uni 9858 - diagnosi strutture

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Una aggiornata ed accurata analisi su come progettare strutture durabiliche consentano gestione di interventi programmatie con precise indicazioni sulla normativa vigente.

DIAGNOSI DELLE STRUTTUREdott. ing. Vincenzo VENTURIdott. geol. Marco VENTURILaboratori di Ricerca e Sperimentazione SIDERCEM - Caltanissetta Catania

Fot. 1 : Cattedrale di Noto

1 - Premessa,

La richiesta di informazione ed aggiornamentorelativa alla diagnosi dei fenomeni di degradodelle strutture in calcestruzzo e in muratura, diedifici, di ponti, di viadotti, di gallerie ma anchedi opere di interesse storico e monumentale, èsempre più frequente, articolata ed esigente.In parte, tale richiesta prende origine da eventitraumatici di grande impatto emotivo come il"crollo della Chiesa Madre di Gibellina; il crollodel ponte Cicero sulla S.S. 113; il crollo dellaCattedrale di Noto" per citare solo i più recentie circoscritti alla nostra Regione. In gran parteperò si può attribuire, ed è auspicabile, allamaggior attenzione e sensibilità che leAmministrazioni, proprietarie e concessionariedi beni, pongono al recupero del costruito piut-tosto che alla realizzazione di nuove opere.Si pensi a riguardo alla grande operazione dimappatura del Centro Storico attivata dalComune di Palermo o al programma coordina-to di ispezione e sorveglianza dei ponti realiz-zate da alcune Provincie Regionali (Caltanissetta, Agrigento ).

Prima di entrare nel merito delle tematiche concementi la diagnosidelle strutture è però opportuno introdurre alcuni concetti riguardantila durabilità e la progettazione di opere durabili.Realizzare strutture durabili assicura migliori condizioni di esercizio,consente la gestione programmata degli interventi di manutenzione,facilita l'approccio alla diagnosi di eventuali fenomeni di degrado.

2 - Durabilità

Si comincia a parlare di durabilità nella Normativa Tecnica Italiana, siapure in maniera generica, nel D.M. del 26 marzo 1980 si deve peròaspettare il D.M. del 14 febbraio 1992 per vedere esplicitati, attraver-so il recepimento della UNI 9858 versione italiana della ENV 206,quei concetti e quelle procedure indispensabili per la progettazione diopere durevoli.E' importante sottolineare che al suo apparire ai primi del secolo, conil R.D. del 10 gennaio 1907, la Normativa Tecnica Italiana contenevagià quelle regole che implicitamente assicuravano una buona duratanel tempo delle opere e cioè:

• basso rapporto ale; evidenziato dal dosag-gio minimo di cemento di 300 kg/mc. e dallaconsistenza di "terra umida";• energico costipamento "battitura conpestelli di appropriata forma e peso";• diametro massimo degli inerti di circa 30mm.

Nelle successive edizioni, R.D. 4 aprile 1927,R.D. 27 luglio 1933, R.D. 16 novembre 1939,tali prescrizioni divenivano via via più blande emeno cautelative. Si è dovuto attendere quasi50 anni prima che il problema di garantire neltempo le prestazioni di un manufatto divenissenuovamente prioritario nella progettazionedelle costruzioni in c.a. e c.a.p.Nel seguito verranno evidenziati gli aspetti piùinteressanti contenuti nella normativa vigente,con l'obiettivo di fornire al Progettista le indica-zioni utili per orientarsi nell'adozione dei para-metri progettuali corretti ed al Direttore deiLavori per avviare le procedure necessarie averificare la conformità dei materiali e dei

manufatti alle ipotesi progettuali.Il primo parametro da definire è il rapporto a/c, la scelta di un determi-nato rapporto a/c nella progettazione di un conglomerato cementizio,può derivare:

• dalle prescrizioni sulla durabilità, che fissano valori massimi del rap-porto ale in funzione delle classi di esposizione;• dalla richiesta di valori di resistenza meccanica adeguati alle solleci-tazioni di progetto, statiche e dinamiche.

L'adozione della prima ipotesi, bassi rapporti di a/c, comporta livellidi resistenza medio alti, cautelativi nei confronti delle sollecitazionipreviste, il Progettista si deve perciò abituare a considerare la resi-stenza più elevata, rispetto alla richiesta, come un beneficio aggiunti-vo, a favore della sicurezza, della prestazione di durabilità.La UNI 9858 - prospetto II definisce le classi di esposizione, in funzio-ne delle quali il successivo prospetto III fornisce le indicazioni proget-tuali rispetto ai seguenti parametri:

• rapporto ale;• dosaggio di cemento;• contenuto di aria.

