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Claudio Carnieri Presidente

Anna Ascani Direttore

L’apprendistato in Umbria Il presente quaderno è il risultato dell’attività di ricerca svolta nell’ambito del progetto “Azione di Sistema in materia di formazione nell’esercizio dell’apprendistato di cui alla L.R. 18 del 30 Maggio 2007” ed è stato realizzato dall’Agenzia Umbria Ricerche su incarico della Regione Umbria e finanziato nell’ambito della L. 236/93. L’obiettivo generale del progetto è stato quello di supportare il sistema regionale nell’attuazione della disciplina dell’apprendistato, valutando la necessità di eventuali misure di miglioramento e di implementazione, attraverso l’analisi del percorso intrapreso in Umbria e in altre realtà territoriali, la ricostruzione quantitativa del fenomeno e la raccolta delle sollecitazioni provenienti dagli attori interessati. Gruppo di lavoro Mauro Casavecchia Coordinamento generale Franco Fogliano Esperto Enza Galluzzo Ricercatrice Nadia Giuliano Ricercatrice Ha collaborato inoltre: Sandra D’Agostino Ringraziamenti Si desidera ringraziare le numerose persone che, a vario titolo, hanno contribuito alla realizzazione del presente lavoro. Un particolare ringraziamento per il prezioso contributo nell’avvio e nell’orientamento della ricerca va ai rappresentanti delle Istituzioni: Anna Covarelli, Stefano Pagnotta, Paolo Sereni per la Regione Umbria; Stefania Gatti, Fabrizio Ponti per la Provincia di Perugia; Moreno Anulli, Luigi Lancia, Alessandro Puglielli per la Provincia di Terni. Si ringraziano inoltre per la disponibilità concessa a partecipare alle interviste: Alberto Cari (Associazione Industriali Terni), Moreno Ciarapica (Brunello Cucinelli Spa), Alberto Cerquaglia e Simone Sensi (CNA Umbria), Vasco Gargaglia e Laura Rossi (Confcommercio), Letizia D'Ingecco (Gesenu Spa), Serenella Fanesi (Gruppo Novelli Srl), Emiliano Cariani (Novamont Spa), Stefano Ansideri, Francesca Rossi, Paolo Biscarini, Antonella Biscarini, Fausta Minciarelli e Marco Dalla Torre (Ordine Consulenti del Lavoro della Provincia di Perugia), Franco Lagomarsini, Cecilia Leonelli e Maria Cristina Morichetti (Ordine Consulenti del Lavoro della Provincia di Terni), Filippo Moscioni (Sienergia Spa), Eros Ceccarelli e Arturo Ferrucci (ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa), Luigi Giganti e Gabriella Rettura (Unicredit Banca di Roma Spa). Infine si ringraziano per il contributo fornito: Paola Cicognani e Donatella Dazzani per la Regione Emilia Romagna e Augusta Compagnucci e Aldo Tiberi per la Provincia di Pesaro e Urbino.

Agenzia Umbria Ricerche - Via Mario Angeloni, 80/A - 06124 Perugia Tel. 075.5045805 - Fax 075.5002905 - www.aur-umbria.it © 2009 - Tutti i diritti riservati - L’utilizzo, anche parziale, è consentito a condizione che venga citata la fonte Responsabile editoriale: Giuseppe Coco Responsabile editing: Fabrizio Lena

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L’apprendistato in Umbria Tra vincolo della formazione e beneficio contributivo 2000-2009 Indice

Premessa Franco Fogliano

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L’evoluzione dell’apprendistato in un decennio di riforme Sandra D’Agostino

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La formazione in apprendistato Enza Galluzzo

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Il contratto di apprendistato in Umbria Nadia Giuliano

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Le assunzioni in apprendistato Enza Galluzzo

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L’apprendistato è un contratto che rafforza o indebolisce l’offerta di lavoro? Franco Fogliano, Enza Galluzzo

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L’apprendistato in altre realtà territoriali Nadia Giuliano

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Conclusioni Franco Fogliano

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Quadro di sintesi Franco Fogliano

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PREMESSA La Regione Umbria si è posta come obiettivo quello di costruire un sistema che consenta di soddisfare l’obbligazione dell’attivazione della formazione professionale in apprendistato. In particolare, l’obiettivo generale è quello di utilizzare le risorse economiche messe a disposizione dallo Stato ed, eventualmente, dal Fondo Sociale Europeo, per soddisfare le esigenze formative delle aziende che utilizzano apprendisti. Prima di procedere alla stesura della L.R. 18 del maggio 2007 e del conseguente Regolamento, la Regione ha, da un lato, valutato l’attività formativa svolta; dall’altro, ha verificato con i gestori della formazione (le agenzie formative) e con gli utilizzatori (le aziende e i loro rappresentanti) quali correzioni apportare al sistema per garantire la massima utilizzazione delle risorse disponibili secondo le reali esigenze delle imprese. La valutazione si è conclusa con la decisione di procedere alla strutturazione di un catalogo che raccoglie gli enti/agenzie titolati sulla base di precisi criteri a svolgere attività formativa in apprendistato. Contemporaneamente, la Regione ha fornito indicazioni alle due Province, delegate per la programmazione esecutiva, sottolineando l’esigenza di procedere con progetti quadro capaci di raccogliere tutte le possibili necessità da declinare, poi, attraverso appositi bandi che indicassero percorsi formativi costruiti sulla base di unità formative, unitarie e non. Con ciò la Regione ha avviato anche un sistema della formazione che tende a privilegiare le competenze e contemporaneamente rinvia alla loro certificazione. Il monitoraggio sul nuovo sistema è stato affidato dalla Regione Umbria all’Agenzia Umbria Ricerche (AUR). Nessun monitoraggio tuttavia può essere ipotizzato se prima non si analizza quanto realizzato fino a quel momento, con quali risultati e con quali difficoltà. L’Aur, quindi, fin dall’inizio si è posta il problema di capire se il contratto di apprendistato si presenta sul mercato del lavoro come contratto competitivo o meno e se, in altri termini, sul fronte dell’offerta (anche in considerazione delle nuove tipologie di contratto subentrate dopo il D.lgs. 276/2003) si sono create più alternative e più vantaggi per il datore di lavoro.

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Dalla verifica di questa ipotesi derivano anche valutazioni sulla futura utilizzazione di questo contratto e su eventuali limiti o difficoltà nella gestione della formazione, la quale rimane a tutti gli effetti una obbligazione per il datore di lavoro che beneficia di un importante sconto contributivo. Le variabili che intervengono nella evoluzione/gestione del contratto di apprendistato sono sostanzialmente tre: la dinamica degli altri contratti, l’obbligazione della formazione, il livello della contribuzione. Ogni variabile presa singolarmente e in interazione con le altre, nel tempo è intervenuta nel dimensionare il contratto di apprendistato. Partendo dal 2000 come anno di riferimento, l’Aur ha verificato quanto accaduto in Umbria fino al 2009 attraverso l’analisi dei dati sulle assunzioni, cercando di evidenziare la reale presenza delle variabili sopra indicate e gli effetti da esse determinati. Dall’esterno ha raccolto alcuni dati nazionali forniti dall’Isfol e dal Ministero del Lavoro. Per avere un quadro di riferimento più ampio sono stati analizzati i sistemi emiliano e pesarese. In entrambi è stata riscontrata la volontà e la presenza di strumenti per rispondere all’obbligazione della formazione professionale in modo non formale; sia in Emilia che a Pesaro infatti viene esaltato il ruolo del datore di lavoro che diventa partecipe delle scelte e tutta l’attività viene accompagnata da una particolare cura nella definizione e nella gestione del sistema delle qualifiche e della certificazione delle competenze. Il dato positivo che accompagna queste esperienze sta nella totale utilizzazione dei fondi nazionali e comunitari messi a disposizione. Inoltre l’Aur ha ritenuto di ascoltare in primo luogo gli attori principali del sistema e quindi le associazioni datoriali, le imprese, i consulenti del lavoro e le due Province in quanto direttamente coinvolte nella gestione. Le opinioni espresse dagli interlocutori privilegiati sono servite per dare voce ai dati numerici che nei vari anni hanno offerto una misura circa l’utilizzazione del contratto di apprendistato. Sia pure in termini non definitivi, vista anche la situazione di crisi del mercato nel 2009, si palesa in modo evidente una chiara debolezza sul fronte dell’offerta del contratto di apprendistato. In questa fase non è sembrato conveniente procedere ad intervistare i fruitori della formazione, cioè gli apprendisti. Il giudizio sulla qualità della formazione non è al momento utile ai fini degli obiettivi della ricerca. Prima è infatti necessario avere un quadro preciso ed esaustivo dell’offerta formativa che viene proposta a seguito dell’innovazione normativa e regolamentare attuata dalla Regione. E’ comunque evidente che un sistema di monitoraggio risulta completo se è in grado di misurare gli esiti della formazione (es. rapporto tra formati ed assunti a tempo indeterminato), confrontandoli con le risorse messe a

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disposizione e con il grado di innovazione degli strumenti adottati (es. strutturazione della formazione in UFC, certificazione dei crediti, certificazione delle competenze, ecc.) congruentemente con le reali necessità delle aziende. Il presente rapporto di ricerca si articola in sei parti. La prima ricostruisce l’evoluzione del quadro normativo di riferimento attraverso il contributo dell’Isfol. La seconda parte descrive il carattere specifico della formazione in apprendistato, anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale. La terza parte illustra il quadro normativo che regola la gestione della formazione in apprendistato in Umbria, a seguito delle innovazioni apportate dalla entrata in vigore della Legge Regionale n. 18/2007 e del Regolamento. La quarta parte è dedicata all’analisi dei dati umbri sull’andamento delle assunzioni in apprendistato, anche in confronto con altre tipologie contrattuali. La quinta parte raccoglie i risultati delle interviste agli attori del sistema e fornisce un contributo di riflessione sulle principali problematiche della formazione nell’apprendistato professionalizzante. Si esplora, inoltre, il rapporto fra dinamica delle assunzioni e contribuzione, che suggerisce una correlazione fra andamento crescente del costo del lavoro, per effetto degli incrementi contributivi registratisi negli ultimi anni, e andamento decrescente di avviamenti al lavoro in apprendistato. La sesta e ultima parte è dedicata alla illustrazione di come il fenomeno viene gestito in altre realtà: quelle della Regione Emilia-Romagna e della Provincia di Pesaro e Urbino, al fine di ricavare elementi utili di esperienze importanti da confrontare con la situazione umbra, attuale e in prospettiva futura. Infine, questo testo propone in calce una sintesi che ripercorre tutta la ricerca ed in poche pagine presenta i principali risultati del lavoro svolto.

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L’EVOLUZIONE DELL’APPRENDISTATO IN UN DECENNIO DI RIFORME Le problematiche aperte Sono trascorsi più di dieci anni da quando la legge n. 196/97 ha inaugurato una stagione di riforme dell’istituto dell’apprendistato che non sembra essersi ancora conclusa. Infatti, nel 1997 la cosiddetta “legge Treu” ha ri-avviato un canale specifico di formazione per apprendisti, dopo che da almeno due decenni tale filiera era stata del tutto smantellata, con l’obiettivo di consentire a tutti i giovani assunti con un contratto di apprendistato di beneficiare di un intervento formativo realizzato anche all’esterno dell’impresa, volto ad accrescerne l’occupabilità. Dopo circa un quinquennio un più ampio provvedimento di riforma dell’apprendistato, contenuto nel decreto legislativo n. 276/03, ha voluto ulteriormente stimolare il processo di rinnovamento dello strumento, finalizzato ad accrescerne la diffusione e la valenza formativa. Da qui la definizione di tre tipologie di apprendistato, destinate ad utenze diverse, con finalità formative differenziate; l’ampliamento del target di giovani che possono accedere ad un contratto di apprendistato, al fine di farne lo strumento principale per l’accesso al lavoro; l’introduzione di un concetto di formazione “formale”, che si sostituisce a quello di formazione esclusivamente esterna, al fine di valorizzare l’apporto dell’impresa e della formazione sul lavoro nel processo di acquisizione di competenze e qualifiche. Il rilancio della finalità formativa dello strumento si realizza anche attraverso l’introduzione di due dispositivi: il piano formativo individuale, che necessariamente deve essere allegato ad ogni contratto di assunzione in apprendistato, e il Repertorio delle professioni, quale “luogo” di armonizzazione a livello nazionale delle qualifiche e dei titoli conseguibili in apprendistato. Ma soprattutto la modifica del 2003 si inquadra in un nuovo modello di ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni dopo la riforma del Titolo V della Costituzione e quindi deve riconoscere il ruolo autonomo delle

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autorità territoriali per la determinazione degli aspetti formativi dell’istituto. Per cui: non più un modello di apprendistato unico per tutto il Paese, costruito sulla base di una legislazione e di una regolamentazione nazionali, ma modelli territoriali che, pur con riferimento ad un unico “nucleo” di regole nazionali, discendono direttamente dagli accordi costruiti sui singoli territori fra Regioni e Parti sociali. Gli ultimi sviluppi definiti a livello nazionale (L. 133/2008) vanno nella direzione di valorizzare il ruolo delle Parti sociali e della contrattazione collettiva nella definizione di modelli “settoriali” di formazione per l’apprendistato grazie alla possibilità di optare per una formazione esclusivamente aziendale. Il provvedimento si inquadra in una strategia di più ampio respiro che mira a stimolare la sussidiarietà delle parti sociali e della contrattazione collettiva. Anzi, nella versione del testo normativo approvato nel 2008, la sussidiarietà si traduce nella possibilità di costruire un canale di formazione per apprendisti alternativo a quello regionale, regolato esclusivamente dalla contrattazione collettiva a vari livelli: nazionale, territoriale, aziendale. La recente sentenza n. 176/2010 della Corte Costituzionale ha ridefinito i “confini” di tale opzione di formazione, ricollocandola all’interno del quadro regolamentare regionale; ma è evidente che il sistema di apprendistato si caratterizza per essere sempre più un sistema “plurale”, in cui sono diversi gli attori coinvolti nella governance, e la composizione dei diversi interessi in un modello che assicuri la qualità e l’efficacia della formazione è ancora un processo in corso, da sostenere e accompagnare. Come pure non può dirsi concluso più in generale il processo di implementazione della recente riforma operata dal decreto legislativo n. 276/03: delle tre tipologie di apprendistato previste, solo quella professionalizzante si è ormai imposta nel Paese, mentre l’apprendistato per i titoli di studio (art. 50, D.lgs. 276/03) fatica a trovare l’interesse delle imprese e delle università al di fuori dei progetti promossi e finanziati dal Ministero del lavoro, e quello per il diritto-dovere è ancora in attesa di una regolamentazione che lo renda operativo. Ma anche l’attuazione dell’apprendistato professionalizzante, che pure è lo strumento ormai prevalente rispetto al numero di assunzioni, non può non considerarsi parziale: non tutte le regolamentazioni regionali sono ancora state emanate; il Repertorio delle professioni sembra ancora al di là da venire; ma soprattutto l’obiettivo di rendere effettivamente formativo il contratto di apprendistato professionalizzante appare ancora lontano, visto che la formazione formale pubblica raggiunge quote limitate di giovani assunti

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come apprendisti e la formazione formale svolta all’interno delle imprese fa fatica a trovare modelli di attuazione e modalità di verifica. Nelle pagine che seguono si cercherà di approfondire lo stato di avanzamento nella costruzione di un sistema nazionale di apprendistato. La riforma dell’apprendistato muta le caratteristiche degli apprendisti e delle imprese che lo utilizzano Le riforme dell’apprendistato che si sono succedute nel decennio appena trascorso hanno avuto tra gli obiettivi prioritari quello di ampliare il target di giovani e di imprese che usufruiscono dello strumento. Anzi, più volte l’attuale Ministro del lavoro ha prospettato l’opportunità di rendere l’apprendistato lo strumento “normale” di accesso al lavoro per tutti i giovani, al fine di supportare al meglio la transizione dal sistema educativo al mondo del lavoro. La crescita dell’apprendistato ha comportato il progressivo mutare delle caratteristiche degli apprendisti. Non tanto rispetto al genere, visto che l’apprendistato rimane uno strumento che “occupa” soprattutto maschi: nel 2007 la quota di maschi sul totale degli apprendisti è risultata leggermente maggioritaria (57,9% contro il 42,1% di femmine) e negli ultimi anni tale divario sembra crescere in quasi tutte le Regioni. Del resto, tutto il mercato del lavoro italiano si caratterizza ancora per un bassissimo tasso di attività della popolazione femminile e siamo tuttora molto lontani da quell’obiettivo di raggiungere il 60% entro il 2010 che era stato posto come benchmark nell’ambito della strategia di Lisbona volta a fare dell’Europa la prima economia al mondo basata sulla conoscenza. Le riforme che si sono succedute nel decennio hanno più volte favorito un ampliamento dell’utenza dell’apprendistato conseguito attraverso l’innalzamento dell’età di accesso allo strumento. Prima la legge n. 196/97 ha esteso a tutti i settori la possibilità di assumere giovani fino a 24 anni, 26 anni nelle aree del Mezzogiorno; da ultimo, la riforma definita dal D.lgs. 276/03 ha elevato l’età di ingresso a 29 anni. Eppure, l’implementazione di tale riforma dell’apprendistato introdotta dal D.lgs. 276/03 procede a ritmi lenti e la quota più ampia di apprendisti rimane concentrata nella fascia d’età 18-24 anni (71,1% nel 2007). Se nell’ultimo quinquennio i dati segnalano un fenomeno di progressivo “invecchiamento”, per cui la fascia dei giovani con 25 anni e più si è raddoppiata, tale raddoppio è avvenuto in gran parte a scapito della classe d’età più giovane, che parallelamente si è ridotta alla metà (cfr. graf. 1).

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Graf. 1 - Apprendisti occupati per classi di età - anni 2002 - 2007

Fonte: elaborazione su dati regionali e Isfol. Del resto, le difficoltà di proporre un contratto di apprendistato ai “giovani più adulti”, ovvero quelli con età superiore ai 25 anni che nelle definizioni adottate in Europa non dovrebbero nemmeno essere considerati “giovani”, sono emerse anche come risultato della sperimentazione dell’apprendistato alto promossa dal Ministero del lavoro, in un progetto in cui l’obiettivo di inserimento professionale si abbinava al conseguimento di titoli universitari generalmente di master. In ogni caso i dati evidenziano che il processo di innalzamento dell’età media degli apprendisti procede a maggior velocità di quello relativo al progressivo ampliamento ai giovani con più elevato titolo di studio, a riprova della difficoltà di coinvolgere con questo strumento giovani che hanno conseguito titoli di livello terziario (cfr. graf. 2). Infatti, se negli ultimi anni guadagnano qualche posizione i laureati (4,7% nel 2007), la maggior parte di apprendisti resta legata ad un target con al più licenza media (54,6%). Pertanto, l’apprendistato sembra allontanarsi con fatica dallo stereotipo di essere un contratto rivolto soprattutto a giovani in cerca di una prima qualificazione.

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Graf. 2 - Apprendisti occupati per titolo di studio

Fonte: elaborazione su dati regionali e Isfol Il mutamento di caratteristiche dei fruitori dell’apprendistato come effetto delle riforme intercorse nel decennio non ha interessato solo i giovani assunti: anche le imprese e i settori che ricorrono a tale istituto si sono diversificati, come risultato di quello stesso obiettivo di ampliamento del target che le stesse riforme hanno perseguito. Pertanto, da istituto nato per le esigenze specifiche dell’artigianato, funzionale a garantire la trasmissione del “mestiere” e delle imprese artigiane, si è dapprima diffuso nella grande industria manifatturiera. I contratti collettivi dell’industria metalmeccanica della seconda metà degli anni Novanta per primi hanno consentito la diffusione dello strumento in un settore e in un comparto che ne era rimasto fino ad allora escluso, in quanto quelle modalità di produzione e di organizzazione del lavoro non erano considerate sufficientemente “formative”. Negli ultimi anni è il terziario che si è imposto nel ricorso all’apprendistato e dal 2005 risulta il primo comparto per apprendisti occupati. È in questo stesso comparto che lo strumento continua a crescere con il ritmo più serrato (+226% dal 1998) tanto che nel 2008 si raggiunge la quota del 43,4% sul totale degli occupati in apprendistato. L’industria rimane il terzo comparto in ordine di numero di apprendisti occupati, mantenendo costante una quota che si aggira intorno al 20% (cfr. graf. 3). La crescita del terziario ha un impatto anche nella disaggregazione per settori economici, che in generale a livello nazionale evidenzia una forte

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concentrazione: i tre settori dell’edilizia, del commercio e metalmeccanico occupano circa i tre quinti del totale degli apprendisti. Un altro quinto si colloca in altre aree del terziario, ripartito fra il turismo e i servizi alla persona; la quota rimanente, pari a meno del 20%, si ripartisce fra una molteplicità di altri ambiti economici. Nel 2008 per la prima volta il numero di apprendisti occupati nel settore del commercio sopravanza l’edilizia, mentre il metalmeccanico rimane il terzo settore per numero di apprendisti occupati. Graf. 3 - Apprendisti occupati per comparto di attività

Fonte: elaborazione su dati Inps e Isfol Questa evoluzione nei settori e in particolare la crescita nel terziario sono frutto certamente di una trasformazione del sistema produttivo italiano verso un maggior peso del terziario, ma anche della progressiva penetrazione dello strumento in ambiti che per decenni ne erano rimasti esclusi. Le riforme dell’apprendistato intercorse nel decennio hanno reso lo strumento sempre più appetibile, determinando l’entrata dell’apprendistato in nuovi settori quali il credito, i trasporti, gli studi professionali. Come risultato abbiamo assistito ad un riposizionamento dell’istituto nel terziario e alla perdita del primato dell’artigianato. Eppure questi fenomeni avvengono con tempi lunghi. Lo testimonia il fatto che a distanza di cinque anni dall’approvazione del D.lgs. 276/03, solo nel 2008 il contratto di apprendistato professionalizzante si afferma finalmente

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come prima forma di apprendistato in uso sul territorio nazionale, e rimangono circa un terzo di contratti stipulati ancora nella forma della legge n. 196/97. L’apprendistato per il diritto-dovere rimane in attesa di regolamentazione da parte delle Regioni e Province Autonome d’intesa con i Ministeri del lavoro e dell’istruzione; pertanto, i minori possono esser assunti solo con la tipologia di apprendistato ex l. 196/97. L’apprendistato per il conseguimento di un diploma o di un titolo di alta formazione ha una diffusione limitata ad una sperimentazione promossa dal Ministero del lavoro a partire dal 2004, che coinvolge le Regioni del Centro-Nord, e che ha consentito l’assunzione in totale di circa 1.000 giovani con tale strumento. La formazione per l’apprendistato: l’apertura del cantiere L’inizio della attuale stagione di riforme dell’apprendistato può essere collocato nel 1997 con l’approvazione della cosiddetta “legge Treu” che, in attuazione dell’Accordo per il lavoro del 1996 fra Governo e Parti sociali, introduceva per gli apprendisti l’obbligo di partecipare ad attività di formazione svolte all’esterno dell’azienda. L’obiettivo era quello di perseguire l’integrazione fra i sistemi educativo e produttivo valorizzando uno strumento nato per supportare la transizione scuola-lavoro. Allo stesso tempo, l’introduzione di un obbligo di formazione esterna rispondeva all’esigenza di elevare il livello di qualificazione dei giovani e le competenze disponibili all’interno delle imprese e dei sistemi produttivi territoriali, al fine di far crescere la competitività del sistema Paese. L’obbligatorietà della formazione, in realtà già connaturata alla natura di contratto a causa mista dell’apprendistato, veniva “sottolineata” dall’introduzione della sanzione della perdita delle agevolazioni contributive concesse alle assunzioni in apprendistato in caso di mancata partecipazione degli apprendisti alle iniziative di formazione esterna organizzate dalle Regioni e Province Autonome. La sfida non era certamente da poco: in un sistema di formazione professionale quale quello regionale che nell’anno formativo 1996-97 coinvolgeva poco più di 400.000 utenti, ancorato per lo più ad un’utenza di giovanissimi, l’impegno ad attivare un’offerta formativa capace di raggiungere oltre 260.000 apprendisti, seppur per 120 ore annue, implicava la necessità di individuare significative risorse finanziarie e umane aggiuntive e adeguate modalità operative. La difficoltà di procedere rapidamente all’implementazione di tale offerta, quasi subito ha portato alla revisione della sanzione “drastica” della perdita delle agevolazioni contributive in caso di mancata partecipazione alla

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formazione, mitigata con l’introduzione di un obbligo di “proposta formale alle imprese”: in sostanza, l’obbligo per le imprese e gli apprendisti “scattava” solo in risposta ad una lettera formale di invito che indicava l’effettiva presenza di un’offerta formativa adeguata. Ha origine dunque nel 1997 un processo di costruzione di sistemi territoriali di formazione per apprendisti, che si rivelerà molto più lungo di quanto preventivato e che non può dirsi affatto concluso. Lo dimostra il fatto che, se la riforma si poneva come obiettivo la possibilità di coinvolgere l’intera platea degli apprendisti assunti sul territorio, ancora nel 2008, dopo dieci anni dall’avvio del processo, il numero di apprendisti effettivamente coinvolti nelle attività di formazione svolte all’esterno dell’azienda ha raggiunto appena un quinto dell’utenza potenziale. Eppure, se in termini percentuali le cifre risultano alquanto modeste, in valori assoluti risulta che nel 2007 124.000 apprendisti circa hanno partecipato agli interventi di formazione programmati dal sistema pubblico (cfr. tab. 1) ed è una cifra importante soprattutto se letta rispetto al totale delle attività formative realizzate nello stesso anno dalle Regioni che hanno coinvolto poco meno di 1.000.000 di utenti (apprendisti compresi). Tab. 1 - Apprendisti coinvolti in formazione

Apprendisti coinvolti in formazione

Incremento % % copertura utenza Macro-aree

2001 2007 2007/2001 2007/2006 2001 2007 Nord-ovest 11.698 47.686 307,6 57,5 7,8 25,2 Nord-est 27.729 56.538 103,9 28,3 18,1 34,9 Centro 16.289 15.184 - 6,8 22,3 24,5 9,7 Sud e Isole 3.407 4.854 42,5 - 48,2 10,0 3,7 Italia 59.123 124.262 110,2 29,2 15,6 19,5

Fonte: elaborazioni su dati regionali, Inps e Isfol Anche rispetto all’impegno delle Regioni sulla formazione per l’apprendistato si riscontrano disparità territoriali e non si rilevano nel periodo trascorso elementi indicativi di un processo di riequilibrio. Infatti, la copertura del 19,5% di apprendisti attraverso la formazione pubblica nel 2007 è un dato medio, che nasconde ampi gap: nel Nord-Est la quota di formati è pari al 34,9%; di contro nel Mezzogiorno la stessa quota è pari al 5,1% nell’ultimo anno, al netto delle Regioni i cui dati sono indisponibili (Regione Calabria e Regione Sicilia). Inoltre, esaminando l’evoluzione dell’offerta formativa regionale in una prospettiva di più lungo periodo - assumendo come primo anno il 2001 che

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è quello in cui si avviano formalmente i sistemi regionali dopo la conclusione delle sperimentazioni nazionali varate dal Ministero del lavoro con le parti sociali (cfr. graf. 4) - si rileva che nel settennio il numero dei partecipanti al sistema pubblico si è più che raddoppiato, passando da circa 60.000 utenti a 124.000 nel 2007. Anche nelle singole macro-aree il numero di partecipanti è cresciuto, fuorché nelle Regioni del Centro Italia (-6,8%). Graf. 4 - Evoluzione dei partecipanti all’offerta formativa pubblica, anni dal 2001 al 2007

Fonte: elaborazione su dati regionali, Inps e Isfol Esaminando invece i dati del settennio 2001-2007 in termini di copertura dell’utenza di apprendisti da parte del sistema pubblico, in un quadro generale di crescita della coperture di circa quattro punti percentuali si evidenzia una consistente riduzione sia per le Regioni del Mezzogiorno oltre che per quelle centrali: in sostanza, nel Mezzogiorno è cresciuto il numero di apprendisti occupati a un ritmo molto più veloce di quanto sia cresciuta l’offerta pubblica. Il grafico 6, che illustra l’andamento dell’offerta di formazione per apprendisti nel periodo 2001-07, mette in evidenza la mancanza di un trend lineare delle linee rappresentative degli andamenti delle diverse macro-aree, che rivela la mancanza di consolidamento di tali sistemi territoriali, legati ancora a logiche di programmazione annuali. Il trend risulta alquanto disomogeneo sia all’interno delle singole macro-aree che nel confronto fra le stesse, ad evidenziare la presenta di elementi specifici territoriali che influenzano la programmazione pubblica.

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Inoltre, la formazione per l’apprendistato, che di per sé rappresenta il primo passo nella costruzione di una prospettiva di formazione continua per gli occupati e in generale per gli attivi, ha consentito anche di realizzare una ampia operazione di formazione per i lavoratori impegnati in qualità di tutor aziendali. Dai dati forniti dalle Regioni nell’ambito dei rapporti di monitoraggio risulta che nel corso del 2007 sono stati 39.068 i tutor aziendali che hanno preso parte agli appositi interventi formativi; nel complesso dei dieci anni si può stimare che almeno 300.000 lavoratori abbiano partecipato ad interventi di formazione che sono collaterali alla formazione per gli apprendisti, che hanno una durata breve, ma che comunque realizzano un avvicinamento fra mondo della formazione e mondo del lavoro. Le sfide della formazione per apprendisti L’introduzione di un obbligo di formazione esterna per gli apprendisti nel 1997 ha rappresentato una sfida per le Regioni e le Province Autonome, dal momento che ha richiesto non solo un ampliamento dell’offerta, ma anche un ripensamento delle logiche e dei modelli di programmazione. Su un piano strettamente quantitativo, si è detto che le previsioni della legge Treu chiedevano alle Regioni di programmare un’offerta capace di accogliere i circa 260.000 apprendisti che risultavano occupati nel 1997, che sono poi rapidamente aumentati tanto che già nel 2008 avevano raggiunta la quota di 344.000; dunque, già all’indomani della riforma, numericamente gli apprendisti rappresentavano più della metà del totale dell’utenza dei sistemi regionali di formazione professionale e quindi l’ampliamento dell’utenza non poteva essere realizzato in tempi brevi. Inoltre, la natura obbligatoria della formazione per gli apprendisti imponeva una rivoluzione copernicana alla formazione professionale regionale, cresciuta con una forte centratura sull’offerta: infatti, tradizionalmente gli utenti venivano intercettati dopo aver definito il piano dell’offerta regionale, sulla base dell’adesione volontaria alle proposte messe in campo e della successiva selezione dei richiedenti. La formazione rivolta agli apprendisti implica invece un passaggio di attenzione dall’offerta alla domanda di formazione, passaggio che richiede ai sistemi territoriali uno sforzo per comprendere i bisogni espressi dai giovani e dalle imprese, valorizzando gli strumenti di analisi dei fabbisogni, di analisi delle aspettative e di bilancio delle competenze, e impone poi un confronto diretto con il soddisfacimento di tali “clienti”. La necessità di attivare un modello di sistema formativo adeguato alle esigenze delle imprese e dei giovani in apprendistato ha progressivamente

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determinato un cambiamento anche nell’offerta regionale di formazione professionale, contaminando poi le altre filiere con alcune di quelle innovazioni che l’apprendistato ha reso necessarie. Infatti, se le prime esperienze sono scaturite dalla trasposizione tout court sull’apprendistato di modalità tradizionali di erogazione dell’offerta formativa, basate sul modello “corso”, relativamente presto si è messa in luce la necessità di individuare modelli e strumenti diversi, in relazione ad un’utenza formativa caratterizzata da significativi elementi di disomogeneità, per l’estensione della platea in relazione all’età, al livello di istruzione, alla professione lavorativa svolta e al contesto produttivo di inserimento. Pertanto, si rileva la graduale diffusione e il progressivo consolidamento di un’organizzazione dell’offerta formativa per l’apprendistato attraverso un modello formativo modulare, provvedendo alla costituzione di un catalogo dell’offerta formativa disponibile sul territorio, talora proposto all’interno di “progetti quadro”. A supporto del funzionamento di tale modello, si sviluppano strumenti che consentono l’individuazione di una modalità di accorpamento degli apprendisti in gruppi omogenei (per settore, per area, per famiglia professionale), come operazione preliminare per supportare l’organizzazione delle attività formative. E poi procedure e strumenti funzionali a individuare e supportare la composizione del percorso a partire dal catalogo. Infatti, i modelli definiti a livello regionale hanno variamente individuato i soggetti titolari della scelta - apprendista, impresa, entrambi - e le procedure, che talvolta hanno previsto una convocazione presso i centri per l’impiego e quindi l’attivazione di servizi di supporto alla scelta. Il decreto legislativo 276/03 ha poi formalizzato tali iniziative, introducendo la necessità di un piano formativo individuale allegato al contratto di apprendistato e riferito a profili formativi elaborati a livello regionale che devono comunque far riferimento a un Repertorio nazionale. Soprattutto, l’introduzione dell’obbligo di formazione per l’apprendistato ha richiesto la realizzazione di una ampia operazione culturale che ha comportato un progressivo maturarsi nelle imprese della consapevolezza della necessità di un percorso di formazione formale a supporto dei percorsi di inserimento dei giovani e dei processi di sviluppo del capitale umano a livello aziendale e territoriale. La stessa operazione culturale è stata necessaria nei confronti degli apprendisti; anzi, per un’utenza costituita ancora per la maggior parte di giovani con bassi titoli di studio, che avevano abbandonato precocemente il sistema educativo, il re-inserimento in un setting di formazione ha spesso generato reazioni di rifiuto, che hanno messo alla prova la capacità dei formatori di gestire i gruppi.

