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AI PIEDI DI GESU’ Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio». (Is 52) Per morire all’orgoglio, bisogna vivere mentalmente ai piedi degli altri. E’ questo l’unico modo di esercitare l’autorità nella Chiesa. Gerard Huyghe Che Pasqua è senza i piedi? Da quelli del Messia inondati di nardo, a Betania, da Maria, a quelli lavati da Gesù, da quelli che salgono fin sul Calvario per esser inchiodati, fino a quelli risorti e da lasciar andare nelle strade dell’eternità toccati da Maria di Magdala. E così mi son messo a vivere la mia Pasqua, in punta di piedi, e, passo dopo passo, mi son messo nei piedi dei viandanti, degli amici di Gesù e di coloro che non l’hanno voluto come tale, incrociati sulla via della croce e della resurrezione.

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AI PIEDI DI GESU’

Come sono belli sui monti i piedi del

messaggero che annuncia la pace,

del messaggero di buone notizie che

annuncia la salvezza, che dice a Sion:

«Regna il tuo Dio». (Is 52)

Per morire all’orgoglio, bisogna vivere

mentalmente ai piedi degli altri. E’ questo

l’unico modo di esercitare l’autorità nella

Chiesa.

Gerard Huyghe

Che Pasqua è senza i piedi?

Da quelli del Messia inondati di nardo, a Betania, da Maria, a quelli

lavati da Gesù, da quelli che salgono fin sul Calvario per esser

inchiodati, fino a quelli risorti e da lasciar andare nelle strade

dell’eternità toccati da Maria di Magdala.

E così mi son messo a vivere la mia Pasqua, in punta di piedi, e,

passo dopo passo, mi son messo nei piedi dei viandanti, degli amici

di Gesù e di coloro che non l’hanno voluto come tale, incrociati sulla

via della croce e della resurrezione.

MARIA DI BETANIA

Maria allora prese trecento grammi di

profumo di puro nardo, assai prezioso, ne

cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con

i suoi capelli, e tutta la casa si riempì

dell'aroma di quel profumo. (Gv 12,3)

Gesù mio, io amo i tuoi piedi. Se c’è un posto dove avrei desiderato trascorrere

l’intera mia vita è li, accucciata ai tuoi piedi, accarezzandoli con le mie mani,

baciandoli con le mie labbra, cullandoli con i miei occhi. Piedi sempre in

movimento, piedi che ti hanno portato sulla strada di ogni uomo, senza

dimenticare alcuno.

E’ li che mi sono rifugiata la prima volta, in ascolto delle tue parole per me,

per tutti, e li mi sono stesa qualche giorno fa, col mio nardo prezioso

conservato in tutta una vita.

Io la sentivo, la mia carne sentiva la tua fremere, e così che ho deciso che

quello era il momento. Tutto il mio profumo, come volessi inondare il mondo

intero, senza risparmiarne una goccia: sparso, donato ai tuoi piedi stanchi,

sfiduciati…i piedi del mio Gesù.

E Giuda, il tuo amico, subito a calcolarne il prezzo. Ma come si fa a calcolare il

prezzo dell’amore? Non c’è prezzo per l’amore! L’amore è tutto, e così tutto

andava versato, ed oggi comprendo perché: l’amore è solo se lo dai tutto, come

quello spicciolo della vedova al tempio, come quello del ragazzino nei pani e

pesci, come il tuo sangue sparso sui due chilometri dell’ultima strada percorsa

dai tuoi piedi salendo fino al Golgota.

Quando ti ho visto sfigurato ho chiuso gli occhi e ho inspirato profondamente,

e così il tuo profumo è entrato di nuovo nelle mie narici e gli occhi hanno

cominciato a lacrimare, e ogni lacrima d’amore si è sparsa ancora suoi tuoi

piedi… i miei piedi.

Mi basterà chiudere gli occhi e io ti sentirò: ti ho comprato col mio nardo ed

ora sei libero di volare nel per sempre, grazia dell’amore!

GIUDA ISCARIOTA

Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda,

uno dei Dodici, e con lui una grande folla con

spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e

dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato

loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui;

arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse:

«Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse:

«Amico, per questo sei qui!». (Mt 26, 47-50)

Ma che ho fatto? Ti ho venduto, ti ho tradito! Ho tradito il mio amico!

Perché non hai voluto ascoltarmi: io e te avremmo vinto la nostra battaglia

con tutta quella gente dalla nostra parte!

Perché non ti sei fidato di me? E perché io non mi sono fidato di te?

