le violenze e le torture e divenendo inconsapevolmente uno strumento per realizzare ancora ideali di libertà e giustizia. Perché leggerlo? Perché, alla fin fine, tutti noi siamo un po’ dei “Pereira” quando fingiamo di non ve-dere o neghiamo addirittura le vicende e le ingiustizie che ci circondano. Perché, in fondo, trovare il coraggio di raccontare la verità aiuta a vincere la paura.

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Sfogliando qua e là…….

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… e ora qualche enigma!!!

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ESCLAMATIVO

1) Immaginiamo di avere quattro palline, uguali nell'aspetto, ma che una di esse ha un peso diverso. Si deve individuare questa pallina avendo a disposizione una bilan-cia a due piatti. Qual è il numero minimo di pesate che occorre effettuare per risolvere il problema?

2) Un imbianchino dipinge una stanza in 1 ora, un altro imbianchino dipinge la stessa stanza in un ora e mezzo, infine un terzo imbianchino dipinge la stessa stanza in 2 ore. Se dipingono tutti insieme la stessa stanza quanto tempo ci mettono?

3) Una spia cerca di capire la regola che associa parola e con-troparola d'ordine per l'ingresso in un centro segreto. Si na-sconde dietro a un cespuglio ed osserva. Arriva un soldato, bussa al portone e da dentro una voce dice "12", il soldato ri-sponde "6" e gli viene aperto. Poco dopo arriva un altro solda-to, bussa e gli viene detto "8", lui risponde "4" ed entra. Un ter-zo soldato entra, dopo avere risposto "5" alla parola "10". A questo punto, la spia crede di aver capito tutto: si avvicina, bussa, le dicono "4", lui risponde "2" e gli sparano. Come mai?

Soluzioni del numero precedente… Primo anagramma. Titolo del libro (1.7.5.3.6)

Idee, rum e duttile gorilla I delitti della Rue Morgue

Secondo anagramma. Titolo del libro (7 2 7)

Di Roma e dei romani Memorie di Adriano

Terzo anagramma. Titolo del libro (2 6 2.5)

Dividi con calice Il Codice da Vinci

Quarto anagramma. Titolo del libro (2.9)

Il reo strano Lo straniero

Quinto anagramma. Titolo del libro (1.8)

Poi scleri I sepolcri

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professionali svolte perso-nalmente sia in ambito uni-versitario che di formazione nella scuola secondaria, l’ul-timo punto risulta essere sicuramente il più critico. La definizione del contenuto tecnico implica, infatti, che l’organizzazione e il corpo docente progetti il proprio intervento in termini di pro-blema da affrontare, di re-quisiti in entrata, di articola-zione temporale, di requisiti in uscita, di competenze da integrare e a sua volta da certificare. Tale suddivisione non entra affatto nelle scelte didattiche ma risulta essere una mera descrizione dei processi attivati. A mio avvi-so però, se non si documenta quanto sopra, non riescono ad emergere, l’identità, la specificità dei processi atti-vati da ogni docente, com-preso l’approccio epistemo-logico, antropologico e scientifico e si rischia l’ab-bandono delle metodiche disciplinari e l’approssima-zione nel controllo e nella comunicazione dei risultati. L’implementazione di un sistema qualità conforme alla UNI EN ISO 9001:2008 supporta e facilita quanto sopra detto. Non è burocra-zia descrivere le proprie intuizioni, la progettazione e la gestione dei processi di insegnamento e di apprendi-mento ma semplicemente un metodo di controllo e di mi-glioramento del proprio la-voro che, tra l’altro, difficil-mente potrà far emergere idee geniali ogni giorno, ma sarà sempre attento alle atte-se e ai bisogni degli studenti. Bruna Di Silvio