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Dopo dieci anni non si può certo dire che tale operazione sia conclusa: il sistema produttivo italiano nel suo complesso rimane un soggetto che esprime una scarsa domanda di formazione; ed anche gli apprendisti, tanto più quelli con bassi titoli di studio. Tuttavia sta progressivamente maturando una maggiore attenzione alla formazione, che a volte si traduce anche nel riconoscimento di una capacità formativa delle imprese superiore a quella offerta dal sistema pubblico. La nuova prospettiva formativa dell’apprendistato professionalizzante: lo stato di avanzamento nelle regolamentazioni regionali Rispetto al modello formativo costruito in attuazione della legge n. 196/97, l’introduzione dell’apprendistato professionalizzante implica una rivoluzione nell’approccio alla formazione per gli apprendisti: da formazione esclusivamente esterna, il D.lgs. 276/03 introduce il concetto di formazione “formale”, che può essere realizzata anche all’interno dell’impresa. E per rendere realizzabile una prospettiva che intende valorizzare l’apporto formativo delle imprese, nella riforma dell’apprendistato professionalizzante si introducono alcuni strumenti che sono il frutto di una concezione sicuramente “moderna” del processo formativo. La garanzia della valenza formativa dello strumento risiede in primo luogo nella definizione di un Repertorio nazionale delle professioni, che è il riferimento minimo dei profili formativi regionali, ovvero degli standard/ referenziali che specificano le acquisizioni da conseguire in esito al percorso di apprendistato, che a loro volta rappresentano la base per la definizione dei piani formativi individuali. Il piano formativo individuale è lo strumento che, allegato al contratto di assunzione in apprendistato, deve specificare il percorso di formazione previsto per il singolo apprendista per assicurare il raggiungimento di determinati risultati, stante le conoscenze e competenze possedute. Pertanto, il piano formativo individuale è una sorta di canovaccio della formazione - che poi può dettagliarsi in piani annuali - , che deve necessariamente fare riferimento agli standard/referenziali previsti nel Repertorio nazionale/regionale, rispetto al quale monitorare l’andamento dell’apprendimento e quindi valutare, al termine del contratto o anticipatamente, l’acquisizione delle competenze previste. Questo complesso di strumenti assicura che la formazione sia “certificabile”, ovvero progettata con riferimento a standard che specificano gli obiettivi formativi, i livelli minimi da conseguire e definiscono le modalità con cui effettuare la verifica. Inoltre, le acquisizioni maturate devono poi essere certificate, nonché registrate nel Libretto formativo del cittadino.

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Pertanto, superato il concetto di “formazione esterna”, nel nuovo apprendistato professionalizzante il presidio del ruolo formativo dell’ap-prendistato si sposta dal controllo della fase di erogazione, ovvero dalla previsione di una quota minima di ore di formazione esterna, alla definizione di riferimenti forti per le fasi a monte e a valle del processo formativo. Tuttavia, esaminando lo stato di avanzamento dell’implementazione della riforma la previsione di tali strumenti è ancora inattuata, almeno in una logica nazionale che voleva salvaguardare l’omogeneità dei sistemi e quindi assicurare la piena mobilità delle certificazioni eventualmente conseguite dagli apprendisti. Infatti, il Repertorio nazionale delle qualifiche conseguibili in apprendistato è uno strumento non disponibile, mentre i Piani formativi individuali sono stati definiti da ciascuna Regione, nell’ambito delle regolamentazioni emanate, con caratteristiche e contenuti specifici e differenziati per ogni territorio. In generale, il quadro dell’implementazione dell’apprendistato profes-sionalizzante a livello territoriale tramite le regolamentazioni necessarie a completamento del quadro normativo nazionale non può ancora dirsi completo: non tutte le Regioni hanno emanato la legge di attuazione dell’art. 49 del D.lgs. 276/03, e talora alla legge non ha ancora fatto seguito un insieme di regolamentazioni tale da consentire un avvio del sistema territoriale di formazione per l’apprendistato. La successiva Scheda 1 ricostruisce lo stato di avanzamento nella regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante nelle Regioni e Province Autonome. Scheda 1 - Stato di avanzamento nella definizione della regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante

a. Regioni che hanno varato la legge e gli atti di regolamentazione

Piemonte, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna

b. Regioni che hanno varato la legge e stanno definendo gli atti di regolamentazione

Lombardia, Veneto, Liguria, Abruzzo, Campania, Basilicata

c. Regioni che hanno promosso attuazioni transitorie e sperimentali

Valle d’Aosta, Calabria

È evidente che dopo un settennio dall’approvazione del decreto legislativo n. 276/03 ancora la riforma non può dirsi attuata.

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Pertanto, nella mancanza di strumenti utili ad un vero presidio delle fasi a monte e a valle del processo formativo, mentre alcune Regioni si sono costruite in autonomia tali riferimenti nelle regolamentazioni definendo anche Repertori regionali di profili, in generale pressoché tutte le amministrazioni hanno cercato di individuare altre modalità per garantire l’effettivo svolgimento della formazione, circoscrivendo l’apporto delle aziende a erogare solo parti della formazione formale e comunque limitando il numero di imprese che possono procedere all’erogazione diretta. Infatti, le regolamentazioni regionali, emanate con il concorso delle Parti sociali, circoscrivono la possibilità di realizzare la formazione formale all’interno delle imprese attraverso vincoli che fanno riferimento a:

a) volume di formazione formale erogabile all’interno delle imprese; b) luoghi/modalità con cui è possibile erogare la formazione formale

interna; c) requisiti delle imprese per l’erogazione della formazione formale

all’interno. Tutte le regolamentazioni regionali emanate, compreso quelle in via di completamento con atti secondari, hanno prestato attenzione ad almeno uno degli elementi citati, in qualche caso per rinviarne la determinazione ai contratti collettivi. In molte previsioni regionali la possibilità che tutta la formazione formale sia svolta all’interno dell’impresa è esclusa e l’apporto che l’impresa può fornire nella erogazione della formazione formale è in qualche modo delimitato, generalmente con riferimento ad una determinata previsione di articolazione della formazione. Infatti, pur se la maggior parte delle amministrazioni contiene un rinvio alla contrattazione collettiva per la determinazione dell’articolazione della formazione formale, spesso nella regolamentazione è comunque inserita una proposta, che opera in via sussidiaria oppure in mancanza della capacità formativa dell’impresa prevista dalle parti sociali. In altri casi le Regioni, d’intesa con le organizzazioni datoriali e sindacali del territorio, hanno individuato una articolazione della formazione senza alcun rinvio alla contrattazione collettiva, nonostante le previsioni dell’art. 49 del D.lgs. 276/03. Le articolazioni della formazione formale generalmente fanno riferimento alle seguenti dimensioni:

- le aree di contenuto/competenza; - la quota oraria di formazione dedicata a ciascuna area di

contenuti/competenze. Rispetto all’articolazione per aree di contenuto, la bipartizione individuata all’indomani dell’approvazione della legge n. 196/97 dal Decreto ministeriale

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dell’8 aprile 1998, che distingue le attività formative dedicate allo sviluppo di competenze di carattere trasversale e quelle dedicate allo sviluppo delle competenze di carattere tecnico-professionale, si conferma come quella di riferimento per pressoché tutti i sistemi regionali. Solo in qualche caso si individua una ulteriore ripartizione dell’area di professionalizzazione, distinguendo tra unità sulle competenze tecnico-professionali settoriali e unità sulle competenze tecnico-professionali specialistiche. Poco più articolato risulta il panorama delle previsioni regionali rispetto alla quota oraria attribuita a ciascuna area di contenuto; anche in questo caso trova numerose conferme la previsione del DM del 1998 citato che riservava almeno il 35% del volume di formazione all’acquisizione delle competenze trasversali: infatti, ritorna spesso una quota oraria pari a 42 ore di formazione annue o ad un numero molto vicino. In qualche caso si è cercato di articolare diversamente negli anni la formazione, prevedendo una riduzione della quota oraria dedicata alle competenze di base e trasversali con l’avanzare dell’anzianità di contratto. A partire da tali articolazioni, in linea di massima le Regioni riconoscono più facilmente alle aziende la possibilità di erogare all’interno la formazione per l’acquisizione delle competenze tecnico-professionali, e talvolta anche solo per quel sottoinsieme di queste definito come competenze profes-sionalizzanti “specialistiche”, mentre si riserva alle strutture formative accreditate l’erogazione delle competenze professionalizzanti “di settore” e di quelle di base e trasversali. Tali Regioni, quindi, riconoscono all’impresa una maggiore propensione ad impartire quelle conoscenze e competenze più direttamente legate alla gestione dei processi produttivi; si prevede invece il ricorso a strutture esterne, che abbiano la formazione fra le finalità statutarie, per l’erogazione della componente relativa alle competenze di base e trasversali. In alcune leggi regionali, poi, più che una articolazione specifica della formazione, è indicato un criterio direttivo, ossia che la formazione sia realizzata «prevalentemente» all’esterno, criterio che comunque delimita le possibilità di apporto dell’impresa all’erogazione della formazione formale. Un secondo ambito in cui le norme regionali intervengono a regolare la formazione formale in impresa delimitandola riguarda l’individuazione dei luoghi e delle modalità di erogazione della formazione stessa. Quasi tutte le regolamentazioni, infatti, specificano le caratteristiche dei luoghi in azienda in cui la formazione formale può essere impartita. Nelle indicazioni regionali in proposito sembra di poter rinvenire tre linee:

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1. la formazione formale deve comunque essere erogata al di fuori dei locali normalmente destinati alla produzione, ma non si richiede che tali locali corrispondano ad aule didattiche;

2. la formazione può essere erogata nei locali normalmente destinati alla produzione, ma in un contesto che sia formativo e non produttivo, ovvero al di fuori del processo di produzione;

3. infine, un gruppo di Regioni ha previsto la possibilità che la formazione formale possa realizzarsi anche nell’ambito del processo produttivo, ma in una situazione in cui siano salvaguardate alcune caratteristiche di “formalità”, che fanno riferimento alla necessità di una progettazione, di assistenza di figure specifiche, di intenzionalità, verificabilità e certificabilità.

Il terzo elemento attraverso il quale le regolamentazioni regionali hanno delimitato e regolato la possibilità per l’impresa di erogare una formazione formale all’interno fa riferimento all’introduzione del concetto (e dei requisiti) di capacità formativa. Infatti, molte regolamentazioni regionali hanno subordinato la possibilità di realizzare all’interno delle imprese un processo di formazione che abbia il carattere della “formalità” al possesso di pre-requisiti che dovrebbero indicare la «capacità formativa formale interna». In qualche caso si rinvia alla contrattazione collettiva, o agli enti bilaterali, la facoltà di individuare requisiti di “capacità formativa” per le imprese; in altri casi convivono sia gli indicatori eventualmente previsti dalla contrattazione collettiva che quelli definiti dalla regolamentazione regionale. Tale “convivenza” opera nel senso che i primi, qualora esistenti nella contrattazione di settore, diventano integrativi dei secondi. Il gruppo più ampio di Regioni ha invece definito, nell’ambito della regolamentazione emanata d’intesa con le parti sociali, un set di requisiti che individuano la “capacità formativa formale interna” delle imprese al di fuori di alcun rinvio alla contrattazione collettiva. Tali requisiti fanno generalmente riferimento alla disponibilità di locali e attrezzature, di risorse umane per la docenza, di un tutor aziendale; in qualche caso si individuano criteri ulteriori. Va osservato che nella specificazione dei requisiti per il riconoscimento della capacità formativa si rileva una ampia indeterminatezza nell’ambito delle regolamentazioni regionali, che fanno ricorso ad aggettivi quali “idoneo” o “adeguato” per individuare il grado di possesso dei requisiti richiesti: manca generalmente il riferimento ad uno standard minimo e oggettivo. Infine, si riscontra in molte delle regolamentazioni regionali emanate un’attenzione a sviluppare una diversa relazione fra sistema formativo e imprese di provenienza degli apprendisti, improntata più ad un supporto di tipo consulenziale, che parte dall’apprendistato, ma che tende ad espandersi

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per cogliere, formalizzare e offrire risposte ai più ampi bisogni formativi dell’impresa stessa. Infatti, molte Regioni hanno messo a disposizione delle imprese soggetti deputati a prestare assistenza tecnica per la predisposizione del piano formativo individuale o per il monitoraggio della formazione formale in impresa; lo stesso hanno fatto alcune discipline pattizie, laddove hanno previsto un servizio all’impresa affidato dall’ente bilaterale, che svolge una prima verifica di coerenza del piano formativo individuale con i profili formativi del settore, a garanzia anche del ruolo formativo dell’apprendistato. Rimane il fatto che in quelle Regioni dove il processo regolamentare non è ancora compiuto con la definizione della regolamentazione secondaria, i contratti collettivi costituiscono il riferimento per l’individuazione della disciplina degli aspetti formativi dell’apprendistato. In questi casi, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 176/2010, risultano operative anche le regolamentazioni della formazione esclusivamente aziendale ai sensi della legge n. 133/08. Laddove invece le discipline regionali siano state emanate, il quadro regolamentare regionale costituisce la cornice nel cui ambito devono “leggersi” le eventuali discipline contrattuali.

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LA FORMAZIONE IN APPRENDISTATO Le riforme normative La formazione prima della riforma del 2003 L’apprendistato nasce nel 1955 come contratto a causa mista, ponte tra il sistema della formazione e quello del lavoro. Nella sua formulazione originaria l’art. 2 della L. 25/1955 recitava che “l'imprenditore è obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all'apprendista assunto alle sue dipendenze, l'insegnamento necessario perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l'opera nell'impresa medesima.” La formazione oggetto del contratto di apprendistato consisteva da un lato in un addestramento pratico con la finalità di “far acquistare all'apprendista la richiesta abilità nel lavoro al quale deve essere avviato mediante graduale applicazione ad esso” e dall’altro in un insegnamento complementare con lo scopo “di conferire all'apprendista le nozioni teoriche indispensabili all'acquisizione della piena capacità professionale”. La normativa del 1955 conteneva in nuce il riferimento a molte tematiche che sono poi state ampliate nelle successive riforme normative. Si trova infatti il riferimento alla necessità, per la formazione, di “uniformarsi alle norme generali emanate dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, alla vigilanza sempre del Ministero sull'esercizio sull'attività rivolta all'insegnamento complementare, come pure alla possibilità di “sovvenzionare o finanziare le iniziative” . Si rileva anche l’attenzione verso aspetti organizzativi a tutela della qualità dell’insegnamento (“gli apprendisti devono essere raggruppati per grado di preparazione scolastica”) e verso la certificazione di “idoneità all'esercizio del mestiere” (“la qualifica ottenuta al termine del periodo di apprendistato dovrà essere scritta sul libretto individuale di lavoro”). A circa 40 anni di distanza, la legge 196/1997 ha introdotto novità non solo nella disciplina generale dell’apprendistato, ma anche in relazione ai profili formativi. In risposta all’Intesa fra Governo e parti sociali del gennaio 1993 e all’Accordo per il lavoro siglato fra Governo e parti sociali nel settembre

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1996, il cosiddetto pacchetto Treu prevede, da un lato, il coinvolgimento delle Regioni e delle Parti sociali nella definizione della materia e, dall’altro, introduce elementi di tutela della qualità della formazione. In particolare l’art. 16 della legge prevede che i contenuti formativi e i termini e le modalità per la certificazione dell'attività formativa svolta siano normati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, le associazioni di categoria dei datori di lavoro e le Regioni nel rispetto di alcune regole definite. Inoltre impone un obbligo formativo per l'apprendista pari ad almeno 120 ore medie annue ed una formazione obbligatoria nel primo anno in materie quali la disciplina e l'organizzazione del rapporto di lavoro e le misure di prevenzione per la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Inoltre, viene introdotta la figura del tutor della formazione i cui requisiti sono demandati ad apposito decreto così come pure entità, modalità e termini di concessione di agevolazioni contributive. In più, il pacchetto Treu richiama l’attenzione sulla necessità di introdurre norme regolamentari allo scopo di pervenire ad una disciplina organica della materia secondo criteri di valorizzazione dei contenuti formativi, con efficiente utilizzo delle risorse finanziarie vigenti, di ottimizzazione ai fini della creazione di occasioni di impiego delle specifiche tipologie contrattuali, nonché di semplificazione, razionalizzazione e delegificazione, con abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti. L’accento viene poi posto sulla necessità di impiantare un sistema organico di controlli sull’effettività dell'addestramento e sul reale rapporto tra attività lavorativa e attività formativa, con la previsione di specifiche sanzioni amministrative. Molto sinteticamente, gli interventi normativi e regolamentari che sono seguiti alla legge 196 hanno cercato di dare compimento alla materia. Tra questi si ricordano il Decreto 8 aprile 1998 "Disposizioni concernenti i contenuti formativi delle attività di formazione degli apprendisti" che all’art. 5, comma 2, stabilisce che sono le Regioni a regolamentare le modalità di certificazione dei risultati dell’attività formativa svolta prevedendo che possano “predisporre, anche con il concorso degli enti bilaterali, iniziative per la effettuazione di bilanci di competenze professionali dei lavoratori”. Per quanto riguarda i contenuti di apprendimento, la normativa stabilisce che essi debbano essere articolati in: - contenuti a carattere trasversale a cui non potrà essere destinato un numero di ore inferiore al 35% del monte di ore destinato alla formazione esterna; - contenuti a carattere professionalizzante. Con la Circolare n. 93/98 del 16 luglio 1998 "Disposizioni per la messa a regime delle norme di cui all’art. 16 della legge n.196 del 24 giugno 1997 in

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materia di formazione degli apprendisti" si precisa che devono essere le Regioni ad individuare con propri provvedimenti “le strutture regionali pubbliche e private di formazione professionale di cui all’art. 2 comma 2 del decreto 8 aprile 1998 presso le quali dovranno essere svolte le attività formative esterne all’azienda”. A seguire, il Decreto n. 179 del Ministero del Lavoro del 20 maggio 1999 “Disposizioni per la formazione degli apprendisti”, riprendendo quanto indicato nel Decreto dell’ 8 aprile 1998, descrive in forma più approfondita gli ambiti di contenuto formativo. Stabilisce innanzitutto che un primo modulo deve essere dedicato all’accoglienza e riguardare materie quali: competenze relazionali, ovvero valutare le competenze e le risorse personali, anche in relazione al lavoro ed al ruolo professionale; comunicare efficacemente nel contesto di lavoro; analizzare e risolvere situazioni problematiche; definire la propria collocazione nell’ambito di una struttura organizzativa. In particolare viene sottolineata l’importanza della valutazione del livello d’ingresso dell’apprendista e del patto formativo tra l’apprendista e la struttura formativa. I percorsi formativi individuali devono essere costruiti, in fase di progettazione esecutiva, sulla base dell’accertamento dei livelli delle competenze possedute dagli apprendisti e dell’individuazione dei fabbisogni formativi. Ai fini dell’attestazione da parte del datore di lavoro sulle competenze acquisite dall’apprendista, si prevede un ruolo attivo da parte della figura del tutor. Le novità dopo il 2003 La Legge 30/2003 (“Legge Biagi”) ed il Decreto attuativo 276/2003 non solo ridefiniscono la materia, ma incidono anche sul contesto di sfondo del contratto di apprendistato, con l’abrogazione del contratto di formazione e lavoro e la ridefinizione o istituzione di nuovi istituti contrattuali. Con il mutare del quadro definitorio del contratto di apprendistato conseguentemente cambiano e vengono rinormati anche gli aspetti formativi. A fianco delle nuove tipologie di apprendistato (espletamento del diritto-dovere, professionalizzante e alta formazione) sono infatti previste normative differenziate in merito all’attività formativa. In rapporto alla tipologia di apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione si prevede che la regolamentazione dei profili formativi sia rimessa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca, sentite le Associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. La riforma prevede però il rispetto di

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una serie di criteri e principi direttivi. Rinviando alle previste normative per la definizione della qualifica professionale, viene previsto che vi sia un monte ore di formazione, esterna od interna alla azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale. La determinazione delle modalità di erogazione della formazione aziendale viene rinviata ai Contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da Associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, pur nel rispetto degli standard generali fissati dalle Regioni. Anche per l’apprendistato professionalizzante la regolamentazione dei profili formativi viene rimessa agli Enti territoriali d’intesa con le Parti sociali. La normativa prevede però un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno 120 ore per anno, per l’acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali. E’ rinviata ai contratti collettivi di lavoro, stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da Associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni. Per le due prime tipologie contrattuali si prevede poi il riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione della formazione effettuata nel Libretto formativo, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, esterna e interna all’impresa. Il presidio dell’attività viene affidato ad un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. Per quanto riguarda infine l’apprendistato volto all'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, la definizione dei profili che attengono alla formazione è rimessa alle Regioni in accordo con le Associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative. Al fine di supportare il processo di applicabilità della nuova disciplina, la normativa prevede che venga istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il Repertorio delle professioni con lo scopo di armonizzare le diverse qualifiche professionali, grazie all’apporto di un apposito organismo tecnico composto dal Ministero dell’Istruzione, della Università e della Ricerca, dalle associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai rappresentanti della Conferenza Stato Regioni.

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La regolamentazione prevista dal D.lgs. 276/2003 ha posto in capo alle Regioni un potere normativo rilevante al fine dell’avvio del nuovo apprendistato. Conseguentemente negli anni successivi le amministrazioni regionali si sono progressivamente e variamente attivate determinando comunque un quadro ad oggi non ancora completamente definito (vd Scheda 1 del capitolo precedente). Nell’ottica di favorire l’operatività della materia ed in particolare dell’apprendistato professionalizzante in grado potenzialmente di agevolare i giovani nell’inserimento nel mondo del lavoro, il legislatore, prendendo atto della difficoltà e dei ritardi da parte di gran parte delle Regioni, di emanare leggi di attuazione, con l’art. 23, comma 2, D.L. n. 14 marzo 2005, n. 35 ha aggiunto al comma 5 dell’art.49 il comma 5 bis. Il disposto prevede che in attesa della regolamentazione regionale, la definizione e la disciplina dei profili formativi sia rimessa in via sussidiaria ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da Associazioni dei datori di lavoro e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Conseguentemente in via surrogatoria, quasi tutti i contratti collettivi stipulati negli ultimi anni contengono previsioni volte a definire una regolamentazione dell’apprendistato professionalizzante utile in presenza di vuoti normativi regionali. L’art. 23 del D.L. n. 112/2008 (L. 133/2008) è nuovamente intervenuto sulla materia introducendo un ulteriore comma, il 5 ter, che recita «in caso di formazione esclusivamente aziendale non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi, i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante vengono rimessi integralmente ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni di datori e prestatori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali definiscono la nozione di formazione aziendale e determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo». In tal modo con la L. 133 il legislatore ha introdotto per la formazione esclusivamente aziendale la possibilità di un cosiddetto “doppio canale”, ossia un canale governato dalla contrattazione collettiva non più sussidiario come quello previsto dall’originario comma 5 e neanche transitorio come quello del comma 5 bis. Si tratta quindi di un “canale parallelo” e alternativo rispetto a quello pubblico. Si stabilisce infatti che in caso di formazione esclusivamente aziendale non operano le disposizioni del comma 5 e la disciplina dei profili formativi può essere integralmente regolamentata dai contratti collettivi. In particolare, ai contratti collettivi è devoluta la

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definizione della nozione di formazione aziendale e essi determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione e di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo. Il nuovo comma opera una totale delega di funzioni alle Parti sociali senza prevedere alcun vincolo o criterio direttivo. Conseguentemente non risultano vincolanti gli istituti quali il tutor, la formazione formale, la certificazione finale, gli standard dei profili formativi, ecc.. La normativa del 5 ter ha aperto un dibattito acceso che ha prodotto innanzitutto richieste di chiarimenti e, parallelamente, tentativi di risposta. Il Ministero del Lavoro è infatti intervenuto con diverse pronunce a seguito di interpelli (in particolare n. 50 del 7 ottobre 2008; n. 2. del 6 febbraio 2009; n. 79 del 12 novembre 2009 e n. 11 del 2 aprile 2010) e con la circolare n. 27 del 10 novembre 2008. Tali atti hanno cercato, in vigenza della norma, di fornire chiarimenti su alcuni aspetti applicativi, ovvero sui profili, sulla durata del contratto, sulla trasformazione anticipata del rapporto, e così via. Inoltre alla normativa hanno fatto seguito una serie di Accordi Sindacali che hanno dato applicazione al comma 5 ter, tra cui se ne citano alcuni a titolo esemplificativo: - Protocollo d’intesa del 24 settembre 2009 per il settore delle società di

revisione contabile tra Confcommercio, Asseprim, Assirevi, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil;

- Accordo del 23 settembre 2009 per il settore terziario tra Confcommercio, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil;

- Accordo interconfederale del 16 febbraio 2010 tra Fedarcom Cifa, Confsal, Fesica Confsal, Confsal Fisals.

Contro le novità introdotte dalla L. 133/2008, hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale nove Regioni (Emilia Romagna, Basilicata, Veneto, Liguria, Toscana, Piemonte, Marche, Puglia e Lazio). In particolare le ricorrenti hanno sollevato il dubbio di legittimità in merito al fatto che nel comma 5 ter la regolamentazione della formazione venga svincolata dal potere delle Regioni e vi sia l’integrale rimessa alla contrattazione collettiva quale fonte esclusiva nella definizione della nozione di formazione aziendale, dei profili formativi, delle modalità di erogazione, della durata della formazione, del riconoscimento della qualifica professionale, pur in presenza della disciplina regionale. In tal modo viene lamentata la violazione degli artt. 117, 120, 118 e 39 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione. In merito all’articolo 117 Cost., le ricorrenti affermano che in virtù di tale articolo la formazione professionale è di competenza legislativa esclusiva delle Regioni. A supporto di tale tesi viene citata la sentenza della Corte

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Costituzionale n. 50 del 2005 in cui - pur essendo stata operata una distinzione tra formazione «interna» all’azienda, che riguarda il rapporto contrattuale ed è rimessa alla competenza statale, e formazione «esterna» all’azienda, di competenza concorrente delle Regioni - si afferma che “nella regolamentazione dell’apprendistato né l’una né l’altra appaiono allo stato puro, ossia separate nettamente tra di loro e da altri aspetti dell’istituto. Occorre perciò tener conto di tali interferenze”. Per quanto concerne l’art. 120 Cost., si afferma che, in caso di interferenze di materie, riguardo alle quali esistono competenze legislative diverse, è necessario procedere alla loro composizione con gli strumenti della leale collaborazione. In relazione all’art. 118 Cost., si sostiene che non sussiste alcuna esigenza di carattere unitario che imponga una disciplina statale dell’apprendistato professionalizzante all’interno dell’azienda, che lo sottragga alla potestà regionale per affidarlo alla regolamentazione dei contratti collettivi. In merito infine all’art. 39 Cost., il contratto collettivo di lavoro ha efficacia generale solo se il sindacato è registrato e, quindi, data la mancata attuazione di tale previsione, il contratto collettivo non può avere efficacia generale. A distanza di due anni dalla sua emanazione, la Corte Costituzionale con la Sentenza del 10 maggio 2010 n. 176 ha definito la materia riconoscendo la parziale illegittimità del comma 5 ter. Nella sentenza si afferma che la norma 5 ter entra in contrasto con gli artt. 117 e 120 Cost., nonché con il principio di leale collaborazione. In particolare non sono state considerate le “interferenze” di cui alla sentenza 50 del 2005 che sono connaturate alla proiezione esterna dell’apprendistato professionalizzante e all’acquisizione da parte dell’apprendista dei crediti formativi, utilizzabili per l’eventuale conseguimento di titoli di studio. Di conseguenza sono state ritenute illegittime le parole «non opera quanto previsto dal comma 5. In questa ipotesi…» in quanto tale inapplicabilità rende inoperante il principio enunciato nel primo periodo del comma 5 che affida alle Regioni, d’intesa con le Associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale, la regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, ma anche la legislazione regionale intervenuta dopo il D.lgs. 276. Inoltre, il comma 5 ter si pone in contrasto con la scelta di lasciare inalterato il quadro complessivo della disciplina del settore senza incidere sulle funzioni già svolte dalle Regioni in materia di mercato del lavoro, sulla base della normativa antecedente il D.lgs. n. 276 del 2003. E’ stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale della norma in riferimento alla parola «integralmente», la quale rimette esclusivamente ai contratti

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collettivi di lavoro o agli enti bilaterali i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante, e alla parte in cui viene conferita ai contratti collettivi e agli enti bilaterali la definizione della «nozione di formazione aziendale». Tali espressioni, secondo la sentenza, impedendo l’applicazione del precedente comma 5, sono illegittime e si configurano come “particolarmente lesive” in quanto affidano ai contratti la definizione della nozione di formazione aziendale, presupposto dell’applicazione della normativa e, quindi, implicitamente della formazione esterna (“competenza delle competenze”). In sintesi, la sentenza ha inteso confermare alle Regioni un ruolo rilevante, di stimolo e di controllo dell’attività formativa anche nell’ipotesi di apprendistato con ricorso alla formazione esclusivamente aziendale. Conseguentemente il testo del comma 5-ter in oggetto, a seguito delle disposte dichiarazioni di illegittimità costituzionale, è il seguente: “In caso di formazione esclusivamente aziendale i profili formativi dell’apprendistato professio-nalizzante sono rimessi ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero agli enti bilaterali. I contratti collettivi e gli enti bilaterali determinano, per ciascun profilo formativo, la durata e le modalità di erogazione della formazione, le modalità di riconoscimento della qualifica professionale ai fini contrattuali e la registrazione nel libretto formativo.” Le questioni irrisolte Con la sentenza 176/2010 la questione del doppio canale di formazione ha trovato il suo epilogo. Il giudice costituzionale ha ribadito la sostanziale centralità del ruolo delle Regioni, sia pure d’intesa con le Parti sociali. Si è tornati così ad una situazione in cui si deve attendere la regolamentazione delle Regioni, attenuata solo da un possibile regime transitorio di carattere surrogatorio. L’art. 5 ter ha avuto se non altro il merito di aver sollevato e tentato di risolvere, sebbene in modo giudicato illegittimo dalla recente sentenza, alcune questioni che rimangono sul piatto e necessitano di una risposta. Innanzitutto gli interventi tampone del legislatore sull’art. 5 con un comma 5 bis e 5 ter denunciano la presenza di una normativa regionale non sempre emanata e in alcuni casi frammentaria e incompleta, oltre che, per definizione, diversificata di territorio in territorio. Ciò significa che le macchine legislative regionali sono riuscite finora con difficoltà a supportare il contratto di apprendistato, sia in relazione alla regolamentazione generale, sia a quella dei profili formativi.

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Inoltre il ricorso proposto dal comma 5 ter ai contratti ed agli enti bilaterali pone in risalto la necessità che la formazione risponda sempre più e meglio alle necessità aziendali e del lavoratore. La formazione dell’apprendista deve produrre un valore aggiunto per l’azienda e quindi essere tarata sulle esigenze di quest’ultima. Ciò significa che il meccanismo produttivo della formazione deve tenere conto di questa finalità. A prescindere dalla soluzione legislativa individuabile, occorre andare sempre più verso un sistema integrato che si fondi sulla sinergia tra soggetto pubblico, società formativa ed impresa. Infatti il coinvolgimento diretto di imprese e lavoratori nei processi formativi valorizza sempre di più l’apprendistato e ne esalta il suo valore. Un’ultima questione su cui riflettere riguarda il tentativo da parte dell’art. 5 ter di offrire un’alternativa rispetto alla formazione pubblica. La formazione a cui fa riferimento la Legge 133 non è finanziata ma è posta a totale carico dell’azienda. Siffatta tipologia richiama l’esigenza di creare un’alternativa rispetto al problema della limitata capacità dei mezzi pubblici di soddisfare le richieste reali o potenziali. Il fatto che la formazione finanziata riesca a soddisfare solamente una parte della domanda costituisce una problematica di rilievo che viene ad incidere sulla propensione del mondo imprenditoriale ad utilizzare il contratto di apprendistato. Necessita quindi di una soluzione.

