agire di storia

70
Agire di Storia edizione 2013 storie di viaggio con la “s” minuscola I dodici racconti selezionati È un progetto della Settimana del Buon Vivere ideato dalle cooperative Casa del Cuculo, Mercuzio e Sunset

Upload: sara-galeotti

Post on 16-Mar-2016

241 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

 

TRANSCRIPT

Page 1: Agire di storia

Agire di Storiaedizione 2013

storie di viaggio con la “s” minuscola

I dodici racconti selezionati

È un progetto della Settimana del Buon Vivere ideato dalle cooperative

Casa del Cuculo, Mercuzio e Sunset

Page 2: Agire di storia

2

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Agire di storia“Coltivare ed esprimere la propria esistenza sul territorio: il passato raccontato tramite le giovani generazioni”.

Agire di storia è un progetto nato in seno alla Settimana del Buon Vivere, giunto nel 2013 alla seconda edizione.

La prima parte del progetto era un concorso letterario rivolto alle scuole medie inferiori di Forlì, con un tema: il viaggio.

Le storie raccontate dovevano essere storie quotidiane di persone semplici, dovevano essere raccolte dalla viva voce di chi le aveva vissute direttamente, dovevano essersi svolte nel corso del Novecento.

Al concorso hanno partecipato sei classi delle scuole medie di Forlì Pietro Zangheri, Benedetto Croce e Piero Maroncelli (scuola media via Orsini).

Pubblichiamo di seguito i 12 racconti selezionati e cogliamo l’occasione per fare i complimenti a tutti i ragazzi che hanno fatto un bellissimo lavoro e alle insegnanti che hanno creduto nel progetto: Maria Marincola, Isa Albertini e Adriana Fabbiano.

Page 3: Agire di storia

3

storie di viaggio con la “s” minuscola

Sommario

Prima della guerra.....................................5Il viaggio di nozze di Palì e Lina........................................6

In Bicicletta da Milano a Padova.........................................10

La transumanza.......................................................................16

Nel lontano 1914.......................................................................20

La guerra.......................................................29Il ritorno a casa.....................................................................30

In fuga da Forlì.........................................................................34

Dopo la guerra............................................43Mio nonno emigrante...........................................................44

Una vita da maestra...............................................................50

Per la scuola: un lungo viaggio tutti i giorni.......52

Gli anni Sessanta e Settanta...................55Un viaggio noioso.................................................................58

Un viaggio avventuroso.....................................................60

Gli ultimi anni...........................................65Il viaggio della mia mamma dalla Romania all’Italia...66

Page 4: Agire di storia

4

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Page 5: Agire di storia

5

storie di viaggio con la “s” minuscola

PrimadellaGuerra

Page 6: Agire di storia

6

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Il viaggio di nozze di Palì e Linadi Leonardo Landiclasse III B, scuola media “via Orsini”, plesso Maroncelli

Mia nonna Lidia spesso mi racconta dei fatti, a volte divertenti e a volte anche tragici, che sono successi ai suoi genitori e anche ai suoi nonni e bisnonni e, visto il compito che mi è stato affidato a scuola, colgo l’occasione per raccontarne uno.

Nel 1909 nacque lui e nel 1910 lei, un bel maschietto di nome Paolo e una bella femminuccia di nome Elena. Il tempo passò veloce e i due piccoli divennero un ragazzo e una ragazza molto carini; i loro nomi furono sostituiti con dei soprannomi: Palì per lui e Lina per lei perché anche in quel periodo distinguersi contava!!

Ben presto Palì divenne sufficientemente grande per aiutare il padre a lavorare la terra di famiglia mentre Lina dopo essere andata a scuola aiutava la madre nelle faccende domestiche. I due ragazzi abitavano uno poco lontano dall’altro iniziarono ad incontrarsi sempre più spesso e il gioco fu fatto: si innamorarono in quattro e quattro otto!!

Page 7: Agire di storia

7

storie di viaggio con la “s” minuscola

In quel periodo a governare l’Italia c’era Mussolini il quale istituì una legge che imponeva agli uomini al raggiungimento del ventiquattresimo anno una tassa da pagare se non si fossero sposati, ma se avessero compiuto questo passo avrebbero ricevuto in regalo un viaggio di nozze a Roma in treno. Oltre al danno anche la beffa... poveri ragazzi oltre ad essere chiamati “zioni” (attuali single) dovevano anche pagare dei soldi!!!!!!! Ma Palì non era single... anzi lui era fidanzato con la ragazza più carina della zona e quindi al raggiungimento della data fatidica le famiglie dei ragazzi si incontrarono e deliberarono che non c’era nessun ostacolo che impedisse questo matrimonio!!!!

Il matrimonio venne celebrato ma i due ragazzi che non erano mai andati oltre Faenza e Brisighella erano talmente preoccupati per il viaggio a Roma che quella notte non riuscirono nemmeno a prendere sonno.

La mattina seguente vestiti di tutto punto e con la valigia che sembrava la dispensa della cucina furono accompagnati alla stazione di Faenza e lì vennero lasciati al loro destino. Salirono timidamente gli scalini del treno ma con piacevole sorpresa scoprirono che almeno altre cinquanta coppie stavano per intraprendere lo stesso viaggio.

Finalmente i due ragazzi si tranquillizzarono e con gli altri viaggiatori si instaurò un clima molto piacevole specialmente all’ora di pranzo quando le

Page 8: Agire di storia

8

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

valigie si aprirono e diedero vita a un vero e proprio banchetto nuziale. Il viaggio durò parecchie ore ma furono piacevoli…tutte quelle novità stordivano e non facevano sentire la stanchezza.