La certificazione qualità nel settore istruzione (EA37) è sempre più diffusa tanto che solo in Italia, ad oggi, sono ben 6177 gli istituti/enti pub-blici e privati che erogano servizi di istruzione ai diver-si livelli di formazione. Già nel biennio 2004 - 2006, l’incremento delle certifica-zioni del sistema di gestione per la qualità nel settore istruzione è stato dell’ordine del 75%, un incremento che risultava circa doppio rispet-to all’incremento medio del-l’insieme dei comparti pro-duttivi e di servizio (40 % circa). Certificare un servizio di formazione ai diversi li-velli di istruzione non è sem-plice anche perché la qualità dei servizi educativo-didattici (“istruzione”) è spesso la risultante di un insieme di elementi. Parlia-mo di elementi organizzativi, procedurali, tecnici e infor-mativi, relazionali e di co-municazione, in cui un ruolo determinante è svolto dalle variabili umane, sia dirette (docente e discente) che in-dirette (personale di coordi-namento e supporto alla do-cenza, familiari dei discenti etc), che interagiscono forte-mente nei processi di realiz-zazione. Ma come si arriva alla certi-ficazione? La certificazione del servizio di istruzione e formazione implica un lungo cammino dell’organizzazione che può essere sinteticamente rac-chiuso attraverso quattro fasi principali: 1. Identificazione e defini-zione documentale dei pro-cessi principali di progetta-zione, programmazione e attuazione del servizio; 2. Identificazione e defini-zione documentale dei pro-cessi di supporto (ad esem-pio il processo di gestione delle docenze, di gestione delle infrastrutture, di pub-

blicizzazione dell’offerta formativa, di iscrizione); 3. Strutturazione del processo di miglioramento continuo e focus sul processo direziona-le e di monitoraggio delle prestazioni del sistema; 4.Verifiche ispettive del si-stema da parte di un ente esterno per l’accertamento del soddisfacimento dei re-quisiti (certificazione di terza parte indipendente) degli studenti e stakeholder, di legge e normativi, della UNI EN ISO 9001:2008. Un’organizzazione che eroga servizi nel settore dell’istru-zione può raggiungere i se-guenti risultati: • Orientarsi a studenti e stake-holder, con l’obiettivo di co-glierne le esigenze, ottempe-rarne le richieste espresse e implicite, e soprattutto a supe-rarne le aspettative, onde ga-rantirne la piena soddisfazio-ne; • Promuovere e sostenere l'innovazione per il migliora-mento continuo della qualità dell'offerta formativa e del-l'apprendimento, per garantire agli studenti le competenze necessarie per un buon inseri-mento professionale e sociale; • Pianificare, gestire e coordi-nare sistematicamente i pro-cessi strategici, al fine di rag-giungere la massima efficacia ed efficienza nel servizio edu-cativo e didattico erogato; • Coinvolgere tutti i suoi membri, nella diversità dei ruoli e delle funzioni, nel rag-giungimento degli obiettivi nell’ottica del miglioramento continuo; • Essere attenta alla comuni-cazione interna e al migliora-mento dell’ambiente di lavo-ro, inteso sia come infrastrut-tura che come insieme di per-sone; • Essere capace di accrescere la competenza e la professio-nalità del personale docente e non docente mediante forma-zione e affiancamento. Alla luce delle esperienze

Pagina 13 Certificazione Qualità nel settore Istruzione

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DI VISTA

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lavoro intesa come vuoto

valutativo e mancanza di

modelli di riferimento;

• le dimensioni pandemiche

della stessa (milioni di

italiani che lavorano in

isole protette sono esenti

da qualsiasi valutazione).

Una stima del lavoro

“evaso” si avvicina ai 500

miliardi di euro, il doppio

dell’evasione fiscale, sti-

mata a 230 mil nel 2007;

• l’assenza di una cultura

dell’attuazione e della

responsabilità;

• l’invocazione di una

malaise nazionale, ovvero

lo sport nazionale del

piangersi addosso, del

sottrarsi al confronto e

dello scaricare la colpa sul

sistema.

D’Anselmi non pronostica

un futuro facile: l’accusa di

“qualunquismo” è sempre in

agguato tanto che a p. 218

leggiamo: «qualunquismo è

l’accusa che i vaghi fanno

agli specifici; che gli imbe-

vuti di ideologia fanno ai

pratici, che gli estensori del-

le grida manzoniane fanno a

chi rinfaccia loro di produrre

provvedimenti che sono,

appunto grida manzonia-

ne…». (continua a pag. 15)

Il libro di Paolo D’Anselmi

(Il barbiere di Stalin. Critica

al lavoro (ir)responsabile.

