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Le quattro lezioni introduttive del nostro corso riguardano le origini dei Savoia.

Esse coprono all’incirca i primi 500 anni di storia di questo casato (sino ai primi decenni del

’500 e hanno lo scopo di dare informazioni fondamentali sulle vicende di questo periodo.

La storia dei circa 300 anni seguenti (sino al regno di Carlo Felice incluso) sarà invece trattata

con dettaglio ben maggiore nelle circa 40 lezioni successive.

Come mostrato in modo sommario in questo grafico, il potere e il prestigio dei Savoia cresce

progressivamente per circa 450 anni a partire all’incirca dall’anno 1000, subisce poi un

periodo di crisi che dura un centinaio di anni, per riprendere poi crescere con continuità a

partire dal ducato di Emanuele Filiberto.

Il periodo di crisi coincide all’incirca con il periodo di passaggio da Medioevo all’Era

moderna: un periodo caratterizzato dall’affermarsi dei grandi stati nazionali e dalla crisi di

molti stati minori, molti dei quali non si sono più risollevati da quella crisi, cosa che invece è

riuscita allo stato dei Savoia.

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Questo elenco sintetizza le principali differenze tra il periodo del quale parliamo in questo

discorso sulle origine dei Savoia e il periodo che tratteremo in quanto segue: sono le

differenze tipiche tra Medioevo e Era moderna.

Le prime due voci elencate rendono in genere assai complessa la trattazione delle vicende del

Medioevo; per questi motivi e per il limitato periodo di tempo che si dedicherà a questo

periodo, la trattazione dei fatti sarà alquanto sommaria e soggetta a qualche semplificazione.

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Come si osserva il periodo storico trattato nella seconda e nella terza lezione sono in buona

parte sovrapposti.

Nella seconda parleremo infatti delle vicende della parte principale dello stato dei Savoia, che

in questo periodo è quello al di la delle Alpi; nella terza parleremo più in dettaglio delle

vicende della parte piemontese, dove il potere è stato in questo periodo esercitato dalla

famiglia dei “Principi di Acaia”, in qualità di vassallo dei Conti di Savoia.

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Dopo la caduta dell’Impero Romano, in Europa nacquero numerosi Regni Barbari, che verso

la fine del millennio furono riuniti in un unico grande impero dal sovrano di uno di questi

regni: Carlo I Re dei Franchi, detto Carlomagno.

Carlomagno inizia la sua carriera nel 768, alla morte del padre Pipino il Breve, e nel 800 è

incoronato Imperatore, dal Papa.

Alla morte di Carlomagno, nel 814, il suo regno passa prima al figlio (Luigi il Pio, noto anche

come Ludovico il Pio, essendo i due nomi possibili traduzioni del nome francese Louis) e poi

ai nipoti, che se lo spartiscono in modo alquanto turbolento.

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E’ interessante in particolare vedere la ripartizione che i nipoti di Carlomagno fecero con

l’accordo di Verdun nel 843: la parte occidentale sarà quella che darà origine alla Francia,

quella orientale darà origine alla moderna Germania. La parte centrale, la cosiddetta

Lotaringia, sarà invece per centinaia di anni oggetto di feroci contese (sino alle due guerre

mondiali del 1900) e ancor oggi e suddivisa in molti stati: Olanda, Belgio, Lussemburgo,

Svizzera, Italia.

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Con lo spezzarsi della Lotaringia, nella zona a nord delle Alpi si forma il cosiddetto Secondo

Regno di Borgogna (il primo era uno dei regni barbari) che include territori dall’attuale

Delfinato, alla Savoia sino a parte della Svizzera.

Questo regno non ha vita tanto felice: i tempi sono difficili per le scorrerie degli Ungari (prima

metà del 900) e dei Saraceni (decenni centrali del 900). Curiosamente solo i secondi lasciano

profonde tracce nella toponomastica e nella leggenda (ma sembra che dal francese “Hongroi”

sia derivata la parola francese “Ogre”, cioè Orco).

I Re borgognoni per di più non hanno fama di essere dei grandi sovrani (sono talvolta detti Re

“fannulloni” o “vagabondi”) con poche eccezioni una delle quali è la regina Berta, passata alla

leggenda per la saggezza e l’operosità dimostrate mentre reggeva il regno durante l’assenza del

Re, impegnato a combattere gli Ungari.

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Berta cerca di trasmettere alle fanciulle del regno la sua operosità, insegnando loro a filare; e

lascia il rimpianto per i tempi in cui “Berta filava”.

Qui vediamo la regina Berta nella riproduzione di un quadro ottocentesco (del celebre pittore

svizzero Albert Anker) tratta da un vecchio libro per le scuole inferiori svizzere.

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Nel 1032 il re di Borgogna Rodolfo III muore e lascia il suo regno all’Imperatore Corrado II

(noto anche come Corrado II il Salico). Il figlio della sorelle di Rodolfo, Eude (o Ottone) di

Blois, non è d’accordo e cerca di prendere il potere scatenando dei disordini. Tra i funzionari

del regno che si schierano dalla parte di Corrardo II e lo aiutano militarmente, assicurandogli il

successo e guadagnando una parte di potere, c’è un certo “conte Umberto” che diverrà il

capostipite della casa Savoia (detto Umberto Biancamano).

Siamo poco dopo l’anno 1000 ed è questo il tempo in cui nasce, in Germania e in Francia, il

Fudalesimo : il Sovrano non nomina più semplicemente dei funzionari a tempo (funzionari già

ai tempi di Carlomagno chiamati Conti, o Marchesi per le contee più importanti) ma li nomina

a vita, conferendo loro il diritto a trasmettere il titolo agli eredi e trasferendo su di loro buona

parte della sua autorità, soprattutto fiscale e di giustizia, sul territorio. In cambio, i feudatari

devono al sovrano aiuto, soprattutto militare, e devono periodicamente rinnovare un

giuramento di fedeltà. I grossi feudatari fanno a loro volta qualcosa di analogo con i loro

funzionari, che divengono così loro vassalli.