Arrivati a Roma le coppie vennero portate in vari alberghi e a Palì e Lina toccò un albergo molto carino vicino a San Pietro chiamato “La Lunetta” ed essendo Lina molto religiosa lo interpretò come un segno di buon auspicio. La permanenza a Roma fu magnifica i due ragazzi si sentivano persone di mondo in grado di poter andare ovunque ora che avevano capito come si doveva fare per viaggiare!!!!!!!

La mamma di Lina aveva fatto una raccomandazione alla figlia prima che partisse: ”Elena non ti dimenticare di fare la scala Santa in ginocchio e di chiedere come grazia un figlio maschio; alla Piera per questo sacrificio Dio ha mandato ben quattro maschi “. Naturalmente Lina si ricordò delle raccomandazioni della madre e eseguì alla lettera le sue indicazioni.

Il soggiorno a Roma terminò, tutte le coppie si ritrovarono sul treno e il ritorno se possibile fu anche più allegro di quello dell’andata. I miei bisnonni vissero felici e contenti per tanti, tanti anni. Ah dimenticavo di dirvi ebbero tre figli: Germana, Maria e Lidia... forse in quella scala qualcosa andò storto ma ormai è inutile indagare!

Page 9: Agire di storia

9

storie di viaggio con la “s” minuscola

Page 10: Agire di storia

10

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

In bicicletta da Milano a Padovadi Giulia Faggiottoclasse III A, scuola media “via Orsini”, plesso Maroncelli

“Sono sempre stato un appassionato ciclista…”, mi dice mio nonno come prima cosa.

“Era il 1939, io avevo sedici anni e studiavo per diplomarmi come ragioniere all’Istituto Tecnico Commerciale di Milano.

Fu proprio da qui che, avuto il permesso dai miei genitori partii insieme a mia sorella Annamaria.

Per quanto riguarda i preparativi io mi occupai di verificare che le biciclette fossero in buono stato e perfettamente pulite; Anna, invece, si occupò, insieme alla mamma, di preparare il “cestino”, contenente i viveri per il nostro viaggio.

Partimmo all’una di notte con i nostri zainetti in spalla muniti di provviste e con l’astuccio del pronto soccorso e, dopo un caloroso saluto a mamma e papà, montammo in sella pronti per arrivare a destinazione: Padova, più precisamente Caselle di Selvazzano. Lì era parroco un mio zio e volevamo fargli una sorpresa.

Page 11: Agire di storia

11

storie di viaggio con la “s” minuscola

Erano circa 190 km da percorrere ma ad incoraggiarci era lo spirito di avventura tipico di noi giovani e l’aver studiato anche nei minimi particolari questo sempre atteso viaggio.

Percorrendo le prime stradine della periferia di Milano l’unica cosa che si riusciva a percepire era il suono del silenzio accompagnato dal cantare dei grilli, ma soprattutto la meravigliosa compagnia delle lucciole che brillavano, facendoci strada in quel bosco buio che sembrava non finire mai.

Finalmente si riuscirono ad intravvedere delle luci fioche che sembravano rappresentare il primo paesino del nostro viaggio (Melzo)!!!

Quindi iniziammo a pedalare sempre più con forza, ma la pedalata si bloccò quando ci rendemmo conto che erano “solo” fuochi fatui, provenienti da un cimitero.

Nonostante il timore per questa vista, il viaggio continuava; finalmente si fece l’alba e noi riuscimmo ad arrivare a Brescia accompagnati dai rumori dei primi carri che si muovevano trasportando il primo latte munto alle frazioni vicine e dai saluti dei contadini che ci guardavano stupiti.

Facemmo un giretto per la città e andammo a rifocillarci in un bar.

Era un ospitale e piccolo bar di paese, con qualche tavolo disposto qua e là per giocare a carte e

Page 12: Agire di storia

12

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

naturalmente, essendo nelle vicinanze del Veneto, per bere un bel bicchiere di vino in compagnia.

Noi, però, ci accontentammo di mangiare due o tre biscotti da inzuppare in una tazza di tè.

Una volta lasciato il bar proseguimmo il nostro viaggio, durante il quale ci fermammo svariate volte nei vari paesini che incontrammo (Cassano D’Adda, Caravaggio, Montichiari…), per rinfrescarci il viso e soprattutto i polsi.

Pranzammo a Desenzano del Garda, in riva al lago, coi panini farciti con la cotoletta preparati da Anna e dalla mamma e una gustosissima torta casereccia.

Facemmo una passeggiata in riva al lago e riprendemmo a pedalare anche se la fatica si iniziava a sentire sempre più. Prossima tappa: Verona.

Una volta arrivati ci fermammo ad ammirare lo storico Ponte della Pietra: che bellezza!!!

Rimanemmo lì a lungo ad ascoltare il suono dell’acqua del fiume che scorreva…

Riprendemmo il viaggio ma ci accorgemmo che pedalare diventava sempre più faticoso ed eravamo indecisi se fermarci per una sosta o proseguire, impazienti, per Vicenza.

Decidemmo di proseguire per Vicenza.

Ricordo che quando arrivammo, ci sedemmo sulla scalinata del Teatro Olimpico, davanti al quale

Page 13: Agire di storia

13

storie di viaggio con la “s” minuscola

erano state appena installate le giostre, delle giostre magnifiche, piene di luci e colori che mi ricordarono la mia infanzia, anzi: la nostra infanzia!

Cenammo al sacco, come sempre, con quello che era rimasto dai pranzi precedenti e con delle pesche mature, raccolte nei frutteti ai bordi delle strade che percorrevamo.

Ormai la meta era vicina quindi cominciammo a pedalare incoraggiati dal pensiero che il nostro grande sogno si stava per realizzare.

