autobiografia e memoria - brigatisti-libre
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Brigatisti: Renato Curcio, Alberto Franceschini, Prospero Gallinari,Valerio
Morucci, Mario Moretti, Patrizio Peci
a cura di Laura Arc, Olivia Fiorilli, Ilenia Rossini
Introduzione
Il racconto retrospettivo in prosa che un individuo reale fa della propria
esistenza, quando mette l'accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla
storia della propria personalit, con questa frase il critico francese Philippe
Lejeune definisce lautobiografia in quanto genere letterario1. Le autobiografie di
Renato Curcio, Alberto Franceschini, Valerio Morucci, Prospero Gallinari e
Patrizio Peci corrispondono solamente in parte a questa definizione. Nonostante le
differenze che intercorrono tra le opere dei sei brigatisti rossi, una caratteristica
che unisce queste autobiografie lanelito ad eccedere il racconto dellesistenza
individuale. Si pensi, ad esempio, al modo in cui Moretti, cercando di non
chiamare per nome i propri compagni e le proprie compagne, rimarca lintento
tutto politico della propria autobiografia, o allassenza quasi totale di riferimenti
alla propria vita affettiva nellopera di Morucci. La parte principale, in tutte le
autobiografie, giocata dallesperienza dellautore/intervistato allinterno di
unorganizzazione che non solamente ha avuto un ruolo totalizzante nella vita dei
suoi aderenti, ma stata al centro del dibattito politico su un momento storico che
viene considerato, se non tra i pi oscuri, sicuramente tra i pi significativi della
storia repubblicana. Ovviamente il racconto della propria vita nelle Brigate Rosse
non pu prescindere da un giudizio politico complessivo su quellesperienza,
giudizio che molto spesso la traccia fondamentale dellautobiografia stessa. I
brigatisti considerati sono stati, nella vicenda delle Brigate Rosse, personaggi di
primo piano, talora fondamentali come nel caso di Franceschini e Curcio,
fondatori dellorganizzazione, o di Moretti, leader indiscusso della stessa per un
periodo lungo e importante, ipotizzabile dunque che urga, alla base della propria
decisione di scrivere, la necessit di rendere conto, spiegandola, di unesperienza
fallimentare nei propri obiettivi ultimi, terminata nellopinione degli scriventi, ma
soprattutto fermamente condannata o comunque criticata da gran parte della
1 P. Lejeune, Il patto autobiografico, Bologna, il Mulino, 1986, p. 12.
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opinione pubblica. Ad analizzare politicamente la vicenda delle Brigate Rosse
spinge anche la necessit di stabilire il proprio ruolo allinterno di quella storia,
sottolineando responsabilit e linee politiche, instaurando talvolta un vero e
proprio dialogo tra alcune delle autobiografie: come sostiene Lejeune, infatti, chi
scrive unautobiografia intende fornire unimmagine precisa, completa e, in certo
senso, emblematica di s. Franceschini, ad esempio, ripercorre le tappe politiche
dellorganizzazione nel tentativo di separare la prima parte della storia delle Br da
unipotetica seconda parte seguita allarresto suo e di Curcio ed alla morte di
Cagol (tentativo intuibile gi a partire dal titolo della sua autobiografia) e spinto
dalla necessit di motivare la propria dissociazione.
La storia delle Brigate Rosse , per, quella di unorganizzazione che
nasce allinterno di un contesto storico e politico che gli autori dei testi esaminati
cercano, con maggiore o minore impegno e completezza, di esaminare nel suo
complesso. Lanalisi complessiva di quel periodo motivata, tra le altre cose,
dalla necessit di rendere conto di un fenomeno che stato spesso e da pi parti
considerato semplice devianza. Solamente la ricostruzione di un momento
storico che presentava, nellopinione degli autori, potenzialit rivoluzionarie pu
restituire alla scelta della lotta armata un significato che vada al di l della lettura
di questa esperienza come puro fenomeno criminale, leggibile pertanto con i soli
strumenti della morale. Non questo, per ovvie ragioni, il caso dellautobiografia
di Peci, il quale, con il probabile ausilio dellintervistatore, Giordano Bruno
Guerri, d una lettura meno politica del fenomeno delle Brigate Rosse.
Esplicito nellintento di dare una lettura complessiva della propria epoca
Morucci, che iscrive la storia delle Brigate Rosse e della lotta armata in generale
allinterno di quella pi complessiva di una generazione segnata dalla passione e
dallideologia. Non a caso lautobiografia dellex brigatista , tra le sei, quella pi
densa di riferimenti ad altre realt politiche del periodo e non solamente a causa
della precedente militanza di Morucci in altre organizzazioni extraparlamentari e
nel movimento del 68, condivisa anche da altri brigatisti nonch di giudizi
storici sul periodo. Lopera di Morucci inoltre probabilmente influenzata dalla
diversit culturale e antropologica del suo autore rispetto agli altri brigatisti:
romano e quindi distante da quel Nord Italia in cui era prevalente il mito della
Resistenza e la presenza della fabbrica come dimensione sociale, lex brigatista ha
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avuto esperienza del movimento degli anni 70, per molti versi distante dalle
posizioni delle Brigate Rosse. Pi in generale, per, le vite che queste
autobiografie raccontano, i vissuti psicologici e le soggettivit che testimoniano,
costituiscono una fonte per la comprensione del contesto storico di quellepoca, o
almeno e forse pi correttamente da un punto di vista storiografico per la storia
di un gruppo, quello che in vario modo stato attraversato e mosso dallideologia
e dalla passione politica: in questo senso si tratta di autobiografie di un insieme di
persone che condividono una certa identit collettiva. Non a caso Morucci scrive
che non sta ripercorrendo un elenco di fatti, da tutti conosciuti, ma sta
riattraversando un dolore collettivo. Nelle rispettive autobiografie, Moretti,
Curcio, Gallinari e Franceschini si sforzano di ripercorrere le tappe delle proprie
vite e degli eventi storici che si sono trovati a vivere anche alla luce della lettura
(soprattutto politica) che di questi avevano dato nel momento in cui stavano
accadendo. Pu essere di grande interesse per la storia di quegli anni osservare
linterazione delle scelte politiche e dellideologia con la vita intima e psicologica
dei protagonisti: in queste opere, infatti, viene mostrato il peso delle ideologie
sulla realt mentre, nelle opere storiografiche, generalmente si trova spiegato
solamente cosa unideologia, ma non lideologia stessa. Franceschini, ad
esempio, descrive il passaggio alla clandestinit, dovuto alla scoperta nel 1972
di un covo delle Br a Milano, come un momento di svolta esistenziale: non
solamente concretizzazione di unistanza ideologica, ma anche scelta di libert
rispetto alle aspettative gravanti sulla sua vita. Anche Gallinari, con molta
lucidit, descrive il percorso che lo porta ad essere un contadino comunista e
poi ad abbracciare la lotta armata per il comunismo, come un percorso di ricerca
identitaria e di riscatto, che lo porta ad uscire dalla vergogna per le proprie origini.
Allo stesso modo la rottura tra Morucci ed il padre si sostanzia, nel racconto
dellex-brigatista, delle parole del lessico rivoluzionario. Sia Franceschini sia
Peci, non senza una studiata sottolineatura della svolta rappresentata
dallabbandono delle corazza dellideologia, si soffermano a descrivere la novit
dellincontro su un piano umano con la controparte, i rappresentanti delle
istituzioni.
Le autobiografie analizzate mettono anche in luce la dinamica delle
appartenenze. Una dinamica mai del tutto lineare, che risente delle scelte di vita
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successive allarresto, degli eventi e delle polemiche che hanno seguito luscita -
forzata o meno dallorganizzazione, ma che non da questi completamente
determinata. Paradigmatico il caso di Peci che scrive la propria autobiografia
per screditare lesperienza delle Brigate Rosse in un momento in cui esse sono
ancora operanti - il cui rancoroso distacco dallorganizzazione e dai suoi aderenti
non sempre corrisponde, nella narrazione, ad una chiara presa di distanza emotiva
dalla propria esperienza di brigatista. Dalle autobiografie traspare il forte valore
identitario dellesperienza nelle Brigate Rosse, anche per chi, come Morucci,
prende platealmente le distanze dallorganizzazione o per chi, come Curcio,
dedica almeno una parte della propria opera alla nuova vita seguita a quella da
brigatista.
Questi testi sono dunque preziosi per lanalisi del fenomeno della lotta
armata e di quegli anni in generale dal punto di vista della soggettivit dei suoi
protagonisti. Tuttavia necessario fare alcune osservazioni per un miglior uso
delle fonti. Ricordi personali scrive Gallinari analizzando i contenuti della
propria autobiografia - che per si intrecciano, si mischiano e spesso si
confondono con fatti e avvenimenti che hanno avuto un peso nella vita collettiva.
Di qui un problema? Usare il senno di poi? Raccontare attingendo a critiche,
autocritiche, scomuniche, valutazioni o giudizi maturati a posteriori? Ho scelto
unaltra strada. Quella di far riemergere il filo dei pensieri e degli atti compiuti nel
modo in cui, effettivamente questi hanno attraversato e poi portato ad agire di
conseguenza2. bene tuttavia chiedersi se sia possibile per gli scriventi
prescindere da critiche, autocritiche, scomuniche, valutazioni o giudizi. Il
meccanismo della memoria sempre selettivo, e non solo per quanto riguarda la
ricostruzione dei nudi fatti, ma anche se non soprattutto per quanto riguarda la
ricostruzione delle percezione soggettiva degli eventi e la vita interiore. Secondo
il critico Duccio Demetrio, lautobiografia ha un carattere terapeutico, come se chi
scrive volesse ripercorrere attraverso la narrazione alcuni momenti della propria
vita per motivi personali ed interiori e, in questo senso, non qualcosa di
letterariamente compiuto, ma solo piuttosto il frutto di scelte soggettive3.
2 P. Gallinari, Un contadino nella metropoli. Ricordi di un militante delle Brigate Rosse, Milano,
Bompiani, 2006, p. 9. 3 D. Demetrio, Raccontarsi. L'autobiografia come cura di s, Milano, Cortina, 1996, passim.
