aidee benso

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1 FUNZIONI ATTENTIVE – ESECUTIVE ED APPRENDIMENTO. ANALISI CRITICA DEGLI STRUMENTI DI MISURA Polo Universitario di ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell’apprendimento “M.T. Bozzo” Francesco Benso Docente di Psicologia Fisiologica - Polo M.T. Bozzo - Università di Genova AIDEE Gennaio 2012

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FUNZIONI ATTENTIVE – ESECUTIVE ED

APPRENDIMENTO. ANALISI CRITICA

DEGLI STRUMENTI DI MISURA

Polo Universitario di ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell’apprendimento “M.T. Bozzo”

Francesco Benso

Docente di Psicologia Fisiologica - Polo M.T. Bozzo - Università di Genova

AIDEE Gennaio 2012

Page 2: Aidee benso

IL SISTEMA ESECUTIVO E LE FUNZIONI FRONTALI

• I primi studi che hanno portato a teorizzare a livello mentale cognitivo il sistema esecutivo di controllo e le funzioni esecutive nascono dall’indivisuazione a livello neurofisiologico delle funzioni frontali (vedi ad es. Luria, 1976).

• Già nel 1848 i diari del medico Harlow descrivevano i sintomi da lesione frontale del minatore P. Gage (Damasio 1994).

• I primi studi sistematici sui lobi frontali degli animali furono condotti alla fine degli anni 1860 dai fisiologi Eduard Hitzig e Gustav Fritsch che isolarono soprattutto le aree motorie.

• Il fisiologo italiano Leonardo Bianchi all’inizio del novecento dopo diversi studi elenca le funzioni frontali che vengono a mancare in caso di lesione citando: l’incapacità a guidare il comportamento in base all’esperienza passata; difficoltà nel riconoscimento di oggetti noti; mancanza di iniziativa; incoerenza comportamentale; perdita delle emozioni secondarie. Tali osservazioni rimangono valide anche ai nostri giorni si ampliano invece le regioni cerebrali impiegate.

Page 3: Aidee benso

Il termine “funzioni frontali” verrà sostituito

successivamente da quello di livello meno

neuro anatomico e più mentale di: “funzioni

esecutive”, anche per il fatto che le aree

cerebrali che sostengono tali funzioni si

estendono oltre i lobi frontali.

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SAS SE PC

• Sono emersi modelli cognitivi che in letteratura sono stati indicati con nomi diversi. Baddeley (1986) definisce il suo modello “Sistema Esecutivo Centrale", Shallice (1988) “Sistema Attentivo Supervisore” (SAS), Moscovitch e Umiltà (1990) “Elaboratore Centrale”. Le diverse denominazioni del sistema rappresentano sostanzialmente concetti sovrapponibili. Altri autori (vedi ad esempio Miyake, et al., 2000) preferiscono indirizzare l'osservazione direttamente verso le “funzioni esecutive” (FE) ritenendo multicomponenziale il SAS come gli stessi Shallice (2002) e Baddeley (1996) arriveranno ad affermare anche sui loro modelli.

• Vi è ancora diversa letteratura (vedere ad es. Sylvester, 2003) che nonostante i chiarimenti sulla multicomponenzialità del SAS continua ad indicarlo come il modello unico da contrapporre a quelli che indicano processi esecutivi diversi.

• Dobbiamo far rilevare che la vera differenza è nello stabilire un unico meccanismo unificante con una base comune che poi andrebbe a frazionarsi oppure optare per la natura non unitaria delle funzioni esecutive (vedere Miyake et al., 2000; Duncan, Johnson, Swales, Freer, 1997; Baddeley, 1996).

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Modello Benso 2007

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CONTINUUM AUTOREGOLAZIONE

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• Propriamente sistema attentivo e esecutivo avrebbero forme distinte.

• L'attenzione agisce sui processi sensoriali in input e sulle rappresentazioni interne (si può concentrare su di uno spazio, su di un pensiero o sulla rappresentazione di uno spazio).

• Il sistema di controllo esecutivo agisce invece su piani di comportamento.

• Tuttavia gli aspetti attentivi sembrano precorrere e contribuire allo sviluppo delle funzioni esecutive.

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• Le funzioni esecutive sono un complesso sistema di sottoprocessi distinti non correlati ma “sottilmente” interagenti che avviano, regolano, controllano, coordinano , monitorizzano, programmano pensieri e azioni.

• Le funzioni esecutive vengono anche definite come le abilità necessarie per programmare, mettere in atto e portare a termine con successo un comportamento finalizzato a uno scopo.

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Lo stesso Baddeley (1996) infrange, si fa per dire, la distinzione tra FE

e attenzione inserendo l’attenzione selettiva nelle funzioni esecutive.

Barkley (1996) arguisce che il sistema esecutivo può essere considerato

una più generale forma di attenzione rivolta verso sé stessi.

Egli afferma che in riferimento alle funzioni esecutive i processi attentivi

sono o abilità essenziali e subordinate a questo costrutto, oppure possono

essi stessi essere considerate funzioni esecutive

Per esempio l'attenzione selettiva e sostenuta l'inibizione, e shiftare

l'attenzione sono processi cognitivi che sottostanno al comportamento

orientato nel futuro su di una specifica meta (Barkley,1996).

