silvana de mari lultimo elfo. una lettura condivisa in classe durante la quale: abbiamo visto la...

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Silvana De Mari

L’ULTIMO ELFO

Una lettura condivisa in classe durante la quale:

Abbiamo visto la solitudine e l’emarginazione del diverso

Abbiamo provato commozione, tenerezza

Abbiamo riflettuto sulla felicità e sull’amicizia

Abbiamo ammirato il coraggio

Abbiamo apprezzato la forza della solidarietà e dell’amore

Abbiamo intuito il senso della morte e il senso della vita

Felicità vuol dire avere amici

star bene con gli altri

“…volare verso il cielo, verso l’orizzonte e di nuovo verso il cielo, con il vento nei capelli, i gabbiani vicino e un delfino bimbo che lo guardava dall’acqua facendo le capriole per giocare con loro era l’essenza stessa dell’essere felici…” (p.162)

Possono sembrare per noi ragazzi parole lontane,

che non ci riguardano.

Ma non è così!

Noi chiamiamo “diversi” ed emarginiamo quelli che hanno una cultura e abitudini differenti dalle nostre, quelli che hanno una caratteristica fisica o mentale che non li fa essere come tutti gli altri.

Non ce ne rendiamo conto ma spesso non ci accorgiamo di emarginare qualcuno che è vicino a noi.

Un bellissimo film indiano Stelle sulla Terra di Aamir Khan che racconta in modo coinvolgente la vita di Ishaan, un bambino emarginato dai compagni, dai professori e dagli stessi genitori, al punto che viene mandato in collegio, dove si chiude in sé stesso.

A questo proposito ci è venuto in mente…

Ma in realtà è solo un bambino dislessicoUn nuovo insegnante d'arte riuscirà a capirlo

e ad aiutarlo ad esprimere quello che sente attraverso

i suoi due grandi talenti: la pittura e la fantasia.

Infatti ..

“… quando tutti ti latrano contro la strada più facile diventa lasciarsi andare, lasciarsi scivolare …”

“Il cacciatore e la donna

… mi volevano bene

nonostante fossi

un elfo …” (p.190)

FACCIAMO IN MODO CHE NESSUNO

MUOIA INTORNO A NOI!

Ma è anche vero che “… quando tutti ti latrano contro è sufficiente uno solo che si batta per te, che tu recuperi la tua forza, la capacità di batterti … Se questo uno non c’è, sei morto, e la tua gente è morta con te …” (p.190)

Quanta tenerezza in questo libro!

Ma chi se lo sarebbe aspettato di

usare questa parola nientedimenoche per un drago!

“Un drago neonato pesa milleseicento libbre … Milleseicento libbre di disastri e distruzioni. Milleseicento libbre di pelo tiepido e tenerezza … Milleseicento libbre di catastrofi e ustioni. Milleseicento libbre di squamette lucide e affetto.” (p.150)

“Il piccolo lo guardò estasiato e il ragazzo gli diede un bacino sulla punta del naso. Era come avere un fratellino piccolo”. (p.150)

Ma la tenerezza non è solo di Yorsh verso il piccolo drago!

Anche l’ormai grande Erbrow è capace di tenerezza!

Infatti durante il volo …

“La schiena del drago sembrava fatta apposta per accogliere un cavaliere: c’erano due minuscole ali interne di pelo morbido e caldo tra le due ali vere. Il drago si accorse che il ragazzo tremava e gli richiuse sopra le due ali minori. Era il posto più grandiosamente confortevole che si potesse immaginare.” (p.160)

Tante volte leggendo queste pagine ci siamo

ritrovati a sorridere divertiti per le situazioni impensabili e buffe. …

Ad esempio quando il piccolo drago, nel tentativo di imparare a volare, imitava gli uccellini …

“Non aveva funzionato. Il draghetto aveva fatto qualche tentativo di cinguettare (ustione del braccio destro di Yorsh e distruzione di otto piante di mandarino rosa) e aveva passato mezza giornata a zampettare come uno che sia convinto di pesare un ottavo di oncia, sradicando tre rampicanti di pompelmi rosa cercando di saltarci sopra a piè pari.” (p.151)

Oppure quando Yorsh pur di coprirsi si è vestito da sposa …

“Dentro c’era una lunga veste bianca, fatta di vero lino e completamente ricoperta da ricami di piccoli fori. … c’erano addirittura dei pezzi di stoffa con i disegni fatti da buchetti che il drago dichiarò chiamarsi pizzo …Yorsh si incastrò tra i vari veli che si sovrapponevano, e alla fine riuscì a infilarla.” (p.192)

Esistono i cattivi?