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IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO IN UMBRIA Verso un gestione efficiente ed efficace dell’apprendistato La situazione ante Piano 2009 L’esperienza dell’Umbria antecedente al 2009 ha visto, rispetto in particolare all’attività formativa per l’espletamento del contratto di apprendistato, due modi diversi di operare delle Province. Le amministrazioni di Terni e di Perugia infatti hanno portato avanti due differenti iter di gestione dell’offerta formativa pubblica. La prima da alcuni anni ha sviluppato un sistema basato su un catalogo di attività formative costantemente accessibili da parte di imprese interessate, la seconda viceversa ha operato sempre tramite bandi o avvisi pubblici e progetti quadro. In particolare la Provincia di Perugia prima del 2009 coordinava l’offerta secondo lo strumento del progetto quadro. Veniva, innanzitutto, emesso un avviso pubblico che consentiva di raccogliere le candidature dei soggetti al fine di emettere un “elenco provinciale di soggetti accreditati alla gestione della formazione esterna per gli apprendisti”1. Entrando a far parte dei soggetti accreditati, l’ente formativo presentava dei progetti finalizzati a rispondere alla domanda di formazione esterna (chiamati appunto progetti quadro) di settori e/o aree professionali, rivolti soprattutto a gruppi di allievi con caratteristiche non omogenee. Solo in una fase successiva, a seguito dell’assegnazione del finanziamento, venivano individuati in maniera specifica i destinatari della formazione. Ruolo di raccordo tra offerta formativa pubblica e imprese veniva demandato ai Centri per l’Impiego. Infatti le aziende, anche attraverso i Centri per l’Impiego, venivano a conoscenza dell’offerta formativa che la Provincia di Perugia proponeva. Le imprese sceglievano, così, il percorso formativo adatto alle proprie esigenze e a quelle degli apprendisti, permettendo, in tal modo, l’avvio dello stesso.

1 “Avviso pubblico per la gestione della formazione esterna per gli apprendisti anno 2004/2005”.

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In Provincia di Terni, invece, era previsto un percorso differente per la gestione dell’offerta formativa in apprendistato. In attuazione del “Piano delle attività formative degli apprendisti 2002-2006”, la Provincia di Terni aveva adottato un apposito bando per la costituzione di un catalogo dei fornitori di interventi formativi per l’apprendistato2. A seguito dell’uscita di tale avviso, i soggetti interessati dovevano inoltrare la proposta di disponibilità all’iscrizione a catalogo. L’impresa, in tal modo, aveva a disposizione un elenco di strutture formative e poteva individuare direttamente quella che più si adeguava alle proprie esigenze. L’azienda iscriveva, così, l’apprendista alle attività formative presso l’ente formativo prescelto e veniva dato avvio al percorso. L’amministrazione provinciale teneva costantemente aggiornati gli enti di formazione iscritti a catalogo circa le risorse finanziarie disponibili, prevedendo annualmente un budget a disposizione degli stessi in termini di numero di corsi finanziabili, tenendo conto delle loro potenzialità organizzative nell’attivazione dei corsi e della numerosità degli apprendisti in forza in quei settori/comparti per i quali gli stessi enti avevano dichiarato la propria disponibilità di intervento3. A seguito della Legge regionale n. 18 del maggio 2007 e del successivo Piano 2009, la Regione Umbria ha voluto unificare il sistema di gestione dell’offerta formativa provinciale, valorizzando entrambi i sistemi precedentemente messi in atto da Perugia e Terni. Da un lato, infatti, è stato mantenuto il sistema dell’ emissione dei bandi e dei progetti quadro, articolati in modo più specifico secondo Unità di Competenza (UC) e Unità Formative (UF) e, dall’altro, è stato istituito un catalogo provinciale delle attività di formazione formale esterna per apprendisti che raccoglie l’offerta formativa. Nei paragrafi seguenti verrà descritto l’attuale sistema di gestione della formazione in apprendistato in Umbria e il nuovo iter gestionale demandato alle Province. Il sistema attuale Le norme regionali che disciplinano attualmente l’apprendistato sono la Legge regionale n. 18 del maggio 2007 ed il relativo Regolamento di attuazione n. 5

2 “Avviso pubblico per la costituzione del catalogo provinciale dei fornitori di interventi formativi e servizi per l’attuazione dei programmi di formazione esterna per persone in esercizio di apprendistato”, Provincia di Terni, 2002. 3 “Piano dell’apprendistato professionalizzante 2006 ”, Provincia di Terni, 2006.

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del 18 settembre 2008. La prima, che disciplina l’istituto dell’apprendistato, prevede che la Giunta regionale definisca ogni anno, attraverso un percorso di concertazione, un Piano per il finanziamento della formazione formale degli apprendisti. Il secondo è il risultato di una concertazione con tutte le parti interessate e dà attuazione ed esecuzione alle disposizioni contenute nella legge regionale in materia di apprendistato professionalizzante. Attraverso, poi, il Piano annuale 2009 si è dato inizio al processo di definizione e finanziamento dell’offerta formativa pubblica per l’apprendistato professionalizzante. L’obiettivo dichiarato dal nuovo sistema regionale è quello di valorizzare al massimo i contenuti della parte professionalizzante in modo più vicino alle necessità aziendali. Entrando più nel dettaglio, la disciplina regionale sull’apprendistato professionalizzante si basa su alcuni elementi significativi:

- la definizione dei profili formativi, come insieme di conoscenze e competenze da conseguire nel contratto di apprendistato;

- il sistema di accreditamento regionale basato su un catalogo regionale dei soggetti erogatori che garantisce che gli organismi compresi al suo interno siano affidabili ed esperti nell’erogazione della formazione;

- la personalizzazione e la flessibilità dell’offerta formativa, tale da adeguarsi alle esigenze delle imprese e degli apprendisti;

- il ruolo delle imprese, quali attori principali al pari degli organismi pubblici e privati, nella formazione dell’apprendista, dando rilevanza alla funzione del tutor aziendale4.

Nel nuovo sistema sull’apprendistato professionalizzante, per quanto riguarda le questioni connesse con la gestione della formazione professionale che vedono coinvolte le due Province e la Regione, si è potuta constatare la volontà di procedere con le stesse modalità su tutto il territorio regionale. All’art. 13, punto 4 del Regolamento si prevede che “le Province, entro il mese di Febbraio di ogni anno, finanziano, sulla base delle risorse disponibili, i progetti quadro presentati dagli organismi iscritti al Catalogo regionale di cui all’articolo 7, comma 4 […]”. Pertanto, le Province si trovano ad organizzare e gestire l’offerta formativa pubblica in apprendistato a fronte delle richieste derivanti dal tessuto produttivo umbro. Compito prioritario, dunque, delle amministrazioni provinciali è quello di gestire la domanda formativa sull’apprendistato garantendo un’offerta che risponda adeguatamente all’esigenze emerse. L’obiettivo che le Province si prefiggono con l’emanazione degli avvisi pubblici “è l’approvazione di progetti quadro di settore e di comparto per la costituzione di

4 DGR n. 520 del 14/4/2009.

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un Catalogo provinciale di attività di formazione formale esterna per apprendisti, caratterizzato da un’offerta formativa più completa possibile riguardo a tutti i settori produttivi, da una diffusa dislocazione territoriale delle iniziative, dalla previsione di modalità didattiche innovative tali da assicurare la personalizzazione e la flessibilità dei percorsi, dalla individuazione dei soggetti erogatori della formazione esclusivamente all’interno del relativo Catalogo regionale”.5 L’emanazione degli avvisi pubblici per l’istituzione dei cataloghi dell’offerta formativa per gli apprendisti da parte delle due Province, avvenuta nel mese di aprile 2010, è stato il frutto di un’attività di concertazione che ha portato ad una modalità unica di gestione. Nei prossimi paragrafi verrà descritto l’iter umbro di costituzione dell’offerta formativa pubblica, specificando: la fase preparatoria, la struttura e i contenuti dei progetti quadro, l’approvazione e il finanziamento e l’avvio delle attività. Fase preparatoria per la costituzione di un’offerta pubblica per la formazione in apprendistato Sono ammessi alla presentazione dei progetti quadro gli organismi di formazione pubblici o privati inseriti nel Catalogo regionale dei soggetti erogatori della formazione per l’apprendistato. Nella DGR n. 400 del 26/1/2009 vengono elencate le condizioni che un soggetto deve possedere per richiedere l’iscrizione nel Catalogo regionale. All’ art. 2 si precisa che “possono chiedere l’iscrizione gli organismi formativi che, alla data della domanda, risultino accreditati dalla Regione Umbria per la “macrotipologia formazione continua e permanente” e possiedano i seguenti requisiti:

- capacità di garantire una diffusa dislocazione territoriale dell’offerta formativa; - raccordo, in materia di formazione degli apprendisti e dei tutor aziendali, con le

associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentativi sul piano regionale e/o con gli enti bilaterali;

- esperienza maturata nella formazione formale degli apprendisti.” Le Province raccolgono i progetti quadro che i soggetti, inseriti nel catalogo regionale, si candidano a realizzare in risposta agli avvisi pubblici, denominati anche “bandi aperti”. E’ fissato al 30 novembre di ogni anno il termine per la ricognizione dei progetti quadro pervenuti e per l’avvio della relativa fase di valutazione, al fine dell’inserimento nel Catalogo provinciale e del finanziamento entro il successivo mese di febbraio, sulla base di quanto previsto dal Regolamento Regionale n. 5/2008 e dalla D.G.R. n. 520/2009. Per l’anno 2010, considerata

5 Avvisi pubblici per l’istituzione del catalogo dell’offerta formativa rivolta agli apprendisti delle province di Terni e di Perugia, 2010 (art.1).

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la necessità di dare avvio al nuovo modello regionale dell’apprendistato, il termine per la ricognizione è stato fissato al 14 aprile 2010 per la Provincia di Perugia e al 23 aprile 2010 per la Provincia di Terni. Struttura e contenuti dei progetti quadro I progetti si configurano quali progetti quadro per un determinato settore o raggruppamento di attività individuato sulla base della classificazione economica ATECO 2007. Tali progetti sono finalizzati a proporre un’offerta formativa flessibile e personalizzabile che permetta di sviluppare, per ciascun apprendista e per l’intera durata del contratto, un percorso per l’acquisizione delle competenze individuate nel proprio Piano Formativo Individuale (PFI)6, coerente con le conoscenze e capacità pregresse e con gli obiettivi di crescita personale e professionale. Pertanto, i progetti dovranno strutturarsi prevedendo un insieme di Unità di Competenza (UC) e di Unità Formative (UF) relative ai profili formativi del settore preso a riferimento, individuati, in modo diretto o per analogia, fra quelli di cui alla DGR n. 1874 del 22.12.2008 “Approvazione dei profili formativi dell’apprendistato professionalizzante” e, ove gli standard regionali non siano applicabili, sulla base di quanto disposto dai CCNL o dall’ISFOL ai sensi del Decreto del Ministero del Lavoro n. 179 del 20.05.19997. Ciascun progetto quadro sarà costituito da UC a carattere professionalizzante e UF di base e trasversali funzionali alle singole figure professionali. Per quanto riguarda i contenuti di ogni UC e di ogni UF, questi dovranno essere pensati e strutturati secondo un progressivo grado di complessità riferito all’intero percorso formativo dell’apprendista, in funzione dell’annualità formativa frequentata e dal suo livello di ingresso. La durata oraria sia delle UC che delle UF sarà commisurata rispetto agli obiettivi formativi che ciascuna unità formativa assume e dei contenuti che sviluppa, entro una fascia che va da un minimo di 8 ore ad un massimo di 42 ore, in coerenza con quanto previsto dai CCNL di riferimento. Inoltre, “per ciascuna unità formativa dovranno essere previste delle modalità di valutazione delle competenze acquisite dall’apprendista ai fini della loro certificazione ed attestazione nella

6 Nel Regolamento regionale n. 5 del 18/9/2008, si precisa all’art. 6 che “il piano formativo individuale di cui all’art. 6 della l.r. 18/2007 è redatto secondo il modello previsto dalla contrattazione collettiva o, in assenza, secondo il modello Allegato 1 che fa parte integrale del presente regolamento. Il piano formativo individuale è trasmesso al Centro per l’impiego competente per il territorio con le modalità di cui all’art. 12”. 7 Avvisi pubblici per l’istituzione del catalogo dell’offerta formativa rivolta agli apprendisti delle province di Terni e di Perugia, 2010.

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“Dichiarazione di percorso formativo nell’apprendistato” di cui all’art. 11 del Regolamento Regionale n. 5/2008 e s.m.i. nonché ai fini del riconoscimento come crediti formativi”8. Per garantire un adeguato coinvolgimento aziendale nel percorso formativo dell’apprendista, ogni progetto quadro dovrà prevedere unità formative rivolte ai tutor aziendali degli apprendisti, come specificato dall’art. 10 del Regolamento n. 5/2008. I progetti, per innovare le modalità didattiche della formazione e fornire stimoli agli apprendisti, potranno prevedere l’adozione di metodi e tecniche di didattica attiva, quali da esempio project work, lavori di gruppo, metodo dei casi che andranno ad affiancarsi ed a integrarsi ai metodi tradizionali. Sarà previsto all’interno del progetto quadro, inoltre, un sistema di monitoraggio e valutazione in itinere ed ex post delle attività formative attraverso l’utilizzo di indicatori di tipo qualitativo che vadano a rilevare anche la corrispondenza delle attività alle aspettative dei partecipanti e delle aziende. Gli avvisi pubblici delle Province specificano, poi, che i soggetti proponenti potranno in ogni momento presentare richieste di modifica dei progetti quadro per l’individuazione e la declinazione di nuovi profili formativi relativi al settore di riferimento. Le richieste dovranno essere preventivamente approvate da un “nucleo tecnico di valutazione” che procederà, così, all’esame delle istanze pervenute con cadenza bimestrale. Al fine di rendere l’offerta formativa quanto più completa possibile, le Province si riservano la facoltà di richiedere ai soggetti proponenti la realizzazione dei progetti quadro con la descrizione di ulteriori profili formativi rispetto a quelli presentati. Approvazione e finanziamento L’insieme dei progetti quadro approvati costituisce il Catalogo provinciale delle attività di formazione formale esterna per apprendisti. Tale Catalogo riguarda sia gli apprendisti assunti ai sensi del D.lgs. 276/03, sia quelli assunti ai sensi della L. 196/97. Entro il mese di febbraio di ogni anno9 con apposito atto, le Province assumono l’impegno delle risorse ad essa assegnate dalla Regione a favore del Catalogo e secondo il Piano annuale di finanziamento della formazione formale per l’apprendistato professionalizzante.

8 Avvisi pubblici per l’istituzione del catalogo dell’offerta formativa rivolta agli apprendisti delle province di Terni e di Perugia, 2010. 9 Si ricorda che tale termine è diversificato nelle due Province per il 2010, anno di avvio del nuovo sistema regionale.

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Bisogna qui specificare che il Catalogo si configura come un’offerta formativa solo in potenza e non in atto. Pertanto, l’effettivo finanziamento delle attività avviene soltanto in un secondo momento. Con l’atto di impegno generale annuale, infatti, le Province mettono a disposizione di ciascun progetto quadro una quota di finanziamento10 per l’avvio delle attività formative. L’assegnazione giuridicamente vincolante di tale somma avverrà, però, solo all’avvio della prima attività formativa. In un secondo momento le Province erogheranno i finanziamenti a titolo di riconoscimento dei costi per le Unità di Competenza/Unità Formative effettivamente realizzate e certificate nell’ambito di ciascun progetto quadro, per stati di avanzamento dell’importo minimo di € 5.000,00. La Provincia di Terni, all’interno dell’ultimo avviso pubblico, specifica al punto 6.2 comma 6 che “le attività previste dai progetti quadro potranno essere avviate fino ad esaurimento dei finanziamenti messi a disposizione per ciascuno di essi. Le attività di ogni progetto quadro che, in tutto o in parte, non verranno avviate nell’annualità di riferimento del Catalogo si considereranno rinunciate da parte del Soggetto attuatore.” Inoltre, per ciò che concerne le annualità successive si evidenzia al comma 7 del suddetto punto che “la Provincia applicherà, prioritariamente, lo stesso criterio proporzionale di cui sopra, fermo restando che a ciascun progetto quadro non potrà essere assegnato un finanziamento superiore all’importo delle risorse effettivamente utilizzate nell’annualità precedente. Le eventuali risorse residue sulla disponibilità generale annuale verranno ridistribuite in parti uguali sugli altri progetti quadro che al contrario abbiano, nell’ambito della durata annuale, realizzato attività formative che, per numero di apprendisti formati ed ore di formazione realizzate, giustifichino l’erogazione dell’intera quota di finanziamento assegnata a ciascun progetto quadro stesso.” L’importo del finanziamento attribuibile a ciascuna azione formativa realizzata sarà determinato sulla base della formula “n. allievi x n. ore x parametro ora/allievo di € 12,00” o, in alternativa, per un numero di allievi inserito in ciascuna azione formativa inferiore a 10, riconoscendo un costo fisso di € 112,00 per ogni ora di formazione, a prescindere dal numero di allievi. In entrambi i casi sarà, comunque, obbligatoria la rendicontazione analitica dei costi sostenuti dal soggetto attuatore.

10 Quota calcolata sulla base di massimo il 30% dell’importo dell’impegno generale annuale diviso il numero dei progetti quadro approvati.

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Avvio delle attività In seguito all’approvazione del progetto quadro, il soggetto attuatore potrà attivare:

- percorsi unitari per determinati profili formativi della durata prevista dai CCNL, strutturati in UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali presenti nel progetto quadro e rivolti ad apprendisti con caratteristiche omogenee in relazione al proprio piano PFI e all’annualità contrattuale;

- singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali presenti all’interno del progetto quadro, utili per l’acquisizione di competenze individuate nel PFI di ciascuno degli apprendisti coinvolti.

Tutti gli apprendisti devono obbligatoriamente frequentare le UF relative alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. E’ da specificare che alle Unità Formative di base e trasversali potranno accedere anche apprendisti di profili formativi diversi, mentre alle UC solo apprendisti con lo stesso profilo formativo. Nel Piano 2009, per questa fase, viene specificato che le imprese individuano le attività formative coerenti con il PFI dei singoli apprendisti ed iscrivono, così, l’apprendista presso l’ente formativo che propone le attività di interesse. E’ questa, infatti, la fase in cui si riscontra un coinvolgimento diretto delle imprese al processo formativo dell’apprendista. Il soggetto attuatore, pertanto, progetta le varie azioni formative coinvolgendo l’azienda nell’individuazione del percorso formativo dell’apprendista più pertinente alle necessità aziendali e coerente con il bagaglio di conoscenze e competenze dello stesso e con le sue aspettative. Inoltre, con i nuovi avvisi provinciali si cerca di dare un’attenzione particolare sia alle esperienze di formazione non formale che alla tempistica della formazione, mantenendo un’attenzione specifica alle esigenze produttive. Viene disciplinato anche il caso di utilizzo della Formazione a Distanza (FAD), che dovrà essere svolta in sedi diverse da quelle del luogo di lavoro dell’apprendista e che non potrà superare il 40% del monte ore totale dell’azione formativa. Lo svolgimento di parte delle attività di formazione con FAD in e-learning dovrà essere disciplinato nel progetto quadro e dovranno essere previsti:

- l’utilizzo di apposite piattaforme tali da consentire la stampa di report individuali e la conservazione della relativa documentazione da parte del soggetto attuatore al fine di eventuali monitoraggi e controlli;

- la presenza, il sostegno e la supervisione da parte di esperti e di tutor FAD;

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- un sistema di valutazione e di autovalutazione dei risultati conseguiti. La sede di svolgimento delle azioni formative dovrà essere nell’ambito del territorio delle due province. Sarà valutata la disponibilità di strutture adeguate, oltre a quelle indicate per l’iscrizione nel Catalogo regionale dei soggetti erogatori, e la capacità del soggetto proponente di dislocare sul territorio la realizzazione delle attività formative. Il numero di partecipanti di ogni azione (percorso o singola UC e UF) dovrà essere ricompresso tra 3 e 25, ferma restando la necessità di tenere in considerazione le capacità logistiche e strutturali del soggetto attuatore. E’ da specificare, inoltre, che con l’impegno annuale delle risorse a favore del Catalogo e la pubblicazione dello stesso sul Bollettino Ufficiale della Regione Umbria e sulle apposite pagine dei portali internet provinciali, viene formalizzata a tutti gli effetti la comunicazione della disponibilità di un’offerta formativa pubblica per apprendisti alle imprese del territorio, che potranno farvi riferimento ai fini dell’adempimento degli obblighi normativi previsti dal contratto. In sintesi Volendo sintetizzare l’iter individuato, si riportano le tre fasi che compongono il processo:

1. Presentazione progetti quadro da parte degli Enti accreditati: approvazione e finanziamento Gli Enti accreditati presentano progetti quadro che costituiranno un catalogo di UF/UC con contenuti a carattere di base, trasversali e tecnico professionalizzanti relativi a tutti i profili formativi, riferiti ai settori di riferimento, individuati tra quelli regionali o in mancanza sulla base dei CCNL o dell’ISFOL. La Provincia, approvando il progetto, metterà a disposizione una quota di finanziamento. Tuttavia, l’erogazione dell’importo dovuto avverrà esclusivamente all’atto dell’avvio dell’attività formativa. I soggetti attuatori possono dare avvio a due diverse tipologie di attività: l’una riguardante percorsi unitari strutturati in UC tecnico professionalizzanti e UF di base trasversali per apprendisti con caratteristiche omogenee; l’altra riguardante singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base trasversali presenti nel progetto quadro, utilizzabili per l’acquisizione di competenze individuate nel PFI.

2. Avvio dell’attività I soggetti attuatori, iscritti al Catalogo dell’offerta formativa ed in base alle iscrizioni aziendali, potranno richiedere l’autorizzazione di avvio di

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attività. La valutazione della richiesta avverrà attraverso un controllo dell’esistenza dei requisiti formali e di quelli di merito. Una volta ottenuta l’autorizzazione, il soggetto dovrà avviare le attività entro la scadenza dell’anno di riferimento del Piano Regionale, altrimenti queste decadranno automaticamente.

3. Gestione dell’attività Le attività formative dovranno svolgersi presso le sedi del territorio provinciale, anche occasionali, al fine di agevolare la frequenza degli apprendisti. La configurazione delle attività potrà essere la seguente: • percorsi unitari previsti per determinati profili formativi di durata

stabilita dai CCNL, strutturati in UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali e rivolti ad apprendisti con caratteristiche omogenee che andranno a costituire gruppi-classe di 10-25 unità (parametro fisso di finanziamento ora/allievo); • singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali presenti

all’interno del progetto quadro, utili per l’acquisizione di competenze individuate nel PFI e rivolte a gruppi-classe di 10-25 unità (parametro fisso di finanziamento ora/allievo) o a gruppi-classe di 3-10 unità (finanziamento costo fisso complessivo per ora).

Si precisa che per tutte le attività formative non finanziate, e quindi direttamente gestite dalle imprese che hanno autonomia formativa (“canale parallelo”), la responsabilità è in capo unicamente alle imprese medesime, le quali si organizzeranno al di fuori delle procedure sopra descritte, in rapporto con gli Enti bilaterali di riferimento. Ciò vale anche nell’ipotesi di una “parziale utilizzazione dell’offerta formativa pubblica”, per la parte di competenza del datore di lavoro. In quest’ultimo caso, tuttavia, le Province e la Regione potranno intervenire, in assenza di Enti bilaterali, per un riconoscimento totale del percorso formativo (parte trasversale più parte specifica) prevedendo una modalità simile a quella dei corsi riconosciuti e non finanziati.

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LE ASSUNZIONI IN APPRENDISTATO Un’analisi sui dati umbri 2000-2009 Nelle pagine che seguono si fornirà un quadro a carattere quantitativo del fenomeno dell’apprendistato in Umbria. La fonte alla quale si è attinto è il sistema statistico dell’Osservatorio sul Mercato del Lavoro e supporto alle politiche attive del lavoro (OML) della Regione Umbria che utilizza dati rivenienti dai sistemi informativi dei Centri per l’Impiego (CPI) delle due Province11. La serie storica presa in esame riguarda le assunzioni nel periodo 2000-2009, un arco temporale significativo per poter apprezzare il fenomeno. I dati sulle assunzioni sono interessanti come indicatore della domanda e contribuiscono a porre in risalto l’appetibilità del contratto di apprendistato e il trend del suo gradimento da parte del datore di lavoro. D’altra parte i dati sulle assunzioni sono meno idonei a descrivere il mercato del lavoro in relazione al quale risulta invece utile l’informazione sulla consistenza. A tale riguardo, si riporterà la stima realizzata dagli Uffici regionali relativamente all’ultimo anno. I dati sulle assunzioni sono stati raccolti per provincia, genere, settore economico e sono stati messi in correlazione con le assunzioni nel loro complesso e con le altre tipologie contrattuali vigenti. A quest’ultimo proposito occorre precisare che l’obbligatorietà delle comunicazioni ai Centri per l’impiego di alcune tipologie contrattuali è stata introdotta ed è andata a regime negli ultimi anni e conseguentemente ciò incide sulla completezza dei dati disponibili. Analogo discorso riguarda le cessazioni o le trasformazioni a tempo indeterminato del contratto di apprendistato. La mancanza di una serie di dati sufficientemente completa e un arco temporale di osservazione non significativo ha indotto a rinviare agli anni successivi il monitoraggio di tali aspetti. 11 Si ringrazia Paolo Sereni, Osservatorio sul Mercato del Lavoro e supporto alle politiche attive del lavoro della Regione Umbria, per la collaborazione ed i dati forniti.

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Le assunzioni in apprendistato Dal 2000 ad oggi sono state effettuate in Umbria 95.616 assunzioni con contratto di apprendistato, di cui l’80% realizzate nella provincia di Perugia ed il rimanente 20% nella provincia di Terni. Il totale delle assunzioni effettuate con apprendistato costituisce l’8,3% del totale delle assunzioni attivate nello stesso periodo. L’incidenza dell’apprendistato è lievemente più marcata a Perugia (8,4%) rispetto a Terni (7,6%). Per quanto riguarda i dati del 2009, ultimo anno esaminato, si evidenzia che le assunzioni effettuate in apprendistato ammontano a 6.863, distribuite il 23% nella provincia ternana ed il rimanente 77% in quella perugina. Le assunzioni in apprendistato del 2009 rappresentano il 5,1% del totale delle assunzioni effettuate. Lo sviluppo negli anni delle assunzioni in apprendistato (graf. 1) evidenzia che dal 2000 vi sono stati valori crescenti in termini assoluti fino all’anno 2007, anno da cui inizia un deciso decremento. Osservando parallelamente i valori delle assunzioni complessive si evidenzia anche in questo caso una crescita fino al 2007, anno, quest’ultimo, in cui l’incremento risulta particolarmente accentuato; i dati restano sostanzialmente stabili nel 2008 mentre declinano nel 2009. Occorre precisare che sull’aumento del totale delle assunzioni del 2007 ha inciso sicuramente l’estensione dell’obbligatorietà delle comunicazioni ai Centri per l’Impiego di alcune tipologie contrattuali. Graf. 1 - Umbria: assunzioni totali e in apprendistato 2000-2009 (v.a.)

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Ass

unz.

App

rend

.

0

30000

60000

90000

120000

150000

180000

Assu

nzio

ni to

t.

Totale assunzioni Assunz. Apprendistato

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Il grafico 2 evidenzia che fino al 2006 esiste una forte correlazione tra assunzioni in apprendistato e assunzioni totali. Tale relazione non si manifesta, invece, negli anni successivi in cui il declino dell’apprendistato è più forte di quello delle assunzioni nel loro complesso. Graf. 2 - Umbria: dispersione assunzioni totali e in apprendistato 2000-2006

R2 = 0,9826

6000

7000

8000

9000

10000

11000

12000

80000 85000 90000 95000 100000 105000 110000 115000

Assunz. tot.

Assu

nz. A

ppre

nd.

2000

2002

2004

2005

2001

2003

2006

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Poiché l’apprendistato è un contratto che si rivolge ai giovani fino a 29 anni, sono stati osservati anche i dati complessivi delle assunzioni relative a questa fascia di età (graf. 3). Anche nelle assunzioni fino a 29 anni si ha un picco nell’anno 2007, valori sostanzialmente stabili nel 2008 e una decrescita a partire dal 2009 meno marcata dell’apprendistato. Da quanto osservato possiamo desumere che la flessione dell’apprendistato, in particolare nell’ultimo biennio esaminato, è più marcata rispetto all’andamento delle assunzioni nel loro complesso e a quello delle assunzioni nella specifica fascia di età che riguarda l’apprendistato. Ciò si riscontra anche andando ad esaminare le variazioni annue dell’apprendistato (graf. 4). Su 9 variazioni osservate, 4 hanno carattere negativo; la situazione differisce per quanto riguarda il complesso delle assunzioni che solo nel 2004/2005 e nel 2008/2009 registra un valore inferiore a zero.

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Graf. 3 - Umbria: assunzioni apprendistato, assunzioni fino a 29 anni ed assunzioni totali (v.a.)

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Ass

unz.

App

rend

.

0

30000

60000

90000

120000

150000

180000

Ass

unz.

tot.

Totale assunzioni Assunzioni f ino a 29 anni Assunz. Apprendistato

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Esaminando in particolare gli ultimi due anni disponibili si nota che l’apprendistato registra variazioni negative nel 2008 di oltre 11 punti e nel 2009 del 34%, contro i valori del totale delle assunzioni che sono stabili nel 2008 e meno marcatamente negativi (-15,4%) nel 2009. La variazione media annua dell’apprendistato è negativa ed ammonta a -1,6%. Per contro le assunzioni complessive registrano un incremento medio annuo del 6,2%. Nel grafico 5 si esamina il rapporto tra apprendistato e assunzioni fino a 29 anni e tra apprendistato e assunzioni totali, nel corso degli anni 2000. All’inizio del decennio l’apprendistato rappresentava poco più di un decimo del totale delle assunzioni. Tale rapporto negli anni ha subito flessioni lievi fino al 2006, per poi passare nel 2007 al 7,3 e diminuire di circa un punto percentuale sia nel 2008 che nel 2009. Diversa è la situazione in rapporto alle assunzioni fino a 29 anni. Mentre nel 2000 l’apprendistato rappresentava circa un quinto delle assunzioni “under 30”, nel 2004-5-6 il rapporto sale di alcuni punti, per diminuire negli anni seguenti fino ad arrivare al 14,5% nel 2009.

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Graf. 4 - Umbria: variazioni % annue assunzioni totali e in apprendistato 2000-2009

-3,3

2,34,7

15,6

-2,1

7,3 5,8

-11,2

-33,7-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

50

2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Assunzioni totali Assunzioni apprendistato

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Graf. 5 - Umbria: rapporto tra assunzioni in apprendistato e assunzioni totali e fino a 29 anni 2000-2009

10,4

21,0

9,2

19,3

8,9

19,5

9,3

20,7

9,6

22,3

9,5

22,5

9,7

23,5

7,3

19,0

6,5

17,4

5,1

14,5

0

5

10

15

20

25

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

% Apprendisti su tot. Assunti % Apprendisti su Assunti <= 29 anni

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Nel grafico 6 si possono visualizzare le variazioni dell’apprendistato, delle assunzioni totali e di quelle fino a 29 anni rispetto all’anno base 2000. Mentre a fine periodo le assunzioni totali e quelle fino a 29 anni hanno avuto un incremento rispetto al 2000 (rispettivamente del 159% e del 13%), gli assunti con apprendistato sono diminuiti di 22 punti percentuali. Soffermandoci sull’andamento nel corso degli anni, si evidenzia che mentre le assunzioni complessive e quelle “under 30” registrano negli anni sempre valori positivi rispetto all’anno 2000, l’apprendistato scende sotto il valore soglia sia nel 2001 e 2002 che drasticamente nel 2009. Nelle tre tipologie di assunzioni il picco si raggiunge nel 2007 e solo nelle assunzioni totali rimane stabile nel 2008. Graf. 6 - Umbria: variazioni % delle assunzioni in apprendistato, assunzioni totali e fino a 29 anni 2000-2009 (2000=100)

60

80

100

120

140

160

180

200

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Assunzioni Assunzioni con età <=29 anni Apprendistato

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Caratteristiche delle assunzioni in apprendistato Per quanto concerne la distribuzione per genere (graf. 7), si evidenzia che mentre fino al 2006 le donne assunte con apprendistato costituiscono meno della metà del totale apprendisti, negli ultimi tre anni esaminati superano il 50% con una percentuale crescente. Il contratto di apprendistato ha comunque una connotazione femminile più marcata rispetto al complesso delle assunzioni dove si ha una prevalenza maschile (nel 2009 le donne sono il 42,2%).

