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Grotta del Vento. Affascinante paesaggio ipogeo, nella valle della Garfagnana (Lucca), sotto il massiccio delle Panie (Alpi Apuane),caratterizzato da canalizzazione aerea (vento).

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    LA GROTTADEL VENTO

    origine - evoluzione

    aspetti scientifici

    Edizioni Grotta del Vento

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    Premessa

    Il fenomeno carsico profondo e le manifestazioni di superficie

    ad esso connesse costituiscono un campo d'indagine vastissimoche coinvolge numerose discipline scientifiche. Questo il moti-vo per cui una gita alla Grotta del Vento, oltre ad essere un sano

    momento di svago accompagnato da un pizzico d'avventura, seopportunamente preparata e seriamente condotta, pu divenirelo spunto per stimolare l'interesse dei visitatori verso la geogra-fia, la geologia, la chimica, la fisica e la biologia. Questi argo-

    menti, che sui banchi di scuola possono talvolta risultare ostici onoiosi, suscitano quasi sempre una viva curiosit quando vengo-no filtrati attraverso l'alone di mistero e il senso di stupore susci-tati dalle meraviglie del mondo sotterraneo.

    Per la sua completezza la Grotta del Vento pu essere para-gonata ad un'enciclopedia naturale che alla luce dei riflettoridischiude le sue pagine, passo dopo passo, davanti agli occhi

    dei visitatori. Lopera svolta in centinaia di migliaia di anni dai cor-si dacqua sotterranei e dalle gocce pu essere ammirata in tut-ta comodit alla luce dei riflettori percorrendo facili sentieri checonsentono a chiunque di arrivare senza problemi in luoghi chea prima vista potrebbero sembrare irraggiungibili.

    Dalla primavera del 2009, per chi vuole provare le sensazionidellesplorazione sotterranea indossando un casco con lampadafrontale e cimentandosi con passaggi sospesi, traversi in parete e

    discese nel vuoto, possibile, su prenotazione, effettuare in con-dizioni di assoluta sicurezza due speciali itinerari avventura,sempre guidati da personale altamente specializzato.

    Questo opuscolo, ora rivolto a tutti coloro che sanno apprezza-

    re le bellezze naturali anche sotto il profilo scientifico, nacque neglianni 90 per facilitare agli insegnanti la preparazione delle gite sco-lastiche e per fornire ai ragazzi un utile strumento di lavoro che

    permettesse loro di non esaurire l'esperienza sotterranea nelsemplice e fugace ricordo di una serie di immagini. L'escursionealla Grotta del Vento, oltre ad arricchire il bagaglio culturale deglistudenti, pu costituire un utile strumento per integrare in manierapiacevole la conoscenza di alcune materie scolastiche.

    Per facilitare la comprensione del testo sono stati evidenziatiin grassetto tutti i termini presenti nel glossario.

    Testi di Vittorio Verole-BozzelloFoto di Vittorio e Marco Verole-Bozzello

    Cartografia e schemi di Mario Verole-Bozzello

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    INDICE

    Premessa dell'autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 2

    Il territorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 4L'esplorazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 6

    Geologia e speleogenesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 7

    Morfologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 10

    L'evoluzione idrologica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 15

    Meteorologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 16

    Microclima e speleoterapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 18Le concrezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 20

    Altri tipi di concrezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 24

    Flora e fauna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 30

    L'Orso delle Caverne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 33

    Il percorso turistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 34

    Prima parte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 34

    Seconda parte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 36

    Terza parte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 37

    I Percorsi Avventura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 41

    Risposte alle domande pi ricorrenti . . . . . . . . . . . . . . .pag. 44

    Glossario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 50Informazioni utili per la visita della grotta . . . . . . . . . . . .pag. 54

    Servizi disponibili presso la biglietteria . . . . . . . . . . . . .pag. 54

    Come arrivare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 55

    Carta di avvicinamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 55

    Indice delle illustrazioni

    Falda Toscana e zolla delle Panie (figg. 1,2,3,4) . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 8

    Faglia, diaclasi, scollamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 8

    Morfologia vadosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 11

    Morfologia freatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 12

    Evoluzione del sistema carsico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 14

    Circolazione dell'aria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 16

    Rilievo topografico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .pag. 28

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    IL TERRITORIO

    La Grotta del Vento situata al centro di una delle zone pi pittoresche del Par-co Naturale delle Alpi Apuane. Mentre altrove questo gruppo montuoso carat-

    terizzato dagli squarci delle cave di marmo, dalle loro enormi discariche, dal boa-to delle mine e da un continuo sferragliare di cingoli e di martelli pneumatici, quila natura intatta e le montagne possono essere ammirate in tutta la loro primor-diale bellezza.

    L'imbocco turistico del complesso sotterraneo situato sul fondo del Canalonedi Trimpello, a breve distanza dall'abitato di Fornovolasco (comune di Vergemo-li). Questo angolo aspro e selvaggio della Toscana, dove l'inclemenza degli even-ti geologici ha dato luogo a un'orografia tormentata e varia, dominato dal pro-filo slanciato del monte Pania Secca (m. 1711), che incombe sulla valle con le

    sue vertiginose pareti sud-orientali. Sul versante opposto si estende una zona diassorbimento carsico dove si possono osservare campi solcati, profondevoragini, bizzarri monoliti e innumerevoli oscuri crepacci.

    Tra questi, il pi noto l'Abisso Revel, immensa spaccatura larga una decina dimetri, lunga sessanta e profonda trecentosedici, perfettamente verticale edassolutamente priva di ripiani. Sul fondo, la temperatura estremamente bassaconsente la presenza di un piccolo ghiacciaio sotterraneo, alimentato dalle fre-quenti slavine che durante l'inverno e la primavera precipitano nel baratro.

    Nello scenario allucinante dell'Altopiano della Vetricia, nucleo principale dellazona d'assorbimento, su alcuni ciclopici lastroni calcarei, misteriosi graffiti sonostati incisi nella roccia da uomini che, in epoche molto remote, si spinsero in que-sto luogo desolato e ostile sfidando le insidie della montagna. Si tratta di motivigeometrici, raffigurazioni di attrezzi primitivi, strane croci ed altri simboli il cuisignificato si perde nella notte dei tempi.

    Poco distante, cinquecento metri pi in alto, la mole possente della Pania dellaCroce (m. 1859) domina un panorama vastissimo che, nelle giornate pi limpide,spazia dal Monte Amiata alle isole dell'Arcipelago Toscano e alle montagne del-

    la Corsica, permettendo di scorgere anche le coste francesi, le Alpi Marittime, lapiramide del Monviso e, verso nord, i ghiacciai dell'Adamello e del Bernina. Lariviera tirrenica, da Livorno a La Spezia, appare come una grande carta geogra-fica dove possibile riconoscere fiumi, strade, ponti, canali, porti e centri abita-ti. Il mare, punteggiato dalle sagome delle navi, appare immenso e privo di oriz-zonte. Volgendo lo sguardo verso il basso, in direzione sud, possibile vedere ledue vette gemelle del Monte Forato (m. 1223), collegate tra loro mediante l'arcoperfetto di un ardito ponte naturale lungo pi di trenta metri, modellato nella roc-cia dall'azione erosiva del vento e delle intemperie. Poco lontano il profilo bizzar-

    ro del Monte Procinto (m. 1174), costituito da un gigantesco torrione cilindricoperfettamente verticale, si affianca alla parete ovest del Monte Nona (m. 1287),levigata e strapiombante, che con i suoi trecento metri d'altezza una delle metealpinistiche pi ambite delle Apuane.

    Le valli non sono meno aspre delle montagne: profonde, cupe e incassate, gene-ralmente rivestite da una folta vegetazione, appaiono spesso fiancheggiate daimponenti dirupi. Al riparo di una grande parete strapiombante, sulle strutture diun precedente luogo di culto costituito da un insieme di ipogei scavati nella roc-cia a colpi di scalpello in epoca medievale, fu edificato nel '600 l'Eremo di Calo-

    mini. Questo singolare complesso architettonico, caratterizzato da uno stile ario-so e articolato, ben visibile dalla strada che collega Gallicano con la Grotta delVento.

    La scarsa popolazione vive in piccoli paesi molto diversi tra loro per caratteristi-che, origine e collocazione.

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    Fornovolasco, principale base di partenza per le montagne citate precedente-mente, si trova sul fondo di una stretta valle dove si uniscono tre torrenti. Questi,in passato, alimentavano i macchinari di alcune ferriere nelle quali il ferro estrat-to dalle miniere di Trimpello, situate a breve distanza dalla Grotta del Vento, veni-

    va trasformato in utensili di vario genere.Vergemoli e Trassilico sorgono invece su crinali rocciosi, sia per antiche esigen-ze difensive, sia perch, in una zona cos povera di risorse, qualunque fazzolet-to di terra pianeggiante veniva utilizzato per l'agricoltura.

    Ancora diversa la struttura urbanistica delle frazioni di San Pellegrinetto e del-l'Alpe di S. Antonio, ognuna delle quali, basata su un'economia esclusivamenteagro-pastorale, costituita da tanti piccoli nuclei sparsi, ubicati quasi sempre susperoni calcarei in prossimit delle poche terre che un tempo venivano intensa-

    mente coltivate.Il massiccio delle Panie visto da San Pellegrinetto

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    L'ESPLORAZIONE

    Dal '600 fino al termine dell'800, della grotta si conosceva solo la corrente d'ariache, incanalata all'interno di una capanna, veniva utilizzata dagli abitanti della

    vicina borgata di Trimpello per tenere in fresco i cibi.Fu soltanto nel 1898 che una bambina di quattro anni riusc per prima ad infilar-si nel buco soffiante, troppo stretto per una persona adulta. La bimba percorsesolo pochi metri: il buio, la paura e il vento la costrinsero ben presto a tornareindietro. Incuriositi dal suo racconto, alcuni giovani che avevano assistito alla suabreve avventura vollero tentare a loro volta l'esplorazione allargando la strettoiainiziale, ma a soli venti metri dall'ingresso, nella Sala dell'Orso, ebbero paura enon andarono oltre, probabilmente influenzati dalle credenze che a quei tempi

    popolavano ancora le grotte di esseri mostruosi e demoniaci.La prima spedizione condotta a fini di studio venne organizzata nel 1929 dalGruppo Speleologico Fiorentino del C.A.I., che si arrest a circa 60 metri dall'in-gresso, di fronte ad un sifone, nel quale si immergeva la galleria. Ebbe maggiorfortuna nel 1961 il Gruppo Speleologico Bolognese del C.A.I., quando entr nel-la grotta durante una forte siccit che aveva sensibilmente abbassato il livellodell'acqua. In quell'occasione vennero esplorati 640 metri di gallerie.

    L'esplorazione pi importante fu comunque quella effettuata nel settembre del1964 dal Gruppo Speleologico Lucchese del C.A.I., che port lo sviluppo di que-sta cavit a 1110 metri, realizzando il rilevamento topografico, uno studio geo-morfologico preliminare e un'abbondante documentazione fotografica.