Dimmi, che senso ha regnare da servo, che senso aver potere senza forza, come

liberare il giogo del popolo dall’oppressore con la mitezza? Da che mondo e

mondo, il corso della storia si cambia con la forza, col potere politico, con

quello religioso, guidando le menti di tutti verso la libertà!

Dimmi, ora che sei li, abbandonato da tutti, sbeffeggiato dai romani e odiato

dai sacerdoti, chi ti crederà mai?

Ora che ti stanno caricando una croce sulle spalle che altro potrai portare sulle

strade del mondo?

Ora che hanno scelto Barabba al tuo posto, lo capisci?

Hai perso Gesù, e ho perso anch’io: che mi resta da fare?

Una sola cosa, unirmi alla tua fine, tu al legno della croce, io a quello dell’ulivo

più robusto, nel nostro Getzemani, dove lascerò che le mie lacrime si

abbraccino alle tue, dove le nostre tenebre si chiuderanno nel torchio della

morte!

E’ da poco passato mezzogiorno, e si fa sempre più buio e i miei piedi sono

ormai pronti a sollevarsi da terra, come i tuoi.

Amico mio, amici per sempre?

PIETRO

Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una

giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con

Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo:

«Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l'atrio,

lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con

Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando:

«Non conosco quell'uomo!». Dopo un poco, i presenti si

avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei

uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli

cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco

quell'uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù,

che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E,

uscito fuori, pianse amaramente. (Mc 14, 69-75)

Ieri sera eravamo ancora li, a cena, all’ormai nostra ultima cena, con i nostri

amici, ed ora, tutti dispersi.

Ieri sera ti ho ripreso quando ti sei messo ai miei piedi per lavarli, ma al tuo

severo richiamo, ti ho lasciato fare, senza capirti, mio Signore.

Ieri sera mi hai donato un pezzo di pane e un sorso di vino parlando del tuo

corpo e del tuo sangue, e solo ora inizio a capire.

Hai voluto che ti seguissi al Getzemani chiedendomi di pregare con te, e me la

sono dormita, e ora capisco il valore di quel momento.

Ma sono solo, senza più nulla, nessuno, senza dignità: cosa conta capire ora?

Tu morto in croce, io nel cuore, tu immolato sul patibolo, io sprofondato nel

mio tradimento, entrambi soli nel nostro dolore.

Come può esser successo, in poche ore dichiararti la mia completa fedeltà e

poco dopo negare di conoscerti, io, la tua pietra, la tua roccia, frantumata,

sbriciolata dal canto di un gallo.

Piango, riesco solo a piangere dopo aver incrociato il tuo sguardo, e lascio che

ogni lacrima purifichi l’anima. Quello sguardo: l’ho scrutato per anni e non vi

ho mai scorto un giudizio sulle persone, sempre solo verità che liberava cuori

imprigionati. La mia verità oggi è che ti ho rinnegato, ma quel tuo sguardo

sarà la pietra angolare che mi aiuterà a rimettere insieme i pezzi per

rabberciare un cuore nuovo: un cuore stracciato ma ricomposto, ricco di ferite

che diverranno feritoie per lasciar passare il tuo amore: accetti ancora una mia

promessa? Mi aiuterai ancora a farti rinascere nei cuori di chi cerca Dio?

CAIFA

Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa

facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti

crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la

nostra nazione».

Ma uno di loro, Caifa, che era sommo

sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non

capite nulla! Non vi rendete conto che è

conveniente per voi che un solo uomo muoia

per il popolo, e non vada in rovina la nazione

intera!». Questo però non lo disse da se

stesso, ma, essendo sommo sacerdote

quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto

per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.

Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. (Gv 11, 47-53)

E’ stata una brutta storia, e come tutte le brutte storie ha meritato la sua

degna fine.

Stava iniziando a tormentarmi questo Gesù di Nazareth, ma con la mia astuzia

ho messo tutti d’accordo: meglio che muoia uno solo che tutto il popolo. Io si

che sono geniale!

Ma chi ti credevi di essere! Ecco li il tuo posto: crocifisso come il peggiore dei

bastardi: ora si che il popolo capirà! Popolo stolto ed insipiente. E’ bastato così

poco per farlo passare dall’osanna al crocifiggilo, è bastato far comprendere a

tutti chi comanda, qui, a Gerusalemme.

Altro che Pilato ed Erode, io sono il potere, da me dipende la vita e la morte.

Si son presi la loro piccola rivincita con quel cartello affisso lassù in cima alla

croce, ma chi vuoi che lo veda con questo buio. E poi chi avrà avuto il coraggio

di mettersi in cammino per andar fin lassù, al Golgota, a veder morire tre

ladroni.

Finalmente ti ho tolto dai piedi, Gesù!