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Scrive Curcio, con grande lucidit Questa lunga intervista, selezionando alcuni
eventi della mia esistenza e la memoria attuale che ne ho, presenta una certa
versione di me stesso: quella che venuta fuori durante numerose chiacchierate in
una disadorna stanzetta di Rebibbia. Assai probabilmente, allombra di un grande
faggio, i ricordi non sarebbero stati gli stessi. Daltra parte tracciando arbitrarie
differenze nel flusso degli eventi, essi si tradiscono da soli poich si servono, per
raccontarsi, del linguaggio volubile del mito: il mito di s e della propria vita4. In
questo caso ad interferire con la memoria concorrono una serie di circostanze che
vanno dalla reclusione, esperienza esistenziale totalizzante, alla constatazione
della fine tragica di unesperienza e delle critiche e delle scomuniche che essa ha
sollevato. Bisogna inoltre considerare che la pubblicit delle memorie affidate ad
unopera destinata al mercato editoriale non pu non aver parzialmente influito,
almeno inconsciamente, su quella che Curcio definisce la memoria attuale degli
eventi. Se queste considerazioni possono valere per le fonti orali, esse varranno
tanto pi per le autobiografie, che, pur essendo basate su interviste (eccetto
lopera di Gallinari), sono state corrette ed elaborate in vista della pubblicazione.
bene inoltre tener presente la tensione fondamentale verso la costruzione di una
narrazione unitaria e coerente di s, che se agisce - quale fattore di selezione e
rielaborazione - in ogni racconto autobiografico, sicuramente presente in queste
opere. Non si vuole per sostenere lipotesi di una cosciente o semicosciente
selezione o, peggio, falsificazione della memoria, quanto piuttosto suggerire una
lettura pi complessa delle autobiografie considerate, che tenga conto della
complessit creata dagli eventi politici, storici ed esistenziali intervenuti tra
lepoca dei fatti e la stesura delle opere, nonch delle diverse motivazioni,
dichiarate o meno, che hanno spinto gli ex-brigatisti a raccontare le proprie vite.
Se queste considerazioni valgono per luso delle autobiografie quali fonti per una
storia della soggettivit dei protagonisti della lotta armata allinterno della
ricostruzione degli anni che furono attraversati da questo fenomeno e dalla
contestazione, esse devono essere una premessa fondamentale allapproccio
storiografico alla ricostruzione di quegli eventi che non sono in qualche modo
verificabili attraverso lincrocio di pi fonti. Curcio, Franceschini, Gallinari, Peci
4 R. Curcio, A viso aperto: vita e memorie del fondatore delle BR, intervista di Mario Scialoja,
Milano, Mondadori, 1993, p. VII.
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e Morucci, nelle loro autobiografie, forniscono dettagli, informazioni, elaborano
gerarchie di responsabilit forniscono motivazioni politiche e non. Questo senza
dubbio uno stimolo di grande utilit per la ricostruzione della storia delle Brigate
Rosse, ma nondimeno un terreno rischioso. Non un caso che molte delle
valutazioni formulate dai vari autori divergano spesso sostanzialmente. Si pensi,
ad esempio, alle considerazioni sul ruolo giocato dalla strage di Piazza Fontana e
dalla strategia della tensione nella nascita della lotta armata, o alle divergenze
presenti anche nel racconto di quelli che dovrebbero essere dei fatti
incontrovertibili: Curcio e Franceschini, entrambi fondatori dellorganizzazione,
danno due spiegazioni diverse dellorigine del simbolo delle Brigate Rosse,
mentre Moretti ammette che su di essa circolano tre diverse versioni.
Bisogna infine fare alcune considerazioni sulla forma delle autobiografie
considerate. Si gi detto che solamente lautobiografia di Gallinari frutto di
unelaborazione completamente autonoma. Le opere di Moretti e Curcio si
presentano sotto forma di interviste, nelle quali le domande degli intervistatori
sono visibili. Peci e Franceschini hanno rielaborato in forma unitaria le risposte ad
interviste alle quali sono stati sottoposti, mentre Morucci ha scritto la propria
autobiografia prendendo spunto da domande postegli da un interlocutore che
talvolta emerge tra le righe del testo. Le diverse forme di queste autobiografie
danno adito ad una serie di riflessioni che precedono lanalisi di queste ultime. In
primo luogo lintervista una forma di selezione preliminare delle informazioni.
Il soggetto intervistato, anche quando pu intervenire a posteriori sul testo, non si
esprime a partire dalle proprie esigenze di comunicazione ed elabora un racconto
che parte solo parzialmente dalle proprie priorit. In questo contesto linterazione
dellintervistato con lintervistatore fondamentale ai fini dellanalisi dei
contenuti. Intervistatori diversi fanno, com ovvio, domande diverse: si pensi in
questo senso alla distanza che intercorre tra lintervista di Giordano Bruno Guerri
a Peci e quella di Carla Mosca e Rossana Rossanda a Moretti. Ma anche
linterazione umana tra intervistatore ed intervistato pu influire sui contenuti di
unintervista. Nel caso delle autobiografie di Franceschini e Peci non ci neppure
dato sapere quali sono state le domande poste agli ex-brigatisti. Nonostante dalle
risposte di Moretti traspaia a volte uninterazione personale con le intervistatrici,
nellautobiografia di questultimo non specificato se a formulare la singola
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domanda sia Mosca o Rossanda. A dirci qualcosa sullintervistato concorrono
comunque anche le scelte operate al momento delledizione del testo: decidere di
mantenere visibili le domande dellintervistatore pu essere una forma di presa di
distanza dal testo stesso, come lascia in qualche modo intendere il brano di Curcio
che si sopra citato. Lintervista, comunque, esce dallo schema che Lejeune
identifica come caratteristico dellautobiografia, ovvero lidentit tra io narrante,
soggetto e oggetto dei fatti narrati: nelle interviste, infatti, c un io che narra dei
fatti di cui soggetto e oggetto, ma che guidato nella sua narrazione da una
persona completamente esterna agli eventi narrati.
Schede biografiche
Alberto Franceschini nasce il 26 ottobre 1947 a Reggio Emilia. Fondatore
delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio e Margherita Cagol. Franceschini
viene arrestato nel 1974, si dissocia ufficialmente dalla lotta armata nel 1987 con
una dichiarazione sottoscritta al carcere di Rebibbia. Lascia il carcere nel 1992.
Oggi coordinatore nazionale dell'Arci e collabora al quotidiano Ore d'Aria.
Renato Curcio nasce il 23 Settembre 1941 a Monterotondo (Roma).
Fondatore delle Brigate Rosse insieme ad Alberto Franceschini e Margherita
Cagol. Arrestato nel 1974. Evaso dal carcere nel febbraio 1975, viene arrestato di
nuovo all'inizio del 1976.
Nel 1987 con una lettera aperta, insieme a Mario Moretti ed altri dichiara chiusa
lesperienza della lotta armata rilevandone linattualit. Scarcerato nel 1993,
lavora come direttore editoriale nella cooperativa Sensibili alle foglie.
Mario Moretti nasce il 16 gennaio 1946, a Porto San Giorgio nelle Marche.
Entra nelle Brigate Rosse nel 1970 e, dopo gli arresti di Renato Curcio e di
Alberto Franceschini ne il capo pi autorevole, lui a gestire il sequestro di
Aldo Moro. Arrestato nel 1981. Condannato allergastolo. Nel 1987, insieme a
Renato Curcio ed altri, con una lettera aperta dichiara chiusa lesperienza della
lotta armata, rilevandone linattualit. Nel 1994 ottiene la libert vigilata. Esperto
di informatica, ha collaborato alla fondazione della Cooperativa Spes composta da
ex militanti dissociati.
Patrizio Peci nasce nel 1953 a Ripatransone, nelle Marche. Dapprima
militante di Lotta Continua, d vita al gruppo dei Proletari Armati per la Lotta ed
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infine entra nelle Brigate Rosse nel 1977.Arrestato il 19 febbraio 1980, fu il primo
pentito della BR a collaborare con lo Stato.
Il fratello Roberto viene rapito per ritorsione dalle Brigate Rosse Partito
Guerriglia il 10 giugno 1981 e il suo cadavere ritrovato il 4 agosto.
Condannato ad 8 anni, stato scarcerato, ha cambiato nome e vive in localit
segreta.
Prospero Gallinari nasce il 1 gennaio 1951 a Reggio Emilia. Nel 1970
aderisce al gruppo di Corrado Simioni, detto dei Superclan, contrapposto a quello
di Renato Curcio. Nel 1973 entra nelle Brigate Rosse. Arrestato nel 1974, nel
1977 evade dal carcere di Treviso.
Partecipa al sequestro di Aldo Moro: tra gli inquilini dellappartamento di via
Montalcini. Nuovamente arrestato nel 1979. Durante il conflitto a fuoco, le forze
dell'ordine lo colpiscono alla testa. Nel 1999 ad una tavola rotonda organizzata dal
Manifesto, dichiara che la lotta armata finita, non esistendone pi le condizioni,
e nega ogni continuit con le Nuove Brigate Rosse. Condannato a tre ergastoli, si
trova nella condizione di detenzione domiciliare per motivi di salute.
Attualmente lavora part-time come operaio in unazienda tipografica di Reggio
Emilia.
Valerio Morucci nato a Roma il 22 luglio del 1949. Nel 1968 entra nel
Movimento. Aderisce a Potere Operaio, poi tra il 1976 ed il 1977 uno dei
dirigenti delle Formazioni Armate Comuniste, che partecipano alla fondazione
della colonna romana delle Brigate Rosse. Partecipa al sequestro di Aldo Moro,
svolgendo la funzione di postino. tenta di opporsi, insieme ad Adriana Faranda,
all'uccisione del presidente della Dc.
Nel 1979 con un documento critico si distacca dalla direzione
dellorganizzazione. Arrestato nel 1979. Nel 1985, durante il processo d'appello in
corso a Roma per il rapimento e l'omicidio di Aldo Moro, legge un documento di
dissociazione dalla lotta armata firmato da 170 detenuti. Scarcerato nel 1994, oggi
lavora come consulente informatico.
I brigatisti e leditoria
Franceschini: Mara, Renato ed io. Storia dei fondatori delle Brigate Rosse,
libro-intervista rilasciato a Pier Vittorio Buffa e Franco Giustalisi, del 1988 ed
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stato pubblicato da Mondadori nella collana Frecce. Dal 1991 pubblicato nella
collana Bestsellers della Mondadori: oggi siamo alla dodicesima ristampa.
Franceschini, nel 1997, ha pubblicato per Ediesse La borsa del Presidente.
Ritorno agli anni di piombo, un breve romanzo fanta-politico in cui sono chiari i
riferimenti al sequestro di Aldo Moro. Nel 2004, infine, Rizzoli ha pubblicato Che
cosa sono le Br, unintervista di Giovanni Fasanella a Franceschini che ha avuto
molto successo.
Peci: Io, linfame, libro-intervista raccolto da Giordano Bruno Guerri,
stato pubblicato da Mondadori nel 1983 e ristampato nel 1984. Da allora, Peci non
ha pi scritto nulla. Il libro, inoltre, non pi stato ristampato.