    Nel 1968 il Gruppo Speleologico Garfagnana-Grotta del Vento iniziava un ciclo distudi che negli anni successivi avrebbe pi che raddoppiato la parte conosciutadella grotta. Nel 1975 la sua estensione era di 2470 metri. Ai rami esplorati nel1964, in gran parte attrezzati turisticamente, si erano aggiunte altre importantivie nuove, quali la Diramazione dell'Intermedia e il Ramo dell'Infinito, oggi per-corso dai sentieri del terzo itinerario.

    Al momento attuale, nella Grotta del Vento si conoscono oltre quattro chilometrie mezzo di gallerie. Restano ancora da esplorare almeno una ventina di dirama-zioni.

    Si tratta probabilmente di una minima parte dello sviluppo complessivo di unsistema sotterraneo enormemente superiore a quanto si poteva presumere dopole prime esplorazioni. Per comprendere l'attendibilit di questa ipotesi basta farealcune considerazioni:

    1. Degli ottocento metri di dislivello che separano l'imbocco inferiore da quello

    superiore, ne sono stati risaliti soltanto poco pi di cento.2. L'acqua che scorre sul fondo della seconda parte (Fiume Acheronte) non

    neppure una quarantesima parte di quella che rivede la luce sull'altro versan-te della montagna, cento metri pi in basso.

    3. La grande piena verificatasi il 19 giugno 1996 accumul in fondo alla zona del-l'Acheronte circa 200 metri cubi di un tipo di sabbia mai vista prima, prove-niente dal sifone terminale. Ci lascia intuire la presenza, oltre il sifone, di uncorso d'acqua di maggiori dimensioni del quale l'Acheronte non sarebbe che

    un piccolo affluente.Se un giorno si scoprissero nuove "vie" per uno sviluppo complessivo di alcunedecine di chilometri non ci sarebbe da stupirsi eccessivamente. Questa almeno la convinzione (o la speranza), di tutti gli speleologi impegnati nell'esplorazio-ne di questo mondo sotterraneo.

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    GEOLOGIA E SPELEOGENESI

    Per comprendere l'origine e la successiva evoluzione della grotta utile ricostrui-re, in sommi capi, la storia geologica della montagna che la ospita.

    Nel Carbonifero e nel Permiano inferiore (350 - 250 milioni di anni fa) l'area oveoggi sorgono le Alpi Apuane si trovava al margine orientale di una vasta terrabassa e pianeggiante, la Tirrenide, di tanto in tanto invasa dal mare nelle zonemeno elevate. Il clima era secco e caldo.

    Nel Permiano superiore e nel Trias inferiore, questa zona doveva essere intera-mente emersa, poich mancano i sedimenti marini che corrispondono a questoperiodo.

    Nel Trias medio ebbe inizio un lento moto di sprofondamento ed il mare comin-ci ad invadere aree un tempo emerse, depositando i sedimenti dai quali deriva-rono gli scisti situati alla base di questo sistema carsico.

    Nel Trias superiore (200 - 180 milioni di anni fa) la zona in esame era costituitada una serie di lagune evaporanti. In questi bassi fondali si accumularono sedi-menti organogeni e di precipitazione chimica che dettero origine alle dolomie, aicalcari dolomitici ed ai calcari a cellette. Queste rocce hanno un'importanzaenorme nel nostro caso, poich tutta la parte attualmente nota della Grotta delVento si sviluppa all'interno di queste formazioni, aventi uno spessore che inalcuni punti raggiunge i 700 metri.

    Nel Giurassico (attorno ai 150 milioni di anni fa) abbiamo dei sedimenti di mareaperto: evidentemente si accentuato l'abbassamento. All'inizio di questo perio-do si formarono i calcari massicci, quindi, in un mare ancor pi profondo, i cal-cari con liste di selce e i diaspri. Altri calcari si formarono nel Cretaceo e nel-l'Eocene, tra i 135 e i 40 milioni di anni fa.

    Nell'Oligocene (40 - 25 milioni di anni fa) il sorgere improvviso, a occidente, dinuove terre emerse costituite da scisti cristallini e graniti (soggetti a rapida ero-sione), provoc nel mare "onde di torbida" che in breve depositarono nella zonaun enorme accumulo di sabbia, trasformatasi successivamente in arenaria.

    Intanto l'area apuana si abbass ancora di pi, diventando una vera e propriafossa marina orientata da NO a SE. Contemporaneamente avvenne un fatto nuo-vo: sul fianco occidentale della fossa si verific una frattura nella serie stratigra-fica sin qui descritta (L in fig. 1): la parte situata ad ovest della frattura, staccan-dosi dal substrato, cominci a slittare gravitativamente su quella situata ad est,coprendola del tutto e spingendola verso il basso (figg. 2 e 3) dove, a causa del-l'enorme pressione e delle temperature elevate, si verific il fenomeno del meta-morfismo.

    Esso consiste in un insieme di modifiche strutturali per cui le rocce semplici subi-

    rono una ricristallizzazione, mentre in quelle complesse alcuni componenti si tra-sformarono in minerali diversi da quelli primitivi. Sulle Apuane gli esempi pivistosi sono dati dalla trasformazione dei calcari amorfi in calcari saccaroidi(marmi), delle liste di selce in quarzo e delle argille e altre rocce silicee in filla-di e scisti cristallini.

    Si vennero cos a creare due serie stratigrafiche sovrapposte, delle quali, quellainferiore (autoctona, cio formata sul posto), presenta un metamorfismo abba-stanza spinto (AU nelle figg. 1, 2, 3, 4); quella superiore invece, detta falda tosca-na (alloctona, cio formatasi altrove), essendosi sempre trovata pi vicina alla

    superficie, non sub mai pressioni o temperature tali da provocare modifichestrutturali (FT nelle figg. 2,3,4).

    Il gruppo delle Panie (Pania della Croce, Pania Secca e Pizzo delle Saette) pre-senta un grado di metamorfismo intermedio tra quello (assente) della faldatoscana e quello, piuttosto accentuato, delle formazioni autoctone. Per questo la

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    zolla delle Panie (ZP nelle figg. 2,3,4) viene considerata come un'unit distintadalle altre due, costituita da un lembo del fronte orientale della falda toscana che,in una fase del suo slittamento verso est, si sarebbe arrestato, venendo quindisormontato dalle masse alloctone retrostanti.

    Secondo una teoria pi recente, il massiccio delle Panie avrebbe fatto parte diuna gobba dell'autoctono che il movimento verso oriente della falda toscanaavrebbe strappato dalla sua sede, trascinandola sotto di s verso est per un cer-to tratto su analoghe formazioni autoctone, finendo quindi per sorpassarla.Anche in questo caso si spiegherebbe il carattere di intermedialit metamorficache distingue il complesso delle Panie dal sottostante autoctono e dalla faldatoscana, un tempo sovrastante.

    Nel Miocene (25-15 milioni di anni fa) il moto discendente del fondo marino si

    arrest e una serie di spinte dal basso verso l'alto provoc l'emersione di quellerocce che oggi costituiscono le Alpi Apuane. Durante il sollevamento, la faldatoscana slitt ulteriormente verso est, sorpassando la zolla delle Panie (fig. 4) escoprendo anche le rocce autoctone metamorfiche che oggi possiamo osserva-re in tutta la parte centrosettentrionale delle Apuane.

    Il risultato delle intense sollecitazioni a cui la massa rocciosa fu sottopostadurante il sollevamento (e durante lo scorrimento delle falde) fu quell'intensa fes-surazione che consente alle acque di precipitazione meteorica di infiltrarsi nelsottosuolo. Sono dette faglie le spaccature che presentano nei due lembi tracce

    evidenti di scorrimento reciproco, diaclasi quelle semplici, senza segni di spo-stamento, leptoclasi le fratture pi piccole (spesso microscopiche), scollamen-ti i distacchi che si verificano tra uno strato e l'altro, favoriti quasi sempre dall'in-tercalazione di una sottile coltre d'argilla.

    Faglia

    Spostamenti della falda toscana e della zolla delle Panie

    Diaclasi Scollamento

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    Nelle zone di assorbimento il paesaggio brullo e roccioso, mancano i corsid'acqua e le sorgenti: tutta la pioggia viene inghiottita dalle innumerevoli fessure,formando nell'immediato sottosuolo un'infinit di piccoli ruscelli che si mantengo-no attivi solo durante le precipitazioni o quando si sciolgono le nevi. A maggiori

    profondit i ruscelli tendono ad unirsi tra loro, aumentando di portata e trasfor-mandosi gradualmente in torrenti e in fiumi sotterranei. Questi ultimi, sebbenepossano essere perenni, sono sempre caratterizzati da enormi variazioni di por-tata che dipendono dalla situazione meteorologica esterna.

    L'acqua piovana, e ancora di pi quella derivante dalla fusione della neve1, ric-ca di anidride carbonica sottratta all'aria e all'humus, dove la putrefazione deivegetali morti (foglie secche, radici, ecc.) libera abbondantemente questo gas.Acqua e anidride carbonica formano insieme acido carbonico, un acido deboleche, venendo a contatto con la roccia calcarea, riesce lentamente a scioglierla,

    trasformando il carbonato di calcio, suo principale componente, in bicarbona-to di calcio solubile. Questa la reazione chimica mediante la quale i corsi d'ac-qua sotterranei, scorrendo per milioni di anni attraverso le fratture tettoniche delsottosuolo, le hanno lentamente trasformate in quello straordinario labirinto digallerie, cunicoli, pozzi e voragini che la Grotta del Vento2.

    1 La quantit di anidride carbonica che pu essere contenuta nellacqua inversamente

    proporzionale alla temperatura: lacqua di fusione della neve risulta pertanto particolar-

    mente aggressiva nei confronti dei calcari.

    2Non va sottovalutata la presenza di tracce di un acido ben pi potente di quello carbo-

    nico: lacido solforico. Esso proviene dallalterazione in limonite (ossido idrato di ferro)

    della pirite (solfuro di ferro) presente in cristalli cubici e pentagonododecaedrici inclusi

    nella massa rocciosa.

    Altopiano della Vetricia: i numerosi crepacci rendono impossibile una circolazio-ne superfi-ciale delle acque.

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    MORFOLOGIA

    Un sistema carsico pu essere suddiviso in tre zone distinte: la zona dassorbi-mento, dove le acque superficiali scompaiono nel sottosuolo, la zona di scorri-

    mento, dove le acque circolano nei condotti sotterranei (gallerie, pozzi, meandri,cunicoli) che costituiscono le grotte, e la zona di affioramento, dove acque chesono state catturate altrove nel sottosuolo, rivedono la luce mediante sorgenticarsiche, che assumono il nome di risorgenze o risorgenti quando costituisco-no laffioramento di un corso dacqua superficiale che riemerge dopo essere sta-to catturato nel sottosuolo mediante un inghiottitoio.

