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Ai miei genitori

Desidero ringraziare la mia famiglia, tutti inclusi,

e, in particolar modo,

mamma, papà, Irene e Giada

per la sensibilità e pazienza dimostrate attraverso gli anni di studio

Desidero ringraziare i miei amici e compagni, tutti inclusi,

tra cui, maggiormente, Alessandro, Ambrogio, Marzio, Matteo e Stefano

per le occasioni di svago e ricreazione

sapientemente incastonate nei momenti più critici

Desidero ringraziare il professor Tironi,

il professor Piegari

e l’Ing. Corti

per l’apporto fondamentale alla corretta stesura del presente elaborato

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Utilizzo di supercondensatori per l’innalzamento del livello di guasto in reti alimentate da convertitori

elettronici di potenza

Francesco Vaccaro

5

Abstract

Nel presente elaborato si vuole esporre la situazione attuale circa i metodi, sinora, testati per il rinforzo

della corrente di corto circuito in presenza di convertitori elettronici di potenza.

Inizialmente è presentato un sintetico panorama sulle principali tecniche implementate a livello simulativo.

Tra queste, si pone l’attenzione sulle strategie “ad accumulo di energia”.

Successivamente ci si concentra su alcune prove sperimentali che sfruttano i supercondensatori come

elementi di accumulo dell’energia. Tali prove sono eseguite presso il Laboratorio di Elettronica di Potenza

(in corso di realizzazione) nel dipartimento DEIB del Politecnico di Milano.

Dal punto di vista pratico, un convertitore è utilizzato per l’alimentazione ordinaria della rete. Un altro

convertitore è utilizzato per l’inserimento della potenza aggiuntiva negli istanti di guasto. Due sessioni di

misura, differenti sotto alcuni aspetti, vengono presentate. È analizzato sia il guasto trifase, sia il guasto

monofase. Numeri e grafici mostrano il grado di avanzamento raggiunto nella suddetta sperimentazione in

campo. I risultati ottenuti comprovano l’effettiva possibilità di adottare codesta strategia in una rete reale.

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Utilizzo di supercondensatori per l’innalzamento del livello di guasto in reti alimentate da convertitori

elettronici di potenza

Francesco Vaccaro

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Utilizzo di supercondensatori per l’innalzamento del livello di guasto in reti alimentate da convertitori

elettronici di potenza

Francesco Vaccaro

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Sommario

Abstract ......................................................................................................................................................... 5

Sommario ...................................................................................................................................................... 7

Indice delle figure .......................................................................................................................................... 9

Introduzione ................................................................................................................................................ 13

1. Stato dell’arte ...................................................................................................................................... 15

1.1. Considerazioni sulle reti odierne ..................................................................................................... 15

1.2. Impatto sulla rete dell’uso dei convertitori ..................................................................................... 19

1.3. Sistemi di accumulo dell’energia elettrica....................................................................................... 20

1.3.1. Accumulo tramite batterie .......................................................................................................... 20

1.3.2. Accumulo tramite induttori superconduttori .............................................................................. 21

1.3.3. Accumulo tramite volani ............................................................................................................. 22

1.3.4. Accumulo tramite supercondensatori ......................................................................................... 23

1.4. Strategie per l’innalzamento del livello di guasto ........................................................................... 24

1.4.1. Strategia con flywheel ................................................................................................................. 24

1.4.2. Strategia con supercondensatori................................................................................................. 25

1.4.2.1. Carichi monofase ..................................................................................................................... 25

1.4.2.2. Carichi trifase ........................................................................................................................... 25

1.5. Bibliografia ....................................................................................................................................... 26

2. Allestimento rete di prova in laboratorio dipartimentale .................................................................. 27

2.1. Rete installata .................................................................................................................................. 27

2.1.1. Convertitore principale ................................................................................................................ 28

2.1.2. Convertitore secondario .............................................................................................................. 29

2.1.3. Trasduttori per le misure ............................................................................................................. 31

2.1.4. Supercondensatori ...................................................................................................................... 31

2.1.5. Filtri rete di prova ........................................................................................................................ 33

2.1.5.1. Funzione di trasferimento ....................................................................................................... 36

2.1.5.2. Caduta di tensione ................................................................................................................... 38

2.1.5.3. Errore sulla corrente di carico ................................................................................................. 40

2.1.6. Interruttori di protezione ............................................................................................................ 40

2.1.7. Banchi di resistenze ..................................................................................................................... 42

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2.2. Rete di alimentazione ...................................................................................................................... 43

2.2.1. Trasformatore .............................................................................................................................. 43

2.2.2. Front end converter ..................................................................................................................... 44

2.2.3. Filtri rete di alimentazione .......................................................................................................... 44

2.2.4. Interruttori di protezione ............................................................................................................ 45

2.2.5. Alimentatore DC bus.................................................................................................................... 45

2.3. Bibliografia ....................................................................................................................................... 46

3. Strategia di controllo della rete ........................................................................................................... 47

3.1. Controllo sui valori di tensione e corrente ...................................................................................... 47

3.2. Controllo sulla fase delle correnti.................................................................................................... 48

3.3. Regolatore del PEC 1 ....................................................................................................................... 48

3.4. Regolatore del PEC 2 ....................................................................................................................... 50

3.5. Regolatore del FEC ........................................................................................................................... 51

4. Analisi dati prima sessione di misure .................................................................................................. 53

4.1. Dati di lavoro ................................................................................................................................... 54

4.2. Prova a 10A/10A .............................................................................................................................. 54

4.2.1. Trattamento dei dati.................................................................................................................... 54

4.2.2. Primi istanti di guasto .................................................................................................................. 56

4.2.3. Sfasamento tra le correnti dei due convertitori .......................................................................... 57

4.2.4. Componente continua di corrente .............................................................................................. 58

4.2.5. Valori efficaci di tensione e corrente........................................................................................... 58

4.2.6. Resistenza misurata ..................................................................................................................... 64

4.2.7. Valutazione ripple di corrente e tensione ................................................................................... 65

4.3. Prova a 15A/15A .............................................................................................................................. 67

4.4. Bibliografia ....................................................................................................................................... 67

5. Analisi dati seconda sessione di misure .............................................................................................. 69

5.1. Prove monofase ............................................................................................................................... 69

5.1.1. Prova monofase a 10A/20A ......................................................................................................... 70

5.1.1.1. Correnti .................................................................................................................................... 70

5.1.1.2. Corrente di neutro ................................................................................................................... 74

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5.1.1.3. Sfasamento tra le correnti iniettate ........................................................................................ 75

5.1.1.4. Tensioni continue .................................................................................................................... 76

5.1.1.5. Tensioni istantanee ................................................................................................................. 76

5.1.1.6. Tensioni RMS ........................................................................................................................... 78

5.1.1.7. Resistenza ................................................................................................................................ 79

5.1.1.8. Potenze transitanti .................................................................................................................. 80

5.2. Prova monofase a 20A/20A ............................................................................................................. 84

5.3. Prove trifase - Prova trifase a 10A/20A ........................................................................................... 87

Conclusioni .................................................................................................................................................. 93

Indice delle figure

Figura 1. 1 Schemi di massima dei principali convertitori ............................................................................... 16

Figura 1. 2 Schema e forme d’onda di un raddrizzatore esafase .................................................................... 18

Figura 1. 3 Struttura di un volano .................................................................................................................... 22

Figura 1. 4 Dettaglio struttura supercondensatori .......................................................................................... 23

Figura 2. 1 Schema della rete generale ........................................................................................................... 27

Figura 2. 2 Schema generale convertitore ...................................................................................................... 28

Figura 2. 3 Convertitore visto dall’alto ............................................................................................................ 29

Figura 2. 4 Particolare dei condensatori DC e dei trasduttori ......................................................................... 30

Figura 2. 5 Uscita delle fasi dei convertitori .................................................................................................... 30

Figura 2. 6 Supercondensatore........................................................................................................................ 32

Figura 2. 7 Banco di supercondensatori .......................................................................................................... 33

Figura 2. 8 Induttori ......................................................................................................................................... 34

Figura 2. 9 Condensatori.................................................................................................................................. 34

Figura 2. 10 Circuito per la corrente di ripple ................................................................................................. 35

Figura 2. 11 Diagramma di Bode del modulo del filtro LC ............................................................................... 37

Figura 2. 12 Diagramma di Bode della fase del filtro LC .................................................................................. 38

Figura 2. 13 Circuito per il calcolo della caduta di tensione ............................................................................ 39

Figura 2. 14 Caratteristiche di intervento interruttori magneto-termici ........................................................ 41

Figura 2. 15 Foto interruttori .......................................................................................................................... 42

Figura 2. 16 Schema interruttori ..................................................................................................................... 42

Figura 2. 17 Banco di resistenze ...................................................................................................................... 43

Figura 2. 18 Rete di alimentazione .................................................................................................................. 43

Figura 2. 19 Trasformatore .............................................................................................................................. 44

Figura 2. 20 Quadretto alimentatori Dc bus e interruttori .............................................................................. 46

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Figura 3. 1 Misure per il controllo del PEC 1 ................................................................................................... 49

Figura 3. 2 Schema a blocchi del regolatore PEC 1 .......................................................................................... 49

Figura 3. 3 Circuito per il controllo predittivo ................................................................................................. 50

Figura 3. 4 Misure per il controllo del PEC 2 ................................................................................................... 51

Figura 3. 5 Schema a blocchi del regolatore PEC 2 .......................................................................................... 51

Figura 3. 6 Misure per il controllo del FEC....................................................................................................... 52

Figura 3. 7 Schema a blocchi del regolatore FEC ............................................................................................. 52

Figura 4. 1 Rete della prima sessione di misure .............................................................................................. 53

Figura 4. 2 Confronto corrente acquisita/compensata (1ᵃ_tf_10_10) ............................................................ 55

Figura 4. 3 Confronto corrente compensata/filtrata (1ᵃ_tf_10_10) ............................................................... 55

Figura 4. 4 Primi istanti di guasto (1ᵃ_tf_10_10) ............................................................................................. 56

Figura 4. 5 Sfasamento tra le correnti erogate (1ᵃ_tf_10_10) ........................................................................ 57

Figura 4. 6 Correnti continue (1ᵃ_tf_10_10) ................................................................................................... 58

Figura 4. 7 Andamento generale delle tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10) ........................................................... 59

Figura 4. 8 Dettaglio 1 tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................... 60

Figura 4. 9 Dettaglio 2 tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................... 60

Figura 4. 10 Dettaglio 3 tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................. 61

Figura 4. 11 Andamento generale delle correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10) ......................................................... 62

Figura 4. 12 Dettaglio 1 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................. 62

Figura 4. 13 Dettaglio 2 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................. 63

Figura 4. 14 Dettaglio 3 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................. 63

Figura 4. 15 Dettaglio 4 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10) .................................................................................. 64

Figura 4. 16 Andamento generale resistenza (1ᵃ_tf_10_10) ........................................................................... 65

Figura 4. 17 Distribuzione ripple di tensione (1ᵃ_tf_10_10) ........................................................................... 66

Figura 4. 18 Distribuzione ripple di corrente (1ᵃ_tf_10_10) ........................................................................... 66

Figura 4. 19 Correnti efficaci prova 15A/15A (1ᵃ_tf_10_10) ........................................................................... 67

Figura 5. 1 Rete della seconda sessione di misure .......................................................................................... 69

Figura 5. 2 Correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20) ........................................................................................ 71

Figura 5. 3 Dettaglio 1 correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................... 71

Figura 5. 4 Dettaglio 2 correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................... 72

Figura 5. 5 Dettaglio 3 correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................... 73

Figura 5. 6 Inserimento corrente PEC 2 della fase “a” (2ᵃ_mf_10_20) ........................................................... 74

Figura 5. 7 Corrente di neutro (2ᵃ_mf_10_20) ................................................................................................ 75

Figura 5. 8 Sfasamento tra le correnti (2ᵃ_mf_10_20) .................................................................................... 75

Figura 5. 9 Componente continua tensione Vc (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................... 76

Figura 5. 10 Tensioni istantanee funzionamento a carico (2ᵃ_mf_10_20) ..................................................... 77

Figura 5. 11 Tensioni istantanee primi istanti di guasto (2ᵃ_mf_10_20) ........................................................ 77

Figura 5. 12 Tensioni istantanee durante il guasto (2ᵃ_mf_10_20) ................................................................ 78

Figura 5. 13 Tensioni RMS (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................................................... 79

Figura 5. 14 Resistenza (2ᵃ_mf_10_20) ........................................................................................................... 80

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Figura 5. 15 Potenze istantanee fase “a” (2ᵃ_mf_10_20) ............................................................................... 81

Figura 5. 16 Potenze medie fase “a” (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................................... 82

Figura 5. 17 Potenze medie fase “b” (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................................... 82

Figura 5. 18 Potenze medie fase “c” (2ᵃ_mf_10_20) ...................................................................................... 83

Figura 5. 19 Potenza dal PEC 2 (2ᵃ_mf_10_20) ............................................................................................... 84

Figura 5. 20 Correnti RMS fase “a” (2ᵃ_mf_20_20) ......................................................................................... 85

Figura 5. 21 Correnti continue PEC 1 (2ᵃ_mf_20_20) ...................................................................................... 85

Figura 5. 22 Tensioni continue (2ᵃ_mf_20_20) ............................................................................................... 86

Figura 5. 23 Potenze medie fase “a” (2ᵃ_mf_20_20) ...................................................................................... 87

Figura 5. 24 Dettaglio comportamento tensioni (2ᵃ_tf_10_20) ...................................................................... 88

Figura 5. 25 Correnti efficaci del PEC 1 (2ᵃ_tf_10_20) .................................................................................... 88

Figura 5. 26 Correnti efficaci totali (2ᵃ_tf_10_20) ........................................................................................... 89

Figura 5. 27 Tensioni istantanee (2ᵃ_tf_10_20) .............................................................................................. 90

Figura 5. 28 Tensioni continue (2ᵃ_tf_10_20) ................................................................................................. 90

Figura 5. 29 Potenze totali medie (2ᵃ_tf_10_20) ............................................................................................ 91

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elettronici di potenza

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Introduzione

La crescente diffusione dei convertitori elettronici di potenza, nelle reti, sta modificando significativamente

alcuni punti saldi degli impianti tradizionali.

In particolar modo l’utilizzo di questi dispositivi, come elementi di alimentazione, compromette fortemente

la risposta al corto circuito. In presenza di generatori elettromeccanici rotanti, il comportamento, negli

istanti di guasto, è tale da garantire un sufficiente contributo alla corrente di corto circuito. Di conseguenza

è assicurato il passaggio di una corrente di guasto capace di sollecitare le protezioni di massima corrente

preposte. Con i convertitori elettronici di potenza, invece, la corrente transitante è automaticamente

limitata al valore massimo consentito alle valvole. Pertanto non è assolutamente assicurato il

raggiungimento della soglia di intervento delle protezioni. Diversi sono gli studi presentati a tal proposito.