Curcio: A viso aperto. Vita e memorie del fondatore delle BR, intervista
rilasciata a Mario Scialoja, stato pubblicata per la prima volta nel 1993 da
Mondadori e di nuovo nel 1995 nella collana Bestsellers. Dalla difficile
reperibilit del saggio si pu dedurre che probabilmente non si trattato di un
successo editoriale. Curcio, comunque, ha pubblicato molte altre opere, tutte per
la Cooperativa Editoriale Sensibili alle Foglie, con cui collabora. Si tratta
principalmente di saggi sulla condizione carceraria e sul mondo del lavoro.
Gallinari: La sua autobiografia, Un contadino nella metropoli. Ricordi di
un militante delle Brigate Rosse, uscita nel 2006 con la casa editrice Bompiani
(appartenente al gruppo RCS). Non sembra aver avuto un grande successo. Gi
nel 1995 aveva pubblicato, presso la casa editrice Feltrinelli, Dall'altra parte:
l'odissea quotidiana delle donne dei detenuti politici.
Moretti: Brigate Rosse. Una storia italiana, intervista di Carla Mosca e
Rossana Rossanda, stato pubblicata nel 1994 dalla casa editrice Anabasi, che lo
ha ristampato dopo solo un mese dalla prima edizione. Dal 1998 stato
ripubblicato da Baldini & Castoldi, che lo ha ristampato fino al 2004. Moretti non
ha scritto nessuna altra opera.
Morucci: La peggio giovent. Una vita nella lotta armata stato
pubblicato nel 2004 da Rizzoli e non sembra essere mai stato ristampato. Morucci,
comunque, gi si era cimentato in unautobiografia incentrata sui primi anni della
sua formazione politica, Ritratto di un terrorista da giovane, pubblicato da
Piemme nel 1999 e ripresentato in edizione Pocket nel 2005, forse sullondata
delle vendite dellautobiografia successiva. Inoltre ha anche scritto dei racconti
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(alcuni sono contenuti in La peggio giovent), pubblicati nel 1994 da
Manifestolibri con il titolo di A guerra finita, e due romanzi gialli, Klagenfurt
3021 (Fahrenheit 451) e Il caso e l'inganno: le indagini del commissario Amidei
(Bevivino 2006).
Motivazioni alla scrittura autobiografica
Le motivazioni nella stesura dellautobiografia risentono certamente delle
diverse posizioni degli autori dopo la fine della loro esperienza da brigatisti.
Lautobiografia di Patrizio Peci, Io lInfame, del 1982 ed la prima delle
autobiografie dei brigatisti rossi. , quindi, unautobiografia scritta a caldo, in
un momento in cui le Brigate Rosse, anche se ormai divise e allo sbando, ancora
operano e fanno proseliti. Peci, primo pentito delle Br, vuole con la sua
autobiografia stendere un atto di accusa contro lOrganizzazione alla quale
appartenuto e che ha ucciso, per vendetta, suo fratello Roberto. Lex brigatista
non nasconde i suoi risentimenti verso i responsabili della morte del fratello, che
definisce bestie e che cerca di mostrare in tutte le loro piccolezze e in tutti i loro
difetti:
Vorrei raccontarla, questa vita quotidiana del povero brigatista, non per fare del
colore n per suscitare pena o disprezzo, ma proprio per togliere qualsiasi alone
mitico e leggendario allOrganizzazione: i ragazzi tentati di entrarci sappiano che
non li attende una vita magica e fantastica, ma squallore e tristezze; anche i
problemi militari e della clandestinit, i pi belli, finiscono per presentarsi
sempre in forme ridicole o grottesche5.
Lautobiografia di Gallinari, Un contadino nella metropoli ricordi di un
militante delle Brigate Rosse, , al versante opposto, la pi recente ed il frutto di
una riflessione lunga tutti i venticinque anni che lo separano dagli eventi. Lo
scritto di Gallinari, quindi, pi mediato e ci riscontrabile anche nel fatto che,
unico tra tutti i brigatisti che si sono cimentati nella stesura della loro
autobiografia, usa delle fonti per dare maggiore valore alle sue parole (articoli di
giornali, brani dalle autobiografie dei suoi ex-compagni, dati raccolti nel Progetto
Memoria):
5 P. Peci, Io lInfame, a cura di Giordano Bruno Guerri, Milano, Mondadori, 1983, p. 75.
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Unorigine, un percorso, una storia: quelli della mia vita. Superati i
cinquantanni, un viaggio nel proprio passato anche un attraversamento di
ricordi. Ricordi personali che per si intrecciano, si mischiano e spesso si
confondono con fatti e avvenimenti che hanno avuto un peso nella vita collettiva.
Di qui un problema? Usare il senno di poi? Raccontare attingendo a critiche,
autocritiche, scomuniche, valutazioni o giudizi maturati a posteriori? Ho scelto
unaltra strada. Quella di far riemergere il filo dei pensieri e degli atti compiuti nel
modo in cui, effettivamente questi hanno attraversato e poi portato ad agire di
conseguenza6.
Tra tutte le autobiografie dei brigatisti, queste due sono forse quelle che meno
hanno come intento quello di una giustificazione dellautore.
Entrambi, a modo loro, si pongono per come modelli esemplari: Peci nella scelta
del pentimento (arriva a dire che denunciando i suoi compagni, in realt, gli
faceva un favore), Gallinari nella scelta del modo di mettere la parola fine
sullesperienza della lotta armata attraverso la parola dordine dellamnistia.
Al valore esemplare della propria figura, di fondatore e capo storico delle Br, fa
riferimento anche Curcio che intende lintervista rilasciata a Mario Scialoja, A
viso aperto vita e memorie del fondatore delle BR, come un atto dovuto da parte
di un personaggio pubblico, verso coloro che chiedono chiarezza. Una chiarezza
di cui, rispetto al fenomeno della lotta armata, avverte forte la necessit:
Ho accettato la sollecitazione di Mario Scialoja per due ragioni. La prima:
aprirmi alle molte domande che da pi parti mi vengono poste. In quanto figura
pubblica credo che questo sia un dovuto al quale sarebbe ingeneroso sottrarmi. E
poi questa la seconda perch in tanti anni di vita esposta nella vetrina dei
giornali ho avuto modo di apprezzare in prima persona e molte volte le qualit
professionali e la sensibilit umana dellintervistatore7.
La stessa necessit di spiegare, di andare oltre la condanna morale, oltre la
criminalizzazione della lotta armata, per riaffermare la specificit di un fenomeno
che tutto politico, si avverte come spinta forte nellautobiografia di Moretti,
Brigate Rosse - Una storia italiana. Anche in questo caso si tratta di unintervista,
Moretti risponde alle domande di Carla Mosca e Rossana Rossanda.
6 Gallinari 2006, p. 9. 7 Curcio 1993, p. I.
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A differenza delle altre biografie, quella di Moretti si configura gi dal titolo -
lunico in cui non c riferimento allindividualit dellautore, ad un io - come
unautobiografia politica, che sembra essere pi unautobiografia delle Brigate
Rosse che di un brigatista rosso. E lesperienza delle Br rivendicata come
specificamente italiana, con una doppia polemica, contro coloro che tentano di
espellere il fenomeno dalla storia del paese come estraneo, non riconoscendone il
radicamento nella situazione socio-politica dellItalia degli anni 70, e contro
coloro che vogliono lorganizzazione infiltrata, o addirittura guidata da poteri
esterni e servizi stranieri:
Ma sugli anni 70 la sinistra non parla, perch dentro ci sta anche
uninsorgenza armata, si voglia o non si voglia, e comunque la si giudichi. Le
Brigate Rosse sono finite da anni, i compagni sono in carcere, e ancora siamo una
spina che va di traverso, si tace o si cerca di esorcizzarci. E, peggio, c chi cerca
di intorbidare una vicenda che stata piena di speranze, forse illusioni, tentativi,
errori, dolore, morte ma non sozzure. Vorrei cercar di restituire questa storia alla
possibilit di una critica8.
Il punto che si deve fare una riflessione che renda laccaduto
comprensibile a quanti nella societ hanno ragione di chiedercene conto. Questo
mi ha spinto a fare questa ricostruzione con voi, e senza altri limiti che quelli di
una memoria che, ahim invecchia come tutto il resto. Con lunica
preoccupazione, che non pi neanche una riserva, di non mandare in galera
altri9.
Nella prefazione di Mara Renato e io, Pier Vittorio Buffa e Franco
Giustalisi, i curatori dellopera, scrivono che Franceschini accetta di collaborare
inizialmente senza entusiasmo, ma poi si appassiona al progetto:
Avevo capito che stavo mettendo per iscritto la mia vicenda, che questo
libro non era solo vostro ma anche mio e che non potevo quindi delegarne
completamente a voi la fattura. Mi venuta voglia, una voglia intensa, di far
8 M. Moretti, Brigate Rosse. Una storia italiana, Intervista di Carla Mosca e Rossana Rossanda,
Milano, Baldini&Castaldi, 1998, p. 2. 9 Ivi, p. 257
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capire i nostri errori, di impedire, raccontandoli, che altri possano seguirci sulla
strada della violenza10.
Franceschini racconta solo le vicende di cui stato direttamente
protagonista.
Morucci afferma di essere stato spinto alla scrittura non dalla volont di
ricostruire i fatti, ma da quella di cercare le ragioni di un fenomeno collettivo e
doloroso. Ad essere coinvolta unintera generazione, non solamente quanti
hanno militato nelle BR:
Di album di figurine su questa storia ce n gi tanti. Inutile stare qui a
faticare per farne un altro. Chi a quelli fosse interessato pu trovarne tanti da
ubriacarsi. Il nostro, e quello gi da alcuni altri compiuto, un altro viaggio. Non
stiamo ripercorrendo un risaputo elenco di fatti. Stiamo riattraversando un dolore
collettivo. Che ha quelli come sfondo o come pozzo cui riattingere, a momenti
placato, in altri pi convulso, per proseguire sulla sua strada. Il dolore poco
interessato alla verit. Se non alla sua. Confusa, parziale, animosa e, a volte, sopra
le righe. Perch altro la spinge alla ragione. Pi, semmai, una ricerca tormentosa
delle ragioni, sbattendo la testa a destra e a manca alla ricerca di un appiglio11.
Lobiettivo ancora una volta quello di capire gli errori del passato per
evitare che si ripetano:
Credo che possa essere utile una critica del passato per arrivare ad una definitiva
sepoltura dei suoi errori 12.
Ma anche quello di evitare che sia buttato il bambino insieme allacqua sporca:
Siamo qui per scavare fino al fondo degli errori. Per buttare via lacqua sporca
fino allultima goccia. Ma il bambino va salvato. Non tanto per la consolazione di
noi vecchi reduci. Ma per tirare via dalla cronaca e dalle carte giudiziarie il segno
che ha lasciato13.