Università Bocconi Editore)

si legge d’un fiato e con pas-

sione crescente, come rara-

mente capita. Inizia in

surplace, snocciolando anali-

si di casi e alla fine vola e ci

lascia con la voglia di conti-

nuare a pensare e di discute-

re con l’autore. Si inizia con

il definire assai bene il primo

oggetto: il bilancio sociale,

ovvero l’impatto di insieme

che un’attività organizzata,

di grande o di piccola orga-

nizzazione, privata o pubbli-

ca, volta al profitto o ad altre

finalità, ha sul corpo sociale,

su se stessa e sulle proprie

prospettive future. Poi l’au-

tore applica questo metodo

di analisi a varie categorie di

attori, non senza suggestivi

picchi di volontaria ironia. Il

suo metodo è far risaltare al

contrario: farci vedere come

questa idea, che traduce il

concetto di accountability

nel mondo della valutazione

di impresa e della policy-

analysis, venga sistematica-

mente aggirata, elusa, resa

quasi invisibile nella retorica

comunicativa delle imprese o

istituzioni che pure rendono

omaggio a questa pratica del

bilancio sociale, oggi divenuta

“imprescindibile” in quel

grande racconto che è la mo-

dernizzazione ritardata del

nostro paese. Vediamo così

sfilare “l’irresponsabilità della

Società autostrade” e della

joint venture Rai–Autostrade

che è “inforadio”; le banche e

il loro uso del benchmark per

i loro prodotti; Enel e Acea, le

Ferrovie dello Stato e la BNL.

In seconda battuta D’Anselmi

passa ad attori più calati nel

contesto concorrenziale, da

cui istintivamente ci aspettia-

mo di più: vediamo come

Microsoft tratti, o meglio

ignori, Linux, troviamo

MacDonald’s (che tutto som-

mato non sembra sotto la suf-

ficienza), Total e Nike, ma

anche Médécins sans frontiè-

res, la Compagnia di Gesù e le

banche di credito cooperativo.

Comprendiamo come le buro-

crazie cerchino di sfuggire

alla valutazione e vivano in

un’anarchia dell’accountabi-

lity in un elenco che potrebbe

continuare all’infinito. A que-

sto punto l’analisi dell’autore

spicca il volo… in senso posi-

tivo con quattro considerazio-

ni di più ampia portata, quat-

tro sfaccettature del fenomeno

del “lavoro irresponsabile”:

• l’esistenza dell’evasione del

Pagina 14 Il costo del combattere i mulini a vento

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DI VISTA

Don Chisciotte

Pablo Picasso, 1955

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in primo piano una magagna

dicendo “ci vorrebbe così

poco” a rimediare, mi do-

mando se non andrebbe fatta

anche una riflessione:

- sui costi-benefici dell’op-

posizione responsabile e

individuale (i costi sono solo

miei e vengono tutti subito,

“mi prendono per matto”, i

vantaggi resta da vedere se

mai verranno e in ogni caso

sono miei per una quota mi-

nima);

- sulle radici culturali di que-

sti comportamenti, che ne

spiegano il perdurare al di là

della loro evidente disutilità.

Per individuare percorsi di

cambiamento, che è già un

facilitare la strada del cam-

biamento, non bisogna anche

individuare quali dislocazio-

ni di interessi, quali soggetti

portatori di interessi nuovi

potrebbero offrire legittimità

a comportamenti nuovi?

Alessandro Ferrara

(continua da pag. 14)

Alla fine il colpo di scena: in

questo sfascio che il lettore

divertito è stato condotto a

ripercorrere, c’è un colpevo-

le, un bad guy, un assassino:

«… quell’assassino sei tu,

ipocrita lettore…», che ti

agiti, imprechi e ti chiami

fuori come il barbiere di Sta-

lin. Qui vorrei innestare due

riflessioni, uno stimolo, pur

premettendo che concordo

pienamente con l’analisi fin

qui condotta. Vorrei, tutta-

via, richiamare due coni d’-

ombra che mi sono saltati

agli occhi. Il primo è che da

parte di un cultore di policy

analysis, versato nelle sotti-

gliezze della teoria della

scelta razionale, non venga

applicata questa stessa visio-

ne all’assassino -- io lettore

che lascio correre. Concorso-

poli ogni tanto va sulle pagi-

ne dei giornali, vai a com-

prare un computer e il vendi-

tore spiega a me, docente di

ruolo, che i concorsi univer-

sitari sono tutti fasulli, già si

sa chi deve vincere e la com-

missione sta li ad avallarlo

con le dovute forme, è di-

ventato un senso comune.