Azione tipica dei feudatari medioevali è quella di cercare di ampliare il più possibile i diritti

sovrani ad essi delegati per arrivare a una sostanziale indipendenza, mantenendo verso il

sovrano una dipendenza puramente formale, che ha l’importante scopo di testimoniare al

mondo il loro diritto a governare.

I piccoli feudatari scelgono talvolta di cambiare padrone, dandosi a un grande feudatario

diverso da quello originario.

E’ ovvio che l’uno e l’altro di questi fatti sono causa di interminabili conflitti. Come causa di

conflitti sono le dispute sui sempre incerti confini dei territori.

I Savoia non sono la sola famiglia della zona ad emergere in questo periodo, nel seguito ne

citeremo altre, che verranno prima o poi in contatto e in contrasto con i Savoia.

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La regione dove si è sviluppato lo stato di Savoia, qui mostrato con i suoi confini alla morte di

Amedo VIII, cioè alla sua massima espansione prima degli anni della crisi.

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Storicamente il periodo dal 1000 alla fine del secolo1200 è un periodo di relativo benessere,

per il clima e per le innovazioni nell’agricoltura, caratterizzato da una espansione economica e

demografica, specialmente nelle città.

Importanti avvenimenti:

- le crociate (dal 1095 al 1270 ce ne sono sette);

- nasce la lotta tra Papato e Impero, inizialmente per le investiture dei vescovi, che hanno

potere temporale nelle città;

- si forma il potere dei Comuni, quando i Vescovi-Conti sono affiancati e poi spesso esautorati

da Consoli (Torino ha consoli dal 1140); alla fine di questo periodo i comuni cadono per le

lotte intestine tra le famiglie divenute potenti;

- nel sud agli Svevi si sostituiscono gli Angiò (che arriveranno a competere anche in

Piemonte);

- nascono ordine religiosi: Certosini, Domenicani, Francescani (Francesco nasce nel 1180); e

nascono anche grandi eresie (Pietro Valdesio nasce nel 1140 circa; la grande Crociata contro i

Catari, o Albigesi, è del 1210-1230 circa).

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I numero indicati accanto ai nomi rappresentano l’anno di salita al potere (non quello di

nascita) e la durata degli anni di potere (normalmente sino alla morte). In alcune diapositive

questi numeri sono preceduti dall’età alla quale il personaggio storico è salito al potere.

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L’esistenza del conte Umberto I, più comunemente detto Umberto Biancamano, è

sostanzialmente certa, anche se i documenti originali su di lui non sono molti e non si hanno

sulla sua vita notizie precise (qui il suo regno è indicato dal 998, epoca in cui era ancora

funzionario del regno di Borgogna).

Umberto, come già detto, si schiera dalla parte dell’Imperatore Corrado II e gli offre aiuto

militare. In cambio riceve in feudo territori, tra cui quelli su cui agiva già come funzionario.

Sono territori importanti perché controllano tre passi alpini.

Non è chiaro da dove arrivi il soprannome “Biancamano” , che poco si sposa con le virtù

guerriere di questo conte e che è usato solo dal 1300. Sembra che un documento antico lo

definisse come “Blancis Manibus” (dalle bianche mani); qualcuno afferma che fosse un errore

di trascrizione del termine originale “Blancis Moenibus” (dalle bianche fortezze, alludendo

alle robuste fortezze in pietra o a castelli montani bianchi di neve).

Umberto sposa una certa Ancilla o Auxilia: è un’unione felice, sembra con quatto figli maschi,

due dei quali furono poi conti in successione.

Muore verso il 1047 ed è sepolto nella cattedrale di St. Jean de Maurienne. La città base del

dominio di Umberto non era infatti Chambery, ma Saint Jean de Maurienne. Non parliamo di

“città capitale”, poiché a quei tempi le corti erano in genere fisse in una precisa città, ma

itineranti tra un castello e l’altro, sia per controllare meglio il territorio che per distribuire sul

territorio il peso della corte.

Saint Jean de Maurienne era la città più importante, anche per il fatto di possedere una

preziosa reliquia: un dito di San Giovanni. (La mano che mostra il dito indice è ancor oggi uno

dei simboli della città, ed è incisa sulla lama dei coltelli della manifattura Opinel).

Nella diapositiva una immagine fantastica , del secolo 1600, raffigurante Umberto I.

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I territori di Umberto I comprendono all’incirca la Moriana (I Savoia saranno indicati

inizialmente come “Conti di Moriana”) il Chiablese, la Savoia, piccola parte della Tarantasia

e la Valle d’Aosta.

Caratteristica importantissima di questi territori è quella di controllare diversi passi alpini: il

Monceniso (poco usato da Romani, ma “scoperto” al tempo di Carlomagno) il Piccolo S.

Bernardo, e il Gran S. Bernardo. Chiunque transita deve pagare pedaggi e comperare la

protezione del signore che controlla i passi.

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Le origini di Umberto non sono note: probabilmente erano quelle di una famiglia di ceppo

locale che, al servizio dei Re di Borgogna, era arrivata ad avere ruoli importanti. Dopo il

successo dei Savoia furono però fatte numerose altre ipotesi, tutte più o meno fantastiche.

All’inizio del 1400, uno storico di corte (Giovanni d’Orville detto Cabaret) per compiacere

Amedeo VIII, che stava per essere elevato al rango di Duca dell’Impero, ipotizzò un’origine

germanica dei Savoia.

Storici più moderni, cioè di quando la fortuna dei Savoia era ormai centrata sul lato italiano,

riuscirono anche a ipotizzare origini italiane (abbastanza fantastiche) della famiglia di Umberto

Biancamano.

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Secondo lo storico “Cabaret”, Umberto Biancamano sarebbe diretto discendente di un certo

Beroldo, che era arrivato al regno di Borgogna dalla Sassonia (vale a dire dalla Germania)

dopo complicate avventure al servizio dell’Imperatore, che ne fanno una sorta di prototipo del

cavaliere senza macchia e senza paura.

In una raffigurazione di Beroldo, ovviamente fantastica e dell’origine del 1600, il personaggio

compare ornato del cavallino, simbolo araldico di diverse località germaniche, in particolare

della Wetsfalia.