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Graf. 7 - Umbria: rapporto apprendiste su totali apprendisti e assunte su totali assunti 2000-2009

43,2

36,9

43,339,3

42,4

37,4

42,5

35,9

44,7

35,9

45,9

37,0

45,7

38,2

51,4

36,5

52,6

38,4

53,4

42,2

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

%

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

Apprendiste su totale apprendisti Assunte su totale assunzioni

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Occorre comunque precisare (graf. 8) che le donne assunte con apprendistato nel 2009 subiscono un decremento rispetto al 2000 in termini assoluti di 341 unità e percentuali del 10,5%. Tale flessione risulta comunque contenuta rispetto all’andamento degli uomini (-37,8%) e conseguentemente a quello complessivo (-21,7%). Rispetto al totale delle assunzioni femminili, nel 2009 le apprendiste rappresentano il 4%, contro circa 8,9% del 2000, in quanto nel periodo esaminato le assunzioni femminili totali sono raddoppiate. La distribuzione degli apprendisti per età (graf. 9) evidenzia nel tempo una chiara diminuzione degli assunti nella classe di età più bassa (meno di 20 anni) ed in parte in quella successiva (20-24 anni). L’intervallo tra i 25 ed i 29 anni appare in crescita tanto che nel 2009 supera percentualmente la classe dei più giovani. In provincia di Terni questa alternanza di peso tra le due classi si viene a rilevare fin dall’anno precedente. Comunque nell’intero periodo la fascia più ricercata è quella tra i 20 ed i 24 anni.

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Graf. 8 - Umbria: variazioni % assunte totali e apprendiste (2000=100) e rapporto apprendiste su totali assunte 2000-2009

8,9 8,3 7,9 7,8 7,7 7,6

4,04,75,2

8,1

100,0

102,9 100,2 100,7116,5 117,5

130,3 131,4 122,9

89,5

100,0114,0

136,1 141,7

197,6

230,1224,6

109,5 112,5134,1

0

50

100

150

200

250

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

%

0

6

12

18

24

30

%

Apprendiste su Assunz.donne tot. Assunte apprendisteAssunzioni donne totali

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Graf. 9 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni per anno e per classe di età, 2000-2009

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

<20 20-24 25-29 30-34

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Soffermandoci in particolare sull’anno 2009, la distribuzione per età e per genere (fatto 100 il totale degli assunti nell’anno) ci mostra che il segmento meno rappresentato è quello delle donne sotto ai 20 anni (graf. 10). Per contro quello che ha un peso percentuale maggiore sul totale degli apprendisti è relativo ai maschi della fascia 20-24 anni. Sempre per gli uomini le classi precedente e successiva a quella citata sostanzialmente si equivalgono, diversamente da quanto accade per le donne. Graf. 10 - Umbria: assunzioni per genere e per classe di età - anno 2009 (2009=100)

15,9

27,1

14,7

7,2

21,5

13,3

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

30,0

Maschi Femmine

<20 20-24 25-29 oltre 29

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. In relazione al possesso di un titolo di studio, occorre precisare che tale dato è conosciuto solo in relazione ad una parte dell’universo che nel 2009 rappresenta meno della metà del totale (41,9%). Prendendo comunque a riferimento i dati noti, emerge (graf. 11) che quasi la metà dell’insieme considerato è in possesso di un diploma di istruzione secondaria per accesso all’Università (47%). Più di un terzo è costituito invece da giovani con un titolo si studio di basso livello (scuola elementare e media).

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Graf. 11 - Umbria: assunzioni in apprendistato per titolo di studio - anno 2009 (%)

36%8%

47%2%7%

Scuola Elementare e media Dipl. Qualifica Dipl. istr. second. Diploma Univ. e extra univ. Laurea e tit. post laurea

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Sempre tenendo conto che i dati presi in esame non riguardano l’universo dei dati, la distribuzione dei titoli di studio per genere suggerisce che le apprendiste hanno titoli di studio più elevati rispetto ai maschi (tab. 1). Tab. 1 - Umbria: assunzioni in apprendistato per genere e titolo di studio - anno 2009 (2009=100) M F tot Scuola Elementare e media 21,9 14,3 36,2 Dipl. Qualifica 4,7 3,0 7,7 Dipl. istr. second. 19,0 28,4 47,4 Diploma Univ. e extra Univ. 0,5 1,5 1,9 Laurea e tit. post laurea 2,2 4,6 6,7 Totale 48,2 51,8 100,0

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. In merito poi alle qualifiche di assunzione (graf. 12), si rileva nel 2009 una concentrazione del 37,3% degli ingressi in apprendistato in Professioni qualificate in attività commerciali e di servizi. Seguono a breve distanza con il 33,4% gli Artigiani, operai specializzati ed agricoltori. Insieme le due qualifiche citate rappresentano più del 70% del totale assunzioni.

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Graf. 12 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per qualifica di ingresso - anno 2009 (%)

0,1

0,8

8,5

11,7

37,3

33,4

5,3

2,8

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0

Legislatori, dirigenti e imprenditori

Prof. intellettuali, scientifiche e di elevata special.

Professioni tecniche

Impiegati

Prof. qual. attività commerciali e servizi

Artigiani, operai specializzati e agricoltori

Conduttori impianti e op.semiqual.add.mac.fissi e mob

Professioni non qualificate

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Come emerge dalla tabella 2, le donne si caratterizzano rispetto agli uomini per essere concentrate per il 62% nelle Professioni qualificate in attività commerciali e di servizi e per il 18% nelle attività impiegatizie. Al contrario, più della metà delle assunzioni degli uomini riguardano gli Artigiani, operai specializzati e agricoltori. Tab. 2 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per genere e qualifica di ingresso - anno 2009

Qualifiche M F tot Legislatori, dirigenti e imprenditori 0,1 0,1 0,1 Prof. intellettuali, scientifiche e di elevata special. 0,8 0,7 0,8 Professioni tecniche 7,7 9,6 8,5 Impiegati 7,4 17,7 11,7 Prof. qual. attività commerciali e servizi 19,4 62,0 37,3 Artigiani, operai specializzati e agricoltori 53,3 6,0 33,4 Conduttori impianti e op.semiqual.add.mac.fissi e mob 7,3 2,6 5,3 Professioni non qualificate 4,1 1,2 2,8 Codifica inesistente 0,0 0,0 0,0 Totale complessivo 100,0 100,0 100,0

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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La tabella 3 mostra l’evoluzione delle qualifiche di assunzione degli apprendisti. Si evidenziano nel tempo processi di crescita del peso di alcune professioni, come le Professioni qualificate in attività commerciali e di servizi e gli Impiegati, e, per contro, un minore orientamento verso qualifiche come Artigiani, operai specializzati ed agricoltori e Conduttori impianti e operai semiqualificati addetti a macchinari. Tab. 3 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per qualifica di ingresso 2000-2009 (%)

Qualifiche 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Tot. Legislatori, dirigenti e imprenditori 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,0 Prof. intellettuali, scientifiche e di elevata special. 0,2 0,5 0,4 0,3 0,5 0,7 0,6 0,5 0,7 0,8 0,5 Professioni tecniche 6,6 7,7 7,1 6,8 8,3 7,5 7,5 7,5 8,6 8,5 7,6 Impiegati 8,4 8,9 9,3 10,5 10,4 10,6 11,7 10,1 10,2 11,7 10,2 Prof. qual. attività commerciali e servizi 24,7 25,9 27,7 29,5 28,7 30,5 29,0 29,3 31,6 37,3 29,3 Artigiani, operai specializzati e agricoltori 43,5 42,4 39,9 39,1 38,6 37,1 36,9 39,0 37,3 33,4 38,7 Conduttori impianti e op. semiqual. add. mac. fissi e mob. 12,3 10,4 9,7 9,5 7,8 6,0 6,9 6,4 8,0 5,3 8,2 Professioni non qualificate 4,1 4,2 5,8 4,2 5,3 6,8 6,4 7,0 3,7 2,8 5,2 Codifica inesistente 0,3 0,1 0,1 0,1 0,4 0,8 1,0 0,2 0,0 0,0 0,3 Totale complessivo 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. La durata dei contratti di apprendistato

Per quanto concerne la durata (tab. 4), appare che nel corso del primo decennio del 2000 vi sia una tendenza all’aumento della durata dei contratti di apprendistato. Ovvero vi sono in valore assoluto e percentuale sempre più contratti che proseguono per più di 24 mesi. Se si prendono a riferimento le classi di durata indicate nella tabella, si nota che gli anni 2007, 2008 e 2009 sono quelli in cui si registrano maggiori differenziazioni nella composizione percentuale delle diverse categorie. Infatti, fino al 2006 le composizioni percentuali di anno in anno si diversificano di pochi punti percentuali. Negli ultimi tre anni si registrano assetti diversi: i contratti con durata sotto i 4 mesi si attestano a circa un quarto sul totale mentre si evidenzia una decisa prevalenza dei contratti di oltre 24 mesi. In particolare nel 2009 i contratti di più di due anni pesano quasi il 60%.

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Tab. 4 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per classi di durata 2000-2009 Durata 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 0-4 mesi 29,0 28,7 28,1 26,4 27,2 28,6 25,9 26,1 25,4 22,4 5-12 mesi 21,7 20,8 19,4 20,6 22,5 20,9 21,5 20,9 20,6 12,9 13-24 mesi 15,4 15,8 14,5 16,6 15,6 15,5 13,8 14,5 10,3 5,8 oltre 24 mesi 23,0 23,3 24,5 23,5 23,5 25,1 29,9 33,1 41,7 58,0 nd 10,9 11,4 13,5 12,9 11,3 9,8 9,0 5,3 1,9 1,0 Totale complessivo 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Prendendo a riferimento l’anno 2009 (tab. 5) la composizione percentuale differenziata per genere fa risaltare una concentrazione delle assunzioni delle donne tendenzialmente in contratti di più lunga durata. Ciò si vede in particolare nelle due classi estreme: i contratti delle donne fino a 4 mesi rappresentano il 19,8% contro il 24,2% degli uomini; analogamente nella classe “oltre 24 mesi”, si concentrano il 59,3% delle donne, contro il 57% degli uomini. Tab. 5 - Umbria: distribuzione % delle assunzioni in apprendistato per genere e per classi di durata 2000-2009 Durata Maschi Femmine 0-4 mesi 24,2 19,8 5-12 mesi 12,4 13,5 13-24 mesi 5,3 6,5 oltre 24 mesi 57,0 59,3 nd 1,1 0,9 Totale complessivo 100,0 100,0

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. La consistenza degli apprendisti Come accennato in premessa, i dati sulle assunzioni forniscono informazioni sui flussi di utilizzo del contratto di apprendistato. Danno conto del ricorso a tale tipo di contratto da parte dei datori di lavoro. La varietà nella possibile durata dei contratti rende la stima della consistenza non di agevole computo. Partendo dai dati delle assunzioni, è stata realizzata dall’Osservatorio sul Mercato del Lavoro e supporto alle politiche attive del lavoro della Regione

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Umbria una stima della consistenza di tale contratto nell’anno concluso effettuando a monte delle ipotesi di durata dei contratti12. Tab. 6 - Umbria: consistenza media dei contratti di apprendistato nel 2009 per genere e per anno avvio

Anno 2009 Maschi Femmine Totale avviati nel 2007 1.538 1.015 2.553 avviati nel 2008 3.556 2.367 5.924 avviati nel 2009 1.718 1.263 2.981 Totale complessivo 6.812 4.645 11.457

Fonte: dati Regione Umbria - OML di fonte CPI La consistenza di apprendisti stimata nel 2009 ammonta a circa 11.500 contratti (tab. 6). La differenziazione per genere (graf. 13) evidenzia la prevalenza dei contratti a favore degli uomini.

12 Si riportano le ipotesi effettuate dall’Osservatorio sul Mercato del Lavoro e supporto alle politiche attive del lavoro della Regione Umbria per la stima della consistenza: - tutti i contratti di apprendistato attivati nel 2007 non conclusi e 1/2 di quelli di durata >24 mesi - tutti i contratti di apprendistato attivati nel 2008 con durata >=24 mesi o non conclusi e tutti - quelli con durata 13-24 attivati nel quarto trimestre - 1/4 dei contratti attivati nel primo trimestre del 2008 con durata 13-24 mesi - 1/2 dei contratti attivati nel secondo trimestre del 2008 con durata 13-24 mesi - 3/4 dei contratti attivati nel terzo trimestre del 2008 con durata 13-24 mesi - 1/4 dei contratti attivati nel terzo trimestre del 2008 con durata 5-12 mesi - 1/2 dei contratti attivati nel quarto trimestre del 2008 con durata 5-12 mesi - 10,5/12 dei i contratti attivati nel primo trimestre del 2009 con durata >12 mesi, 1/6 di quelli - con durata <4 mesi e 1/2 di quelli di durata 5-12 mesi - 7,5/12 dei contratti attivati nel secondo trimestre del 2009 con durata >12 mesi, 1/6 di quelli - con durata <4 mesi e 1/2 di quelli di durata 5-12 mesi - 4,5/12 dei contratti attivati nel terzo trimestre del 2009 con durata >4 mesi, 1/6 di quelli con - durata <4 mesi

- 1/6 dei contratti attivati nel quarto trimestre del 2009 con durata <4 mesi e 1,5/12 di quelli con durata superiore.

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Graf. 13 - Umbria: consistenza apprendisti per genere - 2009

Maschi59%

Femmine41%

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI Il grafico 14 e la tabella 7 evidenziano, invece, la distribuzione dei dati di consistenza per province. Quasi 9.000 (78%) dei contratti sono stati stimati nella provincia di Perugia, contro poco più di 2.500 (22%) in quella di Terni. I contratti delle apprendiste sono maggiori in percentuale a Perugia (41,4%) rispetto a Terni (37,5%). Graf. 14 - Umbria: consistenza media dei contratti di apprendistato nel 2009 per genere per provincia

-

1.000

2.000

3.000

4.000

5.000

6.000

7.000

8.000

9.000

Perugia Terni

Maschi Femmine Totale

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI

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Tab. 7 - Consistenza media dei contratti di apprendistato nel 2009 per genere per provincia e per anno di avvio

Perugia Terni Anno 2009 Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale avviati nel 2007 1.199 803 2.002 339 213 551 avvati nel 2008 2.713 1.914 4.627 844 453 1.297 avvati nel 2009 1.306 970 2.275 412 293 705 Totale complessivo 5.217 3.686 8.903 1.595 959 2.553 Fonte: dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. L’Apprendistato e le altre tipologie contrattuali Il confronto con le altre tipologie contrattuali vigenti chiarisce ancora meglio il peso dell’apprendistato e la sua evoluzione. Nel 2009 la tipologia contrattuale con cui sono state effettuate più della metà delle assunzioni è il contratto a tempo determinato, seguito a distanza dal tempo indeterminato (tab. 8). Il contratto di apprendistato con il 5% copre una percentuale simile al contratto di somministrazione ed a quello intermittente; risulta invece inferiore al contratto di collaborazione con cui vengono effettuati il 9% dei contratti. Tab. 8 - Umbria: distribuzione del numero dei contratti per tipologia contrattuale (2009)

TIPOLOGIA CONTRATTI n° contratti % APPRENDISTATO 6.863 5,1 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE / / CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL 229 0,2 CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE-INTER. 6.823 5,0 LAVORO A DOMICILIO 62 0,0 LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT. 12.158 9,0 LAVORO A TEMPO DETERMINATO 73.035 54,0 LAVORO A TEMPO INDETERMINATO 24.471 18,1 LAVORO INTERMITTENTE 6.621 4,9 LAVORO OCCASIONALE-AUTONOMO 4.103 3,0 LAVORO RIPARTITO 11 0,0 CONTRATTO DI AGENZIA 45 0,0 TOTALE ASSUNZIONI 135.196 100

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. La predominanza del contratto a termine è fatto di lunga durata come si evidenzia dalla serie storica (2000-2009) esaminata (tab. 9 e graf. 15). Nel corso degli anni 2000 si è sempre attestato intorno al 55% del totale delle assunzioni per anno. Al contrario diminuisce nel tempo il peso del contratto

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di apprendistato (già evidenziato) e del contratto a tempo indeterminato a favore di contratti di nuova generazione come contratto a progetto, il lavoro intermittente. Tab. 9 - Umbria: distribuzione % dei contratti per tipologia contrattuale 2000-2009

Tipologia contrattuale 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 Tot. APPRENDISTATO 10,4 9,2 8,9 9,3 9,6 9,5 9,7 7,3 6,5 5,1 8,3 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 CONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL 4,7 3,7 2,7 2,2 0,7 0,2 0,3 0,1 0,2 0,2 1,2 CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE INTER. 1,4 2,4 4,1 4,4 4,5 5,8 6,5 5,7 6,1 5,0 4,8 LAVORO A DOMICILIO 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,0 0,1 0,0 0,1 LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT. 0,1 0,2 0,3 1,9 3,5 5,3 5,5 7,8 8,0 9,0 4,8 LAVORO A TEMPO DETERMINATO 56,5 56,8 56,6 54,8 56,3 55,0 54,6 54,1 55,3 54,0 55,3 LAVORO A TEMPO INDETERMINATO 26,8 27,7 27,3 27,3 25,1 23,3 22,1 22,2 19,2 18,1 23,3 LAVORO INTERMITTENTE 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,6 1,0 2,2 2,1 4,9 1,3 LAVORO OCCASIONALE- AUTONOMO 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,1 0,1 0,3 2,1 3,0 0,7 LAVORO RIPARTITO 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,1 0,0 0,0 0,0 0,0 CONTRATTO DI AGENZIA 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Totale assunzioni 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100 100

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Esaminando le variazioni in valore assoluto, si evidenzia (graf. 16) come i due contratti prevalenti abbiano un picco negli anni 2007-2008 con una tendenza al declino nel 2009. Nel grafico 17 sono evidenziati i contratti di minor utilizzo ma sostanzialmente concorrenti ed alternativi tra di loro. Come si vede, il contratto di collaborazione risulta quello che negli ultimi anni è il più utilizzato dopo quelli a tempo determinato ed indeterminato. L’impennata nell’anno 2007 è da ascrivere anche alla obbligatorietà delle comunicazioni ai Centri per l’impiego entrata in vigore in quegli anni. Come si evidenzia, inoltre, il contratto di apprendistato, di somministrazione ed intermittente convergono in valore assoluto nel 2009. Occorre comunque notare che mentre il contratto intermittente è interessato da valori crescenti negli anni,

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gli altri due contratti risultano in declino (l’apprendistato ha valori più bassi negli anni 2008 e 2009, mentre la somministrazione solo nel 2009). L’apprendistato è comunque l’unico contratto tra quelli esaminati che nel 2009 tocca il suo minimo storico.

Graf. 15 - Umbria: rapporto tra tipologie contrattuali e assunzioni totali 2007-2009

7,3 6,55,15,7 6,1 5,0

9,0

22,2

19,218,1

2,2 2,1

4,9

0,32,1 3,0

7,8 8,0

54,1 55,3 54,0

0

5

10

15

20

25

30

2007 2008 2009

val.

%

0

10

20

30

40

50

60

val.

%

APPRENDISTATO CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE-INTER.

LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT. LAVORO A TEMPO INDETERMINATO

LAVORO INTERMITTENTE LAVORO OCCASIONALE-AUTONOMO

LAVORO A TEMPO DETERMINATO Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Graf. 16 - Umbria: assunzioni relative ad alcune tipologie contrattuali 2000-2009 (v.a.)

0

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

90000

100000

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

LAVORO A TEMPO DETERMINATO LAVORO A TEMPO INDETERMINATO

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Graf. 17 - Umbria: assunzioni relative ad alcune tipologie contrattuali 2000-2009 (v.a.)

0

2000

4000

6000

8000

10000

12000

14000

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

APPRENDISTATO CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE-INTER.LAVORO A PROGETTO / COLL.COORD. E CONT. LAVORO INTERMITTENTE

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Nel grafico 18 si prendono a riferimento le variazioni subite dai diversi contratti in riferimento ai dati di inizio decennio (2000=100). Come si evidenzia, il contratto di inserimento-CFL (in cui si assommano fino al 2003-2004 i dati dei contratti di formazione e lavoro e dopo la legge Biagi i contratti di inserimento) risulta in declino fin dai primi anni 2000 ma subisce un crollo nel triennio 2003-2005 a fronte della fine del CFL che non è minimamente compensata dall’utilizzo del contratto di inserimento. Peraltro, occorre notare che l’abolizione del CFL non solo non è compensata dall’utilizzo del contratto di inserimento, ma neanche dal contratto di apprendistato che per le sue caratteristiche (contratto a causa mista) poteva esserne l’erede. Gli altri contratti presi in esame subiscono variazioni positive moderate rispetto all’anno base fino al 2006. Nel 2007 i contratti a tempo determinato ed indeterminato subiscono una impennata (rispettivamente 180% e 156%) poi seguita da una declino nell’anno 2009; a fine periodo il contratto a tempo determinato ha comunque una variazione positiva del 152%, mentre il contratto a tempo indeterminato ritorna pressappoco ai valori iniziali (+108%).

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Graf. 18 - Umbria: variazioni di alcune tipologie contrattuali (2000=100) 2000-2009

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

TOTALE ASSUNZIONI APPRENDISTATOCONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL LAVORO A TEMPO DETERMINATOLAVORO A TEMPO INDETERMINATO

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Esaminando le situazioni provinciali (graff. 19-20) si evidenzia che le assunzioni totali nel biennio 2007-2008 crescono percentualmente più a Perugia che a Terni. Inoltre, è da segnalare che a Terni il contratto a tempo indeterminato è caratterizzato per variazioni più “spiccate” del contratto a tempo determinato in particolare nel 2003 (140% contro 116,5%) e nel 2007 (177% contro 163,2%). Inoltre il contratto a tempo indeterminato in provincia di Terni subisce variazioni con valori positivi più accentuati rispetto a Perugia. Per il contratto di apprendistato si rilevano a Terni nell’ultimo biennio decrementi meno marcati rispetto a Perugia (rispettivamente +126% e -93% contro +116% e -75%).

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Graf. 19 - Perugia: variazioni di alcune tipologie contrattuali (2000=100) 2000-2009

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009TOTALE ASSUNZIONI APPRENDISTATOCONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL LAVORO A TEMPO DETERMINATOLAVORO A TEMPO INDETERMINATO

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Graf. 20 - Terni: variazioni di alcune tipologie contrattuali (2000=100) 2000-2009

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

TOTALE ASSUNZIONI APPRENDISTATOCONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL LAVORO A TEMPO DETERMINATOLAVORO A TEMPO INDETERMINATO

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Nel grafico 21 è poi stato esaminato il peso sul totale delle assunzioni negli ultimi tre anni delle tipologie contrattuali con agevolazioni contributive, ovvero, oltre all’apprendistato, la L. 407/2001 e la mobilità. Il contratto maggiormente utilizzato risulta l’apprendistato ma con un peso che, abbiamo visto, diminuisce nel triennio. Le assunzioni in mobilità, dato il periodo di crisi, sembrano essere in crescita sia come peso percentuale che in valori assoluti. Risultano invece percentualmente stabili le assunzioni con L. 407/2001. Graf. 21 - Umbria: contratti con agevolazioni contributive sul totale assunzioni (%)

7,3

6,5

5,1

0,6

0,5

0,5

1,3

1,1

2,0

0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0 8,0

2007

2008

2009

APPRENDISTATO L. 407 Mobilità

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Analisi settoriale I settori (tab. 10) in cui viene maggiormente utilizzato in Umbria il contratto di apprendistato nel 2009 sono il settore delle costruzioni, l’attività di alloggio e ristorazione e le attività manifatturiere che presentano percentuali similari. Segue a breve distanza il commercio. Tali settori assommano circa l’80% degli apprendisti.

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Tab. 10 - Umbria: contratti per settori economici - anno 2009

Settori v.a. % F COSTRUZIONI 1473 21,5 I ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE 1425 20,8 C ATTIVITA' MANIFATTURIERE 1366 19,9 G COMMERCIO ALL'INGROSSO E AL DETTAGLIO; RIPARAZIONE

DI AUTOVEICOLI E MOTOCICLI 1208 17,6 S ALTRE ATTIVITÀ DI SERVIZI 407 5,9 N NOLEGGIO, AGENZIE DI VIAGGIO, SERVIZI DI

SUPPORTO ALLE IMPRESE 198 2,9 M ATTIVITÀ PROFESSIONALI, SCIENTIFICHE E TECNICHE 190 2,8 J SERVIZI DI INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE 170 2,5 H TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO 81 1,2 K ATTIVITÀ FINANZIARIE E ASSICURATIVE 81 1,2 Q SANITA' E ASSISTENZA SOCIALE 45 0,7 R ATTIVITÀ ARTISTICHE, SPORTIVE, DI INTRATTENIMENTO

E DIVERTIMENTO 37 0,5 A AGRICOLTURA, SILVICOLTURA E PESCA 33 0,5 E FORNITURA DI ACQUA; RETI FOGNARIE, ATTIVITÀ DI GESTIONE

DEI RIFIUTI E RISANAMENTO 30 0,4 D FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA, GAS, VAPORE E ARIA

CONDIZIONATA 29 0,4 T ATTIVITÀ DI FAMIGLIE E CONVIVENZE COME DATORI DI

LAVORO PER PERSONALE DOMESTICO; PRODUZIONE DI BENI 24 0,3 L ATTIVITA' IMMOBILIARI 20 0,3 P ISTRUZIONE 10 0,1 B ESTRAZIONE DI MINERALI DA CAVE E MINIERE 8 0,1 O AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E DIFESA; ASSICURAZIONE

SOCIALE OBBLIGATORIA 5 0,1 nd 23 0,3 Tot. 6863 100,0

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Esaminando la distribuzione in valore assoluto nel tempo delle assunzioni in apprendistato nei principali settori sopra esaminati (Graf. 22), si nota una diversificazione delle assunzioni tra i vari settori nel tempo. Infatti, all’inizio degli anni 2000 il settore che assumeva più di un terzo (37%) degli apprendisti era quello delle attività manifatturiere. Seguivano a distanza le costruzioni ed il commercio (19,3% e 18,9%) e poi i servizi di alloggio e ristorazione (9,9%). Con il tempo vi è stata, quindi, una distribuzione della maggior parte delle assunzioni più omogenea tra i quattro settori più interessati a tale tipologia contrattuale.

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Graf. 22 - Umbria: assunzioni in apprendistato nei principali settori 2000-2009 (v.a.)

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

F I C G

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Esaminando le variazioni rispetto all’anno base 2000 (graf. 23), si evidenzia che in tutti i settori esaminati le assunzioni subiscono nell’ultimo triennio un decremento. Il settore alloggio e ristorazione è quello che registra le variazioni percentuali più alte ed è l’unico che a fine periodo ha una percentuale superiore al valore iniziale, mentre gli altri settori nel 2009 registrano valori inferiori. Il commercio si configura come il settore che in tutto il periodo ha valori più bassi degli altri settori e dell’anno di riferimento. Il rapporto tra le assunzioni in apprendistato e quelle totali nel 2009 nei settori presi in esame è illustrato nel grafico 24. Il settore in cui l’apprendistato ha un peso più rilevante è quello delle costruzioni che si contrappone al settore alloggio e ristorazione dove si registra un’incidenza più bassa. Negli altri due settori, invece, le assunzioni si attestano circa al 17%. Si tratta, pertanto, di incidenze decisamente più elevate rispetto a quella che si riferisce al complesso delle assunzioni che ricordiamo nel 2009 è del 5,1%.

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Graf. 23 - Umbria: variazioni % assunzioni in apprendistato (2000=100) nei principali settori 2000-2009

0

50

100

150

200

250

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

F I C G

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Graf. 24 - Umbria: rapporto tra assunzioni in apprendistato e totale delle assunzioni nei principali settori - anno 2009

21,3

7,0

16,3 16,8

0

5

10

15

20

25

val.

%

F I C G

Fonte: elaborazione Aur su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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L’APPRENDISTATO E’ UN CONTRATTO CHE RAFFORZA O INDEBOLISCE L’OFFERTA DI LAVORO?13 Le opinioni degli intervistati e l’effetto della contribuzione A seguito dei dati raccolti nel periodo 2000-2009, visto l’andamento decrescente delle assunzioni in apprendistato da sole e in relazione con altri tipi di contratto, si è ritenuto di dover approfondire tale questione raccogliendo giudizi e opinioni di interlocutori privilegiati per poter avere un quadro analitico prima separatamente, per singolo interlocutore, e successivamente attraverso un confronto generale fra tutti gli interlocutori interessati, al fine di fissare gli elementi più problematici che caratterizzano l’uso del contratto di apprendistato. E’ stata elaborata, quindi, una traccia di intervista da somministrare agli interlocutori selezionati che si divide in tre sezioni: una prima conoscitiva, una seconda qualitativa e una terza comparativa14. Le aziende sono state selezionate su tutto il territorio regionale in accordo con le Province e la scelta definitiva è avvenuta tenendo conto delle esperienze fatte nella formazione degli apprendisti sia direttamente che con il finanziamento pubblico. Sono stati poi ascoltati anche i presidenti degli Ordini dei consulenti del lavoro delle province di Terni e Perugia, dato il lavoro svolto per conto di numerose aziende anche medio-piccole, e alcuni rappresentanti delle Associazioni datoriali locali, direttori ed esperti di apprendistato, in qualità di rappresentati degli interessi degli iscritti del loro settore e in qualità di gestori della formazione. Non si è proceduto sulla base di un campione statisticamente significativo, ma unicamente sulla base della necessità di acquisire una serie di opinioni, giudizi, esperienze, sollecitazioni da relazionare con i dati raccolti per avere, poi, un quadro d’insieme sul quale confrontarsi in un momento successivo

13 Il primo paragrafo è da attribuire a Franco Fogliano e gli altri a Enza Galluzzo. 14 La traccia di intervista e i soggetti intervistati sono riportati in calce al capitolo (Appendice 1 e 2).

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con i rappresentanti delle parti sociali, delle istituzioni e dei consulenti del lavoro. Tale quadro d’insieme ha costituito un rapporto intermedio che è stato sottoposto prima alla Regione in quanto committente e alle due Province e poi alle Parti sociali e ai rappresentanti provinciali dell’Ordine dei consulenti del lavoro. Il rapporto intermedio è stato presentato prima alle istituzioni il 17 Dicembre 2009 e poi, il 20 Gennaio 2010, in seno ad una riunione allargata, ai rappresentanti delle Parti sociali e degli Ordini dei consulenti del lavoro. Da questi confronti si sono raccolte alcune indicazioni importanti che hanno convalidato quanto fino a quel momento emerso dalle interviste e dal commento dei dati sull’andamento delle assunzioni. Inoltre, sono stati suggeriti ulteriori approfondimenti, specialmente sul fronte del rapporto fra costo del lavoro ( incidenza della formazione e della contribuzione) e scelta del datore di lavoro di assumere o meno apprendisti. Le risultanze delle interviste Le risultanze delle interviste, esclusivamente sul piano qualitativo, sono presentate schematicamente in quattro figure in cui vengono sintetizzate le risposte fornite, con riferimento a grandi e piccole-medie aziende, direttamente dagli imprenditori o da coloro che, in quanto rappresentanti delle Associazioni e degli Ordini dei consulenti del lavoro, conoscono le esigenze delle aziende stesse e quindi sono in grado di farsene portavoce. Nella Fig. 1 vengono messi in correlazione il beneficio contributivo e l’onere della formazione. Per il primo, vengono individuate tre gradazioni nella percezione: alto, medio e basso. Per il secondo, vengono individuate due possibili alternative: se l’onere della formazione viene considerato un deterrente o una opportunità. Le grandi imprese considerano che, a fronte di un beneficio contributivo alto, la formazione sia prevalentemente una opportunità e non un costo ulteriore, nel solco della tradizione che vede le grandi imprese da sempre impegnate in attività formative continuative e fortemente standardizzate sulle loro specifiche necessità. Viceversa, per le piccole e medie imprese, sempre a fronte di un beneficio contributivo percepito come alto, la formazione rappresenta più un deterrente che un beneficio e quindi viene percepita come un ulteriore costo da sostenere.

