alberi e frutti della tradizione locale

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ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE Via Rosenberg—73050 SALVE (LE) Tel./fax 0833 740047 E mail [email protected] Sito web www.comprensivosalvemorciano.gov.it PROGETTO: “ALBERI E FRUTTI DELLA TRADIZIONE LOCALE” Scuola Primaria Salve classi 5^ A-B a.s. 2012/2013

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Il progetto “ALBERI E FRUTTI DELLA TRADIZIONE LOCALE” è stato realizzato dalle classi 5^ della Scuola Primaria di Salve su proposta del Circolo LEGAMBIENTE nell'a.s. 2012-2013. Le finalità sono quelle di promuovere la conoscenza delle risorse naturali e culturali presenti nella propria realtà territoriale, facendo riscoprire alle nuove generazioni sapori e profumi legati al territorio.

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ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE Via Rosenberg—73050 SALVE (LE)

Tel./fax 0833 740047 E mail [email protected]

Sito web www.comprensivosalvemorciano.gov.it

PROGETTO: “ALBERI E FRUTTI DELLA

TRADIZIONE LOCALE”

Scuola Primaria Salve classi 5^ A-B a.s. 2012/2013

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Alunni: Alemanno Sara, Amico Mirko, Andrioli Salvatore, Camille Giacomo, Caroppo Francesco, Cassiano Jacopo, Cassiano Maria Teresa, D’Amico Vanessa, d’Anna Maria, De Giorgi Daniela, De Micheli Antonella, De Sangro Alessandro, Giaccari Chiara, Giudice Isabella, Giugno Alessandra, Grecuccio Lucia, Marzo Francesca, Mulè Luca, Negro Laura, Ramagnano Gabriele, Ricciato Daisy, Rosafio Gioele, Sammali Sara, Savoca Martina, Scupola Jerri, Sergi Micaela, Simone Fatima, Stendardo Alex, Trane Francesco, Vantaggio Altea. Docenti: Dora Ruberti, Maria Consiglia Cazzato, Angela Cucinelli, Antonella Trane. Si ringraziano la maestra Ornella Prontera per le foto fornite e Legambiente per la collaborazione.

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Il progetto “ALBERI E FRUTTI DELLA TRADIZIONE LOCALE” è un naturale proseguimento del Progetto “ERBE E FRUTTI SELVATICI, IL BELLO DI ESSERE DIVERSI” presentato da LEGAMBIENTE e vuole promuovere la conoscenza delle ri-sorse naturali e culturali presenti nella propria realtà territoriale, facendo riscoprire alle nuove generazioni sa-pori e profumi legati al territorio come: fichi, uva, fichi d’India, prugne, melecotogne, melagrane, giuggiole, pi-razzo, carrubo, quindi far conoscere i frutti locali, che ri-schiano l’estinzione, e il loro utilizzo.

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Nome scientifico: Ceratonia Siliqua Famiglia: Liguminosa Nome in italiano: Carrubo Nome dialettale: Cornula Notizie storiche: Il Carrubo è una pianta origina-ria del bacino meridionale del Mediterraneo. Dif-fuso nell’Italia meridionale. Luogo di coltivazione: Il carrubo è una pianta sostanzialmente rustica, che si adatta a condizio-ni difficili, infatti, questa specie cresce bene nei climi caldi e aridi e si adatta anche a terreni cal-carei e pietrosi.