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Ritroviamo il cavallino sugli stemmi che i Savoia adottano da Emanuele Filiberto in poi (fu

poi Carlo Alberto a semplificarlo di molto) nel quarto dello stemma che ricorda le origini della

famiglia.

Lo stesso cavallino fu poi inserito negli stemmi dei reggimenti di cavalleria sabaudi (in

particolare Piemonte Cavalleria).

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Nel corso della prima guerra mondiale, l’arma della cavalleria aveva introdotto una nuova

specialità: l’aviazione.

Un nobile ufficiale di cavalleria passato all’aviazione, Francesco Baracca, adottò il cavallino

come simbolo della sua squadriglia, prima di cadere in una battaglia aerea verso la fine della

guerra.

Alcuni anni dopo, il conte Baracca, padre di Francesco, suggerì a un pilota di automobili, che

si stava mettendo in proprio come costruttore, di adottare il simbolo del figlio.

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Questo pilota, che si chiamava Renzo Ferrari, aggiunse il colore giallo canarino proprio della

città di Modena e creò il simbolo della sua casa automobilistica.

Solo negli anni intorno al 1950 un’altra casa automobilistica con sede a Stoccarda, città

tedesca che ha nel suo stemma un cavallo, decise di aggiungere al suo logo un cavallino, che

da allora compare nello scudetto della Porsche.

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Figlio primogenito di Umberto tiene la contea per pochi anni.

Certo poco importante, di lui si sa poco; il soprannome sembra sia dovuto al numeroso seguito

che si portò appresso quando andò ad omaggiare l’Imperatore e da cui non si voleva mai

separare.

Ebbe un figlio (forse due) che non sopravvisse al padre, e alla sua morte la contea passò al

fratello Oddone.

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Figlio di Umberto Biancamano, arriva al potere alla morte del fratello.

Nella dinastia dei Savoia è un personaggio molto importante soprattutto per il matrimonio che

ha fatto: sposa Adelaide di Torino (chiamata anche, ma un poco impropriamente, Adelaide di

Susa) erede di quella porzione dell’impero di Carlomagno che era chiamata la Marca d’Italia

(o la Marca di Torino) e che comprendeva buona parte dell’attuale Piemonte e della Liguria.

Questa marca era stata a suo tempo assegnata al marchese Olderico Manfredi, morto senza

figli maschi, ma con una figlia: Adelaide.

Per le leggi del tempo Adelaide, in quanto donna, non può avere il titolo di Marchese, e

l’Imperatore decide di affiancarle un marito di sua fiducia, cercandolo ovviamente tra gli

uomini degni del futuro rango.

Il marito scelto muore presto, così accede per un secondo marito; il terzo prescelto è Oddone,

nel 1046. Anche lui non vive molto a lungo (una dozzina di anni), ma alla sua morte Adelaide

gli ha già dato cinque figli: Pietro, Amedeo, Berta, Adelaide e Ottone.

Sembra che Oddone sia stato più volte a Torino, alloggiato nel palazzo della moglie: il primo

Savoia ad essere a Torino.

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Morto Oddone, per molti anni Adelaide reggerà, oltre alle sue proprie terre, anche la contea di

Savoia, prima come tutrice o come consigliera dei figli e di un nipote.

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Adelaide (1016 - 1091) è una donna abile ed energica; governa con saggezza ed energia, anche

sul dominio dei Savoia per conto dei figli e poi del nipote, per circa 30 anni. Unica importante

perdita, nel corso della sua assennata gestione, fu forse quella delle terre dell'alta val di Susa,

della val Chisone e della perte pià alta della valle Varaita, delle quali si impadroniscono i conti

di Albon (detti anche Delfini). Nel 1070 fece incendiare Asti che si era ribellata.

Figlia di Oddone e di Adelaide fu Berta, sposa dell’imperatore Enrico IV: l’Imperatore che

aveva dato avvio alla lotta contro il Papato. Berta, trattata duramente dal marito, nel 1077 lo

accompagna a Canossa per chiedere il perdono del Papa Gregorio VII: uno degli episodi più

noti della lotta tra Papato e Impero. In questo viaggio passano nei territori dei Savoia (Canossa

è dalla parti di Reggio Emilia) e sono ospiti di Adelaide: una delle promotrici dell’incontro

insieme con la più nota Matilde di Canossa. Adelaide, mentre obbedisce ed onora il Pontefice,

riesce a non inimicarsi l’Imperatore, perché sa districarsi tra le due distinte autorità, l'una

spirituale, l'altra temporale. Anche Adelaide accompagna l’Imperatore a Canossa, insieme con

il figlio Amedeo; in cambio dell’aiuto i Savoia ebbero delle terre nel Bugey.

Nel 1091Adelaide muore ed è sepolta nella chiesa di Canischio, piccolo villaggio sopra

Cuorgnè, nella Valle dell'Orco, dove si era ritirata negli ultimi tempi (oggi la tomba è sparita).

Adelaide era anche una donna amante delle arti e virtuosa (tanto che restò sempre con lo

scrupolo di aver peccato accettando un terzo matrimonio, cosa che la Chiesa non approvava).

Nominata in parecchie cronache benedettine, come “Beata Adelaide”, il suo culto non è stato

mai riconosciuto.

Nella cattedrale di San Giusto a Susa vi è una statua di legno di noce, verniciata a bronzo, che

la rappresenta genuflessa in atto di preghiera.

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Primogenito di Oddone e Adelaide, governa sotto la tutela dell’energica madre.

Di lui si hanno poche notizie; la sua fama è comunque positiva: quella di un principe giusto e

stimato.

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Secondo figlio di Oddone e Adelaide, sale al potere alla morte del fratello Pietro, ma il

governo resta in pratica in mano alla madre.

Prima di prendere il potere si era fatta la fama di combattente valoroso, ma come conte regna

solo due anni.

Come già detto, nel 1077, insieme con la madre Adelaide accompagna l’imperatore Enrico IV

sino a Canossa; in cambio dell’aiuto questi da loro in dono delle terre nel Bugey.

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Figlio di Amedeo II, arriva al potere ancora giovane, ma sino al 1091 regna assistito dalla

nonna Adelaide, che scomparirà in quell’anno. Il soprannome sembra derivargli dalla sua

prestanza fisica.