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Fig. 1 - Oneri e benefici del contratto di apprendistato: grandi e piccole-medie aziende a confronto

alto

medio

basso

BENEFICIO CONTRIBUTIVO

GrandiImprese

Piccole e Medie Imprese

ONERE DELLAFORMAZIONE

opportunitàdeterrente

A completamento delle risultanze fornite dalla figura 1, nella successiva figura 2 proprio a verifica del giudizio sull’esito della formazione, positivo o negativo, sono state messe in correlazione le modalità dell’erogazione della formazione (interna, mista e esterna) e il suo grado di utilità (positivo o negativo) così come viene fornita dalle agenzie formative. Le grandi imprese e le piccole e medie si dispongono in modo diametralmente opposto. Infatti, le prime prediligono la formazione interna, da loro direttamente erogata, esprimendo un chiaro giudizio positivo; le seconde, probabilmente perché impossibilitate per ragioni organizzative e dimensionali a svolgere direttamente la formazione, si collocano prevalentemente nell’ambito di un giudizio negativo sulla formazione esterna affidata alle agenzie formative. Rispetto, in particolare, alla variabile formazione, sono emerse cinque problematiche ricorrenti che riguardano efficacia, flessibilità, difficoltà organizzativa, gestione amministrativa ed erogazione dei finanziamenti e che sono state sintetizzate nelle figure 3 e 4 utilizzando un grafico a ragnatela. In ciascun apice del pentagono è stato indicato un problema prevalente e rispetto ad ognuno di esso è stata riportata l’intensità di giudizio. L’area che ne deriva fornisce una sintesi di aggregazione dei giudizi e delle percezioni rispettivamente delle grandi e delle piccole-medie imprese. Ancora una volta le grandi imprese si collocano in modo diametralmente opposto alle piccole-medie imprese.

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Fig. 2 - La formazione nel contratto di apprendistato: grandi e piccole imprese a confronto EROGAZIONE

FORMAZIONE

interna

mista

esterna

positivo negativoUTILITA’ FORMAZIONE

Piccole e Medie imprese

Grandi Imprese

Le prime (Fig. 3), infatti, manifestano una leggera attenzione unicamente per le questioni connesse con la gestione amministrativa della formazione che riconduce prevalentemente ad un ritardo dei finanziamenti. Con ciò si conferma e si spiega ulteriormente la valutazione positiva già espressa nei confronti dell’erogazione della formazione (Fig. 2). Le seconde (Fig. 4), in modo significativo manifestano una sofferenza dovuta a: difficoltà dell’organizzazione, inefficacia ed onere, mancanza di flessibilità della formazione. Anche in questo caso si conferma e si articola ulteriormente la valutazione espressa nella figura 2. Complessivamente si rileva un’area problematica più importante per le piccole-medie imprese che per le grandi. Per quanto riguarda le aree problematiche individuate, le interviste effettuate mettono in risalto alcune delle questioni più sentite. Rispetto al ritardo dei finanziamenti, le risposte degli intervistati esprimono il disagio che provano per ottenere in tempo utile i finanziamenti pubblici al fine di effettuare la formazione finanziata da loro richiesta. Questo ha comportato slittamenti nell’erogazione della formazione o addirittura congelamento della stessa in attesa dell’arrivo dei fondi richiesti, con conseguente difficoltà nella gestione dei rapporti tra apprendisti e datori di lavoro.

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Fig. 3 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione: orientamento delle grandi imprese

Grandi Imprese (> 50 dipendenti)

0

50

100

RITARDO NEIFINANZIAMENTI

GESTIONEAMMINISTRATIVA DELLA

FORMAZIONE

MANCANZA FLESSIBILITA'INEFFICACIA E ONEREDELLA FORMAZIONE

DIFFICOLTA'ORGANIZZAZIONE DELLA

FORM.

Fig. 4 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione: orientamento delle piccole medie imprese

Piccole-medie imprese (< 50 dipendenti)

0

50

100

RITARDO NEIFINANZIAMENTI

GESTIONEAMMINISTRATIVA DELLA

FORMAZIONE

MANCANZA FLESSIBILITA'INEFFICACIA E ONEREDELLA FORMAZIONE

DIFFICOLTA'ORGANIZZAZIONE DELLA

FORM.

Rispetto alla difficoltà nella gestione amministrativa della formazione pubblica, le risposte degli intervistati si concentrano sugli aspetti burocratici dell’attivazione del contratto di apprendistato e sul passaggio dalla vecchia alla nuova normativa. Rispetto alla problematica della mancanza di flessibilità della formazione pubblica relativamente alle esigenze dell’impresa e dell’apprendista, gli

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intervistati segnalano le notevoli difficoltà che devono superare per raggiungere una formazione di qualità in apprendistato. Rispetto all’onere della formazione, soprattutto per le piccole imprese che assumono apprendisti, gli intervistati segnalano come la formazione stessa venga vissuta come un “peso” in termini di mancata produzione per il periodo in cui il lavoratore si allontana dal posto di lavoro; costo che, però, non viene compensato in termini di conoscenze acquisite dall’apprendista. Rispetto all’inefficacia della formazione, gli intervistati hanno segnalato casi in cui la formazione stessa viene vissuta come perdita di tempo e quindi ritenuta poco utile. Rispetto infine all’organizzazione della formazione pubblica, gli interlocutori hanno evidenziato l’influenza che esercitano ai fini della riuscita del corso le modalità di gestione della classe e la scelta delle tematiche inerenti al profilo professionale da conseguire. Di seguito, si riportano (Scheda 1) le sei tematiche descritte15, corredate da alcune frasi estrapolate dalle interviste effettuate, indicando attraverso la graduazione del colore l’intensità più alta o più bassa del modo in cui la problematica viene sentita. Scheda 1 - Alcuni giudizi degli intervistati sulle problematiche individuate

Ritardo dei finanziamenti

“(Da) Ottobre del 2008 […]non abbiamo più assunto […] neanche con apprendistato. Quando arriveranno i soldi…”. “Terni sta aspettando che arrivino i fondi” . “Siamo in attesa che ci sblocchino questo finanziamento[…], visto che abbiamo […] apprendisti che devono fare il percorso formativo[…] per la parte trasversale[…]”. “… la preoccupazione più grossa è quella di lasciare nel limbo le imprese che debbono scegliere un canale o l’altro[…] non possiamo continuare a dire […] aspettiamo che esca l’avviso pubblico […] prima o poi ci sarà la possibilità di fare corsi”.

15 Si segnala che nella Scheda 1 l’inefficacia e l’onere della formazione vengono distinte in quanto le risposte fornite dagli intervistati si caratterizzano più chiaramente se indicate separatamente.

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Gestione amministrativa della formazione

“…le formalità burocratiche […] ci sono. Le approvazioni, l’iter tramite l’ente bilaterale, […] l’iscrizione obbligatoria per avere la validazione….il parere di conformità…tutte queste cose frenano ovviamente l’accesso all’apprendistato”. “E’ sicuramente più complesso avviare questo tipo di contratto rispetto ad altri”. “…secondo me con l'accreditamento si pensava di aver trovato la risposta alla scrematura di tanti enti di formazione […] Mentre invece abbiamo visto che anzi ce ne sono ancora di più”. “Quelle imprese (che) optano per l’offerta pubblica […] aspettano: se sono chiamate bene, se no […] si salvano”. “Con tutte le normative che si sono succedute da quando si è detto semplifichiamo[…] è stata una complicazione dietro l’altra”.

Mancanza di flessibilità dei percorsi

“Le modalità (di realizzazione della formazione) necessitano di semplificazione e di snellezza. Vogliamo essere più elastici possibili”. “…la grande esigenza di flessibilizzare fortemente i meccanismi di formazione esterna rispetto […] alle esigenze dell’[…] apprendista […] si collega a quella dell’impresa”. “Ci deve essere la flessibilità di rendere anche diverso il percorso[…] ha senso un percorso così articolato per uno che mi serve 6 mesi?”. “Bisognerebbe puntare più su una formazione pratica”. “…lasciare direttamente all’apprendista e all’impresa la capacità di organizzarsi tra di loro […] per cogliere quelle specificità senza le quali la formazione avrebbe un contenuto […] più basso”. “… il contenuto della formazione […] deve essere un pochino più flessibile e non incollato…”. “… alle nostre aziende piace una formazione che sia assolutamente personalizzata…”.

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Onere della formazione

“ Togliere per 120 ore l’apprendista [alle piccole imprese], significa togliergli il 100% della forza lavoro”.

“… 120 ore annue, sono tantissime. Perché è quasi una mensilità all’anno che […] perde il datore di lavoro perché deve fare al proprio apprendista la formazione esterna…”. “…l’obbligo formativo diventa un oggettivo appesantimento del costo per l’imprenditore[…].(Sono)120 ore retribuite (più) 120 ore di mancata produzione”.

“… le aziende, in particolare le piccole […], quando assumono un apprendista […] lo mettono subito a lavorare e mandarlo […] in formazione è un peso”. “…un laureato di 28 (anni) assunto come apprendista… se trova meglio se ne va. Dopo un anno che si è formato se ne va”.

“…l’obbligo della formazione formale esterna all’impresa per almeno 120 ore annue […] non ha funzionato, realisticamente in nessuna parte del territorio”.

Inefficacia della formazione

“… la formazione non è adeguata […] le aziende devono ricorrer(vi) obbligatoriamente però non gli serve a niente”. “(La formazione è una) perdita di tempo, non inerente nei programmi con quello che poi effettivamente […] serve da spendere all’interno dell’azienda […] è lo stesso […] apprendista, che ha esternato la sua insoddisfazione…”. “Non abbiamo un ritorno del tempo investito, lo dicono gli stessi ragazzi (in formazione). Perdono tempo”. “In specifico la formazione fa bene ai formatori. Assistiamo spesso a situazioni per le quali…i formandi sanno molto di più dei formatori”. “In un momento di crisi […] bisogna tornare a creare opportunità di lavoro e (fare la) formazione che serve”. “Se lo mando a fare un corso esterno, mi deve ritornare con un valore aggiunto”. “Posso dire anche che molti ragazzi che frequentano (le) formazioni esterne, le vivono come […] non […] costruttive”.

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Difficoltà nell’organizzazione della formazione

“A tutto questo va aggiunto anche l’estremo disagio […] per recarsi materialmente alle sedi predisposte per la formazione”. “…è più facile formarlo ulteriormente in azienda che ha un macchinario super moderno (piuttosto che presso) un’agenzia formativa […]”. “Il limite più grosso della formazione è il concetto di classe (aula)”. “Minore è la scolarizzazione, minore è la propensione ad acquisire una formazione […] rivendibile nel modo del lavoro”. “E’ inutile fare uno sforzo di progettualità prima che conosco l’apprendista”. “Ridurre l'azione formativa frontale è un obiettivo che secondo me la Regione Umbria si deve porre”. “Grande flessibilità, unità formative, percorsi sempre più individuali: il PFI dovrebbe rispondere a questa esigenza”. Nel corso degli incontri sopra indicati si è riscontrata una condivisione rispetto alle problematiche segnalate dall’Aur e si è ritenuto opportuno procedere ad approfondire la variabile fortemente indicata dalle parti ma mai realmente esplorata che riguarda l’effetto della contribuzione sull’andamento delle assunzioni in apprendistato. Più in particolare, tutti hanno messo in evidenza come a partire dal decreto 276/2003 con l’avvento dell’apprendistato professionalizzante, la materia contribuzione fosse diventata per tutte le imprese, in particolare per quelle con più di 10 dipendenti, un costo molto più importante che non nel passato immediatamente precedente. Utilizzando l’esperienza dell’Ordine dei consulenti del lavoro della Provincia di Perugia, si è proceduto a ricostruire l’incidenza della contribuzione nel tempo con particolare riferimento al periodo 2000-2009. La contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro prima del 2007 Uno dei pilastri del contratto di apprendistato previsto dalla L. 55 del 1925 è un regime di contribuzione previdenziale di tipo agevolato. L’art. 22 prevedeva infatti che il versamento dei contributi a carico dell’azienda dovuti per le assicurazioni sociali a favore dell’apprendista dovesse essere effettuato mediante l'acquisto di apposita marca settimanale di

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valore ridotto rispetto a quanto dovuto per la generalità dei lavoratori. Veniva introdotto quindi un regime agevolato ed un nuovo strumento di adempimento contributivo, diverso dal normale pagamento degli oneri previdenziali, ovvero l’acquisto di una marca. Il legislatore, pur nella esiguità del valore attribuito alla marca, ne distingueva due tipologie: la prima leggermente più elevata per l’apprendista soggetto anche all'obbligo dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e la seconda per apprendista non soggetto a tali obblighi. La contribuzione prevista offriva comunque le seguenti coperture: - assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali; - assicurazione contro le malattie; - assicurazione contro l'invalidità e vecchiaia; - assicurazione contro la tubercolosi; - assegni familiari. Il valore iniziale delle marche negli anni 50 (legge 8 luglio 1956, n. 706) ammontava a 170 lire e a 130 rispettivamente per i lavoratori con e senza copertura per infortuni e malattia professionale. La misura dei contributi dovuti per gli apprendisti è stata ripetutamente modificata dalle disposizioni che si sono succedute nel tempo. Già l’ultimo comma dell’art. 22 della L. 25 prevedeva che “Nel corso del primo quinquennio di applicazione della presente legge, se particolari esigenze lo richiedano a vantaggio della mutualità o delle categorie interessate, i valori delle marche settimanali, previste nel primo comma (…) possono essere modificati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale”. Inoltre occorre precisare che per effetto dell'art. 22, L. 3 giugno 1975 n. 160, l’ammontare dei contributi per gli apprendisti è stato legato al variare delle pensioni dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, nella stessa misura percentuale e con la stessa decorrenza di tali aumenti. In ogni caso la Legge originaria e le successive normative di modifica succedutesi fino al 2007, hanno attribuito al contributo previdenziale per gli apprendisti un valore minimo e sostanzialmente simbolico, rispetto alle aliquote contributive in vigore. Inoltre il contributo settimanale è cresciuto negli anni in maniera limitata: da circa 200 lire a fine degli anni 50, a 400 lire a fine anni 60, a 1900 negli anni 80, 3800 negli anni 90 fino al 2006 in cui il contributo fisso settimanale era di 2,98 euro. Le marche erano distribuite operativamente dalle strutture INPS ai datori di lavoro che ne facevano richiesta. Il sistema delle marche è stato fisicamente abolito con il D.M. 5/2/1969 che ha introdotto un sistema di versamento dei contributi e di denuncia mensile delle retribuzioni attraverso il modello DM. L’innovazione introdotta a partire dagli anni 70 ha riguardato comun-

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que esclusivamente il sistema operativo. E’ stata mantenuta invece la logica di fondo che ha previsto fino al 2007 un sistema di contributi settimanali in misura fissa e di bassa entità. Un discorso a parte va fatto per il settore artigiano. La legge 25/55 prevedeva infatti che “Non si applicano agli apprendisti e agli imprenditori artigiani le norme della presente legge contenute negli articoli 3, secondo e terzo comma, 22, 23 e 24.”. In tal modo al settore dell’artigianato non doveva essere applicata alcuna obbligazione contributiva. Tale situazione è stata parzialmente e minimamente innovata dall’entrata in vigore della L. 1204 del 1971 che ha previsto a fronte delle prestazioni in materia di maternità un versamento di un onere contributivo per tutti gli apprendisti, artigiani e non. La misura dei contributi per gli apprendisti, fissata in 32 lire dalla legge del 1971, è rimasta invariata fino alla riforma del 2007. La legge 25 prevedeva che la contribuzione agevolata per gli apprendisti fosse applicata per il perdurare di tale tipologia contrattuale. La Legge 28 febbraio 1987, n. 56, con la finalità di favorire la trasformazione dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato, ha previsto invece una estensione dell’agevolazione contributiva. All’art. 21, comma 6 si prevede infatti che “I benefici contributivi (…) in materia di previdenza ed assistenza sociale, sono mantenuti per un anno dopo la trasformazione del rapporto a tempo indeterminato.”. Tale normativa è ancora in vigore. La contribuzione a carico dell’apprendista e la sua remunerazione A fronte del contributo a carico del datore di lavoro, la legge 25/1955 non prevedeva alcun contributo da parte del lavoratore. Tale disposizione non ha subito modifiche fino al 1986 quando il legislatore con la Legge finanziaria n° 41 ha stabilito all’art. 21 che “A decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1986 è estesa a carico degli apprendisti la disciplina degli obblighi contributivi a carico della generalità dei lavoratori dipendenti relativamente: a) all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, con una riduzione di tre punti della relativa aliquota contributiva; b) alla contribuzione per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, con una riduzione di 0,50 punti della quota prevista dal comma 1 del successivo art. 31”. L’aliquota inizialmente è stata fissata nella percentuale del 5% ed ha subito nel tempo variazioni non rilevanti, fino a giungere ad oggi al 5,84%. L’utilizzo, per analogia con la contribuzione previdenziale della generalità dei lavoratori, di un onere percentuale ha introdotto una connessione tra contribuzione e retribuzione, sollevando pertanto la problematica della misura di quest’ultima da prendere a riferimento.

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In assenza di determinazioni della legge e nell'impossibilità di stabilire un minimale per gli apprendisti, non compresi nella tabella predisposta per le altre categorie, è intervenuta la Circ. INPS n. 27 dell'8 febbraio 1986, punto 9. Nella circolare è stato precisato che, a decorrere dal 1º gennaio 1986, ai fini del calcolo del contributo posto a carico degli apprendisti, l'aliquota complessiva deve essere calcolata sulle retribuzioni agli stessi effettivamente corrisposte, senza quindi l'osservanza di alcun minimale. Successivamente con la nota n. 6/PS/40755 dell'8 agosto 1988 il Ministero del Lavoro ha precisato che le retribuzioni da prendere a riferimento per il calcolo del contributo avrebbero comunque dovuto “corrispondere ai minimi salariali risultanti dai contratti collettivi di lavoro di categoria”. A conferma di tale orientamento l'art. 1 del decreto legge 9 ottobre 1989 n. 338, convertito nella legge 7 dicembre 1989 n. 389, ha stabilito il "limite minimo di retribuzione imponibile" ai fini contributivi, prevedendo che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non possa essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo. Tale disposizione è stata successivamente rafforzata dall'art. 6, ottavo comma, del decreto legislativo 2 settembre 1997 n. 31416, con il quale il legislatore ha inteso garantire livelli di prestazioni previdenziali commisurate alle retribuzioni adeguate e sufficienti, stabilendo che, nell'ipotesi di retribuzione non stabilita da legge o regolamento, la contribuzione previdenziale sia determinata con riguardo alle retribuzioni, sebbene non erogate e non percepite, previste dalla contrattazione collettiva e, perciò, proporzionate e sufficienti nell’ambito di un determinato settore economico. Ne consegue che, secondo l'esplicita previsione della anzidetta disposizione di legge, i contratti individuali o gli altri accordi collettivi diversi dai contratti nazionali, relativi al medesimo settore, possano essere presi a parametro ai fini della determinazione dei contributi soltanto se la retribuzione è di importo superiore a quello del contratto collettivo.

16 “Sono confermate le disposizioni in materia di retribuzione imponibile di cui all'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni e integrazioni, nonche' ogni altra disposizione in materia di retribuzione minima o massima imponibile, quelle in materia di retribuzioni convenzionali previste per determinate categorie di lavoratori e quelle in materia di retribuzioni imponibili non rientranti tra i redditi di cui all'articolo 46 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.”.

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Fermo restando quanto ora descritto in merito alla misura minima della retribuzione a cui fare riferimento, è utile fare un approfondimento sulle disposizioni previste dal legislatore e dalla contrattazione che disciplinano la remunerazione degli apprendisti. La legge 25/1955 prevedeva all’art. 11 comma 1, lett c) che il datore di lavoro aveva l’obbligo “di osservare le norme dei contratti collettivi di lavoro e di retribuire l'apprendista in base ai contratti stessi”, specificando però al successivo art. 13 che “La retribuzione … dovrà essere graduale anche in rapporto all'anzianità di servizio.” In tal modo il legislatore prevedeva la determinazione della retribuzione dell’apprendista mediante un procedimento di percentualizzazione graduale in base alla anzianità di servizio, determinato però sulla base della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva. Quindi un ruolo centrale è stato svolto dalla contrattazione collettiva che ha determinato le misure percentuali, introducendo una conseguente diversificazione tra settore e settore. La materia è stata innovata dal D.lgs. n. 276/2003 il quale ha stabilito all’art. 53, comma 1, che “la categoria di inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è finalizzato il contratto.”. Per consentire il necessario adeguamento dei contratti il D.lgs. ha previsto all’art. 47 comma 3 che “In attesa della regolamentazione del contratto di apprendistato ai sensi del presente decreto continua ad applicarsi la vigente normativa in materia”. Inserendosi la normativa in un coacervo di regolamentazioni contrattuali, il sistema introdotto dal decreto ha creato numerosi dubbi applicativi che alcune circolari del Ministero hanno tentato di risolvere. Molto sinteticamente il Ministero è intervenuto con una prima circolare 14 ottobre 2004, n. 4017, che però ha lasciato ancora molti aspetti in ombra. Un intervento maggiormente chiarificatore è costituito dalla nota al Protocollo n. 783 del 21 giugno 2006 in cui il Ministero, richiamando il principio del favor prestatoris ha precisato che, nel caso di applicazione della L. 25/1955 e dell’art. 16 della L. 196/1997 («vecchia» normativa), il datore di lavoro dovrà «riprendere» le retribuzioni inserite nell’eventuale contratto collettivo rinnovato, nel quale viene «regolamentato» l’apprendistato professionalizzante al fine di evitare evidenti disparità di trattamento.

17 Nella circolare il Ministero ritiene valevole il sistema a percentualizzazione della l. n. 25/1955, salvo poi richiamare il principio contenuto nell’art. 53, comma 1, del D.lgs. n. 276/2003.

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Ancora più chiaramente, in risposta ad interpello, con nota n. 28/2007 il Ministero precisa che il procedimento di percentualizzazione, seppure ancora in vigore, può essere utilizzato unicamente nel caso in cui, dallo stesso procedimento, scaturisca una retribuzione più favorevole per il prestatore rispetto a quella derivante dal sotto-inquadramento. L’adeguamento alla disposizione normativa del D.lgs. 276 ha comportato e comporterà fino al completo allineamento, misure di oneri diverse con la conseguenza che all’interno di una azienda potrebbero convivere apprendisti con un costo del personale e retribuzioni nette diverse, pur a parità di tipologia contrattuale. Inoltre tendenzialmente l’applicazione della nuova normativa ha comportato un aggravio del costo del personale. Tali aspetti retributivi, che fino al 2006 avevano conseguenze esclusivamente sul contributo a carico dell’apprendista (unico percentualizzato), a partire dal 2007 riguardano anche il contributo del datore di lavoro, trasformato dalla Legge finanziaria in aliquota. La riforma del 2007 Con effetto 1° gennaio 2007, la Legge finanziaria n. 296 del 2006 al comma 773 introduce una riforma consistente per quanto riguarda il regime contributivo del contratto di apprendistato. Scompare lo storico contributo fisso settimanale che viene sostituito con l’aliquota del 10% sulla retribuzione imponibile dell’apprendista. Nell’ambito della nuova misura contributiva il legislatore amplia il ventaglio di prestazioni previste estendendo agli apprendisti l’indennità economica di malattia, riconosciuta alla generalità dei lavoratori subordinati. La ripartizione della contribuzioni tra le singole gestioni previdenziali ed assistenziali interessate è la seguente: - FPLD (Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti) 9,01 - CUAF (assegni familiari) 0,11 - Malattia (indennità economica) 0,53 - Maternità (indennità economica) 0,05 - INAIL (assicurazioni infortuni) 0,30 Un’altra novità di rilievo introdotta dalla nuova normativa riguarda il campo di applicazione. Scompare infatti lo storico trattamento di favore riservato al settore artigiano che viene considerato al pari di tutti gli altri settori. Una importante distinzione introdotta dal legislatore riguarda poi la dimensione aziendale ed il primo periodo di attività. La legge prevede infatti

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che per le aziende che occupano un numero di dipendenti pari o inferiore a nove si applichi un’aliquota ridotta nelle seguenti misure: - 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel primo anno di apprendistato; - 7 punti per quelli maturati nel secondo anno di contratto. A conclusione del primo biennio la contribuzione si allineerà con quella prevista per le aziende con più di 9 dipendenti (10%). Con Circolare 22 del 23/1/2007 l’INPS ha chiarito i vari dubbi interpretativi ed applicativi della normativa in merito, in particolare, al computo dei dipendenti ed al mantenimento del beneficio al mutare della situazione occupazionale. Viene confermata la validità della norma che prevede, in caso di trasformazione dell’apprendistato in contratto a tempo indeterminato anzitempo, l’applicazione per ulteriori 12 mesi dell’aliquota contributiva degli apprendisti. Anche per quanto riguarda il contributo a carico dell’apprendista la Finanziaria 2007 ha apportato degli aggravi. Il comma 769 della L. 296/2006 ha previsto per la generalità dei lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima un incremento dello 0,30% per la quota dei contributi a carico del lavoratore. Conseguentemente il contributo previdenziale dovuto dall’apprendista è passato dal 5,54% del 2006 al 5,84% del 2007, aliquota tuttora in vigore. Un approfondimento sulla contribuzione degli ultimi anni Le novità introdotte dalla Legge finanziaria 2007 hanno determinato un deciso innalzamento degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro per il contratto di apprendistato. Si è passati infatti da una contribuzione sostanzialmente simbolica in vigore fino al 2007 ad un tipo di contribuzione più consistente ed onerosa e correlata, essendo una percentuale, alla retribuzione percepita. Gli oneri previdenziali del contratto di apprendistato possono arrivare ad oggi fino a circa un quarto di quelli in essere per la totalità dei lavoratori subordinati e sono diversificati per contratti e livelli e variano nel tempo. L’aggravio del costo del lavoro può essere una delle ragioni della più bassa convenienza, se non altro rispetto al passato, nell’utilizzare tale contratto. Un ulteriore aggravio è stato causato, come si accennava nel paragrafo precedente, dall’applicazione delle disposizioni in merito alla retribuzione degli apprendisti introdotte dal D.lgs. 276/2003, ovvero il passaggio da retribuzione percentualizzata a retribuzione inferiore di massimo due livelli.

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Ciò, se ha comportato un aumento della retribuzione a favore dell’apprendista e conseguentemente del costo del lavoro, ha comportato un aggravio anche dal punto di vista contributivo a seguito della percentualizzazione dell’onere datoriale previdenziale a partire dal 2007. La gradualità nell’adeguamento al D.lgs. del 2003 comporta inoltre che quei settori non allineati alla nuova normativa dovranno attendersi un ulteriore innalzamento del costo del lavoro. Per verificare l’impatto della normativa sull’apprendistato e quindi la dinamica degli aspetti contributivi e retributivi degli ultimi 10 anni, è stato sviluppato, a titolo di studio, da parte dell’Ordine dei consulenti del Lavoro della Provincia di Perugia,18 il costo degli apprendisti in 3 ambiti settoriali: i settori artigiano, metalmeccanico e commerciale. Ciò permette di avere una rappresentazione in cifre delle modifiche introdotte dalla normativa. Nella tabella 1 viene innanzitutto evidenziata la dinamica delle retribuzioni lorde (ovvero della retribuzione lorda annua mensilizzata comprensiva anche di mensilità aggiuntive, ferie, permessi, festività, con esclusione del TFR) di un operaio apprendista dal 2000 al 2010 (di biennio in biennio) nei contratti esaminati. Come si evidenzia i tre contratti sono ovviamente interessati dalla dinamica propria di ciascun settore, ma accanto a questa per il settore del commercio si evidenzia un balzo in avanti nelle retribuzioni a partire dal 2006 frutto dell’applicazione del D.lgs. 276. Ne consegue un innalzamento del costo del lavoro di due origini: la prima è l’innalzamento della retribuzione lorda, la seconda è l’aumento della contribuzione per l’ampliamento della base imponibile. Si può prevedere con certezza che gli altri due contratti (artigianato e metalmeccanico), non ancora allineati al D.lgs. 276, subiranno nel futuro un ulteriore innalzamento del costo del lavoro. Nella tabella 2 viene evidenziato il costo del personale nei tre settori esaminati; viene confrontata la situazione di un operaio apprendista con quella di un operaio assunto a tempo indeterminato. Nel concreto è stata presa a riferimento la qualifica di operaio in prima classe di anzianità e il costo è stato elaborato sia nell’ipotesi di un’azienda con meno di dieci dipendenti, che di una appartenente ad una classe dimensionale più alta.

18 Un ringraziamento va allo studio Minciarelli-Biscarini di Perugia ed in particolare al Dott. Paolo Biscarini che ha sviluppato le proiezioni del costo del personale nei tre settori: metalmeccanico, artigianato e commercio.

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Tab. 1 - Retribuzione lorda annua mensilizzata di operaio apprendista e di operaio a tempo indeterminato (2000-2010) Contratto metalmeccanico

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Contratto artigianato

anno Retribuzione lorda annua mensilizzata

apprendista

Retribuzione lorda annua mensilizzata

lav. a tempo indeterminato

% Retrib. Apprendista su

retrib. tempo indet.

2000 769,63 1.099,48 70,0 2002 787,31 1.124,71 70,0 2004 819,78 1.171,10 70,0 2006 877,1 1.253,00 70,0 2008 877,1 1.253,00 70,0 2010 973,23 1.391,28 70,0

Contratto commercio anno Retribuzione lorda

annua mensilizzata apprendista

Retribuzione lorda annua mensilizzata

lav. a tempo indeterminato

% Retrib. Apprendista su

retrib. tempo indet.

2000 1.026,78 1.372,64 74,8 2002 1.069,65 1.433,87 74,6 2004 1.099,23 1.476,12 74,5 2006 1.384,98 1.590,46 87,1 2008 1.412,73 1.626,57 86,9 2010 1.514,48 1.758,96 86,1

Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini.

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Mentre per il periodo fino al 2006 il confronto tra apprendista e lavoratore a tempo indeterminato è univoco, a partire dal 2007, come detto, occorre fare alcuni distinguo. Infatti si espone la situazione contributiva dell’apprendista con la variabilità causata della tipologia dimensionale dell’organico (più o meno di dieci dipendenti) e poi dalla gradualità temporale prevista dal legislatore per le aziende con meno di 10 dipendenti nelle prime annualità. Dalla lettura della tabella 2 e dei grafici 1 e 2, che forniscono una ulteriore visualizzazione riferita al contratto metalmeccanico preso ad esempio, si evidenzia che, avendo a riferimento gli importi in valore assoluto, i contributi subiscono dal 2007 una impennata. Per le aziende con più di 9 dipendenti la brusca crescita si realizza fin dal primo anno; è invece più graduale per quelle con meno di 10 dipendenti, che si vedono applicare nei primi due anni le percentuali ridotte: 1,5% il primo anno e 3% il secondo. Graf. 1 - CCNL Metalmeccanico: contributi apprendisti in aziende con n. dipendenti =<di 9 - 2006-2008 (v.a.)

12,91 16,62

38,2

110,78

0

20

40

60

80

100

120

euro

2006 2008

Legenda:

Contributi apprendisti nel 2006 Contributi apprendisti nel 2008 nella prima annualità Contributi apprendisti nel 2008 nella seconda annualità Contributi apprendisti nel 2008 nella terza annualità (a regime)

Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini.

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Graf. 2 - CCNL Metalmeccanico: contributi apprendisti in aziende con più di 9 dipendenti - 2006-2008 (v.a.)