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Il carrubo è un arbusto alto fino a 6-7metri con un tronco corto e tozzo con corteccia liscia, bruno-rossa. Le foglie sono alterne, persistenti, composte da 2-5 paia di segmenti ovali, rotonde, o smarginate all’ apice. I fiori, in preva-lenza unisessuali, tendono a ripartirsi su piante separate in base al sesso, determinando nella specie un comportamento essenzialmente dioico. I fiori molto piccoli e di colore verde-rossastro (privi di corolla, calice con 5 sepali presto caduchi), sono riuniti in grappoli cilindrici eretti, quelli maschili con 5 stami,quelli femminili con uno stimma sessile. Il frutto (carruba) è un legume allungato e appiattito, di circa 2x10-15 cm, nerastro a maturità, con epicarpo crostoso, mesocarpo carnoso dolce e una fila di piccoli semi lenticolari,bruni, di consistenza lapidea. La crescita del carrubo è lenta, la sua longevità molto alta, fino a 500 anni . Caratterizza l’aspetto più caldo della macchia mediterranea, dove si accom-pagna a olivastro, palma nana, filiera maggiore, lentisco, mirto e altre specie arbustive ed erbacee. La produzione di frutti per albero è molto grande. La polpa dolce di questo frutto, noto sin dalla più remota antichità, è abba-stanza nutriente per cui certi popoli ne fecero, un tempo, una parte. Importante del loro vitto. La polpa fresca è assai gradevole e ha un’azione leggermente lassativa ; secca, al contrario, è astringente. Dalla fermentazione si può ricavare alcol, mentre i semi forniscono appretti e gomme d’impiego industriale. Inoltre con le carrube si preparano mangi-mi per gli animali; dalla scorza e dalle foglie si possono estrarre tannini. Da ultimo non va trascurato il valore ornamentale della pianta, molto indicata nell’abbellimento dei paesi costieri. Un tempo questo frutto veniva usato per produrre degli sciroppi efficaci contro tossi e raffreddori. SCIRUPPU PE LA TOSSE Ingredienti: alcune carrube, buccia di un’arancia, buccia di un limone, alcu-ni fichi secchi, finocchio e alcune foglie di malva. Preparazione: mettere tutti gli ingredienti in una pentola con abbondante acqua e far bollire a lungo. Quando le carrube risultano morbide, filtrare, aggiungere lo zucchero, rimettere sul fuoco e far restringere. Alla fine il li-quido risulterà denso come un vero sciroppo. Assumere a cucchiai.

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Nome scientifico: O-ficus-indica. Famiglia : Cactaceae. Nome in italiano: fico d’india. Nome dialettale: Ficarigna. Notizie storiche: C’era già dai tempi degli Aztechi quando era considerata pianta sacra, con forti valori simbolici. La pianta arrivò in Europa in-torno al 1493 anno del ritorno a Lisbona dalla spedizione di Cristoforo Colombo. Luogo di coltivazione: E’ una tipica pianta arido resistente richiede temperature superiori a 0° c , terreni leggeri , senza ristagni idrici.

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Il fico d’India è una pianta succulenta arborescente che può raggiungere i 3-5 m di altezza. Il fusto è composto da cladodi, comunemente denominati pale: si tratta di fusti modificati di forma appiattita e ovaliforme lunghi da 30\40 cm che unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni . I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana. Sono ricoperti da una cuticola cerosa che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i preda-tori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco. Le vere foglie hanno una forma conica e sono lunghe appena qualche milli-metro . Appaiono sui cladodi giovani e sono effimere. Le spine propriamente dette sono biancastre, sclerificate, solidamente impiantate, lunghe da 1 a 2 cm. I glochidi sono invece sottili spine lunghe alcuni mm, di colore brunastro, che si staccano facilmente dalla pianta al contatto, ma essendo muniti di minu-scole scaglie a forma di uncino, si impiantano solidamente nella cute e sono molto difficili da estrarre, in quanto si rompono facilmente . L’apparato radicale è superficiale, non supera in genere i 30 cm di profondità nel suolo, ma è molto esteso. I fiori sono a ovario infero e uniloculare. Il pi-stillo è sormontato da una stimma multiplo. Gli stami sono molto numerosi. I sepali sono poco vistosi mentre i petali sono ben visibili e di colore giallo arancio. Un cladode fertile può portare sino a una trentina di fiori . Il frutto è una bacca carnosa con numerosi semi il cui peso può variare da 150 a 400 g . Il colore è differente a seconda delle varietà: giallo-arancione nella varietà sulfarina, rosso porpora nella varietà sanguigna e bianco nella muscaredda. Molto dolci i frutti sono commestibili e hanno un ottimo sapore. Una volta sbucciati e privati delle punte si possono tenere in frigorifero e mangiare freddi .

MARMELLATA DI FICHI D`INDIA

Ingredienti: per ogni kg di fichi d’india 600 g di zucchero Preparazione: Sbucciare i fichi d’india e metterli in un pentolone di rame dove verranno schiacciati uno per uno e inviati alla cottura . Cuocete fino a quando la polpa diventa quasi liquida. Lasciate raffreddare e passate al setaccio. Travasate la purea, che avrete ottenuto, nel pentolone di rame e proseguite con la cottura. Lasciate cuocere il composto, mescolando di conti-nuo con un cucchiaio di legno, fino a che avrà raggiunto la consistenza di una marmellata. Dovete cuocerla finchè la marmellata non avrà raggiunto la giusta consi-stenza . Ecco un aiuto per verificarla. Quando, versandone un cucchiaino su un piat-to, il composto scorrerà lentamente, la marmellata sarà pronta . Invasatela ancora calda fino ad un cm dal bordo del vaso, e mettere il coperchio ermeti-co. A questo punto capovolgete il vasetto per 5 minuti in modo che la mar-mellata ancora bollente impregni l`interno del coperchio. Si effettua così una specie di auto sterilizzazione