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DALLE PROTOFUNZIONI ALLE FE

DALLA FASE GUIDATA DAGLI STIMOLI A QUELLA GUIDATA

DALLO SCOPO

DALLA FASE IMPLICITA ALL’ESPLICITA • Dalla attenzione selettiva che permette di isolare uno stimolo target immerso in un contorno di distrattori

si può sviluppare la funzione di controllo esecutivo che sarà deputata a mantenere un comportamento finalizzato ad uno scopo nonostante l’intervento di attrattori interferenti e fuorvianti.

• Dall’allerta fasico (breve intervallo di preparazione per effettuare una adeguata risposta) si può sviluppare l’attenzione sostenuta allungando gradualmente la durata tra il segnale di pronti e il target.

• L’attenzione sostenuta nel tempo ha diverse componenti di controllo ed è accompagnata dalla gestione della frustrazione al perdurare del compito (che alcuni definiscono come una delle principali funzioni esecutive).

• L’orientamento dell’attenzione (disancoraggio, spostamento e ancoraggio) prelude al cambiamento immediato di compiti (task shift) e in questo caso interverrà anche la capacità di avvio.

• La capacità di focalizzare l’attenzione su di uno spazio ristretto o di concentrarla in un tempo relativamente breve può essere propedeutica al funzionamento della memoria di lavoro (come la intende Cowan 2000)

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FIGURE 16.3 THE COWAN WORKING

MEMORY MODEL

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SAS SISTEMA MULTICOMPONENZIALE

• Vi sono diversi punti di vista e soprattutto indizi a favore dell’uno o dell’altro punto di vista. Ad esempio Miyake et al. (2000) argomentano in modo convincente e valutano i pro e i contro.

• Si soffermano sul fatto che vi siano dei significativi valori nelle correlazioni tra le prove che rappresentano le funzioni esecutive di base (inhibition, shifting, updating). Ciò potrebbe essere interpretato come un comune aspetto sottostante alle diverse funzioni e quindi un sistema esecutivo unificatore a monte.

• Tuttavia gli autori non trascurano l’ipotesi alternativa di una componente comune alle diverse prove utilizzate per rappresentare i costrutti come potrebbe essere l’inhibition.

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• Sempre secondo questi autori, vi sarebbe inoltre da considerare attentamente il

fattore del”impurità” delle prove psicometriche utilizzate, in quanto esse non possono rappresentare appieno le FE a cui si riferiscono. Gli aspetti modulari in input ed in output (ad esempio il sistema visivo e quello motorio) che inevitabilmente fanno da interfaccia tra strumento di misura e la FE da valutare possono “sporcare” notevolmente la misura che dovrebbe bypassare l’aspetto modulare periferico.

• DA QUI IL METODO SOTTRATTIVO CHE ATTUIAMO IN MOLT ITEST

• Infine se il soggetto durante la valutazione attraverso l’apprendimento aumenta il grado di automatizzazione della prestazione, la misura si sposta più verso il livello dei sistemi specifici allontanandosi dalle elaborazioni aspecifiche più centralizzate, nonostante gli accorgimenti presi nell’impostazione del paradigma (Miyake et al., 2000).

• Gli artefatti possibili sono diversi e tra quelli identificati non tutti sono

chiaramente delineati come ad esempio la inevitabile scelta arbitraria di una specifica prova per indagare il costrutto o misurare una funzione esecutiva

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Lo stesso test di Stroop (o derivati) così spesso utilizzato nei costrutti

della funzione “inhibition” e stato in passato utilizzato per

rappresentare i task shift (cambiamenti di compito) come riferiscono

Anderson et Al. (2010). Inoltre Mac Leod (2003) fornisce alcune

spiegazioni alternative dell’effetto Stroop senza dover chiamare in

causa il concetto di inibizione.

Pertanto rimane effettivamente sempre un

grado di incertezza non trascurabile se si

valutano i costrutti.

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• La neurofisiologia “lesionale” conferma come particolari aree siano essenziali per determinate funzioni esecutive. La mancanza di specifiche funzioni in caso di particolari lesioni ci fornisce evidenza della loro presenza spesso implicita ed inconsapevole.

• Il silenzio si trasforma in rumore assordante. • Ad esempio come riferiscono Bush et al. (2000) in un articolo

“rassegna” le lesioni al giro del cingolo implicano: apatia, disattenzione, mutismo acinetico, instabilità emotiva, disregolazione del sistema autonomo e deficit cognitivi nel gestire l'interferenza dell'effetto Stroop (aspetto quest'ultimo controverso; Bush et al.,2000).

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Pertanto ciò che viene descritto come SAS o

come processore centrale sarebbe l’insieme di

una autoecoorganizzazione di energia

cerebrale “delimitata” che si differenzia

funzionalmente (funzioni esecutive)

alimentando specifici circuiti in parte

predeterminati geneticamente.

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• Tutti questi processi sono innestati e immersi nel contesto umorale ed ormonale fornito dal tono emotivo e sono indissolubilmente legati ad esso anche implicitamente (Lewis & Todd, 2007). Non può esistere una operazione cognitiva “pura” l’influenza dei sistemi sottocorticali e dei nuclei del sistema emozionale è continua.