12,91

110,78

0

20

40

60

80

100

120

euro

2006 2008

Legenda: Contributi apprendisti nel 2006 Contributi apprendisti nel 2008

Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini. Inoltre, poiché fino al 2006 il contributo apprendisti era stabilito in misura fissa, tra i diversi settori non vi era ovviamente differenza per quanto concerne la misura dei contributi (con eccezione del settore artigiano) e quindi accadeva che gli oneri previdenziali avessero un’incidenza percentuale inferiore nei contratti con minimali retributivi più alti. La percentualizzazione introdotta dalla riforma prevede la proporzionalità del contributo con la conseguenza che il gap tra il prima e dopo riforma è ovviamente più evidente per quei contratti che hanno livelli retributivi più alti. Entrando più nel dettaglio (tab. 3), se prendiamo a riferimento - a titolo puramente esemplificativo - il contributo mensile del personale con contratto metalmeccanico, i contribuiti di un apprendista nel 2008 in una azienda con più di 9 dipendenti diventano nella prima annualità quasi 8 volte più grandi rispetto a quelli del 2006, mentre in una azienda più piccola crescono gradualmente: nella prima annualità aumentano di più di un quarto, nella seconda crescono del doppio, per andare a regime dalla terza annualità. Per quanto riguarda il confronto con i contributi relativi ai lavoratori a tempo indeterminato, il differenziale, che nel periodo antecedente al 2007 era

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ampio, si riduce con la riforma fino ad un quarto circa (nel caso di azienda oltre 10 dip.). In particolare, se rapportiamo a 100 i contributi di un contratto a tempo indeterminato, vediamo che i contributi degli apprendisti prima della riforma (2006) erano circa il 2,7%, mentre dopo la riforma rappresentano il 21,7% (in caso di aziende con più di 9 dipendenti), oppure del 3,3% nel primo anno e del 7,5% nel secondo anno (in caso di piccole aziende). Tab. 3 - Contributi mensili di operaio apprendista e a tempo indeterminato nel CCNL metalmeccanico: confronto 2006-2008

ANNO TIPO CONTRI-

BUTO

CONTRIBUTI TEMP. INDET.

(in euro)

CONTRIBUTI APPRENDISTI

(in euro)

% CONTR.

APPREND. CONTR. T. IND.

2006 contr. fisso 477,3 12,9 2,7 Aziende >9 dip.: 1a annualità 10% 510,6 110,8 21,7

Aziende =<9 dip: 1a annualità 1,5% 510,6 16,6 3,3 2008

Aziende =<9 dip: 2a annualità 3% 510,6 38,2 7,5

Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini. Dobbiamo comunque ricordare che la dinamica osservata deriva da tre componenti:

- dalla più alta misura dei contributi originata dalla riforma 2007; - dalla percentualizzazione dei contributi che connette tali oneri alla

retribuzione; - dalla variazione della remunerazione degli apprendisti negli anni,

come previsto dai CCNL. Nel caso del CCNL del settore artigiano le osservazioni fatte in precedenza vengono accentuate dal fatto che tale settore prima del 2007 era solamente soggetto (a partire dagli anni 70) al contributo per indennità di maternità. Conseguentemente gli effetti della riforma nell’artigianato, riallineato alla generalità dei settori, sono stati più evidenti. Interessante sarebbe poter valutare quanto la convenienza meno spiccata dal punto di vista contributivo possa incidere sulla propensione del datore di lavoro ad utilizzare tale tipologia contrattuale. Infatti gli oneri contributivi sono uno degli elementi distintivi del contratto di apprendistato e pertanto la

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loro variazione incide sull’assetto di gradimento della tipologia contrattuale. Nel grafico 3, prendendo sempre a riferimento il contratto metalmeccanico, si evidenzia la variazione dei contributi accostandola alla variazione delle assunzioni in apprendistato registrate in Umbria negli ultimi anni. Sebbene il periodo di osservazione dopo la riforma sia esiguo e le variabili che influiscono sulla valutazione dell’imprenditore molteplici e svariate, si osserva un trend negativo delle assunzioni a fronte dell’aumento dei contributi. Graf. 3 - Dinamica delle assunzioni degli apprendisti e dei contributi a carico del datore di lavoro nell’ambito del CCNL Metalmeccanico (2000=100)

0100200300400500600700800900

10001100

2000 2002 2004 2006 2008

Con

trib

uti (

2000

=100

)

0

20

40

60

80

100

120

140

Ass

unz.

App

rend

ista

to (2

000=

100)

Contributi per Aziende con n° dip. =<9 Contributi per Aziende con n. dip.>9Assunzioni in apprendistato

Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini e su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Appendice 1 - Traccia intervista Sezione “conoscitiva” (Obiettivo: acquisire elementi conoscitivi di contesto sull’utilizzo dell’apprendistato nell’azienda) Azienda Comune (Prov.) Settore Anno nascita azienda N° dipendenti Percentuale degli apprendisti sugli occupati Durata media dei contratti di apprendistato Percentuale di trasformazione a tempo indeterminato

Che tipo di formazione viene svolta (interna o esterna, formale o informale, finanziamenti pubblici o privati, ecc.)?

Da quanto tempo viene utilizzato questa tipologia di contratto? Sezione “ qualitativa” (Obiettivo: individuare i punti di forza e di debolezza del contratto di apprendistato, facendo emergere il punto di vista dell’intervistato)

Quali sono i punti di forza del contratto di apprendistato? Che difficoltà incontra l’utilizzo del contratto di apprendistato?

In particolare nella procedura di attivazione e gestione del contratto e nella realizzazione della formazione

La formazione costituisce più un vincolo o un valore aggiunto? Il livello qualitativo della formazione risponde alle esigenze delle aziende? Quali sono gli aspetti migliorabili o i suggerimenti che potrebbero risultare utili in merito

all’attività delle Agenzie Formative? Quale sono i motivi ricorrenti delle mancate trasformazioni o delle interruzioni prima del

termine? Sezione “comparativa” (Obiettivo: verificare le cause della diminuzione nell’utilizzo attraverso un confronto con le altre tipologie contrattuali)

L’impresa utilizza altre forme contrattuali? Cosa ha spinto l’azienda ad utilizzare il altre tipologie contrattuali rispetto al contratto di apprendistato?

L’utilizzo di altre forme contrattuali è legato a vantaggi contributivi o di altro tipo per l’impresa?

Quanto ha contribuito l’obbligo della formazione nella preferenza di altre tipologie contrattuali?

Si è registrato nella vostra azienda una diminuzione dell’utilizzo del contratto di apprendistato? Quali suggerimenti potrebbe fornire in relazione agli aspetti procedurali del contratto di

apprendistato?

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Appendice 2 - Interviste Imprese

Nome Sede legale Referenti

BRUNELLO CUCINELLI SPA CORCIANO Moreno Ciarapica SI(E)NERGIA S.P.A. PERUGIA Filippo Moscioni GESENU SPA PERUGIA Letizia D' Ingecco UNICREDIT BANCA DI ROMA SPA PERUGIA Luigi Giganti; Gabriella Rettura AST TERNI Arturo Ferrucci; Eros Ceccarelli NOVAMONT TERNI Emiliano Cariani GRUPPO NOVELLI TERNI Serenella Fanesi

Associazioni di rappresentanza

Nome associazione imprenditoriale Referente CONFCOMMERCIO Vasco Gargaglia, Laura Rossi CNA Alberto Cerquaglia, Simone Sensi

ORDINE CONSULENTI LAVORO DELLA PROVINCIA DI PERUGIA

Stefano Ansideri, Francesca Rossi, Paolo Biscarini, Antonella Biscarini, Fausta Minciarelli, Marco Dalla Torre

ORDINE CONSULENTI DEL LAVORO DELLA PROVINCIA DI TERNI

Franco Lagomarsini, Cecilia Leonelli, Maria Cristina Morichetti, Carlo Zafferani

ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI TERNI Alberto Cari

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L’APPRENDISTATO IN ALTRE REALTÀ TERRITORIALI Le esperienze della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Pesaro e Urbino Uno degli obiettivi che ci siamo prefissati durante il lavoro di ricerca è stato quello di andare a conoscere come altre realtà territoriali abbiano disciplinato e gestito il contratto di apprendistato. I criteri di scelta che hanno portato a selezionare la Regione Emilia Romagna e la Regione Marche, nella fattispecie della Provincia di Pesaro e Urbino sono stati diversi. Criterio guida è stato quello di andare a studiare dei sistemi sull’apprendistato che fossero già consolidati nel tempo per poter fare tesoro di eventuali elementi innovativi in atto. In particolare, la regione Marche si presenta come territorio confinante a quello umbro, rappresentativo dell’Italia centrale e con un sistema imprenditoriale basato su piccole-medie imprese simile a quello dell’Umbria. La provincia di Pesaro e Urbino, nello specifico, è stata scelta perché ha effettuato un investimento sull’apprendistato che ha portato all’utilizzo di una metodologia gestionale simile a quella umbra. I “progetti quadro” (che sono anche l’anima del sistema odierno sull’apprendistato in Umbria) sono stati adottati già dal bando 2008 dall’amministrazione pesarese. Pertanto, andare a conoscere come la Provincia di Pesaro e Urbino sia riuscita a gestire e a organizzare la stesura e la realizzazione di progetti quadro, è sembrato utile in vista del medesimo percorso intrapreso dalla Regione Umbria. L’Emilia Romagna, invece, nonostante non sia confinante con il territorio umbro, è stata scelta in quanto in materia di apprendistato possiede un sistema a gestione diretta regionale. E’ un sistema consolidato nel tempo che, però, ha intrapreso una strada differente rispetto a quella del “sistema a progetti quadro” adottato da Pesaro e dall’Umbria. Infatti, l’Emilia Romagna ha scelto di gestire l’offerta formativa tramite l’istituzione di un catalogo elettronico. Tale metodologia è sembrata interessante da studiare per meglio

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comprendere come diverse realtà regionali abbiano affrontato e gestito il contratto di apprendistato e l’offerta formativa. Sono state effettuate, pertanto, delle interviste dirette ai responsabili della formazione in apprendistato della Regione Emilia Romagna e della Provincia di Pesaro e Urbino, utilizzando domande aperte che lasciassero ampio spazio agli interlocutori di descrivere i due sistemi e di sottolineare gli elementi innovativi e le possibili problematiche. Sono stati, inoltre, selezionati dei temi conduttori che toccassero gli argomenti da noi ritenuti “caldi” in materia di apprendistato e pertanto rilevanti, quali:

- il grado di coinvolgimento aziendale nei diversi momenti della formazione in apprendistato;

- il grado di flessibilità dell’attività formativa; - il livello di coinvolgimento e di partecipazione degli iscritti ai corsi di

formazione in apprendistato; - la presenza o meno di un sistema basato sulla valorizzazione e

certificazione delle competenze; - il grado di utilizzo dei fondi nazionali messi a disposizione in materia

di apprendistato. La raccolta del materiale normativo sui due territori in esame e l’analisi delle interviste effettuate ha permesso di delineare un quadro che potesse mettere in luce gli aspetti di interesse e innovativi sull’apprendistato. Nei prossimi paragrafi verranno descritti prima il sistema sull’apprendistato in Emilia Romagna e poi quello nella provincia di Pesaro e Urbino, cercando di evidenziare l’iter procedurale e i caratteri peculiari di entrambi i territori. L’apprendistato in Emilia Romagna19 Il sistema emiliano-romagnolo sull’apprendistato si basa fondamentalmente sul coinvolgimento delle imprese e degli apprendisti nel processo decisionale e finanziario della formazione formale. L’attuale istituto dell’apprendistato in Emilia Romagna ha come fonti principali la L.R. n.12/03 e L.R. n. 17/05. La prima, all’art. 37 sostiene “la formazione degli apprendisti allo scopo di contribuire alla crescita delle persone ed all'arricchimento delle competenze all'interno delle imprese”20

19 Si ringraziano la dott.ssa Paola Cicognani e la dott.ssa Donatella Dazzani per la disponibilità e per le informazioni fornite. 20 L.R. n. 12/03 art. 37 com. 1.

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garantendo la qualità della formazione e promuovendo la formazione dei tutor aziendali. La seconda, al Capo V detta norme per la regolamentazione degli aspetti formativi dell’ apprendistato, che si articolano nelle tre tipologie contrattuali. A seguito di tali fonti normative sono state approvate alcune delibere di giunta regionale per l’applicazione dell’istituto dell’apprendistato, tra cui si citano:

- delibera n.177 10/02/2003 all.2, in cui vengono disciplinati i criteri per l’accreditamento degli enti formativi;

- delibera n. 2183/2005, definisce gli interventi di attuazione delle norme sull’apprendistato;

- delibera n. 236/2006, in cui viene strutturata la formazione in apprendistato;

- delibera n. 2044 del 14/12/2009, in cui viene approvato un apprendistato di seconda fase.

Per rispondere all’esigenza formativa dell’istituto dell’apprendistato e a quella delle imprese che vorrebbero vedere valorizzato il tempo impiegato nella formazione del proprio apprendista, la Regione ha costruito uno specifico iter procedurale: - la Regione accredita gli enti interessati alla realizzazione della formazione, valutando l’idoneità dei soggetti che ne facciano domanda; l’accreditamento è un procedimento che corrisponde al riconoscimento di idoneità dei soggetti che si candidano a gestire iniziative di formazione nell’ambito dei bandi provinciali e regionali, dando “sufficienti garanzie” di competenze e di dotazione di risorse strumentali21; - la Regione acquisisce, attraverso un bando, i progetti che i soggetti formativi si candidano a realizzare; - i progetti, valutati e validati dalla Regione, entrano a far parte del catalogo elettronico delle proposte formative in apprendistato. La caratteristica peculiare del catalogo è di essere sempre aperto, ossia in continuo aggiornamento sulla base di nuove qualifiche derivanti dalle richieste del tessuto produttivo regionale e di conseguenti nuovi percorsi promossi dagli enti. E’ da specificare, infatti, che l’ente accreditato ha il solo obbligo di indicare alla Regione quale qualifica si candida a realizzare, in quanto esiste un sistema regionale delle qualifiche (SRQ) che contiene già in sé i percorsi formativi da

21 Per un approfondimento sui criteri di scelta regionali dell’accreditamento degli enti formativi, si rinvia alla delibera n.177 10/02/2003 all.2.

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effettuare. Indicando la qualifica, l’ente farà riferimento pertanto al percorso formativo previsto. Aziende e apprendisti, così, scelgono e acquistano le unità formative22 a catalogo che ritengono di interesse. La formazione si realizza sulla base dei percorsi definiti in fase di progettazione e può effettuarsi in diversi contesti (ente e azienda). L’attività formativa viene presidiata dagli enti che ne gestiscono gli aspetti organizzativi e amministrativi, sia per quanto riguarda la formazione che si eroga presso le loro strutture che per quella che si realizza presso l’azienda. Una volta autorizzato il percorso formativo in accordo con impresa e apprendista, l’Emilia Romagna cofinanzia l’attività formativa (finanziamento della domanda). Infatti, la Regione contribuisce finanziariamente alla realizzazione delle attività riconoscendo un voucher o assegno a ciascun apprendista coprendo, così, il 50% del costo della formazione e le imprese cofinanziano in pari misura. In questo modo, la Regione soddisfa la domanda di attività formative rivolte agli apprendisti. Inoltre, nell’ultima delibera n. 2044 del 14/12/2009 viene disciplinata la certificazione delle conoscenze e delle capacità acquisite attraverso le attività formative presenti nell’offerta regionale, secondo quello che viene chiamato “il Sistema Regionale di Formalizzazione e Certificazione delle competenze”. Tale sistema (ad oggi ancora in fase di definizione) vorrebbe rispondere all’esigenza di creare una formazione che sviluppi competenze tecnico-professionali spendibili all’interno del mercato del lavoro, in un contesto cioè che vada al di là di quello legato all’apprendistato. Il sistema regionale dell’Emilia Romagna sull’apprendistato, pertanto, ha delle specificità in parte già precedentemente citate e che nei prossimi paragrafi verranno descritte in modo più accurato: il sistema regionale delle qualifiche (SRQ), la struttura a catalogo dei corsi di formazione, il cofinanziamento, la formalizzazione e certificazione delle competenze. Inoltre, l’ultimo paragrafo descrive due peculiarità del sistema emiliano-romagnolo relative al sistema di controllo in essere e all’apprendistato di “seconda fase” disciplinato dalla delibera n. 2044 del 14/12/2009: la prima in quanto esempio di lavoro di monitoraggio sull’apprendistato basato su controlli elettronici e il secondo in quanto momento di passaggio da catalogo elettronico di percorsi ad uno nuovo di servizi.

22 Per unità formativa (UF) si intende sia un vero e proprio corso che l’apprendista in accordo con l’azienda sceglie autonomamente, sia una parte di un più ampio percorso che può portare all’acquisizione della qualifica di riferimento tra quelle del SRQ.

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Il sistema regionale delle qualifiche e il catalogo della formazione La legge regionale n.17/2005 di riferimento in materia di apprendistato afferma che il profilo formativo dell’apprendista coincide con la qualifica del Sistema Regionale delle Qualifiche (SRQ)23. Pertanto, si può comprendere quanto l’SRQ sia parte indispensabile e complementare per tutto il sistema emiliano sull’apprendistato. Il repertorio delle qualifiche comprende figure professionali caratterizzanti il sistema economico-produttivo ed è l’esito di un processo di verifica, condivisione e validazione con i soggetti sociali interessati. In riferimento all’apprendistato, le qualifiche “di accesso” sono quelle a cui può essere riferita la formazione sia degli apprendisti che devono assolvere l’obbligo formativo sia degli apprendisti che, pur avendo assolto l’obbligo formativo, non sono in possesso di alcuna qualifica. Complessivamente, tutte le qualifiche del repertorio possono essere assunte a riferimento per coloro che hanno conseguito un diploma-qualifica in precedenti percorsi di istruzione-formazione. In caso di mancata corrispondenza si attiva una apposita istruttoria tecnica e relativa validazione per la regolamentazione-introduzione di una nuova qualifica24. La qualifica diventa un momento formativo da raggiungere durante l’apprendistato ed elemento coessenziale del contratto. L’impresa, pertanto, al momento dell’assunzione deve individuare la qualifica di riferimento del sistema regionale delle qualifiche che sarà quella che verrà inserita nel piano formativo individuale (PFI). Non vi è comunicazione del PFI alla Regione poiché nella scelta della qualifica vi sono già inseriti gli obiettivi formativi da raggiungere. Pertanto, per strutturare un progetto formativo, i soggetti precedentemente autorizzati o accreditati dalla Regione, devono fare riferimento alla qualifica del SRQ che si candidano a realizzare. La Regione dal 2006 ad oggi, attraverso un bando, acquisisce, valuta e valida i progetti presentati, andando, poi, a costituire il catalogo elettronico delle proposte formative in apprendistato25. Il catalogo dell’offerta formativa viene così costruito:

la Regione acquisisce attraverso bando le candidature da parte dei soggetti (accreditati o autorizzati) a realizzare i progetti formativi;

le candidature vengono acquisite, valutate e approvate sulla base di criteri relativi al soggetto formativo e soggetto proponente,

23 D.G.R. 936/04 e successive integrazioni ed intervista Aur, Bologna 23/12/2010. 24 Dgr n. 2183/2005. 25 Delibera n. 2044 del 14/12/2009.

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attraverso un processo che prevede una fase di istruttoria tecnica e una di validazione in cui vengono coinvolte le Province;

i progetti approvati vanno a costituire il catalogo regionale dell’offerta formativa;

i soggetti che vedono approvati i progetti formativi presentati, promuovono la formazione presso le imprese, raccolgono le iscrizioni e si impegnano ad attivare la formazione entro un tempo dato dalla raccolta delle iscrizioni.

L’offerta formativa presente nel catalogo si struttura per percorsi formativi (riferiti alla qualifica relativa al SRQ) articolati in Unità Formative (riferite ad unità di competenze). E’ da specificare che le UF costituiscono:

da un lato, delle unità autonome e complete (dei veri e propri corsi) a cui l’apprendista può accedere selezionando, assieme all’impresa, quelle di interesse;

dall’altro, sono parte di un percorso che, se portato a termine interamente, consentono l’acquisizione delle competenze riferite alla qualifica scelta tra quelle del SRQ.

Le UF possono avere durate diverse in funzione degli obiettivi formativi che assumono e dei contenuti che sviluppano, entro una fascia che va dalle 16 alle 40 ore. All’interno delle UF vengono affrontati contenuti di base, trasversali e professionali finalizzati allo sviluppo delle competenze. Un percorso formativo completo, invece, nella sua articolazione in UF, prevede una durata complessiva di 240 ore, distribuite su due anni. Sono state, inoltre, previste nel catalogo UF dedicate alla lingua italiana per stranieri, alla lingua straniera e all’informatica. E’ da sottolineare che il catalogo regionale della formazione per gli apprendisti è articolato in proposte formative selezionabili anche singolarmente ed è caratterizzato dal fatto di rimanere sempre “aperto”. In questo modo risulta in grado di acquisire e soddisfare le richieste di formazione che le imprese possono manifestare. La presenza nel catalogo, inoltre, di percorsi formativi riferiti a più di una qualifica per area professionale può facilitare la scelta della formazione maggiormente appropriata alle esigenze dell’apprendista e dell’azienda e la costituzione di percorsi individuali articolati26. 26 Delibera n. 2044 del 14/12/2009 e Delibera n. 236 27/02/2006.

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Il cofinanziamento Tra gli strumenti utilizzati dalla Regione Emilia Romagna per raggiungere direttamente le esigenze delle imprese che investono in apprendistato e per coinvolgerle, vi è il cofinanziamento alla formazione formale. Le imprese, infatti, una volta consultato il catalogo elettronico dell’offerta formativa, scelgono, assieme agli apprendisti, e acquistano le UF che ritengono di interesse. A seguito dei primi incontri con le imprese/apprendisti, gli enti producono, così, una progettazione di dettaglio dei percorsi formativi in cui il progetto presente nel catalogo viene adattato e contestualizzato ai diversi bisogni. La formazione si realizza sulla base dei percorsi definiti in fase di progettazione e può realizzarsi in diversi contesti (ente e azienda). L’attività formativa viene presidiata dagli enti che ne gestiscono gli aspetti organizzativi e amministrativi, sia per quanto riguarda la formazione che si eroga presso le loro strutture che per quella che si realizza presso l’azienda. Il percorso formativo definito deve essere avviato dal soggetto gestore che ne ha ricevuta autorizzazione secondo quanto previsto dalla D.G.R. n. 2264 del 22/12/2008 di norma entro tre mesi dalla data di conferimento di incarico. Una volta ottenuta l’autorizzazione, si innesca il sistema del cofinanziamento per la formazione esterna. Il contributo regionale alla realizzazione della formazione esterna per gli apprendisti si esprime, infatti, in assegno formativo o voucher che viene riconosciuto direttamente all’apprendista. Il voucher costituisce lo strumento attraverso cui la Regione partecipa al finanziamento della formazione esterna rivolta agli apprendisti. Il contributo viene quantificato sulla base delle ore di formazione esterna previste per l’apprendista ed è indipendente dal riferimento del contratto dell’apprendista stesso. Il riconoscimento del voucher all’apprendista, inoltre, comporta appunto la compartecipazione finanziaria dell’impresa che, quando si avvale della formazione esterna, contribuisce finanziariamente alla sua realizzazione per un importo non inferiore al 50% della quota annuale di partecipazione individuale. In questo modo l’impresa cofinanzia e compartecipa al processo di formazione del proprio apprendista. Per i conferimenti di incarico formalizzati dal 1 gennaio 2009, il valore dell’assegno formativo, indipendentemente dall’annualità di riferimento, risulta così definito: - massimo 500,00 Euro per percorsi compresi tra 89 e 120 ore; - massimo 350,00 Euro per percorsi compresi tra 65 e 88 ore; - massimo 250,00 Euro per percorsi compresi tra 40 e 64 ore;

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salvo maggiorazione dell'importo come misura eccezionale a fronte del periodo di crisi. Per i conferimenti di incarico formalizzati dal 1 gennaio 2009 l’assegno formativo sarà erogabile dalla Regione al raggiungimento dell’80% della frequenza dell’apprendista e dopo il pagamento da parte dell’impresa della quota di propria competenza27. La formalizzazione e certificazione delle competenze Tema importante e di recente realizzazione è la formalizzazione e certificazione delle competenze promossa dalla Regione Emilia Romagna. Infatti, il nuovo modello di sviluppo della formazione dell'apprendistato professionalizzante previsto dalla delibera n. 2044 del 14/12/2009, si pone quale obiettivo la formalizzazione e/o la certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista. Il sistema della certificazione delle competenze si basa sugli standard professionali definiti dal Sistema Regionale delle Qualifiche. La partecipazione al processo di formalizzazione e certificazione delle competenze, che rimane comunque una scelta volontaria, può consentire all’apprendista l’acquisizione dei seguenti documenti:

Scheda capacità e conoscenze, documento in cui si formalizzano le conoscenze e capacità della persona;

Certificato di competenze, documento in cui si certificano, dietro superamento di esame, capacità e conoscenze corrispondenti ad una o più UC;

Certificato di Qualifica Professionale, documento in cui si certificano, sempre dietro superamento di esame, capacità e conoscenze corrispondenti ad una qualifica.

Il conseguimento dei certificati corrispondenti alle diverse unità di competenza di una qualifica può portare all’acquisizione di una qualifica del SRQ. Gli apprendisti che hanno acquisito le loro competenze attraverso un’attività formativa, esterna o interna all’azienda, non riferita all’offerta formativa proposta dai soggetti formativi accreditati o autorizzati, possono richiedere di avere formalizzate e/o certificate le competenze. La partecipazione ad attività formative, invece, non rientranti nell’offerta realizzata da soggetti accreditati o autorizzati può comunque essere documentata dalle imprese o dalle strutture che hanno erogato l’intervento

27 Dgr n. 2183/2005, Determinazione n. 016504 del 23/12/2008 e interviste AUR, Bologna 23/02/2010.

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formativo attraverso il rilascio di un documento attestante la frequenza dell’apprendista all’attività formativa svolta. Il processo, percorribile dalle persone in modo differenziato ed in momenti diversi della vita, è articolato nelle seguenti fasi:

acquisizione della richiesta di formalizzazione e certificazione; accertamento tramite evidenze; accertamento tramite esame; adempimenti amministrativi per il rilascio dei documenti di

formalizzazione e certificazione. A queste fasi si accompagna la “consulenza individuale”, che costituisce una opportunità fruibile, a specifiche condizioni, dalle persone interessate al processo di formalizzazione e certificazione. Secondo quanto previsto dalla delibera 1434/2005, l’organizzazione responsabile dell’erogazione del processo è costituita dai soggetti accreditati del sistema formativo. Agli enti formativi accreditati del sistema potranno aggiungersi anche altre organizzazioni che dovranno però essere preventivamente autorizzate dalla Regione. Requisito indispensabile, inoltre, ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione è la presenza del “Responsabile della formalizzazione e certificazione”28. La Regione, pertanto, cerca così di creare un ponte tra la formazione in apprendistato e la sua spendibilità nel mondo del lavoro, venendo incontro alle esigenze non solo delle imprese che vedono valorizzato il loro investimento in formazione, ma anche degli apprendisti. Percorsi innovativi in corso La Regione Emilia Romagna, nella sua attività di gestione della formazione in apprendistato, ha apportato uno snellimento delle procedure di controllo di conformità. Attualmente, con il catalogo elettronico della formazione ed il sistema informativo su comunicazioni obbligatorie che l’ente deve effettuare, le procedure di controllo per l’ispettorato del lavoro si sono velocizzate. Infatti, l’ispettorato si avvale spesso della vigilanza a computer, in quanto nel sistema elettronico può ritrovare le ore, le presenze e tutto il processo di formazione dell’apprendista registrato direttamente dall’ente.29 Inoltre, la Regione con la nuova Delibera n. 2044 del 14/12/2009, vuole andare oltre quello finora realizzato in materia di apprendistato. Infatti, nella

28 Dgr n. 2183/2005 e Delibera n. 530/2006, “Il sistema regionale di formalizzazione e certificazione delle

competenze”. 29 Determinazione n. 016504 del 23/12/2008 e interviste AUR, Bologna 23/02/2010.

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delibera vengono definiti gli elementi per lo sviluppo del sistema e la costruzione di un apprendistato di seconda fase. In particolare, la Regione promuove lo sviluppo di un nuovo catalogo dell’offerta formativa, la cui strutturazione in percorsi lascia spazio a quella in servizi. La Regione promuove, così, verso gli apprendisti, una formazione realizzata sulla base di un criterio progettuale corrispondente a quello di servizio. L’adozione di questo criterio, nell’ambito della formazione degli apprendisti, comporta:

lo sviluppo della componente di servizio dell’attività formativa; attraverso l’elaborazione e la realizzazione di progetti formativi personalizzati gli interventi regionali si qualificano come veri e propri servizi formativi;

l’ampliamento dell’offerta regionale attraverso: - servizi di supporto alla formazione, che facilitano l’accesso

all’azione formativa e ne qualificano la fruizione; - servizi di certificazione, che attestano le conoscenze e le

capacità acquisite. L’offerta regionale viene pertanto a manifestarsi attraverso un catalogo di servizi, composto di servizi formativi, servizi di supporto e servizi di certificazione30. Di seguito viene presentato uno schema (Scheda 1) in cui vengono sintetizzati gli step procedurali e gestionali della formazione in apprendistato all’interno della Regione Emilia Romagna.

30 Delibera n. 2044 del 14/12/2009 e interviste AUR, Bologna 23/02/2010.

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Scheda 1 - Sintesi sistema di apprendistato nella Regione Emilia Romagna

Emilia Romagna

Step 1 Soggetto di riferimento

Strumenti

Individuazione dei soggetti attuatori Regione

Accreditamento degli enti interessati che hanno i requisiti Delibera n. 236 27/02/2006

Requisiti enti per accreditamento Enti accreditati

I requisiti richiesti per l’accreditamento: -requisiti generali di ammissibilità che l’organismo deve possedere indipendentemente dall’ambito generale (ed eventualmente speciale) di cui richiede l’accreditamento - requisiti da possedere per l’accredita-mento in ciascun ambito generale -requisiti aggiuntivi richiesti per l’accreditamento negli ambiti speciali Delibera n. 177 10/02/2003 all.2

Bandi per la raccolta dell'offerta formativa Regione

Bando con cui acquisiscono i progetti che i soggetti formativi accreditati o autorizzati si candidano a realizzare Delibera n. 2044 del 14/12/2009

Progetti quadro Enti accreditati

I progetti entrano a fare parte del catalogo elettronico delle proposte formative in apprendistato, secondo percorsi formativi, articolati in UF con contenuti di base, trasversali e professionali Delibera n. 236 27/02/2006

Step 2 Soggetto di riferimento

Strumenti

Iscrizione apprendista Apprendista /impresa

Scelta e acquisto diretto delle UF di interesse per l'impresa/apprendista. Il catalogo è sempre aperto. Delibera n. 2044 del 14/12/2009

Qualifica apprendista Regione Sistema regionale delle qualifiche (SRQ) Delibera n. 936/04 e successive modifiche

Autorizzazione all'avvio dell'offerta formativa Enti accreditati

Conferimento formale di incarico da parte dell'azienda all'ente. L'ente attiva il servizio formativo e procede alla predisposizione del progetto formativo personalizzato D.G.R. n. 2264 22/12/2008

Off

erta

for

mat

iva

Realizzazione offerta formativa Enti accreditati

Il percorso formativo definito deve essere avviato dal soggetto gestore (ente autorizzato) di norma entro tre mesi Determinazione n. 016504 del 23/12/2008

------- segue

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L’apprendistato nelle Marche e nella Provincia di Pesaro e Urbino31 Il sistema marchigiano sull’apprendistato ed in particolare quello gestionale della Provincia di Pesaro e Urbino, si caratterizza per l’ideazione di misure di accompagnamento per le imprese che scelgono tale tipologia contrattuale al fine di assecondare e valutare in modo opportuno le esigenze dei datori di lavoro e degli apprendisti. La Regione Marche, in base all’art. 49 comma 5 del decreto legislativo n. 276 del 10/09/2003, che demanda alle Regioni il compito di regolamentare i profili

31 Si ringraziano la dott.ssa Augusta Compagnucci e l’ing. Aldo Tiberi per la disponibilità e per le informazioni fornite.

Step 3 Soggetto di riferimento

Strumenti

Destinatari finanziamento Apprendista Finanziamento tramite voucher Dgr n. 2183/2005

Fin

anzi

a-m

ento

Finanziamento Regione/impresa50% finanziamento pubblico attraverso voucher, 50% privato Dgr n. 2183/2005

Step 4 Soggetto di riferimento

Strumenti

Cer

tifi

cazi

one

Certificazione percorso formativo Regione

La delibera n. 2044 del 14/12/2009 si pone quale obiettivo la formalizzazione e/o la certificazione delle competenze acquisite dall’apprendista. Il sistema della certificazione delle competenze si basa sugli standard professionali definiti dal Sistema Regionale delle Qualifiche. La partecipazione al processo di formalizzazione e certificazione delle competenze si basa su scelta volontaria dell'apprendista. Delibera n. 2044 del 14/12/2009

Step 5 Soggetto di riferimento

Strumenti

Con

trol

lo

Controllo sulla formazione in apprendistato

Regione tramite ispettorato

Controlli di conformità su un campione non inferiore al 5% degli apprendisti. Tramite catalogo elettronico della formazione ed il sistema informativo su comunicazioni obbligatorie, le procedure di controllo per l'ispettorato del lavoro risultano più snelle. Determinazione n. 016504 del 23/12/2008 Interviste AUR, Bologna 23/02/2010

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formativi dell’apprendistato professionalizzante, ha promulgato la legge regionale n. 2 del 2005 che diviene la normativa di riferimento. In essa, all’art. 7 comma 4 viene demandato alle Province “la gestione ed il controllo delle attività formative relative al contratto di apprendistato”. Inoltre, all’art. 17, sentite le Province e le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, disciplina i profili formativi dell’apprendistato professionalizzante. Sono state, così, approvate alcune delibere di Giunta regionale di applicazione per l’istituto dell’apprendistato, tra cui:

- Delibera n. 62 CE/FOPL del 17/01/2001 all. A, in cui vengano elencati i requisiti sull’accreditamento e l’entrata in vigore del DAFORM, il dispositivo di accreditamento delle strutture formative della Regione;

- Delibera n. 976 01/08/2005, che disciplina l’applicazione del contratto di apprendistato professionalizzante;

- Delibera n. 974 del 2008, che integra il regolamento di accreditamento di cui la delibera n. 62 del 2001.