10 A. Franceschini, Mara Renato e io. Storia dei fondatori delle Br, Milano, Mondadori., 1988, p.
XI. 11 V. Morucci, La peggio giovent. Una vita nella lotta armata, Milano, Rizzoli, 2004, p. 159. 12 Ivi, p. 50. 13 Ivi, p. 287.
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Aspirazioni letterarie
Alla disposizione danimo differente con cui ciascuno si accosta alla
scrittura, corrisponde anche un differente stile.
Lopera di Peci, che la sistemazione di una lunga intervista di Giordano
Bruno Guerri, basata su un linguaggio teso e diretto, privo di ambizioni
letterarie.
Gallinari, invece, che pu aver riflettuto a lungo sulle sue parole e che ha
certamente una capacit letteraria superiore, si lascia andare a parti pi poetiche.
Le opere di Curcio e di Moretti si presentano in forma di intervista, con
uno stile dunque diretto e non letterario. Il linguaggio del primo, comunque, pi
spontaneo e immediato, mentre nel secondo, per la natura differente dellopera,
prevale un linguaggio politico, chiaro ma articolato.
molto importante riflettere sul fatto che, delle sei opere esaminate, solo quella di
Gallinari unautobiografia nel vero e proprio senso della parola. Quelle di
Moretti, Curcio, Franceschini e Peci, infatti, sono tutte il frutto di interviste
rilasciate ad altre persone (anche se certamente lette e riviste dai protagonisti).
Nellanalisi del contenuto delle autobiografie necessario riflettere sulle
implicazioni della scelta, da parte dei protagonisti, tra lasciare il testo sotto forma
di intervista (senza eliminare le domande dellintervistatore) o rielaborarlo in
prima persona. Limpressione che si ricava laddove sono state lasciate le domande
(Curcio e Moretti), infatti, che lintervistato non abbia potuto dire liberamente
quello che voleva, ma che sia stato costretto dai limiti delle domande postegli:
gli intervistati, quindi, sembrano prendere le distanze dal testo, esplicitando il
fatto che esso non frutto di una spontanea selezione dei contenuti raccontati. In
questa ottica appare anomalo constatare che lintervista a Moretti, al contrario di
quella a Curcio (e dellautobiografia di Franceschini), non abbia un indice dei
nomi alla fine, nonostante si presenti come uno scritto pi politico e meno
personale. Singolare anche il fatto che non sia esplicitato se a porre ogni
domanda a Moretti sia Rossana Rossanda o Carla Mosca. Dove invece il discorso
ha assunto una forma organica (Franceschini e Peci), il lettore indotto a credere
di leggere direttamente ci che il protagonista ha scelto di raccontare e tende a
dimenticare la mediazione dellintervistatore nella selezione dei contenuti: in
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questo modo viene coinvolto maggiormente sul piano emotivo. Lautobiografia di
Morucci, infine, stata scritta dallex-brigatista, ma comunque sulla base di
interrogativi venuti fuori in alcune discussioni con Pino Casamassima, a cui ogni
tanto si rivolge mentre scrive.
Un altro elemento di cui bisogna tenere conto lidentit dei curatori-
intervistatori delle opere. Molti dei curatori sono dei giornalisti professionisti.
Lautobiografia di Franceschini stata curata da Pier Vittorio Buffa, giornalista
che ha lavorato a lungo per il settimanale LEspresso e per altri periodici dello
stesso gruppo editoriale, e da Franco Giustolisi, inviato speciale che ha lavorato
per Paese Sera, Il Giorno, la Rai (Tv Sette) e attualmente scrive per L'Espresso.
Nel 2003 Giustolisi ha partecipato al volume collettivo Tra storia e memoria. 12
agosto 1944: la strage di Sant'Anna di Stazzema, edito da Carocci. Dal 1996
conduce la sua battaglia per far luce sull'Armadio della vergogna. In questi anni
stato uno dei pi attivi promotori delle diverse iniziative a favore della
costituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle stragi nazifasciste.
Renato Curcio, invece, stato intervistato da Mario Scialoja, uno dei maggiori
giornalisti dinchiesta italiani, anche lui inviato dellEspresso. Mario Moretti
stato intervistato da Rossana Rossanda, tra i fondatori de Il manifesto, e da Carla
Mosca, giornalista della Rai (del Giornale Radio) che si occupata a lungo di
cronaca giudiziaria. Si distaccano da questo scenario Pino Casamassima e
Giordano Bruno Guerri. Pino Casamassima, quasi invisibile interlocutore di
Morucci, un giornalista che ha a lungo lavorato per Il giornale di Brescia e per
LIndipendente ed autore di una ventina di libri riguardanti l'automobilismo, la
musica, la cronaca politica. Il curatore dellautobiografia di Peci Giordano
Bruno Guerri, al momento dellintervista direttore editoriale della Mondadori e
discusso autore di opere sul regime fascista che, rievocando fatti personali dei
personaggi analizzati, propongono una lettura sentimentale del fascismo.
Coincidenze lessicali
rilevante il fatto che tutti i brigatisti considerati, eccetto Morucci
chiamino le Br lorganizzazione e parlino di compagni: lo fa anche Peci, che
pure ha rotto con essi nel modo pi tragico.
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Molto forte limpatto della parola assassini, usata da Morucci: Cio, per
chiamare le cose con il loro nome, come ho fatto a diventare un assassino, un
reprobo14.
Lo stesso termine assassini usato anche, a pi riprese, da Peci, anche se
in questo caso difficile dire se il termine comporti un giudizio morale sullintero
operato delle Brigate Rosse o solamente sullassassinio del fratello. Questa
coincidenza lessicale tra Morucci e Peci mostra come siano proprio loro due, tra
gli autori considerati, quelli che pi hanno preso le distanze dalle Brigate Rosse e
dalla loro esperienza passata in questa organizzazione. A questo proposito utile
evidenziare come Franceschini, riferendo dellimbarazzo nellusare il verbo
giustiziare per definire luccisione di un prigioniero Sossi con cui i brigatisti
hanno raggiunto un certo grado di intimit, non prenda mai neanche in
considerazione la possibilit di usare il termine assassinare, termine che fa
perdere allatto di togliere la vita tutte le valenze politiche, lasciando solo quelle
puramente criminali:
Prima di avere Sossi con noi dicevamo che, se le cose non fossero andate
nel modo giusto, lo avremmo giustiziato. Ma usavamo questa parola come fosse
scritta su un libro, in modo impersonale, riferendo di un atto formale come , ai
fini della storia, una fucilazione. Vivendo con lui, provvedendo ai suoi bisogni
elementari, vedendolo piangere, non ci commuovevamo certo, ma la frase lo
giustiziamo Spar dai nostri discorsi. Quando non ne potevamo fare a meno la
sostituivamo con alcune circonlocuzioni, senza mai entrare nei dettagli15.
Formazione scolastica
Nessuno dei brigatisti considerati sembra attribuire molta importanza alla
formazione scolastica, che passa in secondo piano rispetto a quella extra-
scolastica. Tra loro non c nessun laureato: non si laureano nemmeno coloro che
frequentano luniversit, cio Curcio (Sociologia), Franceschini (Ingegneria) e
Moretti (Economia e Commercio). Gallinari ha solo la licenza elementare. Questo
dato, per, non deve essere considerato come una tendenza generale delle Brigate
Rosse, in quanto, secondo i dati raccolti dal Progetto Memoria, il 21,7 % degli
14 Morucci 2004, p. 28. 15 Franceschini 1988, passim.
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inquisiti per la loro appartenenza alle Brigate Rosse laureato16. Nessuno dei
brigatisti considerati ha una formazione scolastica umanistica: nessuno, infatti, ha
frequentato un liceo e quelli che hanno il diploma di maturit hanno studiato in un
istituto tecnico (anche Morucci, dopo aver provato ad andare al liceo artistico e a
quello linguistico, si iscritto ad una scuola alberghiera). Leggendo le
autobiografie, che mostrano una capacit dialettica sicuramente superiore alla
media, si pu dedurre, quindi, che la vera formazione della loro vita avvenuta in
un contesto extra-scolastico.
N Gallinari n Peci hanno il diploma superiore. Gallinari abbandona la scuola
allet di 12 anni, dopo un anno di scuole medie, e comincia a lavorare nei campi.
Peci, invece, frequenta lIstituto Tecnico industriale a Fermo, la stessa scuola che
frequenta Mario Moretti (anche se a quei tempi non si conoscono perch Moretti
pi grande). Lanno prima del diploma abbandona la scuola ed entra nelle Brigate
Rosse.
La vita interna alla scuola, comunque, garantisce ad entrambi un rapporto, pi o
meno consapevole, con la politica, o almeno con la ribellione contro
unistituzione. Questa politicizzazione giunge al punto che proprio per le azioni
compiute contro presidi e professori Peci viene avvicinato da alcuni emissari delle
Br:
Era un istituto tecnico, con parecchie specializzazioni, e ho scelto di fare
il tecnico industriale perch mi piaceva quel lavoro. Soprattutto mi piaciuto in
terza e in quarta, quando ho preso la specializzazione in informatica. Ho
cominciato ad imparare il linguaggio del calcolatore, a fare programmi, ma per il
resto lo studio mi annoiava come prima e mi trovavo a disagio in classe perch
essendo stato bocciato due volte ero sempre con i ragazzini. Era lepoca in cui a
scuola si poteva fare quasi tutto quel che ti pareva: fumare, dare del tu ai professori,
scrivere sui muri, fare cortei interni, e poi cera la possibilit di aggregazione,
perch durante le ore di laboratorio ci si riuniva tra classi diverse. Insomma, a
scuola abbiamo fatto le prime azioni17.
16 M. R. Prette, La mappa perduta, Sensibili alle foglie, 1994, p. 61. 17 Peci 1983, p. 37.
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C da dire anche che non ne potevo pi della scuola. Mi mancava solo
un anno a finire, avrei potuto benissimo finire, trovare un lavoro, la ragazza ce
lavevo, eccetera, ma quella vita l per me non aveva pi molto interesse18.
Durante il primo inverno della nuova esperienza scolastica i termosifoni presero
a non funzionare. Faceva un freddo cane e part il primo sciopero degli studenti.