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Dal prospetto II della UNI 9858, riportato precedentemente si rileva II secondo "è la consistenza e quindi la lavorabilità del calcestruzzoche: un parametro di progetto?" la risposta è affermativa ed a nostro avvi-- la classe 1. ambiente secco, interni di abitazioni o uffici, È da ritener- so scontata, si eviterebbe quella diffusa e dannosissima abitudine disi poco frequente, infatti può verificarsi che le stesse strutture siano, aggiungere acqua all'impasto per sopperire alla perdita di lavorabilitàallo stesso tempo, interne ed esposte agli agenti esterni p.e. travi e o per raggiungere la lavorabilità necessaria.pilastri perimetrali. Si pensi, fra le altre, alle difficoltà operative che L'ultimo quesito: "si può ricorrere all'impiego di calcestruzzi a dosag-sorgerebbero, durante l'esecuzione di un impalcato o durante il getto aio?", la risposta è negativa ed anche in questo caso scontata, il cal-delle pilastrature, per realizzare conglomerati cementizi di diversa cestruzzo a dosaggio, che pure rappresenta secondo una stima perclasse. difetto il 50 % del calcestruzzo impiegato, non è mai sufficiente alla- La classe 2a. ambiente umido, senza gelo, interni con umidità eleva- realizzazione di opere durevoli.ta. esterni in ambiente non aggressivo, può ritenersi anch'essa poco Ricordiamo che fra le responsabilità del Progettista rientra, fra le altre,frequente infatti, esemplificando, gli ambienti interni che nelle costru- quella di assicurare la durabilità delle strutture, in conformità a quantozioni civili possono presentare un U.R. > 70% sono solo i locali lavan- previsto nel D.M. 9 gennaio 1996 (UNI 9858) che recita testualmente:deria e cucina. Per quanto riguarda le strutture esterne ricadono in "al fine di garantire la durabilità del conglomerato particolarmente inclasse 2a, solo le costruzioni rurali lontane dal mare (ambiente non ambiente aggressivo, così come in presenza di cicli di gelo e disgelo.aggressivo), in zone temperate ed a bassa quota (senza gelo). è necessario studiarne adeguatamente la composizione" non è per-- Le classi 5a e 5b raccolgono, in considerazione dell'abbondante tanto cautelativo che in fase di progetto il calcestruzzo venga indivi-presenza di CO2, SO2-, SO3 delle zone urbanizzate, la gran parte duato solo attraverso la resistenza caratteristica, è quindi indispensa-delle costruzioni realizzate in ambiente urbano, in zone climaticamen- bile che vengano assegnate all'opera, nella fase progettuale, le classite temperate. di esposizione (sollecitazioni ambientali) e che vengano forniti:- La classe 2b. così come la classe 3, la classe 4a e la classe 4b • // rapporto ale;comprendono tutte le altre strutture, industriali, stradali, in ambiente • il dosaggio di cemento;marino e di montagna, sottoposte a cicli di gelo e disgelo. • // contenuto d'aria;- Solo pochi manufatti, di tipo industriale (vasche di trattamento, silos • la classe di consistenza.

E' però opportuno chiarire quali sono le classi di esposizione più fre-quenti, individuando così anche i valori massimi da prescrivere per ilrapporto a/c.

di stoccaggio ), rientrano nella classe 5c.L'indicazione che si trae da questa esemplificazione è che il rapportoa/c massimo da utilizzare secondo il prospetto III è rispettivamente

0.55 (classe 5a) e 0.50 (classe 5b).Nella tabella che segue [rif. bibl. 17] siriportano in funzione del rapporto a/c edella classe di cemento i valori più comunidella resistenza caratteristica.Si deduce che, se fra le ipotesi progettualisi considera la durabilità dell'opera, lagran parte dei manufatti strutturali richie-de valori di resistenza caratteristica acompressione compresi fra 35 MPa e 40MPa nel caso in cui si impieghi un cemen-to di classe 42.5 e compresi fra 30 MPa e35 MPa nel caso che si impieghi cementodi classe 32.5.

Riportiamo più avanti i tre quesiti che sipresentano piìr frequentemente nella pra-tica quotidiana e che ci forniscono lospunto per esplicitare quanto fin qui affer-mato:il primo: "quali sono le classi di resistenzacorrentemente impiegate?" per l'espe-rienza degli scriventi la quasi totalità dellecostruzioni civili viene progettata con cal-cestruzzi di classe Rck 25.0, rarissimeeccezioni prescrivono in fase di progettoRck 30.0, e solo opere di particolare impe-gno (ponti, viadotti, impianti industriali)prevedono classi di resistenza superiori aRck 35.0. E' evidente che tali indicazioniprogettuali non sono cautelative nei con-fronti della prestazione di durabilità delleopere.