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Nome scientifico: Punica granatum Famiglia : Punicaceae Nome in italiano: Melograno. Nome dialettale: Sita. Notizie storiche: Il melograno si ritiene originario dell’Asia sud-occidentale, è presente da epoca preistorica nell’area costiera del Mediterraneo, risulta storicamente che vi sia stato diffuso dai Fenici, dai Greci e, in seguito, dagli Arabi. Luogo di coltivazione: E’ una pianta resistente all’arido estivo ed alle temperature invernali tipi-che del Mediterraneo; in tali condizioni è straor-dinariamente resistente ad ogni tipo di malattia.

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Il melograno è una pianta della famiglia delle punicaceae. Le foglie sono opposte o sub opposte, lucide, strette ed allungate. I fiori sono di un vivo colore rosso e hanno tre-quattro petali. Il frutto è una bacca di consistenza molto robusta, con buccia molto dura e coriacea, ha forma rotonda o legger-mente allungata, la dimensione è fortemente condizionata dalla varietà e, soprattutto, dalle condizioni di coltivazione. Il frutto ha diverse partizioni interne robuste che svolgono funzione di placentazione ai semi, detti arilli(fino a 600 ed oltre per frutto). In alcune varietà i semi sono circondati da una polpa traslucida colorata dal bianco al rosso rubino, più o meno acidula e, nelle varietà a frutto commestibile dolce e profumata. Il frutto reca in po-sizione apicale (opposta al picciolo) una caratteristica robusta corona a quat-tro-cinque pezzi, che sono residui del calice fiorale. Il nome "melograno" deriva dal latino malum ("mela") e granatum ("con se-mi”). La melagrana può essere classificata in base al gusto dei frutti: acida, agro-dolce e dolce. La melagrana è usata sia per il consumo fresco che per la pre-parazione di alcuni prodotti. L’usanza di accostare la melagrane a piatti sa-lati, tipica del medioevo, in Italia è molto diffusa, per cui si utilizza soprat-tutto in ricette di ispirazione orientale. Col succo della melagrana si prepara la granita, una bevanda dissetante, ma anche gelatine, sorbetti, gelati e suc-chi. Inoltre, qualche chicco di melagrana sparsi in un piatto ha un effetto decorativo di grande impatto. I semi sono consumati direttamente, o seccati e macinati come componenti di alcune salse. Le bucce dei frutti, con le loro proprietà aromatiche, vengono usate per dare gusto amarognolo a Vermouty e aperitivi, inoltre, nei tempi passati venivano usate per tingere le stoffe. Il succo del melograno è detto “granatina” ed è ottenuto dalla spremuta dei semi, spesso diluita e zuccherata, è usata come bevanda. Il melograno per i suoi numerosi semi è simbolo di produttività, ricchezza e fertilità.

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Nome scientifico: Ficus carica Famiglia : Moracee Nome in italiano: Fico Nome dialettale: Fico/culummara Notizie storiche: Il fico è un albero originario dell’Asia occidentale, precisamente di una zona detta Caria,introdotto da tempo immemorabile nell’area mediterranea. In Italia è presente so-prattutto in Puglia, Campania e Calabria. Luogo di coltivazione: E’ una pianta molto resi-stente alla siccità e vegeta nelle regioni della vite, dell’olivo e degli agrumi, non resiste a meno di 10° C; teme i ristagni idrici e ama i terreni freschi.