Ma dopo poco dovemmo fermarci a Villafranca di Verona, dove cademmo in un sonno profondo che ci fece addormentare appoggiati ai nostri zaini.

Nel bel mezzo del pisolino l’urlo di Anna mi svegliò e la vidi alta, in piedi, che fissava per terra.

Ne fui spaventato perché non sapevo il motivo di quella reazione.

Ebbene sì, non era altro che una semplice e tenera talpa che aveva fatto capolino da sotto terra.

Scoppiai a ridere di cuore!!!

Dopo esserci riposati,verso mezzanotte e mezzo, riprendemmo il viaggio e quando vedemmo la cima del campanile della chiesa Santa Maria Ausiliatrice, la pedalata si fece più veloce, più veloce, più veloce ancora, fino a quando non entrammo nella piccola Caselle.

Page 14: Agire di storia

14

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Ci dirigemmo all’abitazione dello zio e presto arrivammo.

Erano le due di notte: con voce tonante gridai:”Zio, zio, siamo noi!” Le finestre si aprirono e sentii mio zio gridare: “Siete proprio dei matti!!!”

Vuoi sapere qual è il ricordo che in me è rimasto più vivo in tutti questi anni? Quello delle lucciole che nella notte ci circondavano durante la lunghissima pedalata e il meraviglioso silenzio padrone di quei boschi quasi incantati”.

Page 15: Agire di storia

15

storie di viaggio con la “s” minuscola

Page 16: Agire di storia

16

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

La transumanzadi Nicola Mercurialiclasse II E, scuola media Pietro Zangheri

Pratieghi è un piccolo paese in provincia di Arezzo a 857 m sul livello del mare. Su queste colline, dalle quali ha origine il fiume Marecchia, è nato il 10 agosto 1890 il mio bisnonno Francesco Bardeschi. Lì vi è tornato dopo aver combattuto, appena diciottenne, la I guerra mondiale (1915-1918).

Possedeva un podere con una decina di vacche maremmane, quelle dalle corna lunghe, e d’estate le faceva pascolare sui prati allo stato brado, ma d’inverno non avendo né stalle né fieno era costretto alla transumanza come tanti altri possidenti del paese.

Alla fine dell’autunno 1920, prima delle grandi nevicate, il mio bisnonno partì per la sua prima transumanza insieme ad altri 30 uomini, un centinaio di vacche e altrettante pecore. I butteri, così si chiamavano gli uomini, montavano cavalli e accompagnati da cani pastori maremmani guidavano le bestie stando loro davanti, alcuni le spronavano stando loro dietro e altri avevano il compito di

Page 17: Agire di storia

17

storie di viaggio con la “s” minuscola

recuperare quelle che si allontanavano. Così il percorso che già consisteva in centinaia di chilometri diventava ancor più lungo. La meta da raggiungere era Orbetello in provincia di Grosseto dove li aspettavano i grandi prati della Maremma.

Ci volevano diversi giorni per preparare tutto l’occorrente. Le donne si occupavano di riempire accuratamente le bisacce (borsoni di cuoio messi sui fianchi del cavallo e fissati sotto la sella) con viveri che si potessero mantenere: formaggi, carne secca, salami, salsicce, fagioli, cavoli, cipolle e grandi pagnotte di pane. Immancabili i fiasconi del vino (bottiglioni ricoperti all’esterno di paglia fino al tappo) anch’essi messi appesi alla sella con padelle o pentole.

I butteri vestivano calzoni detti ‘’alla zuava’’ larghi che arrivavano sotto il ginocchio e gambali di cuoio rigido che li coprivano fino alla caviglia, camicie a quadroni, giacche e un cappello a tesa larga.

Durante le due o tre settimane della transumanza uomini e bestiame si fermavano in posti fissi e prestabiliti solitamente vicino ad un fiume per potersi abbeverare e cucinare. Si accampavano facendo un grande fuoco, sistemavano i cavalli

Page 18: Agire di storia

18

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

in girotondo intorno al bestiame affidando ai cani e alle sentinelle di turno il compito di fare la guardia. Mangiavano tutti insieme a volte con crostini di cavolo (pane raffermo bagnato con sopra cavolo cotto) altre con l’acquacotta (una specie di zuppa con cipolle e verze in cui si ammollava il pane). Bevevano l’acqua delle sorgenti e dormivano sui sacchi e sulle coperte.

Erano giorni faticosi, ma allo stesso tempo belli perché ci si aiutava tutti generosamente. All’arrivo, il bestiame veniva lasciato nei grandi pascoli della Maremma, ogni esemplare era stato marchiato a fuoco col simbolo del proprietario. Alcuni uomini tornavano poi a casa, altri si fermavano a lavorare come garzoni o facendo i mestieri, altri ancora si alternavano tutto l’inverno. Il mio bisnonno tornava solitamente in paese in attesa della primavera per ripetere tutto a ritroso.

Page 19: Agire di storia

19

storie di viaggio con la “s” minuscola

Page 20: Agire di storia

20

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Nel lontano 1914di Marco Agatensiclasse II G, scuola media Benedetto Croce

Il viaggio l’ha intrapreso il mio bisnonno Luigi, il babbo della mia nonna materna. Partì nel 1914, quando era appena iniziata la prima guerra mondiale. Il mio bisnonno viveva ad Oristano, un piccolo paese situato nella zona sud ovest della Sardegna, a nord di Cagliari e affacciato sul mare di fronte alla Spagna; doveva arrivare a Forlì e il percorso, all’epoca, risultava molto lungo e difficoltoso.