Pig. 1/b - UNI 9858 - PROSPETTO H Classi di esposizione in funzione delle condizioni ambientali.

Fig. 2 - UNI 9858 - PROSPETTO III Prescrizioni per la durabilità riferite alla esposizione ambiente

re la rispondenza deimanufatti alle ipotesidi progetto, e neces-sari alla Committenteper risolvere gli even-tuali contenziosi nel-l'ipotesi di nonconformità.In conclusione èopportuno ribadire

che se il valore della resistenza caratteristicaRck è un valore convenzionale nella fase di pro-getto che diviene un indice di qualità del mate-riale impiegato durante l'esecuzione dei lavori,la resistenza a compressione delle carote, maanche l'indice di rimbalzo, la velocità degli ultra-suoni, la forza di estrazione, ecc... sono inecessari parametri di verifica della qualità delcalcestruzzo in opera e quindi dell'elementostrutturale realizzato.

Fot. 2: Classi di lavorazione secondo UNI 9858*

Esaurita la progettazione è il Direttore dei Lavoriche deve assicurare, attraverso la verifica costan-te e sistematica dei parametri progettuali, resi-stenza, consistenza, contenuto d'aria, la stagiona-tura, (fig. 1b) la buona esecuzione dei lavori e ladurabilità delle opere.Un altro aspetto di importanza non trascurabile èla assenza nelle Norme Tecniche, ma anche neiCapitolati Speciali di Appalto di importanti OperePubbliche, di procedure e specifiche di controllosui materiali già in opera. Mancano cioè tutti i rife-rimenti indispensabili al Collaudatore, per verifica-

Fig. 3 - Tabella esemplificativa dei valori di resistenza correnti in funzione

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3 - Diagnosi delle strutture

La richiesta di un intervento in opera, finalizzato alla diagnosi struttu-rale viene determinata dalla necessità di stabilire le condizioni residuedi sicurezza di un'opera determinatesi:a) per l'insorgere di fenomeni di degrado;b) per la necessità di preservare un bene di interesse storico e monu-mentale.e) per la diversa destinazione d'uso del manufatto;II filo conduttore che collega i casi a e b sopraelencati è la definizionedelle cause che hanno determinato il degrado dei materiali pregiudi-

cando l'esercizio del manufatto o la fruibilità del bene.Lo schema di fig. 3, riportato più avanti riassume sinteticamente letipologie più comuni delle azioni che provocano l'insorgere di fenome-ni di deterioramento della qualità dei materiali.Per quanto concerne invece il caso e, l'approccio può essere ridottoal semplice accertamento delle caratteristiche meccaniche dei mate-riali e prestazionali del singolo elemento strutturale o del manufatto.Riassumiamo sinteticamente i punti più salienti di un processo dia-gnostico: esame visivo, raccolta dati storici, prove in-situ e di labora-torio. Il diagramma di flusso di fig. 4 evidenzia graficamente le moda-lità operative che consentono di definire il progetto di ripristino

Fig. 3 - Classificazione delle più comuni cause di

Fig. 4 ' Diagramma di flusso del processo diagnostico

3.1 - Esame visivo

Per formulare correttamente il progetto diun'indagine, il cui scopo sia l'individuazione el'entità dei fenomeni di degrado e l'acquisizio-ne di tutti i parametri necessari alla progetta-zione dell'intervento di restauro e consolida-mento strutturale si deve per prima cosa pro-cedere all'ispezione ed alla redazione dell'esa-me visivo, che deve riportare in maniera con-venzionale tutti i difetti rilevati, quadro fessura-tivo, macchie di ruggine e stato di ossidazionedelle armature, delaminazioni e distacchi delcalcestruzzo. La scheda di fig. 3 descrive tuttigli elementi che si deve cercare' di acquisirenel corso di un'ispezione, supportandoli conun'adeguata documentazione fotografica.

3.2 - Raccolta dati storici

La raccolta dei dati di campagna è comple-mentare alla ricostruzione della storia delmanufatto dai dati di progetto, alle modalità etempi di esecuzione; alle condizioni climatiche;al manifestarsi dei primi sintomi di degrado.La scheda di fig. 6 descrive lo schema piùcomune da utilizzare nel caso di costruzioni inconglomerato cementizio.

3.3 - Prove in-situe di laboratorio

Terminata la prima parte, descritta neiprecedenti paragrafi si può procedere allaprogettazione dell'indagine che compor-terà l'esecuzione di prove sulle strutture osul manufatto ed il prelievo di campioni dasottoporre successivamente alle prove dilaboratorio.