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La pianta del fico è una specie arborea. Esiste sia la specie Ficus carica sati-va, che Ficus carica capri ficus, rispettivamente fico domestico(fico vero o-pianta femmina) e fico selvatico (caprifico o, semplicemente, pianta ma-schio). Il fico si presenta come un albero piuttosto possente, dalle altezze general-mente variabili dai 6 ai 10metri, la corteccia che riveste il tronco tortuoso è ruvida e grigia, e i rami terminano con gemme appuntite, ricoperte da squa-me verdastre. I rami sono mascherati da grandi foglie verdi, oblunghe, sca-bre, dai contorni ovali. Presentano tre lobi(trilobate) o cinque (penta lobate), ognuno dei quali è delineato da un contorno piuttosto irregolare e dentato. Ciò che la maggior parte delle persone chiama frutto è, in realtà, un falso frutto. Il fico, infatti, è un siconio, un’infruttescenza carnosa e dolcissima, ricoperta da una buccia delicata dal colore variabile dal rosso al verde, e dal bluastro al grigio. All’interno del fico, si trovano fiori, dalle dimensioni picco-lissime, costituiti da un’apertura (ostilo), che funge da ingresso per gli ime-notteri. I verifrutti sono,invece, numerosissimi piccoli acheni, posizionati nella dell’infiorescenza: ogni achene (i cosiddetti semini) è incastonato nella polpa dolcissima e deliziosa. La pianta femmina del fico si distingue per il fusto massiccio e possente, avvolto da una corteccia liscia color grigio; l’apparato radicale è piuttosto espanso, seppur superficiale. La pianta femmina può raggiungere altezze considerevoli, superando talvolta gli 8-10 metri. Il fico femmina si distingue anche e soprattutto per tre fattori: presenza di fiori prettamente femminili, produzione di fichi primaticci (o fioroni) e di fichi veri. I fioroni maturano nella tarda primavera, i fichi veri si formano e maturano a fine estate. Nel caprifico, invece,sono presenti sia fiori maschili che femminili. Non esiste campagna nel Salento dove non ci sia un albero di fico, a testimo-nianza del fatto che un tempo, i fichi costituivano l’alimentazione dei poveri. I nonni raccontano che ai loro tempi si infilavano sempre tre o quattro fichi secchi in tasca, prima di andare in campagna: tanti zuccheri racchiusi in quelle leccornie antiche, che davano un apporto energetico molto valido per affrontare le giornate di duro lavoro sotto il sole. FICHE CU LE MENNALE Ingredienti: 1 kg di fichi, 150 g di mandorle, foglie di alloro, buccia di due limoni, semi di finocchio, cannella, chiodi di garofano. Preparazione: Scegliete alcuni fichi maturi, ma solidi. Lavateli ed asciuga-teli accuratamente senza sbucciarli. Tagliateli a metà nel senso della lun-ghezza e disponeteli su di un graticcio con l’interno rivolto verso l’alto, ad essiccare al sole, avendo cura di rigirarli su se stessi un paio di volte al gior-no e ritirarli la sera, per ovviare all’umidità. Quando li vedrete di un bel co-lore bruno,potete toglierli e farcirne ognuno con una mandorla (precedentemente tostata in forno per qualche minuto a 180°), un pizzico di buccia di limone tritata, alcuni semi di finocchio ed un po’ di cannella. Richiudeteli e cuoceteli in forno a 180° per 15minuti. Una volta raffreddati, poneteli in un barattolo di vetro, alternandoli a delle foglie d’alloro e chiodi

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Nome scientifico: Pyrus pyraster Famiglia : Rosaceae Nome in italiano: Pero selvatico Nome dialettale: Pirazzu Notizie storiche: La provenienza di questa pianta è molto discussa, ma è quasi certamente origina-ria dell’Asia occidentale, è comune in tutta l’Italia. Luogo di coltivazione: Il pero selvatico è diffuso in tutta la penisola. Vive in terreni incolti, garighe, macchia mediterranea, caspuglieti.

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Il pero selvatico è un arbusto, o alberello, alto fino a 8 metri. Il fusto è eretto e ha una chioma globosa, i rami sono spinescenti all’apice. Le foglie caduche sono provviste di picciolo, hanno forma lanceolata, margi-ne intero, colore verde scuro lucido nella pagina superiore e chiaro ricoperte di peluria in quella inferiore. I fiori hanno cinque petali bianchi ellittici. I frutti sono peduncolati, hanno forma globosa e colore bruno giallognolo. Hanno sapore asprigno e si possono mangiare dopo aver subito l’ammezzi mento, cioè un processo di ulteriore maturazione della frutta dopo il raccolto, a seguito del quale la polpa diventa bruna, molle e zuccherina. I frutti ven-gono raccolti e lasciati maturare sulla paglia, hanno qualità astringenti. La pianta è spesso usata come portainnesto del pero coltivato. Fiorisce in aprile-maggio, mentre i frutti maturano in settembre-ottobre. Il legno di pero è a grana fine, compatto, rossastro e molto apprezzato in ebanisteria.