Si spostò da Oristano a Macomer un po’ a piedi e un po’ su carretti trainati da cavalli o muli. Da Macomer partiva il treno a vapore per Olbia. Una volta giunto ad Olbia, prese il piroscafo per

Page 21: Agire di storia

21

storie di viaggio con la “s” minuscola

Civitavecchia. Da qui, con il tremo a vapore, giunse fino a Forlì. Il viaggio durò più di quattro giorni.

Il treno era arrivato a Forlì in aperta campagna, dove ora sorge la stazione, che però allora non c’era perché venne costruita più tardi da Mussolini.

Il mio bisnonno era rimasto orfano di padre da piccolo e quindi era esonerato dall’andare in guerra perché doveva mantenere la famiglia. Seguì un corso di addestramento per diventare guardia carceraria e venne assegnato alle carceri di Forlì.

La mia mamma mi ha riferito che suo nonno spesso le raccontava di quanto fosse bella la Sardegna, soprattutto il mare di Cabras, un piccolo borgo di pescatori sulla costa di Oristano. Il paesaggio sardo era molto arido, c’erano pochi alberi e non erano alti e verdi come quelli di Forlì. Si vedevano spesso ulivi ed alberi con la corteccia di sughero. Durante il viaggio in treno si vedevano molti pastori con le pecore. Quello che Luigi ricordava di più di quel viaggio erano le enormi onde del mare, durante l’attraversata, che muovevano talmente il piroscafo da farti stare male. Sul piroscafo c’erano altre persone che come lui si trasferivano per lavoro sul Continente o viaggiavano per raggiungere altri parenti.

Ai quei tempi la vita in Sardegna era molto dura, anche perché la zona di Oristano era paludosa ed era diffusa la malaria, di cui anche lui si era ammalato. Quando

Page 22: Agire di storia

22

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

era bambino, lui e la sua famiglia intrecciavano la paglia nelle sedie e lui era molto veloce e preciso; era quello il loro principale lavoro. Andare a lavorare alle carceri rappresentava per lui e la sua famiglia una fortuna perché potevano contare su di un buon stipendio fisso. Per Luigi, comunque, non deve essere stato facile venire a vivere a Forlì, perché il modo di vivere dei forlivesi e le loro abitudini erano diverse dalle sue. Lui era abituato a vivere all’aperto, mentre ora si trovava a vivere anche lui “prigioniero”, in un certo senso, nel carcere. Alloggiava infatti lì dentro.

Luigi non amava parlare del suo lavoro nel carcere ed era piuttosto riservato sull’argomento. Si faceva portare il cibo dalle figlie perché non voleva mangiare le cose preparate per i prigionieri ma, quando le figlie arrivavano in portineria, voleva che non si fermassero più del necessario e dessero poca confidenza alle altre guardie. Mia zia mi ha detto che una volta un signore dentro al carcere ha chiesto a mio nonno se lei era sua figlia e lui ha risposto che non aveva figlie. Non si è mai fatto vedere in divisa dalla famiglia tant’è che le fotografie che conserviamo, le abbiamo ricevute poco tempo fa dai parenti della Sardegna: tali fotografie sono state recuperate tra quelle che lui spediva alla madre.

La zia racconta che quando andava a portare il cibo a suo padre, entrava dall’ingresso di via della Rocca,

Page 23: Agire di storia

23

storie di viaggio con la “s” minuscola

quello di fianco al Castello di Caterina Sforza, e si ritrovava in un giardino stupendo. La mia mamma si ricorda alcuni episodi che gli ha raccontato il nonno Luigi; quando era addetto al controllo degli alimenti che i parenti dei carcerati portavano loro, doveva sezionare il cibo, prima di consegnarlo ai prigionieri, ed una volta ha trovato una lima che sarebbe servita per tagliare le sbarre per una possibile evasione. Altre volte ha trovato dei biglietti con dei messaggi. Un giorno un prigioniero, fingendosi impiccato, lo ha preso con le gambe per il collo ed ha cercato di soffocarlo. Sarebbe morto se non fossero intervenute in soccorso le altre guardie.

Immagino che anche il suo modo di parlare non fosse capito subito, perché parlava un italiano molto stretto, forse con qualche parola in sardo. Perfino il suo cognome non venne capito dall’impiegato dell’anagrafe che lo registrò come Obino anziché Obinu. Mia nonna quindi si chiama Iliana Obino mentre le sue cugine che vivono ancora in Sardegna si chiamano Obinu. Inizialmente Luigi non venne ben accolto proprio perché veniva da fuori, era un “forestiero”, un “isolano meridionale”.

Poi, con il tempo, fece tante amicizie e venne apprezzato come una persona generosa ed onesta. Del resto i romagnoli sono gente aperta e questo lo aiutò certamente a sentirsi meno solo. Conobbe la

Page 24: Agire di storia

24

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

mia bisnonna alle carceri. Ella faceva la contadina e coltivava proprio i campi che si estendevano nella zona dove ora sorge la scuola media Zangheri fino all’attuale Parco Urbano. Allora, fuori dalle mura cittadine, era tutta campagna; la mia bisnonna viveva in quella casa che sorge ancora in viale Risorgimento, l’unica casa vecchia rimasta, e portava ogni giorno il latte munto alle carceri.

Faceva una vita molto faticosa, perché doveva lavorare tanta terra e a quei tempi si zappava con la vanga. La mia mamma si ricorda che sua nonna riferiva di quanto le volesse bene il padre che la voleva sempre con sé nei campi! Quando si preparava per andare a scuola, il suo babbo le diceva di non andare a scuola ma di fargli compagnia nei campi, a zappare, e lei era convinta che lo dicesse per il bene che le voleva. In realtà, se le avesse consentito di proseguire gli studi, avrebbe dimostrato di volerle più bene. Ma allora non c’era questa cultura tra le persone povere, soprattutto per le figlie femmine e c’era tanto da fare nei campi che anche il lavoro di una bambina era prezioso.