    Nelle zone d'assorbimento delle Panie non esistono inghiottitoi, in quanto laminuta fessurazione della roccia impedisce l'esistenza di corsi d'acqua superfi-ciali. L'acqua piovana scompare pertanto direttamente nel sottosuolo attraverso

    le innumerevoli fenditure che attraversano ovunque la montagna.Le dimensioni di queste fenditure sono estremamente variabili: circa 1500 metriad ovest della Pania Secca, sull'Altopiano della Vetricia, accanto ad enormi vora-gini quali lAbisso Revel, profondo 316 metri, la Buca del Lagno (-104 m.) e laBuca Larga, che scende quasi perfettamente verticale per oltre 250 metri, siaffiancano centinaia di voragini minori, migliaia di crepacci, milioni di piccole fes-sure. La zona d'assorbimento situata sul versante nord-occidentale della PaniaSecca, dove quasi certamente si aprono gli imbocchi superiori della Grotta delVento, presenta caratteristiche analoghe, anche se con manifestazioni meno

    appariscenti. Lassoluta assenza di acque superficiali rende queste zone das-sorbimento particolarmente aride.La morfologia carsicasuperficiale presenta aspettiparticolarmente interessantie di grande effetto scenico.Nelle valli secche lacquanon pu circolare perchprima che possa raccoglier-

    si in un ruscello viene assor-bita dalle innumerevoli fes-sure. I campi solcati sonosuperfici non molto inclinatesolcate da lunghi crepacci

    Solchi a doccia prodotti sul calcare dallacqua di fusione della neve.

    A spasso sullAltopiano della Vetricia

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    che si incrociano isolando blocchi calcarei dalle forme squadrate. I solchi a doc-cia sono invece scannellature parallele e contigue, profonde da pochi centimetriad alcuni decimetri, che isolano tra luna e laltra sottili lame calcaree spessomolto taglienti. Le scannellature divergenti a lisca di pesce, che si dipartono daeleganti crestine, sono parallele e affiancate, e non superano quasi mai il centi-metro di profondit e i due centimetri di larghezza. Si chiamano Kamenitze delleeleganti vaschette dal fondo perfettamente orizzontale che, se bagnato, apparenero per la presenza di particolari alghe. Lesistenza delle Kamenitze dovuta alpotere corrosivo degli acidi che queste alghe secernono per potersi nutrire di cal-

    care. Le doline sono cavit non molto profonde il cui diametro pu variare dameno di un metro a parecchie decine di metri. Alla loro origine pu esserci lo sva-samento della bocca di una fessura assorbente, il crollo di una cavit sotterraneao anche, allinterno di un campo solcato, di lamine parallele isolate e assottiglia-te dallerosione.

    Si formano pozzi a neve quando in corrispondenza di faglie o diaclasi si produ-ce un avvallamento nel quale la neve si accumula e si conserva a lungo. L'acquadi fusione della neve, avendo una temperatura molto bassa, pu contenere gran-di quantit di anidride carbonica, risultando quindi molto aggressiva. Sotto lamassa nevosa la roccia si scioglie rapidamente e piano piano prende forma unacavit verticale che tende a divenire sempre pi profonda.Nei percorsi turistici della Grotta del Vento si possono distinguere chiaramentetre diverse tipologie morfo-logiche che corrispondonoa vari momenti dell'evolu-zione carsica sotterranea.

    1. I corridoi delle dirama-

    zioni dell'Infinito, dell'In-termedia e del Cunicolodel Vento, sempre alti estretti (meandri, canyon),sono stati scavati daacqua che, circolando"a pelo libero" sul pavi-mento, ha inciso pro-gressivamente la rocciaverso il basso (morfo-logia vadosa). I pozzi acampana, modellati dal-le cascate, sono daattribuire a questo tipodi morfologia.

    Aspetti tipici della morfologia vadosa.A sinistra : sezione trasversale di un meandro (canyon) il cuipavimento stato progressivamente abbassato dallazioneerosiva di un torrente sotterraneo.A destra: profilo longitudinale di una galleria vadosa e di un

    pozzo a campana scavato da una cascata.

    Manifestazioni del fenomeno carsico nelle zone dassorbimento. A sinistra: un piccolo neva-io sul fondo di un abisso. A destra: una Kamenitza.

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    2. La galleria iniziale etutte quelle dellaseconda parte sonoinvece state scavate

    da acqua che circo-lava sotto pressio-ne, sommergendoletotalmente. La lorosezione ellittica dovu-ta all'azione erosivache l'acqua, riempien-do i condotti, potevaesercitare indifferente-

    mente in ogni direzio-ne.(morfologia freati-ca). La Galleria del-l'Acheronte, generatasi in ambiente freatico, attualmente percorsa da unfiume sotterraneo che scorre a pelo libero. In seguito a piogge di particolareintensit, questo corso d'acqua pu gonfiarsi sino a sommergere interamenteil condotto, ripristi-nando per alcuneore la situazione

    freatica preesi-stente. Il Baratrodei Giganti unagrande galleriafreatica che l'ac-qua ha scavato cir-colando sottopressione dal bas-so verso l'alto.

    3. La Diramazionedelle Meraviglie(nella terza parte)e tutta la zona delprimo itinerariosituata oltre il sifo-ne hanno anch'es-se origine freatica,ma l'aspetto primi-

    tivo stato in parte mascherato da sporadici episodi di crollo (morfologiagraviclastica) avvenuti centinaia di migliaia di anni fa, quando il fiume sotter-raneo che le percorreva si trasfer definitivamente a livelli inferiori. Da quelmomento cess in questo tratto l'azione erosiva e le gocce iniziarono acostruire quella straordinaria profusione di stalattiti, drappeggi, stalagmiti ecolate che chiunque oggi pu ammirare percorrendo comodi sentieri turistici(morfologia freatica fossile).

    La zona di affioramento del sistema carsico di cui la Grotta del Vento fa partecorrisponde al piano di contatto tra i calcari che costituiscono il massiccio delle

    Panie e le rocce impermeabili (scisti) sui quali essi poggiano. Le sorgenti car-siche pi importanti sono la Buca del Tinello e la Stroscia, situate presso Forno-volasco, ed il Fontanone, posto sul fondo della valle del torrente Turrite Secca,sul versante opposto della montagna. Lattuale ingesso turistico della grotta unasorgente carsica fossile, cio abbandonata definitivamente dallacqua.

    Aspetti tipici della morfologia freatica.A sinistra: sezione trasversale di un condotto ellittico imposta-to lungo una frattura. Si noti in basso la successiva evoluzionevadosa (meandro) provocata da un ruscello.

    A destra: profilo longitudinale di un condotto circolare parzial-mente invaso da sabbia.

    Invecchiamento della morfologia freatica. Una serie di crolli e lab-bondante concrezionamento mascherano in parte loriginariamorfologia freatica.

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    Morfologia freatica giovanile: nella galleria normalmente sommersa del sifone iniziale la vol-ta e le pareti appaiono fortemente arrotondate. Notare limpronta lasciata da una grande bol-la daria sul soffitto quando tutto era sommerso.

    Morfologia freatica fossile: questa galleria ellittica mostra sulla parete di destra gli arrotonda-menti lasciati dai vortici di un antico fiume sotterraneo. La parete di sinistra appare quasiinteramente coperta dalle colate concrezionali.

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    EVOLUZIONE DEL SISTEMA CARSICO

    1) Le fessure superficiali della roccia portano lacqua nel sottosuolo dove pren-dono forma le prime gallerie, le pi profonde delle quali sono totalmente som-merse da una circolazione di tipo freatico. Il reticolo sotterraneo compostoda due sistemi distinti le cui sorgenti sono situate su due opposti versanti del-la montagna.

    2) Lerosione esterna ha ridotto il volume della montagna ed inciso pi profonda-mente le valli. Si ingrandiscono le fessure e le cavit sotterranee. Labbassa-mento della falda freatica ha in parte prosciugato alcune gallerie precedente-mente sommerse. I due sistemi sono ancora distinti.

    3) Il volume della montagna si ulteriormente ridotto e le valli si sono ancor piapprofondite. Diverse fessure sono divenute voragini e le cavit sotterranee,

    notevolmente ampliate, sono state ormai abbandonate dalla circolazione frea-tica. I due sistemi idrici si sono fusi tra loro e lacqua di tutto il reticolo sotter-raneo, scaricandosi interamente nella valle della Turrite Secca, ha provocatoun forte abbassamento della falda freatica, la cui superficie coincide ormaicon il piano di contatto tra i calcari e le rocce impermeabili.

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    L'EVOLUZIONE IDROLOGICA

    Osservando la posizione dell'ingresso (situato sul fondo di un canalone), la fortependenza verso il monte della galleria iniziale, e la sua impostazione lungo il pia-no di contatto tra le masse calcaree e gli scisti impermeabili sottostanti, i primispeleologi ritennero che la Grotta del Vento fosse un antico inghiottitoio abban-donato dall'acqua (inghiottitoio fossile).

    Il Valico, punto di divisione tra la prima e la seconda parte, separando due zoneprofondamente diverse, fu ritenuto uno spartiacque sotterraneo tra due fiumiopposti. Il primo, ormai estinto, un tempo scendeva verso l'attuale sifone inizia-le, dove si univa al corso d'acqua proveniente dall'ingresso e scompariva lungo

    un ipotetico passaggio, attualmente sepolto, che scendeva verso la zona del-l'Acheronte, raggiungendola mediante la Galleria del Fiume Lete. Il secondo, pre-cipitando nel Baratro dei Giganti, percorreva tutta la zona inferiore della secon-da parte, dove riceveva anche le acque del Lete e scompariva nel sifone termi-nale.

    Questa interpretazione non riusciva a far luce su diversi punti. Se il tratto inizia-le della grotta fosse stato veramente un inghiottitoio, il bacino di alimentazioneesterno non avrebbe avuto lampiezza necessaria per raccogliere una quantit

    dacqua tale da conferire al condotto iniziale una morfologia freatica. La stessaconsiderazione si poteva applicare anche al Baratro dei Giganti e alla GalleriaPrincipale della prima parte. Inoltre non trovava alcuna spiegazione la presenzadella Galleria Intermedia e del breve tratto freatico che congiunge il Valico conil sottostante Baratro dei Giganti.

    Uno studio pi accurato ci permette oggi di affermare che la galleria iniziale,anzich assorbire un torrente esterno, durante la formazione della grotta emet-

    teva acque che altrove erano state catturate nel sottosuolo dalle numerosissimefenditure della zona di assorbimento. Non si trattava quindi di un inghiottitoio,bens di una grande sorgente carsica di tipo valchiusano. Il fiume sotterraneoproveniva dall'attuale sifone terminale dell'Acheronte, sommergeva interamentela seconda parte, risaliva il Baratro dei Giganti e traboccava nella prima parte,dove scorreva a pelo libero prima di tuffarsi in un tratto sommerso che sfociavaall'esterno mediante l'attuale imbocco. La quota dellimbocco (allora sorgentevalchiusana) era molto pi elevata, superando addirittura quella del Valico. Col

    tempo lerosione esterna ridusse il volume della montagna, accorciando la gal-leria iniziale ed abbassando progressivamente di almeno trenta metri la sogliaduscita del fiume sotterraneo. Nel frattempo allinterno della grotta lacqua sca-vava lungo un giunto di stratificazione la Galleria Intermedia, abbandonando ilValico e la parte superiore del Baratro dei Giganti.