Chissà se domani tutti si saranno già dimenticati di te e noi potremo fare la

nostra solita Pasqua?

SIMONE DI CIRENE

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene,

chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua

croce. (Mt, 27, 32)

Povero Cristo! E povero me che passavo di li proprio

in quel momento, sulla tua strada, e così mi è

toccato sporcarmi dalla testa ai piedi per aiutarti a

tirare avanti la tua croce.

Non ce l’avresti mai fatta a fare quel tratto di salita

senza di me, eri sfinito, martoriato, uomo dei dolori, flagellato e sputato.

Ma che avrai mai fatto di male?

Mentre mi lavo via il tuo sudore impregnato di sangue continua a venirmi alla

mente il canto del Profeta Isaia, quello del servo sofferente: “Ho presentato il

mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;

non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”.

Quegli occhi che avrebbero dovuto sprizzar odio, li ho ancora addosso più di

questo sangue: parlano di mansuetudine, dicono di un agnello condotto al

macello. Io non so nulla di tutta sta storia, ma quella parola, ripetuta diverse

volte, l’ultima tua parola una volta giunti al luogo detto cranio: “grazie!”

Torna e ritorna alle orecchie, si è fatta largo nella mente e si è adagiata sul

mio cuore. Al tuo grazie non ho saputo rispondere. Lo faccio ora: sarà assurdo,

ma è stato un piacere aiutarti, Gesù!

VERONICA

Non ha apparenza né bellezza

per attirare i nostri sguardi,

non splendore per poterci piacere.

Disprezzato e reietto dagli uomini,

uomo dei dolori che ben conosce il patire,

come uno davanti al quale ci si copre la faccia; (Is 53)

Proprio mentre Tu eri ormai sfinito, e han preso quel

tal Simone e te l’hanno messo accanto, che il corteo si

è fermato, qualche istante, proprio innanzi a me.

Come ti han ridotto, mio Signore!

Che mai avresti fatto per meritarti quel bagno di sangue indicibile?

Mentre ti avvicinavi sotto il peso della croce e degli insulti volevo fuggire per

non esser costretta ad incrociare il tuo sguardo, ma è proprio da quello

sguardo che tutto è nato, ricordi? Io ti toccai il lembo del mantello e tu ti

fermasti improvvisamente: mi gettai ai tuoi piedi timorosa, ma i tuoi occhi su

di me furono balsamo alle mie ferite e diedero nuova vita alla mia fede.

E allora, che altro potevo fare in quegli istanti se non regalarmi la possibilità di

ricambiare il miracolo? Fermare col mio amore la tua emorragia. E così questa

volta i miei piedi si sono mossi senza timore verso i tuoi, incuranti della folla,

dei soldati, del mondo intero, e ti ho avvolto nelle mie lacrime, nel mio lino.

Un piccolo gesto d’amore, così piccolo che solo tu sai quanto grande sia per me:

ma io sono così sicura oggi, ho vinto finalmente la mia battaglia e nel mio

coraggio sono guarita ancora una volta.

Mio Signore, tu mi hai insegnato che l’amore è fatto di gesti e che solo così si

può riconoscere, l’amore.

Il tuo volto rimarrà per sempre impresso sul mio lenzuolo tanto quanto quel

grazie sussurratomi dalle tue labbra macere del tuo sangue, del mio sangue.

MARIA

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella

di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di

Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a

lei il discepolo che egli amava, disse alla madre:

«Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo:

«Ecco tua madre!». E da quell'ora il discepolo

l'accolse con sé. (Gv 19, 25-27)

Non posso chiudere gli occhi che mi ritrovo li, ai piedi della croce, figlio mio!

Non so come avrei fatto a seguirti senza le braccia di Giovanni che mi

sorreggevano, quasi che anche le mie spalle dovessero portare la tua croce, la

mia croce: due corpi disfatti!

Se chiudo gli occhi sei ancora di fronte a me, i tuoi piedi inchiodati uno sopra

l’altro come le nostre anime, e solo la forza dell’amore mi fa alzare gli occhi al

cielo: le tue braccia spalancate sul mondo mi fanno sognare che sei pronto a

spiccare il volo. Portami via con te, ti prego!

Dio, sciogli questi chiodi che si conficcano nella nostra carne, ascolta il mio

grido disperato che fa eco a quello di tuo figlio!

Ho desiderato morire con te, ho desiderato dare l’ultimo respiro col tuo, e

invece ti ho ritrovato tra le mie braccia come il giorno della tua nascita: oggi

come allora, ancora soli, ancora rifiutati, e il sapore del tuo sangue che si

confonde con le mie lacrime e le mie labbra che si bagnano di rosso scarlatto.