La sua famiglia non era la proprietaria del terreno, ma lavorava per “i padroni”, i Tonelli. Nel lavoro dei campi la mia bisnonna doveva sostituire i suoi tre fratelli, partiti per la guerra. Diceva sempre che il lavoro del contadino era troppo faticoso e per questo lei non avrebbe mai sposato un contadino. Oltre ad andare

Page 25: Agire di storia

25

storie di viaggio con la “s” minuscola

col babbo a lavorare la terra, c’erano tanti lavori da fare, dall’alba fino a sera: battere il grano con il corzate nell’aia prima ricoperta di bovina (escrementi secchi di mucca), sgranare il formentone, legare le fascine di foglia per il nutrimento delle bestie, vagliare e spulare il grano per liberarlo di miagola e veccia, rastrellare il fieno per il pagliaio, andare a prendere l’acqua, filare la lana e riempire il fuso prima di andare a letto, roncare, falciare, zappare, piantare, sorvegliare i fratellini più piccoli, tirare una sfoglia magari in piedi su un panchetto per arrivare meglio all’altezza del tavolo, badare la burèla (giovane mucca),tirare il latte e poi andare a venderlo cun e pitar (con il contenitore), andare a fare la foglia per i bagaret (bachi da seta), preparare le foglie di granoturco per riempire il materasso, portare i panni fino alla pozza e lavarli con la cenere, che ti venivano i geloni e i tagli nelle mani… poi bisognava strizzarli, raccoglierli nella paniera, stenderli, raccoglierli e stirarli con il ferro che veniva scaldato sul fuoco. Erano lavori che si facevano insieme alle sorelle e alle altre donne giovani della famiglia. Di sera ci si ritrovava nella stalla, dove era caldo: le ragazze ricamavano mentre i fratelli raccontavano tante storie sulla vita del paese e dei campi.

Spesso si ballava, perchè i fratelli di Sandrina suonvano. Uno di loro suonava certamente il clarinetto, la nonna lo ricordava sempre. A lei

Page 26: Agire di storia

26

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

piaceva molto ballare ma Luigi non conosceva i balli romagnoli e a lei questo dispiaceva molto.

Poi si andava a letto e nelle camere faceva un freddo cane; il letto veniva riscaldato dal uno scaldotto di legno attraverso un pentolino di terracotta che conteneva la cenere calda: veniva chiamato “il prete” e la mamma si ricorda che da piccola sua nonna le diceva che nel letto c’era “e’ prit” (il prete) e lei credeva che ci fosse il parroco che dormiva!

La nonna diceva che allora non avevano tutti i vestiti di adesso; allora si usava un vestito durante la settimana che veniva lavato il sabato per essere pronto per il lunedì. La domenica ci si metteva il vestito ”buono”, quello della festa che veniva portato con tanto riguardo perché doveva essere conservato per le sorelle più piccole. La motta (fango) dei campi d’inverno a volte arrivava fino alle ginocchia e, per andare a prendere l’acqua ci volevano gli stivali, altrimenti si portavano gli zoccoli di legno o addirittura d’estate si stava scalzi. Da bambina la mia bisnonna, la Sandrina, futura moglie di Luigi, non viveva a Forlì ma abitava sulle colline, a Vitigliano vicino a Rocca delle Camminate. Un giorno era andata a piedi al mercato di Forlì per comprarsi le scarpe. Al ritorno, sempre a piedi, per non rovinarle aveva preferito camminare scalza, percorrendo in salita, nella strada sterrata più di 10 chilometri!

Page 27: Agire di storia

27

storie di viaggio con la “s” minuscola

Quando conobbe il nonno Luigi, dovettero aspettare diversi anni prima di sposarsi perché allora i dipendenti dei corpi militari non potevano sposarsi prima dei 29 anni. Dopo il matrimonio andarono ad abitare in una traversa di Corso Diaz, che ora si chiama Via Sara Levi Nathan, e finalmente la nonna smise di fare la contadina e iniziò a cucire e a ricamare. Durante la seconda guerra mondiale però, per poter trovare qualcosa da mangiare, era costretta ad andare dai suoi parenti a Carpinello che facevano i contadini: andava in bicicletta, con un bambino nel sellino dietro ed uno davanti e tornava carica di uova, farina e latte.

Mia nonna si ricorda che la sua casa era sempre piena di amici e parenti e che la più grande attrazione in città era il Teatro, che all’epoca si trovava dove ora c’è la torre dell’orologio. Quando riuscivano ad entrare, andavano nel loggione, mentre lo zio Nino che vendeva le gassose ed i lupini poteva assistere a tutti gli spettacoli.

Il bisnonno Luigi continuò per molti anni ad aiutare economicamente la sua famiglia rimasta in

Page 28: Agire di storia

28

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Sardegna.

Io sono stato due volte in Sardegna, in traghetto, impiegando circa sei ore di tempo da Forlì ad Olbia. La mia mamma ci è andata anche in aereo e ha fatto molto prima. Ora Oristano è una bella città ed il mare è ancora stupendo. In alcune spiagge, qualche anno fa, abbiamo trovato perfino dei pezzi di corallo. Le sue zie ora vivono molto bene in comode case spaziose e moderne e, tutto questo, in parte anche grazie ai sacrifici del nonno Luigi.

Luigi è morto a Forlì a 91 anni. Guardava spesso dalla finestra ricordando con malinconia la “sua” Sardegna ed il suo splendido mare.