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Nome scientifico: prunus domestica. Famiglia : rosacee Nome in italiano: Pruno Nome dialettale: Brunu Notizie storiche: originario dell’ Asia Luogo di coltivazione: i Prunus sono in genere di facile coltivazione; necessitano di essere posti a dimora in luogo luminoso,dove possono godere dei raggi diretti del sole

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Il susino ( prunus domestica) appartiene alla famiglia delle Rosacee ed è originario dell’ Asia . E’un albero da frutto con foglie ovali verde scuro e fiori bianchi che nascono prima delle foglie. I frutti sono anch’essi ovali e secondo le specie sono di colore giallo, rosso e viola scuro. E’ adatto a ogni tipo di giardino poiché necessita di uno spazio minimo. Il Susino e un albero abbastanza robusto che non ha bisogno di molti tratta-menti ed è bellissima la fioritura che si ha in primavera. Il clima ideale è quello temperato, l’ esposizione giusta per il susino, per otte-nere un frutto migliore è in pieno sole e al riparo delle gelate invernali. Va bene qualsiasi tipo di terra e in estate deve essere irrigato regolarmente sempre per facilitare i frutti . I frutti del prugno sono utilizzati in alcuni paesi per produrre bevande alcoli-che. Le prugne sono un frutto mediamente calorico hanno effetto lassativo so-prattutto se consumate a digiuno o prima dei pasti. La corteccia della pianta era utilizzata in passato per colorare di rosso la lana. Come erba medica è usata come purgante, diuretico e depurativo del sangue i principi attivi contenuti nei fiori sono cumarine, flavone e glucosidi dell’ acido cianidrico; i frutti contengono vitamina C, tannino e acidi organici. Il legno, come quello di molti alberi da frutto, è un apprezzato combustibile. In passato il susino veniva considerato un albero magico in grado di riparare le abitazioni colpite dai fulmini e curare malattie. Oggi si conoscono solo le proprietà lassative del suo frutto.

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Nome scientifico: Morus Famiglia : Mosaceae Nome in italiano: Gelso Nome dialettale: Chiosu Notizie storiche: Il nome del genere è quello che utilizzavano i Romani. Dal latino “morus celsa”, moro alto in contrapposizione alla mora di rovo. Luogo di coltivazione: Il gelso prospera in qualun-que ambiente, dalle rive del mare fino alla media collina, da Nord a Sud, su qualsiasi tipo di terre-no.

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Il gelso è un albero che può raggiungere l’ altezza di 10-12 m con chioma larga; l’ età media si calcola a 100 anni ma esistono certamente individui plurisecolari .Il tronco è eretto e irregolarmente ramificato, è rivestito da una corteccia bruno-grigiastra, screpolata , reticolata a piccole scaglie. Le foglie sono caduche, alterne, ampie, di colore verde lucente non molto scure; è irregolarmente seghettato .I fiori sono unisessuali raramente bisessuali , quelli maschili sono disposti in spighe cilindriche di 2-4 cm,peduncolate , quelli femminili in glomeruli ovoidali. Nascono presso l’ ascella della foglia in aprile. Il frutto è carnoso color gialla-stro bianco o nero con sapore dolciastro, matura in giugno – luglio . USI:la specie del genere morus vengono coltivate per diversi scopi :i frutti ( more nere e more bianche ) sono eduli . Le foglie sono utilizzate in bachicoltura come alimento base per l’ alleva-mento dei bachi da seta .Come piante ornamentali. Per ricavarne legname da lavoro , buona legna da ardere e per ricavarne pertiche flessibili e vimini per la fabbricazione di cesti. Con il gelso vengono prodotte marmellate, gelatine, confetture, sorbetti, dolci e grappe. . Aromatizzante, colorante per gelati, conferisce un colore blu- violetto.L’ infu-so di foglie ha proprietà antibiotiche .La polpa viene usata in cosmesi per maschere lenitive di pelli secche , il succo trova uso in lozioni idratan-ti .Proprietà medicinali di frutti, foglie radici e corteccia : espettorante, de-purativo, lassativo, rinfrescante e tonico; un tempo non molto lontano veni-vano indicate per lenire afta angina,astenia, stipsi e stomatite. MARMELLATA DI GELSI NERI Consiglio:raccogliere i gelsi più maturi nel mese di Luglio o Agosto. Ingredienti: 1kg di gelsi, 750 g di zucchero. Preparazione: prendere i gelsi, lavarli sotto l’acqua corrente, togliere i gambi e dividerli in due verticalmente. Mettere i gelsi nel tegame aggiun-gendo lo zucchero. Amalgamare il composto fin quando non si rapprende e diventi denso e compatto. Questo lavoro dura 2-3 ore stando ben attenti a rimescolare continuamente per evitare che la marmellata si attacchi al fondo della pentola . Una volta ottenuta la giusta cremosità abbassare la fiamma e iniziare a riempire i vasetti caldi .Riporre il vasetto capovolto e infine avvol-gerli tutti in una coperta.