Per la rimanenza dal suo regno, mancata la guida e l’autorità di Adelaide si scatenano gli

appetiti dei potenti del Piemonte (inclusi alcuni parenti, tra i quali i il marito di una figlia di

Pietro I) e di Francia.

Dalla parte francese, nei possedimenti più antichi della dinastia si difende bene, tanto che fu il

primo conte ad aggiungere al titolo di conte di Moriana anche quello di conte di Savoia.

Estende il suo potere effettivo anche su tutta Tarantasia (che passera formalmente ai Savoia

solo all’inizio del 1300).

Meno bene dal lato italiano; alla fine del suo regno (nel 1103) aveva perso quasi tutto il

territorio italiano, ad eccezione della valle di Susa e della valle di Aosta, riuscendo così a

tenere ben saldi i tre importanti passi alpini.

In valle di Susa si appoggia in particolare agli abati della Sacra di S. Michele, abbazia nata a

partire dall’anno mille circa. Altro punto importante nel possesso della valle di Susa è il

castello di Avigliana, che rappresenta la fortificazione di confine.

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Da quanto detto, si capisce come sia errata la comune affermazione che il matrimonio tra

Oddone ed Adelaide abbia segnato il passaggio del Piemonte ai Savoia: la Contea e la Marca

rimasero formalmente separate, e alla morte di Adelaide le terre piemontesi andarono quasi

tutte perse.

La riconquista dell’intero Piemonte sarà una impresa che ai Savoia richiederà secoli. Torino

tornerà ai Savoia solo verso il1280.

I contendenti che contrastarono i Savoia nella loro espansione in Piemonte furono:

- I molti signori locali, che in Piemonte finirono prima o poi di essere vassalli (se non dei

Savoia) dei due più importanti di loro: I Marchesi del Monferrato e i Marchesi di Saluzzo.

(Entrambe le famiglie, soprattutto i Monferrato, arrivarono relativamente forti sino alla fine del

1400).

- Il potere delle città, rappresentato prima dai Vescovi, funzionari dell’Impero, e poi dai

Comuni: forti furono soprattutto Asti e Vercelli, ma anche Torino (il Comune di Torino nasce

verso il 1140) e Chieri. Questo potere si spense verso la fine del 1200.

- Dal 1250 circa nel Piemonte occidentale arrivano gli Angiò, che restano combattivi sino a

circa il 1380, cioè per circa 100 anni.

- All’inizio del 1300 arrivano poi i Visconti, che saranno forti sino alla metà del 1400

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Gli avversari dal lato francese:

- Il regno di Francia, che via via si consolida e si ingrandisce, è ovviamente il principale

pericolo; e verso la Francia i Savoia dovranno sempre avere una politica di amicizia, pur

continuando a farsi rispettare.

Nel periodo sino ai primi decenni del 1400, l’appetito della Francia verso le terre dei Savoia è

frenato dai problemi che i Francesi hanno con altri avversari (soprattutto gli Inglesi). Ma nel

periodo di crisi dei Savoia la Francia arriva a prendersi quasi tutto il Ducato (inizio secolo

1500).

- I conti di Albon, detti anche “Delfini di Vienne” saranno fieri avversari sino a 1349.

- I conti del Faucigny (sino a metà1200) e i conti di Ginevra (sino a fine 1300); questi ultimi

sono spesso chiamati Conti del Genevese, perché avevano in mano il territorio, ma non la città,

che era in mano al Vescovo. Queste famiglie riconosceranno presto la supremazia di fatto dei

Savoia e i contrasti saranno limitati (ma vedremo che il Faucigny sarà fonte di problemi)

La città di Ginevra ha una storia a parte: per un lungo periodo nell’orbita dei Savoia, nel

corso del 1500 finirà per diventare un loro nemico storico.

- Gli Asburgo, che hanno la loro origine nei territori dell’attuale Svizzera, cercheranno, sino

alla fine del 1200, di ostacolare i Savoia quando questi si espanderanno nel Vaud. Savoia e

Asburgo cercavano di riempire il vuoto lasciato da una potente famiglia in estinzione: gli

Zaerhinghen.

- I Cantoni Svizzeri (la prima confederazione nasce nel 1291 tra Uri, Schwytz, e Unterwald)

saranno un po’ alleati, un po’ avversari dei Savoia; all’inizio del 1500 toglieranno però ai

Savoia molte terre.

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I conti di Albon:

- Emergono, come i Savoia, alla fine del II Regno di Borgogna (circa 1040) con Guigo I (sette

conti avranno questo strano nome: scritto talvolta alla francese: Guy, Guigue, e talvolta

storpiato in Guido o Ugo).

- Si espandono nell’attuale Delfinato (Grenoble e Briancon) e lottano a lungo con i Savoia

(nonostante diversi matrimoni uniscano le due famiglie).

- Fanno pressione verso il Piemonte negli ultimi decenni del 1000, con occupazione alte valli

Susa (sino a Chiomonte), Chisone (sino a Perosa), Varaita (sino a Casteldelfino).

- Nel 1133, Guigo IV è il primo ad essere chiamato “Delfino” forse dal nome di un parente

inglese; muore combattendo i Savoia (nel 1144).

- Nel 1349 il Delfino Umberto II cederà le sue terre alla Francia.

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Figlio di Umberto II, un suo zio materno era Papa Callisto II. Nella lotta tra papato e impero si

schiera perciò prevalentemente dalla parte del Papa (pur sapendo mantenere un certo

equilibrio). Si accosta anche alla Francia, dove è Re Luigi VI, che ha sposato una sua sorella:

Adelaide.

Sposa in seconde nozze (dopo prime nozze senza figli) la sorella del Delfino Guigo IV .

Questo non impedisce il sorgere di lotte tra i due, tanto che Guigo IV morirà (nel 1133) a

Montmelian combattendo contro i Savoia.

La nascita dei figli (sono 10 di cui 4 maschi) evita che i suoi territori passino alla sorella, cioè

al Re di Francia.

Un suo obiettivo è la riconquista di Torino, a quei tempi città non molto importante ma che

rappresenta un importante nodo stradale (fondamentale quindi per chi ha un reddito legato ai

passi).