Ognuno di essi mostra i suoi punti di forza e i suoi risvolti negativi. Alcune tecniche prevedono l’inserimento

di algoritmi “intelligenti” per il riconoscimento del guasto. Tuttavia richiedono la completa rivisitazione

degli organi di protezione elettrica. Altre tecniche lavorano sul comportamento del convertitore e ne

comandano, opportunamente, le grandezze al fine di raggiungere lo scopo voluto. Altre, ancora, prevedono

l’inserimento di una corrente di guasto aggiuntiva, sfruttando l’energia immagazzinata in elementi di

accumulo. Tra questi si possono, sicuramente, annoverare gli accumuli di energia cinetica con volani, gli

accumuli di energia elettrochimica con batterie e gli accumuli di energia elettrostatica con

supercondensatori. In queste ultime si rende necessario un convertitore aggiuntivo la cui funzione è quella

di inserire adeguatamente la potenza ausiliaria nei momenti di funzionamento in regime di guasto. Il centro

dello studio è l’adeguata coordinazione tra la corrente principale e la corrente extra. Di conseguenza deve

essere previsto una sistema di controllo che gestisce la rete in modo trasversale. Cioè si deve monitorare,

costantemente, la rete per conoscerne lo stato di funzionamento (ordinario o straordinario) e operare di

conseguenza.

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1. Stato dell’arte

1.1. Considerazioni sulle reti odierne

Lo scenario delle reti elettriche sta, oggigiorno, sempre più modificandosi.

Con il notevole sviluppo tecnologico dei convertitori elettronici di potenza (Figura 1.1), questi sono in

diffusione nelle reti. Essi sono utilizzati come dispositivi di interfaccia tra reti diverse, o come alimentazione

di parti di reti, o anche di reti più grandi.

Diversi sono i casi e le possibilità d’uso dei convertitori elettronici di potenza. Di seguito un breve elenco

delle casistiche più frequenti e diffuse1:

l’accoppiamento tra reti a frequenza diversa qualsivoglia (CA 50/60Hz, CA 50-60Hz/CC, CA 50-

60/16.7Hz, CC/CC, etc), tipico delle regioni di confine di stato o nelle utenze particolari come le reti

ferroviarie2;

l’accoppiamento tra reti molto lontane (anche dello stesso tipo) interallacciate tramite una linea di

trasmissione in alta tensione in corrente continua (HVDC);

gestione di macchine rotanti funzionanti da motore e/o generatore con azionamenti che lavorano

con elevata accuratezza sulle caratteristiche meccaniche ed elettriche;

connessione in reti tradizionali e non, di sistemi di produzione di energia elettrica da fonti

rinnovabili. In larga scala troviamo sicuramente la conversione dell’energia, accumulata

solitamente in forma elettrochimica tramite batterie, proveniente da impianti fotovoltaici e

l’adeguamento delle velocità di rotazione delle turbine eoliche (strettamente collegate alla velocità

del vento) alle velocità tipiche dei generatori elettrici (strettamente dipendenti dalla frequenza

della rete che vanno ad alimentare).

controllo di potenza reattiva transitante mediante compensatori statici induttivi e/o capacitivi

interfaccia con gruppi di continuità (UPS);

applicazioni domestiche e industriali;

applicazioni minori o speciali.

1 N. Mohan, T. M. Undeland, W. P. Robbins, Elettronica di potenza, Milano, ed. Hoepli, 2005, capp. 11, 12, 13

2 F. Perticaroli, Sistemi elettrici per i trasporti, Milano, ed. Ambrosiana, 2001, cap. 18

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Figura 1. 1 Schemi di massima dei principali convertitori

Questi convertitori devono il loro successo al notevole sviluppo tecnologico che hanno subito negli ultimi

lustri.

Si può osservare uno degli aspetti critici che ha richiesto diversi studi sui convertitori: sono dispositivi che

introducono in rete molte armoniche.

È noto che, con un segnale generato di tipo sinusoidale, le armoniche si formano in presenza di elementi

circuitali di tipo non lineare, come sono le valvole (diodi, tiristori, etc.) adoperate nei dispositivi

dell’elettronica di potenza (ponti a diodi, ponti controllati, etc.).

Molti sono gli accorgimenti che sono stati, via via, presentati per ridurre i disturbi.

Tra questi si possono senz’altro citare:

le cosiddette tecniche di modulazione3, ovvero quelle tecniche di generazione delle onde

sinusoidali che sfruttano degli algoritmi informatici su calcolatore, in grado di avere una elevata

fedeltà del segnale in uscita (effettivamente generato) rispetto al segnale voluto (idealmente

realizzato); esse sono in grado di ottenere un’onda sinusoidale fondamentale pari a quella voluta

tramite la continua apertura e chiusura delle valvole componenti il ponte del convertitore. L’onda

quadra derivante da questa operazione contiene l’onda fondamentale deputata al trasferimento di

potenza utile più le relative armoniche che non sono utili al carico, ma contribuiscono ad

aumentare la distorsione armonica e quindi la potenza deformante.

Molti tipi di tecniche di modulazione sono stati studiati e utilizzati. Non esiste un metodo giusto e

uno sbagliato: come per tutte le cose, sono le condizioni esterne che fanno propendere per una

scelta o un’altra. Ad esempio le tecniche di modulazione a larghezza d’impulso PWM (pulse width

3 N. Mohan, T. M. Undeland, W. P. Robbins, op. cit, cap. 8

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elettronici di potenza

Francesco Vaccaro

17

modulation), per il loro elevato numero di commutazioni delle valvole, possono essere usate per

carichi di potenza non eccessiva; al contrario per carichi con alte potenze d’impiego si tende ad

utilizzare tecniche di modulazione ad onda quadra, caratterizzate da un numero di commutazioni,

quindi di perdite, ridotto al minimo (per generare un’onda quadra sono necessari solo due

commutazioni per periodo: un fronte di salita e un fronte di discesa).

i metodi di filtraggio del segnale già generato. Questi sono realizzati con filtri LC che lavorano in

risonanza ad una determinata frequenza stabilita. Essi sono dimensionati in modo tale da essere

accordati alla frequenza dell’armonica che si vuole eliminare. Ad esempio per un ponte

raddrizzatore esafase l’ordine di armonicità h si ha, secondo la regola empirica , dove n

è intero, positivo e maggiore di zero. Dalla osservazione degli elementi della rete in corrente

alternata, di fronte a tali perturbazioni armoniche, si evince che potrebbero verificarsi risonanze

pericolose per frequenze comprese tra la 5ᵃ e la 13ᵃ armonica. Pertanto si inseriscono filtri

accordati alle armoniche 5ᵃ, 7ᵃ, 11ᵃ, 13ᵃ 4.

Da notare che con i ponti a IGBT e tecniche di modulazione PWM le armoniche generate sono a

frequenze molto elevate rispetto alla fondamentale (50Hz) e questo comporta un meno oneroso

dimensionamento degli elementi del filtro LC.

4 E. Tironi, Appunti alle lezioni di impianti elettrici, Milano, ed. CUSL, 2011, par. II.15

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Figura 1. 2 Schema e forme d’onda di un raddrizzatore esafase

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1.2. Impatto sulla rete dell’uso dei convertitori

Un ulteriore aspetto circa l’inserimento di convertitori elettronici nelle reti riguarda la potenza di corto

circuito che essi sono in grado di erogare in condizioni di guasto.

Nelle reti tradizionali, dove il generatore elettrico è costituito da macchine rotanti, queste sono in grado di

fornire la potenza richiesta durante il guasto. Ovviamente esistono i limiti tecnologici della macchina

(eccitazione, potenza, tensione…) che ne consentono il funzionamento in condizioni straordinarie solo per

brevi periodi di tempo e per valori di potenza erogata comunque non infinita.

La stessa cosa non accade in presenza di una rete interfacciata tramite un convertitore elettronico di

potenza5. Per un guasto a valle di un invertitore, questo non è in grado di fornire una adeguata potenza di

corto circuito in quanto il sistema di controllo limita la corrente transitante a non più di circa il 150% della

corrente nominale per un tempo di circa 500ms, al fine di preservare le valvole dal passaggio di correnti

tanto elevate. Queste correnti produrrebbero una potenza termica che il sistema di raffreddamento,

dimensionato per le condizioni nominali, non sarebbe in grado di dissipare verso l’ambiente, con il

conseguente rischio di esplosione delle valvole. Questo porterebbe a due conseguenze dirette:

la distruzione del convertitore con l’impossibilità a proseguire ordinariamente il servizio;

la necessità di fermo della stazione di conversione per lavori di manutenzione e ripristino degli

organi danneggiati, con conseguenze economiche sia per il danno sofferto che per il mancato

guadagno.

È chiaro che, ipotizzando una corrente di sgancio delle protezioni di circa tre volte la corrente nominale ed

un convertitore dimensionato solo per alimentare il carico (correnti e potenze nominali dell’inverter

paragonabili a quelle del carico), la condizione di intervento non è verificata6:

Dove con si intende la corrente nominale del carico.

La ricerca sta, quindi, muovendosi verso l’identificazione di metodiche in grado di garantire la protezione

delle reti anche in presenza di PEC (Power Electronic Converter).

Esistono, al giorno d’oggi, alcune tecniche, differenti tra loro, in grado di garantire la selettività delle

protezioni7:

algoritmi avanzati di identificazione del guasto:

1) tecniche basate sulla misura della tensione: vi sono diversi ostacoli alla loro diffusione e

sono tutt’ora in sviluppo; richiedono interruttori diversi dai tradizionali.

5 Ivi, par. II.4

6 S. Grillo, L. Piegari, E. Tironi, Storage system control for correct operation of fault protections of single phase load in

grids dominated by inverters, Milano, Department of Electronics, Information and Bioengineering, Politecnico di Milano 7 C. Arigoni, Strategie di controllo di “accumulatori elettromeccanici” per il conseguimento della selettività delle

protezioni in sezioni di rete a valle di convertitori elettronici, Milano, Tesi di Laurea magistrale in Ingegneria Elettrica, Politecnico di Milano, AA 2011-2012, par. 2.5

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2) tecniche basate sulla propagazione di onde ad alta frequenza: si basano sulla misura del

tempo di propagazione delle onde ad alta frequenza prodotte nel punto di guasto, verso

tutta la rete. In tal modo è possibile discriminare sia la natura del guasto che la sua

distanza; tuttavia il sistema di comunicazione tra i dispositivi comporta un considerevole

aumento dei costi per le nuove apparecchiature.

tecniche di protezione adattiva: si misura la tensione e in base a questa si opera una traslazione

verso il basso della caratteristica tempo-corrente della protezione, in modo da velocizzarne

l’intervento. Il valore di traslazione è considerevole nel caso in cui si verifichi un corto circuito,

mentre è inferiore nel caso di sovraccarico. Anche qui i dispositivi di protezione richiedono una

rivisitazione tecnica per introdurvi una logica in grado di eseguire tali operazioni.

controllo del guasto attraverso il PEC, senza modifica degli organi deputati alla protezione:

1) Fold Back;

2) Brickwalling.

Esse agiscono sul livello della corrente sia negli istanti di guasto che durante l’apertura dello

stesso.

Entrambe non garantiscono con certezza il raggiungimento dell’intervento delle protezioni.

Pertanto sono tecniche da utilizzarsi in accoppiamento ad altre soluzioni: tipicamente si tratta

di sistemi di accumulo dell’energia.

sistemi di accumulo dell’energia (energy storage): il loro utilizzo, nella presente trattazione, serve

per avere una ulteriore fonte di energia da sfruttare, in presenza di corto circuito, come iniezione di

corrente di guasto aggiuntiva. In seguito sono esposte le tecnologie attualmente in studio tramite

simulazioni e, ove effettuate, ne vengono presentate anche le prove sperimentali.

1.3. Sistemi di accumulo dell’energia elettrica

È nota in letteratura la difficoltà di accumulare l’energia sotto forma elettrica. Tuttavia esistono alcune

tecniche che trovano differente campo di applicazione, ma che sono comunque valide allo scopo che si

vuole perseguire8.

1.3.1. Accumulo tramite batterie

Anche questo è un tipo di accumulo non del tutto elettrico, quanto piuttosto chimico. Le batterie (o

accumulatori elettro-chimici) trovano maggiore impiego nell’immagazzinamento dell’energia elettrica

prodotta da fonti rinnovabili nei momenti di surplus energetico in rete. È una tecnologia attualmente in

rinascita grazie, appunto, ai nuovi incarichi cui è demandata. Se la si considerasse in termini specifici (cioè

in rapporto al peso e/o al volume), si troverebbe che le loro potenza ed energia sarebbero molto basse

rispetto a tecnologie molto diffuse, ad esempio in ambiente locomozione, come l’olio combustibile o i vari

carburanti più comuni. Tuttavia non è questa la sede di tale discussione.

8 E. Tironi, op. cit., par. I.2

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Ritornando al loro campo di impiego è evidente il vantaggio di uno stoccaggio di energia sotto forma

elettro-chimica in quanto, nei momenti di bisogno, la conversione in energia elettrica è facilmente

realizzabile connettendo ai morsetti della batteria il carico che deve ricevere potenza. Solitamente questi

accumulatori sono interfacciati alla rete tramite un convertitore elettronico in grado di realizzare la

conversione da corrente continua a corrente alternata.

Il tipo più diffuso di accumulatori è quello al piombo (Pb), che da molti anni è presente nel settore come

materia prima per gli elementi delle batterie. Ha una buona tecnologia produttiva, grazie al suo duraturo

utilizzo; ha costi di produzione inferiori agli altri materiali, riciclabilità ottima e tempi di durata e affidabilità

molto buoni.

I sistemi di accumulo elettro-chimico si dividono, macroscopicamente, in:

temperatura ambiente, elettrolita acquoso:

1. piombo-acido

2. nichel-cadmio

3. nichel-idruri metallici

4. nichel-zinco

litio(Li):

1. Li-ioni

2. Li-ion polimeri

3. Li-metal

4. Li-metal polymer

ad alta temperatura:

1. sodio-zolfo

2. sodio cloruri metallici

Ognuno di questi sistemi è caratterizzato da differenti energia specifica per unità di massa e di volume,

efficienza di conversione, rischi per la sicurezza e costo delle materie prime. La valutazione tecnico-

economica di queste caratteristiche farà propendere la scelta su un tipo o un altro di batterie, in base alle

esigenze dell’impianto in cui verranno installate.

1.3.2. Accumulo tramite induttori superconduttori

È realizzato tramite la carica/scarica di una corrente in grandi bobine superconduttrici

La superconduttività è necessaria per aumentare la costante di tempo di scarica e il rendimento del ciclo,

onde raggiungere lo scopo di mantenere una corrente circolante nel conduttore:

Dove L è l’induttanza della bobina, R la sua resistenza e il tempo di immagazzinamento dell’energia.

Inoltre con un molto grande si riduce anche il valore delle perdite, secondo la legge:

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In cui ⁄ e è il valore della corrente caricata nella bobina.

Per il ciclo di carica/scarica si utilizza un convertitore a ponte controllato (angolo di innesco α variabile)

allacciato alla rete lato CA e alla bobina lato CC: per la carica si applica una tensione positiva alla bobina fino

al raggiungimento del massimo valore di corrente (il convertitore lavora da raddrizzatore). Si mantiene la

carica portando α a 90°. Per la scarica si raggiungono valori di α vicini ai 180° (155°-160°) che comportano

un’inversione della tensione applicata, ovvero un rovesciamento del flusso di potenza (il convertitore lavora

da invertitore).