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Nome scentifico: ziziphus vulgaris Famiglia: Ramnaceae Nome in italiano: Giuggiolo Nome dialettale: Scisciale Notizie storiche: il giuggiulo è originario dell’Asia dove è molto coltivato. In Italia è presente fin dal tempo dei romani. Luogo di coltivazione:vive in zone con clima temperato e con estati lunghe e calde

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Il giuggiolo è un albero alto 6-7 metri, dall’aspetto piuttosto contorto. La pianta del giuggiolo presenta particolari ed inconfondibili rami spinosi e zigzaganti, dal colore rossiccio o brunastro. La corteccia si presenta molto corrugata. Le foglie, verdi, brillanti, sono coriacee, alterne ed ovato-bislunghe,dal bordo impreciso, quasi seghettato; i fiori, di colore bianco can-dido, talvolta verdastro, sono riuniti in piccole infiorescenze. I frutti eduli e carnosi sono le giuggiole, questi frutti sono grandi quanto un’oliva, presenta-no polpa giallognola,buccia marroncina-brunastra e sapore dolce. Quando i frutti del giuggiolo vengono raccolti immaturi risultano leggermen-te aciduli al gusto, sapore talvolta paragonabile a quello della mela. La pianta del giuggiolo produce frutti solamente al termine dei mesi estivi; ciò nonostante la pianta resiste anche a temperature molto basse. Attualmente è scarsamente diffuso in orti, case di campagne, quasi sempre allo stato sporadico, in rari casi si è rinselvatichito. Predilige terreni sabbiosi o sassosi o calcarei a reazione neutra o basica, ri-fugge i terreni umidi e non soffre troppo le basse temperature invernali. I frutti vengono utilizzati per produrre: marmellate, sciroppi, confetture, gelatine, canditi, dolci, bevande alcoliche e liquorose. I frutti sono anche usati come mangime per gli animali. Da dove deriva il modo di dire “andare in brodo di giuggiole”? Andare in brodo di giuggiole ‘gongolare per la gioia, uscire di sé dalla contentezza’ è espressione attestata nell’italiano scritto a partire dal 1791. Il riferimento di base, che motiva il significato figurato della locuzione, è l’alto, piacevole, contenuto zuccherino delle drupe del giuggiolo (le giuggiole, per l’appunto). GIUGGIOLE SOTTO SPIRITO Mettere in un vasetto tipo Bormioli 500g di giuggiole mature, 200 g di zuc-chero, un bacello di vaniglia, la scorza di un limone . Lasciare al sole per almeno 20 gg sbattendo di tanto in tanto fino a che lo zucchero si sia sciolto, aggiungere a poco a poco 500cc di alcool 95°. Consumare dopo 7/8 mesi.

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Nome scientifico: Cydonia oblunga Mill. Famiglia: Rosaceae. Nome in italiano: Cotogno. Nome dialettale:Cutugnuo. Notizie storiche: Di origini antichissime,ma tut-tora presente, era già conosciuta circa 4000 mila anni fa dai Babilonesi,nonché dai Greci e dai Romani che la consumavano fresca accompagna-ta dal miele. Luogo di coltivazione: il Cotogno è diffuso princi-palmente nell’area occidentale del Mediterrane-