Nel 1135 riesce ad entrare in Torino, che era tenuta da un vescovo sotto la protezione

imperiale. Vi entra con l’appoggio dell’aristocrazia contraria al Vescovo. Poco dopo deve però

abbandonarla; la riprende e infine la deve lasciare definitivamente.

Fa ristrutturare il castello di Avigliana e vi risiede per parecchio tempo (vi nasce il figlio

Umberto ).

Fa sorgere l’abbazia di Altacomba, sul lago di Bourget che diventerà particolarmente

importante per i Savoia (Prima i luoghi più sacri erano la cattedrale di St. Jean de Maurienne, e

l’abbazia di St. Maurice d’Agaune, nel basso Vallese, dove era avvenuto il martirio di S.

Maurizio e che era già sacra ai Re di Borgogna).

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Chiamato dal Papa, Amedeo III nel 1146 parte per la seconda crociata (con un migliaio scarso

di uomini) insieme con il Re di Francia Luigi VII, suo nipote, e con l’Imperatore Corrado III.

Sembra che i Savoia non abbiano preso parte alla prima crociata (svoltasi a partire dal 1095); il

conte di allora Umberto II era troppo alle prese con i problemi interni al suo territorio.

La seconda crociata è diretta verso il regno di Edessa, nell’Asia Minore, che i guerrieri della

prima crociata avevano creato e che era stato ripreso dai mussulmani.

La spedizione non riesce a raggiungere e a liberare Edessa, poiché mal organizzata e mal

condotta; in particolare è appesantita dai troppi bagagli (Luigi VII si porta dietro la consorte

Eleonora di Aquitania). I Crociati subiscono pesanti sconfitte, anche perché Amedeo III in

questa occasione non si rivela un buon stratega; parte dell’insuccesso viene anche da qualcuno

attribuito a questa mancanza (avanza troppo con l’avanguardia e espone il resto dell’esercito a

un agguato, che provoca una cocente sconfitta).

I crociati sono costretti ad andare a riorganizzarsi a Cipro, dove Amedeo muore, nel 1148. Fu

sepolto nella cattedrale di Nicosia.

Sembra sia stato il primo ad adottare sulle proprie insegne la croce bianca in campo rosso,

invece dell’aquila di Savoia. (Ma l’uso della croce sostituirà sistematicamente l’aquila solo con

Amedeo V, 150 anni dopo).

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Nasce nel 1135 ad Avigliana; i suoi anni di regno non saranno un successo e metteranno lo

stato dei Savoia in una condizione difficile da cui lo risolleverà il suo successore. Educato

dall’abate di Altacomba è incline alle pratiche religiose. Le responsabilità di governo lo

portano a dover essere più militare e diplomatico (senza grande successo) che religioso.

Già nel 1153 deve respingere con successo un attacco del Delfino Guigo V (che vuole

vendicare il padre), ma i guai peggiori gli vengono dai rapporti con l’Imperatore.

Il suo regno coincide con quello dell’imperatore Federico I (il Barbarossa) e con la sua lotta

contro i comuni italiani, che in quegli anni non vogliono riconoscere l’autorità dell’Imperatore.

Questo costringe Federico a scendere due volta in Italia; alla fine Federico arriverà ad accettare

una parziale autonomia di comuni. In questa lotta, che si accompagna alla lotta di Federico I

contro il papa Alessandro III, Umberto III pur evitando di schierarsi apertamente, si mette

sostanzialmente contro l’imperatore, con una sorta di resistenza passiva ai suoi inviti.

In qualche periodo i loro rapporti migliorano, ma poi peggiorano di nuovo. Migliorano ad

esempio quando Federico, sconfitto in Italia, deve transitare per il Moncenisio per tornare in

Germania (i passi più a est sono infidi). Umberto gli concede il passaggio, ma a Susa Federico

viene scacciato dai cittadini. Quando tornerà in Italia sette anni dopo, dallo stesso passo,

provvederà ad incendiare Susa, danneggiandola parecchio (e sembra distruggendo anche

importanti atti di archivio dei Savoia).

In conseguenza della sua ostilità all’Imperatore, verso al fine del suo regno Umberto è

dichiarato decaduto dall’Imperatore; in pratica non perde però il suo territorio e il suo potere,

perché l’imperatore non si spinge a combatterlo nei suoi territori al di la delle Alpi. Il figlio del

Barbarossa Enrico VI assedia, prende e distrugge l’importante castello di Avigliana, ma non

osa procedere oltre. Per i Savoia è comunque un momento molto difficile.

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Umberto III muore nel 1189 e viene sepolto ad Altacomba (primo tra i Conti di Savoia).

Aveva sposato tre donne; l’erede maschio Tommaso gli arriva solo dalla terza, Beatrice di

Borgogna (dalla prima nessun figlio, dalla seconda solo una figlia).

In genere gli storici danno una valutazione sostanzialmente negativa dell’operato di Umberto

III come uomo di stato, ma qualcuno sostiene che la sua politica era l’unica alternativa al

sottomettersi semplicemente all’Imperatore e ne fanno un paladino dell’indipendenza

regionale.

Viene per lungo tempo soprannominato “Il santo”, ed in effetti nel 1838 viene proclamato

Beato da Papa Gregorio XVI.

È uno dei cinque beati di casa Savoia (mancano i veri Santi), che incontreremo via via:

- Umberto III, Conte;

- Bonifacio, arcivescovo di Canterbury;

- Margherita di Acaia, marchesa del Monferrato e poi monaca;

- Ludovica, figlia di Amedeo IX;

- Amedeo IX, Duca.

La devozione e l’iconografia sabauda riguardano soprattutto Amedeo e Margherita, perché

sono proclamati beati sin dal secolo1600, mentre gli altri tre lo sono proclamati solo 1838

(cosa che avviene anche su spinta di re Carlo Alberto).

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Le terre dei Savoia alla morte di Umberto III sono più estese di quelle che erano

originariamente in possesso di Umberto I, in particolare:

- sul lato italiano comprendono anche la valle di Susa;

- con il possesso di fatto della Tarantasia le terre della Savoia e Moriana sono ben collegate a

quelle della valle di Aosta;

- a ovest la contea si è estesa nel Bugey e nel Viennese.