    In un'epoca ancora pi tarda, lungo il piano di contatto tra calcari e scisti, benoltre il sifone terminale, il fiume sotterraneo si apr un varco verso nord inverten-

    do il flusso. Da quel momento ebbe termine la sommersione della seconda e del-la prima parte.

    In tal modo la vecchia sorgente valchiusana si trasform in un inghiottitoiotemporaneo che prima della sistemazione turistica assorbiva parte dellacquaproveniente dal canalone esterno.

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    METEOROLOGIA

    Chi visita la grotta durante lestate,quando viene aperta la porta blinda-

    ta, resta stupito dalla violenza delvento che proviene dalle viscere del-la montagna. Il disagio dura pocoperch, non appena la guida richiu-de la porta, la corrente daria cessadi colpo, e con essa anche la sensa-zione del freddo.

    La temperatura, nelle parti pi inter-ne, per tutto lanno di +10,7 C.,

    valore corrispondente alla mediaannua esterna; gli imbocchi sonodue: quello inferiore, attuale ingresso turistico, si apre a 642 metri sul livello delmare, quello superiore situato ad oltre 1400 metri d'altezza, sul versante oppo-sto della montagna. Si ha quindi una colonna d'aria alta circa 800 metri, liberaalle estremit, che durante l'estate pi fredda e pesante dell'aria esterna, quin-di precipita verso il basso provocando all'imbocco inferiore un forte vento uscen-te, mentre da quello superiore viene aspirata aria relativamente calda la quale,percorrendo la grotta, si raffredda, rendendo continua la circolazione. Durante

    l'inverno la situazione si capovolge: l'aria interna, pi calda e quindi pi leggeradi quella esterna, sale velocemente, provocando all'imbocco inferiore un richia-mo d'aria fredda che entrando si riscalda, mantenendo attiva la circolazione.

    La velocit del vento direttamente proporzionale alla differenza di temperaturache intercorre tra l'interno e l'esterno; quando le due temperature si equivalgonocessa ogni corrente d'aria.

    Il primo tratto di questa cavitrisente in maniera netta delraffreddamento dovuto,

    durante la stagione invernale,all'afflusso dell'aria esternaproveniente dall'imbocco infe-riore. Nel 1985, duranteunondata di freddo polareche aveva abbassato la tem-peratura esterna a un valoredi quasi 20 gradi sotto zero,venne lasciata aperta per una

    notte la porta blindata. Loscopo di questo esperimentoera quello di verificare in qua-le misura la temperatura inter-na sarebbe stata influenzatadal violentissimo afflusso diaria gelida. Il risultato and aldi l di ogni previsione: sulpavimento della Sala dellOr-

    so fu registrata una tempera-tura di -4,5 C., immediata-mente prima del sifone -0,2C., subito dopo +3,8 C., alLago dei Cristalli +7,2 C.,

    La porta blindata. Si notino a destra gli aeratori.

    Circolazione daria a tubo di vento: inverno.Laria interna, pi calda di quella esterna, sale, richia-mando dalla bocca inferiore aria che, allinterno dellagrotta, si riscalda, rendendo continua la circolazione ver-so lalto.

    Circolazione daria a tubo di vento: estate.Laria interna, pi fredda di quella esterna, e quindi pipesante, scende, richiamando dalla bocca superiorearia calda; questa, entrando, si raffredda, rendendo con-tinua la circolazione verso il basso.

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    nella Sala dei Monumenti +9 C.; si stabilizzava soltanto al Valico, raggiungendoil valore di +10,68 C. che in pratica corrisponde alla media normale della grotta.

    Il forte raffreddamento della zona iniziale influenza la temperatura della roccia

    che, comportandosi come un serbatoio di freddo (volano termico), mantiene pibassa anche quella dell'aria durante la primavera e l'inizio dell'estate, sia pure inregime di vento uscente.

    Abbiamo quindi una zona termovariabile, caratterizzata da ampie escursio-ni termiche, e una zona termostabile, dove le variazioni di temperatura sonoirrilevanti.

    Nella zona termostabile l'umidit relativa oscilla da un minimo del 98% (durantel'inverno) a un massimo del 100% che talvolta sconfina in uno stato di sovrasa-turazione. Le variazioni igrometriche risultano molto pi vistose nella zona ter-

    movariabile, dove il valore minimo pu scendere talvolta al di sotto del 50%,quando all'esterno fa molto freddo e la porta viene lasciata aperta. Queste diffe-renze sono dovute al fatto che, se durante l'estate il flusso d'aria che attraversala grotta, raffreddandosi, aumenta enormemente la propria umidit relativa,avviene esattamente il contrario d'inverno. Quando l'aria che penetra nel sotto-suolo si riscalda, l'umidit diminuisce e l'ambiente tende ad asciugarsi, specienel tratto iniziale.

    Inverno 1985. Stalattiti di ghiaccio nella Sala dellOrso.

    Inverno 1985. A sin.: stalattiti di ghiaccio. A destra: il vento entrante ha coperto di neve ilpavimento della galleria iniziale.

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    MICROCLIMA E SPELEOTERAPIA

    Temperatura e umidit non sono certo gli unici parametri importanti del microcli-ma ipogeo: l'anidride carbonica, continuamente liberata dalla reazione chimica

    che consente la crescita delle concrezioni, pi abbondante che all'esterno; vi assoluta assenza di polveri poich minutissime goccioline d'acqua vaganti nel-l'aria (aerosol) inglobano qualsiasi particella solida, compresi i microbi, abbatten-dola al suolo entro poche decine di metri dall'ingresso; nell'aerosol delle zone piinterne sono presenti ioni di calcio, magnesio, sodio e potassio.

    La forte ventilazione estiva permette un continuo ricambio dellaria che quindi sempre abbondantemente ossigenata proprio nel periodo di massima affluenzaturistica. Se la porta blindata venisse lasciata aperta durante le giornate pi cal-de, il ricambio dellaria potrebbe raggiungere punte massime di due milioni di

    metri cubi ogni 24 ore.Sull'organismo umano gli effetti di questo microclima sono generalmente benefi-ci: l'anidride carbonica, costringendo i polmoni a una maggiore dilatazione, nemigliora la funzionalit; l'aria purissima, priva di polveri e di pollini, provoca unimmediato senso di benessere negli asmatici, nei bronchitici cronici e negli aller-gici; l'elevata umidit disinfetta le vie respiratorie grazie alla potente azione bat-teriostatica dell'acido carbonico; gli ioni di calcio, assimilati dall'organismo, ne raf-forzano le difese contro le allergie. Pare che gli effetti curativi del microclima si

    Speleoterapia: esame spirometrico.

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    possano estendere anche all'ipertensione, alla pertosse e ad altre malattie.

    In Italia la speleoterapia un campo dindagine nuovo, oggetto di un approfondi-to studio condotto nella Grotta del Vento dal Prof. Giovanni Agostini dell'Istituto diIdroclimatologia Medica dell'Universit di Pisa, in collaborazione con l'Istituto diIgiene, con l'Istituto di Patologie dell'Apparato Respiratorio e con la Commissio-ne Speleoterapica della Federazione Speleologica Toscana.

    I cicli sperimentali di cura prevedevano una permanenza in grotta di 2/7 ore algiorno per ventuno giorni consecutivi. La maggior parte del tempo veniva trascor-sa in una diramazione del secondo itinerario defilata dai percorsi turistici e dota-ta di impianto elettrico, poltroncine, tavoli, acqua corrente, televisore e videoregi-stratore. Qui il ricambio dellaria molto pi lento che lungo lasse principale del-la grotta, e la presenza di una cascatella favorisce la ionizzazione degli elemen-

    ti contenuti nellacqua.Per lintera durata della cura speleoterapica venivano completamente sospesi ifarmaci tradizionali (cortisonici e antistaminici). I risultati, non eclatanti neglianziani, sono stati abbastanza soddisfacenti negli adulti e addirittura entusia-smanti nei ragazzi di et compresa tra i 5 e i 15 anni. Su soggetti che nel perio-do dei pollini dovevano interrompere gli studi e ricorrere a frequenti ricoveri ospe-dalieri, sono stati riscontrati miglioramenti dell80% nelle capacit respiratorie. Inalcuni casi il miglioramento proseguito dopo il trattamento fino alla guarigione.

    Speleoterapia: un momento di relax.

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    LE CONCREZIONI

    Stalattiti, stalagmiti, colonne, colate, drappeggi.Finch una galleria freatica attiva non si possono formare concrezioni: in un

    ambiente sommerso la fuga dell'anidride carbonica impossibile, pertanto il cal-care, presente nell'acqua sotto forma di bicarbonato di calcio, non pu trasfor-

    marsi in carbonato. Altrettanto impossi-bile la formazione di concrezioni sot-to il livello di scorrimento delle acque diun torrente vadoso, sia per la turbolen-za, sia a causa dell'erosione meccani-ca da questo esercitata sulla roccia.

    A partire dal momento in cui una galle-ria viene abbandonata definitivamentedal corso d'acqua sotterraneo che l'hagenerata, si verifica una situazionefavorevole al concrezionamento.

    Come gi stato detto nel capitoloriguardante la speleogenesi, l'acquapiovana, attraversando l'atmosfera e ilcotico vegetale, si arricchisce di ani-dride carbonica e forma acido carboni-co.Questa soluzione aggredisce la roc-cia calcarea, saturandosi rapidamentedi bicarbonato di calcio che, discioltonellacqua, scende verso la grottamediante minuscole fenditure detteleptoclasi. Sulla volta della cavit siformano numerose gocce, in ognunadelle quali, via via che si accresce illoro volume prima della caduta, l'au-mento della superficie di contatto conl'aria favorisce una fuga di anidride car-bonica e la conseguente ritrasforma-zione del bicarbonato di calcio in car-bonato. Questo compare sotto formadi minuscoli cristalli di calcite che,mentre la goccia si ingrossa prima distaccarsi, si dispongono radialmenteattorno ad essa formando un primo

    anellino. Milioni di anellini sovrapposti(uno ogni goccia) formano esili tubicinidalle pareti sottilissime detti spaghettio capelli dangelo, il cui diametroesterno supera raramente i cinque mil-limetri. Queste fragilissime cannulecostituiscono il germe di quasi tutte lestalattiti cilindriche o coniche, il cuiingrossamento dovuto a veli dacqua

    che, scorrendo lungo le pareti esternedei tubicini iniziali, ne aumentano lospessore e provocano un accrescimen-to radiale dei cristalli di calcite attornoal canalino interno di alimentazione.