Da sottolineare che questo metodo è ad accumulo di energia elettro-magnetica. Il metodo a

supercondensatori, che è successivamente illustrato, è ad accumulo elettrostatico. Sono questi i metodi più

affini all’accumulo di sola energia elettrica.

1.3.3. Accumulo tramite volani9

Questo metodo è già diffusamente usato per l’aumento del momento di inerzia delle masse rotanti

deputate al mantenimento della loro velocità di rotazione.

Applicazioni di natura più elettrica sono10

:

volani, tipicamente di acciaio, con grandi diametri; hanno una velocità di rotazione che può

raggiungere i 10000 giri/min. Il loro più diffuso utilizzo è come UPS;

volani con un diametro inferiore, che consentono di raggiungere velocità fino a 100000 giri/min. Il

loro campo di applicazione riguarda le telecomunicazioni.

Nel paragrafo 1.4.1 è esposta una soluzione di questa natura come fonte di energia tempestiva in presenza

di guasto.

Figura 1. 3 Struttura di un volano

9 V. Musolino, Supercapacitor storage systems: modeling, control strategies, application and sizing criteria, PhD thesis

in Electrical Engineering, Politecnico di Milano, 2011, par. 1.2.1 10

Ivi, par. 1.2.3

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1.3.4. Accumulo tramite supercondensatori11

I supercondensatori devono il loro nome alla notevole capacità di immagazzinamento di energia che hanno

rispetto ai tradizionali condensatori elettrolitici. I più comuni sono caratterizzati da elettrodi in carbonio ed

elettrolita formato da una soluzione organica. Essi sono in grado di raggiungere un’energia specifica

nell’ordine di 7 Wh/kg ed una potenza specifica di 4 kW/kg.

Dal punto di vista costruttivo (vedi Figura 1.4), sono più simili ad una batteria elettrochimica in cui ognuno

dei due elettrodi è immerso nella soluzione elettrolitica, ma restano separati per mezzo di una membrana

permeabile agli ioni. I due elettrodi, tipicamente fogli di alluminio, sono ricoperti da materiale poroso

(carbonio attivo) che permette di realizzare una elevata superficie conduttiva equivalente. Gli ioni positivi e

negativi della soluzione sono attratti, rispettivamente, dagli elettrodi negativo e positivo. Senza

trasferimento di carica, formano sottili strati sulle superfici degli elettrodi, con distanze che arrivano alle

lunghezze intermolecolari, e separano l’elettrodo dagli ioni. Da qui il nome di condensatori a doppio strato,

in cui l’energia è concentrata, per mezzo di un elevato campo elettrostatico. Quindi la membrana ha il solo

scopo di prevenire il contatto accidentale tra gli elettrodi. Lo spessore del doppio strato dipende dalla

concentrazione dell’elettrolita e dalle dimensioni degli ioni e può arrivare a 5-10 per elettroliti

concentrati. Con tali valori, la capacità “doppio strato” può raggiungere i 100-200 F/ .

L’area utile di contatto degli elettrodi è aumentata per mezzo di elettrodi porosi che permettono di

raggiungere valori di superficie fino a 3000 /g.

Le valutazioni sopra citate portano a concludere che la capacità di questi supercondensatori può

raggiungere valori incredibili di 75 F/g.

Nel paragrafo 1.4.2 è presentata una soluzione “a supercondensatori” come sostentamento del guasto.

Figura 1. 4 Dettaglio struttura supercondensatori

11

Ivi, parr. 1.2.5, 2.1

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1.4. Strategie per l’innalzamento del livello di guasto

Per quanto discusso al paragrafo 1.2, la ridotta potenza di corto circuito disponibile con i convertitori mal si

accoppia ai convenzionali sistemi di protezione a massima corrente di guasto. Infatti la naturale limitazione

della corrente transitante nelle valvole durante il guasto, inibisce la visibilità dello stesso da parte degli

interruttori magneto-termici.

1.4.1. Strategia con flywheel

In un lavoro di tesi simulativa presso il Politecnico di Milano12 viene dato ampio risalto all’utilizzo di

accumuli elettromeccanici, come “serbatoi” di energia da sfruttarsi in presenza di un guasto in rete.

Essi consistono in sistemi FESS (Flywheel Energy Storage System). Si tratta di volani connessi alla rete per

mezzo di una macchina rotante e di un PEC. La macchina rotante deve essere in grado di operare sia da

motore che da generatore. Nel primo caso serve per fornire energia cinetica alla massa rotante,

aumentandone la velocità di rotazione, convertendo energia elettrica proveniente dalla rete cui è connesso

il PEC. Nel secondo caso serve per fornire tempestivamente energia elettrica alla rete, attraverso il PEC,

prelevando energia cinetica dal volano che, inevitabilmente, vedrà diminuire la sua velocità di rotazione.

Nella trattazione vengono discussi e presentati i principali aspetti analizzati nell’affrontare lo studio.

Soprattutto si evidenziano:

caratteristiche e impiego dei volani;

le peculiarità impiantistiche, di fronte al guasto, dei convertitori elettronici;

comportamento delle protezioni in presenza di guasto;

introduzione e dimensionamento del sistema di accumulo;

logica di controllo del sistema di accumulo;

scelta del motogeneratore e suo controllo.

Il lavoro di analisi delle soluzioni proposte porta a esiti positivi dell’obbiettivo voluto. Il sistema di accumulo

è effettivamente in grado di sostenere la corrente di guasto al fine di provocare l’intervento delle

protezioni, altrimenti accecate dalla presenza dei convertitori elettronici. L’autore sottolinea il fatto che

tale metodo non richiede né la comunicazione tra i dispositivi di protezione, né la modifica della topologia

della rete. Da aggiungere che, in generale, i metodi “ad accumulo”, non richiedono la necessità di ricerche

circa l’introduzione di nuove tipologie di protezioni con funzionamento differente da quello “a massima

corrente di intervento”. Aspetto non irrilevante dal punto di vista economico: i vantaggi introdotti

dall’utilizzo dei convertitori elettronici per l’alimentazione dei carichi, non richiedono grossi stravolgimenti

su tutta la rete, ma solo, localmente, l’adozione di accorgimenti legati al sostentamento dei guasti, di cui in

questa presentazione si vuole darne visione.

12

C. Arigoni, op. cit.

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1.4.2. Strategia con supercondensatori

Si considera, ora, l’utilizzo di supercondensatori come fonte di energia per il sostentamento della corrente

di guasto. Sono, quindi, presentate due simulazioni effettuate presso il Politecnico di Milano. In una si

considera l’alimentazione di carichi monofase, nell’altra, invece, si considera l’alimentazione di carichi

trifase.

1.4.2.1. Carichi monofase13

In questa simulazione si considera la presenza di un convertitore trifase utilizzato per il funzionamento

normale della rete. Invece un convertitore ausiliario a mezzo ponte è utilizzato per l’immissione della

corrente aggiuntiva di guasto, la cui fonte di energia sono i supercondensatori. Viene considerato

esclusivamente il guasto monofase, quindi il secondo convertitore è inserito sulla sola fase interessata per

mezzo di un selettore. A valle di ogni PEC è previsto un filtro e il parallelo tra i due inverter è effettuato a

valle dei filtri. I carichi alimentati sono di tipo monofase, distribuiti sulle tre fasi.

Nell’esposizione si mostrano:

definizione del problema e considerazioni propedeutiche alla risoluzione;

strategie di controllo implementate e considerazioni sulle stesse;

simulazioni numeriche, corredate da dati e immagini, sulle prove effettuate con i risultati ottenuti;

le valutazioni dei risultati, rispetto agli obbiettivi voluti.

1.4.2.2. Carichi trifase14

Le considerazioni preliminari circa la rete di simulazione sono identiche a quelle esposte al paragrafo

1.4.2.1, avendo l’accortezza, ora, di considerare la presenza di un convertitore secondario e di carichi di

tipo trifase.

La rete simulata ricalca direttamente i casi tipici che si riscontrano nelle applicazioni navali.

Gli aspetti trattati sono gli stessi del caso esposto al paragrafo precedente, ma, ovviamente, sono

contestualizzati alla rete con carichi trifase.

Inoltre è proposto il dimensionamento del sistema di accumulo (supercondensatori) valutando le energie e

potenze in gioco durante il guasto, i valori specifici di energia e potenza dei supercap e le loro

caratteristiche tecniche.

Lo studio mostra la fattibilità della soluzione proposta.

13

S. Grillo, L. Piegari, E. Tironi, op. cit. 14

C. Arigoni, L. Piegari, E. Tironi, Naval application of storage devices for load protection in micro-grids dominated by solid state converters, Milano, Department of Electronics, Information and Bioengineering, Politecnico di Milano

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1.5. Bibliografia

N. Mohan, T. M. Undeland, W. P. Robbins, Elettronica di potenza, Milano, ed. Hoepli, 2005

F. Perticaroli, Sistemi elettrici per i trasporti, Milano, ed. Ambrosiana, 2001

E. Tironi, Appunti alle lezioni di impianti elettrici, Milano, ed. CUSL, 2011

S. Grillo, L. Piegari, E. Tironi, Storage system control for correct operation of fault protections of single

phase load in grids dominated by inverters, Milano, Department of Electronics, Information and

Bioengineering, Politecnico di Milano

C. Arigoni, Strategie di controllo di “accumulatori elettromeccanici” per il conseguimento della selettività

delle protezioni in sezioni di rete a valle di convertitori elettronici, Milano, Tesi di Laurea magistrale in

Ingegneria Elettrica, Politecnico di Milano, AA 2011-2012

V. Musolino, Supercapacitor storage systems: modeling, control strategies, application and sizing

criteria, PhD thesis in Electrical Engineering, Politecnico di Milano, 2011

C. Arigoni, L. Piegari, E. Tironi, Naval application of storage devices for load protection in micro-grids

dominated by solid state converters, Milano, Department of Electronics, Information and Bioengineering,

Politecnico di Milano

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2. Allestimento rete di prova in laboratorio dipartimentale

La rete che viene di seguito mostrata è allestita presso il laboratorio di elettronica di potenza in corso di

realizzazione nel dipartimento DEIB del Politecnico di Milano.

La rete è di tipo trifase, ed è utilizzata per effettuare sia le prove monofase che le prove trifase.

Come introdotto al capitolo precedente, si vuole testare l’efficacia dell’inserzione, attraverso un PEC

ausiliario, di un banco di supercondensatori, al fine di aumentare il livello di guasto della rete alimentata dal

PEC principale.

2.1. Rete installata

Il circuito su cui si effettuano le prove è il seguente:

Figura 2. 1 Schema della rete generale

Di seguito sono esposti i singoli componenti, con le loro caratteristiche e funzioni.

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2.1.1. Convertitore principale

Figura 2. 2 Schema generale convertitore

Il convertitore principale (PEC 1) è adibito all’alimentazione della rete, ovvero del carico.

Esso riceve energia lato corrente continua da una rete a monte (se ne parla al paragrafo 2.2), tramite un

Front End Converter (FEC).

Come si vede dalla Figura 2.2 il PEC 1 trifase è costituito da 3 moduli monofase uguali. Ogni gamba

costituisce un mezzo ponte indipendente dagli altri nella strategia di funzionamento.

Il mezzo ponte è ad IGBT con diodi di ricircolo in anti-parallelo. Ogni mezzo ponte è alimentato dallo stesso

DC bus e da ciascuno di essi si preleva una delle tre fasi (a, b, c).

I dati di targa sono:

tensione massima sul DC bus, ;

corrente massima negli IGBT, ;

tensione inversa massima sugli IGBT, ;

capacità, .

Le grandezze nominali di progetto sono:

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potenza nominale, ;

tensione sul DC bus, ;

tensione concatenata lato alternata, ;

corrente lato alternata,

√ ;

frequenza di switching (o commutazione), .

Figura 2. 3 Convertitore visto dall’alto

2.1.2. Convertitore secondario

Strutturalmente, il convertitore secondario (PEC 2) è identico a quello principale.

Esso, però, non riceve energia da una rete a monte, ma dai supercondensatori.

Inoltre, chiaramente, il suo controllo è totalmente diverso: in condizioni di normale funzionamento esso è

lasciato spento ed è inserito solo in presenza di guasto, come è dettagliatamente esposto al capitolo 3.

Nelle immagini seguenti si vedono i particolari dei condensatori delle tre gambe (Figura 2.4 in basso) e le

gambe vere e proprie, che ricevono energia lato DC e danno in uscita energia in corrente alternata con le

tre fasi a, b, c (le tre piastrine in basso in Figura 2.5):

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Figura 2. 4 Particolare dei condensatori DC e dei trasduttori

Figura 2. 5 Uscita delle fasi dei convertitori

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2.1.3. Trasduttori per le misure

Sono presenti dei dispositivi di misura. Essi servono per monitorare le grandezze di interesse del regolatore.

Si tratta di:

trasduttori di corrente per la misura della corrente erogata dai convertitori: “LEM HAS 400S”15

integrati a valle delle valvole (i tre modulini in basso in Figura 2.5);

trasduttori di tensione per la misura delle tensioni di fase e della tensione lato DC: “LEM LV 25-

1000”16 montati nella zona superiore dei convertitori (Figura 2.4 in alto a destra);

trasduttori di tensione per la misura delle tensioni solo in AC: “TV ITACOIL SVL121301”17 montati

nella zona superiore dei convertitori (Figura 2.3 in basso a sinistra).

2.1.4. Supercondensatori

I supercondensatori sono gli elementi cruciali nel raggiungimento dell’obbiettivo; essi, infatti, devono

essere in grado di fornire energia/potenza al convertitore secondario nei momenti in cui si presenti un

guasto.

I supercap utilizzati sono i seguenti (Figura 2.6):

, Maxwell “BMOD0165 P048 B01”18

Dati di targa:

capacità nominale = ;

tensione nominale = .

Essi sono costituiti da 18 celle. Ognuna ha una capacità di 3000F ed è in grado di immagazzinare fino a 3Wh.

Hanno tensione e corrente massime di 51V e 1900A, rispettivamente ed una corrente di cortocircuito di

7600A.

Le celle sono connesse in serie e ciò comporta che la capacità totale risulti:

;

Ogni modulo pesa 13,5kg. Si possono connettere più moduli in serie fino ad una tensione massima di 750V.

La potenza ed energia specifiche valgono:

;

15

Data sheet da sito internet: http://www.lem.com/docs/products/has%2050%20600-s%20e.pdf (ultima consultazione: 11-03-2016) 16

Data sheet da sito internet: http://www.lem.com/docs/products/lv%2025-1000%20e.pdf (ultima consultazione: 11-03-2016) 17

Data sheet da sito internet : http://www.itacoilweb.it/ita/trasformatori_misura_svl.html (ultima consultazione: 11-03-2016) 18

Data sheet da sito internet: http://www.maxwell.com/images/documents/hq_48v_ds10162013.pdf (ultima consultazione: 02-03-2016)

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.

La massima energia immagazzinabile è:

.

Le temperature minima e massima di funzionamento sono -40°C e 65°C rispettivamente.

I dati sulla vita utile sono:

1500 ore in funzionamento continuativo alla tensione nominale e alla massima temperatura

operativa;

10 anni alla tensione nominale e alla temperatura di 25°C;

1000000 di cicli alla tensione nominale e alla temperatura di 25°C;

4 anni, se stoccati scarichi alla temperatura di 25°C.