Nel definire un'indagine si possono averdue approcci, certamente non alternativied in alcuni casi complementari.Il primo prevede l'acquisizione in-situ edin laboratorio delle caratteristiche mecca-niche (parametri di resistenza e costantielastiche) e delle caratteristiche chimiche(contenuto di agenti aggressivi, gradopH). Determinati tali parametri si può pro-cedere ad un'analisi strutturale, con meto-di numerici, dei manufatti oggetto dell'in-dagine ed alla conseguente redazione delprogetto di ripristino.

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Fig. 7 - Controlli in opera

Fig. 6 - Schema tipo per la raccolta di dati storici

Il secondo che, come avevamo anticipato è in alcuni casi comple-mentare al precedente, comporta la possibilità di eseguire la speri-mentazione in-situ dell'intero organismo strutturale, o di una suaparte, per via statica o dinamica. La risposta contiene le informazionisul comportamento globale della struttura, da queste informazionimediante un processo di identificazione basato sull'elaborazione di unmodello numerico si possono ricercare le costanti elastiche.Nel seguito ci occuperemo prevalentemente di quanto connesso conla prima metodica perché più rispondente alle esigenze correnti ecomunque propedeutica alla seconda.La tabella di fig. 7, riassume i metodi di prova più comuni, dei qualiverrà dato un cenno nel seguito.

3.3.1 - Carotaggio e microcarotaggio

II prelievo di calcestruzzo indurito costituisce sempre il miglior modoper conseguire una stima della resistenza del calcestruzzo posto inopera. Un limite è costituito soprattutto dal danneggiamento, che siproduce durante il prelievo, che fa classificare tale metodo come"localmente distruttivo", e dal costo, per tempo di esecuzione e usuradei materiali, superiore ad ogni altro metodo di prova non distruttivo.E' fondamentale nella fase di prelievo il rispetto delle specifiche fissa-te dalla UNI 6131, per ridurre, al minimo, il danneggiamento, "tormen-to", dovuto al prelievo. La prova di resistenza a compressione vieneeseguita in conformità alla UNI 6132. Tali prove devono (legge n.1086 del 5 novembre 1971, D.M. 9 gennaio 1996) essere eseguitepresso i laboratori ufficiali o autorizzati, che garantiscono affidabilità,indipendenza e qualità.L'interpretazione dei risultati di prova su campioni di calcestruzzoindurito, prelevato in opera, necessita di una breve premessa. Il D.M.9 gennaio 1996 fissa i criteri di verifica della conformità di un conglo-merato alla classe di resistenza fissata in progetto e stabilisce lequantità minime ed il metodo di calcolo. Le UNI 6131 e 6132 fissanorispettivamente la procedura per il prelievo, le condizioni di stagiona-tura, il metodo di prova. Il valore della "resistenza di prelievo" così fis-sato, "Rei", costituisce il valore "potenziale" di un calcestruzzo confe-zionato in condizioni standard. In realtà, la resistenza del calcestruzzoin opera, "attuale" differisce da questa. Tale quantificazione non è pur-troppo codificata dalla nostra legislazione tecnica, si fa pertanto riferi-mento alla bibliografia specialistica ed alle norme emanate dagli orga-nismi normativi esteri (BS 6089).La BS 1881 ed il Concrete Society Technical Report n. 11 fornisconole relazioni (1a) e (1b), per la stima del valore della resistenza del cal-cestruzzo in opera "attuale" ottenuto da prove su carota:

tale valore può essere amplificato ulteriormente, per valori compresifra 1.1 e 1.3, mediante l'impiego di idonei coefficienti che tengonoconto delle condizioni di stagionatura, delle modalità di compattazio-

ne, della qualità dell'inerte e del prelievo.La rappresentatività e la numerosità dei risultati sperimentali, acquisitianche con altri metodi, deve essere tale da assicurare una validitàstatistica al campioni di dati, che una volta caratterizzato dal valoremedio e dalla deviazione standard consentirà una coerente e cautela-tiva interpretazione dei dati.