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Il melo cotogno si sviluppa in un piccolo albero, di dimensioni che non supe-rano i 4-5 metri di altezza, con una bella chioma allargata e fogliame Cadu-co. Le nuove foglie primaverili sono cubescienti, ovvero sono ricoperte da una sottile peluria, sono grandi, ovali, di colore chiaro; a inizio primavera il coto-gno produce fiori a cinque petali, di colore bianco, rosato o aranciato, simile a piccole rose semplici. In estate ai fiori seguono i frutti, dei pomi dalla forma tondeggiante o allungata, in genere abbastanza bitorzoluti e bisuniformi, che presentono una polpa dura e compatta immangiabile nei frutti anche se ma-turi. I frutti di cotogno sono di colore giallo oro, anche se appaiono quasi gri-gi a causa della peluria sottile che li ricopre, simile a quelle delle pesche, salvo per il fatto che appoggia soltanto sulla buccia lucida, e si stacca sempli-cemente sfregando i frutti con le dita. Il melo cotogno è un albero antico, che ha subito poche modificazioni da par-te dell’uomo; sembra che sia una dei primi frutti presenti nel frutteto, e quindi la gran parte delle “mele” di cui si parla in storie, tradizioni e leggen-de, dovevano essere una buona probabilità delle mele cotogne. Le mele cotogne è necessario cuocerle per poterle mangiare, entrano perciò nelle ricette di moltissimi piatti regionali soprattutto per la produzione di marmellata. Essendo inoltre la mela cotogno molto profumata e dall’odore molto persi-stente viene sfruttata come profumo come armadi e biancheria. CUTUGNATA Lavate le cotogne sfregandole per eliminare la peluria, eliminate i torsoli e le eventuali ammaccature, tagliatele a pezzi e ponetele in una pentola unendo mezzo litro d’acqua ogni 800 grammi di prodotto. Lasciate cuocere lentamen-te il tutto rigirando spesso con un cucchiaio di legno fino ad ottenere una poltiglia che passerete al setaccio, ottenendo così una purea. In un’altra pen-tola ponete 500 grammi di zucchero per ogni chilogrammo di purea e fatelo sciogliere con un po’ d’acqua; aggiungete la purea di mele cotogne e lasciate cuocere il tutto senza coperchio fino a quando la confettura avrà assunto una buona consistenza e la tipica colorazione rosso-bruna. Versate la confettura in formine, oppure in teglie dai bordi bassi, una volta raffreddata tagliatela a pezzi avvolgeteli con carta oleata e conservateli in scatole . In questa ricetta non è prevista l’eliminazione delle bucce, la cui presenza contribuisce ad addensare il prodotto e a caratterizzarlo con un maggiore aroma e una leggera, piacevole granulosità tipica delle produzioni familiari.

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COSA SERVE: Una tazza di farina Una tazza di sale fino (polverizzato) Una tazzina di acqua Un cucchiaino di colla vinilica (facoltativo) Vernice spray trasparente

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PROCEDIMENTO: Con il frullatore abbiamo polverizzato il sale il più possibile. In una terrina abbiamo messo la farina e il sale e abbiamo mescolato aggiungendo piano piano l’acqua fino ad ottenere un impasto morbido. Sulla spianatoia abbiamo impastato per qualche minuto fino a che la pasta è risultata omogenea e liscia, senza grumi: né troppo molle né troppo dura. Durante l’utilizzo abbiamo avvolto la pasta nella pellicola trasparente; per conservarla qualche giorno, in frigorifero. Una volta modellata l’abbiamo fatta asciugare nel forno ventilato a bassa temperatura (in media 50°) per diverse ore. Dopo la coloritura dei frutti, per conservarli li abbiamo spruzzati con lo spray lucidante che serve a dare un effetto lucido, ma soprattutto a proteg-gere i frutti dall’umidità.

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COSA SERVE: 1 kg di frutta 750 g di zucchero

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PROCEDIMENTO: Abbiamo lavato la frutta, tagliata a pezzettini e messa in una casseruola capiente. Abbiamo aggiunto lo zucchero, mescolato con un cucchiaio di legno, quindi abbiamo messo sul fuoco e portato ad ebollizione. Abbiamo proseguito la cottura mescolando con il cucchiaio di legno fino a quando la marmellata ha raggiunto la giusta densità. Abbiamo versato nei vasetti la marmellata ancora calda, abbiamo chiuso ermeticamente e vasetti e lasciati raffreddare. A questo punto: Buon Appetito!!