• In qualsiasi compito cognitivo svolto sotto osservazione può emergere un’ansia da prestazione non sempre controllabile. Questa inestricabile unione si afferma soprattutto quando si tratta di autoregolazione del comportamento, che potremmo definire come: l'equilibrio implicito tra il sistema emotivo motivazionale e quello cognitivo di controllo, in funzione dell'adattamento e dello scopo del momento.

• AUTOREGOLAZIONE NEI DUE SENSI

• COGNITIVO EMOTIVO (CANESTRO)

• EMOTIVO COGNITIVO ( PASSERELLA)

• SCONTRO IMPROPONIBILE EMOTIVO >> COGNITIVO

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• A proposito di autoregolazione gli stessi Lewis e Todd (2007) criticano altresì la divisione tra funzioni esecutive calde (emotive; hot) e fredde (cognitive; cool) “Gli psicologi hanno a lungo cercato di risolvere la disgiunzione fondamentale tra funzioni cognitive ed emotive. Ma ciò che è notevole e forse allarmante è che la ricerca sulle autoregolazione ha perpetuato questa disgiunzione piuttosto che risolverla, per esempio tracciando una linea tra funzioni esecutive fredde “cool EF" coinvolte in attività puramente cognitive e le "hot EF" coinvolte nella regolazione emozionale (Zelazo & Cunningham, 2007; Zelazo & Mueller, 2002)).

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• Anderson et al. (2010) titolano un paragrafo con funzioni esecutive calde (socio affettive) . Discutono sull'emergere del senso della moralità e del brusco cambiamento che porta intorno ai 4 anni alla capacità di resistere alle false credenze per stabilire i presupposti della teoria della mente (mettersi nei panni dell'altro). Nasce parallelamente la capacità di interpretare stimoli affettivi non verbali e di comprendere il senso dell' humor.

• Comunque anche tali autori concludono che le interazioni tra aree cerebrali sono tali che è difficile distinguere tra funzioni calde o fredde. Sostengono soprattutto che lo sviluppo delle tradizionali funzioni esecutive è necessario per il consolidamento delle capacità cognitive intellettive, degli apprendimenti, delle memorie citando un consistente numero di lavori (vedere Anderson et al. 2010).

Anderson et al. (2010) titolano un paragrafo con funzioni esecutive calde (socio affettive) . Discutono sull'emergere del senso della moralità e del brusco cambiamento che porta intorno ai 4 anni alla capacità di resistere alle false credenze per stabilire i presupposti della teoria della mente (mettersi nei panni dell'altro). Nasce parallelamente la capacità di interpretare stimoli affettivi non verbali e di comprendere il senso dell' humor.

Comunque anche tali autori concludono che le interazioni tra aree cerebrali sono tali che è difficile distinguere tra funzioni calde o fredde. Sostengono soprattutto che lo sviluppo delle tradizionali funzioni esecutive è necessario per il consolidamento delle capacità cognitive intellettive, degli apprendimenti, delle memorie citando un consistente numero di lavori (vedere Anderson et al. 2010).

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• Nei nostri laboratori potremmo misurare gli indici di attivazione emotiva durante lo svolgimento di prove prettamente cognitive. E’ sufficiente che gli esercizi siano incalzanti nel tempo di risposta (basta far partire un qualsiasi cronometro). Potremmo terminare rimarcando come ogni funzione cognitiva sia inevitabilmente “colorata” da un sistema emotivo sempre presente nei tratti e negli stati degli individui. Solo in particolari situazioni derivanti da esiti lesionali può occasionalmente avvenire questa disgiunzione.

• Pensiamo ad esempio al linguaggio che si esprime sempre con un carico variabile di emotività e di enfasi comunicante, pragmatica e contestualizzante definita “prosodia”. Qualora si verifichino lesioni spesso circoscritte all’area di Broca (corrispondente) dell’emisfero destro (area 44 di Brodmann ) sovente i soggetti perdono l’aspetto prosodico in produzione e questo è invalidante per la comunicazione fine. Come a dire che sarebbero guai seri se una funzione cognitiva fosse solo cool(fredda) dobbiamo sperare di avere il giusto grado di hot (caldo) sempre collegato .

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INHIBITION ?

• E' largamente condiviso che nessun test è in grado di rappresentare

appieno una particolare funzione esecutiva, eppure numerosi autori inflessibilmente stabiliscono corrispondenze e commettono l'errore di confondere la prestazione al test con la funzione esecutiva che arbitrariamente pensano sia rappresentata dalla prova psicometrica.

• Si sta riperpetuando quello che in passato veniva definito dagli psicologi della Gestalt “errore di esperienza”. esso si manifesta quando si attribuiscono alla realtà caratteristiche che sono dell'esperienza del ricercatore (Koehler, 1971) .

• Ad esempio si valutano i dati di un compito di Stroop e poi si traggono conclusioni sull'inhibition non citando più il compito primario sottointendendo che lo Stroop e l'inhibition siano la stessa cosa.

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INHIBITION ?