E’ come partorirti una seconda volta, è come sentire le doglie del parto.

Nascita e morte, uno stesso sapore di sangue, il mio e il tuo.

Ma con te sono pronta a partorire ancora, a sporcarmi per l’eternità del

sangue del parto pur di dare alla luce una nuova umanità, una nuova era di

fratelli che sa amare come hai mostrato tu, cingendoti di un asciugatoio e

lavando i piedi a tutti, perdonando sempre, fino all’ultima goccia di sangue.

Ora solo acqua esce dal costato: sarà il segno della vita nuova.

Figlio mio, attendo la tua rinascita, la mia rinascita: non tardare!

IL BUON LADRONE

L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai

alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla

stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo

quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli

invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù,

ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli

rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel

paradiso». (Lc 23, 40-43)

Un lento corteo tra urla sprezzanti di folla: è in questo scenario che ti ho

conosciuto “Gesù Nazareno, re dei giudei”, almeno così dice la tua iscrizione.

Io non ho mai creduto a nulla. Nella vita ho sempre e solo imparato a rubare,

e se in qualcosa ho creduto, questa è stata la sola mia abilità nel fregare la

gente. Tra noi tre appesi quassù, tu sei diverso: non hai faccia da brigante, non

mani da ladro, neppure piedi abituati a scappare.

Tu sembri star li come se quel crocevia fosse una strada preparata da tempo,

nella quale sapevi dove mettere uno dopo l’altro i passi, come uno che porta a

compimento il progetto di una vita intera.

Ma qualcosa è avvenuto in questa nostra via crucis, qualcosa che ha cambiato

la mia vita, proprio ora che giunge al suo capolinea.

Può un incontro tra crocifissi, l’ultimo pezzo di strada della vita, la salita al

Calvario con una trave addosso … cambiare una vita?

Si, io lo posso testimoniare al mondo intero!

Volete sapere anche voi li sotto qual è il segreto nascosto nei secoli? Volete

sapere il segreto della sua mitezza?

“Fidati di Dio” è stata la sua risposta, tutto qui.

E mi sono fidato, e ora sto salendo, non so bene dove, ma abbracciato a Te,

amico dell’ultima ora, e questo mi basta!

IL CENTURIONE

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a

fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a

lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse:

«Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!».

(Mc 15, 38-39)

Avevo sentito parlare di te, Gesù.

Il mio amico centurione, comandante della legione di Cafarnao, mi raccontò un

giorno il suo incontro con un profeta, capace di guarire il suo amato servo da

una malattia maledetta. Mi hanno riferito che sei proprio tu, ma stento a

crederlo, perché mi han pure riferito che sei un ciarlatano, un sobillatore, e

che per questo ora sei qua, dinnanzi a me, inerme, inchiodato mani e piedi.

Sono uno che sa guardare e giudicare una persona, e in effetti non mi sembri

uno di quelli, capaci solo di parlare senza verità. Ma un ordine è un ordine, ed

eccoti li, nudo di tutto ciò che hai predicato: è la fine di chi crede ancora

nell’amore, di chi crede ancora nell’uomo, nella sua bontà.

Non è quello che ho imparato nella vita, sarei già morto e sepolto se avessi

lasciato in vita ogni avversario, perdonandolo, come continui a fare tu.

Ma di una cosa te ne devo dar atto: veder il tuo coraggio perseguire fino in

fondo ciò in cui credi, mi sarà d’esempio, lo giuro sulla mia spada.

In fondo, la rettitudine è l’unica cosa che ancora mi appartiene e vederla in

faccia ad un condannato ingiustamente, è qualcosa che va al di la di ciò che è

umano: che tu sia veramente Dio?

MARIA DI MAGDALA

Maria invece stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva,

si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla

parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi

le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio

Signore e non so dove l'hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide

Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le

disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?».

Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli

disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove

l'hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse:

«Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico:

«Rabbunì!» - che significa: «Maestro!». Gesù le

disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora

salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro:

«Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»». Maria di Màgdala

andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

(Gv 20, 11-18)

Carica di oli profumati, all’alba del terzo giorno costringo i miei piedi ad

incamminarsi al luogo della tua sepoltura.

E’ li che ti ho lasciato, dopo averti accompagnato con gli occhi nella tua

passione. Questi stessi occhi continuano a vivere di lacrime che sembrano non

aver mai fine. Mi fermo, li asciugo, riparto, mille volte li asciugo per non

inciampare continuamente sulle mie lacrime, sul mio dolore. Sarà per questo

che in prossimità del sepolcro credo di vedere la pietra rotolata via e bianche

vesti alate che sembrano attendermi: dopo che mi hai scacciato tutti quei

demoni, tale è il benessere che continuo a sognare angeli!