Io sono nato venti anni dopo la sua morte, ma la mamma mi ha raccontato tante cose di lui e mi sembra quasi di averlo conosciuto. Se fosse ancora vivo vorrei fargli tante domande, soprattutto sul viaggio per arrivare a Forlì, all’inizio del “900. Credo che per quell’epoca si trattasse di una vera e propria impresa spostarsi di tanti chilometri senza conoscere neppure il luogo dove dovevi andare. Allora non c’era certo la televisione o internet e quindi era come fare un salto nel buio…non sapevi a cosa andavi incontro. E poi gli chiederei di raccontarmi cosa succedeva dentro il carcere e come vivevano i prigionieri; chissà come facevano a scaldarsi d’inverno, senza il termosifone, dentro quelle celle gelide!

Page 29: Agire di storia

29

storie di viaggio con la “s” minuscola

laGuerra

Page 30: Agire di storia

30

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Il ritorno a casadi Riccardo Fabbriclasse II E, scuola media Pietro Zangheri

Nel settembre del 1943, gli italiani combattevano con i tedeschi contro i francesi, gli inglesi e gli americani.

Una mattina però si accorsero che i loro alleati li stavano attaccando e nessuno era in grado di spiegare il perché.

In realtà Badoglio, primo ministro italiano, si era accordato con gli americani, i francesi e gli inglesi contro i tedeschi.

Questi fecero prigionieri più italiani possibile per mandarli nei campi di concentramento, in Germania. Fra questi c’era anche il mio bisnonno Mario Aloisi.

Egli fu rinchiuso, insieme con altri italiani, in un vagone per raggiungere in treno la Germania.

I tedeschi lo facevano uscire una volta al giorno e gli davano da mangiare solo pezzi di pane; allora il mio bisnonno, sapendo di essere debole di salute, capì che, se anche fosse arrivato in Germania, non sarebbe sopravissuto a lungo. Decise quindi di scappare.

Page 31: Agire di storia

31

storie di viaggio con la “s” minuscola

L’occasione arrivò una mattina, durante una sosta, quando il soldato tedesco che lo guardava a vista si distrasse; a quel punto il mio bisnonno, quasi istintivamente, iniziò la sua fuga.

Appena la guardi se ne accorse, diede l’allarme e il mio avo si ritrovò a correre a perdifiato inseguito da cani e da soldati tedeschi.

Capì che le possibilità di farcela erano minime, preferiva correre il rischio piuttosto che non tornare più a casa.

Fortunatamente, mentre attraversava il villaggio, una donna sconosciuta lo chiamò, lo portò nella sua cantina e lo fece nascondere sotto un cumulo di carbone, dicendogli di non fiatare. Rimase nascosto, immobile, per due giorni, mentre i soldati perlustravano tutte le case.

Quando finalmente i tedeschi se ne andarono, rassegnati, il mio bisnonno uscì dal suo nascondiglio. La coraggiosa signora che lo aveva ospitato lo fece lavare, mangiare e gli diede dei vestiti puliti; fu allora che lui scoprì di trovarsi a Bolzano.

Da quel giorno iniziò il suo viaggio di ritorno verso Meldola, un viaggio che durò più di due mesi e che, senza un mezzo di trasporto e senza cibo, fu molto complicato.

Dovette percorrere tanti chilometri a piedi o con mezzi di trasporto di fortuna come una vecchia

Page 32: Agire di storia

32

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

bicicletta priva di camera d’aria trovata per strada o un camion di fieno nel quale riuscì a nascondersi.

Nei giorni più fortunati c’erano persone gentili che gli offrivano un po’ di cibo, diversamente cercava di sfamarsi con quello che trovava per strada.

Il tutto fu reso più arduo dal fatto che doveva continuare a nascondersi dai tedeschi.

Passò molto tempo e, grazie agli inglesi, molti soldati italiani furono liberati.

A Meldola la mia bisnonna si era ormai rassegnata a crescere suo figlio da sola.

Un giorno, però, sentì il fischio che faceva sempre suo marito.

Piena d’emozione corse alla finestra, ma non riconobbe nessuno.

Fu solo quando il mio bisnonno fischiò nuovamente che lei capì che, anche se irriconoscibile, l’uomo che stava arrivando era il suo amato.

Page 33: Agire di storia

33

storie di viaggio con la “s” minuscola

Page 34: Agire di storia

34

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

In fuga da Forlìdi Giosuè Zaccariaclasse II G, scuola media Benedetto Croce

L’anno dopo la caduta del fascismo, nel 1944, i tedeschi, che erano in Italia come alleati, divennero nemici.

La famiglia della mia nonna materna, Luisa, che abitava in centro a Forlì, in seguito ad un bombardamento, dovette rifugiarsi nella campagna di Selbagnone, lasciando la città come tante altre persone che sfollavano in quei giorni per evitare il pericolo di altri attacchi aerei. La nonna ricorda quella partenza come un addio, perchè quando si è bambini tutto sembra definitivo e lei, con un senso di angoscia, seduta su un carretto, osservava sparire dietro la prima curva, ondeggiando lentamente sui ciottoli della via, la facciata di casa sua e intanto rivedeva col pensiero le stanze del suo appartamento, le strade luoghi dei suoi giochi,risentiva le care voci delle persone di quel quartiere, come a volerle trattenere ancora un po’.