• Mischel aveva pensato di verificare la forza del sistema di controllo (e quindi dell’inhibition) e la capacità a pianificare il futuro attraverso la dilazione dellla gratificazione. Il compito utilizzato da Mishel era del tipo: “qui c’è un biscotto se aspetti che io torni e non lo mangi ne avrai due” . Le variabili intervenienti sono diverse il bambino potrebbe avere un buon sistema di controllo ma potrebbe: non aver compreso bene il “gioco”, non fidarsi di quanto promesso dall’adulto, essere sazio e accontentarsi di un solo biscotto, pensare che comunque poi l’adulto lo fornirà dell’ulteriore biscotto e altro…

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INHIBITION ?

• Il termine “inhibition” viene spesso utilizzato in modo molto generico non distinguendone i tipi e spesso affermandone l'esistenza quando altre funzioni potrebbero spiegare l'effetto rilevato.

• Un altro problema nasce dal domandarsi quale tipo di inibizione è in gioco in quel determinato compito. Nigg (2000) pubblica una rassegna sui diversi tipi di inibizione e ne valuta soprattutto le dimensioni automatiche e volontarie, cognitive e motivazionali. In una tabella esaustiva ne indica otto tipi, di quelle inerenti alla inibizione esecutiva ne cita quattro: controllo dell'interferenza, inibizione cognitiva, comportamentale e oculo-motoria.

• Friedman & Miyake (2004) analizzando il lavoro di Nigg combinano l'inibizione del comportamento e quella oculo motoria definendole in un unico termine come “inibizione delle risposte preponderanti”. Poi valutano la resistenza all'interferenza dei distrattori ed infine la resistenza all'interferenza proattiva (che sarebbe l'inibizione cognitiva di Nigg).

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• I risultati portano gli autori ad isolare in ultimo solo due tipi di inibizione

esecutiva: l’inibizione delle risposte preponderanti e la resistenza

all’interferenza proattiva.

• La divisione delle prove che rappresentano i diversi tipi di inibizione è

arbitraria l’interfernza proattiva si riverbera su diversi fattori, ad esempio

nel primo fattore si utilizzano test con effetti di priming negativo che si

potrebbero interpretare (invece che compiti di inibizione delle risposte

preponderanti ) come esempi di interferenz proattiva. Comunque sempre

Miyake et al. (2000) avevano utilizzato un solo ben definito e chiaro tipo di

inibizione (inibizione delle risposte preponderanti) nei loro lavori di ricerca

sul costrutto delle diverse funzioni esecutive.

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• E' sempre opportuno elencare le prove che hanno sostenuto le tre forme di inhibition nel lavoro di Friedman & Miyake (2004). Nel fattore 1 “Inibizione delle risposte preponderanti ”: antisaccade, Stroop, stop-signal; nel fattore 2 “Resistenza all'interferenza dei distrattori” Eriksen flanker, word naming (priming negativo), shape matching (priming negativo); nel fattore 3 “Resistenza all'Interferenza Proattiva ”: tipo Brown-Peterson, AB-AC-AD, cued recall.

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MA UN COMPITO UTILIZZATO COME INIBIZIONE DELLE RISPOSTE PREPONDERANTI (PRIMA ERA

RESISTENZA ALL'INTERFERENZA DEI DISTRATTORI ) È UN COMPITO DI PRIMING NEGATIVO

SPESSO “TACCIATO” DI INTERFERENZA PROATTIVA CHE È IL SECONDO FATTORE CON CUI I

COSTRUTTI DOVREBBERO CONTRASTARE.

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• MacLeod et. Al (2003) puntualizzano spiegando che il termine interferenza è descrittivo di un effetto e di un fenomeno ed è più adeguato del termine inhibition che implica un livello di spiegazione spesso non verificabile e non sempre vero.Pertando Mac Leod et al. consigliano di utilizzare per correttezza di linguaggio il termine interferenza.

• ll fatto che nello Stroop vi sia una competizione tra compiti che crea interferenza è chiaro per tutti, mentre appena si usa il termine inhibition si passa dalla descrizione del prendere atto che c’è l’interferenza, al livello più impegnativo di una ipotetica spiegazione che non è dimostrata utilizzando il termine inhibition.

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SHIFTING

• La capacità di cambiamento di compito (shifting) è una funzione esecutiva che secondo Rubinstein Meyer Evans (2001) ha le seguenti sottofasi:

• A) Identificazione dello stimolo o altro di percettivo (suggerimenti che possono ordinare lo switch nel caso non vi sia una regola interna da applicare, ad es. alterna i compiti ogni due ripetizioni) .

• B) “Goal shifting”. Insieme di memorie che hanno il compito di ricordare ciò che è avvenuto e ciò che sta per avvenire. Una visione generale e il ricordo dei compiti da svolgere, registrazione del compito appena svolto e aggiornamento in memoria di lavoro del nuovo compito. La numerosità dei compiti (che carica la memoria) o la mancanza di suggerimento (memorizzare la regola) possono influenzare la durata di questa fase.

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SHIFTING

• Un compito di shift come si può notare

coinvolge molte abilità mnestiche ed esecutive

e si può proporre a diversi livelli di

complessità. E’ bene distinguere i gradi di

complessità e come dicono Purves et al. (2010)

valutare la differenza nelle perseverazioni a

livello percettivo categoriale da quelle a livello

comportamentale.