Uno sciopero che ovviamente influ molto su di me. [] La vergogna del palt
non mi imped di sentirmi coinvolto, appena partirono, nelle lotte per il
riscaldamento che non funzionava. Ma anche in quelle successive, contro i
provvedimenti disciplinari assunti dalla scuola, nella funzione del professore
facente funzione di preside in quella succursale. [] Dopo alcuni giorni fummo
sospesi con lavvertimento che saremmo stati espulsi se avessimo continuato. Alla
fine del trimestre trovammo chi un cinque, chi un quattro in condotta (politica
della differenziazione). A conclusione dellanno scolastico fummo tutti equiparati,
con un sei come voto massimo per tutti coloro i quali avevano partecipato alla
seconda parte della lotta [] un sei politico appunto. Del resto, almeno per me, le
insufficienze accumulate erano parecchie e la voglia di continuare la scuola ben
poca. Col nuovo anno ripresi le frequenze, ma riuscii a resistere solo per pochi
mesi. Gli interessi che mi attiravano ormai erano altri. Ma quellanno di scuola mi
insegn tanto19.
Franceschini non parla della sua formazione scolastica dice solo di essersi iscritto
alla facolt di Ingegneria, senza per laurearsi:
Studiai a Bologna per uno, due, tre anni, ma odiavo gli ingegneri, votati
ad un mestiere fatto di schemi, numeri, cifre20.
Moretti lunico tra i coetanei che frequenta, quasi tutti operai, a continuare gli
studi dopo le medie: si diploma allistituto tecnico industriale:
Io sono stato, credo, lunico che ha continuato a studiare dopo le medie,
allistituto tecnico industriale. Mi sono diplomato a Fermo21.
Curcio dopo le elementari viene mandato in un collegio di preti a
Centocelle dove viene bocciato. Mandato ad Imperia, riesce con difficolt a finire
18 Ivi, p. 42. 19 Gallinari 2006, p. 23. 20 Franceschini 1988, p. 13. 21 Moretti 1998, p. 3.
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gli studi dellobbligo e inizia a lavorare. La madre, dopo aver rilevato una
pensione a San Remo che comincia a funzionare, insiste perch il figlio prosegua
gli studi:
Dissi che avrei voluto iscrivermi al liceo artistico: mi piaceva dipingere
anche se facevo degli scarabocchi. Ma tutti mi sconsigliarono: cosa combinerai
dopo con quella scuola? Diventerai un disoccupato cronico!. Allora mi ribellai di
nuovo: se proprio volete che faccia unaltra scuola sceglier a caso. E scelsi
aprendo lelenco telefonico. Capit un istituto per periti chimici di Albenga22.
Dopo il diploma, preso con voti molto alti, Curcio decide di non continuare gli
studi e si trasferisce a Genova, dove per un anno vive in modo precario grazie
piccoli espedienti. Poi, nellautunno 63, si trasferisce alla neonata Universit di
Trento per studiare Sociologia, tappa fondamentale per la sua maturazione
culturale e politica:
Mi rimasto un bel ricordo del corso di economia due tenuto da Nino Andreatta
e dal suo assistente Romano Prodi: eravamo solo in cinque a frequentarlo perch
il programma di studio era solido e loro venivano considerati molto rigorosi ed
esigenti23.
Dopo aver tentato il liceo artistico e quello linguistico, Morucci si iscrive alla
scuola alberghiera:
Anche se a scuola andavo male, o meglio, non ci andavo proprio,
mio padre non mi diceva granch. Forse aspettava pazientemente che
maturassi. Oppure stava l a chiedersi che cosa avesse sbagliato lui.
Nel 1966, dopo un anno perso al liceo artistico e un altro al
linguistico, pens che forse non ero portato per lo studio e mi iscrisse
alla scuola alberghiera24.
Qui Morucci organizza uno sciopero contro le condizioni di lavoro nellalbergo
nel quale impiegato insieme ai compagni di studi:
Cos anche l dopo un mesetto mi incazzai per come ci trattavano. Esternammo il
nostro malcontento, ma picche. Allora misi su quasi al completo gli altri del mio
turno e li portai fuori dallalbergo, sulla litoranea. Tutti in pantaloni neri e
22 Curcio 1993, p. 20. 23 Ivi, p. 32. 24 Morucci 2004, p. 59.
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giacchetta di servizio a righine. Non avevano mai visto una roba del genere e si
preoccuparono. Cedettero. Un po25.
Formazione culturale
Peci e Gallinari mettono in evidenza un rapporto stretto con la lettura, che
potrebbe sembrare anomalo in persone che hanno abbandonato molto presto gli
studi. Parlano di letture giovanili che possono essere collegate alla tradizione
comunista:
Il primo libro politico che ho letto stato Il Manifesto di Marx e mi
piaciuto abbastanza. Poi ho letto alcuni opuscoli di Potere Operaio che mi portava
un conoscente, alcuni opuscoli di Lotta Continua, e i Pensieri di Mao, che mi
piacevano particolarmente per il loro contenuto filosofico. Ho letto anche qualche
cosa di Stalin, che mi piaceva moltissimo, allepoca era un po il mio eroe (ero
orgoglioso di essere nato lo stesso anno che morto lui, scherzavo sulla
trasmigrazione delle anime; ma poi ho saputo che sono nato lo stesso giorno di
Mussolini, il 29 luglio, e ci sono rimasto male). A mano a mano che mi
avvicinavo alla lotta armata leggevo sempre pi spesso cose sui tupamaros, lIRA
eccetera. Una volta entrato nellOrganizzazione, leggevo soprattutto i documenti
dellOrganizzazione, anche quelli vecchi26.
Ma la vera fascia di tempo penalizzata quella dedicata al sonno.
Riunioni e scritte sui muri si mangiano buona parte della notte anticipata del
contadino. Quando poi non sono impegnato in attivit pratiche, le ultime ore del
giorno si allungano immancabilmente nella lettura. Il Marx del Manifesto del
partito comunista, il London del Tallone di ferro, il Lenin del Che fare?, il Gorkij
della Madre, si abbinano a scritti sulla Resistenza come Il Monte Rosa sceso a
Milano di Pietro Secchia, o come I miei figli di pap Cervi27.
Per comprendere la formazione culturale di Gallinari, cresciuto a Reggio
Emilia, bisogna tenere conto del ruolo del contesto sociale e regionale in cui
cresciuto, cio lEmilia rossa tanto legata al PCI e alla Resistenza:
25 Ivi, p. 60. 26 Peci 1983, p. 38. 27 Gallinari 2006, p. 41-42.
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Infatti, laltro grande elemento di formazione della mia adolescenza
legato alla relazione intrattenuta con quei vecchi comunisti che ho avuto la fortuna
di incontrare e conoscere. Tutte persone, vicini di casa o parenti che, nella
maggior parte dei casi, erano ex combattenti partigiani. [] E da l, da queste
relazioni e da questi rapporti, che ho conosciuto e avvicinato la politica. [] Era
al termine delle elementari, allorch iniziai a frequentare i compagni, non solo in
qualit di amici o di vicini di casa, ma in quanto persone che incontravo alla
sezione, o alla Casa del Popolo. [] Avvicinarsi alla politica tra gli undici e i
dodici anni stato perci (e penso lo sarebbe stato per chiunque a quellet) quasi
un gioco, un modo divertente per guadagnare unidentit e contrapporsi allaltra
realt qui da noi comunque viva e fulgida: quella della chiesa, della religione28.
Nel 1960, allet di nove anni, Gallinari partecipa al funerale dei morti di Reggio
Emilia.
Capivo il dolore per quei morti, ma ero troppo giovane per cogliere
nellinterezza la profondit e la miscela di quella rabbia e di quel dolore. Una
rabbia e un dolore che, invece, finiranno per essere un mio bagaglio, insieme alla
Resistenza, ai suoi simboli epici, come la vita e la morte dei sette fratelli Cervi. Il
tempo vi avrebbe aggiunto le lotte dei popoli, il Vietnam, e cos via: tutti
patrimoni e beni delluomo che ho voluto ereditare nel percorso della mia crescita
umana e politica29.
Franceschini, che come Gallinari vive a Reggio Emilia, evidenzia un filo
rosso tra la Resistenza e la sua esperienza nella lotta armata: non a caso, inizia la
sua autobiografia con il racconto di un partigiano che gli consegna unarma:
Non fu solo una consegna di armi: mi stava affidando i suoi ideali, la sua
giovinezza e la sua forza che non cerano pi. Non ci furono abbracci quando lo
lasciai30.
Franceschini parla anche di un avvenimento accaduto quando gi sono state
fondate le BR: alcuni partigiani li invitano a festeggiare il 25 aprile con loro.
Vanno con lui Mara, Curcio, Alfredo Bonavita
28 Ivi, p. 13-14. 29 Ivi, p. 29-30. 30 Franceschini 1988, p. 4
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Sia Franceschini che Gallinari ricordano il loro comune interesse per Che
Guevara:
Il nostro mito era il Che, con il suo rifiuto del potere ufficiale, la sua
forza di non fermarsi mai. Prospero ne era un veneratore. Arrivava ogni sera in
motorino, alle otto, appena finito il lavoro nei campi. Partecipava attento alle
riunioni per poi ritirarsi nella stanza dei letti con in mano le Opere Scelte del
Che. Voleva leggerlo tutto, studiarlo, mandarlo a memoria. Ma dopo una decina di
minuti, regolarmente, si addormentava, con il volume a riparargli gli occhi dalla
luce. Noi lo coprivamo e lo lasciavamo dormire perch la mattina doveva partire
alle cinque, per tornare al lavoro nei campi. Credo non sia mai riuscito ad andare
oltre le prime pagine del libro31.
Lincontro con la politica avviene, per Moretti piuttosto tardi:
Per tutti gli anni che sono rimasto a Porto San Giorgio non ho conosciuto
realmente la politica, semplicemente perch nessuno la faceva. Quasi tutti i miei
amici erano operai che lavoravano sui pescherecci, nelle fabbriche di calzoleria o
di meccanica che si andavano diffondendo nella zona. Quando si andava a votare
in generale si votava comunista, ma tutto finiva li32.
la fabbrica, la Sit-Siemens, dove lavora in un reparto di tecnici, che Moretti
rivendica come principale palestra della sua formazione:
Vengo dalla Siemens, l ho imparato una professione, l ho visto le
regole che fanno girare il meccanismo del capitale e ho conosciuto la lotta di
classe. Vengo di l. E non tanto singolare.
Le BR vengono in gran parte dalla fabbrica33.
Curcio, come gi detto, terminati gli studi superiori, trascorre un periodo a
Genova, vivendo di espedienti. Periodo che, tra le altre cose, dedica alla lettura e
alla scrittura, attraverso la quale registra e riflette sulle sue esperienze:
Mi guardavano come un essere di un mondo diverso: uno strano tipo che
scriveva e passava ore sui libri. Perch io in quel periodo oltre a riempire i miei
31 Ivi, p. 30. 32 Moretti 1998, p. 3. 33 Ivi, p. 7
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quaderni, leggevo di tutto, da Koestler a Kerouac, da Baudelaire al Diario minimo
di Eco34.