3.3.2 - Rilievi microsismicie sclerometrici

II metodo ad ultrasuoni è basato sul rilievo di onde microsismicheemesse da un trasmettitore ad alta frequenza (ultrasuoni) e ricevute

da un'apposita sonda. Consente di determinare la velocità di trasmis-sione delle onde di pressione nel calcestruzzo.La velocità è un parametro fisico, utile per eseguire "l'analisi dei difet-ti" degli elementi strutturali e per comparare la qualità di getti omoge-nei. Il metodo è opportunamente descritto dalla UNI 9189.La prova sclerometrica, basata sulla misura della durezza superficialedi un calcestruzzo è stata correlata da Schmidt alla resistenza a com-pressione dello stesso calcestruzzo. E' possibile, pertanto, avendoapprontato un'opportunacurva di taratura, proce-dere al controllo dei cal-cestruzzi. Tale metodicaè applicabile soprattuttoin stabilimento di prefab-bricazione. Il metodo èdescritto nella UNI 9189.Un metodo che valorizzai due metodi sperimentalimigliorandone l'interpre-tazione, è quello "combi-nato" ultrasuoni-sclero-metro, che consente dicalcolare la resistenzaconvenzionale di un cal-cestruzzo mediante larelazione (2):

Fot. 2b (1): Prova con gli ultrasuoni

Fot. 2b (2) : Taratura dello slerometro

dove il campo di variazione dei coefficienti a, b e e è variabile secon-do i diversi autori (rif. bibl. 6,7, 8,10,11,12,14,16,19)Per quanto riguarda le murature si deve ricorrere a sonde a bassafrequenza, che vengono fissate alla muratura e rilevano le onde mec-caniche generate dall'impatto di un martello strumentato lungo unasezione della muratura.Con questa procedura si può rilevare la presenza di lesioni, cavità ecomunque eventuali soluzioni di continuità della muratura.

3.3.3 - Prova di estrazione (Pull-out test)

Fot. 3: Prova Pull-out

La prova di estrazione, per brevità indicata spesso come pull-out test,è una prova localmente distruttiva, classificata come semi-distruttiva.Può essere prevista con inserti preinglobati nel getto in fase di proget-to per costruzioni di nuova realizzazione, oppure con inserti post-inseriti per strutture degradate, non conformi o per le quali si vogliaprocedere ad un aumento di capacità portante.Le prove correlano la forza di estrazione P alla resistenza del conglo-merato R mediante la formula sperimentale, (rif. bibl. 8,9)

La prova è normata dalla UNI 9536 per i tas-selli preinglobati e dalla UN110157 per tassellipost-inseriti. Il numero minimo di tasselli è ditre per ogni punto di prova.

3.3.4 - Prova penetrome-trica (wìndsor probe)

Consiste nell'infiggere nel calcestruzzo unasonda di dimensioni standard, "sparata" dauna pistola mediante una carica calibrata. Lacorrelazione, fra la profondità di penetrazionee la resistenza, è fornita dalla ASTM C 803. Fo£ 4. Prova Windsor

II numero di sonde che si impiegano per una determinazione è di tre,poste ai vertici di un triangolo individuato mediante una dima didimensioni standard.

3.3.5 - Misura del potenzialedi corrosione

II principio del metodo èbasato sulla determinazionedel potenziale spontaneo dicorrosione dei ferri di arma-tura del conglomeratocementizio armato e precom-presso.

La prova si esegue misuran-do la tensione esistente inuna pila, i cui elettrodi sonol'interfaccia armatura-calce-struzzo e l'elettrodo di riferi-mento appoggiato sullasuperficie del calcestruzzo.(rif. bibl. 20)

Si impiegano elettrodi di rife-rimento a rame/solfato dirame saturo (CU/CUSCM

saturo) o più di rado elettrodia calomelano (ECS).Le misure si possono ese-guire, con uno o più elettrodiCollegati ad Un VOltmetrO ad Fot. 6: Rilievo dipotenzialità spontaneo

alta impedenza (> 10 MW) e dei ferri di armatura.

di classe 3 (errore < del 3%del F.S.), su barra singola o su superficie di un elemento strutturaleavendo cura, in quest'ultimo caso, di accertare che le barre dell'arma-tura siano metallicamente connesse fra loro.Le normative di riferimento per l'esecuzione di questa prova sono laUNI 9535 e la ASTM C 876.

3.3.6 - Prova magnetometrica

II ricorso a questa metodica è indicato quandosi vuole individuare la presenza di materialiferromagnetici nel calcestruzzo o nelle muratu-re.Il principio di funzionamento è basato sul prin-cipio dell'induzione magnetica: se un condutto-re elettrico di lunghezza L si muove con unavelocità v lungo un campo magnetico di inten-sità I all'estremità del conduttore si genera unadifferenza di potenziale Vo esplicitata dallaseguente relazione.

Collegando le estremità del conduttore inmovimento ad un circuito esterno stazionario

rispetto al campo magnetico la tensione indotta I causa il passaggiodi una corrente di intensità i che determina una caduta di potenziale i. R dove R è la resistenza elettrica del conduttore in movimento.La differenza di potenziale V all'estremità del conduttore diviene:

Fot. 6: Rilievo magnetometrico dei ferri di armatura.