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SHIFTING

• Ad esempio la perseverazione,

• può essere qualitativamente differente nel senso che si può osservare il fenomeno senza doverlo sempre far risalire al SAS e ai lobi frontali.

• Come riferiscono Sandson e Albert (1984), nel caso di parafasie (disturbi nella formazione della parola) prodotte da pazienti afasici la perseverazione può essere attribuita al malfunzionamento di sistemi specifici (e quindi al livello modulare) che sono soggetti ad effetti impropri di priming. Nel caso di lesione al lobo frontale, la perseverazione si manifesta invece come la tendenza di uno schema integro ad attivarsi ripetutamente nel tempo.

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SHIFTING SVILUPPO

• Bunge e Zelazo (2006) introducono verso una descrizione dettagliata dello sviluppo della

complessità delle regole collegandole a precise aree neuroanatomiche.

• Primariamente si formano associazioni tra stimoli e ricompense, ciò può fornire salienza al un

determinato stimolo qualora venga coinvolto in futuri apprendimenti più complessi. Questo

aspetto è legato alla maturazione della corteccia orbitofrontale (area 11 di Brodman). Verso i due

anni inizia lo sviluppo della capacità di associare ad uno stimolo una specifica risposta (sempre

quella) ciò è legato alle aree pre frontali ventro laterali (44, 45, 47 di Brodman).

• Verso i 5 anni si cominciano a padroneggiare le regole bivalenti (veri e propri compiti di switch) e

ciò dipende dalla maturazione della corteccia pre frontale dorso laterale (area 9, 46 di Brodman);

il rapido cambio nella flessibilità che avviene tra i 2 e i 5 anni può essere sostenuto dalla

maturazione di questa area cerebrale.

• Fino ai tre anni la perseverazione è obbligata mentre a 5 si può passare da un tipo di

classificazione ad un altra invertendo la regola precedente (quanto sia implicato il sistema di

controllo o l'inhibition anche in questo compito è palese). I miglioramenti nell'uso regola di

cambiamento di compito sempre più complessa riscontrati dall'infanzia all'adolescenza sono

probabilmente correlati alla maturazione del laterale PFC, se questo vale anche per i

miglioramenti precedentemente ottenuti durante l'infanzia resta da vedere (Bunge e Zelazo

2006).

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• Sembra che lo sviluppo della corteccia prefrontale rostro laterale (area 10 di Brodman) supporti il ragionamento condizionale sul cambiamento di compito (se x allora A se y allora B, ma dopo la regola opposta se x allora B se y allora A).

• La differenza del Wisconsin con un compito di switch più tradizionale è data dal fatto che il cambiamento di criterio nel categorizzare richiede un riapprendimento mentre nel caso del compito di switch già dall’inizio sono stabiliti i ritmi di cambiamento o le associazioni con i suggerimenti (se vedi giallo allora fai… se vedi azzurro allora fai…) assomigliano ai due tipi di perseverazione diversi

• La prima potrebbe essere definita più fronto ventrale (e quindi legata alla difficoltà di a riapprendere una nuova regola e quindi a modificare le aspettative sui legami stimolo rinforzo).

• Mentre la seconda più legata alle aree dorso laterali frontali dx dipende di più dall’incapacità di inibire di avviare un nuovo compito di seguire pertanto la regola stabilita perché distratti dagli effetti di priming stessi dei compiti simili che si susseguono. Ovviamente anche solo dal punto di vista neurofisiologico le operazioni di shifting sono molto più complesse anche la corteccia parietale sembra intervenire sulla scelta dell’azione più adatta (area LIP) e il giro del cingolo viene chiamato in causa in quanto deputato a mettere in evidenza il conflitto tra compiti (vedi Purves et al. 2010.

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FIGURE 27.18 EXECUTIVE FUNCTIONS IN

CHILDREN

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• Riassumendo dalle proto funzioni esecutive rappresentate soprattutto dai sistemi attentivi che si sviluppano emergono le funzioni esecutive di base: il controllo (che viene identificato con inhibition) che si afferma ancora in modo ANCORA incerto verso i 24 mesi, la flessibilità, l’avvio, l’attenzione sostenuta e l’updating.

• Sono funzioni separate ma che si sostengono a vicenda. Ad esempio per riaggiornare la memoria di lavoro bisogna avere capacità di controllo, flessibilità, saper avviare il processso e sostenere l’attenzione sul compito. Questi aspetti immersi in un robusto contesto emotivo motivazionale che associa apprendimenti per rinforzo,

• Possibilità di simulazione e quindi di astrazione e generalizzazione che vanno a sostenere e a configurare funzioni ancora più complesse come la gestione della frustrazione il monitoraggio del comportamento la verifica l’organizzazione la pianificazione sfociando nell’empatia

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• Quali e quante siano le funzioni esecutive non è possibile definirlo nemmeno basandoci sulla letteratura. Tenendo conto di diversi punti di vista, potremmo affermare che le funzioni esecutive sono dei processi necessari a programmare, a mettere in atto e a portare a termine con successo un comportamento finalizzato a uno scopo.