Seguendo il consiglio di un conoscente, Curcio, nel giugno 62, lascia Genova per
Trento dove si iscrive alla nuova facolt di sociologia. Curcio descrive gli anni
passati nelluniversit trentina come i pi importanti per la sua formazione
culturale, e non soltanto a livello accademico. Qui, in un clima culturale aperto e
aggiornato, inizia un intenso confronto intellettuale con altri studenti come Mauro
Rostagno, Marco Boato, Marianella Sclavi:
Direi comunque che, dal punto di vista formativo, quello stato il periodo pi
importante della mia vita. Nel senso che quellambiente stimol una straordinaria
sfida con me stesso. La sfida di riuscire a tenere il passo in una competizione
intellettuale dalla quale si poteva emergere in serie A o essere relegati sullo
sfondo35.
Riprendemmo a studiare la scuola di Francoforte, Adorno, Horkheimer,
Benjamin, Marcuse, ma anche Reich: non il Reich della rivoluzione sessuale, che
noi nel 67 avevamo gi vissuto anche se con qualche timidezza provinciale
ma quello dellanalisi della psicologia di massa del fascismo36.
Morucci ripercorre per diversi capitoli le tappe della propria formazione
culturale e politica. Il racconto degli anni precedenti linizio della militanza
politica in senso stretto li riattraversa alla ricerca dei molteplici e inafferrabili
segni che lasciano presagire il suo futuro nelle Br e dei passaggi fondamentali
che lo hanno condotto alla scelta della lotta armata:
Anche oggi, a ricostruire i passaggi della mia formazione, culturale, sociale o
politica che dir si voglia, sarebbe un arbitrio dire il punto qui. Questo arbitrio
meglio lasciarlo agli storici dAccademia, e a quelli di partito. Bianco o rosso
che sia. Quando lo fanno puoi stare certo per costruire una menzogna utile alla
causa del momento. come un gioco di prestigio. Fissare lattenzione su un punto
focale per nascondere limbroglio37.
34 Curcio 1993, p. 25. 35 Ivi, p. 28 36 Ivi, p. 37 37 Morucci 2004, p. 36
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La musica (soprattutto De Andr, in particolare Il testamento, ma anche ) ed il
cinema (I pugni in tasca di Bellocchio ed i film proiettati al liceo Mameli) sono
elementi importanti della formazione di Morucci. Ma ancora prima vengono
linfanzia trascorsa per le strade di San Saba e le letture solitarie:
Anchio ho studiato per strada. Anchio a rubare frutta e farmi rincorrere da tutti
i portieri del vicinato. Coi figli dei salumieri e coi figli di medici e architetti. Era
interclassista la strada allora. Per, spesso, sfuggivo al richiamo della banda e
me ne stavo ore a leggere. Tutto, voracemente e disordinatamente. Li ricordo quei
titoli, li ricordo tutti. Di libri divertenti come Missili in girdino e di libri
drammatici come Cioccolato a colazione, passando per La luna tramontata e la
saga di Steinbeck sui reietti di Monterey. E andando a scavare l potrebbero
saltare fuori altri punti, altri momenti di un accumulo inconsapevole di
sensazioni e disagi che poi, dopo, sarebbero stati la base di assorbimento di tutto il
resto38.
Morucci si definisce pi volte un uomo dazione, piuttosto che un teorico:
Forse perch venivo da una famiglia di artigiani. Forse perch mio padre sapeva
aggiustare qualsiasi cosa con le mani e me lha insegnato. Forse perch ho
strascorso tanto tempo nella bottega di mio nonno a costruirmi spade e pugnali coi
pezzi di legno, ho sempre privilegiato il fare, lazione. E questo pu essere un
segno. Credo39.
Formazione scolastica
Nessuno dei brigatisti considerati sembra attribuire molta importanza alla
formazione scolastica, che passa in secondo piano rispetto a quella extra-
scolastica. Tra loro non c nessun laureato: non si laureano nemmeno coloro che
frequentano luniversit, cio Curcio (Sociologia), Franceschini (Ingegneria) e
Moretti (Economia e Commercio). Gallinari ha solo la licenza elementare. Questo
dato, per, non deve essere considerato come una tendenza generale delle Brigate
Rosse, in quanto, secondo i dati raccolti dal Progetto Memoria, il 21,7 % degli
inquisiti per la loro appartenenza alle Brigate Rosse laureato40. Nessuno dei
38 Ivi, p. 57. 39 Ivi, p. 60. 40 La Mappa Perduta, Sensibili alle Foglie, 1994, p. 61.
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brigatisti considerati ha una formazione scolastica umanistica: nessuno, infatti, ha
frequentato un liceo e quelli che hanno il diploma di maturit hanno studiato in un
istituto tecnico (anche Morucci, dopo aver provato ad andare al liceo artistico e a
quello linguistico, si iscritto ad una scuola alberghiera). Leggendo le
autobiografie, che mostrano una capacit dialettica sicuramente superiore alla
media, si pu dedurre, quindi, che la vera formazione della loro vita avvenuta in
un contesto extra-scolastico.
N Gallinari n Peci hanno il diploma superiore. Gallinari abbandona la scuola
allet di 12 anni, dopo un anno di scuole medie, e comincia a lavorare nei campi.
Peci, invece, frequenta lIstituto Tecnico industriale a Fermo, la stessa scuola che
frequenta Mario Moretti (anche se a quei tempi non si conoscono perch Moretti
pi grande). Lanno prima del diploma abbandona la scuola ed entra nelle Brigate
Rosse.
La vita interna alla scuola, comunque, garantisce ad entrambi un rapporto, pi o
meno consapevole, con la politica, o almeno con la ribellione contro
unistituzione. Questa politicizzazione giunge al punto che proprio per le azioni
compiute contro presidi e professori Peci viene avvicinato da alcuni emissari delle
Br:
Era un istituto tecnico, con parecchie specializzazioni, e ho scelto di fare
il tecnico industriale perch mi piaceva quel lavoro. Soprattutto mi piaciuto in
terza e in quarta, quando ho preso la specializzazione in informatica. Ho
cominciato ad imparare il linguaggio del calcolatore, a fare programmi, ma per il
resto lo studio mi annoiava come prima e mi trovavo a disagio in classe perch
essendo stato bocciato due volte ero sempre con i ragazzini. Era lepoca in cui a
scuola si poteva fare quasi tutto quel che ti pareva: fumare, dare del tu ai professori,
scrivere sui muri, fare cortei interni, e poi cera la possibilit di aggregazione,
perch durante le ore di laboratorio ci si riuniva tra classi diverse. Insomma, a
scuola abbiamo fatto le prime azioni41.
C da dire anche che non ne potevo pi della scuola. Mi mancava solo
un anno a finire, avrei potuto benissimo finire, trovare un lavoro, la ragazza ce
lavevo, eccetera, ma quella vita l per me non aveva pi molto interesse42.
41 Peci 1983, p. 37. 42 Ivi, p. 42.
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Durante il primo inverno della nuova esperienza scolastica i termosifoni presero
a non funzionare. Faceva un freddo cane e part il primo sciopero degli studenti.
Uno sciopero che ovviamente influ molto su di me. [] La vergogna del palt
non mi imped di sentirmi coinvolto, appena partirono, nelle lotte per il
riscaldamento che non funzionava. Ma anche in quelle successive, contro i
provvedimenti disciplinari assunti dalla scuola, nella funzione del professore
facente funzione di preside in quella succursale. [] Dopo alcuni giorni fummo
sospesi con lavvertimento che saremmo stati espulsi se avessimo continuato. Alla
fine del trimestre trovammo chi un cinque, chi un quattro in condotta (politica
della differenziazione). A conclusione dellanno scolastico fummo tutti equiparati,
con un sei come voto massimo per tutti coloro i quali avevano partecipato alla
seconda parte della lotta un sei politico appunto. Del resto, almeno per me, le
insufficienze accumulate erano parecchie e la voglia di continuare la scuola ben
poca. Col nuovo anno ripresi le frequenze, ma riuscii a resistere solo per pochi
mesi. Gli interessi che mi attiravano ormai erano altri. Ma quellanno di scuola mi
insegn tanto43.
Franceschini non parla della sua formazione scolastica dice solo di essersi iscritto
alla facolt di Ingegneria, senza per laurearsi:
Studiai a Bologna per uno, due, tre anni, ma odiavo gli ingegneri, votati
ad un mestiere fatto di schemi, numeri, cifre44.
Moretti lunico tra i coetanei che frequenta, quasi tutti operai, a continuare gli
studi dopo le medie: si diploma allistituto tecnico industriale:
Io sono stato, credo, lunico che ha continuato a studiare dopo le medie,
allistituto tecnico industriale. Mi sono diplomato a Fermo45.
Curcio dopo le elementari viene mandato in un collegio di preti a
Centocelle dove viene bocciato. Mandato ad Imperia, riesce con difficolt a finire
gli studi dellobbligo e inizia a lavorare. La madre, dopo aver rilevato una
pensione a San Remo che comincia a funzionare, insiste perch il figlio prosegua
gli studi:
43 Gallinari 2006, p. 23. 44 Franceschini 1988, p. 13. 45 Moretti 1998, p. 3.
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Dissi che avrei voluto iscrivermi al liceo artistico: mi piaceva dipingere
anche se facevo degli scarabocchi. Ma tutti mi sconsigliarono: cosa combinerai
dopo con quella scuola? Diventerai un disoccupato cronico!. Allora mi ribellai di
nuovo: se proprio volete che faccia unaltra scuola sceglier a caso. E scelsi
aprendo lelenco telefonico. Capit un istituto per periti chimici di Albenga46.
Dopo il diploma, preso con voti molto alti, Curcio decide di non continuare gli
studi e si trasferisce a Genova, dove per un anno vive in modo precario grazie
piccoli espedienti. Poi, nellautunno 63, si trasferisce alla neonata Universit di
Trento per studiare Sociologia, tappa fondamentale per la sua maturazione
culturale e politica:
Mi rimasto un bel ricordo del corso di economia due tenuto da Nino Andreatta
e dal suo assistente Romano Prodi: eravamo solo in cinque a frequentarlo perch
il programma di studio era solido e loro venivano considerati molto rigorosi ed
esigenti47.
Dopo aver tentato il liceo artistico e quello linguistico, Morucci si iscrive alla
scuola alberghiera:
Anche se a scuola andavo male, o meglio, non ci andavo proprio,
mio padre non mi diceva granch. Forse aspettava pazientemente che
maturassi. Oppure stava l a chiedersi che cosa avesse sbagliato lui.
Nel 1966, dopo un anno perso al liceo artistico e un altro al
linguistico, pens che forse non ero portato per lo studio e mi iscrisse
alla scuola alberghiera48.