    Uno spaghetto di calcite purissima.

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    Nel momento in cui la goccia precipita verso il pavimento, generalmente contie-ne ancora una certa percentuale di bicarbonato di calcio; l'impatto col suolodetermina una nuova fuga di anidride carbonica e una deposizione di carbona-to di calcio, dando inizio alla formazione di una stalagmite.

    I quantitativi depositati ogni volta sono minimi, quasi infinitesimali, ma sommatimiliardi di volte provocano una lenta crescita delle stalattiti e delle stalagmiti che,

    col passare del tempo, possono unirsi tra loro formando colonne.

    Se le gocce, anzich staccarsi dal soffitto, scorrono lungo una parete strapiom-bante, il carbonato di calcio viene depositato lungo linee irregolari, creando esi-li creste che piano piano si trasformano in veri e propri drappeggi alabastrini.Queste concrezioni, molto diffuse in tutta la prima parte, sono caratterizzate dauna notevole traslucidit che spesso permette di vedere, in trasparenza, fasceparallele di colore giallo, arancione, rossastro e marrone che corrispondono adiverse concentrazioni di limonite, un ossido di ferro derivato dall'alterazionedella pirite (solfuro di ferro), presente nella roccia in cristalli isolati. Colori analo-ghi possono interessare qualsiasi altro tipo di concrezione calcarea.

    Le colate sono massicce coperture concrezionali che rivestono talvolta interepareti o lunghi tratti del pavimento, inglobando spesso detriti o altre concrezio-

    Stalattiti. Stalagmiti.

    Drappeggi traslucidi nella Sala del Ciondolo.

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    ni preesistenti. Quasi sempre, nelle colate, vi sono sia elementi stalattitici chestalagmitici.

    La reazione chimica che provoca la crescita delle concrezioni trova condizioniideali durante la stagione invernale. Come abbiamo visto nel capitolo Meteorolo-gia, a pag. 17, quando allesterno la temperatura scende al di sotto di +10,7 C.nella grotta diminuisce lumidit. Ci consente una leggera evaporazione e faci-lita la fuga dellanidride carbonica, favorendo la trasformazione del bicarbonatodi calcio disciolto nellacqua in carbonato. Si pu quindi affermare che le con-crezioni crescono pi dinverno che destate.

    Le concrezioni vengono definite "vive" finch, alimentate dall'acqua, crescono. Ilvelo d'acqua che le ricopre conferisce loro una brillantezza e una vivacit di colo-ri che mancano in quelle "morte". La Grotta del Vento si distingue dalla maggiorparte delle altre cavit turistiche europee per avere quasi esclusivamente con-crezioni vive e ricche di colori.

    La morte delle concrezioni va attribuita nella maggior parte dei casi a lesioni del-la massa rocciosa provocate da movimenti tellurici che interrompono le leptocla-si deviandone altrove le acque. Salvo rare eccezioni, le concrezioni morte nonpossono resuscitare poich lacqua, una volta abbandonata una fessura, tendesempre pi ad ampliare quella nuova. L'eventuale presenza di uno strato di con-crezione viva su una morta da lungo tempo va sempre attribuita all'alimentazio-ne prodotta da fessure diverse da quelle originarie.

    L'opacizzazione che si riscontra in tutte le concrezioni morte segna l'inizio di unaconsunzione dovuta alle propriet aggressive dell'acqua di condensazione che,abbondante nella stagione estiva, le riveste di un velo d'acqua ricco di anidridecarbonica. A lungo andare, anche concrezioni di mole imponente possono esse-re completamente distrutte da questo processo.

    Da qualche anno, nella Sala dei Monumenti, possibile vedere, in alto a sinistra,

    alcune concrezioni opache che, illuminate, sembrano coperte di lustrini. Se l'illu-minazione scarsa l'effetto ancora pi suggestivo perch i puntini luminosispiccano ancora di pi nello sfondo scuro. Spostando gradualmente la fonte diluce o il punto di osservazione, vediamo che i lustrini scompaiono e riappaionoaltrove continuamente. Questo scintillio linizio della morte delle concrezioni.

    Colate al Camino Rosa.

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    Finch la loro superficie era rivestita da un velo d'acqua, la brillantezza della con-crezione era diversa, un po' cerea e diffusa su tutta la superficie. Ora che l'acquaha scelto altre strade, le facce speculari e piane dei piccoli cristalli di calciteriflettono vistosamente la luce con raggi paralleli verso gli occhi dell'osservatore.

    Purtroppo questo spettacolo non sar visibile per sempre poich l'acqua di con-densazione, aggredendo le facce speculari dei cristalli, le render ruvide, opaciz-zandole. Solo le concrezioni morte vengono corrose dalla condensazione; nonquelle vive, sempre protette da un velo d'acqua che, provenendo dalla massarocciosa sovrastante, ricca di quel bicarbonato di calcio che, trasformandosiin carbonato, le alimenta.

    Le concrezioni sin qui descritte abbondano con una straordinaria variet di for-me e di colori nella Diramazione delle Meraviglie, nella prima parte e in tutte lesue diramazioni (Ramo dei Tre,Galleria del Paradiso e Ramodei Piemontesi). Con minore fre-quenza e limitatamente allezone che anche durante le pie-ne non vengono investite dallecascate, le troviamo anche nelRamo dell'Infinito. Mancanoinvece del tutto nei livelli inferio-ri della seconda parte, dove

    durante le piene si ripristinanofrequentemente quelle condi-zioni di circolazione freaticache sino a qualche centinaio dimigliaia di anni fa interessava-no anche i condotti della primaparte.

    Nelle grotte attrezzate per le visite turistiche, una delle causepi frequenti di deterioramento la pessima abitudine, moltodiffusa tra i visitatori, di toccare le concrezioni. Quasi sempre,prima di entrare, le guide raccomandano di non toccarle, ma tal-volta i turisti, mettendo in dubbio le affermazioni delle guide,quando sono certi di non essere osservati, toccano. Vedendoche nel punto toccato non accade niente, finiscono per convin-cersi che le guide affermano il falso, e toccano ancora pi volen-tieri. Ci dannosissimo poich i grassi e gli acidi contenutinella pelle vengono assorbiti in profondit nella concrezioneattraverso gli spazi capillari che separano i cristalli di calcite. Inquesto modo, anche se sul momento non si nota alcuna altera-zione, si viene a creare nella zona toccata il supporto ideale peruna coltura batterica che sviluppandosi, provoca macchie chetendono a divenire sempre pi scure anche se le mani sono per-fettamente pulite. Se invece le mani sono sporche, le macchieindelebili possono manifestarsi immediatamente.

    La corrosione ha assottigliato questo drappeggio finoa farlo scomparire in alcuni punti.

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    ALTRI TIPI DI CONCREZIONI

    Perle di grottaSono formate da strati concentrici

    di calcite che, come avviene nelleperle usate in gioielleria, sonodisposti attorno ad un nucleo chepu essere costituito da un granel-lo di sabbia o da qualsiasi altro cor-puscolo solido. Queste perle digrotta, il cui diametro pu variareda mezzo millimetro a due centi-metri ed oltre, crescono in vaschet-

    te poco profonde, sottoposte ad unforte stillicidio saturo di bicarbona-to di calcio. Lagitazione dellac-qua provoca una fuga di anidridecarbonica e una deposizione dicalcare attorno ai nuclei posti inrotazione dalla spinta delle gocce. Altro calcare si deposita sul fondo dellavaschetta dove, attorno alle perle pi grosse, forma delle tazze semisferiche. Ilmovimento delle perle allinterno delle tazze la causa principale della loro per-

    fetta lucidatura, in tutto simile a quella della porcellana smaltata.Le perle pi belle si trovano nel Pozzo dellInfinito e in una diramazione della Gal-leria Intermedia.

    Concrezioni da splashA differenza delle perle digrotta, che sono libere, leconcrezioni da splash aderi-

    scono saldamente alle rocceed alle colate sulle quali siformano. Come le perle, sonocostituite da strati concentricidi calcite, ma la loro superfi-cie non lucida. Di grandez-za variabile tra quella di unmirtillo e quella di un pugno,crescono sempre attorno a

    superfici stalagmitiche inve-stite da copiosi stillicidi con-crezionanti, caratterizzati daintervalli brevissimi tra unagoccia e laltra. In queste con-dizioni per le gocce non vi iltempo di depositare intera-mente sulla stalagmite il proprio contenuto calcareo. La parte rimanente, portatadagli spruzzi e dalla nebulizzazione dellacqua, avvolge in una specie di verni-

    ciatura spray le rocce circostanti, accumulando strati concentrici di calcite attor-no ad ogni sporgenza. Le masse sferoidali, crescendo, tendono a fondersi traloro, formando colate mammellonari che ricordano masse cerebrali o intestinali.Le concrezioni da splash sono comuni in tutte le zone pi concrezionate dellaGrotta del Vento.

    Perle di grotta.

    Concrezioni da splash.

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    Stalattiti eccentricheNon tutte le stalattiti sono perfetta-mente verticali. Alcune di esse sono

    talvolta contorte, con direzioni spessodiscordanti anche in aree molto circo-scritte. pertanto da escludere che ledeviazioni possano essere provocatedalle correnti daria. Probabile inveceche derivino dallotturazione del foroapicale e da una conseguente fuoru-scita dellacqua da piccole fessurelaterali. In alcuni casi linclinazionepu dipendere dalla forza dinerziache le gocce acquisiscono al terminedi una corsa lungo la cresta di undrappeggio. Le stalattiti eccentriche,ovunque abbastanza diffuse, sonoparticolarmente numerose nella Gal-leria del Paradiso.

    Eccentrici o elictiti

    Da non confondersi con le stalattitieccentriche, queste bizzarre concre-zioni, costituite quasi sempre da cal-cite pura e incolore, sembrano sfida-re le leggi della gravit. Spesso filifor-mi o fistolose, nella loro crescitacambiano continuamente direzione,creando talvolta intricati grovigli. Lepi grandi si trovano nella Galleria

    del Paradiso, ma ve ne sono altre didimensioni inferiori anche nella Saladei Monumenti. Si notato che laloro velocit di crescita pu aumentare sensibilmente nelle zone pi frequentatedai turisti.

    Vasche di traboccamentoIn tutto il primo itinerario ed in particolare nel tratto compreso tra il Lago dei Cristal-

    li e la Sala dei Monumenti le colate che rivestono il pavimento appaiono cosparseda vaschette disposte a gradinata eseparate tra loro da esili cordolini aven-ti la funzione di dighe. L'aspetto di que-ste vasche pu ricordare delle risaieindocinesi. L'acqua, nel traboccare dal-le vaschette, libera anidride carbonicanell'aria e deposita carbonato di calciosulle dighe, provocandone l'accresci-mento. Contemporaneamente sul fondocompaiono cristallizzazioni di calcite.Aumentando l'altezza delle dighe,aumenta anche l'ampiezza degli invasiche, talvolta, finiscono per inglobarnealtri che erano cresciuti pi lentamente.