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Umberto III, molto pio, ha dato al figlio il nome di Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury,

ucciso (1170) nella cattedrale da uomini del Re di Inghilterra Enrico II, con cui era in conflitto.

Personaggio importante nella serie dei conti di Savoia , Tommaso I regna a lungo; da alcuni è

considerato il rifondatore della casa di Savoia, dopo i guai in cui si era messo Umberto III

Salito al potere a 11 anni , all’inizio del suo regno si riconcilia con l’Imperatore Enrico VI,

grazie all’azione del suo tutore Bonifacio di Monferrato. L’Imperatore preferisce avere i

Savoia come amici (Umberto III ha dimostrato che vogliono farsi rispettare) e ritira quindi i

provvedimenti presi contro i Savoia, anche se imponendo la rinuncia ad alcuni diritti.

Più tardi a capo dell’Impero si afferma Federico II (dopo diverse lotte e grazie alla sconfitta

del rivale Ottone IV nella battaglia di Buviness , nel 1214). Tommaso si mette decisamente

dalla sua parte, ottenendone diversi vantaggi. Per qualche tempo è anche Vicario Imperiale.

Nel 1223 acquista Chambery, che diventerà progressivamente la capitale della Contea (solo

circa cento anni dopo questo ruolo, sino ad allora non ben definito, diventa inequivocabile).

Cerca si espandersi nel Vaud (il matrimonio con Beatrice di Ginevra, nel 1195, gli offre una

base di partenza perché la moglie gli ha portato qualche terra nel Genevese) viene però

bloccato dai potenti locali, soprattutto dall’Arcivescovo di Ginevra.

Dal lato italiano, scende in valle di Susa: ristabilisce il dominio su Avigliana (ricostruendo il

castello) e poi (1198) toglie Pinerolo al potere degli Abati dell’abbazia di S. Maria, senza

umiliarli, ma venendo ad accordi. Pinerolo diviene una base importante per i Savoia (gli Acaia

la useranno come capitale). Dalla val di Susa e da Pinerolo contrasta le pretese di espansione

dei Delfini. Per cercare la pace, combina il matrimonio tra il primogenito Amedeo e la sorella

del Delfino, ma l’accordo dura poco e la lotta riprende. Nel 1228 deve di nuovo combattere.

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Nel resto del Piemonte Tommaso I è vigile e attento, svolge una incessante attività, stringendo

accordi se possibile e combattendo se necessario. La fama di principe valoroso e onesto lo

aiuta in questa azione (voleva dire fedeltà dei vassalli e possibilità di acquisirne dei nuovi).

Con il comune di Asti, allora era molto potente, fa accordi sulle vie commerciali per i mercanti

astigiani, in modo da tagliare fuori Torino. Agli accordi non sempre gli Astigiani tennero fede.

L’obiettivo di arrivare a Torino (in mano al comune dal 1140) gli sfugge. Ci sta lavorando

quando viene a morte nel 1233, nella valle d’Aosta. Fu sepolto nella Sacra di S.Michele.

Ebbe10 figli dalla prima moglie (Beatrice di Ginevra) e tre dalla seconda.

Una delle figlie, Beatrice, sposa il conte di Provenza Raimondo Berlinghieri, che regnava su

un importante territorio (la Provenza): significativo esempio dell’attenzione del Savoia

nell’imparentarsi con le famiglie al potere in Europa.

Beatrice ha fama di poetessa e primeggia nelle corti Europee. Alla sua a corte (ad Aix en

Provence) regnano la scienza e il buon gusto. Ebbe quattro figlie che fecero importanti

matrimoni, tanto che furono tutte e quattro regine, come ricordato da Dante.

Dante scrive i suoi versi nel contesto dell’esaltazione di un certo Romeo, consigliere di

Raimondo, che (secondo Dante) aiutò il Conte e poi la vedova ad accasare le figlie, e fu poi

esiliato dai Provenzali ingrati (Dante è sempre sensibile sulle persona esiliate ingiustamente).

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Il matrimonio delle figlie di Beatrice e Raimondo Berlighieri:

- Una figlia, Eleonora sposa Enrico III di Inghilterra.

- Un’altra, Margherita sposa Luigi IX (il Santo) Re di Francia.

- Un’altra ancora, Beatrice, nominata dal padre erede della Provenza, sposa Carlo d’Angiò

(fratello di Luigi IX) che diventa Re di Napoli e di Sicilia. La Provenza passa così agli Angiò,

che da quella cercheranno di passare in Piemonte, contendendolo ai Savoia (il loro primo

arrivo importante fu a Cuneo nel 1259; il loro attivismo in Piemonte durerà poco più di 100

anni, sino a circa il 1380).

- La figlia Sancia sposa Riccardo di Cornovaglia, eletto Re dei Romani (Una sorta di erede

designato al trono imperiale, dove però non arriverà per via di contasti interni all’Impero).

Uno dei figli di Tommaso, Bonifacio (1217-1270), è chiamato in Inghilterra dalla nipote

Eleonora (che ha sposato il Re Enrico III) diviene arcivescovo di Canterbury. Viene in

contrasto con Enrico III per difendere l’indipendenza del clero e dopo diverse avventure deve

tornare in Savoia (fu sepolto ad Altacomba). E’ eletto al rango di beato nel 1838.

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Figlio di Tommaso I, alcuni dei fratelli (che sono in tutto sei) lo ostacolano nella presa del

potere perché vorrebbero spartire le terre. Tra quelli che lo appoggiarono c’è il fratello

Tommaso: questi in cambio ottenne in feudo le terre piemontesi e viene designato erede in

caso di mancanza di figli di Amedeo.

Inizia con questo atto una divisione tra le terre piemontesi dei Savoia e quelle al di là delle

Alpi. La separazione non è totale (Tommaso è pur sempre vassallo di Amedeo) ma vedremo

che rischierà di diventarlo con gli Acaia. Sarà Amedeo VI a impedirlo con decisione.