Figura 2. 6 Supercondensatore

Il banco di condensatori è costituito da 5 SC in serie (Figura 2.7), raggiungendo valori di capacità e tensione

di:

;

.

Di conseguenza la massima energia immagazzinabile nel banco vale:

.

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33

Figura 2. 7 Banco di supercondensatori

Essi sono precaricati tramite un alimentatore ausiliario in corrente continua fino ad una tensione di circa

190V.

2.1.5. Filtri rete di prova

Nel circuito è inserito il seguente banco di filtro (mostrato in Figura 2.1):

induttanze L in serie ad ogni fase del valore di ciascuna:

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Figura 2. 8 Induttori

capacità C, derivate da ogni fase a valle delle induttanze, del valore di ciascuna:

Figura 2. 9 Condensatori

A valle del PEC 1 è inserito il banco di filtraggio. Esso è costituito da un filtro LC. A valle del PEC 2 sono

inserite solo le induttanze. La motivazione risiede nella strategia di controllo (che è mostrata più

dettagliatamente al capitolo successivo).

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Il dimensionamento del filtro è effettuato per ridurre l’oscillazione di corrente (per quanto riguarda

l’induttanza) e di tensione (per quanto riguarda la capacità).

Le espressioni, riferite al caso monofase, sono19:

E

Dove il pedice ‘r’ sta per ‘ripple’.

Se, come nel nostro caso, ci riferiamo ad un inverter trifase, si può osservare dalla Figura 2.10 che la

corrente di ripple circola in due fasi contemporaneamente. Pertanto essa attraversa due induttanze di

valore L. La Figura 2.10 mostra il “circuito di ripple” che è ottenuto dalla sovrapposizione degli effetti sul

circuito in regime deformato. Da quest’ultimo si possono estrarre il circuito a frequenza fondamentale più il

circuito a frequenza di ripple, la cui corrente si vuole che non raggiunga il carico. Ipotizzando la chiusura

delle valvole Ta+ Tb-, la corrente di ripple percorre la linea tratteggiata. Una volta attraversata l’induttanza

L della fase “a”, la corrente scende nelle capacità (che a frequenza di switching equivalgono ad un corto

circuito) e si richiude nell’induttanza della fase “b”. Infine attraversa le capacità del DC bus.

Figura 2. 10 Circuito per la corrente di ripple

Per quanto detto, le espressioni per calcolare le oscillazioni di corrente e tensione diventano:

19

M. Salcone, J. Bond, Selecting film bus link capacitors for high performance inverter applications, Electric Machines and Drives Conference, 2009. IEMDC '09. IEEE International

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E

Dove è pari alla tensione Vdc nominale.

Infine è possibile ottenere le oscillazioni percentuali rispetto alle grandezze di picco di fase:

E

√ √ ⁄

L’oscillazione sulla tensione è piccolissima. L’oscillazione sulla corrente è comunque accettabile: i limiti

impongono, solitamente, oscillazioni massime del 15-20%.

2.1.5.1. Funzione di trasferimento

A tutti gli effetti il filtro LC ha una azione filtrante di tipo passa-basso. La sua funzione di trasferimento è:

dove R rappresenta la resistenza serie dell’induttanza, sempre presente in condizioni reali. Per le condizioni

ideali è sufficiente porre R=0.

La frequenza di taglio del filtro, ponendosi in condizioni ideali e calcolando i poli della funzione di

trasferimento, è data dalla relazione:

Oltre tale frequenza le componenti armoniche transitanti sono ridotte proporzionalmente all’aumentare

della frequenza (-40dB/dec poiché vi sono due poli immaginari coniugati). La frequenza di commutazione

delle valvole dei convertitori è di 10kHz e la componente fondamentale è a 50Hz. Quindi le armoniche

prodotte si trovano, rispetto alla prima, a frequenze molto elevate dimostrando la validità dell’azione

filtrante.

Per l’inverter trifase a modulazione PWM si possono considerare le seguenti grandezze:

modulazione di frequenza

, dove ‘p’ e ‘m’ si riferiscono ai segnali

portante e modulante;

ordine di armonicità , dove j e k sono interi e seguono la regola: se j pari allora k è

dispari, se j dispari allora k è pari.

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Pertanto, con questi numeri, si vede subito che la armoniche generate dall’inverter sono: 1ᵃ, 200ᵃ, 198ᵃ,

202ᵃ, 399ᵃ, 401ᵃ, etc. Prendendo come esempio la numero 200 (che è proprio pari a 10kHz) si vede che la

attenuazione introdotta dal filtro LC è di 52dB (Figura 2.11) che equivale a:

Cioè vale già lo 0,25% dell’ampiezza della prima armonica (50Hz) che passa inalterata.

A titolo dimostrativo è presentato sia il diagramma di fase che quello del modulo e sia per un filtro LC puro

che per il filtro RLC reale. La resistenza serie dell’induttore è misurata con un multimetro digitale e vale

.

Figura 2. 11 Diagramma di Bode del modulo del filtro LC

Diagramma di Bode

frequenza (Hz)

102

103

104

-60

-40

-20

0

20

40

60

80

100

120

140

System: RLCFrequency (Hz): 1e+004Magnitude (dB): -52

System: RLCFrequency (Hz): 50Magnitude (dB): 0.0873

modulo

(dB

)

LC

RLC

prima armonica

-40dB/dec

frequenza naturale

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Figura 2. 12 Diagramma di Bode della fase del filtro LC

Come si può vedere dalla Figura 2.12, alla frequenza di 50Hz e in condizioni reali, il filtro introduce anche un

piccolissimo sfasamento, quasi impercettibile. Il suo valore è circa -0,164°.

2.1.5.2. Caduta di tensione

Si vuole calcolare la caduta di tensione, sul filtro, alla frequenza di rete f=50Hz. Si valuta la rete, nel dominio

di Laplace, di Figura 2.13. Essa rappresenta il circuito visto da ogni morsetto di uscita dell’inverter. Si può

considerare il circuito monofase costituito dalla resistenza serie dell’induttore e dalla sua induttanza, dalla

capacità di filtro derivata e dalla resistenza di carico in parallelo alla capacità.

Diagramma di Bode

frequenza (Hz)

102

103

104

-180

-135

-90

-45

0System: RLCFrequency (Hz): 50Phase (deg): -0.164

fase (

deg)

LC

RLC

prima armonica

frequenza naturale

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Figura 2. 13 Circuito per il calcolo della caduta di tensione

Le grandezze di interesse sono:

tensione (di lavoro) di fase efficace in uscita dall’inverter: (considerata come

riferimento sul piano complesso);

resistenza di carico: .

L’impedenza parallelo tra la resistenza di carico e la capacità vale:

A questa sommiamo l’impedenza serie, data da , per ottenere l’impedenza totale:

Avendo inserito i valori dei parametri e avendo effettuato la sostituzione .

A questo punto si ottiene la corrente erogata dall’inverter, come:

Quindi si ricava la tensione sull’impedenza serie dalla seguente espressione:

Pertanto, volendo calcolare la tensione al nodo di carico, si ottiene:

Infine, è possibile ricavare la caduta di tensione come:

Quest’ultima, in termini percentuali rispetto alla tensione nominale di fase, vale:

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2.1.5.3. Errore sulla corrente di carico

Si vuole, ora, valutare l’errore che si commette nel calcolo della corrente di carico considerando il circuito

con tutti gli elementi visti al punto precedente, piuttosto che il circuito con la sola resistenza di carico

sottoposta alla tensione di fase.

Si calcola, quindi, la corrente del carico con il partitore di corrente tra la capacità e la resistenza di carico

(con ):

Se, invece, si effettua un calcolo diretto senza considerare le impedenze interposte, si ottiene:

Pertanto l’errore che si commette ammonta a:

Che è decisamente trascurabile.

A titolo di verifica, si calcola la resistenza di carico, con la legge di Ohm:

Che, ovviamente, non ha fase.

Orbene, per i motivi sopra esposti, da qui in avanti si può considerare l’inverter che alimenta direttamente

il carico, trascurando la presenza del filtro sia per la caduta di tensione, sia per il calcolo delle correnti.

2.1.6. Interruttori di protezione

In Figura 2.1 sono riportati gli interruttori inseriti nella rete. Essi sono contrassegnati dalla nomenclatura CB

(in inglese Circuit Breaker) seguita da un numero progressivo.

Si tratta di interruttori ABB. I modelli utilizzati sono:

“S253-C63”20 (per CB1, CB2, CB4) magneto-termico:

o corrente nominale ;

o tensione nominale ;

o potere di interruzione nominale ;

20

Data sheet da sito internet per serie S203-C63: http://new.abb.com/low-voltage/it/prodotti/apparecchi-modulari-da-guida-din/interruttori-magnetotermici (ultima consultazione: 03-03-2016)

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o potere di interruzione massimo ;

o potere di interruzione di servizio ;

“S254-C16”21 (per CB3) magneto-termico-differenziale:

o corrente nominale ;

o tensione nominale ;

o potere di interruzione nominale ;

o potere di interruzione massimo ;

o potere di interruzione di servizio ;

o corrente differenziale

La dicitura ‘C’ indica la caratteristica di intervento dell’interruttore. In questo caso, ad esempio, la corrente

magnetica di intervento varia da circa 5 a 10 volte la corrente nominale (Figura 2.14).

Figura 2. 14 Caratteristiche di intervento interruttori magneto-termici

Di seguito è mostrato un particolare di entrambi i tipi di interruttore, nel collegamento alle resistenze di

carico e a quelle di guasto (CB3 e CB4 rispettivamente, in Figura 2.1):

21

Ivi per serie S204-C16

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Figura 2. 15 Foto interruttori

Figura 2. 16 Schema interruttori

2.1.7. Banchi di resistenze

I resistori utilizzati sono del tipo a volantino, quindi a resistenza variabile (Figura 2.17). I resistori sono

costituiti da due cursori indipendenti. Pertanto è possibile ottenere due valori di resistenza diversi. Uno è

utilizzato come resistenza di carico per il funzionamento normale; l’altro è utilizzato come resistenza di

guasto, ed è inserito in parallelo al primo tramite il CB4 (vedi Figure 2.1, 2.15 e 2.16). Durante il guasto, nel

parallelo, prevale la resistenza di guasto (molto più piccola).

Le due resistenze variabili di ogni resistore hanno in comune il morsetto di neutro. Pertanto le due terne di

resistenze collegate a stella, hanno il centro stella in comune (vedi Figura 2.1).

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I dati di targa dei resistori sono:

e (valori massimi), per la resistenza di carico;

e (valori massimi), per la resistenza di guasto;

Figura 2. 17 Banco di resistenze

2.2. Rete di alimentazione

La rete usata come sorgente riceve energia dalla rete elettrica dipartimentale del Politecnico di Milano.

È costituita da elementi di trasformazione, protezione e conversione.

Figura 2. 18 Rete di alimentazione

2.2.1. Trasformatore

Il primo componente che riceve energia è il trasformatore. Il suo compito principale, in questa applicazione,

è quello di ridurre la tensione dai valori imposti al primario, a quelli di secondario.

Dati di targa:

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potenza nominale ;

tensioni nominali .

Figura 2. 19 Trasformatore

Il collegamento degli avvolgimenti del trasformatore è a triangolo per il primario (lato 400V) e a stella per il

secondario (lato 200V). In questo modo eventuali correnti omopolari presenti nella rete a monte sono

bloccate dal triangolo. Inoltre dal centro stella degli avvolgimenti del secondario è possibile derivare il

neutro, in modo da utilizzarlo come nodo di riferimento per gli elementi a valle (capacità derivate e punto

centrale del FEC, vedi Figura 2.18). Di conseguenza tutta la rete a valle del trasformatore è flottante perché

non vi è alcuna connessione verso terra (effetto dell’isolamento galvanico del trasformatore).

2.2.2. Front end converter

Il convertitore che interfaccia la rete di alimentazione con la rete di prova è il FEC. Esso è uguale ai

convertitori PEC 1 e PEC 2, ma il suo funzionamento è da raddrizzatore. Infatti riceve energia, lato alternata,

attraverso il trasformatore e la restituisce, lato continua, verso il PEC 1.

2.2.3. Filtri rete di alimentazione

Come si vede in Figura 2.18 sono presenti delle induttanze e capacità di filtro a monte del FEC. I loro valori

sono gli stessi visti al paragrafo 2.1.5, ossia:

;

;

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2.2.4. Interruttori di protezione

Sono presenti 3 interruttori magneto-termici:

CB5 e CB6 sono “S253-C63”, già visti per CB1, CB2, CB4; la loro funzione è di proteggere e

permettere la manovra del trasformatore. In particolare CB5 è utilizzato per l’energizzazione del

trasformatore; mentre CB6 serve per connettere il trasformatore con i componenti a valle.

CB7 è un “S253-C25”22 ed è usato sul DC bus come protezione aggiuntiva in caso vi siano guasti a

valle del FEC e come interruttore di manovra per le connessioni.

2.2.5. Alimentatore DC bus

Il DC bus del PEC 1 è mantenuto alla tensione nominale dal funzionamento del FEC. I condensatori lato DC

del PEC 1 e del FEC servono per stabilizzare la tensione DC. Tuttavia la loro capacità non è tale da

mantenere una tensione costante per tempi relativamente lunghi, come accade con i supercondensatori. È

necessario adottare un accorgimento in fase di accensione del sistema, per ragioni di sicurezza. Prima di

accendere il FEC, che imporrà la tensione DC, si deve precaricare il DC bus per mezzo di alimentatori

ausiliari in corrente continua.

Gli alimentatori utilizzati sono “MEAN WELL DR-120-48”23.

Dati di targa:

ingresso: tensione = 200-240V AC e corrente = 2,0A / tensione = 100-120V AC e corrente = 3,3A;

uscita: tensione = 48V DC e corrente = 2,5A;

potenza = 120W

22

Ivi per serie S203-C25 23

Data sheet da sito internet: http://www.meanwell.com/mw_search/dr-120/DR-120-SPEC.PDF (ultima consultazione: 03-03-2016)

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Figura 2. 20 Quadretto alimentatori Dc bus e interruttori

Sono inseriti 8 alimentatori in serie per raggiungere una tensione massima disponibile di:

In Figura 2.20 è mostrato il quadretto su cui sono montati. Nello stesso, si vedono anche gli interruttori di

inserzione degli alimentatori (in alto a destra) e quelli di manovra (ingresso e uscita) del trasformatore, CB5

e CB6 (in basso a destra).

2.3. Bibliografia

http://www.lem.com/docs/products/has%2050%20600-s%20e.pdf (ultima consultazione: 11-03-2016)

http://www.lem.com/docs/products/lv%2025-1000%20e.pdf (ultima consultazione: 11-03-2016)

http://www.itacoilweb.it/ita/trasformatori_misura_svl.html (ultima consultazione: 11-03-2016)

http://www.maxwell.com/images/documents/hq_48v_ds10162013.pdf (ultima consultazione: 02-03-

2016)

M. Salcone, J. Bond, Selecting film bus link capacitors for high performance inverter applications,

Electric Machines and Drives Conference, 2009. IEMDC '09. IEEE International

http://new.abb.com/low-voltage/it/prodotti/apparecchi-modulari-da-guida-din/interruttori-

magnetotermici (ultima consultazione: 03-03-2016)

http://www.meanwell.com/mw_search/dr-120/DR-120-SPEC.PDF (ultima consultazione: 03-03-2016)

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3. Strategia di controllo della rete

Ciò che si deve tenere sotto controllo sono le grandezze di lavoro dei convertitori. Per ognuno di essi (PEC

1, PEC 2, FEC) è presente una scheda programmabile che esegue le operazioni volute. Queste operazioni

sono precompilate al calcolatore con il linguaggio di programmazione “C” e successivamente salvate nella

memoria accessibile delle schede.