Ma io ricordo bene quando

le stesse cose le diceva un

anziano professore associato

ormai fuori dai giochi, 12 o 15

anni fa, e le scrisse sui giorna-

li e fu preso per pazzo, smen-

tito autorevolmente, invitato a

fare i nomi o tacere, minaccia-

to di denuncia per calunnia.

Fu emarginato, “mobbizzato”,

anche se allora non esisteva il

termine. Allora, perché qui

l’analisi costi-benefici spari-

sce di scena, come se tutti

avessero una vocazione eroica

e d’incanto potesse sorgere

una cultura della responsabili-

tà? Perché D’Anselmi non

parla dei costi-benefici della

lotta ai mulini a vento? Non

vorrei cadere nella giustamen-

te stigmatizzata cultura della

“malaise”, che assolve tutti,

però io avrei apprezzato una

sfumatura un po’ più tragica,

oltre che ironica. La situazio-

ne che l’autore descrive, come

tutte le situazioni di potere

arbitrario consolidato, pone

chi ci incappa nella sfortunata

alternativa “o colludi o colli-

di”. Collidere è qualcosa che

la nostra coscienza può dettar-

ci: ma ci conduce a una “vita

contro” che è francamente

supererogatoria. Allora, se

vogliamo evitare il rischio di

scrivere una gigantesca

“lettera al direttore”, che spara

Pagina 15 Il costo del combattere i mulini a vento

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DI VISTA

Alessandro Ferrara

Paolo D’Anselmi

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criminale di Al Capone. Non a caso, nel corso del conflit-to vengono utilizzati tutti gli strumenti tipici della conte-sa: dalla minaccia (si pensi alla scena in cui lo sgherro di Capone ricorda a Ness “che avere una famiglia è bello, ma bisogna fare atten-zione che non gli capiti qual-che cosa”), alla promessa di premi (come nella scena della tentata corruzione, cui Ness risponde ricordando le abitudini degli antichi roma-ni in merito). D’altro canto, anche gli “Intoccabili” utiliz-zano alcuni metodi non orto-dossi poiché, come afferma Jim Malone (Sean Connery), “se vuoi aprire il ballo con questa gente, devi essere preparato a batterti con ogni mezzo, perché nessuno potrà farli smettere, finché uno di voi due sarà morto”. Il contrario della contesa è per molti versi la resa, in cui la persona rinuncia comple-tamente ai propri interessi, pur di soddisfare quelli della controparte. Un tipico caso di resa è quella attuata dal regista Adam Kesher (Justin Theroux) nel conturbante “Mulholland Drive” di Da-vid Lynch. Infatti, il regista, dopo un primo tentativo di resistenza e soprattutto dopo un collo-quio chiarificatore con un inquietante cowboy, decide di accettare l’imposizione di una ragazza come protagoni-sta del suo film, come richie-sto espressamente (“non è una raccomandazione, è lei la ragazza”) dai finanziato-

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Nei precedenti numeri de “Il Punto” abbiamo illustrato le origini e le tipologie di con-flitto, specialmente in ambito organizzativo. Ora è giunto il momento di analizzare i pos-sibili esiti del conflitto, par-tendo anzitutto dall’analisi degli approcci adottati dai soggetti coinvolti. Essi, sulla base della classificazione fatta da Pruit e Carnevale nel libro Negotiation in social conflict (1993), sono stati suddivisi in sei tipologie differenti: la contesa, il pro-blem solving, il compromes-so, la resa, l’inazione e l’ab-bandono. Queste tipologie derivano dal differente grado di attenzione del singolo soggetto nei confronti degli interessi propri e delle con-troparti; in particolare, si avrà una tendenza: • alla contesa da parte di

soggetti che hanno una forte attenzione per i pro-pri interessi, ma una scarsa attenzione per quelli della controparte;