La via Romanello, dove lei abitava, terminava a ovest con Viale Salinatore presso i resti delle mura

Page 35: Agire di storia

35

storie di viaggio con la “s” minuscola

della città; dalla finestra della sua stanza la nonna vi leggeva le scritte di Mussolini “CREDERE, OBBEDIRE, COMBATTERE”, parole incomprensibili per una bambina di nove anni. Le mura proseguivano per circa cento metri verso Porta Schiavonia, da cui prendeva il nome anche il quartiere, e poco più avanti c’erano gli alti argini del fiume Montone, costruiti per contrastare le piene abbondanti del corso d’acqua che a volte allagava alcune case coloniche che si trovavano nelle vicinanze.

La nonna, però, frequentava poco quella zona della città, per lo più si fermava a giocare per le strade del quartiere con i bambini che abitavano nei pressi del centro storico. Quel giorno, lasciandosi trasportare, vide la vicina via Anderlini, ora corretta in via Andrelini, e subito scorse il portone verde di Greta, una sua amica di poco più piccola con cui si divertiva molto a saltare la corda, oltre invece, in via Valverde, si trovava la casa a due piani di Corrado un ragazzino undicenne timido e gentile che la portava spesso in giro sulla sua bicicletta.

Il viaggio era iniziato la mattina presto, i miei bisnonni si erano incamminati a piedi e avevano posto i due figli, Luisa di nove anni e il piccolo Silvano di tre, dietro al carretto carico delle poche e utili cose che la famiglia aveva deciso di portare con sé, come materassi, vecchie coperte, vestiti.

Page 36: Agire di storia

36

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Il veicolo era trainato da un mulo condotto da un vecchio contadino. L’animale procedeva a passo lento lungo viale Salinatore, parte dell’antica via Emilia, in direzione Forlimpopoli, quindi all’altezza di Porta Ravaldino girò attorno alla Rocca di Caterina Sforza per immettersi poi in viale Corridoni fino ad arrivare in Piazzale della Vittoria, zona di recente costruzione fatta edificare a quei tempi da Mussolini e ancora oggi testimonianza dell’architettura dell’epoca. Proseguì infine a destra su viale Roma, anch’essa tratto dell’ antica strada romana che conduce fino Rimini. Lì avanzò tanto da arrivare al ponte sul fiume Ronco, che i viaggiatori dovevano oltrepassare procedendo ancora dritto verso Forlimpopoli, dove avrebbero dovuto poi deviare a destra in direzione di Meldola , fermandosi un po’ prima in località Selbagnone.

Così, una bambina di nove anni, suo fratello più piccolo e i miei bisnonni intrapresero un viaggio che durò un giorno intero. La nonna, pur essendo bambina a quei tempi, ricorda ancora il vasto paesaggio di campagna che attraversò in quel giorno d’estate. Infatti allora, superato già Piazzale della Vittoria a Forlì, cominciavano le distese degli orti, dei frutteti e dei campi di grano. Le case si facevano sempre più rade. Ovviamente le automobili erano rare, ma più frequentemente si vedeva passare qualche camionetta militare. La gente all’epoca si spostava a piedi o in bicicletta. Le strade erano poco illuminate

Page 37: Agire di storia

37

storie di viaggio con la “s” minuscola

con lampioni a gas e solo quelle principali erano asfaltate. Per percorrere lunghe distanze si utilizzavano il treno o la “Sita”, una corriera che collegava la città con i vicini paesi di mare e di collina.

Del ponte sul fiume Ronco la nonna rammenta bene l’episodio che capitò loro nell’attraversarlo quel giorno. Infatti il ponte era stato precedentemente bombardato dagli Inglesi, era stato quindi ripristinato provvisoriamente con ponteggi e assi di legno traballanti ed inoltre era sorvegliato da soldati tedeschi armati. Ad un certo punto, quando si trovavano nel bel mezzo del ponte, il mulo si impuntò e si rifiutò di proseguire. Un giovane soldato tedesco arrabbiato continuava a urlare “Kaput!” minacciandoli con il fucile. La mia bisnonna, pensando che quella parola significasse “Capito?”, scuoteva la testa annuendo.

Ci volle molto tempo prima che il mulo, animale proverbiale per la sua testardaggine, si convincesse a proseguire e furono momenti carichi di tensione.

Solo verso sera quei pochi chilometri, poco più di una decina, furono finalmente percorsi e la famiglia arrivò alla casa colonica che era la loro meta.

La casa di campagna era situata a fianco di un’estesa aia quadrata; consisteva in un edificio a due corpi, con a fianco una tettoia dove erano collocati alcuni carri, carretti e attrezzi. In un lato c’era la grande fossa detta “buga de stabi”: un letamaio, dove si gettava ogni

Page 38: Agire di storia

38

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

giorno la paglia sporca assieme agli escrementi delle bestie.Essa costituiva una vera e propria risorsa per la campagna poiché il letame serviva per concimare i campi al fine di rendere la terra fertile.

Altra importante ricchezza per la campagna era il pagliaio, collocato distante dalla casa per scongiurare il pericolo di incendio, che forniva la paglia che veniva utilizzata come lettiera per gli animali. Questo si ergeva seguendo una tecnica particolare: dopo la trebbiatura, cui seguiva l’ insaccatura dei chicchi di grano, c’era la raccolta della paglia che veniva disposta in cerchio dai contadini attorno ad un palo, piantato ben diritto nel terreno; i vari strati si susseguivano e man mano raggiungevano la cima del palo, poi, sotto il suo stesso peso, la paglia si abbassava e si compattava facendo fuoriuscire l’aria e, così assestata, a poco a poco veniva consumata per le varie necessità fino alla mietitura successiva. Alla nonna sembravano dei veri oggetti d’arte sparsi per la campagna.