3.1. Controllo sui valori di tensione e corrente

In condizioni normali il PEC 1 impone la terna di tensioni concatenate (al valore di 100V efficaci) in uscita e

la corrente circolante dipende dalla impedenza di carico. Il FEC, con il suo controllo, garantisce che sul DC

bus sia disponibile una tensione costante di 400V.

In presenza di guasto, nei primissimi istanti, il PEC 1 potrebbe erogare una corrente troppo elevata per le

valvole (corrente di saturazione pari a 50A). Quindi è controllato in modo da limitare la sua corrente

erogata ad un valore limite imposto (ad esempio 10A), lavorando quindi come generatore di corrente. Il

PEC 2 rileva costantemente il passaggio della corrente principale. Pertanto, accorgendosi dell’aumentata

erogazione, interviene anch’esso iniettando una corrente impostata ad un valore limite (non

necessariamente uguale a quello del convertitore 1). Per fare ciò, essendo la resistenza di guasto

generalmente molto piccola, le tensioni imposte dai convertitori devono adeguarsi alla nuova condizione.

Tale operazione è eseguita secondo la legge:

In cui è la tensione di fase di riferimento effettivamente imposta al passo attuale, è la tensione di

fase misurata al passo precedente e vale:

Dove è una costante di proporzione scelta in fase di progettazione.

In pratica rappresenta il valore di tensione con cui far calare la tensione del passo precedente per avere la

nuova tensione necessaria per imporre la corrente limite. Il termine è quindi proporzionale alla differenza

tra la corrente istantaneamente erogata e la corrente limite voluta (valore fisso). Perciò, inizialmente, la

differenza tra le correnti può essere assai grande e il valore di molto alto. Progressivamente la tensione

cala e il termine è sempre meno insistente sulla tensione di riferimento. Nel momento in cui la corrente

erogata, calando, raggiunge il valore limite, il termine è evidentemente nullo e la tensione si stabilizza al

valore adeguato.

Il FEC deve costantemente mantenere la tensione DC, compensando l’aumento di potenza richiesta dal PEC

1. Di conseguenza negli istanti di guasto assorbe una corrente maggiore dalla rete a monte, al fine di non

lasciar calare la tensione Vdc bus. Invece per il PEC 2 l’energia proviene dai supercondensatori che,

inevitabilmente, si scaricano.

Una volta estinto (o aperto) il guasto, i convertitori non si trovano più in condizione di saturazione. Quindi

la logica riconosce la fine della condizione straordinaria e torna al funzionamento da generatore di

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tensione. Orbene la tensione del convertitore principale può tornare a salire al valore nominale.

Evidentemente il PEC 2 non ha più ragione d’essere acceso e viene spento.

Queste considerazioni sono valide per il caso di corto circuito trifase. Per quanto riguarda il guasto

monofase, entrambi gli inverter iniettano la corrente limite nella sola fase interessata dall’anomalia (in

questa trattazione è la fase “a”), adeguando la tensione di fase con la medesima legge esposta

precedentemente. Mentre le fasi “sane” continuano nel funzionamento ordinario.

3.2. Controllo sulla fase delle correnti

Merita attenzione un aspetto fondamentale: quando si verifica un guasto, la corrente iniettata dal PEC 2,

perché si sommi a quella del PEC 1 (misurata a valle del filtro), deve essere in fase con essa. Orbene, la

misura della corrente effettivamente erogata dal convertitore secondario è effettuata in uscita da esso,

ovvero a monte delle induttanze di filtro. Se vi fossero pure le capacità di filtro derivate, non saremmo certi

della congruenza delle due fasi. Allora si preferisce eliminare le capacità, sacrificando la “pulizia” della

sinusoide, per garantire il raggiungimento di un obbiettivo ben più importante: ottenere la somma,

teoricamente algebrica, dei due contributi di corrente provenienti dai due inverter.

Al lato pratico, ciò che accade è di seguito esposto: il convertitore secondario misura costantemente il

valore istantaneo e la fase della corrente del convertitore principale. Della corrente misurata se ne calcola il

valore efficace sui 20ms. Se tale valore è riconosciuto superiore al limite di saturazione, nei successivi 20ms,

il PEC 2 deve essere acceso. Il suo inserimento non è immediato: passano altri due cicli prima che inizi ad

erogare corrente. In questo modo si evita di trovarsi ancora nel transitorio. Una volta stabilita la fase,

l’inverter secondario si inserisce con una frequenza, inizialmente misurata, senza più modificarla fino al suo

spegnimento. Le misure della fase e della frequenza sono eseguite valutando gli attraversamenti di zero in

due periodi completi.

3.3. Regolatore del PEC 1

Le grandezze misurate per le retroazioni del convertitore principale sono elencate e mostrate di seguito:

tre correnti AC in uscita dal convertitore con i LEM integrati;

tre tensioni di fase AC sui condensatori di filtro, riferite al punto centrale del DC bus, con i LEM di

tensione;

tensione DC sul bus con LEM di tensione;

metà della tensione DC sul bus con LEM di tensione.

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Figura 3. 1 Misure per il controllo del PEC 1

Il regolatore controlla le correnti erogate e le tensioni imposte in uscita per confrontarle con i riferimenti.

Quindi agisce sul comando PWM delle valvole al fine di mantenere limitati gli errori.

In Figura 3.2 è presentato il ramo di regolazione, inserito in ognuna delle tre fasi, per generare il comando

delle valvole:

Figura 3. 2 Schema a blocchi del regolatore PEC 1

Le grandezze contrassegnate con l’asterisco (*) sono le grandezze di riferimento. Invece le grandezze che si

sottraggono a quelle di riferimento sono le misure in campo, opportunamente trasdotte.

Le costanti del blocco PI (proporzionale-integrale) sono:

.

I limiti del blocco di saturazione sono 50A.

Il blocco predittivo (“pred”) è inserito nell’anello di corrente ed agisce nel seguente modo (si veda la Figura

3.3):

Discretizzando l’espressione si ottiene:

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Dove sono i passi discreti d’integrazione e il tempo elementare è l’inverso della frequenza di switching:

In sostanza il controllo predittivo vuole prevedere il valore di corrente ( ) sfruttando la legge di Kirchhoff

delle tensioni. Agisce calcolando, ad ogni passo, la derivata della corrente sull’induttanza. In questo modo è

possibile conoscere l’andamento della corrente (crescente, decrescente o costante) al fine di modificare il

valore di tensione da applicare.

Dal blocco predittivo esce il segnale modulante (V_conv) da dare in ingresso al PWM per comandare le

valvole.

Figura 3. 3 Circuito per il controllo predittivo

3.4. Regolatore del PEC 2

Per il convertitore secondario le misure sono:

tre correnti AC in uscita dal convertitore con i LEM integrati;

tre tensioni di fase AC a valle delle induttanze di filtro (i condensatori non ci sono), riferite al punto

centrale del DC bus, con i trasformatori voltmetrici (TV);

corrente AC della fase “a” (a valle dei filtri) del PEC 1 con LEM di corrente;

tensione DC sul bus con LEM di tensione.

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Figura 3. 4 Misure per il controllo del PEC 2

Il regolatore ha il solo anello di corrente. Quando il PEC 2 è acceso, inizialmente, la sua corrente sale con

una rampa. Di conseguenza, con il blocco predittivo, modula il comando delle valvole al fine di avere una

tensione tale da limitare il valore efficace della corrente al valore scelto.

Figura 3. 5 Schema a blocchi del regolatore PEC 2

3.5. Regolatore del FEC

Per quel che riguarda il Front End Converter, le misure sono simili a quelle dei convertitori DC/AC, ma con

scopi differenti (il FEC lavora come raddrizzatore):

tre correnti AC in ingresso al convertitore con i LEM integrati;

tre tensioni di fase AC in ingresso al convertitore con i trasformatori voltmetrici;

tensione DC sul bus in uscita con LEM di tensione.

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52

Figura 3. 6 Misure per il controllo del FEC

In questo caso l’anello esterno di tensione riguarda la tensione DC, in uscita sul bus. L’anello interno di

corrente riguarda le correnti AC assorbite. Di conseguenza la grandezza di uscita (comando delle valvole)

serve per modulare la corrente assorbita in modo da mantenere costante la tensione Vdc bus.

Figura 3. 7 Schema a blocchi del regolatore FEC

Le costanti del blocco PI sono:

.

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53

4. Analisi dati prima sessione di misure

La prima sessione di misure è effettuata con la seguente rete di prova:

Figura 4. 1 Rete della prima sessione di misure

La prova è effettuata per la verifica del solo guasto trifase. Si ipotizza, quindi, che la rete sia ben equilibrata.

Per questi motivi si procede senza i collegamenti tra i punti di neutro delle impedenze con i punti centrali

del DC bus.

Inoltre si minimizzano gli strumenti di misura, effettuando le seguenti rilevazioni:

le due tensioni concatenate (Vab e Vca) sui condensatori di filtro del PEC 1;

la corrente del PEC 2 della fase “a’”;

la corrente totale sulla medesima fase.

Le misurazioni sono digitalizzate con delle schede di acquisizione “National Instrument NI9215”24:

4 canali differenziali, frequenza di campionamento per canale 100000 campioni/s; intervallo di misura a ±10 V, risoluzione a 16-bit;

La frequenza di campionamento scelta è 13kHz.

L’acquisizione è inviata al software “Labview”.

I risultati ottenuti sono elaborati per mezzo del software “Matlab”.

24

Data sheet da sito internet: http://sine.ni.com/nips/cds/view/p/lang/it/nid/208793 (ultima consultazione: 07-03-2016)

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4.1. Dati di lavoro

Sono, ora, presentati i dati di maggiore interesse per l’analisi delle misure effettuate.

Tensioni di lavoro degli inverter: i PEC lavorano con una tensione di 400V lato DC e forniscono una

tensione alternata concatenata pari a in valore efficace. Di conseguenza la

tensione concatenata di picco ha un valore di √ . Ovviamente

la tensione di fase corrispondente si ottiene come

√ ⁄ , in valore

efficace. Pertanto il valore di picco della tensione di fase è √ .

Le resistenze di carico e di guasto, misurate tramite tester valgono e rispettivamente.

La corrente di carico si può ottenere, secondo la legge di Ohm applicata alle grandezze di fase,

come:

⁄ .

Durante il cortocircuito l’impedenza impone le condizioni di guasto. Se vi fosse una sorgente a

potenza di cortocircuito infinita questa riuscirebbe ad imporre la tensione nel punto di guasto pari

al valore nominale. Ciò darebbe, utilizzando i valori nominali di tensione e resistenza di guasto, una

corrente di:

⁄ . Sappiamo che le sorgenti (i due PEC) non hanno

potenza infinita, quindi si verifica una situazione diversa: quando si innesca il guasto, i convertitori

vanno in saturazione perché si supera la loro corrente massima. A questo punto, la logica impone il

funzionamento da generatori di corrente al valore limite consentito. Quindi la tensione sul carico è

il prodotto diretto della corrente iniettata per la resistenza di guasto. Orbene, sia la tensione che la

corrente di guasto hanno dei valori inferiori a quelli che si avrebbero con sorgenti a potenza

infinita.

4.2. Prova a 10A/10A

La prova è eseguita impostando le correnti limite del PEC 1 e del PEC 2 entrambe a 10A efficaci.

4.2.1. Trattamento dei dati

Tutti i risultati ottenuti sono elaborati in “Matlab”, eseguendo sia una compensazione dell’offset iniziale, sia

un’operazione di filtraggio del segnale.

La compensazione è effettuata calcolando il valore medio nei primi istanti e sottraendolo a tutto il segnale.

Il filtraggio è effettuato con un filtro passa-basso di tipo FIR. La banda passante arriva fino a 250Hz e la

banda oscura parte da 350Hz. L’oscillazione ammessa in banda passante è di 1dB, mentre l’attenuazione in

banda oscura è di 60dB.

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55

Prendiamo come esempio la corrente totale nel carico. Per questa è calcolato un offset iniziale di 0,1159A:

è praticamente trascurabile in confronto ai valori nominali di corrente. Dalla Figura 4.2 si può, infatti,

vedere che le due curve sono praticamente sovrapposte.

Figura 4. 2 Confronto corrente acquisita/compensata (1ᵃ_tf_10_10)

Ora, per la stessa corrente, si prosegue col mostrare il confronto tra il segnale compensato (comparabile a

quello acquisito, come appena detto) e quello filtrato.

Figura 4. 3 Confronto corrente compensata/filtrata (1ᵃ_tf_10_10)

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In questo caso, come si può vedere, l’operazione di filtraggio ha un effetto molto più marcato. La corrente

compensata presenta molti punti lontani tra loro. Con il filtro FIR passa-basso, la corrente migliora il suo

aspetto e non presenta tutti i disturbi che ha dopo la sola compensazione.

4.2.2. Primi istanti di guasto

Si vuole, ora, valutare l’effetto dell’inserimento, durante il guasto, del PEC 2. Sappiamo che, per ottenere

l’effetto desiderato, le correnti erogate dai due convertitori devono essere in fase. Se così non fosse, si

potrebbe verificare l’effetto contrario: la corrente iniettata dal PEC 2 potrebbe essere tale da opporsi a

quella del PEC 1 e ciò comporterebbe una riduzione del livello di guasto, invece che un sostentamento.

È calcolata la corrente del convertitore principale come differenza della corrente di carico e della corrente

del convertitore ausiliario. Chiaramente essa dipende direttamente dalle due correnti effettivamente

misurate, ma ci è utile per alcune considerazioni.

Figura 4. 4 Primi istanti di guasto (1ᵃ_tf_10_10)

Come si può vedere dalla Figura 4.4, quando si ha l’inserzione del guasto, la corrente totale ha subito un

fronte di salita molto ripido (dovuto solo al PEC 1). Dopodiché interviene il sistema di controllo a limitare il

valore di picco della corrente iniettata. Quindi l’erogazione cresce linearmente fino al valore massimo. Si

può ben osservare che nei primi quattro cicli dopo l’inserzione del guasto la corrente totale (che è solo

quella del convertitore principale) si sposta progressivamente verso l’alto. Infatti, analizzando il secondo dei

quattro cicli sopracitati, si vede che l’offset è quasi nullo. Invece, nell’ultimo dei quattro cicli, vale circa 2,5A

(in seguito è presentata una analisi più accurata). Questo valore è presto ottenuto dalla analisi grafica della

curva:

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Evidentemente questo spostamento non può essere dovuto alla componente unidirezionale del transitorio

perché è un offset che dovrebbe ridursi, invece che aumentare, come accade. Di conseguenza è ipotizzabile

che vi sia una componente continua che circola per dissimmetrie che si presentano durante il guasto.

Un’ulteriore valutazione che si può effettuare riguarda i tempi di inserimento del convertitore secondario.

La logica del PEC 2 misura continuamente la fase ed il valore efficace (su 20ms) della corrente del PEC 1.