    Stallattiti eccentriche.

    Elictiti.

    Vaschette di traboccamento.

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    Stalagmiti inverseSe una goccia cade ripetutamente su un letto di sabbia o di limo, pu facilmen-te perforarlo. Se lo stillicidio concrezionante, pu contemporaneamente cemen-

    tare le pareti del foro, creando una canna che siaccresce gradualmente verso il basso, man manoche il foro si approfondisce. Quando perforazionee cementazione raggiungono la roccia o la colatasu cui poggia il materiale incoerente (sabbia olimo), la canna si cementa ad essa. Se, successi-vamente, un flusso d'acqua asporta la sabbia, lacanna resta isolata. quanto si verificato sulpavimento della Sala del Ciondolo e presso il Vali-co dove si possono ammirare due tipici esempi diqueste rare concrezioni.

    Latte di MonteIl pavimento del canyon che prosegue oltre i sentieri della terza parte quasiovunque coperto da una coltre biancastra che, pur assumendo le forme di unanormale colata concrezionale, ha una consistenza ben diversa, essendo tenerae viscida come il sapone.E' un'insidia da non sottovalutare, che costringe gli spe-leologi a procedere in spaccata lungo le pareti per evitare pericolose cadute. Il

    nome di questo materiale deriva dalla traduzione maccheronica del terminetedesco Mondmilch che, alla lettera, significa latte di luna. Nella Grotta del Ven-to il latte di monte composto da calcite allo stato colloidale.

    I plasticiIl fango che durante le piene viene depositato sul fondo della zona dell'Acheron-te costituito dalle particelle insolubili della roccia asportata dall'acqua durantele piene. Si tratta di una sabbiolina finissima, detta limo, costituita prevalentemen-

    te da dolomite (75%)con una certa percen-tuale di carbonato dicalcio rimasto insoluto eabbondanti tracce diquarzo. Queste ultime,dato il loro elevato pote-re abrasivo, quandosono in sospensione nel-

    lacqua, hanno un ruoloimportante nel demolirelentamente la roccia.Sono presenti, anche sein quantit minime, altrisilicati e minerali di ferro.

    Durante i periodi di som-mersione, questo mate-riale si deposita sui pavimenti inclinati e sui massi di copertura del fondo, crean-

    do creste e canaloni in miniatura che sembrano veri e propri plastici di montagne.Quando l'acqua si ritira, il ruscellamento residuo incide il limo, creando valloncel-li minori separati da esili creste: veri e propri calanchi.

    Questi paesaggi in miniatura non vengono distrutti dalle piene successive per-ch si formano solo dove le correnti sono di minima entit. Se per lunghi periodi

    Stalagmiti inverse.

    Plastici.

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    (minimo centinaia di anni) non si verificano altre piene, i plastici possono pietrifi-carsi mediante la cementazione dei granuli di limo (vedi abetaie).

    Stalagmiti di fangoLa zona dell'Acheronte, in fondo alla seconda parte, viene parzialmente o total-mente inondata ogniqualvolta all'esterno si verificano piogge particolarmenteabbondanti. La torbidit dell'acqua, intensissima nella fase iniziale della piena,decresce col tempo poich, prima ancora chel'acqua se ne vada, il fango si deposita sul fon-do e sulle mensole che sporgono dalla volta edalle pareti. E' proprio quest'ultimo che, appenal'acqua si ritira, gocciola per qualche minuto sul

    pavimento, accumulando il materiale necessa-rio per formare, di piena in piena, vere e propriestalagmiti di fango. Queste insolite concrezionipossono formarsi solo in luoghi dove, anchedurante la massima intensit delle piene, l'ac-qua praticamente immobile.

    Le stalagmiti di fango hanno sempre una formacilindrica e la loro sommit appare piatta, a sco-della oppure, molto pi raramente, forata. Spes-

    so sono presenti nei plastici.

    Le abetaieQueste pittoresche formazioni, che riproducono fedelmente la forma di esteseabetaie su ripidi pendii montani, sono un'evoluzione dei calanchi descritti allavoce I plastici. Piene successive aggiungono altro limo sulle creste che separa-no i valloncelli, incre-mentandone la cre-

    scita. Non avvienela stessa cosa sulfondo dei valloncelli,poich ogni voltache l'acqua si ritira,il ruscellamentoasporta quanto erastato depositato inprecedenza. In talmodo le creste,diventando semprepi slanciate, fini-scono per rompersi,isolando delle pun-te. Su queste punteogni piena aggiunger uno straterello conico di limo, facendo crescere semprepi i pinnacoli.

    Le abetaie pi spettacolari della Grotta del Vento si trovano nella Galleria Inter-

    media, un condotto caratterizzato da correnti d'aria piuttosto sensibili. Il ventoinvernale, meno umido di quello estivo, favorisce una leggera evaporazione del-l'acqua; ne consegue una deposizione di calcare che finisce per saldare tra loroi granuli del limo, pietrificandolo. Abetaie non ancora pietrificate si trovano inve-ce nella Galleria del Cupolone, quasi in fondo alla seconda parte della Grotta delVento, in un tratto dove il vento assente.

    Stalagmiti di fango.

    Abetaie.

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    LA FLORA E LA FAUNA

    La presenza di alghe, muschi e felci all'interno delle grotte turistiche possibilesolo in zone fortemente illuminate da riflettori a luce bianca. Questi, emettendo

    una luce simile a quella del sole, consentono la fotosintesi clorofilliana e quindilo sviluppo di una vegetazione verde. Naturalmente, queste forme di vita si mani-festano solo se vengono introdotte delle spore. I mezzi di trasporto per questiminutissimi corpuscoli possono essere tanti: il vento, per esempio, lacqua di infil-trazione o le persone che entrano ed escono dalla grotta.

    Fino al 1996, prima che la grande alluvione ne cancellasse ogni traccia, nellaSala della Stalattite Rossa (terzo itinerario), di fronte a un faretto con lampada afilamento di tungsteno, erano ben visibili alcune piccole felci. Comparse nel 1972,restarono al buio tra il gennaio del 1980 e il settembre del 1982 a causa dei lavo-

    ri di allestimento turistico del Ramo dellInfinito. Contrariamente ad ogni previsio-ne, questa mancanza di luce, anzich provocare la morte delle piantine, ne inter-ruppe semplicemente la crescita senza neppure sbiadirne i colori. Dopo due annie mezzo di oscurit le felci erano ancora l, verdi e vitali, in attesa che le lampa-de venissero accese di nuovo.

    Anche se la vegetazione verde delle grotte pu avere un certo interesse scienti-fico, dannosa, sia perch provoca macchie di colore del tutto estranee all'am-biente naturale, sia perch le piante secernono acidi che corrodono la superficiedelle formazioni calcaree. Se abbastanza facile estirpare le felci, altrettanto non

    si pu dire riguardo ai muschi e, soprattutto, alle alghe verdi, ormai presenti intutte le maggiori grotte turistiche, dove talvolta infestano le concrezioni per cen-tinaia di metri quadrati.

    Nella Grotta del Vento si in parte prevenuto questo inconveniente adottando laprecauzione di suddividere l'impianto di illuminazione in vari tratti nei quali le lam-pade restano accese solo durante il passaggio dei turisti, in maniera da limitareal massimo l'esposizione delle concrezioni alla luce.

    La flora spontanea rappresentata esclusivamente da un lichene, pressochinvisibile a occhio nudo, scoperto per caso durante una ricerca petrograficanella zona termovariabile illuminando le pareti con una lampada a raggi ultra-violetti.

    Chi non conosce bene le grotte portato a pensare che in un ambiente cososcuro, umido e freddo non possa esserci alcuna forma di vita e che l'unico movi-mento possibile sia quello dell'acqua. Eppure di animali ce ne sono, e tanti,anche se difficile vederli perch, dato che temono la luce e qualsiasi variazio-ne di temperatura, tendono sempre a rifugiarsi nelle zone pi buie.Sono detti "troglofili" gli animali che prediligono l'ambiente sotterraneo, pur tra-scorrendo buona parte della loro vita all'esterno, "troglobii" quelli che, ormai com-pletamente adattati a vivere sottoterra, non potrebbero resistere altrove.

    Fungo. Geotritone.

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    Diffusi in tutta la grotta sono il Duvalius Apuanus, elegante coleottero della fami-glia dei carabidi e il Niphargus, un piccolo crostaceo traslucido che nuota sem-pre disteso su un fianco. Entrambi questi troglobii sono in un certo senso da con-siderarsi "fossili viventi", relitti di una fauna che fino a una decina di milioni di anni

    fa viveva in superficie ed aveva caratteristiche adatte all'ambiente esterno. Poi, inseguito ad un periodo particolarmente arido immediatamente anteriore al plioce-ne, si rifugiarono nel sottosuolo, dove il loro organismo sub modifiche sostanzia-li, quali la totale atrofia degli occhi, inutili nell'oscurit della grotta, e la scompar-sa parziale o totale del colore, che nel buio profondo veniva a perdere ogni suafunzione mimetica o protettiva. Compensano la mancanza degli occhi due lun-ghissime antenne che esercitano una funzione tattile per consentire rapidi spo-stamenti nel buio. Sulle elitre del Duvalius si sono formati lunghi peli sensibili cheintegrano e perfezionano la funzione delle antenne. Nella Grotta del Vento sta-

    ta fatta una scoperta singolare sui Niphargus. Se in seguito al prosciugamento diuna pozza questi animaletti restano all'asciutto in una zona fortemente ventilata,non muoiono ma si disidratano, passando a uno stato di vita latente. Quandolambiente viene di nuovo allagato, in pochi minuti si idratano di nuovo e ripren-dono in pieno le proprie funzioni vitali.

    Fra i "troglofili", nella galleria iniziale incontriamo spesso il Geotritone (Hydro-mantes Italicus), una specie di piccola salamandra di color giallo-marrone, lungaal massimo undici centimetri che, a differenza dei "troglobii", privi dell'organo visi-vo, ha occhi molto sviluppati, in grado di vedere anche in ambienti dove la luce

    talmente scarsa da non poter essere percepita dall'uomo. Il suo nutrimento costituito da piccoli insetti che cattura in una frazione di secondo, proiettandocontro di essi la lingua, invischiandoli con la saliva e introducendoli in bocca.Questi anfibi escono talvolta dalla grotta durante le piogge notturne, quandoall'esterno l'umidit analoga a quella dell'ambiente sotterraneo ma, non appe-na smette di piovere e tra le nuvole appare qualche sprazzo di cielo stellato, rien-trano precipitosamente, poich il loro organismo non sopporta l'aria asciutta.

