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Angioini e Aragonesi

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Le monete di Angioini e Aragonesi in Sicilia e a Napoli

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Angioini e Aragonesi

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La monetazione di Carlo I d’Angiò (1266-1285)Nel 1266 Carlo I conquistò il Regno di Sicilia. In un primo momento il sovrano angioino continuò la coniazione dei “tarì” in oro, con tipologia oramai latinizzata (l’iniziale del suo nome - K - e la croce), e dei “reali”, emessi nelle zecche di Messina e Barletta, con il ritratto imperiale e con le stesse caratteristiche metrologiche dell’ “augustale” federiciano.

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Nel 1278, trasferito il centro amministrativo del Regno a Napoli: in sostituzione dei vecchi nominali, che vennero aboliti, creò una moneta in oro puro, il “carlino”, detto anche “saluto” dal tipo dell’Annunciazione, e il suo corrispettivo in argento dal peso di g 3,341, con un fino di 934 millesimi; il “carlino” in oro pesava invece g 4,43. 1 Carlino AV = 14 Carl. AR.Per la circolazione minuta furono coniati “denari” in mistura.

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La monetazione degli Angioini a Napoli

Durante il regno di Carlo II d’Angiò (1285-1309) l’emissione dei “carlini” in oro e in argento con il tipo dell’Annunciazione proseguì con le stesse caratteristiche metrologiche dei pezzi introdotti da Carlo I con la riforma del 1278.

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Un nuovo “carlino” in argento, più pesante del precedente ( g 4 ca.), fu creato nel 1302. Esso, dal tipo del rovescio (una croce gigliata accantonata da gigli), fu detto popolarmente “gigliato”. I “gigliati” napoletani ebbero, fin dal loro primo apparire, un grande successo e furono imitati sia in alcune zecche del Mediterraneo orientale sia nei territori dello Stato pontificio.

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Dopo la morte di Carlo II, invece, come era già avvenuto in Sicilia con gli Aragonesi, anche nei territori controllati dagli Angioini cessò completamente la coniazione dell’oro. Essa sarebbe ripresa in seguito solo nel secolo XV. I numerosi “fiorini” in oro, infatti, emessi a nome di Giovanna di Napoli (1343-1381) furono battuti tutti in zecca provenzale.Contemporaneamente per far fronte alle esigenze del minuto commercio furono emesse grandi quantità di “denari” in mistura di pessima lega e, sul finire del XIV secolo, di “bolognini” coniati nelle zecche abruzzesi.

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La monetazione degli Aragonesi in Sicilia

Nel 1282, mentre a Napoli Carlo I d’Angiò, che aveva mantenuto il titolo di Re di Sicilia, continuava a coniare “carlini” in oro e in argento, nell’isola, divenuta dopo i Vespri regno indipendente, Pietro d’Aragona e Costanza di Svevia, figlia di Manfredi, davano vita ad una nuova emissione di “reali” in oro e in argento, che godette di grande prestigio.

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Le monete, dette popolarmente, dal nome del sovrano, “pierreali”, erano contrassegnate con i tipi dell’aquila sveva e dello stemma aragonese entro doppia iscrizione. Sotto i successori di Pietro d’Aragona nel Regno di Sicilia cessò completamente la coniazione dell’oro, mentre proseguì abbondante l’emissione dei “reali” in argento.

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Messina Pietro d’Aragona, Ducato o Oncia, 4,5 circa

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Messina Pietro d’Aragona, Pierreale (3,3 g)

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Messina Giacomo d’Aragona, Ducato o Oncia, 4,3 circa

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La monetazione degli Aragonesi a Napoli nel secolo XV

Alfonso d’Aragona (1442-1458), ottenuta nel 1442 la corona napoletana, riprese la coniazione dell’oro nella zecca cittadina, sita in un edificio posto di fronte alla chiesa di S. Agostino che era stato acquistato da Roberto I nel 1333 per 700 once d’oro.Si trattò di pezzi in oro da un “ducato e mezzo”, detti “alfonsini”, del valore di 15 “alfonsini” d’argento, contrassegnati dal tipo del Sovrano a cavallo e dalle armi aragonesi. In mistura furono emessi “tornesi” e vari tipi di “denari”, tutti di scarsissimo valore intrinseco.

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“Doppi ducati” e “ducati” in oro furono poi emessi dal successore di Alfonso, Ferdinando I (1458-1494), che per primo introdusse l’uso del ritratto nella monetazione napoletana. In argento, oltre ai “carlini”, furono battuti anche “tarì” (del valore di 2 “carlini”), “armellini” (o “mezzi carlini”) e “cinquine”.Per ricordare l’incoronazione del Sovrano, avvenuta a Barletta, furono inoltre emessi pezzi in argento, detti “coronati” dalla iscrizione del rovescio: coronatus quia legitime certavit.

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Il sistema aragonese a NapoliAlfonsino aureo da 15 Reali (5,3 g)Ducato aureo da 10 Reali (3,5 g)Tarì o Doppio Carlino da 8 Cinq. (ca. g. 7)Coronato (ex Gigliato) da 4,5 Cinq.(ca. 3,9 g)Carlino (ex Saluto) da 4 Cinquine (ca. 3,5 g)Reale o grossone da tre Cinquine (ca. 2,6 g)Armellino o mezzo Carlino da 2 C. (ca. 1,75 g)Cinquina di Tornesi o ¼ di Carlino (ca. 0,87 g)Grano da 12 cavalli o 2 TornesiTornese in mistura da 6 CavalliDoppio Cavallo e Cavallo in rame

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Alfonsino aureo da 15 Reali

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Ducato aureo da 10 Reali (3,5 g)

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Ducato aureo da 10 Reali (3,5 g)

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Ducato aureo da 10 Reali (3,5 g)

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Contromarca di Ferdinando I su dinar

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Coronato (ex Gigliato) da 4,5 Cinq.(ca. 3,9 g) di Ferrante (1458-1494)

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Coronato (ex Gigliato) da 4,5 Cinq.(ca. 3,9 g) di Ferrante (1462-1472)

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Coronato (ex Gigliato) da 4,5 Cinq.(ca. 3,9 g) di Ferrante (1458-1494)

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Carlino (ex Saluto) da 4 Cinquine di Tornesi

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Reale o grossone da tre Cinquine

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Mezzo Carlino da 2 Cinquine di Tornesi

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La medaglia commemora la liberazione della città di Otranto dai Turchi, attuata dal duca Alfonso nel 1480.

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Carlino di Carlo VIII, 1495

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Armellino o mezzo Carlino (ca. 1,75 g)

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Cavallo

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Tarì da 20 grana (7 g)Carlino da 10 grana (3,5 g)Cinquina da 5 grana o ¼ di tarì (1,75 g)

Grano (1/600 di oncia) (0,35 g)

Il sistema aragonese in Sicilia

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Tarì di Ferdinando il Cattolico

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