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Avvio

Allerta

Controllo esecutivo (inhibition)

Shifting

Updating

Interrelate e comunque separate

Tutto va verso la pianificazione e il Problem

Solving

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FIGURE 23.3 CONNECTIVITY OF THE

PREFRONTAL CORTEX

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Page 40: Aidee benso

Argomenti da valutare

Vi è una quasi inconsapevole tendenza ad omologare termini e teorie. Ciò può portare all’accettazione di alcuni aspetti solo per consuetudine . Tali aspetti possono risultare fuorvianti. In questa sede proporremo una semplice elencazione e una brevissima riflessione su alcuni argomenti solo per esemplificare la nostra linea di condotta

1) L’utilizzo indiscriminato ed impreciso del termine inhibition (es. Miyake el 2003, Band et al 2005 )

2) Il concetto di sistema esecutivo porta inevitabilmente a sottointendere l’ “homunculus” come sottolineato da Zelazo ?

3) FE fredde (cognitive) e FE calde (emotive). Molti non condividono tale suddivisione (Lewis e Todd, 2007)

4) L’ automatismo può non essere “fodorianamente” mandatario nei moduli complessi. Un modulo complesso non sarà mai perfettamente automatizzato.

5) Nessuna prova psicometrica può rappresentare appieno una funzione esecutiva (molto più complessa e sfumata, vedi torre di Hanoi)

6) Ne discende dal punto 5 che diventa fonte di possibili errori discutere dati utilizzando etichette indirette (ADHD, flessibilità ,inhibition …).

7) Non vi è accordo su quali e quante siano le funzioni esecutive ( es.Miyake et al. 2003)

40 Francesco Benso AIRIPA Ivrea 2010

Page 41: Aidee benso

Conclusioni prime

• Per la valutazione dei costrutti si dovrebbero proporre prove poco complesse che rispecchino nei piccoli le “protofunzioni esecutive” e che facciano leva sulle tendenze geneticamente determinate per la specie (compatibilità spaziale, costanza di forma, l’attrazione per i visi).

41 Francesco Benso AIRIPA Ivrea 2010

Page 42: Aidee benso

FE E APPRENDIMENTO

Altri lavori come quelli di Bolter et al. (2006) nell'ambito della theory of constructive operators (TCO) (Pascual-Leone 1987) confermano quanto affermato sull’inestricabile interazione tra i diversi livelli attentivi esecutivi e moduli e in questo caso valutano il linguaggio. Essi sostengono che la capacità mentale (Mental Capacity, descrivibile come la quantità di risorse impiegate) predice le competenze linguistiche. Misurano la capacità mentale attentiva, l’Interruzione (inibizione), e le funzioni esecutive di shifting e di updating

Page 43: Aidee benso

Le diverse operazioni linguistiche che si automatizzano a livelli differenti faranno richieste di risorse attentive diverse in base alla difficoltà del compito. Cantare una filastrocca memorizzata richiede poche risorse e per sostenere il compito è sufficiente il “processore dedicato”, mentre eseguire una operazione di spoonerismo (luna dente → duna lente) richiede necessariamente un impegno molto gravoso del SAS e di tutte le funzioni esecutive (soprattutto il riaggiornamento in memoria di lavoro; updating).

Page 44: Aidee benso

Blair e Razza (2006) identificano nell’inhibition una importante componente per l’apprendimento della matematica del vocabolario e di altre competenze linguistiche. Soprattutto definiscono come prerequisito importante per l'apprendimento l'efficienza autoregolativa.

Espy et al., (2004) sostengono che le prime abilità matematica vengono spiegate dal 12% della varianza a carico del controllo inibitorio.

Passolunghi et al (2007) valutano l'importanza dello sviluppo della funzioni esecutive nella scuola dell'infanzia per un buon approccio alle abilità matematiche nella prima primaria (vedi anche Usai e Viterbori, 2008).

Le funzioni esecutive sono fondamentali anche nell'apprendimento della lettura. Benso et al. 2005). Reiter et al (2005) confrontando soggetti dislessici e un gruppo di controllo e con test che valutano le funzioni esecutive trovano differenze significative . Così Brosnan et al. (2002) con soggetti dislessici adulti e bambini.

Page 45: Aidee benso

RIFLESSIONE !!!

Blair e Razza identificano nell’inhibition una importante componente per

l’apprendimento della matematica del vocabolario e di altre competenze

linguistiche.

Espy et al., 2004 sostengono che le prime abilità matematica vengono spiegate dal

12% della varianza a carico del controllo inibitorio.

McLean e Hitch, 1999; Gathercole e Pickering, 2000 valutano una relazione tra FE

e apprendimento della matematica nella scuola primaria.

Bull e Sherif 2001 tuttavia trovano a 7 anni una caduta dell’influenza dell’inhibition

sulle competenze matematiche (solo il 2%).

Questo cosa fa pensare ?

Page 46: Aidee benso

Epsy et al (2004) utilizzano i seguenti test per

valutare la componente inibizione: cpt

commission response; delayed response, self

control (latency to touch), statue.