Quando si verifica il guasto, i test che effettua la logica, sul valore di corrente e sulla fase, danno esito

positivo (convertitore in saturazione). Di conseguenza viene dato il comando di inserimento al secondo

convertitore. Tutte queste operazioni richiedono mediamente 4 cicli completi: i tempi di calcolo sono molto

minori (nell’ordine dei decimi di ms), ma si deve rispettare la velocità delle sinusoidi (ogni ciclo dura 20ms)

per effettuare adeguatamente le valutazioni di fase e frequenza.

4.2.3. Sfasamento tra le correnti dei due convertitori

La logica di controllo prevede che, una volta misurate la fase e la frequenza della corrente principale, il PEC

2 si agganci al PEC 1 e prosegua con la frequenza, inizialmente, rilevata. Tutto questo non deve influenzare

il comportamento del convertitore principale che deve continuare nella sua erogazione indipendentemente

da quello che fa l’inverter secondario.

Figura 4. 5 Sfasamento tra le correnti erogate (1ᵃ_tf_10_10)

Si possono osservare due aspetti:

la corrente del PEC 2 si inserisce relativamente bene nel guasto poiché impone subito il suo valore

di picco e la fase ben si aggancia a quella della corrente principale. Invece, soprattutto nei primi due

cicli, la corrente del PEC 1 subisce l’inserzione dell’altro inverter. Infatti si vede che il suo valore

massimo assoluto cala dal valore di circa 15A (ultimo picco negativo visibile) al valore di circa 9,5A

(picco positivo successivo). Dopodiché la sua ampiezza si ristabilisce progressivamente al valore

limite ammesso. È immediato constatare che l’erogazione di corrente da parte del convertitore

13.66 13.68 13.7 13.72 13.74 13.76

-15

-10

-5

0

5

10

15

t [sec]

Corr

enti [

A]

Ipec2

Ipec1

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58

secondario influenza l’erogazione della corrente del convertitore principale. Il PEC 2 agisce più

velocemente del PEC 1 ed inietta una corrente che, nei primi periodi, circola non solo verso il

carico, ma anche verso la rete a monte.

Si vede già dopo il primo ciclo che le due correnti perdono il riferimento di fase e,

progressivamente, si portano ad uno sfasamento calcolato di circa 45°. Questo è un valore per nulla

trascurabile se consideriamo che, idealmente, vorremmo che le correnti fossero perfettamente

allineate. Tuttavia il contributo della corrente fornita dai supercap è comunque in grado di

aumentare il livello di guasto (successivamente sono presentate considerazioni quantitative più

dettagliate).

4.2.4. Componente continua di corrente

Analizzando le correnti circolanti, si osserva che:

per il PEC 1: durante il guasto vi è circolazione di una componente continua. Il suo valore è,

mediamente, di circa 2A e si presenta in tutti gli intervalli interessati dal corto circuito. In

condizioni normali, invece, la componente continua di corrente è comunque non nulla ed è

nell’ordine dei decimi di Ampere.

Per il PEC 2: esso si inserisce solo durante il guasto e si vede che introduce una piccola componente

continua di corrente anch’essa dell’ordine dei decimi di Ampere.

Figura 4. 6 Correnti continue (1ᵃ_tf_10_10)

4.2.5. Valori efficaci di tensione e corrente

Di seguito è analizzato l’andamento complessivo delle tensioni e correnti RMS, in modo da valutarne il

comportamento in condizioni normali ed in condizioni di corto circuito.

200 400 600 800 1000 1200-1.5

-1

-0.5

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

5

5.5

cicli

corr

enti c

ontinue [

A]

Ipec2 continua

Ipec1 continua

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Figura 4. 7 Andamento generale delle tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

La Figura 4.7 mostra l’andamento delle tensioni efficaci durante l’intera prova. La sequenza di manovre

eseguite è la seguente (per chiarimenti si vedano gli schemi proposti al capitolo 2):

partenza acquisizione;

inserimento carico;

chiusura guasto;

apertura carico (e apertura interruttore di guasto);

inserimento carico;

chiusura guasto;

apertura del solo guasto (continua ad erogare su carico);

chiusura guasto;

apertura carico;

richiusura su guasto;

apertura di tutti gli interruttori.

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 13000

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

cicli

ten

sio

ni e

ffic

aci [

V]

Vab rms

Vca rms

inserimento caricoapertura guasto

inserimento guasto

inserimento su guasto

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60

Figura 4. 8 Dettaglio 1 tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

Si può, immediatamente, osservare che le tensioni a vuoto non sono al valore di progetto di 100V e non

hanno nemmeno lo stesso valore (Vab vale circa 92,5V mentre Vca vale circa 90V). Inoltre l’inserimento del

carico comporta una ulteriore caduta di tensione che ammonta a circa il 2% della tensione a vuoto, per

entrambe. Quando è inserito il guasto, la tensione cala bruscamente e si stabilisce al valore di 23V. In

seguito all’apertura del guasto la tensione cresce linearmente con una rampa calcolata di 2,3V/ciclo.

Questo andamento si ripete esattamente allo stessa maniera anche nelle manovre successive, con apertura

del guasto direttamente sul carico:

Figura 4. 9 Dettaglio 2 tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 5000

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

cicli

ten

sio

ni e

ffic

aci [

V]

Vab rms

Vca rms

inserimento carico

inserimento guasto

apertura guasto

500 550 600 650 700 750 800 850 900 950 10000

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

cicli

ten

sio

ni e

ffic

aci [

V]

Vab rms

Vca rms

inserimento carico

inserimento guasto

inserimento guasto

apertura guasto su carico

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61

Infine, osserviamo gli ultimi istanti di misura:

Figura 4. 10 Dettaglio 3 tensioni efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

Si vuole evidenziare il valore di tensione che assumono le tensioni quando si sia effettuata la richiusura

direttamente sul guasto. Diversamente dalla chiusura del guasto partendo dalla condizione di carico

nominale, qui le tensioni valgono circa 14V. Questo valore è inferiore di circa 9-10V rispetto al valore che ha

nel normale inserimento del guasto. Ciò dipende, a parità di resistenza, dalle correnti che i due convertitori

erogano quando funzionano come generatori di corrente.

Per quanto riguarda le correnti abbiamo quella totale della fase “a” e quella del PEC 2 della fase “a’”.

L’andamento complessivo è mostrato di seguito:

1000 1050 1100 1150 1200 1250 13000

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

cicli

ten

sio

ni e

ffic

aci [

V]

Vab rms

Vca rms

guasto

richiusura diretta su carico

apertura

a vuoto

apertura guasto e carico

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Figura 4. 11 Andamento generale delle correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

Si valutano i valori delle correnti, ingrandendo la figura in più schermate:

Figura 4. 12 Dettaglio 1 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

Come mostra la Figura 4.12, la corrente nominale di carico è circa 7,69A (data dal convertitore principale).

Lo stesso valore è calcolato analiticamente in principio di capitolo. Una volta inserito il guasto si nota che il

PEC 2 impone una corrente di circa 11,87A, sebbene il suo limite sia di 10A. La corrente totale circolante

vale circa 21,85A. Dalla differenza delle due si evince che la corrente iniettata dal PEC 1, durante il guasto,

vale esattamente 10A, come si vorrebbe che sia.

Ingrandendo ulteriormente la precedente immagine si può osservare una caratteristica rilevante:

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 13000

10

20

30

40

50

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ipec2 rms

Itot rmsinserimento guasto

a vuoto

inserimento carico

inserimento su guasto

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 5000

5

10

15

20

25

30

35

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ipec2 rms

Itot rms

a vuoto

inserimento carico

inserimento guasto

7,69A

11,87A

21,85A

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Figura 4. 13 Dettaglio 2 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

Il guasto è inserito all’incirca al ciclo 224. La corrente del PEC 2 si inserisce dopo 4 cicli e va a regime in circa

3 cicli (dal 228 al 231). Osservando la corrente totale si evince che il PEC 1 va a regime dopo il PEC 2 (circa al

ciclo 235), nonostante l’aumento di corrente sia già iniziato nel momento di partenza del guasto. Quindi i

tempi di assestamento del PEC 1 sono di circa 11 cicli che corrisponde a 220ms. Il PEC 2 si stabilizza in

60ms. Questo semplice esempio mostra in maniera evidente la differente velocità di risposta che hanno i

due convertitori.

I valori di corrente evidenziati in Figura 4.12 si ottengono nuovamente nei 500 cicli successivi:

Figura 4. 14 Dettaglio 3 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 2400

5

10

15

20

25

30

35

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ipec2 rms

Itot rms

inserimento guasto

inserimento PEC2

PEC1 a regime

PEC2 a regime

500 550 600 650 700 750 800 850 900 950 10000

5

10

15

20

25

30

35

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ipec2 rms

Itot rms

a vuoto

carico

guasto

apertura su carico

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Infine, si osservano gli istanti in cui si effettua la richiusura direttamente sul guasto:

Figura 4. 15 Dettaglio 4 correnti efficaci (1ᵃ_tf_10_10)

Si vede chiaramente che, un volta reinserito il guasto, la corrente che vi contribuisce è solo quella del PEC 1.

Invece il PEC 2 nemmeno si inserisce.

Il valore di corrente iniettata dal convertitore principale è circa 12A. Di conseguenza si spiega il valore di

tensione concatenata di Figura 4.10.

√ √

Normalmente, con erogazione di corrente da parte di entrambi gli inverter, si hanno circa 23V.

4.2.6. Resistenza misurata

Brevemente, si mostra l’andamento della resistenza. Questa è calcolata dalla legge di Ohm, conoscendo la

tensione concatenata Vab e la corrente totale misurate:

1000 1050 1100 1150 1200 1250 13000

5

10

15

20

25

30

35

40

45

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ipec2 rms

Itot rms

guasto

a vuoto

richiusura su guasto

12A

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65

Figura 4. 16 Andamento generale resistenza (1ᵃ_tf_10_10)

Nei tratti in cui la resistenza sale ad infinito siamo nella condizione di circuito aperto ovvero funzionamento

a vuoto.

Il valore di resistenza di carico è circa 7Ω, mentre il valore di resistenza di guasto è circa 0,6Ω. Entrambe

differiscono leggermente dai valori misurati ad inizio prova.

4.2.7. Valutazione ripple di corrente e tensione

Analizzando le grandezze acquisite rispetto alle stesse, ma una volta compensate e filtrate, è possibile

valutare i valori delle oscillazioni di corrente e tensione attorno alla prima armonica.

Tali valori, calcolati come media sull’intera prova, valgono:

E

Di seguito sono mostrate le reali distribuzioni di probabilità delle oscillazioni (curva ad istogrammi) e le loro

approssimazioni (curva continua), attorno ai valori medi:

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 13000

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

cicli

resi

sten

za [

oh

m]

7ohm

0,6ohm

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66

Figura 4. 17 Distribuzione ripple di tensione (1ᵃ_tf_10_10)

Figura 4. 18 Distribuzione ripple di corrente (1ᵃ_tf_10_10)

Dividendo i valori appena calcolati per le rispettive grandezze nominali, è possibile ottenerli in valore

percentuale (sono entrambe tensioni concatenate quindi non si divide per √ ):

E

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67

4.3. Prova a 15A/15A

A titolo dimostrativo è presentata la prova con correnti limite dei due convertitori impostate entrambe a

15A in valore efficace.

Figura 4. 19 Correnti efficaci prova 15A/15A (1ᵃ_tf_10_10)

Si vede che, in tutte le situazioni di corto circuito, entrambe le correnti dei due convertitori ammontano a

circa 18A. Da notare che, diversamente dalla prova a 10A, in questo caso il PEC 2 si inserisce anche

nell’ultima manovra di richiusura direttamente su guasto (circa dal ciclo 1100 a 1300).

4.4. Bibliografia

[24] Data sheet da sito internet: http://sine.ni.com/nips/cds/view/p/lang/it/nid/208793 (ultima

consultazione: 07-03-2016)

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 13000

5

10

15

20

25

30

35

40

45

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ipec2 rms

Itot rms36A

18A

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5. Analisi dati seconda sessione di misure

Di seguito è mostrata la rete su cui sono eseguite le prove della seconda sessione. Si vogliono eseguire

prove su guasti monofase. Si suppone, quindi, che anche i carichi siano di natura monofase. Pertanto è

indispensabile distribuire il collegamento di neutro del centro stella dei carichi come quarto filo. Esso finisce

nei punti centrali dei condensatori del DC bus; a questo filo sono riferiti e connessi, come nodo comune,

anche gli elementi circuitali derivati (capacità di filtro) e i dispositivi di misura (voltmetri). Per esigenze

dovute al guasto monofase è necessario che il filo di neutro attraversi l’interruttore CB3, il quale ha anche

la protezione differenziale. In caso contrario si avrebbe l’immediata apertura dell’interruttore per

differenza di correnti non nulla.

Figura 5. 1 Rete della seconda sessione di misure

Le misure effettuate sono:

tre tensioni di fase sulle capacità di filtro del PEC 1;

tre correnti, in uscita dal PEC 1, a valle del filtro;

tre correnti, a valle del parallelo, per la misura della corrente totale (transitante nel carico).

5.1. Prove monofase

Con riferimento alla Figura 5.1, in presenza di guasto monofase, l’interruttore CB4 è manovrato su una sola

fase. Pertanto sono da intendersi assenti due (fasi “b”, “c”) dei tre fili che simulano il corto circuito trifase.

La logica di controllo prevede che, in presenza di guasto monofase, sia ridotta la tensione della sola fase

“a”, mentre le altre continuino ad operare ordinariamente. Inoltre, per cercare di mantenere equilibrate le

tensioni sui condensatori DC, è volutamente iniettata una componente continua di corrente nella fase “c”

dal PEC 1. Essa circola per mezzo dell’imposizione di una tensione continua del valore di ±5V. La scelta del

valore di tensione è effettuata tramite la misura della mezza tensione Vdc (Vdc/2) sul DC bus, dal LEM di

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tensione. Tale compensazione è continua. Anche il PEC 2 (normalmente spento) modifica il livello di

tensione ed inietta la corrente ausiliaria nella sola fase guasta. Le altre due fasi sono mantenute inattive.

Un’altra modifica introdotta riguarda le modalità di inserimento del PEC 2.

La logica è di seguito esposta: nel funzionamento ordinario il PEC 1 alimenta il carico e il PEC 2 è spento. In

presenza di guasto, il convertitore principale aumenta la corrente erogata fino al suo valore limite. Quando

questa corrente supera una certa soglia minima, il PEC 2 è inserito e introduce una corrente pari al suo

valore limite. Dopodiché l’inverter secondario è spento quando la corrente totale nel carico (somma delle

due) scende al di sotto di un valore stabilito.

Riassumendo, le tre grandezze caratteristiche sono:

corrente limite = valore RMS di corrente aggiuntiva massima che si vuole iniettare;

corrente di soglia = valore RMS di corrente del PEC 1 oltre il quale si inserisce il convertitore

secondario;

corrente di stop = somma delle correnti RMS dei due convertitori al di sotto della quale si decide di

spegnere il PEC 2, una volta acceso. In termini pratici indica che la corrente totale si sta riducendo

per estinzione o apertura del guasto; pertanto la corrente ausiliaria non è più necessaria.