A livello provinciale, invece, la Provincia di Pesaro e Urbino ha emanato l’attuale bando del 2008 sull’apprendistato che determina le modalità per la presentazione e per la gestione dei progetti formativi per gli apprendisti. Il sistema sull’apprendistato della Regione Marche è, dunque, un sistema che varia a seconda della gestione provinciale. Pertanto, in base alla scelta metodologica della ricerca che, per le motivazioni illustrate in premessa, sono ricadute sulla Provincia di Pesaro e Urbino, viene di seguito illustrato l’iter procedurale della Regione e quello gestionale provinciale in materia di apprendistato. In primo luogo, la Regione effettua l’accreditamento per gli enti che ne abbiano fatto preventivamente domanda e che possiedo i requisiti richiesti 32. L’accreditamento è un atto con cui la Regione riconosce ad un soggetto la possibilità di proporre e realizzare azioni di formazione professionale finanziate con risorse pubbliche. Le sedi operative, che a seguito di esame della richiesta di accreditamento risultano essere in possesso dei requisiti richiesti, sono accreditate con decreto del dirigente del servizio istruzione, formazione e lavoro e vengono iscritte in un apposito “elenco regionale” che viene aggiornato ogni quattro mesi. Inoltre, la delibera 974/2008 ha introdotto un sistema a punti secondo il quale ai soggetti accreditati è assegnato un “monte crediti” che viene decurtato in

32 Per un approfondimento sui requisiti dell’accreditamento, si rinvia alla Delibera n. 62 CE/FPL del 17/01/2001 all. A.

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caso di irregolarità nell’attuazione delle attività realizzate con risorse pubbliche, stabilendo così che il soggetto accreditato permane nel sistema di accreditamento se assolve tutti i requisiti di qualità fissati dal regolamento e se non esaurisce il monte crediti33. Gli enti accreditati, così, possono presentare i progetti formativi da realizzare. Ciò avviene in Provincia di Pesaro e Urbino in risposta ad un apposito bando. Il soggetto accreditato dovrà, quindi, presentare un progetto quadro articolato secondo diverse azioni formative e secondo profili formativi. Il progetto quadro prevede un insieme articolato di azioni formative in modo tale che sia garantita la flessibilità nella definizione dei percorsi formativi. Questi sono modulari e articolati in contenuti di base, a carattere trasversale e a carattere professionalizzante, predisposti per gruppi di profili omogenei. Per profili formativi, invece, si intendono gli obiettivi formativi e gli standard di competenza da conseguire nell’ambito del contratto di apprendistato, sia attraverso la formazione formale che attraverso quella non formale impartita sul luogo di lavoro. I profili formativi vengono definiti dalla Regione previo accordo con le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro. L’approvazione dei profili formativi da parte della Regione consente l’utilizzo del contratto di apprendistato professionalizzante nel settore interessato. Ad ogni contratto d’assunzione in apprendistato, inoltre, dovrà essere allegato il piano formativo individuale (PFI) che descrive il percorso formativo che realizzerà l’apprendista durante tutta la durata del contratto34 coerentemente con il profilo professionale indicato sul contratto di apprendistato. Pertanto, il soggetto che presenta un progetto quadro fa riferimento direttamente ai percorsi a qualifica standardizzati dalla Provincia35. Per i profili professionali indicati come “profili formativi obbligatori”, l’amministrazione provinciale richiede obbligatoriamente la declinazione delle Unità di Competenza (UC) e delle Unità formative Capitalizzabili (UFC). Per i profili non in elenco si lascia la facoltà all’ente formativo di progettare per UC e UFC o per UF.

33 Delibera n. 976 01/08/2005, Delibera n. 974 16/7/2008, Delibera n.987 15/6/2009. 34 E’ da sottolineare l’iter che ha portato la provincia di Pesaro a standardizzare i percorsi a qualifica. Inizialmente si è effettuata un’analisi dei settori in cui venivano impiegati più apprendisti. Successivamente, veniva richiesto agli enti che presentavano progetti quadro in risposta al bando provinciale, di definire dei percorsi a qualifica per i settori maggiormente rappresentativi nell’utilizzo del contratto di apprendistato. L’anno successivo, la Provincia ha standardizzato i percorsi presentati l’anno precedente, facendoli diventare di riferimento per quei settori. La stessa procedura è stata seguita per i settori ancora non standardizzati in termini di percorsi (intervista AUR, Pesaro 16/03/2010). 35 Delibera n. 976 01/08/2005.

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La gestione per UFC offre a chi è già in possesso di conoscenze/competenze utilizzabili nel settore, comunque valutabili e certificabili, di frequentare solo quelle UFC o UF che rappresentano un ulteriore momento formativo. Per facilitare la scelta del percorso formativo da parte di imprese e apprendisti si dovranno progettare due cataloghi dell'offerta formativa, uno relativo alle competenze tecnico-professionali contenente almeno le UFC della I e II annualità e l’altro relativo alle competenze trasversali della II annualità declinato per UF. Le UF con competenze trasversali relative alla I annualità sono comuni a tutte le agenzie formative, indipendentemente dal settore di riferimento e dal profilo professionale individuato nel contratto36. L’azienda, facendo riferimento ai due cataloghi dell’offerta formativa strutturati dalla Provincia, sceglierà in accordo con l’ente formativo di riferimento, il percorso formativo a cui iscrivere l’apprendista andando a costituire un percorso formativo tipo per la durata complessiva di 240 ore, così strutturato:

area trasversale (I annualità), comune a tutti i settori, in termini di obiettivi da raggiungere secondo conoscenze e/o competenze, contenuti e carico di lavoro espresso in ore (tot. 40 ore);

area tecnico-professionalizzante (I annualità), specifica del profilo di appartenenza, secondo gli obiettivi previsti dai profili professionali individuati dalla Regione Marche in intesa con le parti sociali (tot. 80 ore);

area trasversale (II annualità), specifica del settore di appartenenza (tot. 40 ore);

area tecnico-professionalizzante (II annualità), specifica del profilo di appartenenza, secondo gli obiettivi previsti dai profili professionali individuati dalla Regione Marche in intesa con le parti sociali (tot. 80 ore).

Successivamente l’impresa indica gli enti formativi presso cui si intende realizzare la formazione sulla base di indicazioni fornite dalla Provincia. Infatti, l'azienda invia le informazioni sui propri apprendisti alla Provincia che costruisce una banca dati. La gestione da parte della Provincia di una apposita banca dati consente di avere a disposizione dati di tipo quanti-qualitativo da cui è possibile rilevare il numero di apprendisti esistente in un determinato territorio, in un determinato settore formativo e con determinate caratteristiche.

36 Bando provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008.

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La Provincia estrapolerà, così, dalla banca dati un determinato numero di nominativi di apprendisti per consentire l'avvio di attività formative in uno specifico settore37. Per quanto riguarda la richiesta di finanziamento pubblico per l’espletamento della formazione durante l’apprendistato, l’ente accreditato procederà alla richiesta in base al seguente parametro:

massimo € 110,00 per ogni ora di formazione; massimo € 9,00 per ora allievo.

L’amministrazione provinciale all’atto dell’approvazione del finanziamento, approverà anche i valori obiettivo (numero degli allievi/e complessivi in formazione, numero di ore totali del progetto) proposti dal richiedente. Il valore obiettivo relativo al numero degli allievi/e si intende rispettato per il numero di destinatari che hanno frequentato almeno l’80% delle ore di formazione. Per ogni progetto quadro il massimo finanziabile è di € 184.800,00. Nel caso in cui tali valori obiettivo al termine dell’attività siano inferiori a quelli indicati dal progetto, l’amministrazione provinciale provvederà alla riparametrazione del finanziamento secondo il criterio sotto indicato:

se il numero delle ore effettuate sono inferiori a quelle del progetto, il costo sarà: costo formazione riparametrato = n. ore formazione effettivo per costo orario;

se il numero degli allievi che hanno frequentato almeno l’ 80% delle ore è inferiore al numero previsto dal progetto, penalizzazione pari all’1% del costo del progetto per ogni allievo in meno.

Il finanziamento è totalmente pubblico ed i fondi sono su base nazionale e comunitaria. Il sistema marchigiano sull’apprendistato e in particolar modo quello pesarese, presentano, inoltre, delle particolarità che meritano un approfondimento. Pertanto, nei prossimi paragrafi verranno descritti in modo più accurato: il patto formativo e la figura del mentor, il sistema di certificazione e il monitoraggio. Il patto formativo e la figura del mentor Il patto formativo e la figura del mentor sono due componenti del sistema di apprendistato pesarese degni di nota perché innovative nel gettare un ponte tra le esigenze delle imprese e la struttura formale del contratto. E’ da sottolineare, infatti, come quello che viene chiamato patto formativa sia un momento

37 Bando provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008.

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importante nella procedura di stesura del percorso formativo che andrà a percorrere l’apprendista. Il patto formativo è un accordo che viene stipulato tra ente di formazione, apprendista ed azienda. Questo strumento permette di costruire le basi per una proficua collaborazione al fine di realizzare un piano formativo integrato che vede messi in luce e chiariti i ruoli, gli impegni ed i diritti di ciascuna parte coinvolta. Permette anche di abbozzare un regolamento tra le parti mettendo a fuoco una serie di principi a cui sarà possibile fare riferimento durante lo svolgimento delle attività formative, garantendo trasparenza e univocità di intenti. L’ente formativo prende parte alla stipula del patto formativo attraverso la figura del mentor38. All’interno del contratto di apprendistato, il mentor è la figura che, incaricata dall’ente di formazione, va in azienda ad incontrare il datore di lavoro e l’apprendista. L’ente, in tal modo, fidelizza l’azienda andando direttamente ad incontrare datore di lavoro ed apprendista, al fine di proporre i percorsi a catalogo della Provincia. E’ un facilitatore, ma è anche la figura di riferimento per tutto l’intero rapporto di apprendistato. Non è dipendente provinciale ma si relaziona con l’amministrazione costantemente, rapportandosi al contempo con le imprese e gli allievi durante tutto il percorso formativo39. Per meglio comprendere l’importanza del patto formativo sopra descritto si può far riferimento ad un’indagine effettuata dalla Provincia di Pesaro e Urbino sul sistema apprendistato40. In questo studio che prende in considerazione il punto di vista degli apprendisti e delle imprese sulla gestione dell’apprendistato nella provincia di Pesaro e Urbino, si analizzano i corsi di formazione svolti sul territorio pesarese tra settembre 2006 e giugno 2008. Sono state poste delle domande ai

38 “Il mentor può essere definito come quella figura ricca di esperienza professionale che affianca i neoassunti per aiutarli durante il periodo di training all’interno di una struttura aziendale (mentoring). Si distingue dalla figura del coach tradizionale, perché, pur occupandosi della formazione e della crescita professionale di un nuovo dipendente, non è direttamente responsabile della sua attività lavorativa. È spesso una persona più anziana che trova i suoi punti di forza nell’esperienza acquisita negli anni e nel rapporto di fiducia che riesce ad instaurare con l’allievo. Nell’ambito della formazione a distanza, il mentor supervisiona il processo di erogazione del percorso didattico, analizza e controlla l’evoluzione dei bisogni formativi dell’utente, indicando le metodologie e le soluzioni adeguate”. Conciliare famiglia e lavoro: un aiuto dai fondi art. 9 della legge 53/2000 di Donatella Gobbi, Collana Focus ISFOL n. 2009/2 dicembre. 39 Bando provincia di Pesaro “modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008 40 Un modello innovativo per il sistema Apprendistato: un’indagine nella provincia di Pesaro e Urbino”, 2009, p. 15.

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tutor aziendali e agli apprendisti su tutto l’iter procedurale della formazione in apprendistato, dai colloqui preliminari per l’accertamento dei bisogni aziendali, alla qualità dei servizi erogati in ambito formativo. Per quello che concerne il patto formativo, “[…] analizzando le risposte dei tutor sulla consapevolezza creata da questo percorso in merito alla utilità della formazione in apprendistato, risulta quanto segue:

Il 43% dichiara che il percorso ha creato consapevolezza in buona parte o completamente;

Il 37,6% afferma che il percorso che si è concluso con il Patto formativo ha creato in minima parte consapevolezza;

Il rimanente 19,4% sostiene che non è stata creata alcuna consapevolezza. Da una analisi più approfondita risulta che i risultati migliori, in termini di accresciuta motivazione e consapevolezza, dipendono in questo caso dalla gestione dei colloqui preliminari e dall’accertamento dei bisogni aziendali. Di fatto, risultano più motivate le imprese che sono state maggiormente coinvolte nelle fasi preliminari, i cui bisogni e aspettative sono stati ascoltati e verificati.”41 Per quanto riguarda, invece, il punto di vista degli apprendisti sull’utilità del patto formativo, lo studio rileva che “La quasi totalità degli apprendisti dichiara che il patto formativo risultava chiaro nella definizione dei diritti e dei doveri (92%). La stipula del patto formativo è avvenuta nella maggioranza dei casi all’avvio del corso, nella giornata di accoglienza (alla presenza del docente o del coordinatore); il 26,1% dei giovani dichiara di averlo firmato assieme all’azienda e all’ente di formazione. Otto volte su dieci la scelta del percorso formativo è stata effettuata alla presenza di tutti i soggetti interessati al progetto (tutor, apprendista, coordinatore). In seguito a questa scelta, la percentuale di apprendisti che hanno chiesto di modificare il percorso formativo risulta piuttosto bassa: il 16% circa dei casi. L’esito della richiesta di modifica è stato positivo per il 42,4% dei giovani che hanno modificato soprattutto la formazione trasversale (33,3%), in minor misura risultano coloro che hanno modificato la formazione di settore (6,1%) e solo nel 3% di questi casi la modifica ha riguardato tutto il percorso formativo (rispetto al totale dei giovani si tratta dello 0,5%). Analizzando più a fondo questo risultato troviamo: chi ha chiesto di modificare il percorso formativo appartiene nella grande maggioranza dei casi a coloro le cui competenze iniziali sono state accertate a classi già fatte dal docente nel modulo di accoglienza, mentre sono molto inferiori le richieste di modifica da parte di chi è stato esaminato in fase di colloqui preliminari”42. 41 Ibidem. 42 Ibidem.

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Il sistema di certificazione Altro nodo di interesse del sistema pesarese sull’apprendistato è quello della certificazione del percorso formativo e del sistema dei crediti. Già nella delibera n. 976 01/08/2005, al fine di certificare l’esito della formazione dell’apprendista è previsto lo strumento del libretto formativo, dove viene registrato tutto il percorso formativo. In realtà ad oggi tale strumento non è stato ancora reso disponibile. Per riuscire, tuttavia, a veder riconosciuta l’attività formativa, la Provincia di Pesaro e Urbino ha portato avanti due azioni: il riconoscimento delle UF e la certificazione delle competenze (in fase di attuazione). Il riconoscimento delle UF all’interno del territorio provinciale di Pesaro, pertanto, cerca di ovviare il ricorrente problema che si presenta all’apprendista quando cambia datore di lavoro. Il soggetto si trova, infatti, il primo anno a lavorare in una azienda ed effettuare la formazione in un determinato ente accreditato. Gli anni successivi, invece, cambiando datore di lavoro, continua la formazione presso un ente diverso, senza vedersi però riconosciute le UF che già ha concluso. E’ prevista, invece, all’interno del bando 2008, la certificazione dell’intero percorso o di segmenti parziali di esso, finalizzata al riconoscimento delle competenze comunque acquisite. Il bando 2008 prevede l’iter per il riconoscimento dei crediti e della successiva certificazione di competenze. Il credito formativo, acquisibile in ingresso e/o in itinere, è finalizzato alla personalizzazione del percorso formativo, utile ai fini della frequenza e/o al riconoscimento di una o più Unità Formative Capitalizzabili in cui il percorso stesso è articolato. Il riconoscimento dei crediti formativi rientra nel più generale diritto individuale di accesso all’apprendimento lungo tutto il corso della vita, valorizzando gli apprendimenti acquisiti e rafforzandone il valore di scambio verso i sistemi della formazione professionale. Il procedimento di riconoscimento del credito si articola nelle seguenti fasi:

richiesta di riconoscimento da parte dell’individuo interessato; messa in trasparenza degli apprendimenti dell’individuo, ai fini del

riconoscimento dei crediti richiesti; valutazione degli apprendimenti, sulla base degli esiti della loro messa in

trasparenza; riconoscimento dei crediti; eventuale individualizzazione e personalizzazione del progetto formativo.

Al termine dell’annualità formativa, ai fini di adempimento dell’obbligo di legge, viene comunque rilasciato a tutti gli apprendisti un attestato di frequenza da parte di ciascun Ente gestore. Di seguito viene presentato uno schema (Scheda 2) in cui vengono sintetizzati gli step procedurali e gestionali della formazione in apprendistato all’interno della Regione Marche e della Provincia di Pesaro e Urbino.

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Scheda 2 - Sintesi del sistema della Provincia di Pesaro e Urbino Marche/Pesaro

Step 1 Soggetto di riferimento

Strumenti

Individuazione dei soggetti attuatori

Regione Richiesta accreditamento da parte dei soggetti che hanno i requisiti: elenco dei soggetti accreditati Delibera n. 976 01/08/2005

Requisiti per accreditamento

Enti accreditati

Criteri: - requisiti giuridici ed impegni formali assunti dal soggetto interessato all’affidamento in gestione di attività formative; -requisiti di risorsa, inerenti alla dotazione di mezzi destinati alla realizzazione delle attività formative; - requisiti di processo, inerenti alla dimostrazione da parte del soggetto della capacità di presidio con garanzia di qualità dei principali processi afferenti alla realizzazione attività formative; - requisiti di risultato, inerenti alla dimostrazione degli esiti delle azioni svolte e delle risorse impiegate. Delibera n. 62 CE/FPL del 17/01/2001 all. A

Bandi per la raccolta dell'offerta formativa

Provincia di Pesaro

Si acquisiscono i progetti quadro tramite bando Intervista AUR, Pesaro 16/03/2010

Progetti quadro Enti accreditati

Progetto quadro prevede azioni formative per garantire la flessibilità nei percorsi formativi. Questi saranno modulari e articolati in contenuti di base, a carattere trasversale e a carattere professionalizzante, predisposti per gruppi di profili omogenei. Si progetteranno due cataloghi dell'offerta formativa, uno relativo alle competenze tecnico-professionali contenente almeno le UFC della I e II annualità e l’altro relativo alle competenze trasversali della II annualità declinato per UF. Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008

Step 2 Soggetto di riferimento

Strumenti

Iscrizione apprendista Impresa

L' impresa, in base ai due cataloghi dell’offerta formativa provinciale, sceglierà con l’ente formativo di riferimento, il percorso formativo a cui iscrivere l’apprendista. L'impresa indica gli enti formativi presso cui si intendono realizzare le UFC sulla base di indicazioni fornite dalla Provincia. Infatti, l' impresa invia le informazioni sui propri apprendisti alla Provincia che costruisce una banca dati. Da questa si estrapola un congruo numero di nominativi di apprendisti per consentire l'avvio di attività formative in un determinato settore. Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008

Qualifica apprendista Regione Profili formativi regionali

Delibera n. 976 01/08/2005

Autorizzazione all'avvio dell'offerta formativa

Enti accreditati

Patto formativo: ente accreditato tramite mentor, apprendista e impresa attraverso il patto gettano le basi per una collaborazione al fine di realizzare un piano formativo integrato Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008

Off

erta

for

mat

iva

Realizzazione offerta formativa

Enti accreditati I soggetti attuatori possono dare avvio alle attività formative

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Step 3 Soggetto di riferimento

Strumenti

Destinatari finanziamento

Enti accreditati

Finanziamento attività corsuale (parametri: max 100,00 euro per ogni ora di formazione, max 9 ero per ora allievo) Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008

Fin

anzi

amen

to

Finanziamento Regione/ Province Il finanziamento è 100% pubblico.

Step 4 Soggetto di riferimento

Strumenti

Cer

tifi

cazi

one

Certificazione percorso formativo

Provincia di Pesaro

La certificazione dell’intero percorso o di segmenti parziali di essi è finalizzata al riconoscimento delle competenze comunque acquisite. Il bando 2008 prevede l’iter per il riconoscimento dei crediti e della successiva certificazione di competenze. Il credito formativo, acquisibile in ingresso e/o in itinere, finalizzato alla personalizzazione del percorso formativo, utile ai fini della frequenza e/o al riconoscimento di una o più Unità Formative Capitalizzabili in cui il percorso stesso è articolato . Il riconoscimento dei crediti è effettuato su tutto il territorio della Provincia di Pesaro Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008

Step 5 Soggetto di riferimento

Strumenti

Con

trol

lo

Controllo sulla formazione in apprendistato

Provincia di Pesaro

La Provincia di Pesaro effettua un controllo sulla formazione in apprendistato e sulla gestione delle attività tramite un monitoraggio periodico e la presenza di una figura particolare denominata mentor. Bando Provincia di Pesaro “Modalità per la presentazione e gestione di progetti formativi per apprendisti”, 2008 Intervista AUR, Pesaro 16/03/2010

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CONCLUSIONI L’apprendistato, fino al 2004, quando era ancora in competizione con il CFL, in Umbria si attesta intorno al 10% del totale assunzioni. Nel 2005 e nel 2006, nonostante sia rimasto l’unico contratto a causa mista, si mantiene intorno alla stessa percentuale, mentre tra il 2007 e il 2009 scende di oltre quattro punti percentuali sul totale assunzioni, passando dal 9,7% del 2006 al 7,3% del 2007 e poi ancora più giù nel 2008 e nel 2009, rispettivamente al 6,5% e al 5,1%. Il 2007 è proprio l’anno in cui il beneficio contributivo non diventa più così evidente, specialmente per le aziende al di sopra dei 10 dipendenti. Soltanto le grandi imprese, che però in Umbria sono poche, non hanno risentito del minor beneficio contributivo. D’altra parte hanno cominciato ad assumere apprendisti soltanto dopo la scomparsa del CFL. Inoltre, sono poco coinvolte nelle dinamiche gestionali della formazione professionale proposta dalle agenzie formative che hanno ottenuto finanziamenti dalle due Province di Terni e Perugia. Per queste imprese la formazione è una necessità da sempre legata alla specificità delle tecnologie possedute e dei processi adottati. Per le piccole imprese, viceversa, le problematiche gestionali della formazione professionale, per una percepita scarsa congruità nei contenuti e per un certo disallineamento dei tempi di realizzazione rispetto alle loro necessità, si vanno ad intrecciare con quelle di un beneficio contributivo sempre meno competitivo. Difficoltà gestionali e costi più alti spingono quindi le piccole e medie imprese, che fra l’altro operano in una situazione di mercato abbastanza critica e complessa, a ridurre l’investimento di lungo periodo sul personale attraverso un contratto come quello di apprendistato. Probabilmente è anche per questo motivo che accanto ai contratti di lavoro a tempo determinato, che da sempre costituiscono oltre il 50% delle assunzioni, a partire dal 2007 i contratti coordinati e continuativi assumono via via un peso maggiore rispetto all’apprendistato (+4% soltanto nel 2009). Parallelamente scende sotto al 20% il lavoro a tempo indeterminato.

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Nel prendere atto che l’apprendistato è un contratto debole, sia sul fronte della domanda che sul fronte dell’offerta, è utile immaginare su quali elementi è necessario agire per rendere tale tipo di contratto più competitivo per il lavoratore e meno oneroso per il datore di lavoro. Le Regioni, quindi anche l’Umbria, non possono intervenire direttamente sulla variabile contribuzione ma soltanto sollecitarne una revisione a livello nazionale. Possono però intervenire direttamente su quella parte della formazione professionale che programmano, finanziano e controllano. A questo proposito la Regione Umbria nel corso del 2009 ha già fatto alcune scelte importanti, promuovendo la medesima struttura dei bandi provinciali e quindi l’unificazione di due sistemi che fino a quel momento avevano operato in modo differente: Terni sulla base di un catalogo e Perugia sulla base di progetti quadro. I bandi sono stati pubblicati nel corso del 2010 e il primo risultato atteso è la costituzione di un catalogo regionale che raccolga tutti i progetti quadro ammessi. In ciò l’Umbria si riconosce nell’esperienza sviluppata dalla Provincia di Pesaro e Urbino che, come abbiamo potuto constatare, riesce ad utilizzare tutte le risorse economiche rese disponibili da fondi statali ed in parte anche comunitari. Qualora fosse necessario, potrebbe tornare utile anche l’esperienza sviluppata in Emilia Romagna, specialmente per le procedure che vedono un diretto coinvolgimento del datore di lavoro nella progettazione dei percorsi formativi e nella partecipazione alle spese. Sarebbe interessante a questo fine immaginare un’azione di marketing nei confronti delle medie e piccole imprese tesa a rilevare proprio la disponibilità a partecipare alla progettazione e gestione della formazione e gradualmente alla valutazione dei risultati raggiunti, in modo da creare un sistema circolare all’interno del quale le agenzie formative svolgano un reale ruolo di mediazione fra datore di lavoro e ente finanziatore (le due Province). Tutto questo è misurabile e valutabile positivamente se conduce a scelte che portino nuovamente a far crescere il contratto di apprendistato che tornerebbe ad essere, come in passato, un vero e proprio investimento sul lungo periodo, così come è nella sua natura a partire dagli anni 50 in cui è stato introdotto.

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QUADRO DI SINTESI Premessa Obiettivo generale della ricerca, che la Regione ha commissionato all’Aur, è quello di fornire elementi di riflessione ed indicazioni di policy utili per costruire un sistema che consenta di adempiere nel miglior modo all’obbligazione della formazione professionale in apprendistato. Infatti risulta importante, nella fase di prima applicazione del Piano 2009 per l’apprendistato, individuare le modalità che permettano di utilizzare al meglio le risorse economiche messe a disposizione dallo Stato ed, eventualmente, dal Fondo Sociale Europeo per soddisfare le esigenze formative delle aziende che utilizzano apprendisti. In questa logica, prima di procedere alla stesura della L.R. 18 del 30 maggio 2007 e del conseguente regolamento, la Regione, da un lato, ha valutato l’attività formativa realizzata; dall’altro lato, ha verificato con i gestori della formazione (le agenzie formative) e con gli utilizzatori (le aziende e i loro rappresentanti) quali correzioni apportare al sistema per garantire la massima utilizzazione delle risorse disponibili secondo le reali esigenze delle imprese. La valutazione si è conclusa con la decisione di procedere alla strutturazione di un catalogo che raccoglie gli enti/agenzie titolati, sulla base di precisi criteri, a svolgere attività formativa in apprendistato. Contemporaneamente la Regione ha fornito indicazioni alle due Province (Piano 2009), delegate per la programmazione esecutiva della formazione, sottolineando l’opportunità di procedere con progetti quadro capaci di raccogliere tutte le possibili esigenze da dettagliare, poi, attraverso appositi bandi che indichino percorsi formativi costruiti sulla base di UF/UC, unitarie e non. Con ciò la Regione ha avviato anche un sistema della formazione che tende a privilegiare le competenze e che contemporaneamente rinvia alla loro certificazione. I bandi delle Province sono stati elaborati nel mese di marzo 2010 e sono stati pubblicati in aprile. Relativamente alla fase attuativa, è stata

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già prevista un’attività di monitoraggio, necessariamente rinviata ad un secondo momento. Nessun monitoraggio tuttavia può essere ipotizzato se prima non si analizza quanto realizzato fino a quel momento, con quali risultati e con quali difficoltà. L’Aur fin dall’inizio si è posta il problema di capire se il contratto di apprendistato si presenta sul mercato del lavoro come contratto competitivo o meno; se in altri termini sul fronte dell’offerta, anche in considerazione delle nuove tipologie di contratto subentrate dopo il Dlsg. 276/2003, si sono create più alternative e più vantaggi per il datore di lavoro. Dalla verifica di questa ipotesi, derivano anche valutazioni sulla futura utilizzazione di questo contratto e su eventuali limiti o difficoltà nella gestione della formazione, la quale rimane a tutti gli effetti un’obbligazione per il datore di lavoro che beneficia di uno sconto contributivo. In questa ricerca, nel ricostruire l’evoluzione e la gestione del contratto di apprendistato, le variabili oggetto di analisi sono state sostanzialmente tre:

la dinamica degli altri contratti concorrenti (coordinato e continuativo, a termine, ecc.);

l’obbligazione della formazione; la contribuzione.

Ogni variabile, presa singolarmente e in interazione con le altre, nel tempo è intervenuta nel dimensionare il contratto di apprendistato. Partendo dall’anno 2000 come anno di riferimento, l’Aur ha verificato quanto accaduto fino al 31/12/2009 cercando, più che di pesare, di evidenziare la reale presenza delle variabili sopra indicate, per gli effetti da esse determinati. Al fine di fornire una visione dal lato dell’offerta, l’analisi effettuata dall’Aur fa riferimento al flusso delle assunzioni in Umbria i cui dati dal 2000 al 2009, ripartiti per tipologia di contratto, sono stati forniti dalla Regione. Si tratta di una precisa scelta metodologica effettuata per capire se questa tipologia di contratto, sia pure a fronte del crescente numero degli occupati in apprendistato negli anni, sia stata e sia ancora competitiva sul mercato del lavoro. Si è voluto, quindi, verificare se il contratto di apprendistato possa considerarsi oggi appetibile per il datore di lavoro e sufficientemente “forte” per il prestatore di lavoro rispetto ad altre tipologie contrattuali. Dall’esterno sono stati raccolti alcuni dati nazionali forniti dal Ministero del Lavoro. Nel volume inoltre è presente un contributo a cura di Isfol sull’evoluzione del contratto di apprendistato. Per avere un quadro di riferimento più ampio, l’Aur ha analizzato anche il sistema dell’Emilia Romagna e quello della Provincia di Pesaro e Urbino. In

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entrambi i sistemi sono stati riscontrati la volontà e gli strumenti per rispondere all’obbligazione della formazione professionale in modo non formale. Sia in Emilia che a Pesaro, infatti, viene esaltato il ruolo del datore di lavoro che diventa partecipe delle scelte e tutta l’attività viene accompagnata da una particolare cura nella definizione e gestione del sistema delle qualifiche e della certificazione delle competenze. L’ulteriore dato positivo che accompagna queste esperienze sta nella totale utilizzazione dei fondi messi a disposizione, sia nazionali che comunitari. Inoltre l’Aur ha ritenuto di ascoltare in primo luogo gli attori principali del sistema e quindi le associazioni datoriali, le imprese, i consulenti del lavoro e i rappresentanti tecnici della Regione e delle due Province, in quanto direttamente coinvolti nella gestione. Le opinioni espresse dagli interlocutori privilegiati sono servite per dare voce ai dati numerici che nei vari anni hanno offerto una misura circa l’utilizzazione del contratto di apprendistato. Sia pure in termini non definitivi, vista la situazione di crisi del mercato nel 2009, si palesa in modo evidente una chiara debolezza sul fronte dell’offerta del contratto di apprendistato. In questa fase non è risultato conveniente procedere ad intervistare i fruitori della formazione, cioè gli apprendisti. Il giudizio sulla qualità della formazione non è al momento utile ai fini degli obiettivi della ricerca. Prima era, infatti, necessario avere un quadro preciso ed esaustivo dell’offerta formativa proposta a seguito dell’innovazione normativa e della regolamentazione attuata dalla Regione. E’ evidente che un sistema di monitoraggio completo ha senso se è in grado di misurare gli esiti della formazione (es. rapporto tra formati ed assunti a tempo indeterminato), confrontandoli con le risorse messe a disposizione e con il grado di innovazione degli strumenti adottati (es. strutturazione della formazione in unità formative, certificazione dei crediti, certificazione delle competenze, ecc.), congruentemente con le reali necessità dell’azienda interessata. Il contratto di apprendistato fra vecchio e nuovo mercato del lavoro (prima e dopo il 2003) Partendo dalla situazione occupazionale in Umbria 2000-2009 (tabb. 1 e 2), si evidenzia dal 2003 una sostanziale crescita del tasso di occupazione che si mantiene sempre al di sopra della media italiana anche negli anni 2008-2009.