Bull e Scerif (2001) nei bambini di 7 anni

utilizzano lo stroop per valutare l'inibizione.

Infine Blair e Razza utilizzano il peg_taping.

Page 47: Aidee benso
Page 48: Aidee benso

• Per FODOR sono moduli i sistemi di input sensoriali e linguaggio

• Sternberg (2006) Shallice (1988) e ancora Posner e poi David Marr criticano i tipi di moduli fodoriani e ne stemperano le caratteristiche.

• Il tutto trova una sistematizzazione nella teoria modulare proposta da Moscovitch Umiltà (1990):Tre tipi di moduli sempre più complessi che vengono assemblati attraverso un processore centrale che matura da una fase implicita ad una esplicita

48 Francesco Benso AIRIPA Ivrea 2010

Page 49: Aidee benso

TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)

• La distanza dei neuropsicologi cognitivi dalla “rigida” teoria modulare di Fodor la si può valutare da una definizione molto recente di Sternberg (2006): I moduli sono parti in un certo modo indipendenti che hanno funzioni differenti (cade l’incapsulamento rigido di Fodor). Un modulo può esso stesso essere composto da moduli (cade la non assemblabilità di Fodor).

• Vedi anche Shallice (1998), Posner (1978), Marr 1982 e soprattutto Karmilof – Smith (1992) con la teoria della “modularizzazione”.

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TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)

Esistono 3 tipi di moduli:

• Moduli di 1° tipo, “alla Fodor”: non assemblati e con una specificità funzionale, Ad esempio, sarebbero moduli di primo tipo la percezione dei colori, delle frequenze acustiche, della profondità, dei visi… la localizzazione del suono e visiva

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TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)

• Moduli di 2° tipo, assemblati su base innata, con l’input integrato da un elaboratore centrale, che sembra distaccare risorse per dedicarle definitivamente al modulo (processore dedicato). Esempi di moduli di secondo tipo sono le abilità linguistiche e il riconoscimento degli oggetti.

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TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)

• I moduli di “3° tipo”, infine, sono quelli assemblati su base esperenziale (es. lettura e capacità motorie); in questo caso il processore è fortemente implicato attraverso un atto consapevole, cosciente e volitivo.

• IN ALTRI TERMINI SONO MODULI DI SECONDO E TERZO TIPO TUTTI GLI APPRENDIMENTI AUTOMATIZZABILI

-------------------------------------

NOTA: Processore Centrale (M. U. ). Sistema Esecutivo (Baddeley). Sistema Attentivo Supervisore (SAS; Norman Shallice). Sistema Attentivo Esecutivo (Posner Di Girolamo) . Indicano lo stesso sistema

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TEORIA MODULARE DI MOSCOVITCH E UMILTÀ (1990)

• Moduli di 3° tipo, sono quelli assemblati su base esperienziale (es. lettura e abilità motorie); in questo caso il processore è fortemente implicato attraverso un atto consapevole, cosciente e volitivo.

Francesco Benso

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Il modello multicomponenziale

della lettura di Moscovitch e Umiltà, 1990

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• Dal modello

• Si possono impostare

• la misura degli indici di rischio

• La prevenzione

• Il protocollo diagnostico (e creare testistica particolare)

• il protocollo abilitativo

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Nelle architetture funzionali spesso non è compresa l’azione “energetica attentiva” che alimenta il tutto (risorse motivazioni emozioni in interazione

dialogica ricorsiva) . Giro del cingolo come sede anatomica

Un modulo di

terzo tipo

(Moscovitch e

Umiltà 1990)

può essere solo

il sistema di

conversione

fonema

grafema. (La

complessità

nella

complessità).

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Studio su differenze tra soggetti di

controllo (56) e dislessici (14) • Differenze significative:

– Prove di lettura (rapidità e accuratezza)

– Prove di comprensione

– Prova di dettato

– Prova di calcolo (foglio A switch matematico)

– Prove di Memoria di lavoro

– (updating, alpha span, spoonerismo)

– Prove esecutive fonologiche (denominazione e fluenza verbale)

– Prove esecutive (num indietro-num avanti)

– Prove visuo-percettive/esecutive (copia TPV, Figura di Rey)

– Prove esecutive e attentive spaziali informatizzate (Flanker

neutre, benefici orientamento automatico)

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Studio 3 – Risultati

Variabile dipendente Componenti predittive Varianza spiegata dal

modello

Rapidità di lettura brano Foglio A switch di calcolo Subtest di Copia TPV Navon incongrue locali Ricerca visiva 1 test di Cancellazione

R2 corretto = .523

Accuratezza di lettura brano Subtest di Copia TPV

R2 corretto=.072

Rapidità lettura parole Denominazione colori Subtest di Copia TPV Switch di calcolo (foglioB-foglioA) Flanker neutre

R2 corretto=.479

Accuratezza lettura parole Alpha span Switch di calcolo (foglioB-foglioA) Subtest di Copia TPV Costi Test di orientamento volontario

R2 corretto=.541

Rapidità lettura non parole Denominazione colori Span cifre indietro Denominazione Numeri Subtest di Copia TPV