I valori di resistenza misurati ad inizio prova sono:

7,1Ω per le resistenze di carico;

0,8Ω per le resistenze di guasto.

La corrente nominale di carico vale, di conseguenza:

I dati sono trattati ed elaborati in Matlab, ugualmente a quanto fatto al precedente capitolo. In questo caso

la frequenza di campionamento è, però, 12800Hz.

La sequenza di manovre eseguita è la medesima della prima sessione.

5.1.1. Prova monofase a 10A/20A

5.1.1.1. Correnti

La seguente figura mostra l’andamento generale delle correnti totali nel carico (in valore efficace):

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Figura 5. 2 Correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20)

Quindi si possono analizzare alcuni particolari rilevanti.

Figura 5. 3 Dettaglio 1 correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20)

Come si può osservare, la corrente di carico vale circa 7,4A. Essa è identica per le tre fasi. Una volta inserito

il guasto, le fasi “b” e “c” restano inalterate. Invece la fase “a”, dopo un transitorio un po’ disturbato,

raggiunge una corrente di circa 32,2A. Questo valore è abbastanza coerente con la somma dei 10A e 20A

che i due convertitori PEC 1 e PEC 2 forniscono, rispettivamente, come corrente limite. Tale andamento si

ripete, ugualmente, nelle successive inserzioni del guasto.

Ingrandendo gli istanti del transitorio si possono fare alcune osservazioni:

0 100 200 300 400 500 600 700 800 9000

5

10

15

20

25

30

35

40

45

cicli

corr

enti

RM

S [A

]

IcL rms IbL rms IaL rms

carico

carico

guasto

guasto

a vuoto

guasto

carico

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Figura 5. 4 Dettaglio 2 correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20)

Si può, immediatamente, notare che, la corrente della fase “a” ha un picco della durata di due cicli.

Successivamente, interviene il sistema di controllo per portare la corrente al valore limite. Tuttavia la

corrente non sale in modo deciso e costante. Inizialmente sale, poi si riduce, resta costante, risale con una

pendenza accentuata e, infine, con una pendenza inferiore. Il transitorio dura complessivamente circa 19

cicli (211-230). La spiegazione di questo transitorio risiede nei valori di corrente caratteristici (si veda il

precedente paragrafo) impostati. Inizialmente, il PEC 2 rileva il picco di corrente principale e si inserisce.

Successivamente, però, la corrente del PEC 1 è prima ridotta e poi aumentata gradatamente, fino al valore

massimo scelto, dalla logica di controllo. A causa di ciò il convertitore secondario rileva che la corrente è, in

realtà, scesa al di sotto della “corrente di stop”. Di conseguenza, giustamente, si stacca. Nel frattempo,

l’inverter principale sta erogando una corrente via via crescente. Allora il secondo convertitore, misura una

corrente nuovamente superiore alla soglia minima e si reinserisce. Questa volta la sua accensione è

definitiva in quanto la somma delle correnti è stabilmente superiore alla soglia minima.

Di seguito si analizza la rampa di corrente che la fase guasta subisce quando, dalla condizione di guasto, si

torna a quella di carico nominale:

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Figura 5. 5 Dettaglio 3 correnti RMS nel carico (2ᵃ_mf_10_20)

La rampa ha un valore calcolato di:

Dove al numeratore vi è la differenza tra i valori di corrente finale e iniziale (espresse in A). Al

denominatore vi è la differenza tra gli istanti finale e iniziale (espressi in cicli). Tale rampa deriva

direttamente dalla strategia voluta che prevede, dopo il guasto, la risalita della tensione con una pendenza

pari a 1V/ciclo.

Volendo avere conferma della causa del lungo e articolato transitorio osservato in fase di inserimento del

guasto, si può considerare la corrente iniettata dal PEC 2. Questa è ottenuta dalla differenza tra le correnti

del carico e le correnti del convertitore principale. Ci è utile solo per effettuare delle considerazioni in

quanto, a rigore, non la conosciamo direttamente. Per brevità ne osserviamo solo quella della fase

interessata dal guasto.

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Figura 5. 6 Inserimento corrente PEC 2 della fase “a” (2ᵃ_mf_10_20)

Prendendo in esame gli istanti di partenza del guasto si può, chiaramente, vedere che il convertitore ha

un’interruzione nell’inserimento. Infatti esso eroga corrente per circa due cicli e mezzo. Dopodiché si stacca

per circa otto cicli e, successivamente, si reinserisce stabilmente. La corrente inserita raggiunge un valore di

picco di circa 33A che corrispondono a circa 23A in valore efficace.

5.1.1.2. Corrente di neutro

Si vuole, ora, analizzare il comportamento della corrente di neutro. Essa è calcolata come somma delle tre

correnti istantanee nel carico.

4.2 4.25 4.3 4.35 4.4 4.45 4.5 4.55 4.6

-30

-20

-10

0

10

20

30

tempo [s]

corr

ente

[A

]

Ia PEC 2

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Figura 5. 7 Corrente di neutro (2ᵃ_mf_10_20)

Tale corrente è quasi nulla (non esattamente) nel funzionamento ordinario. Invece, negli istanti di guasto,

essa è molto alta e raggiunge circa 36A come valore di picco. Questo è direttamente connesso alla iniezione

forzata della corrente di guasto. La somma delle tre correnti non è più nulla e, evidentemente, la sua

richiusura avviene nel filo di neutro.

5.1.1.3. Sfasamento tra le correnti iniettate

È possibile valutare lo sfasamento tra le correnti iniettate dai due convertitori osservando le grandezze

istantanee:

Figura 5. 8 Sfasamento tra le correnti (2ᵃ_mf_10_20)

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18-40

-30

-20

-10

0

10

20

30

40

tempo [s]

corr

ente

[A

]

I0

4.5 4.51 4.52 4.53 4.54 4.55 4.56 4.57 4.58 4.59 4.6-35

-30

-25

-20

-15

-10

-5

0

5

10

15

20

25

30

35

tempo [s]

corr

enti

istn

tane

e [A

]

Ia PEC 1

Ia PEC 2

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Anche qui, come nella prima sessione, le correnti risultano sfasate di circa 45°. Nonostante tale angolo sia

molto ampio per le condizioni ideali volute, le correnti riescono comunque a sommarsi in maniera

sufficientemente efficace. Infatti la somma dei loro valori di picco dovrebbe dare (osservando la Figura

5.8): il picco del PEC 1 è circa 18,68A mentre il picco del PEC 2 è circa 33,69A. Questi, sommati, risultano

52,37A che, in valore efficace, è pari a circa 37A. In Figura 5.3 è mostrata una corrente massima RMS di

32,2A.

5.1.1.4. Tensioni continue

Si può valutare la tensione continua introdotta volutamente, sulla fase “c”, dalla logica di controllo. Di

seguito è mostrato il particolare dei primi 300 cicli di prova. La situazione si ripete allo stesso modo nei

successivi.

Figura 5. 9 Componente continua tensione Vc (2ᵃ_mf_10_20)

Quando è inserito il carico, Vc subisce un forte spostamento prima verso valori negativi (circa -5V), poi è

oscillante con smorzamento progressivo. Quando è inserito il guasto, dapprima ha un picco positivo di circa

6V e, successivamente, scende a valori negativi, con visibili oscillazioni attorno al valore -3V. Come si vede,

la tensione continua varia continuamente con delle subarmoniche molto evidenti.

5.1.1.5. Tensioni istantanee

Si può osservare la dissimmetria appena esposta anche sul grafico delle tensioni istantanee:

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240 260 280 300-9

-8

-7

-6

-5

-4

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

5

6

7

8

cicli

ten

sio

ne

con

tin

ua

[V]

Vc continua

caricoguasto

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Figura 5. 10 Tensioni istantanee funzionamento a carico (2ᵃ_mf_10_20)

Ciò che si può confermare è una marcata dissimmetria tra le tre curve. Ma, maggiormente, si vede che, già

in un intervallo di tempo così ristretto, esse cambiano valore massimo ripetutamente. Quindi, oltre ad una

componente fondamentale sono presenti anche delle subarmoniche che modificano le sinusoidi. Nelle

ellissi evidenziate si possono vedere le curve che si discostano dall’andamento ideale. Si può,

generalmente, dire che il valore di picco delle tensioni di fase è circa 80V che si avvicina agli 81,6V ideali,

calcolati.

Ciò che succede nell’inserimento del guasto è di seguito mostrato:

Figura 5. 11 Tensioni istantanee primi istanti di guasto (2ᵃ_mf_10_20)

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La tensione della fase “a” cala per effetto della ridotta impedenza. Il suo andamento è decisamente

“sporcato” dalla presenza di armoniche il cui effetto è molto visibile. Si nota, ancora, la dissimmetria. In

questo caso può essere accettata, a causa dello sbilanciamento introdotto dal guasto.

Proseguendo temporalmente, si osservano gli istanti in cui si inserisce il PEC 2.

Figura 5. 12 Tensioni istantanee durante il guasto (2ᵃ_mf_10_20)

L’intervento del secondo convertitore è evidenziato dall’aumento del valore di picco della tensione della

fase guasta. Essa passa da un valore inferiore ai 20V (stando attenti all’offset) a circa 30V. Seppure

evidente, si osservi l’effetto meno marcato delle armoniche (si sommano ad una sinusoide con ampiezza

maggiore).

5.1.1.6. Tensioni RMS

È presentato, ora, l’andamento delle tensioni in valore efficace:

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Figura 5. 13 Tensioni RMS (2ᵃ_mf_10_20)

Si nota che i valori di tensione delle tre fasi non sono uguali tra loro nemmeno nel funzionamento ordinario

(conferma di quanto visto nelle figure delle tensioni istantanee). Mediamente, i valori efficaci sono di circa

52V per la fase “c” e circa 53V per la fase “b”. Tuttavia questi valori non risultano costanti nel tempo. È

interessante osservare che la tensione della fase “a”, in presenza di guasto, scende, inizialmente, a circa

10V. Quando si inserisce il PEC 2, l’aumentato livello di corrente circolante nelle resistenze di guasto fa

risalire la tensione a circa 21,5V.

5.1.1.7. Resistenza

Combinando i valori di tensione e corrente efficaci, ottenuti durante il guasto, si ricava un valore di

resistenza all’incirca di:

Queste considerazioni sono approssimative in quanto le curve sono poco stabili.

Di conseguenza si presenta l’andamento della resistenza calcolata come rapporto tra la tensione e la

corrente di carico della fase “a”:

0 100 200 300 400 500 600 700 800 9000

10

20

30

40

50

cicli

ten

sio

ni e

ffic

aci [

V]

Va rms

Vb rms

Vc rms

guasto apertura guasto

inserimento PEC 2

21,5V

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Figura 5. 14 Resistenza (2ᵃ_mf_10_20)

Il valore di resistenza di carico è mediamente uguale, seppur variabile (è estrapolato dai dati di tensione e

corrente), a quello misurato ad inizio prova. La resistenza di guasto ha un andamento più costante. Il suo

valore è dato dal parallelo delle due resistenze (carico e guasto):

5.1.1.8. Potenze transitanti

Si analizzano le potenze transitanti nella rete. Di seguito sono mostrate le potenze di ogni fase:

le potenze transitanti dal convertitore principale verso il nodo di carico ottenute dal prodotto delle

tensioni di fase per le correnti della misura “I1”:

Dove il pedice “k” indica il nome della fase e può, quindi, essere “a”, ”b” o “c”;

le potenze transitanti verso il carico ottenute dal prodotto delle tensioni di fase per le correnti

della misura “Itotale”:

È utile effettuare un distinguo tra le tre fasi, al fine di poter osservare la congruenza tra i dati sperimentali e

la strategia di controllo voluta.

Per quanto riguarda la fase “a”, le potenze sopra esposte, devono mostrare un comportamento identico nel

funzionamento ordinario. Invece negli istanti di guasto, devono differire in quanto il carico riceve potenza

aggiuntiva anche dal PEC 2 oltre che dal PEC 1.

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 9000

2

4

6

8

10

cicli

resi

sten

za [

oh

m]

7,1ohm

0,7ohm

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Figura 5. 15 Potenze istantanee fase “a” (2ᵃ_mf_10_20)

Nel funzionamento a carico si può osservare che le potenze sono praticamente sovrapposte (in realtà i

valori medi mostrano che non sono identiche: vedi sotto). Inoltre si vede che il valore di picco non è

costante ma, ad esso, è sovrapposta una componente armonica di ordine inferiore alla prima (vedasi stessi

concetti trattati per le tensioni). Una volta partito il guasto si nota, come già visto precedentemente, che il

PEC 2 non si inserisce immediatamente. Quando accade (intervallo di circa due cicli e mezzo), la potenza

Pa1 è negativa. Ciò significa che il flusso di potenza è, momentaneamente, “governato” dal PEC 2: nei primi

istanti, cioè, il convertitore principale non è tanto veloce, quanto il secondario, per rispondere alla

modificata condizione di lavoro (inserimento del guasto). Successivamente si assiste allo sgancio del

convertitore secondario, infatti le potenze tornano a sovrapporsi. Infine, il riaggancio del secondo inverter,

comporta che la potenza Pa1 si inverta in fase e prosegua con tale imposizione. In seguito la Pa1 ha un valor

medio positivo. Si può vedere che le potenze transitanti non sono perfettamente in fase (conferma dello

sfasamento tra le correnti iniettate). Ad ogni modo, il livello di potenza, grazie ai supercondensatori, risulta

aumentato. Da notare che la potenza fornita dal PEC 1, durante il guasto, è inferiore rispetto alla stessa

negli istanti di carico. Ciò non è dovuto alla corrente che, in effetti, aumenta. La causa è esclusivamente da

attribuirsi alla riduzione della tensione per la riduzione della resistenza vista dai convertitori.

4 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6

0

500

1000

1500

2000

2500

tempo [s]

po

ten

ze [

W]

Pa1

PaL

inserimento PEC 2

sgancio PEC 2

ripartenza PEC 2

guasto

carico

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Figura 5. 16 Potenze medie fase “a” (2ᵃ_mf_10_20)

Da questa figura si può ben vedere come il livello di potenza del convertitore principale (Pa1) risulti ridotto

negli istanti di guasto. Invece la PaL mostra come la potenza nel carico sia notevolmente aumentata dalla

iniezione di corrente del PEC 2. Questo fornisce una potenza superiore al PEC 1 in quanto, a parità di

tensione, inietta una corrente maggiore.

Per quel che riguarda le fasi “b” e “c”, si possono confrontare più facilmente analizzandone direttamente il

valor medio. Per quanto riguarda il valore istantaneo sono sempre e comunque in fase.