Nella lotta tre Papato e Impero, sempre in atto, Amedeo IV si mantiene fedele all’Imperatore

(Federico II, che verso il 1236 torna nel nord Italia per ristabilire l’obbedienza all’Impero,

riuscendovi solo in parte) ma riesce a mantenere buoni rapporti con la Chiesa (che con

l’Impero ha nuovamente iniziato un deciso conflitto).

Durante il suo regno non avvengono eventi di grande rilievo, ma i buoni rapporti con

l’Imperatore gli consentono di rafforzare il suo potere in Piemonte: riafferma possesso di

Pinerolo e occupa Bard. Gli sfugge però Torino, dove Comune e Vescovo dividono il potere:

pur non riuscendo ad averla, stipula però un trattato di pace con la città.

Morto nel 1253 a Montmelian, fu sepolto ad Altacomba.

Ebbe due mogli: dalla prima ebbe solo due figlie, dalla seconda un maschio che fu il suo erede

(questo lo salvò dalle pretese dei due generi: un Monferrato e un Saluzzo). Con l’unico figlio

si estinse poi la sua discendenza diretta.

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Succede al padre Amedeo IV e governa una decina di anni sotto la guida dello zio Tommaso II

e poi dello zio Pietro. Insieme con Tommaso combatte (contro Asti e e forse in Fiandra)

guadagnandosi il soprannome.

Muore molto giovane, a 19 anni nel 1263, e fu sepolto ad Altacomba.

Si legge in alcuni testi che Bonifacio morì prigioniero in Torino, catturato durante il tentativo

di vendicare lo zio Tommaso II, morto quattro anni prima dopo i tragici eventi descritti nel

seguito. Questa è però quasi certamente una leggenda, poiché non confermata da fonti

storiche.

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Fratello di Amedeo IV; è talvolta citato come conte di Savoia, ma non lo fu, anche se governò

per 6 anni come reggente per il nipote Bonifacio dal 1253 alla morte nel 1259.

Ha una vita movimentata: nato nel 1199, inizialmente destinato alla Chiesa aiuta Amedeo IV,

poi lascia la Chiesa e si trasferisce in Francia, successivamente sposa la figlia di Baldovino VI

conte di Fiandra (15 anni più di lui); il matrimonio fu combinato da Margherita, consorte di

Luigi IX (una delle quattro figlie della sorella Beatrice “tutte regine”). Si trasferisce in Fiandra

dove regna insieme con la moglie (è quindi giustamente chiamato Conte di Fiandra). Sette anni

dopo, nel 1244, rimane vedovo e torna in patria.

Come già detto, ancor prima della sua avventura fiamminga, Amedeo IV gli ha affidato in

feudo le terre piemontesi, con ampia autonomia. Tommaso si mantiene schierato con il fratello

Amedeo IV, allora conte, a favore dell’Imperatore Federico II (pur scomunicato dal Papa). Nel

1248 ottiene così dall’imperatore la signoria su Torino, che si affretta ad occupare, ma in

questo ruolo è contrastato dai Torinesi e dal Vescovo, che non lo vogliono. Insieme con

Torino ottiene anche Rivoli, che occupa saldamente.

Nel 1250 Federico II, muore (dopo essere stato messo in gravi difficoltà dalla sconfitta di

Parma del 1248). Tommaso a questo punto si riconcilia con il Papa e passa dalla sua parte; nel

1252 sposa anche la nipote del Papa (Beatrice Fieschi): riesce così a far approvare la sua

signoria su Torino anche dal Papa.

Assunta la tutela di Bonifacio nel 1253, Tommaso resta decisamente dalla parte del Papato,

tanto da essere designato a partecipare alla spedizione che avrebbe tolto Napoli e la Sicilia agli

imperatori Svevi (ora Imperatore era Manfredi) guidandola insieme con il figlio del Re di

Inghilterra. È noto che questa spedizione fu poi fatta da Carlo d’Angiò, perché il destino

riservava un momento difficile a Tommaso.

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Il passaggio di Tommaso dalla parte del Papa lo mette in contrasto con Asti, fedele

all’Imperatore. Gli Astigiani occupano terre torinesi e occupano Moncalieri. Tommaso li

affronta, ma è sconfitto a Montebruno (tra Torino e Moncalieri, dicono la maggior parte dei

testi). Dopo la sconfitta si rifugia nella città di Torino, dove riteneva di essere al sicuro, ma è

imprigionato dai Torinesi che gli si rivoltano contro e più tardi (dopo aver dovuto fare

concessione ai Torinesi) è consegnato agli Astigiani (che gli chiedono altre concessioni).

L’evento fa scalpore. Rimane prigioniero per 2 anni, mentre si muovono per lui diversi

personaggi: i Reali di Francia e Inghilterra arrestano o sottopongono alla confisca dei beni gli

Astigiani nei loro territori; Bonifacio di Savoia, Vescovo, cerca di intercedere. È liberato solo

dopo essere venuto a patti, rinunciando a diverse terre tra cui Torino, e aver lasciato in

ostaggio agli Astigiani i due figli, ancora bambini.

Morì due anni dopo, nel 1259, ad Aosta dove fu sepolto (nel frattempo era stato in Francia e

Inghilterra in cerca di aiuti e denaro per riscattare i figli, ma aveva ottenuto solo che il Re dei

Romani, Riccardo di Cornovaglia , lo sciogliesse dalle rinunce estorte con al forza). Nella

cattedrale di Aosta esiste un suo monumento funebre.

Il 1259 è anche l’anno in cui gli Angiò dalla Provenza arrivano in Piemonte, occupando

Cuneo, chiamati anche da diversi piccoli comuni Piemontesi e dai Saluzzo, timorosi della

eccessiva potenza di Asti (Asti è ghibellina, gli Angiò sono guelfi). Tra Asti e Angiò

scoppiano subito conflitti; negli anni successivi gli Angiò si fanno sempre più pericolosi, e la

minaccia da essi rappresentata riuscirà persino a riunire in qualche occasione Monferrato, Asti

e Savoia (pur tradizionalmente rivali) in un’alleanza contro gli Angiò.