• alla resa da parte di sog-getti che hanno una scarsa attenzione per i propri inte-ressi, ma una forte atten-zione per quelli della con-troparte;

• al problem solving da parte di soggetti che hanno una forte attenzione sia per i propri interessi, sia per quelli della controparte;

• al compromesso da parte di soggetti che hanno una media attenzione sia per i propri interessi, sia per quelli della controparte;

• all’inazione o all’abbando-no da parte di soggetti che hanno una scarsa attenzio-

ne sia per i propri interessi, sia per quelli della contro-parte. La differenza tra que-sti due comportamenti sta nella loro durata, visto che l’inazione può essere tem-poranea, mentre l’abbando-no è un comportamento che determina esiti definitivi.

È chiaro che l’esito del con-flitto non dipende solo dall’-approccio adottato da un sog-getto, ma anche da quello delle controparti, oltre che da altri fattori, come gli aspetti sostanziali, emozionali e co-gnitivi del conflitto. Tuttavia, è innegabile che il comporta-mento dei soggetti influenzi l’esito del conflitto e, a ripro-va di ciò, illustreremo alcuni esempi illuminanti, tratti da film celebri. Partiamo da un caso di con-flitto, tratto dal film “Gli in-toccabili” di Brian De Palma, che racconta la lotta senza esclusione di colpi tra Al Ca-pone (Robert De Niro), il gan-gster che negli anni ’20, con-trollava il traffico di alcolici illegali a Chicago, e un grup-po di poliziotti determinati e incorruttibili, chiamati per questo motivo “Intoccabili”, guidati da Eliot Ness (Kevin Costner). Nel conflitto tra Al Capone e gli “Intoccabili”, l’approccio adottato da en-trambe le controparti è sicura-mente classificabile come una contesa, anche per la completa incompatibilità dei loro obiet-tivi: da una parte il gangster è intenzionato a fare sì che le proprie attività illecite possa-no continuare a prosperare, dall’altra il gruppo di Ness ha come obiettivo principale quello di fermare l’azione

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Match Point

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Match Point reso più drammatico, dall’-eccesso di azione e di rabbia dei soggetti coinvolti. Un esempio paradigmatico in tal senso è dato da Giancar-lo Iacovoni (Sergio Castel-litto), il padre della protago-nista del delizioso “Caterina va in città” di Paolo Virzì. Giancarlo è un insegnante di ragioneria in perenne con-flitto contro la società italia-na: contesta il sistema scola-stico, tanto che nell’incipit del film apostrofa gli alunni, che sta per lasciare dopo aver ottenuto il trasferimen-to a Roma, con la frase “siete una delle peggiori e più avvilenti esperienze che si possano augurare ad un insegnante”; contesta so-prattutto il sistema editoria-le, che non riconosce il va-lore del suo romanzo, per-ché, come denuncia al Mau-rizio Costanzo Show, “in questo Paese c’è spazio solo per chi appartiene a certe conventicole, a certe con-sorterie”. La sua lotta si rivela ovviamente senza speranza e anzi provocherà il progressivo distacco dalla moglie; quando si renderà conto che anche i pochi ca-pisaldi familiari stanno ve-nendo meno, non gli resterà altra strada che l’abbando-no. Nei titoli di coda del film lo vediamo girare con la sua amata moto in Paesi stranieri, lontano da una società che non capisce e da una famiglia che non lo ama più. Gianluca Murgia