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COSA SERVE: Carta di quotidiani Colla vinilica Acqua Stampi di varie forme (ciotole, vasi, palloncini, calchi di vario mate-

riale) Pennelli di varie misure Vernice trasparente (facoltativa)

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PROCEDIMENTO: In una bacinella ampia abbiamo diluito la colla polivinilica con l’acqua (proporzione di 3 bicchieri di colla e 1 d’acqua) e abbiamo rimestato con un cucchiaio. Abbiamo strappato i fogli di giornale in modo da ottenere tante strisce. Abbiamo creato lo stampo per dare la forma al nostro oggetto: i cladodi (comunemente detti “pale”) del ficodindia con cartoncino rigido, i ficodindia con i contenitori di plastica delle uova. A questo punto abbiamo immerso le strisce di carta, per qualche minuto, nella bacinella contenente acqua e colla. Dopo abbiamo rivestito gli stampi con diversi strati di carta (dai 4 ai 6). Abbiamo lasciato asciugare perfettamente, poi con la tempera bianca abbia-mo dato il primo strato di pittura, per uniformare il colore. Successivamente abbiamo colorato con i colori indicati. Alla fine abbiamo rifinito con un paio di mani di vernice trasparente.

Il progetto “Alberi e frutti della tradizione locale” prende spunto dal rappor-to bambino-ambiente ed è proteso all`educazione ambientale che vuole pro-muovere un corretto rapporto con la natura locale, nella consapevolezza che ognuno deve conoscere, rispettare e proteggere l`ambiente in cui vive e le sue risorse. Si punta a fare in modo che ogni allievo sviluppi rispetto, amore e cura verso il proprio territorio naturale; atteggiamenti che sono alla base della formazione di una “COSCIENZA ECOLOGICA”. I lavori su cartelloni sono stati organizzati usando diverse tecniche (colorare con tempere e spugnette, polverina, pastelli, pennarelli) e diversi tipi di ma-teriale (carta-velluto, carta crespa, rete, argilla, legnetti), al fine di attivare una piu` accattivante produzione artistica. Durante lo svolgimento delle attività di produzione grafico-pittorica il grado di partecipazione, coinvolgimento ed interesse degli alunni è stato notevole.

Quest’anno abbiamo partecipato, con grande interesse ed impegno al progetto “ALBERI EFRUTTI DEL-LA TRADIZIONE LOCALE”. Ab-biamo scoperto alberi e frutti, come il carrubo, il fico, il gelso e il fico d’india. Il risultato è stato soddisfa-cente. Siamo rimasti molto soddi-sfatti, abbiamo scoperto come han-no vissuto i nostri nonni, la passio-ne perla natura e i frutti che ci do-na. Siamo anche un po’ dispiaciuti, perché oggi molti di essi non vengo-no raccolti e tanto meno gustati. Vogliamo ringraziare le insegnanti che, con pazienza ci hanno insegna-to a realizzare alberi e frutti con diverse tecniche di lavorazione: pasta sale, cartapesta e cartelloni colorati e decorati in diversi modi.

Il progetto a cui abbiamo partecipa-to ci è piaciuto tanto perché abbia-mo imparato tutti i frutti principali del Salento, come: carrubo, melo-grano, giuggiole, fico d’india, melo cotogno, bruno, prugna… Ci è piaciuto anche ricostruire que-sti frutti con la pasta sale e decora-re e colorare i cartelloni. La cosa che ci è piaciuta di più è stato fare la marmellata di prugne.

Il progetto ci è piaciuto perché ab-biamo imparato molte cose sulle piante e sui frutti della tradizione e come si fa la pasta sale. Ringraziamo tutte le maestre.

Il progetto ci è piaciuto perché abbiamo manipo-lato la cartapesta e abbiamo fatto la marmellata di prugne con gli amici.

Quest’anno, insieme alle maestre, abbiamo realizzato un progetto dal titolo: Alberi e frutti della tradizione locale”. E’ stata un’esperienza fantastica ed abbiamo imparato nuo-ve e divertenti cose come manipolare la pasta sale e la car-tapesta. Con la maestra Maria Consiglia abbiamo creato dei bellissi-mi cartelloni che rappresentano alberi, frutti e fiori della nostra tradizione locale. Con la maestra Antonella, invece, abbiamo lavorato al computer, abbiamo scaricato nomi scientifici e altre notizie sul frutto analizzato per realizzare poi un libricino che riassume tutto il lavoro fatto. Con la maestra Dora e la maestra Angela abbiamo creato i frutti con la pasta sale e la cartapesta. Infine abbiamo anche preparato una dolcissima marmella-ta di prugne.

Il progetto “Alberi e frutti della tradizione locale” è stata un’esperienza fantastica: tutti in-sieme abbiamo lavorato la pasta sale, fatto ricerche, cartelloni...ma soprattutto abbiamo lavorato in