“Qualsiasi creatura umana, anche la peggiore, anzi, soprattutto la peggiore, ha un desiderio feroce di essere amata, perlomeno non troppo odiata. Nello sguardo disperato e annientato dei bimbi …. nascosto sotto la paura e la fame, incastrato fra la desolazione e l’umiliazione c’era l’odio.” (p.143)

Come nella Casa degli Orfani, a volte i deboli lottano l’uno contro l’altro, invece di aiutarsi a vicenda.

LA CASA DEGLI ORFANI

Che vuol dire stare bene con gli altri?

In alcuni momenti Yorsh si sentiva solo.

“Voleva qualcuno che lo consolasse, che lo abbracciasse e gli dicesse:”Sei stato bravo, figlio mio, hai fatto tutto quello che potevi, tutto quello che sapevi. Ora non ti preoccupare, ci penso io” (p.157)

Sembra facile consolare qualcuno, ma non sempre sappiamo farlo.

“Consolarsi è una di quelle cose che uno può fare anche da solo, ma in due vengono meglio: se consoli un altro ti ritrovi consolato.” (p.158)

Il segreto allora sta dunque nella capacità di donare piuttosto che in quella di ricevere?

Impariamo da Yorsh:

Doveva trascinare verso una meta impossibile un gruppo di pezzenti, di persone stanche, affamate, disilluse …

Ma lui sì che sa come si può infondere coraggio!

“… Yorsh cominciò a raccontare una storia lunga e magnifica. Inventò nomi, descrisse armate; descrisse i fuggiaschi uno per uno e ognuno ritrovò la descrizione di sé stesso con un altro nome e un’altra storia. La paura cominciò a stingersi. La stanchezza cominciò a diminuire la presa che aveva sulle gambe stanche e le menti esauste.” (p.295)

COSI’ POSSIAMO DARE CORAGGIO A QUALCUNO, COME HA FATTO YORSH !!

Ma certo il più coraggioso è Erbrow

Ti

salvo

iooooo!!!

Così l’amicizia, l’aiuto reciproco, la collaborazione creano il miracolo …

“… la discesa fu lenta: un passo alla volta, tenendosi tutti per mano, come un unico, lunghissimo serpente, per essere certi che nessuno potesse cadere.” (p.311)

CHE STRANO! In un romanzo per ragazzi abbiamo incontrato più volte la MORTE!

E’ stato un incontro triste, commovente, ma sempre delicato, profondo, sereno, pieno di significato …

Così muore il grande drago al compimento naturale della sua vita, dopo aver messo al mondo il suo piccolo.

Alla parola morte segue la parola vita!

“… Le grandi ali del grande drago si abbassavano fino all’orizzonte, dove le onde in tempesta si incontravano con il cielo.Le onde si aprirono e lentamente accolsero le grandi ali, che vi rimasero a lungo sospese, subito al confine con l’orizzonte, sotto nuvole di gabbiani.Poi le onde si richiusero e del drago non restò più niente.” (p.134)

E’ struggente la morte del cane simbolo di riconoscenza e fedeltà.

“L’elfo percepì una stanchezza infinita: un solo desiderio, ora che la guardia era finita, il riposo. Sentì il respiro del cane diventare sempre più lento fino a quando si arrestò del tutto. Sentì il cuore dare un battito, poi ancora uno, più flebile, poi dopo un intervallo ancora uno e alla fine l’ultimo. E poi più nulla. (p.192)

E infine assistiamo alla morte dell’ultimo drago: non manca la voglia di continuare a vivere, ma questa volta la morte ha il sapore del sacrificio, che significa vita e salvezza per gli altri e che alla fine si colora di felicità.

“Sino alla fine sognò di non morire, di poter vivere ancora un poco, anche così, con il petto trafitto di frecce e il fango attorno che si inzuppava del suo sangue.… Aprì per l’ultima volta gli occhi … Migliaia di piccoli fiori lo stavano circondando … Erbrow guardò i petali e sentì la felicità riempirlo, poi chiuse di nuovo gli occhi e questa volta fu per sempre.” (p.303)

Abbiamo capito una cosa molto importante:

La morte è una cosa molto triste, ma ciò che conta è vivere pienamente, essere protagonisti della vita e darle il giusto valore.

“Penso che l’importante non sono le cose, ma il senso che noi diamo alle cose. Prima o poi la morte attende tutti. Più importante del rimandare la morte è darle un senso.” (p.301)

“Il nostro destino è quello che noi vogliamo, non quello che è stato inciso nella pietra, è la nostra vita, non il sogno sognato da altri” (p.316)

FINE

Classe IC

Ist. Comprensivo G.Facone-Giovanni XXIII

Adelfia

Aprile 2013

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