R2 corretto = .527

Accuratezza lettura non parole

Spoonerismo Alpha span R2 corretto=.419

Accuratezza dettato Spoonerismo Subtest di Rapporti spaziali TPV Ricerca visiva 1 Test di Cancellazione

R2 corretto=.532

Comprensione del testo Spoonerismo Figura complessa di Rey Fluenza verbale FAS Foglio 8 Test di Cancellazione

R2 corretto=.618

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Studio 3 – Discussione e Conclusioni

• Nelle rette di regressione che analizzano i predittori

per la rapidità e l’accuratezza di lettura di brano,

parole e non parole, emergono variabili di diverso

tipo: –visuo-percettive

– linguistiche

–attentive-esecutive

– riaggiornamento in memoria di lavoro

Ulteriore evidenza al modello multicomponenziale

della lettura di Moscovitch e Umiltà (1990)

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La soluzione del conflitto da parte del sistema di controllo e l’attivazione del

sistema emotivo

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Effetto Flanker

• Ci sono ormai diversi lavori che con questa prova che valutano il sistema di controllo nei disturbi di attenzione gli scompensi del neurotrasmettitore dopamina nei soggetti Bordeline psichiatrici (Posner, Rothbart, Vizueta, Levy, Evans, Thomas e Clarkin, 2002). Per i bimbi più piccoli l’effetto flanker viene ottenuto con prove come quella di figura

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Figure 23.12 Basal ganglia control of behavior

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Prefrontal cortex and basal ganglia control access to working memory Fiona McNab & Torkel Klingberg

• The preceding frontal and basal ganglia activity were also associated with inter-individual differences in working memory capacity. These findings reveal a mechanism by which frontal and basal ganglia activity exerts attentional control over access to working memory storage in the parietal cortex in humans, and makes an important contribution to inter-individual differences in working memory capacity

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A lack of default network suppression is linked to increased distractibility in ADHD

Catherine Fassbender , Hao Zhangb,c, Wendy M. Buzyd, Carlos R. Cortese, Danielle Mizuiria, Laurel Beckettb,c, Julie B. Schweitzera

• Children with ADHD displayed significantly more RT variability than controls. Neural measures showedthat although both groups displayed a pattern of increasing

deactivation of the medial prefrontal cortex (PFC) with increasing task difficulty, the ADHD group was significantly less deactive than controls. Correlations between IIV

and brain activation suggested that greater variability was associated with a failure to deactivate ventromedial PFC with increasing task difficulty. T-tests on brain

activation between participants with ADHD with low versus high IIV implicated a similar region so that high variability was associated with greater activity in this region.

These data provide support for the theory that increased distractibility in at least some participants with ADHD may be due to an inability to sufficiently suppress activity in

the default attention network in response to increasing task difficulty.

• La Intravariabilità Individuale (IIV) nelle risposte con

tempi di reazione è una caratteristica dell’adhd in questo

lavoro correla con l’incapacità di sopprimere l’attività

della corteccia mediale prefrontale.

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EFFETTO FLANKER -- --

Valutazione del controllo nel conflitto

Aree cerebrali Giro del cingolo anteriore (24 BA) e Cortecia prefrontale

dorsolaterale (9; 46 BA)

Neurotrasmettitore maggiormente implicato: Dopamina (Fan e Posner

2004)

Tabella 7.11. Test Flanker - IV primaria - tempi semplici e compensati

n media ds μ μ err. st. σ σ err. st. τ τ err. st.

RT congrue 533 650 162 588 42 164 13 49 43

RT compensati congrue 533 685 186 549 31 147 19 129 36

RT incongrue 499 699 148 556 11 65 16 153 16

RT compensati incongrue 499 786 195 576 14 75 25 222 22

RT neutre 526 639 160 494 15 84 16 147 20

RT compensati neutre 526 684 200 525 23 121 19 152 29

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(Fan et al., 2002; Posner & Petersen, 1990; Posner & DiGirolamo,

2000; Bush et al., 2000; Marocco & Davidson, 1998; Corbetta e

Shulman,2002

FUNZIONE MODULATORE AREA

NEURALE

TEST

Conflitto Dopamina Giro del Cingolo Anteriore

Corteccia pre frontale dorsolaterale

Flanker

Allerta Noradrenalina •Corteccia Frontale Ventrale dx

•Giunzione temporoparietale dx

•Locus Coeruleus

Posner

Automatico

Orientamento Acetilcolina •Campi Oculari Frontali

•Solco Intraparietale

Posner

Volontario

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IPOTESI

• Si ritiene che il DDA/I abbia delle disfunzioni neurotrasmettitoriali: Dopamina (Sagvolden et al., 2004) , Noradrenalina (Castellanos, 2005).

RITALIN DOPAMINA

STRATTERA NORADRENALINA

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PFC : corteccia prefrontale

ACC : giro del cingolo

anteriore

BF : nucleo basale

anteriore

VTA : area tegmentale

ventrale

NAC : nucleo accubens

LC : locus coeruleus

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CONFLITTO - FLANKER

RITALIN STRATTERA

p = 0,001 p = 0,894

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ALLERTA – POS. AUTOMATICO

RITALIN© STRATTERA©

p = 0,001 p = 0,976

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Rovereto_2011_A0.pdf

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caso33.doc