Qui Morucci organizza uno sciopero contro le condizioni di lavoro nellalbergo
nel quale impiegato insieme ai compagni di studi:
Cos anche l dopo un mesetto mi incazzai per come ci trattavano. Esternammo il
nostro malcontento, ma picche. Allora misi su quasi al completo gli altri del mio
turno e li portai fuori dallalbergo, sulla litoranea. Tutti in pantaloni neri e
giacchetta di servizio a righine. Non avevano mai visto una roba del genere e si
preoccuparono. Cedettero. Un po49.
46 Curcio 1993, p. 20. 47 Ivi, p. 32. 48 Morucci 2004, p. 59. 49 Ivi, p. 60.
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Formazione culturale
Peci e Gallinari mettono in evidenza un rapporto stretto con la lettura, che
potrebbe sembrare anomalo in persone che hanno abbandonato molto presto gli
studi. Parlano di letture giovanili che possono essere collegate alla tradizione
comunista:
Il primo libro politico che ho letto stato Il Manifesto di Marx e mi
piaciuto abbastanza. Poi ho letto alcuni opuscoli di Potere Operaio che mi portava
un conoscente, alcuni opuscoli di Lotta Continua, e i Pensieri di Mao, che mi
piacevano particolarmente per il loro contenuto filosofico. Ho letto anche qualche
cosa di Stalin, che mi piaceva moltissimo, allepoca era un po il mio eroe (ero
orgoglioso di essere nato lo stesso anno che morto lui, scherzavo sulla
trasmigrazione delle anime; ma poi ho saputo che sono nato lo stesso giorno di
Mussolini, il 29 luglio, e ci sono rimasto male). A mano a mano che mi
avvicinavo alla lotta armata leggevo sempre pi spesso cose sui tupamaros, lIRA
eccetera. Una volta entrato nellOrganizzazione, leggevo soprattutto i documenti
dellOrganizzazione, anche quelli vecchi50.
Ma la vera fascia di tempo penalizzata quella dedicata al sonno.
Riunioni e scritte sui muri si mangiano buona parte della notte anticipata del
contadino. Quando poi non sono impegnato in attivit pratiche, le ultime ore del
giorno si allungano immancabilmente nella lettura. Il Marx del Manifesto del
partito comunista, il London del Tallone di ferro, il Lenin del Che fare?, il Gorkij
della Madre, si abbinano a scritti sulla Resistenza come Il Monte Rosa sceso a
Milano di Pietro Secchia, o come I miei figli di pap Cervi51.
Per comprendere la formazione culturale di Gallinari, cresciuto a Reggio
Emilia, bisogna tenere conto del ruolo del contesto sociale e regionale in cui
cresciuto, cio lEmilia rossa tanto legata al PCI e alla Resistenza:
Infatti, laltro grande elemento di formazione della mia adolescenza
legato alla relazione intrattenuta con quei vecchi comunisti che ho avuto la fortuna
di incontrare e conoscere. Tutte persone, vicini di casa o parenti che, nella
maggior parte dei casi, erano ex combattenti partigiani. [] E da l, da queste
50 Peci 1983, p. 38. 51 Gallinari 2006, p. 41-42.
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relazioni e da questi rapporti, che ho conosciuto e avvicinato la politica. [] Era
al termine delle elementari, allorch iniziai a frequentare i compagni, non solo in
qualit di amici o di vicini di casa, ma in quanto persone che incontravo alla
sezione, o alla Casa del Popolo. [] Avvicinarsi alla politica tra gli undici e i
dodici anni stato perci (e penso lo sarebbe stato per chiunque a quellet) quasi
un gioco, un modo divertente per guadagnare unidentit e contrapporsi allaltra
realt qui da noi comunque viva e fulgida: quella della chiesa, della religione52.
Nel 1960, allet di nove anni, Gallinari partecipa al funerale dei morti di Reggio
Emilia.
Capivo il dolore per quei morti, ma ero troppo giovane per cogliere
nellinterezza la profondit e la miscela di quella rabbia e di quel dolore. Una
rabbia e un dolore che, invece, finiranno per essere un mio bagaglio, insieme alla
Resistenza, ai suoi simboli epici, come la vita e la morte dei sette fratelli Cervi. Il
tempo vi avrebbe aggiunto le lotte dei popoli, il Vietnam, e cos via: tutti
patrimoni e beni delluomo che ho voluto ereditare nel percorso della mia crescita
umana e politica53.
Franceschini, che come Gallinari vive a Reggio Emilia, evidenzia un filo
rosso tra la Resistenza e la sua esperienza nella lotta armata: non a caso, inizia la
sua autobiografia con il racconto di un partigiano che gli consegna unarma:
Non fu solo una consegna di armi: mi stava affidando i suoi ideali, la sua
giovinezza e la sua forza che non cerano pi. Non ci furono abbracci quando lo
lasciai54.
Franceschini parla anche di un avvenimento accaduto quando gi sono state
fondate le BR: alcuni partigiani li invitano a festeggiare il 25 aprile con loro.
Vanno con lui Mara, Curcio, Alfredo Bonavita
Sia Franceschini che Gallinari ricordano il loro comune interesse per Che
Guevara:
Il nostro mito era il Che, con il suo rifiuto del potere ufficiale, la sua
forza di non fermarsi mai. Prospero ne era un veneratore. Arrivava ogni sera in
motorino, alle otto, appena finito il lavoro nei campi. Partecipava attento alle
52 Ivi, p. 13-14. 53 Ivi, p. 29-30. 54 Franceschini 1988, p. 4
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riunioni per poi ritirarsi nella stanza dei letti con in mano le Opere Scelte del
Che. Voleva leggerlo tutto, studiarlo, mandarlo a memoria. Ma dopo una decina di
minuti, regolarmente, si addormentava, con il volume a riparargli gli occhi dalla
luce. Noi lo coprivamo e lo lasciavamo dormire perch la mattina doveva partire
alle cinque, per tornare al lavoro nei campi. Credo non sia mai riuscito ad andare
oltre le prime pagine del libro55.
Lincontro con la politica avviene, per Moretti piuttosto tardi:
Per tutti gli anni che sono rimasto a Porto San Giorgio non ho conosciuto
realmente la politica, semplicemente perch nessuno la faceva. Quasi tutti i miei
amici erano operai che lavoravano sui pescherecci, nelle fabbriche di calzoleria o
di meccanica che si andavano diffondendo nella zona. Quando si andava a votare
in generale si votava comunista, ma tutto finiva li56.
la fabbrica, la Sit-Siemens, dove lavora in un reparto di tecnici, che Moretti
rivendica come principale palestra della sua formazione:
Vengo dalla Siemens, l ho imparato una professione, l ho visto le
regole che fanno girare il meccanismo del capitale e ho conosciuto la lotta di
classe. Vengo di l. E non tanto singolare.
Le BR vengono in gran parte dalla fabbrica57.
Curcio, come gi detto, terminati gli studi superiori, trascorre un periodo a
Genova, vivendo di espedienti. Periodo che, tra le altre cose, dedica alla lettura e
alla scrittura, attraverso la quale registra e riflette sulle sue esperienze:
Mi guardavano come un essere di un mondo diverso: uno strano tipo che
scriveva e passava ore sui libri. Perch io in quel periodo oltre a riempire i miei
quaderni, leggevo di tutto, da Koestler a Kerouac, da Baudelaire al Diario minimo
di Eco58.
Seguendo il consiglio di un conoscente, Curcio, nel giugno 62, lascia Genova per
Trento dove si iscrive alla nuova facolt di sociologia. Curcio descrive gli anni
passati nelluniversit trentina come i pi importanti per la sua formazione
culturale, e non soltanto a livello accademico. Qui, in un clima culturale aperto e
55 Ivi, p. 30. 56 Moretti 1998, p. 3. 57 Ivi, p. 7 58 Curcio 1993, p. 25.
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aggiornato, inizia un intenso confronto intellettuale con altri studenti come Mauro
Rostagno, Marco Boato, Marianella Sclavi:
Direi comunque che, dal punto di vista formativo, quello stato il periodo pi
importante della mia vita. Nel senso che quellambiente stimol una straordinaria
sfida con me stesso. La sfida di riuscire a tenere il passo in una competizione
intellettuale dalla quale si poteva emergere in serie A o essere relegati sullo
sfondo59.
Riprendemmo a studiare la scuola di Francoforte, Adorno, Horkheimer,
Benjamin, Marcuse, ma anche Reich: non il Reich della rivoluzione sessuale, che
noi nel 67 avevamo gi vissuto anche se con qualche timidezza provinciale
ma quello dellanalisi della psicologia di massa del fascismo60.
Morucci ripercorre per diversi capitoli le tappe della propria formazione
culturale e politica. Il racconto degli anni precedenti linizio della militanza
politica in senso stretto li riattraversa alla ricerca dei molteplici e inafferrabili
segni che lasciano presagire il suo futuro nelle Br e dei passaggi fondamentali
che lo hanno condotto alla scelta della lotta armata:
Anche oggi, a ricostruire i passaggi della mia formazione, culturale, sociale o
politica che dir si voglia, sarebbe un arbitrio dire il punto qui. Questo arbitrio
meglio lasciarlo agli storici dAccademia, e a quelli di partito. Bianco o rosso
che sia. Quando lo fanno puoi stare certo per costruire una menzogna utile alla
causa del momento. come un gioco di prestigio. Fissare lattenzione su un punto
focale per nascondere limbroglio61.
La musica (soprattutto De Andr, in particolare Il testamento, ma anche ) ed il
cinema (I pugni in tasca di Bellocchio ed i film proiettati al liceo Mameli) sono
elementi importanti della formazione di Morucci. Ma ancora prima vengono
linfanzia trascorsa per le strade di San Saba e le letture solitarie:
Anchio ho studiato per strada. Anchio a rubare frutta e farmi rincorrere da tutti
i portieri del vicinato. Coi figli dei salumieri e coi figli di medici e architetti. Era
interclassista la strada allora. Per, spesso, sfuggivo al richiamo della banda e
me ne stavo ore a leggere. Tutto, voracemente e disordinatamente. Li ricordo quei
59 Ivi, p. 28 60 Ivi, p. 37 61 Morucci 2004, p. 36
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titoli, li ricordo tutti. Di libri divertenti come Missili in girdino e di libri
drammatici come Cioccolato a colazione, passando per La luna tramontata e la
saga di Steinbeck sui reietti di Monterey. E andando a scavare l potrebbero
saltare fuori altri punti, altri momenti di un accumulo inconsapevole di
sensazioni e disagi che poi, dopo, sarebbero stati la base di assorbimento di tutto il
resto62.