Lo strumento di misura di uso più corrente, che indicheremo nelseguito come magnetometro, cover meter in Gran Bretagna e pacho-meter in Francia è costituito da una unità che contiene il generatore dicorrente, l'amplificatore ed il misuratore e da una sonda contenentel'elettromagnete.Gli oggetti metallici presenti nell'elemento strutturale vengono eviden-ziati su una scala o registrati graficamente. Con opportuna taratura èpossibile individuare lo spessore del copriferro ed il diametro dell'ar-matura.Nelle murature è possibile rilevare oltre alla presenza di eventualibarre di armatura, pratica assai diffusa negli Stati Uniti, anche la pre-senza di tubazioni incassate nelle strutture murarie.

3.3.7 - Prelievo di polverie microcarote per analisi chimiche

La composizione chimica di un campione di muratura, calcestruzzo,malta può essere determinata con il ricorso all'analisi chimica eie-mentale e cioè disciogliendo con adeguati solventi (acidi, basi ....) ilsolido in acqua, la percentuale degli ioni presenti nella soluzione for-nisce la composizione in termini percentuali degli elementi.Il limite di questo tipo di analisi è che si determina la quantità dei sin-goli ioni ma non è possibile identificare la miscela di provenienza.Si fa perciò ricorso ad analisi diffrattometriche a raggi x di tipo qualita-tivo, per l'identificazione del prodotto.

La combinazione dei due metodi permette di riconoscere ed identifi-care con sufficiente precisione i prodotti presenti in un materiale.

3.3.8 - Termografia

II principio di funzionamento di questa metodica è basato sull'emissio-ne, secondo la legge di Stefan-Bolzmann, di flussi di energia da partedei solidi.

e: costante adimensionale, detta emissività, funzione delmateriale che costituisce la superficie.

Esemplificando, si consideri una muratura realizzata con mattoni, pie-tra calcarea e malta di calce, esposta all'irraggiamento solare, i singo-li componenti raggiungeranno diverse temperature in funzione dellerispettive proprietà termiche e precisamente del calore specifico edella conducibilità termica.

La tab. 4 riporta le caratteristiche tecniche dei citati materiali.

Tab. 4 ' Caratteristiche di alcuni tipici materiali delle murature

La pietra calcarea caratterizzata da una maggiore conducibilità termi-ca e da un minore calore specifico rispetto al mattone raggiungerà piùvelocemente temperature relativamente più alte in un determinatoperiodo di insolazione. La pietra si comporterà in maniera simile,anche se diversa rispetto alla precedente, nei confronti della malta dicalce.

Terminato l'irraggiamento solare la pietra si raffredderà più rapida-mente del mattone. L'eventuale intonaco, presente sui due compo-nenti, mattone e pietra, risentirà delle differenze termiche ed assu-merà temperatura diversa in coincidenza dei due diversi materiali.In sintesi, ogni materiale emetterà un flusso di energia, in accordocon la legge di Stefan - Bolzmann, in funzione della temperatura rag-giunta e della sua emissività.

La termografia consiste nel registrare, mediante un rilevatore ad infra-rossi, le temperature raggiunte, anche con riscaldamento artificiale,dai vari elementi presenti in una muratura.Si misurano in particolare le radiazioni infrarosse (IR) nell'intervallo dilunghezza d'onda ( compreso fra 2 (m e 6 (m (si definiscono radiazio-ni infrarosse, IR, quelle con valori di ( compresi fra 0.5 e 1000 (m ).L'attrezzatura consta di un sistema ottico (costituito da varie lenti) edelettrico, in grado di convertire in segnale elettrico l'intensità dellaradiazione ricevuta. Un termogramma esprime graficamente, attraver-so le diverse tonalità cromatiche, proporzionali alle diverse tempera-ture, la differenza di temperatura.

L'indagine viene eseguita riprendendo con una telecamera la superfi-cie in esame visualizzando, su monitor, e memorizzando le immagini,su fotografia o su videocassetta.L'obiettivo della termografia è quello di evidenziare su una stessastruttura la presenza di elementi diversi e riconducibili a:

• forme preesistenti e modifiche strutturali;' impianti elettrici, termici, idraulici e fognar! e canne fumarie;' materiali diversi impiegati nella costruzione o nel susseguirsidegli interventi di restauro.

Non è trascurabile anche l'impiego della termografia per identificare ladistribuzione superficiale dell'umidità, riscaldando artificialmente edomogeneamente la superficie esterna della muratura, l'aumento ditemperatura sarà minore nelle zone più umide rispetto a quelle piùasciutte.Eseguita la mappatura si può procedere alla misura in-sito dell'umi-dità con igrometri o in laboratorio mediante essiccamento dei campio-ni prelevati.Altro impiego è la ricerca di fessurazioni (zone fredde) o di elementistrutturali attivi (zone calde).E' opportuno che alla termografia venga accoppiato un accurato rilie-vo topografico e fotogrammetrico.