    I pipistrelli, tanto numerosi in quasi tutte le altre grotte, qui sono del tutto assen-ti a causa della forte corrente d'aria che ne impedirebbe il letargo. Ospiti occa-

    sionali sono stati talvolta i topi e qualche splendida salamandra pezzata.

    Salamandra pezzata.

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    L Orso delle Caverne.

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    L'ORSO DELLE CAVERNE

    Quando fu presa la decisione di valorizzare turisticamente la grotta, il primo osta-colo da rimuovere era costituito da un'ingente massa detritica che riempiva gran

    parte del tratto iniziale. Durante gli scavi effettuati per liberare la galleria dai detri-ti furono scoperte nella "Sala dell'Orso" delle ossa appartenenti alla specie"Ursus Spelaeus", estinta in questa zona da circa ottomila anni. Fu una sorpre-sa, perch nessuno avrebbe immaginato di trovare resti di grandi mammiferi inuna grotta dalle condizioni meteorologiche cos difficili: la zona che precede ilsifone, l'unica accessibile per questi animali, quando ancora non era stata inva-sa dai detriti era spesso percorsa da un vento impetuoso, frequentemente inon-data e, durante l'inverno, soggetta a forti abbassamenti di temperatura. Esami-nando con attenzione i reperti e la disposizione dei sedimenti, si pot accertare

    che appartenevano a esemplari morti all'esterno, le cui ossa erano state trasci-nate nella grotta da straripamenti del "Canale di Trimpello". In quelle occasionil'imbocco si trasformava da "sorgente carsica fossile" in "inghiottitoio tempo-raneo".

    Questi grandi plantigradi erano abbastanza simili agli orsi attuali, dai quali diffe-rivano soprattutto per le abitudini: trascorrevano infatti il letargo solo in grandigrotte dove, spingendosi il pi possibile verso l'interno della montagna, trovava-no una temperatura ideale e un'umidit talmente elevata da impedire l'evapora-zione dell'acqua corporea. Vissero in un periodo compreso tra i centomila e gliottomila anni fa e si estinsero a causa di varie malattie, tra le quali le pi impor-tanti furono la tubercolosi ossea, l'artrosi e l'actinomicosi. Quest'ultima, causatada una dieta eccessivamente vegetariana, provocava la caduta dei denti, portan-do alla morte per denutrizione.

    Le ossa rinvenute durante gli scavi sono ben visibili nella Sala dellOrso, allinternodi una vetrinetta illuminata. Lo scheletro completo che in posizione eretta dominala stessa sala, alto due metri e sessanta, proviene invece dai Monti Urali.

    Resti di Orso delle Caverne.

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    GLI ITINERARILa Grotta del Vento costituita da tre parti nettamente diverse luna dallaltra. Levisite si articolano in tre itinerari. Il primo itinerario dura unora e percorre tutta la

    prima parte. Il secondo, della durata di due ore, percorre la prima e la seconda.Il terzo dura circa tre ore ed composto, nellordine, dalla terza, dalla prima, edalla seconda.

    Nessun'altra grotta turistica europea presenta altrettanta variet di aspetti, unacos ampia scelta di percorsi e, ad eccezione della Lurgrotte (Peggau - Austria),una durata paragonabile a quella del terzo itinerario.

    PRIMA PARTE

    La visita inizia con un bel portale che immette in una galleria ellittica, chiara-mente di origine freatica, che reca sulla volta e sulle pareti il segno evidente deivortici dellantico fiume sotterraneo che un tempo usciva dallingresso della grot-ta. Si entra quindi nella Sala dellOrso, alta pi di dieci metri, con tracce dellamassa detritica che fu trascinata nel sottosuolo dalle piene del Canale di Trim-pello dopo che il primo tratto della grotta ebbe perso la sua funzione di sorgen-te valchiusana. In una vetrinetta illuminata si possono osservare delle ossa diUrsus Spelaeus rinvenute casualmente nel 1966 durante i lavori di rimozionedei detriti.

    Drappeggi nella Sala del Ciondolo.

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    La colata del Camino Rosa.

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    Pi avanti, lasciate sulla sinistra alcune grandi marmitte derosione, in corrispon-denza di una lieve strozzatura si supera una porta blindata oltre la quale la gal-leria torna ampia ed ellittica per dividersi quindi in due bracci sovrapposti. Quel-lo inferiore scompare nelle acque del primo sifone, quello superiore, artificiale,

    stato scavato per consentire ai visitatori di superare in qualsiasi momento iltratto allagato. Il sifone riemerge in un ampio vano, formando un bel laghetto pro-fondo pi di cinque metri, nelle cui acque smeraldine si specchia il ponticello checonsente di proseguire la visita3.

    Lasciato sulla sinistra l'inizio della terza parte, si percorre la Galleria Principalemediante una passerella sospesa su una grande colata concrezionale e si rag-giunge il Lago dei Cristalli, che riflette un bel colonnato formato dall'unione di sta-lattiti e stalagmiti. Sul fondo brillano numerosi cristalli di calcite originatisi perfuga di anidride carbonica da acque sature di bicarbonato di calcio.

    Oltrepassata una strettoia si entra nella Sala del Ciondolo, un capolavoro dellanatura dove grosse colate dai colori vivissimi e bizzarre stalattiti contorte siaffiancano a grandi drappeggi flessuosi e traslucidi. Il pavimento interamenterivestito da massicce concrezioni stalagmitiche.

    Segue la Sala del Crollo, alta pi di venti metri, con imponenti colate di coloregiallo e arancione che coprono e cementano un ammasso di blocchi rocciosi

    3 Il laghetto soggetto a notevoli variazioni di livello che dipendono dalle piogge e dal-

    lo scioglimento della neve. Durante i periodi di siccit lacqua pu scomparire del tutto.

    Sala del Ciondolo.

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    staccatisi dalla volta in tempi remotissimi. Tra le forme armoniose di queste con-crezioni possibile scorgere veri e propri gruppi scultorei creati dalla magia del-la Natura.

    Oltrepassata la magnifica colata policroma del Camino rosa, il sentiero attraver-sa la Sala dei Monumenti e la Galleria dei Drappeggi, sfiora l'imbocco della Gal-leria intermedia, via di ritorno del secondo itinerario, e raggiunge la base di ungrande pozzo, le cui pareti strapiombanti sono in gran parte rivestite dalle con-crezioni (Sala dei 30 metri). Durante le piene, dalla sommit di questa voragineuna fragorosa cascata precipita verso un oscuro crepaccio fiancheggiato dagrosse stalagmiti piatte.

    Procedendo ulteriormente, il sentiero si inerpica con una ripida scalinata verso ilValico, oltre il quale, discesa una ventina di gradini, si sosta sull'orlo del Baratro

    dei Giganti, dove termina la prima parte e inizia la seconda.

    SECONDA PARTELa veduta del baratro dal terrazzino dove inizia la seconda parte impressionan-te: la regolarit delle pareti arrotondate qua e l interrotta da creste e speronid'erosione, mentre il pavimento, se cos si pu definire un pendio di 70 gradi, inciso da un meandro scavato dal ruscellamento dell'acqua in epoca abbastan-za recente. Milioni di anni fa ci non poteva avvenire poich il baratro, condottodi origine freatica, era percorso da acqua che circolava sotto pressione dal bas-

    so verso l'alto.

    Il sentiero scende deciso verso il fondo con una ripida e tortuosa scalinata chesi arresta nella Sala delle Voci, ampio vano a sezione ellittica dove la particolare

    conformazione delle pareti crea effetti acustici molto suggestivi.Oltre questa sala il condotto si stringe sensibilmente, costringendo i visitatori achinarsi per qualche passo. Poco pi avanti la volta si alza di nuovo, sino a rag-giungere un'altezza di almeno dieci metri nella Galleria delle Valli, da dove sistacca il sentiero in salita che verr percorso al ritorno.

    Baratro dei Giganti.

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    Proseguendo verso il basso, superato un altro "salto" di una decina di metri, sientra nel Salone dell'Acheronte, situato alla base del sistema carsico. In questazona, dove lungo il contatto tra scisti e calcari si uniscono tre piccoli torrenti,l'ambiente caratterizzato dalla continua presenza dell'acqua e da grandiose

    manifestazioni erosive che modellano in maniera bizzarra la volta e le pareti. Illimo, quasi ovunque presente in grandi cumuli sul pavimento, crea dei plastici(vedi pag. 26) che riproducono in maniera sorprendente montagne incise da val-li, canaloni e calanchi.

    La visita prosegue lungo il fiume sotterraneo attraverso una galleria dalle paretitondeggianti e levigate, per terminare nella Sala del Cupolone, dove inizia il

    misterioso lago-sifone oltre il quale l'Acheronte continua a fluire verso un mondosotterraneo ancora totalmente sconosciuto.

    Al ritorno si percorre un ardito sentiero che, aggrappato a una parete strapiom-bante sul Pozzo dei Lucchesi, collega la Galleria delle Valli con la Galleria Inter-media, dove sono visibili le prime scale a pioli dei percorsi avventura. Quest'ul-timo condotto, anch'esso scavato sotto pressione dal basso verso l'alto, consen-t in epoche remotissime alle acque sotterranee di abbandonare il Valico, provo-cando la "fossilizzazione" del Baratro dei Giganti e un sensibile abbassamentodella falda freatica. Le pareti di questa galleria sono rivestite da innumerevoli

    concrezioni grigie che riportano alla mente immagini ben poco attinenti all'am-biente sotterraneo: in qualche punto pare di scorgere estese abetaie in miniatu-ra (vedi pag. 27), altrove incappucciati in processione, vegetazioni sottomarine ogruppi di funghi.

    La Galleria Intermedia sfocia nella prima parte, in corrispondenza della Galleriadei Drappeggi.

    TERZA PARTE

    La terza parte si stacca dalla prima a circa cento metri dall'ingresso, subito dopoil ponticello che scavalca il laghetto del primo sifone. L'inizio costituito da duegallerie sovrapposte e parallele, ricche di forme erosive, che immettono in unapiccola sala dominata da un'imponente colata rossastra sospesa su un ampiopozzo. Da qui si gode una suggestiva veduta della Galleria Principale, situata

    Una piena dellAcheronte.

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    Nel Salone dellInfinito.

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    quindici metri pi in basso.

    Superata quindi una lieve strozzatura, si entra in un secondo vano assai pivasto del precedente, ricco di scintillanti stalattiti, stalagmiti e colate.