Figura 5. 17 Potenze medie fase “b” (2ᵃ_mf_10_20)

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900

-200

0

200

400

600

800

1000

1200

cicli

po

ten

ze [

W]

Pa1 media

PaL media

0 100 200 300 400 500 600 700 800 9000

50

100

150

200

250

300

350

400

450

cicli

po

ten

ze [

W]

Pb1 media

PbL media

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Figura 5. 18 Potenze medie fase “c” (2ᵃ_mf_10_20)

Si vede, in entrambe le figure, che le potenze seguono il medesimo profilo. Tuttavia i valori assoluti sono

differenti sia tra le diverse fasi, sia nella stessa fase, tra la misura a monte (Pk1) e a valle (PkL) del nodo di

carico. Il primo aspetto può essere dovuto alla dissimmetria osservata nelle tensioni e, conseguentemente,

allo sbilanciamento delle correnti circolanti. Il secondo aspetto è dovuto a:

errori di misura;

in piccola parte, potenza dissipata dalla resistenze di contatto dei morsetti dei trasduttori e degli

interruttori di protezione;

in piccola parte, potenza persa negli amperometri della misura “I1”. Se tutto funziona

correttamente, non c’è corrente circolante nelle fasi “b’” e “c’” dell’inverter secondario né nel

funzionamento ordinario, né nel funzionamento in condizioni di guasto. Di conseguenza gli unici

elementi, tra le due misure di corrente, che possono ridurre la potenza attiva “letta” sono gli

amperometri “I1”. Tale potenza perse è facilmente quantificabile come prodotto della resistenza

interna degli amperometri (misurata e pari a 86mΩ) e del quadrato della corrente di carico

circolante (7,4A):

Ad ogni modo, si vede che, pur subendo i naturali scompensi dovuti all’inserimento del guasto, le potenze si

mantengono sempre coerenti alla strategia di controllo. In pratica non si devono modificare le iniezioni,

volontariamente, nelle fasi che “restano sane”.

Dalla differenza tra le potenze PaL e Pa1 è possibile ottenere la potenza iniettata dal PEC 2 nella fase “a”.

Questa è valutata esclusivamente durante gli istanti di guasto. Per farlo è necessario epurarla degli intervalli

di funzionamento ordinario che, dalla sola differenza sopra citata, avrebbero dato dei valori non nulli. In

sostanza ci mettiamo in condizioni più ideali possibile.

0 100 200 300 400 500 600 700 800 9000

50

100

150

200

250

300

350

400

450

cicli

po

ten

ze [

W]

Pc1 media

PcL media

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Figura 5. 19 Potenza dal PEC 2 (2ᵃ_mf_10_20)

Come si vede, la potenza iniettata supera i 450W. Valutando complessivamente i tempi di permanenza del

guasto e i valori di potenza si ottiene una energia (calcolata) fornita dai supercondensatori di 0,7775Wh. Si

può valutare, in modo semplice, questo valore dalla seguente analisi: osservando il grafico, si possono

facilmente approssimare le aree a tre rettangoli con base pari a circa 100 cicli e altezza di circa 475W,

mediamente.

In cui ogni ciclo ha la durata di 20ms.

Che, portata in ore, risulta 0,792Wh.

5.2. Prova monofase a 20A/20A

La prova è eseguita, a differenza della precedente, impostando ad entrambi i convertitori una corrente

limite di 20A in valore efficace.

Per prima cosa, si osservano i contributi di corrente in valore efficace:

0 100 200 300 400 500 600 700 800 9000

100

200

300

400

500

600

cicli

po

ten

za [

W]

Pa2

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Utilizzo di supercondensatori per l’innalzamento del livello di guasto in reti alimentate da convertitori

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Figura 5. 20 Correnti RMS fase “a” (2ᵃ_mf_20_20)

Durante il guasto, il livello di corrente del solo convertitore principale è pari a circa 25A. Il PEC 2 lo porta

fino 48A, con un contributo di circa 23A. Questi valori non sono costanti, ma si può osservare una certa

variabilità.

È possibile evidenziarla dal grafico delle correnti continue delle tre fasi:

Figura 5. 21 Correnti continue PEC 1 (2ᵃ_mf_20_20)

Si nota che lo sbilanciamento della rete è introdotto già in fase di inserimento del carico. La corrente

continua della fase “c” ha una inspiegabile oscillazione a frequenza di 6,25Hz, che è pari ad 1/8 della

frequenza fondamentale (50Hz). Durante il guasto monofase, ovviamente, questo sbilanciamento è

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 5500

10

20

30

40

50

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ia1 rms

IaL rms

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550

-6

-4

-2

0

2

4

6

cicli

corr

enti

co

nti

nu

e [A

]

Ia1 continua Ib1 continua Ic1 continua

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accentuato e le correnti si allontanano maggiormente tra loro. Inoltre le fasi “a” e “c” hanno una

oscillazione, attorno al valor medio, con una frequenza di 16,7Hz, che è pari ad 1/3 della frequenza

fondamentale. Complessivamente, quindi, l’intera prova è molto disturbata da componenti continue e

armoniche, che, inevitabilmente, modificano l’intera forma d’onda delle sinusoidi di corrente. I valori

efficaci delle correnti mostrano, comunque, il positivo effetto dell’inserimento dei supercondensatori: il

livello di guasto è efficacemente aumentato.

È presentato, ora, l’andamento delle tensioni continue:

Figura 5. 22 Tensioni continue (2ᵃ_mf_20_20)

Si vede che, nel funzionamento ordinario in cui il PEC 1 lavora come generatore di tensione, la componente

continua della tensione “c” è già oscillante. Invece, durante il guasto, il convertitore lavora come

generatore di corrente e le tensioni dipendono direttamente dalle correnti iniettate. Tuttavia, nella fase

“c”, è imposta una tensione continua che tenta di bilanciare lo scompenso del neutro causato dal guasto.

È utile osservare le potenze medie transitanti dal convertitore principale e verso il carico:

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550-6

-4

-2

0

2

4

6

8

cicli

ten

sio

ni c

on

tin

ue

[V]

Va continua

Vb continua

Vc continua

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Figura 5. 23 Potenze medie fase “a” (2ᵃ_mf_20_20)

In questo caso di può vedere che la potenza iniettata dal convertitore non si riduce, durante il guasto, come

nella prova precedente. In questa, la corrente iniettata è tale da mantenere la tensione ad un livello ben più

alto. Di conseguenza il prodotto della corrente e della tensione (entrambe superiori) fa sì che il livello di

potenza sia maggiore. Inoltre è meno influente l’effetto della differenza di velocità di risposta dei due PEC.

Ciò è dovuto alla maggiore efficacia delle misure della fase e della frequenza poiché le correnti hanno dei

valori più alti e i passaggi per lo zero hanno, quindi, una pendenza più alta (minor effetto del rumore). In

fase di inserimento del guasto la potenza totale sale rapidamente (contributo PEC 2) e quella del PEC 1

scende momentaneamente. Tuttavia l’effetto non è tale da avere una valore di potenza media negativo.

Complessivamente la potenza è più che raddoppiata. Con i convertitori che iniettano 10A/20A si osserva

una potenza media massima della fase “a” di più di 700W. Con i convertitori che iniettano 20A/20A la

potenza media massima arriva quasi a 1600W.

5.3. Prove trifase - Prova trifase a 10A/20A

Questa prova è eseguita sulla medesima rete di Figura 5.1, ma ne viene testato il corto circuito trifase. Le

misure effettuate sono le stesse. Chiaramente, a differenza delle prove monofase, l’interruttore CB4 è

manovrato su tutte le tre fasi in modo tale da effettuare il corto circuito trifase su tutte e tre le resistenze di

guasto. La logica di controllo prevede, ora, che, in presenza di corto circuito, siano ridotte le tre tensioni.

Anche il PEC 2 (normalmente spento) modifica il livello di tensione ed inietta la corrente ausiliaria nelle tre

fasi.

Si nota un comportamento “ambiguo” dall’osservazione dei dati di misura dell’intera prova. Le tensioni,

durante il guasto, calano inaspettatamente in modo eccessivo e non uniforme. Nell’ellisse tracciata nella

figura sottostante, si vede che, durante la fase di regolazione della corrente limite, la tensione della fase “c”

si riduce drasticamente e si porta ad un valore inferiore rispetto alla stessa manovra eseguita in precedenza

0 50 100 150 200 250 300 350 400 450 500 550-200

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

cicli

po

ten

ze [

W]

Pa1 media

PaL media

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(circa dal ciclo 190 al 360). A causa di ciò, le altre due tensioni sembrano adeguarsi a questo fenomeno e,

pertanto, il guasto trifase risulta alterato, cioè fortemente dissimmetrico.

Figura 5. 24 Dettaglio comportamento tensioni (2ᵃ_tf_10_20)

Di conseguenza sono analizzati solo gli istanti in cui è effettuata la prima manovra di guasto, la quale risulta

accettabile. Probabilmente, in seguito, vi è la rottura o il cedimento temporaneo di qualche componente.

Si osservano le correnti erogate dall’inverter principale:

Figura 5. 25 Correnti efficaci del PEC 1 (2ᵃ_tf_10_20)

0 100 200 300 400 500 600 700 8000

10

20

30

40

50

cicli

ten

sio

ni e

ffic

aci [

V]

Va rms

Vb rms

Vc rms

0 50 100 150 200 250 300 350 4000

10

20

30

40

50

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

Ia1 rms

Ib1 rms

Ic1 rms

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Anche qui le correnti, durante il guasto, risultano leggermente differenti. Inoltre la fase “a” è molto più

stabile rispetto alle altre due. La corrente Ic1 è fortemente frastagliata e la Ib1 molto meno. Tutte e tre,

tuttavia, si portano ad un valore superiore a quello di carico, rispettando il limite imposto di 10A.

Per quanto riguarda le correnti totali, circolanti nel carico:

Figura 5. 26 Correnti efficaci totali (2ᵃ_tf_10_20)

La corrente aggiuntiva, dai supercap, contribuisce attivamente a portare il livello di guasto da poco più di

10A a poco più di 30A (corrente ausiliaria di 20A dal PEC 2). Le correnti del carico mantengono lo stesso

andamento esposto per le correnti del convertitore principale. Si può, quindi, supporre che gli scompensi

osservati (soprattutto le armoniche introdotte) siano da attribuire al PEC 1.

Dal grafico delle tensioni istantanee negli istanti di guasto è possibile osservare alcuni aspetti:

0 50 100 150 200 250 300 350 4000

10

20

30

40

50

cicli

corr

enti

eff

icac

i [A

]

IaL rms IbL rms IcL rms

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Figura 5. 27 Tensioni istantanee (2ᵃ_tf_10_20)

Innanzitutto si può vedere che è ancora presente il fenomeno di aggancio/sgancio nell’inserimento del PEC

2: al tempo 3,85s si nota che le tensioni iniziano, seppur in modo differente, ad aumentare; poco dopo

(circa 3,94s) calano tutte e tre e, successivamente, riprendono a salire con una piccola pendenza prima e

con una pendenza maggiore poi (da circa 4,08s). A queste forme d’onda si possono associare una sinusoide

a frequenza fondamentale, delle componenti armoniche a frequenza superiore e una componente

continua, variabile nel tempo, che rende la terna di tensioni non simmetrica.

Di seguito l’andamento delle tensioni continue:

Figura 5. 28 Tensioni continue (2ᵃ_tf_10_20)

3.7 3.75 3.8 3.85 3.9 3.95 4 4.05 4.1 4.15 4.2-30

-20

-10

0

10

20

30

tempo [s]

ten

sio

ni i

stan

tan

ee [

V]

Va

Vb

Vc

VaVb

Vc

0 50 100 150 200 250 300 350 400

-6

-4

-2

0

2

4

6

cicli

ten

sio

ni c

on

tin

ue

[V]

Va continua

Vb continua

Vc continua

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Ancora una volta si vede che è la fase “c” che introduce una forte e disturbata componente continua. Alla

luce di ciò è naturale supporre che la causa sia la strategia che prevede la compensazione del punto di

neutro. Evidentemente tale azione permanente introduce, in modo non voluto, una forte componente

deformante.

Per avere una visione più generale della prova è presentato il grafico dell’andamento delle potenze

complessive transitanti. Queste sono la potenza in uscita dal convertitore e la potenza che fluisce verso il

carico: entrambe sono calcolate come somma delle potenze delle tre singole fasi.

Figura 5. 29 Potenze totali medie (2ᵃ_tf_10_20)

Nel funzionamento a carico, la differenza tra la P1 e la PL è da attribuirsi, come per le altre prove, ad errori

di misura, alle resistenze di contatto e alla piccola potenza persa negli amperometri della “Misura I1”.

Successivamente, si vede che, l’inserimento del carico (quindi del PEC 2) comporta una brevissima

inversione della potenza fluente dal convertitore principale. Questa, momentaneamente, va a caricare i

condensatori di filtro. In seguito si stabilizza la condizione di guasto. La totale potenza media fornita al

carico è portata da circa 600W fino a circa 1900W.

0 50 100 150 200 250 300 350 400

-500

0

500

1000

1500

2000

cicli

po

ten

ze m

edie

[W

]

P1 media

PL media

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Conclusioni

Le prove sperimentali presentate mostrano i risultati, finora, ottenuti. Lo scopo che si vuole perseguire è

ampiamente raggiunto: le correnti iniettate dal convertitore principale e da quello secondario sono in

grado, assieme, di aumentare adeguatamente il livello di guasto della rete. Diverse prove sono eseguite: in

ognuna è modificato il valore di corrente limite che i due inverter introducono in presenza di guasto.

Osservando le diverse prove si nota che, macroscopicamente, la corrente di carico è effettivamente

aumentata ad un valore circa pari alla somma delle correnti limite volute. Di conseguenza si evince che è

possibile stabilire a priori la quantità di corrente aggiuntiva che si vuole erogare negli istanti di corto

circuito. Questo è un risultato notevole perché consente, entro i limiti tecnici delle valvole dei convertitori,

di effettuare una scelta oculata del livello di guasto voluto in base al carico presente. Pertanto resta un

ulteriore grado di vincolo (ovvero di libertà) sul dimensionamento e scelta degli organi di protezione da

interporre. In queste prove la manovra di apertura del guasto è effettuata manualmente ma si presuppone

che ciò debba essere eseguito automaticamente dagli interruttori di massima corrente.

Se, però, si osservano i risultati delle prove a livello microscopico si notano alcuni comportamenti non

voluti. Innanzitutto si nota il non completo sincronismo tra le correnti iniettate. In pratica la corrente del

PEC 1 e del PEC 2 non sono, quasi sempre, perfettamente in fase. Ciò comporta che la somma delle

sinusoidi non dia, come valore massimo, la somma dei rispettivi valori di picco. Chiaramente è un aspetto

cruciale che compromette la completa efficacia della strategia implementata. Si nota, pure, una accensione,

a volte, problematica del convertitore secondario. In diversi casi l’inserimento del PEC 2 è interessato da

alcuni istanti di fermo. Successivamente riprende correttamente il suo funzionamento.

Una ulteriore distinzione è da farsi per il funzionamento in presenza di guasto monofase oppure trifase. In

generale si può dire che, per il primo, la corrente aggiuntiva è immessa nella sola fase guasta, mentre, per il

secondo, è immessa in tutte e tre le fasi. Aspetti rilevanti si osservano, nella seconda sessione di misure,

per quanto riguarda la componente continua di corrente tale da ristabilire il bilanciamento delle tensioni

sui condensatori lato DC. I risultati mostrano che tale componente continua è presente sia nel guasto

monofase che in quello trifase. In particolar modo, essa è molto disturbata e, di conseguenza, introduce tali

disturbi anche nelle altre fasi.

Pertanto alcuni dettagli sono da rivedere e analizzare, per un più efficiente funzionamento del sistema.

Tuttavia, complessivamente, le prove effettuate comprovano l’effettivo raggiungimento degli obbiettivi

voluti con un buon grado di accettazione dei risultati.