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Tab. 1 - Tasso di Occupazione in Italia e Umbria (%) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Umbria 58,3 59,4 58,8 59,2 61,4 61,6 63,9 64,6 65,4 63,0 Italia 53,5 54,6 55,4 56,0 57,4 57,5 58,4 62,5 58,7 57,5

Fonte: Istat

Tab. 2 - Tasso di Disoccupazione in Italia e Umbria (%) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 Umbria 6,5 5,3 5,7 5,2 5,7 6,1 5,1 4,6 4,8 6,7 Italia 10,6 9,5 9,0 8,7 8,0 7,7 6,8 6,1 6,7 7,8

Fonte: Istat Il volume delle assunzioni in Umbria (graf. 1) è costantemente in aumento fino al 2007, nonostante negli anni considerati l’economia si sia attestata su livelli di crescita poco al di sopra dello zero. Ciò significa che la quantità di lavoro disponibile è stata distribuita fra un numero più ampio di lavoratori per periodi più brevi e con compensi meno significativi. In altri termini, la stessa “torta” ha soddisfatto più esigenze, comprese quelle della fascia di età fino ai 29 anni. Dal 2007 le assunzioni fino a 29 anni diminuiscono parallelamente al totale delle assunzioni, mentre le assunzioni in apprendistato, che rientrano in questa fascia di età, scendono repentinamente. In particolare, in Umbria dal 2000 al 2009 si sono verificate complessivamente 95.616 assunzioni in apprendistato. Le assunzioni in valore assoluto crescono negli anni, fino al 2007 significativamente, cominciano a flettere nel 2008, per scendere nel 2009 come per tante altre tipologie di contratto a seguito della crisi economica. Quello che, però, emerge con decisione è lo scarso appeal del contratto di apprendistato sia da solo che rispetto ad altri, tanto da renderlo sempre meno competitivo anno dopo anno, a prescindere dallo stato generale dell’eco-nomia. Mentre nel 2000 l’apprendistato rappresentava il 10,4% del totale delle assunzioni, nel 2009 scende al 5,1%. Sul fronte dell’apprendistato infatti si sono registrate una serie di tensioni importanti dovute in parte alla immissione di nuove forme contrattuali (graf. 2), in parte alla modifica di regole sulla contribuzione specifica ed infine sul ruolo della formazione.

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Graf. 1 - Umbria: assunzioni apprendistato, assunzioni fino a 29 anni ed assunzioni totali (v.a.)

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2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

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Ass

unz.

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Totale assunzioni Assunzioni f ino a 29 anni Assunz. Apprendistato

Fonte: elaborazione Aur dati Regione Umbria - OML di fonte CPI. Lo sperato rilancio dell’apprendistato come unico contratto a causa mista a partire dal 2004, dopo la soppressione del CFL, risulta negato proprio per la forte incidenza dei fattori sopra richiamati. Graf. 2 - Umbria: variazioni di alcune tipologie contrattuali (2000=100) 2000-2009

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2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009

TOTALE ASSUNZIONI APPRENDISTATOCONTRATTO DI INSERIMENTO - CFL LAVORO A TEMPO DETERMINATOLAVORO A TEMPO INDETERMINATO

Fonte: elaborazione Aur dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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E’ il caso di sottolineare che l’apprendistato presenta un chiaro elemento di debolezza rispetto ad altri contratti, se ad esempio ci si sofferma (facendo riferimento in questo caso al dato disponibile di tipo nazionale) sulla questione delle cessazioni, dove emerge in modo assolutamente prevalente la motivazione dimissioni a prescindere dal genere (graf. 3). Graf. 3 - Cessazioni per motivo di risoluzione contrattuale e genere

Fonte: “Dossier Comunicazioni obbligatorie”, 2009. Sebbene non sia possibile stabilire con esattezza quali siano e quanto incidano le varie cause che portano alle dimissioni dell’apprendista, è tuttavia probabile che queste siano connesse, per quanto riguarda il datore di lavoro, all’impossibilità di investire sulle assunzioni di lungo periodo (“flessibilità forzosa”), per quanto riguarda il lavoratore alla difficoltà ad entrare in dinamiche lavorative in cui la fase di apprendimento, che un tempo era preponderante, risulta puramente nominale, perché spesso assimilata a quella dell’ ex CFL. Risultanze delle interviste Rispetto alle variabili (formazione, contribuzione, investimento di lungo periodo) precedentemente segnalate, è stata chiesta una valutazione ad alcuni interlocutori privilegiati:

- Aziende medio grandi operanti nella realtà regionale, selezionate avvalendosi anche delle informazioni delle Province in merito all’utilizzo dell’istituto contrattuale e alla disponibilità di collaborazione;

- Ordine dei consulenti del lavoro che supportano molte delle aziende medio piccole e non solo della realtà umbra;

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- Associazioni datoriali locali nelle persone dei loro direttori ed esperti sull’apprendistato, sia in qualità di rappresentanti degli interessi degli iscritti del loro settore, sia in qualità di gestori della formazione.

I vari interlocutori hanno risposto in modo differenziato secondo la dimensione aziendale, dove l’orientamento è più sulle problematiche amministrative-gestionali per le aziende grandi e sulle problematiche formative per le aziende medio piccole, nonostante la significatività del beneficio contributivo. Le risultanze delle interviste, esclusivamente sul piano qualitativo, sono sintetizzate in quattro figure in cui vengono considerate le risposte fornite, con riferimento a grandi e piccole-medie aziende, direttamente dagli imprenditori o da coloro che, in quanto rappresentanti delle Associazioni e degli Ordini dei consulenti del lavoro, conoscono le esigenze delle aziende stesse e quindi sono in grado di farsene portavoce. Nella figura 1 vengono messi in correlazione il beneficio contributivo e l’onere della formazione. Per il primo, vengono individuate tre gradazioni nella percezione: beneficio alto, medio e basso. Per il secondo, vengono individuate due possibili opzioni: la formazione come deterrente oppure come opportunità. Le grandi imprese, a fronte di un beneficio contributivo alto, considerano la formazione prevalentemente un’opportunità e non un costo ulteriore, nel solco della tradizione che vede tali strutture da sempre impegnate in attività formative continuative e fortemente standardizzate sulle loro specifiche necessità. Viceversa, per le piccole e medie imprese, sempre a fronte di un beneficio contributivo percepito come alto, la formazione rappresenta più un deterrente che un beneficio e quindi viene percepita come un ulteriore costo da sostenere. A completamento delle risultanze fornite dalla figura 1, nella successiva figura 2, proprio a verifica del giudizio sull’esito della formazione, positivo o negativo, sono state messe in correlazione le modalità dell’erogazione della formazione (interna, mista e esterna) ed il suo grado di utilità (positivo o negativo), così come viene percepita dalle agenzie formative. Le grandi imprese e le piccole e medie si dispongono in modo diametralmente opposto. Infatti, le prime prediligono la formazione interna da loro direttamente erogata, esprimendo un chiaro giudizio positivo; le seconde, probabilmente perché impossibilitate per ragioni organizzative e dimensionali a svolgere direttamente la formazione, si collocano prevalentemente nell’ambito di un giudizio negativo sulla formazione esterna affidata alle agenzie formative.

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Fig. 1 - Oneri e benefici del contratto di apprendistato: grandi e piccole aziende a confronto

alto

medio

basso

BENEFICIOCONTRIBUTIVO

GrandiImprese

Piccole e Medie Imprese

ONERE DELLA FORMAZIONE

opportunitàdeterrente

Fig. 2 - La formazione nel contratto di apprendistato: grandi e piccole imprese a confronto

EROGAZIONE FORMAZIONE

interna

mista

esterna

positivo negativoUTILITA’ FORMAZIONE

Piccole e Medie imprese

Grandi Imprese

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Rispetto, in particolare, alla variabile formazione, sono emerse cinque problematiche ricorrenti che riguardano efficacia, flessibilità, difficoltà organizzativa, gestione amministrativa ed erogazione dei finanziamenti e che sono state sintetizzate nelle figure 3 e 4, utilizzando un grafico a ragnatela. In ciascun apice del pentagono è stato indicato un problema prevalente e rispetto ad ognuno di esso è stata riportata l’intensità di giudizio. L’area che ne deriva fornisce una sintesi di aggregazione dei giudizi e delle percezioni rispettivamente delle grandi e delle piccole-medie imprese. Ancora una volta le grandi imprese si collocano in modo diametralmente opposto alle piccole-medie imprese. Le prime (fig. 3), infatti, manifestano una leggera attenzione unicamente per le questioni connesse con la gestione amministrativa della formazione che riconduce prevalentemente ad un ritardo dei finanziamenti. Con ciò si conferma e si spiega ulteriormente la valutazione positiva già espressa nei confronti dell’erogazione della formazione nella figura 2. Le seconde (fig. 4) manifestano in modo significativo una sofferenza dovuta a: difficoltà dell’organizzazione, inefficacia ed onere, mancanza di flessibilità della formazione. Anche in questo caso si conferma e si articola ulteriormente la valutazione espressa nella figura 2. Complessivamente si rileva un’area problematica più importante per le piccole-medie imprese, che per le grandi. Fig. 3 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione: orientamento delle grandi imprese

Grandi Imprese (> 50 dipendenti)

0

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RITARDO NEIFINANZIAMENTI

GESTIONEAMMINISTRATIVA DELLA

FORMAZIONE

MANCANZA FLESSIBILITA'INEFFICACIA E ONEREDELLA FORMAZIONE

DIFFICOLTA'ORGANIZZAZIONE DELLA

FORM.

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Fig. 4 - Peso di alcune principali problematiche inerenti la formazione: orientamento delle piccole medie imprese

Piccole-medie imprese (< 50 dipendenti)

0

50

100

RITARDO NEIFINANZIAMENTI

GESTIONEAMMINISTRATIVA DELLA

FORMAZIONE

MANCANZA FLESSIBILITA'INEFFICACIA E ONEREDELLA FORMAZIONE

DIFFICOLTA'ORGANIZZAZIONE DELLA

FORM.

Entrando nel merito delle risposte fornite, gli intervistati hanno evidenziato le problematiche e le difficoltà che incontrano con maggiore frequenza e che quindi necessiterebbero di soluzione. Rispetto al ritardo dei finanziamenti, i testimoni privilegiati ascoltati esprimono il disagio che provano per ottenere in tempo utile i finanziamenti pubblici al fine di effettuare la formazione finanziata da loro richiesta. Questo comporta slittamenti nell’erogazione della formazione o addirittura congelamento della stessa in attesa dell’arrivo dei fondi richiesti, con conseguente difficoltà nella gestione dei rapporti tra apprendisti e datori di lavoro. Rispetto alla difficoltà nella gestione amministrativa della formazione pubblica, le risposte degli intervistati si concentrano sugli aspetti burocratici dell’attivazione del contratto di apprendistato e sul passaggio dalla vecchia alla nuova normativa in materia. Rispetto alla problematica relativa alla mancanza di flessibilità della formazione pubblica relativamente alle esigenze dell’impresa e dell’apprendista, gli intervistati segnalano le notevoli difficoltà che devono superare per raggiungere una formazione di qualità in apprendistato. Rispetto all’onere della formazione, soprattutto le piccole imprese segnalano come la formazione stessa venga vissuta come un “peso” in termini di mancata produzione per il periodo in cui il lavoratore si allontana dal posto di lavoro. Ciò risulta più oneroso nel caso in cui il costo non venga compensato in termini di conoscenze acquisite dall’apprendista.

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Rispetto all’inefficacia della formazione, gli intervistati hanno segnalato casi in cui la formazione stessa viene vissuta come perdita di tempo e quindi inutile. Rispetto all’organizzazione della formazione pubblica, gli intervistati hanno evidenziato l’influenza che esercitano ai fini della riuscita del corso la modalità di gestione della classe e la scelta delle tematiche inerenti al profilo professionale da conseguire. Di seguito, si riportano (Scheda 1) le sei tematiche descritte, corredate da alcune frasi estrapolate dalle interviste effettuate, indicando attraverso la graduazione del colore l’intensità più alta o più bassa del modo in cui la problematica viene sentita. Si precisa che le voci inefficacia e onere della formazione sono state distinte in quanto le risposte fornite dagli intervistati si caratterizzano più chiaramente se indicate separatamente. Scheda 1 - Alcuni giudizi degli intervistati sulle problematiche individuate

Ritardo dei finanziamenti

“(Da) Ottobre del 2008 […] non abbiamo più assunto […] neanche con apprendistato. Quando arriveranno i soldi…”. “Terni sta aspettando che arrivino i fondi.” “Siamo in attesa che ci sblocchino questo finanziamento[…], visto che abbiamo […] apprendisti che devono fare il percorso formativo[…] per la parte trasversale […]”. “… la preoccupazione più grossa è quella di lasciare nel limbo le imprese che debbono scegliere un canale o l’altro[…] non possiamo continuare a dire […] aspettiamo che esca l’avviso pubblico […] prima o poi ci sarà la possibilità di fare corsi”.

Gestione amministrativa della formazione

“…le formalità burocratiche […] ci sono. Le approvazioni, l’iter tramite l’ente bilaterale, […] l’iscrizione obbligatoria per avere la validazione….il parere di conformità…tutte queste cose frenano ovviamente l’accesso all’apprendistato”. “E’ sicuramente più complesso avviare questo tipo di contratto rispetto ad altri”.

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“…secondo me con l'accreditamento si pensava di aver trovato la risposta alla scrematura di tanti enti di formazione […]. Mentre invece abbiamo visto che anzi ce ne sono ancora di più”. “Quelle imprese (che) optano per l’offerta pubblica […] aspettano: se sono chiamate bene, se no […] si salvano”. “Con tutte le normative che si sono succedute da quando si è detto semplifichiamo […] è stata una complicazione dietro l’altra”.

Mancanza di flessibilità dei percorsi

“Le modalità (di realizzazione della formazione) necessitano di semplificazione e di snellezza. Vogliamo essere più elastici possibili”. “…la grande esigenza di flessibilizzare fortemente i meccanismi di formazione esterna rispetto […] alle esigenze dell’[…] apprendista […] si collega a quella dell’impresa”. “Ci deve essere la flessibilità di rendere anche diverso il percorso […] ha senso un percorso così articolato per uno che mi serve 6 mesi?”. “Bisognerebbe puntare più su una formazione pratica”. “…lasciare direttamente all’apprendista e all’impresa la capacità di organizzarsi tra di loro […] per cogliere quelle specificità senza le quali la formazione avrebbe un contenuto […] più basso”. “… il contenuto della formazione […] deve essere un pochino più flessibile e non incollato…” . “… alle nostre aziende piace una formazione che sia assolutamente personalizzata…”.

Onere della formazione

“ Togliere per 120 ore l’apprendista [alle piccole imprese], significa togliergli il 100% della forza lavoro”.

“… 120 ore annue, sono tantissime. Perché è quasi una mensilità all’anno che […] perde il datore di lavoro perché deve fare al proprio apprendista la formazione esterna…”.

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“…l’obbligo formativo diventa un oggettivo appesantimento del costo per l’imprenditore[…].(Sono)120 ore retribuite (più) 120 ore di mancata produzione”.

“… le aziende, in particolare le piccole […], quando assumono un apprendista […] lo mettono subito a lavorare e mandarlo […] in formazione è un peso”. “…un laureato di 28 (anni) assunto come apprendista… se trova meglio se ne va. Dopo un anno che si è formato se ne va”.

“…l’obbligo della formazione formale esterna all’impresa per almeno 120 ore annue […] non ha funzionato, realisticamente in nessuna parte del territorio”.

Inefficacia della formazione

“… la formazione non è adeguata […] le aziende devono ricorrer(vi) obbligatoriamente però non gli serve a niente”. “(La formazione è una) perdita di tempo, non inerente nei programmi con quello che poi effettivamente […] serve da spendere all’interno dell’azienda […] è lo stesso […] apprendista, che ha esternato la sua insoddisfazione…” . “Non abbiamo un ritorno del tempo investito, lo dicono gli stessi ragazzi (in formazione). Perdono tempo”. “In specifico la formazione fa bene ai formatori. Assistiamo spesso a situazioni per le quali…i formandi sanno molto di più dei formatori”. “In un momento di crisi […] bisogna tornare a creare opportunità di lavoro e (fare la) formazione che serve”. “Se lo mando a fare un corso esterno, mi deve ritornare con un valore aggiunto”. “Posso dire anche che molti ragazzi che frequentano (le) formazioni esterne, le vivono come […] non […] costruttive”.

Difficoltà nell’organizzazione della formazione

“A tutto questo va aggiunto anche l’estremo disagio […] per recarsi materialmente alle sedi predisposte per la formazione”. “…è più facile formarlo ulteriormente in azienda che ha un macchinario super moderno (piuttosto che presso) un’agenzia formativa […]”. “Il limite più grosso della formazione è il concetto di classe (aula)”.

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“Minore è la scolarizzazione, minore è la propensione ad acquisire una formazione […] rivendibile nel modo del lavoro”. “E’ inutile fare uno sforzo di progettualità prima che conosco l’apprendista”. “Ridurre l'azione formativa frontale è un obiettivo che secondo me la Regione Umbria si deve porre”. “Grande flessibilità, unità formative, percorsi sempre più individuali: il PFI dovrebbe rispondere a questa esigenza”. La gestione della formazione in Provincia di Pesaro e Urbino e in Emilia Romagna: motivi di riflessione rispetto alla situazione umbra L’esperienza dell’Umbria antecedente al 2009 vede, rispetto in particolare all’attività formativa per l’espletamento del contratto di apprendistato, due modi diversi di operare delle Province di Terni e di Perugia. La prima da alcuni anni ha sviluppato un sistema basato su un catalogo di attività formative costantemente accessibili da parte di imprese interessate, la seconda viceversa ha operato sempre tramite bandi e progetti quadro. Recentemente, a seguito della Legge regionale n. 18 del maggio 2007 e del successivo regolamento, la Regione Umbria ha voluto unificare il sistema di gestione dell’offerta formativa provinciale valorizzando entrambi i sistemi provinciali precedentemente messi in atto. E’ intervenuta producendo un atto d’indirizzo che, accompagnato da alcune importanti attività sviluppate sul fronte dei profili professionali, sul riconoscimento dei crediti e del bilancio delle competenze, ha consentito alle due Province di adottare un sistema che prevede tre fasi:

1. Presentazione progetti quadro da parte degli Enti accreditati: approvazione e finanziamento Gli Enti accreditati presentano progetti quadro che costituiranno un catalogo di UF/UC con contenuti a carattere di base, trasversali e tecnico professionalizzanti relativi a tutti i profili formativi, riferiti ai settori di riferimento, individuati tra quelli regionali o in mancanza sulla base dei CCNL o dell’ISFOL. La Provincia, approvando il progetto, metterà a disposizione una quota di finanziamento. Tuttavia, l’erogazione dell’importo dovuto avverrà esclusivamente all’atto dell’avvio dell’attività formativa. I soggetti attuatori possono dare avvio a due diverse tipologie di attività: l’una riguardante percorsi unitari strutturati in UC tecnico professionalizzanti e UF di base trasversali per apprendisti con

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caratteristiche omogenee; l’altra riguardante singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base trasversali presenti nel progetto quadro, utilizzabili per l’acquisizione di competenze individuate nel PFI.

2. Avvio dell’attività I soggetti attuatori, iscritti al Catalogo dell’offerta formativa ed in base alle iscrizioni aziendali, potranno richiedere l’autorizzazione di avvio di attività. La valutazione della richiesta avverrà attraverso un controllo dell’esistenza dei requisiti formali e di quelli di merito. Una volta ottenuta l’autorizzazione, il soggetto dovrà avviare le attività entro la scadenza dell’anno di riferimento del Piano Regionale, altrimenti queste decadranno automaticamente.

3. Gestione dell’attività Le attività formative dovranno svolgersi presso le sedi del territorio provinciale, anche occasionali, al fine di agevolare la frequenza degli apprendisti. La configurazione delle attività potrà essere la seguente: • percorsi unitari previsti per determinati profili formativi di durata

stabilita dai CCNL, strutturati in UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali e rivolti ad apprendisti con caratteristiche omogenee che andranno a costituire gruppi-classe di 10-25 unità (parametro fisso di finanziamento ora/allievo); • singole UC tecnico professionalizzanti e UF di base e trasversali presenti

all’interno del progetto quadro, utili per l’acquisizione di competenze individuate nel PFI e rivolte a gruppi-classe di 10-25 unità (parametro fisso di finanziamento ora/allievo) o a gruppi-classe di 3-10 unità (finanziamento costo fisso complessivo per ora).

La scelta dell’Umbria si avvicina molto a quanto già attivato nelle Marche, in Provincia di Pesaro e Urbino, come si è potuto rilevare dalla intervista effettuata al Responsabile della formazione della medesima provincia. Per avere un quadro di riferimento più ampio, sono state poi acquisite informazioni sulle procedure in essere nella Regione Emilia Romagna. Il sistema emiliano-romagnolo sull’apprendistato si basa fondamentalmente sul coinvolgimento delle imprese e degli apprendisti nel processo decisionale e finanziario della formazione formale. La Regione accredita gli enti interessati alla realizzazione della formazione, riconoscendo l’idoneità dei soggetti in possesso dei requisiti. Una volta ottenuto un elenco di enti accreditati, acquisisce i progetti che, valutati e validati, entrano a far parte di un catalogo delle proposte formative. Il catalogo è caratterizzato da rimanere sempre aperto ed in continuo

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aggiornamento sulla base di nuove qualifiche derivanti dalle richieste del tessuto produttivo regionale. Aziende e apprendisti, così, scelgono e acquistano le unità formative a catalogo che ritengono di interesse. L’impresa al momento dell’assunzione deve individuare la qualifica di riferimento del Sistema Regionale delle Qualifiche (SRQ) che sarà quella che verrà inserita nel PFI. Non vi è comunicazione del PFI alla Regione poiché la scelta della qualifica comporta gli obiettivi formativi da raggiungere. Il catalogo viene costruito sulla base di percorsi formativi riferiti alle qualifiche contenute nel SRQ e articolati in Unità Formative (UF). La Regione contribuisce alla realizzazione delle attività riconoscendo un voucher o assegno a ciascun apprendista per un importo non inferiore al 50% del costo della formazione e le imprese cofinanziano per la parte residua. Inoltre, viene disciplinata la certificazione delle conoscenze e delle capacità acquisite attraverso le attività formative presenti nell’offerta regionale, secondo quello che viene chiamato il “Sistema Regionale di Formalizzazione e Certificazione delle competenze”. La partecipazione al processo di formalizzazione e certificazione delle competenze rimane comunque una scelta volontaria dell’apprendista e può consentire l’acquisizione della Scheda attestante le capacità e le conoscenze, del Certificato di competenze e del Certificato di qualifica professionale. Il sistema della Provincia di Pesaro e Urbino si caratterizza prevalentemente per le misure di accompagnamento nei confronti delle imprese al fine di rispondere in modo opportuno ed efficace alle esigenze dei datori di lavoro e degli apprendisti. La Regione effettua l’accreditamento degli enti che possiedono i requisiti richiesti. Gli enti accreditati possono così presentare i progetti formativi da realizzare. In Provincia di Pesaro e Urbino ciò avviene in risposta ad un apposito bando. Il soggetto accreditato dovrà, quindi, presentare un progetto quadro articolato secondo diverse azioni formative e secondo profili formativi. Il progetto quadro prevede un insieme articolato di azioni formative in modo tale che sia garantita la flessibilità nella definizione dei percorsi formativi. Questi sono modulari e articolati in contenuti di base, a carattere trasversale e a carattere professionalizzante, predisposti per gruppi di profili omogenei. Per profili formativi si intendono gli obiettivi formativi e gli standard di competenza da conseguire nell’ambito del contratto di apprendistato che vengono definiti preventivamente dalla Regione. Il soggetto, inoltre, che

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presenta un progetto quadro fa riferimento direttamente a dei percorsi di qualifica standardizzati dalla Provincia. Per facilitare la scelta del percorso formativo da parte di imprese e apprendisti vengono istituiti presso la Provincia due cataloghi dell'offerta formativa, uno relativo alle competenze tecnico-professionali, l’altro relativo alle competenze trasversali. L’azienda, facendo riferimento ai due cataloghi, sceglierà il percorso formativo a cui iscrivere l’apprendista e invierà le informazioni alla Provincia al fine dell’inserimento in una apposita banca dati. La Provincia estrapolerà, così, dalla banca dati un determinato numero di nominativi di apprendisti per consentire l'avvio di attività formative in uno specifico settore. Caratterizzanti del sistema pesarese sono il patto formativo e la figura del mentor. Il patto formativo è un accordo che viene stipulato tra ente di formazione, apprendista ed azienda. L’ente formativo prende parte alla stipula del patto formativo attraverso la figura del mentor. Il mentor è la figura che, su incarico dall’ente di formazione, va in azienda ad incontrare il datore di lavoro e l’apprendista per raccogliere ed orientare verso azioni condivise. Si tratta di un facilitatore, ma è anche figura di riferimento per tutto l’intero rapporto di apprendistato. Non è dipendente provinciale ma si relaziona con l’amministrazione costantemente, rapportandosi al contempo con le imprese e gli allievi durante tutto il percorso formativo. In merito alla certificazione del percorso formativo e del sistema dei crediti, la Provincia di Pesaro e Urbino sta portando avanti due azioni: il riconoscimento delle UF e la certificazione delle competenze. La contribuzione: una variabile conosciuta e mai realmente esplorata In Umbria non esistono studi sistematici sull’incidenza della contribuzione nelle scelte del datore di lavoro per quanto riguarda in particolare le assunzioni in apprendistato. Abbiamo potuto constatare che anche in Emilia e nelle Marche non si riscontrano approfondimenti di questo tipo. Tuttavia in Emilia e nelle Marche, come in Umbria, è diffusa la sensazione che la variabile contribuzione eserciti un ruolo importante nelle scelte del datore di lavoro. Nella tabella 3 vengono presi a riferimento tre settori campione (metalmeccanico, artigianato e commercio) e viene posto a confronto il costo del personale di un operaio apprendista con quello di un operaio assunto a tempo indeterminato. Si osserva l’evoluzione di biennio in biennio a partire dall’anno 2000, distinguendo tra costo per le aziende che occupano un numero di addetti pari o inferiore a 9 o superiore, come previsto dalla normativa vigente.

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Come si evidenzia nella tabella, fino al 2007 la contribuzione è in misura fissa e ha un valore quasi simbolico (2,98 euro a settimana); poi, a partire dal 2007, la contribuzione è stata differenziata in riferimento alle imprese con un numero di addetti pari o inferiore a 9 o superiore e gli è stato attribuito un valore percentuale legato alla retribuzione (1,50% è l’incidenza contributiva fino a 9 dipendenti, 10% è l’incidenza al di sopra dei 9 dipendenti). Interessante sarebbe poter valutare quanto la convenienza meno spiccata dal punto di vista contributivo possa incidere sulla propensione del datore di lavoro ad utilizzare tale tipologia contrattuale. Nel grafico 4, prendendo sempre a riferimento il contratto metalmeccanico, si evidenzia la variazione dei contributi accostandola alla variazione delle assunzioni in apprendistato registrate in Umbria negli ultimi anni. Sebbene il periodo di osservazione dopo la riforma sia esiguo e le variabili che influiscono sulla valutazione dell’imprenditore molteplici e svariate, si osserva un trend negativo delle assunzioni a fronte dell’aumento dei contributi. Graf. 4 - Dinamica delle assunzioni degli apprendisti e dei contributi a carico del datore di lavoro nell’ambito del CCNL Metalmeccanico (2000=100)

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Fonte: elaborazione Aur su dati Studio Minciarelli-Biscarini e su dati Regione Umbria - OML di fonte CPI.

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Indicazioni di percorso I dati sull’andamento delle assunzioni e l’incidenza delle variabili considerate (altri contratti e contribuzione) confermano che l’apprendistato è un contratto debole sia sul fronte della domanda che sul fronte dell’offerta. Per quanto riguarda la domanda, si distinguono unicamente le grandi imprese che però utilizzano l’apprendistato quale sostituto del contratto di formazione e lavoro non più disponibile a partire dal 2004. Per le restanti aziende medio-piccole, il contratto di apprendistato resiste prevalentemente fra quelle al di sotto dei 10 dipendenti, per effetto della conservazione del vantaggio contributivo anche dopo l’avvento dell’apprendistato professiona-lizzante a partire dalla riforma del 2003 (D.lgs. 276/03) e della riforma del sistema contributivo del 2007. In ogni caso per tutte le imprese esiste un problema connesso con la gestione della formazione. Le grandi lo risolvono in gran parte con mezzi propri in continuità con quelle che sono da sempre le esigenze di graduale inserimento di nuovo personale nell’uso di tecnologie non presenti fuori dalle imprese stesse. Le piccole e medio imprese, invece, hanno bisogno di una gestione della formazione più adeguata alle proprie esigenze, che variano per dimensioni interne, per mercato di riferimento, per particolari qualifiche professionali e che per questo richiedono un contributo e un apporto di progettazione e gestione della formazione, che può essere svolto soltanto da agenzie esterne capaci di utilizzare fino in fondo le risorse messe a disposizione dalla Regione, secondo criteri e modalità da questa previsti. La Regione Emilia Romagna e la Provincia di Pesaro e Urbino hanno risolto il problema di un rapporto costruttivo e continuativo con il datore di lavoro nell’esercizio della formazione, l’Emilia puntando sulla introduzione di un catalogo aperto e con il contributo del datore di lavoro (progettazione di nuove attività formative e compartecipazione alla spesa) e Pesaro e Urbino sulla capacità delle agenzie formative accreditate nel mediare le varie esigenze attraverso una figura nuova che è quella del mentor. L’Umbria, che ha conosciuto due diverse esperienze - quella ternana fondata sul catalogo e quella perugina organizzata con progetti quadro - è orientata a costruire un catalogo regionale quale risultato della raccolta di tutti progetti quadro ammissibili, presentati in risposta a bandi provinciali annuali omogenei con l’obiettivo, di utilizzare tutte le risorse disponibili e di fornire una formazione di qualità. Nel corso del corrente anno e del prossimo anno 2011 sarà effettuato un costante monitoraggio sulla qualità e sugli esiti dell’attività formativa.

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Non tutti i datori di lavoro e non tutti gli apprendisti sono tuttavia uguali perché, come abbiamo potuto constatare, la grande impresa utilizza il contratto di apprendistato in sostituzione del vecchio CFL, investendo sulla formazione così come farebbe per qualsiasi neo assunto sul quale intende puntare, per una efficace e corretta gestione dei propri impianti e dei propri processi lavorativi. Qui il monitoraggio potrebbe consistere nel verificare la capacità di risposta del sistema formazione professionale per quelle che sono le esigenze amministrative delle grandi imprese per una rapida acquisizione dei finanziamenti, per una corretta e adeguata certificazione dei crediti e per tutto ciò che comporta l’attuazione di quella parte della formazione formale prevista dal contratto di lavoro. Per le medie e piccole imprese, soprattutto per le piccole, è viceversa importante far crescere la qualità della formazione secondo le esigenze del mercato, consentendo ai datori di lavoro di svolgere un ruolo più importante e decisivo nel guidare le iniziative attraverso una loro precisa responsabilizzazione che, anche qualora non raggiungesse la comparte-cipazione alle spese come avvenuto in Emilia Romagna, riuscisse però a definire la possibilità concreta di intervenire in qualsiasi momento sulla progettazione e sulla realizzazione delle attività formative. Potrebbe essere interessante a questo fine immaginare un’azione di marketing nei confronti delle medie e piccole imprese, tesa a rilevare proprio la disponibilità a partecipare alla progettazione e gestione della formazione e gradualmente alla valutazione dei risultati raggiunti, in modo da creare un sistema circolare all’interno del quale le agenzie formative svolgano un reale ruolo di mediazione fra datore di lavoro e ente finanziatore (le due Province). Tutto questo è misurabile e valutabile positivamente se conduce a scelte che portino nuovamente a far crescere il contratto di apprendistato, che tornerebbe ad essere, come in passato, un vero e proprio investimento sul lungo periodo, così come è nella sua natura a partire dagli anni 50 in cui è stato introdotto.

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