Morucci si definisce pi volte un uomo dazione, piuttosto che un teorico:
Forse perch venivo da una famiglia di artigiani. Forse perch mio padre sapeva
aggiustare qualsiasi cosa con le mani e me lha insegnato. Forse perch ho
strascorso tanto tempo nella bottega di mio nonno a costruirmi spade e pugnali coi
pezzi di legno, ho sempre privilegiato il fare, lazione. E questo pu essere un
segno. Credo63.
Dinamiche familiari e valori precostituiti
I militanti delle Brigate Rosse provengono da contesti anche molto lontani
tra loro. Si tratta, tuttavia, sempre di un contesto abbastanza umile: nessuno di
loro proviene da classi superiori alla piccola borghesia.
Patrizio Peci nasce nelle Marche, in un paese di quattro mila abitanti. Il padre un
muratore che, pur votando socialista, non mai stato partigiano (come invece i
giornali avevano scritto). Sul rapporto tra la sua famiglia e la sua iniziazione
politica scrive:
Ma chiunque a San Benedetto potrebbe testimoniare che ero quello che si
dice un bravo ragazzo e che la mia era una famiglia normale, normalissima. [] Il
padre di mia madre ha avuto delle noie con i fascisti e fatto il partigiano, per il
poco tempo che ci fu da farlo nelle Marche, e mia madre ci raccontava sempre di
come erano cattivi i fascisti, ma parlava di individui, di fascisti del luogo, senza
farne una questione politica. Laltro nonno era spazzino. Lantifascismo furioso
che poi ho vissuto a 18-20 anni, allepoca della mia iniziazione politica, era uno
dei miti della mia generazione, mica uneducazione familiare. In casa mia di
62 Ivi, p. 57. 63 Ivi, p. 60.
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politica era proibito parlare. Letteralmente. Mia madre, soprattutto, e proprio per
quel che aveva sofferto suo padre, pensava che la politica fosse una cosa sporca64
Peci ha uneducazione di forte impronta cattolica:
La mamma sempre stata religiosissima, forse anche perch una sua
cugina senta, quasi; insomma, beata, per ora. [] Noi fratelli sempre a messa,
regolare, con tutto il resto: cresima, comunione, oratorio, preti. Finch un giorno,
avr avuto 15 anni, mi capitata la crisi religiosa, come a tutti65.
I genitori di Peci gestiscono un pianobar-pizzeria-ristorante, in cui lavorano anche
i figli: Non ci mai mancato niente. Ma accidenti se abbiamo lavorato66.
Quella di Gallinari, come si evince dal titolo stesso della sua opera, una
famiglia contadina e il brigatista ritiene molto importanti queste origini nella
formazione del suo sistema di valori.
Nella mia vita, come in quella di tutti i ragazzi del mio tempo e della mia
terra, non c stata una presenza femminile interamente assorbita
dallallevamento, dal gioco e dalla cura dei figli. Mia madre non poteva
permetterselo. Doveva lavorare dallalba al tramonto. Lunico modo di stare con
me era quello di caricarmi sulle spalle, portandomi nei campi dove andava a
lavorare. Mi scaricava a terra e di l iniziavo a muovermi nella vita67.
Ritengo che le origini contadine siano state un fattore fondamentale del
mio modo di affrontare la vita, non solo per via di una genetica e primigenia
appartenenza alla terra in quanto tale, ma anche perch si tratta di quella terra: la
terra emiliana. [] La cultura di quel mondo contadino, da una parte, una
cultura resistente, costretta da sempre a fronteggiare la natura, le stagioni e le
intemperie, con i raccolti incerti fino allultimo momento; dallaltra, proprio per
queste condizioni, una cultura anche temperata e tollerante68.
Particolarmente importante il rapporto di Gallinari con il nonno, che egli
ritiene una figura fondamentale nella propria formazione:
64 Peci 1983, p. 22. 65 Ivi, p. 23. 66 Ivi, p. 32 67 Gallinari 2006, p .11. 68 Ivi, p. 10.
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E certamente la persona alla quale sono stato pi legato, a cui ho voluto
pi bene e del quale ho i ricordi pi belli. stato dai suoi racconti, che ho iniziato
a sentir parlare di antifascismo, di ribellione, di rigetto del comando imposto con
la violenza, di rifiuto di farsi mettere i piedi in testa. stata una delle vie
attraverso le quali, per sentieri e percorsi famigliari, ho iniziato ad avvicinarmi
alla politica69.
Moretti nasce nel 1946 da una famiglia povera, il clima politico che respira
quello di un antifascismo fatto soprattutto di rabbia e rancore:
[parlando dellinfanzia] La ricordo come un periodo felice, i miei erano
poveri, a casa si mangiava soprattutto pane e mortadella ma ci andava benissimo
cos. Mio padre votava comunista, come gli amici che da bambino vedevo per
casa, ma in quel periodo e da quelle parti la gente si sentiva soprattutto
antifascista, contro quello che il fascismo aveva lasciato in eredit e non era
mutato.
Non capivo bene, lo percepivo come un rancore sordo che serpeggiava nei
discorsi, ma soprattutto nei silenzi tra le persone che conoscevo. Tra mio padre e
un mio zio materno; tra due miei zii, entrambi reduci da una lunga prigionia in
Africa, in un campo di concentramento degli alleati; uno di loro aveva imparato
insieme allinglese anche le idee liberal-democratiche, laltro era tornato pi
fascista di prima 70.
Curcio, nato da una diciottenne pugliese immigrata a Roma che non pu
prendersi cura di lui, viene cresciuto da una famiglia di Torre Pellice, sui monti
piemontesi, dove abitano anche i suoi zii. Sono soprattutto questi monti e la loro
natura, a segnare la sua infanzia:
A lui potrei dire che i simboli forti della mia infanzia sono tutti legati
allambiente naturale in cui sono cresciuto: la montagna, le sue valli, le sue
sorgenti e tutto ci che rappresentano71.
Anche della morte dello zio Armando, partigiano ucciso dai nazisti, Curcio non
coglie subito il significato politico.
69 Ivi, p. 21. 70 Moretti 1998, p. 3. 71 Curcio 1993, p. 15.
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[rispondendo alla domanda: Lo zio partigiano ammazzato dai nazisti
unimmagine che poi ha contato per te?] Moltissimo dal punto di vista umano e
affettivo. Sul piano politico non direi. Per tanti anni non ho attribuito nessuna
valenza politica al dolore di quel ricordo.
Solo molto pi tardi quando ero gi a Trento, ho scoperto il significato della morte
di zio Armando72.
Franceschini figlio di un operaio metalmeccanico delle Reggiane, iscritto
al Pci:
Ero comunista dalla nascita. Mio padre era stato membro della cellula del
Pci alle Reggiane []. Mio padre e mia madre, sposatisi nel 1945, andarono ad
abitare, come tanti altri, nella federazione del Partito. E io fui concepito in quella
loro prima casa, una stanza ricavata dalla soffitta di un palazzo da cui sventolava
la bandiera rossa. []. Non ho mai letto n ascoltato favole. Per me lo
diventavano i racconti del nonno, il padre di mio padre, uno dei primi, a Reggio,
uscito dal Partito socialista nel 21 per fondare il Pci. Mi diceva dei suoi anni di
galera e confino insieme ai leader del partito, a Pajetta, Secchia, Amendola, del
suo accorrere in montagna, bench non pi giovane, per combattere la guerra
partigiana. [] Il suo nemico era diventato Kruscev, il destalinizzatore. Sembrava
odiarlo pi di quanto non avesse odiato Mussolini, tanto da dirmi, se aveva in
corpo pi rabbia del solito, che in fondo il capo del fascismo, quando non aveva
ancora preso il potere, era un rivoluzionario. Secondo mio nonno Kruscev era un
revisionista. [] Poi veniva da me, ero diventato una specie di suo confessore, e
mi parlava per ore. Io non volevo interromperlo, anche per paura di dargli ragione,
di andare quindi contro mio padre. Ma il mio cuore era con lui73.
Franceschini non si sofferma a parlare della madre, il padre, invece, citato in
pi punti. Raccontando il momento del suo passaggio alla clandestinit
inizialmente tenuta nascosta a familiari e conoscenti Franceschini ricorda il
modo in cui il padre considera la sua scelta di intraprendere la lotta armata:
Non mi chiese dovero n cosa facessi. E immaginai un padre che aveva
capito. Cinque anni dopo, durante un colloquio nel carcere di Saluzzo, mi
conferm che aveva veramente capito. Aveva letto delle prime azioni firmate
72 Ivi, p. 17. 73 Franceschini 1988, pp. 25-26.
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Brigate rosse e scommise con se steso che io non ero andato a Milano per studiare
ingegneria. Era sempre stato sicuro di vincerla, quella scommessa. Condannai la
tua scelta, mi disse, ma decisi anche che eri e restavi mio figlio. Non ti avrei
mai appoggiato ma nemmeno osteggiato 74.
La scelta della lotta armata infatti interpretata da Franceschini anche come una
fuga dalla vita che il padre immaginava per lui:
Capii che la scelta della lotta armata non era per me soltanto politica,
ideologica. In quel momento, almeno, non mi apparve tale. Con quel piccolo fal
(dei documenti di identit, n.d.R.) avevo preso in mano la mia vita, fino in fondo.
Quante volte avevo pensato al mio futuro di ingegnere, perch questo avrei
dovuto fare nella mia vita. Me lo aveva consigliato mio padre al quale era rimasta
ben impressa una frase di Togliatti: Fate studiare i vostri figli. Sin da quandero
ragazzino mi diceva di diventare ingegnere cos nella vita, sosteneva, nessuno mi
avrebbe dato degli ordini. Per lui, operaio metalmeccanico, lingegnere era il
comando, la persona che dava ordini. Alla fine degli anni cinquanta, dopo la
destalinizzazione, quando aveva perso fiducia nel socialismo e nella possibilit
della rivoluzione, aveva cambiato versione: voleva che diventassi ingegnere per
star bene e costruire il socialismo per me. Io studiavo ma la tesi del socialismo
per me non mi convinceva e riuscii a trovare una mediazione tra mio padre, il
mio futuro e la rivoluzione: avrei scelto lindirizzo minerario per andare a
Cuba75.
La difesa orgogliosa delle proprie scelte, spesso disapprovate dal padre,
ricordata da Franceschini tra i motivi del pervicace attaccamento al progetto delle
Brigate Rosse:
Ma io non volevo tornare a Reggio Emilia, non volevo, con la mia resa,
dare ragione ai compagni del Pci che mi avevano criticato, a mio padre che mi
avrebbe voluto veder rimanere nel partito [dal quale era uscito dopo la
manifestazione contro la Nato davanti alla base di Miramare nel 1969, n.d.R]76.
74 Ivi, p. 13. 75 Ivi, pp. 14-15. 76 Ivi. p. 44.
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