Più mi avvicino alla tomba, più il cuore batte: l’amore per te mi ha sempre

fatto questo effetto, mi ha sempre arso il cuore, cuore di donna.

Eccoli, stavolta sono veri, angeli dalla testa ai piedi, i tuoi piedi, mi Signore.

Ma è quando mi sento chiamare per nome che una vampata sale da dentro e

quasi mi sento svenire!

Ciò che gli occhi vedono e orecchio ode e naso odora e lingua assapora e mani

toccano, anche solo per un istante, è vita per me!

Lascio i tuoi piedi, so che dovranno percorrere strade infinite, tante quante le

strade che ogni uomo percorrerà nella sua vita. Ma quel tocco, quel bacio

sfiorato, quel profumo, quelle parole, quella visione ora sono mie, carne della

mia carne, e tu abiterai ogni istante della mia vita, per sempre!

CLEOPA

Quello stesso giorno due discepoli stavano

andando verso Emmaus, un villaggio

lontano circa undici chilometri da

Gerusalemme. Lungo la via parlavano tra

loro di quel che era accaduto in

Gerusalemme in quei giorni.

Mentre parlavano e discutevano, Gesù si

avvicinò e si mise a camminare con loro.

(Lc 24, 13-15)

Testardi i tuoi undici! Ma come hai fatto a scegliere gente così?

Che dovevo dirgli perché anche loro credessero, dovevo fare uno schemino,

imitarti … già, forse è proprio questo che mi è mancato, non son riuscito a

imitarti nel far loro ardere il cuore!

Tu invece si, mio Signore! Ad ogni parola era come se nel ventre entrasse una

mistura di agrodolce: miele per la tenerezza che spalmavi sui nostri cuori, pepe

per la forza del richiamo che catturava le menti.

E noi che tristi, ce ne stavamo tornando sui nostri passi, percorrendo a ritroso

l’avventura che si era spalancata sul sogno più bello che mai avrei potuto

immaginare, concluso con quella maledetta pietra rotolata sul sepolcro.

Ma Tu ti sei messo accanto a noi, a me, ancora una volta, proprio Tu in

persona, passo passo fino ad Emmaus: pazzo, anche da risorto sempre a venirci

incontro, ad accoglierci tra le tue braccia come una pecorella smarrita, sempre

Tu a fare il primo passo come quel giorno con Zaccheo, Tu a prenderti cura di

noi figli degeneri come il padre buono della parabola.

E noi sempre ciechi, sempre centrati su di noi e … nell’istante che gli occhi si

schiudono sul pane e il vino, Tu scompari! Geniale!

Ora capisco che volevi dire a Nicodemo con quel “rinascere dall’alto”.

Un pezzo di pane e un bicchiere di vino: d’ora in poi non mancheranno mai

dalla mia tavola e la mia vita ogni giorno rinascerà, con Te.

E d’ora in poi io saprò dove trovarti, per sempre!

TOMMASO

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato

Dìdimo, non era con loro quando venne

Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli:

«Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse

loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno

dei chiodi e non metto il mio dito nel segno

dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche

Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».

Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua

mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli

rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».

E’ vero che soffro di diffidenza congenita nei confronti della vita e che devo

sempre metterci il dito, ma non mi son mai tirato indietro quando c’era da

seguire i tuoi passi, anche a costo di rischiare la vita! Ma ho bisogno di vedere,

oggi ho bisogno di fidarmi ancora di Te come prima, quando potevo toccare

con mano ciò che dicevi: come faccio a fidarmi di loro che fino a ieri non

hanno creduto a Maria, a Cleopa e al suo amico: dammi un buon motivo

perché dovrei creder loro! Perché io ora dovrei credere loro?

E voi, vi rendete conto di ciò che dite: Gesù è risorto e si è presentato in carne

e ossa. E i segni dei chiodi, nelle mani, nei piedi, nel costato? Chi li ha visti? Un

fantasma, ecco ciò che avete visto!

Mio Signore e mio Dio! Ora non sono

più incredulo ma credente! Sfiorando

la tua carne oggi sono risorto con Te,

sono una nuova creatura, e d’ora in poi insegnerò ad ogni uomo a divenire

creatore dell’umanità: non dovrai più soffiare la vita in noi, perché chi crederà

pur non avendo visto avrà la beatitudine della fede capace di dare nuova vita,

perché, come hai ripetuto al cieco di Gerico, alla donna che ti toccò il lembo

del mantello, al lebbroso samaritano: “E’ la tua fede che ti salva” per sempre!