3.3.9 - Endoscopia

Fot. 7: Endoscopia.

Gli endoscopi sono utilizzati per l'esame in-sito di cavità sia naturali(fig. 9c) che artificiali allo scopo di osservare direttamente in puntiinaccessibili morfologia, tipologia e stato di conservazione superficialedei materiali, solai piani e tutte quelle strutture e materiali che possonoessere convenientemente indagati attraverso fori di piccolo diametro.Esistono tre diversi tipi di strumenti con caratteristiche costruttive dif-ferenti e con diverse possibilità operative. Questi strumenti sonocaratterizzati da un diametro molto piccolo (attorno ai 10 mm) dell'ap-parato di ispezione, di quella parte cioè che viene introdotta nei fori enelle fessure.

L'endoscopio rigido è costituito da un tubo rigido con abbinati prismie lenti che consentono il trasferimento dell'immagine da un'estremità(obiettivo) all'altra del tubo (oculare).In genere questo strumento può essere prolungato fino a raggiungerealcuni metri di lunghezza. In pratica la lunghezza totale raggiungibilecon uno strumento è strettamente legata al suo diametro poiché,naturalmente, il potere risolutivo dell'immagine all'oculare è fortemen-te condizionata dalla luminosità della stessa.In genere l'illuminazione della zona ispezionata è prodotta da una

lampadina accanto all'obiettivo. La testa che porta l'obiettivo è regola-bile secondo diverse angolazioni per consentire differenti posizioni diispezione.Questo strumento consente la messa a fuoco su piani da pochi milli-metri all'infinito. La risoluzione dell'immagine se ben illuminata è otti-ma ed è possibile in alcuni strumenti l'uso di uno zoom, per l'avvicina-mento dell'immagine al piano dell'oculare.

L'endoscopio flessibile è uno strumento costituito da un fascio difibre ottiche coerenti a cui coassialmente è montato un altro fascio difibre ottiche. In questo modo il fascio centrale trasporta l'immaginedalla estremità obiettivo all'altra.Le fibre che formano l'anello esterno sono invece utilizzate per illumi-nare la zona indagata. L'immagine che appare all'oculare è suddivisada un fitto reticolo costituito dai gruppi di fibre ottiche e ciò impedisceun'alta definizione della stessa.Il vantaggio è quello di poter raggiungere le zone da indagare anchelungo percorsi tortuosi e di poter fare ispezioni da diverse posizionigrazie alla mobilità della parte terminale che viene comandata dall'e-sterno.Le immagini che giungono all'oculare di questi due tipi di endoscopiopossono essere registrate tramite una fotocamera collegata allo stru-mento con apposito raccordo.

Il videoscopio è un'apparecchiatura composta da una sonda endo-scopica, dal videoprocessore e dal monitor.La sonda comprende due parti: un fascio di fibre ottiche per l'illumina-zione ed un sensore CCD che raccoglie i segnali luminosi e li tra-smette via cavo al videoprocessore che li elabora in immagini chevengono ricostruite su video.Queste immagini possono essere registrate su cassetta ed eventual-mente elaborate elettronicamente con funzioni: zoom, fermo immagi-ne, contrasto, comparazione simultanea di due immagini, trasmissio-ne dati via modem.La lunghezza massima della sonda, per diametri attorno ai 10 mm, èdi circa 8 m.Come nell'endoscopio flessibile è possibile comandare dall'esterno laparte terminale della sonda.L'endoscopia è una tecnica assai utile nella diagnostica, da la possibi-lità di poter osservare direttamente forma ed aspetto di quanto inda-gato e consente di effettuare valutazioni di tipo qualitativo ed in alcunicasi quantitativo: misurazioni geometriche di particolari.A parte alcune situazioni in cui è necessaria la flessibilità della sonda,lo strumento più usato è l'endoscopio rigido che ad una ottima risolu-zione dell'immagine unisce il non disprezzabile vantaggio di consenti-re all'operatore di conoscere in ogni momento la posizione nello spa-zio di quanto osservato.L'affidabilità di questa tecnica di indagine è ottima per quanto riguardala qualità delle immagini ha la limitazione di essere una prova ristrettaalla superficie della cavità indagata per cui ad esempio in una muratu-ra consente l'osservazione, sia pure per l'intero spessore, di unasuperficie minima (in genere fori di pochi cm di diametro) per contro èun ottimo strumento per altre tecniche di indagine come la termogra-fia. Infatti un esempio classico è la definizione della tipologia struttura-le di un solaio in cui con la termografia è possibile rilevare l'ordituradello stesso sull'intera superficie mentre con l'endoscopio (fig. 7a)vengono rilevati tipo e dimensioni degli elementi strutturali, nonchénel caso di travi in legno (fig. 9b), viene fatta una prima valutazionesul loro stato di conservazione, (rif. bibl. 21).