    Oltre questo punto, la grotta cambia bruscamente aspetto: dopo aver salito alcu-ni gradini, ci si trova alla base di un enorme pozzo verticale (Pozzo dellInfinito)dove le concrezioni scompaiono quasi completamente, lasciando il posto a unambiente orrido e affascinante. La vista spazia lungo le nude pareti dell'abisso,interrotte qua e l dagli oscuri imbocchi delle diramazioni laterali. Qui il sentieroabbandona temporaneamente il pozzo per inoltrarsi, con una serie di rampe,all'interno di una fessura verticale ornata da graziose concrezioni. Oltre un trattopianeggiante, il sentiero si affaccia di nuovo sull'abisso mediante un ponticellosospeso a ventiquattro metri dal fondo; la veduta imponente, in particolar modo

    suggestivo l'effetto delle gocce che, precipitando controluce nel vuoto, ricorda-no una pioggia di diamanti.Pi avanti il sentiero continua a salire lungo pareti strapiombanti, fino a giunge-re in un punto nel quale il pozzo, il cui andamento appare ovunque molto irrego-

    lare, diviso in due da unponte naturale isolato dal-l'azione erosiva di antichecascate.Ancora una volta siabbandona l'ambienteverticale per visitare unapiccola diramazione pia-neggiante ricca di colori ecaratterizzata da una mor-fologia graviclastica. Sitratta di un diversivo dipochi passi perch, subitodopo, ci si affaccia di nuo-vo sull'abisso, scavalcan-dolo a trenta metri d'altez-za mediante due ponticelliche permettono di rag-giungere un ampio vanosituato sulla parete oppo-sta. Da questo, una rampadi scale conduce ancorauna volta sul pozzo, di cui possibile scorgere il fon-

    do da un'altezza di oltrequaranta metri.Pochi passi ancora e sientra nell'immenso Salonedell'Infinito, la cui volta interamente solcata da

    uno stretto meandro provocato dalla regressione dell'antica cascata che un tem-po precipitava nell'abisso da novanta metri d'altezza.

    Attraversato il salone, la visita termina in una forra nella quale, dopo intense pre-

    cipitazioni, si pu ammirare un'impetuosa cascata.Ridisceso il pozzo, si attraversa la Sala delle Meraviglie e si raggiunge la Galle-ria Principale (nella prima parte) mediante uno stupendo corridoio in discesa cheattraversa una foresta di candide stalattiti e stalagmiti.

    Pozzo dellInfinito.

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    I PERCORSI AVVENTURA

    Per gli amanti delle sensazioni forti e per coloro che, volendo approfondire le pro-prie conoscenze sul mondo sotterraneo, sono disposti ad affrontare qualche pas-

    saggio di un certo impegno, sono stati allestiti due speciali itinerari avventurache consentono di penetrare i segreti di una singolarissima diramazione a svilup-po prevalentemente verticale, nella quale possibile osservare ogni aspetto del-la morfologia vadosa.

    Una lunga successione di scale a pioli, traversi in corda, predellini e piattafor-me sospese1 si inerpica lungo gli strapiombi di un incredibile labirinto verticalecostituito da maestoso pozzo di oltre cinquanta metri affiancato da altre condot-te verticali poste a quote diverse e collegate tra loro da canyon e meandri.

    1Per motivi di salvaguardia ambientale queste attrezzature sono rimovibili. Qualora si

    decidesse di cessare questo tipo di visite tutto ci potrebbe scomparire. E non restereb-

    bero neppure tracce di ruggine poich per le chiodature stato impiegato esclusivamen-

    te lacciaio inossidabile.

    Nel Grande Canyon

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    Questi tortuosi corridoi, sempre alti e stretti, sono stati scavati dalla regressio-ne di antiche cascate che un tempo precipitavano nel grande pozzo principale ein quelli paralleli.

    Numerose e intatte le concrezioni calcaree, tra le quali sono da annoverare alcunevaschette con numerose perle di grotta, una parete rivestita da stalattiti bianchis-sime e una colata che con i suoi trenta metri la pi alta della Grotta del Vento.

    Grazie alle attrezzature installate, questi itinerari speciali sono percorribili senzadifficolt da chiunque non soffra di vertigini e non sia impedito da handicap fisi-ci. Fino a pochi anni fa gli stessi luoghi potevano essere visitati solo da speleo-logi particolarmente preparati. Oggi la progressione avviene in condizioni diassoluta sicurezza, poich in tutti i punti sospesi sul vuoto si procede assicurati,mediante imbracature con fettucce tessili e moschettoni, a speciali corde in gra-

    do di reggere un peso di oltre due tonnellate.Il primo percorso (GLI ABISSI DELLA LUCE), interamente illuminato permeglio evidenziarne la morfologia e per dare ai visitatori un brivido in pi rispet-to alle sensazioni che normalmente provano gli speleologi i quali, alla deboleluce della lampada frontale, mal percepiscono la verticalit dellambiente e laprofondit del vuoto sottostante. Lescursione prevede tra laltro il superamento didue ponti naturali che scavalcano ad altezze diverse il grande pozzo principalee, sulla via del ritorno, una discesa nel vuoto di dieci metri su corda (facoltativa).

    Discesa nel vuoto su corda.

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    La durata media per gruppi di cinque persone di circa tre ore. Questo tempopu ridursi sensibilmente se i visitatori sono solo due o tre

    Il secondo percorso (I CORRIDOI DELLE TENEBRE), che comprende anchebuona parte del primo, nella seconda met stato volutamente lasciato al buio,per consentire ai visitatori di provare di persona le sensazioni degli speleologi,osservando lambiente alla semplice luce delle lampade frontali. Nella zona buia stato illuminato con riflettori solo un vasto salone caratterizzato da una partico-larissima morfologia provocata dallarretramento di due cascate che un tempoconfluivano nello stesso punto. Questo emozionante itinerario, pi impegnativodel primo, prevede due discese nel vuoto su corda (entrambe facoltative), una di12 metri e laltra di 25. Questultima avviene lungo lasse del Grande Pozzo Prin-cipale.

    La sommit dellimpressionante baratro, sulla quale prima della discesa si sostain una grande piattaforma trasparente, viene raggiunta percorrendo in spaccataun singolare meandro che, privo di pavimento, si sviluppa interamente sospesosullabisso.

    Tempo di percorrenza per 5 persone: almeno 4 ore.

    La Direzione della Grotta del Vento fornisce a tutti i visitatori sia le imbracature(complete di fettucce e moschettoni) che i caschi, muniti di lampada frontale. Pernon alterare i parametri del microclima ipogeo sono state scelte lampade a ledbianco, al posto delle classiche lampade ad acetilene, ancora largamente impie-

    gate dagli speleologi, che liberano nellaria notevoli quantit di anidride carboni-ca e polveri sottili.

    Le visite sono sempre guidate da personale specializzato che fornisce istruzionie assistenza per luso delle speciali attrezzature.

    Il numero massimo di visitatori ammesso per ogni gruppo di 5 persone.

    Date, orari e modalit delle visite vanno concordati telefonicamente di volta involta con la Direzione della Grotta del Vento, poi confermati per fax o e-mail.

    Traverso in parete.

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    RAPIDE RISPOSTE ALLE DOMANDE PI RICORRENTI

    1) Si possono scattare fotografie all'interno della grotta?

    S, a condizione che non vengano ostacolati gli spostamenti del gruppo. Natural-mente vietato l'uso del cavalletto; quindi necessario disporre di un buon flashe, se non si dispone di una fotocamera digitale con bilanciamento automatico delbianco, usare pellicole per luce diurna abbastanza sensibili. Si consiglia l'uso diobiettivi grandangolari.

    2) Ma il flash non danneggia le concrezioni?

    No. La durata di un lampo si aggira mediamente attorno al ventimilesimo di

    secondo. La quantit di luce cui viene sottoposta ogni volta la superficie concre-zionale infinitamente inferiore a quello provocato, anche in pochi secondi, dairiflettori dell'impianto di illuminazione.

    3) Perch non vengono utilizzate lampade a luce fredda per evitare la cre-scita di alghe e muschi?

    La luce fredda, priva di alcuni colori dello spettro, non consente unesatta perce-zione cromatica e quindi non permette di apprezzare appieno la bellezza del-lambiente sotterraneo. Per prevenire la comparsa del verde, nella Grotta delVento si preferito limitare lirraggiamento, sia frazionando limpianto in 15 tratti,sia pilotando i riflettori delle zone pi a rischio con sensori a raggi infrarossi chene limitano laccensione al tempo strettamente necessario per il passaggio deigruppi.

    4) La presenza dei sentieri e delle luci non influisce in maniera negativasullambiente?

    Senza dubbio i sentieri costituiscono unalterazione, ma solo da un punto di vista

    puramente visivo in quanto, date le loro limitate dimensioni e il materiale coi qua-li sono stati costruiti, non portano alcuna modifica allidrologia, alla meteorologia,al chimismo ed al microclima della grotta. Anche la luce un elemento estraneoma, accesa in media meno di unora al giorno, non pu provocare modificheapprezzabili.

    5) Ma la luce non disturba la fauna che vive nella grotta?

    Sicuramente; ma nessuno pu costringere gli animali a restare alla luce. Nel

    volume complessivo della grotta le zone illuminate costituiscono una percentua-le irrisoria, quindi, nei periodi in cui le luci si accendono pi spesso, gli animali sispostano semplicemente nelle zone pi buie.

    6) La presenza delluomo pu provocare inquinamenti pericolosi per la fau-na?

    Bisogna vedere cosa si intende per inquinamento. Certamente con le suole del-le scarpe e lo spolvero dei vestiti si introducono nella grotta particelle estranee,ma queste, costituite in gran parte da sostanze organiche, sono una vera ghiot-

    toneria per una fauna le cui capacit riproduttive erano in precedenza limitatedalla scarsit del cibo. Da quando la grotta stata aperta al pubblico il numerodegli animali cavernicoli ha avuto un forte incremento.

    7) Il calore e lanidride carbonica prodotti dalla presenza di tanti visitatori

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    possono alterare il microclima?

    In grotte prive di vento ci possibile: nella Grotta del Vento invece, il continuoricambio dellaria impedisce laumento della temperatura e laccumularsi di con-

    centrazioni eccessive danidride carbonica. Anche in assenza di visitatori,comunque, questo gas sempre pi abbondante che allesterno perch vieneliberato continuamente dal processo di accrescimento delle concrezioni.

    8) La presenza della porta blindata ha fatto diminuire la corrente dariarispetto alla situazione che si aveva prima della valorizzazione turistica?

    Prima delle esplorazioni lingresso era costituito da un angusto passaggio semio-struito dai detriti, la cui sezione trasversale aveva una superficie pari a un deci-mo di quella dellattuale porta blindata (circa 2 metri quadrati). Per non alterare il

    ricambio dellaria la porta stata affiancata da un gruppo di aeratori aventi com-plessivamente la stessa ampiezza della vecchia strettoia iniziale. Questa precau-zione, comunque, superflua poich la sezione minima della galleria iniziale,nelle ultime migliaia di anni, ha subito continue variazioni, passando pi volte dauna situazione di ostruzione totale (a sifone pieno) ad unampiezza superiore ai5 metri quadrati. Prima della valorizzazione turistica in questo tratto della grottala normalit non era pertanto costituita da un ricambio costante dellaria, ma dal-la sua estrema variabilit.

    9) La temperatura dellacqua uguale a quella dellaria?Non esattamente in quanto, anche nella zona termostabile, pu variare da unmi