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Morto Bonifacio, avrebbe dovuto succedergli Tommaso III (detto anche Tommasino) figlio di

Tommaso II (morto nel 1259). Infatti Amedeo IV aveva eletto Tommaso a suo erede in caso la

propria discendenza fosse mancata. Ma Tommasino è ancora prigioniero degli Astigiani ,

insieme con il fratello Amedeo (che sarà poi Amedeo V) e non può far valere i propri diritti

contro un altro candidato, dotato in quel momento di un grande prestigio e che ha già assistito

Bonifacio negli ultimi suoi anni.

Il candidato è Pietro, fratello di Amedeo IV e Tommaso II, che a 60 anni diventa così Pietro II,

mentre Tommasino si accontenta di tenere in feudo il Piemonte, come aveva fatto il padre.

Il suo prestigio Pietro se lo era conquistato grazie alla sua abilità, tanto da essere chiamato “il

piccolo Carlomagno” . Nato nel 1203, era stato avviato alla carriera ecclesiastica, che però

lascia presto, per trasferirsi in Inghilterra, alla corte del re Enrico III, che aveva sposato

Eleonora, nipote di Pietro (una delle “quatto figlie tutte regine”, di cui si è parlato).

Aveva fatto carriera come consigliere del Re, arricchendosi notevolmente. Tra l’altro aveva

avuto l’autorizzazione a costruire a Londra un suntuoso palazzo, che molti anni dopo sarebbe

divenuto un albergo, conservando però il nome: Hotel Savoy.

Tornato in patria, Pietro aveva sposato nel 1234 Agnese del Faucigny, unica erede di quelle

terre. Grazie alla sua abilità, riesce ad estendere il suo dominio a tutto il Vaud, arrivando sino

al lago di Neuchatel, e in parte del Vallese, arrivando a Martigny e Sion. Questo risultato è

ottenuto in parte con le armi, in parte con il suo prestigio, che porta i piccoli potenti della zona

a mettersi sotto la sua protezione. (Il Vaud si troverà bene sotto i Savoia, che danno stabilità e

leggi; li rimpiangerà quando sarà preso dai Bernesi). Persino Berna (che teme gli Asburgo)

accetta di dipendere da lui. E’ in quest’opera che si guadagna il soprannome.

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Pietro II convince anche i conti del Genevese a rinnovargli l’omaggio (una sorta di

sottomissione).

Divenuto Conte, Pietro si pone come obiettivo la riconquista di Torino, ma muore dopo solo 5

anni di regno, nel 1268.

Tre anni prima, nel 1255 ha però fatto pace con Asti, stipulando accordi commerciali e

ottenendo la liberazione dei nipoti. Nello stesso anno deve assistere al passaggio di Carlo

d’Angiò verso Napoli, appoggiato dai vescovi.

Alla sua morte, il Faucigny, che lui aveva sperato di unire ai territori dei Savoia, va invece alla

figlia Beatrice che ha sposato a un Delfino. Questo passaggio, dovuto anche al fatto che

Agnese muore dopo Pietro e all’ostilità verso i Savoia da parte dei parenti di Agnese, porta il

Faucigny ai Delfini e finisce col tempo di acuire la conflittualità con questa casata, per i molti

problemi di confine e provoca molti conflitti (i problemi saranno risolti solo circa 100 anni

dopo, con Amedeo VI) perché i Delfini si ritengono eredi di diritti di Beatrice anche sulla

Savoia.

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Pietro II ha soggiornato a lungo nel castello di Chillon, presso Montreux sul lago di Ginevra,

che oggi, ben conservato, attira molti visitatori.

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Morto Pietro II, nel 1268, i diritti di Tommasino sono ancora una volta ignorati e prende il

potere Filippo, un altro figlio di Tommaso I, nato nel 1207, che diviene il conte Filippo I.

Anche lui era stato avviato inizialmente alla carriera ecclesiastica, tanto che arrivò ad essere

consigliere del Papa.

Come Conte di Savoia ha una politica volta soprattutto a consolidare il potere nel Vaud e ad

estenderlo nel Vallese. Nel Vaud viene in contrasto con gli Asburgo, che vince grazie

all’appoggio dei Bernesi. Poi si riconcilia con gli Asburgo, saliti al trono Imperiale (nel 1273

con Rodolfo I); questa riconciliazione avviene anche grazie al Papa, con cui è sempre restato

in ottimi rapporti.

Filippo entra in contrasto con i Delfini, con i quali alterna conflitti e trattati di pace. Rischia

anche di dover contrastare una lega che unisce gli Angiò e il Delfino contro di lui, ma i fatti di

Palermo del 1282 (vespri siciliani) distraggono gli Angiò e poco dopo il Delfino viene a

morte.

Si sposa, ma il matrimonio resta senza figli.

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Mentre è Conte Filippo I, Tommasino (che come il padre tiene in feudo il Piemonte) riesce ad

occupare definitivamente Torino.

A Torino il Comune è ormai in decadenza e il potere del Vescovo è debole: è dunque il

momento buono per occuparla, ma il marchese Guglielmo VII di Monferrato, forte di una

vittoria con gli Astigiani contro gli Angiò lo anticipa e occupa la città (tra l’altro sistema a

castello la porta romana, oggi Palazzo Madama).

Nel maggio 1280 il Marchese di Monferrato sta anche combinando con il Re di Castiglia il

matrimonio della figlia e una alleanza che prelude alla organizzazione di una lega contro i

Savoia (che dovrebbe comprendere anche Aragona e Delfini).

Per recarsi in Spagna il marchese Guglielmo VII attraversa il territorio dei Savoia, dove non

viene disturbato; ma dalle parti di Valence, sul Rodano, Tommasino organizza e porta a buon

fine la cattura del Marchese. Sarà tenuto prigioniero sino a quando non cederà ai Savoia alcune

terre, tra cui Torino.

Torino da questo momento apparterrà sempre ai Savoia (a parte l’occupazione temporanea dei

Francesi nel corso degli “anni bui” dei Savoia).

Lo stato dei Savoia alla morte di Filippo I ha pericolosamente nel suo cuore una terra, il

Faucigny, che appartiene ai Delfini, da sempre avversari dei Savoia. La contea del Genevese,

pur non appartenente ai Savoia, è in mano alla famiglia dei conti del Genevese che è di fatto

sottomessa ai Savoia, anche se i rapporti tra le due famiglie sono talvolta tesi.

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