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ri, due fratelli mafiosi appas-sionati di buon caffè. Una situazione simile è de-scritta anche in “Pallottole su Broadway” di Woody Allen, nel quale David Shayne (John Cusack) chiede aiuto ad un boss, pur di riuscire a mettere in scena la sua com-media. In cambio dell’appog-gio, il boss impone la propria pupa come protagonista e, per garantire la buona riusci-ta della cosa, affianca al regi-sta un suo sgherro, Cheech (Chazz Palmenteri). Il con-flitto tra Shayne e Cheech prende presto la forma di un problem solving, anche per-ché quest’ultimo si affeziona alla commedia e comincia a suggerire miglioramenti, fino a giungere all’eliminazione della pupa la cui interpreta-zione lasciava molto a desi-derare… Se il conflitto di “Pallottole su Broadway” si risolve in una soluzione efficiente per tutti, a parte la pupa, non altrettanto si può dire dell’e-sito del conflitto descritto ne “Il calamaro e la balena” di Noah Baumbach. Questo film racconta, senza eccessi drammaturgici, la storia di un divorzio tra una coppia di scrittori newyorchesi, Ber-nard Berkman (Jeff Daniels) e Joan Berkman (Laura Lin-ney), focalizzandosi in parti-colare sulle reazioni dei due figli adolescenti. Come spes-so capita in situazioni simili, la soluzione trovata, ad e-sempio nella divisione dei giorni di affidamento dei figli, rappresenta un compro-

messo, dove l’obiettivo è l’ottenimento di reciproche concessioni, piuttosto che una soluzione che massimizzi la qualità della vita di tutti i familiari. Una soluzione ancora più insoddisfacente è quella che caratterizza il conflitto tra Dolores Claiborne (Kathy Bates) e la figlia Selena St. George (Jennifer Jason Leigh) ne “L’ultima eclissi” di Taylor Hackford. Il rap-porto tra le due donne è, in-fatti, impregnato di solitudine e silenzio, a causa dell’ina-zione delle due protagoniste che impedisce al conflitto latente di esplodere, ma an-che di giungere a una conclu-sione chiarificatrice. Ciò è dovuto da un lato al carattere chiuso di Dolores, che non riesce a far comprendere alla figlia quanto è stata disposta a fare per salvarla, dall’altro al risentimento di Selena, che ritiene la madre responsabile della morte del padre, ma che, piuttosto che affrontare il problema, ha preferito co-struirsi una nuova vita lonta-na da lei. Il ricongiungimento tra le due donne avverrà solo quando la figlia si troverà costretta a difendere la madre dall’accusa di omicidio della sua padrona; il soggiorno forzato costringerà entrambe a confrontarsi con sé stesse e con l’altra, fino al disvela-mento di segreti inenarrabili che porteranno la pace in famiglia. Se in questo caso l’inazione ha determinato un prolungar-si del conflitto, in altre occa-sioni esso è dovuto, o almeno

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L' Ap .

Le decisioni a razionalità limitata

Workshop della Scuola d’Impresa Lunedì 25 gennaio 2010, ore 9:30 – 11:30

Facoltà di Ingegneria

La vita di ciascuna organizzazione è un susseguirsi di decisioni in merito a problemi da af-frontare o ad opportunità da cogliere per poter continuare a prosperare nel proprio ambiente competitivo. Tali decisioni coinvolgono, naturalmente, molte aree e molte persone, ciascuna con il proprio bagaglio di esperienze professionali ed il proprio punto di vista sulle reali ne-cessità ed i reali obiettivi dell’organizzazione. Nei casi migliori – rari, peraltro – le decisioni che le organizzazioni si trovano a dover af-frontare possono contare su una definizione chiara e condivisa del problema e sulla disponi-bilità degli strumenti per la risoluzione dello stesso: in questi casi, quindi, per quanto l’iden-tificazione della soluzione migliore e la sua applicazione possano essere complicate, si è certi di poter giungere ad una conclusione positiva. Esistono, tuttavia, numerose situazioni in cui il processo decisionale sembra essere messo in crisi già dall’inizio proprio per la mancata convergenza di opinioni delle aree coinvolte rela-tivamente agli obiettivi da raggiungere ed alle priorità da rispettare: ciò è dovuto al sussistere di condizioni di razionalità limitata, che possono esplicarsi nella mancanza di informazioni complete ed attendibili e nella difficoltà di caratterizzazione dello scenario di riferimento nel quale la decisione si inserisce. Inoltre, la decisione può essere resa ancora più difficile dalla necessità di integrare in essa contenuti disciplinari differenti, il rispetto di obiettivi contra-stanti o aspetti qualitativi, per loro natura difficilmente trattabili attraverso modelli di solu-zione formali. Nelle situazioni appena descritte si rivela particolarmente utile fare riscorso all’Anal-ytic Hierarchy Process come strumento metodologico sia per la risoluzione del problema che per la ricerca di un accordo sugli obiettivi e sulle priorità fra le parti coinvolte. Il semina-rio vuole, quindi, introdurre i concetti fondamentali di questa metodologia, illustrandone le potenzialità attraverso il ricorso alla presentazione di casi pratici.