3.3. IO - Martinetti piatti

Non esiste alcun riferimento normativo per questa metodica, chenasce per la determinazione in sito del modulo elastico e dello statotensionale degli ammassi rocciosi in galleria, si sviluppa nell'ambitodei controlli sulle strutture in muratura e trova, più recentemente,impiego nelle strutture in conglomerato cementizio armato precom-presso ammalorate (rif. bibl. 22), per la determinazione dello statotensionale residuo delle armature di precompressione.Quest'ultima applicazione consiste nel praticare un taglio nella struttu-ra e ripristinare, mediante un martinetto di dimensioni ridotte, le condi-zioni iniziali precedenti al taglio. La misura della pressione, correttada opportuni coefficienti, che tengono conto dell'area del taglio, delledimensioni e della rigidità del martinetto, consente di risalire allo statodi precompressione.

Fot. Sa: Frova con martinetti piatti - Fase di carico

Fot. 8b: Prova con martinetti piatti - Misura delle deformazioni.

Per quanto riguarda invece il più consolidato impiego nelle muraturesi può dire che il notevole sviluppo subito da questa metodica è certa-mente riconducibile alle notevoli difficoltà che si presentanonel prelievo dalle murature di campioni rappresentativi ed indisturbati.D'altra parte le tecniche non distruttive, delle quali si è detto in prece-denza come le prove soniche, la termografia, ecc...forniscono infor-mazioni di tipo qualitativo sul comportamento fisico-meccanico deimateriali.

E' perciò necessario ricorrere a tecniche diverse per la determinazio-ne quantitativa dei parametri meccanici. Uno di questi è l'impiego dei

martinetti piatti che su certe tipologie di murature risulta efficace edaffidabile nei seguenti casi:

a) determinazione dello stato di sollecitazione;b) determinazione delle caratteristiche di deformabilità;e) determinazione della resistenza al taglio lungo i corsi di malta.

Nel caso a, il martinetto viene inserito fra le basi di misura, posiziona-te ed azzerate prima del taglio e messo in condizioni di ripristinare lostato tensionale preesistente al taglio, tenendo conto delle dimensionidel taglio At, della dimensione del martinetto Am, della costante delmartinetto, km determinata sperimentalmente in laboratorio. Lo statotensionale a, viene determinato mediante la relazione (6):

Per il rilievo delle caratteristiche di deformabilità si introduce nellamuratura un secondo martinetto a circa 50 cm dal primo. I due marti-netti delimitano un campione di muratura sufficientemente rappresen-tativo al quale viene applicato uno stato di compressione monoassiale.Vengono quindi eseguiti alcuni cicli di carico incrementando gradual-mente il livello di sollecitazione allo scopo di determinare i moduli dideformabilità per i diversi livelli tensionali.L'attrezzatura di prova è costituita nei due casi da una sega, o da untrapano e da utensili meccanici, per la realizzazione del taglio; dacomparatori meccanici o trasduttori elettronici per la misura delledeformazioni; una centralina idraulica munita di manometro, o di untrasduttore di pressione, per la misura del carico applicato,a conoscenza della resistenza di una muratura a sollecitazioni ditaglio è di grande interesse per la caratterizzazione statico-strutturaledi edifici in muratura. Un parametro di grande importanza per questotipo di analisi è costituito dalla resistenza al taglio lungo i corsi dimalta. Con l'ausilio di martinetti piatti e di un martinetto idraulico èpossibile pervenire alla determinazione di questo importante parame-tro operando con tecniche di tipo non distruttivo. Si procede in primoluogo all'estrazione di un mattone che viene sostituito da un martinet-to idraulico. Questo martinetto applica una sollecitazione di taglio almattone adiacente che viene preventivamente isolato.La componente di sollecitazione normale ai corsi di malta viene appli-cata mediante due martinetti piatti paralleli. Una serie di trasduttorielettrici permette di misurare gli scorrimenti relativi del mattone sotto-posto a prova rispetto ai corsi di mattoni adiacenti nonché le deforma-zioni in direzione normale ai corsi di malta.Eseguendo alcune prove con diversi valori di sollecitazione normale èpossibile determinare il valore dell'angolo di attrito interno e quellodella coesione della malta, (rif. bibl. 23)

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