Workshop a cura di Agostino La Bella e dello staff della scuola d’Impresa. La partecipazio-ne è gratuita, ma limitata a 40 persone. Per informazioni e prenotazioni: Dott.ssa Federica Lorini Recapiti: 06/72597294 [email protected]

La Scuola d’Impresa ricorda:

Introduzione alla Social Network Analysis e alcune applicazioni nel Management e nel Marketing

Workshop della Scuola d’Impresa Lunedì 21 settembre 2009, ore 9:30 – 11:30

Facoltà di Ingegneria

Per informazioni e prenotazioni: Dott.ssa Federica Lorini Recapiti: 06/72597294 [email protected]

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L' Ap .

Sono ancora aperte le iscrizioni alla XI edizione del Master Universitario di II livello in Ingegneria dell’Impresa, canale aula-blended e canale on-line, di cui è direttore il Prof. Agostino La Bella, Prorettore per l’Organizzazione e lo Sviluppo dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Il Master è destinato a laureati in discipline tecniche scientifiche o economico-sociali, dirigenti e quadri di aziende ed enti pubblici e privati che desiderino aggiornare la propria preparazione su argomenti inerenti l’organizzazione e la gestione d’impresa. Lezioni AULA - BLENDED: 10 ore di lezioni settimanali suddivise in due pomeriggi. Il mer-coledì i corsi saranno erogati on-line mentre il venerdì pomeriggio le lezioni saranno fruibili in aula. WEB: lezioni accessibili 24 ore su 24 - 7 giorni su 7, erogati in lingua inglese; interat-tività costante con i docenti in modalità asincrona. Il sabato mattina sono previsti incontri facoltativi con i docenti fruibili dagli studenti di entrambi i canali. Il Master si articola in due indirizzi:

Attività Outdoor Durante il Master verranno organizzate attività al di fuori del Campus universitario con il duplice obiettivo di fornire ulteriori occasioni di incontro che favoriscano l’in-tegrazione dei partecipanti e l’applicazione concreta di alcuni dei concetti acquisiti durante i corsi in ambienti che riproducono metaforicamente situazioni di business. La partecipazione a questo tipo di attività è facoltativa. Possibilità di stage e borse di studio. Sono previsti finanziamenti agevolati concessi da istituti di credito. Per maggiori informazioni contattare la segreteria del Master. Il costo del Master è di 7.900 Euro. La domanda di ammissione al Master (su format scaricabile dal sito www.masterimpresa.it), non vincolante ai fini dell’immatricolazione, potrà esse-re inviata via e-mail all’indirizzo [email protected]

Per informazioni: Segreteria del Master in Ingegneria dell’Impresa — Facoltà di Ingegneria Università di Roma “Tor Vergata”, Via del Politecnico 1 - 00133 Roma Tel +39 6 7259.7361- 7302, Fax +39 6 7259.7305 [email protected] www.masterimpresa.it

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SUCCESSIVO

Nel prossimo numero… a metà dicembre…

• Villa Mondragone, a cura di Rodolfo Maria Strollo su A che punto è l'impresa? • Un nuovo avvincente articolo dedicato al mondo cinematografico in Match Point. • Nuovi divertenti enigmi da risolvere su Il Punto esclamativo.

Chi non desiderasse ricevere i prossimi numeri può inviare una email a: [email protected]

• Direzione d’impresa • Leadership e gestione del cambiamento

Con questo numero Il Punto raggiunge la tiratura di 100.000 copie. Nel ringraziare i nostri lettori desideriamo offrire a tutti gli interessati l'accesso gratuito al Corso multimediale "Fondamenti di Leadership". Per ottenere le credenziali di accesso scrivere a: [email protected]