Dall’altra parte dello spiazzo davanti al casolare c’era un pozzo coperto da una tettoia in legno da cui pendeva un secchio legato con una catena; vicino ad esso due “ebi”, abbeveratoi, di cui uno era alto e profondo per le mucche e i cavalli, l’altro basso e lungo per i maiali. Dal pozzo si raccoglieva l’acqua che veniva portata dentro casa con i secchi, all’interno infatti non c’era acqua corrente. Si lasciava poi a

Page 39: Agire di storia

39

storie di viaggio con la “s” minuscola

disposizione un secchio pieno sul lavello con un mestolo dentro per far dissetare le persone.

L’ala destra del casolare era abitata dai proprietari, i Sig. Fanelli, e l’altra era stata presa in affitto dalla famiglia dei miei trisnonni materni, accompagnati anche dalle famiglie dei loro tre figli maschi e da quella di Viera, altra zia della nonna. Attraverso una porta in legno a due ante si entrava in un’ampia cucina lunga e rettangolare, con un grande camino annerito sempre acceso, sotto al quale stava appeso un grosso e nerissimo paiolo di rame pieno di acqua, anch’esso non doveva mancare mai per potere avere a portata di mano dell’acqua calda per ogni necessità. Vicino alla porta d’ingresso si trovava l’ ”urola”, il lavello in granaglia, che proseguiva con un piano a due fornelli fatti di ghisa che funzionavano con la carbonella, sopra c’era un’alta cappa in muratura. Dall’altro lato della stanza era collocata una lunghissima panca e, di fronte ad essa, un lungo tavolo circondato da tante seggiole impagliate.

Arredavano poi la cucina una credenza, una madia e di fianco un tagliere a muro su cui, secondo i ricordi della nonna, si sono impastate le più buone tagliatelle che lei abbia mai mangiato e questa deve essere proprio una cosa straordinaria perché le tagliatelle buone come le fa la nonna Luisa non le fa nessuno!

Dalla cucina, attraverso un passaggio, si andava alla

Page 40: Agire di storia

40

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

stalla che si estendeva su tutto il retro della casa. Questo ambiente costituiva la ricchezza fondamentale della famiglia contadina. Inoltre le sere d’inverno si trasformava in vero e proprio luogo d’incontro perché allora c’era l’usanza di “andare a veglia”, ossia di radunarsi tra vicini e di trascorrere una serata in compagnia: si usava la stalla perché era il luogo più caldo della casa, grazie al calore emanato dalle bestie e alla presenza della paglia che tratteneva il tepore. Quando lei era giunta, la nonna ricorda che la stalla però era vuota perché i tedeschi, prima di ritirarsi, avevano razziato tutti gli animali di grossa taglia ai contadini. Così, siccome alla sua famiglia il mio trisnonno aveva assegnato una camera e parte della stalla, lei e il suo fratellino per alcuni giorni dormirono dentro le lunghe mangiatoie di legno delle mucche. La camera che avevano i miei bisnonni invece si trovava al piano superiore dell’abitazione ed era grande e spaziosa. Sull’alto letto matrimoniale erano collocati diversi materassi di lana e di crine di cavallo che la mia bisnonna subito coprì con le fresche lenzuola di lino fatte a telaio che si trovavano all’interno di una delle cassapanche in legno collocate lì vicino, mentre il bisnonno riponeva ordinatamente i vestiti dentro l’armadio. Fuori dalla porta della camera da letto c’era il disimpegno, uno stanzino buio e quadrato a cui si affacciavano le stanze. Qui erano sistemate enormi ceste di paglia a orlo basso nelle quali si coltivavano i

Page 41: Agire di storia

41

storie di viaggio con la “s” minuscola

bachi da seta nutriti con foglie di gelso, la cui raccolta era un compito che spettava spesso ai bambini.

Era un’abitazione ben diversa da quella di città dove era cresciuta. In centro a Forlì la nonna aveva l’acqua corrente in casa e anche il bagno; non aveva il bel camino del casolare, ma la stufa parigina in ghisa e la stufa in terracotta diffondevano un bel calore in tutti gli ambienti.

Quella sera la nonna era molto stanca e indolenzita per il viaggio, ma confortata dalla bellezza del posto e dalla presenza dei vari cugini che ora abitavano quell’affollata casa colonica, così scivolò in un sonno sereno e profondo.

Per qualche ora le parole di mia nonna mi hanno trasportato in un tempo e in una storia , che in qualche modo mi appartengono.

Page 42: Agire di storia

42

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Page 43: Agire di storia

43

storie di viaggio con la “s” minuscola

Dopo laGuerra

Page 44: Agire di storia

44

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Mio nonno emigrantedi Arianna Ghetticlasse II G, scuola media Benedetto Croce

Il viaggio è stato fatto da mio nonno Paolo, soprannominato Palin, che oggi ha più di ottant’anni, ma che quando è partito ne aveva venti, quindi nel 1950 circa. Ma non era il solo emigrante.

In quegli anni molti italiani da diverse parti della penisola emigrarono nell’Europa centrale, a lavorare nelle miniere del Belgio o nelle fabbriche tedesche. Lasciavano le famiglie e puntualmente mandavano loro i soldi del mantenimento. Fu un’emigrazione consistente, anche se inferiore a quella in America nei primi decenni del secolo.

Tornando a mio nonno, egli fece il viaggio prevalentemente in treno,un viaggio durato 3 giorni.

Page 45: Agire di storia

45

storie di viaggio con la “s” minuscola

Paolo era partito da Castellane, un piccolo gruppo di case nel comune di Verghereto, diretto in Belgio. Castellane, il paese in cui viveva,era costituito da 5 o 6 case abitate da cugini e altri parenti. Erano nuclei familiari indipendenti, perché possedevano molta terra divisa in due parti: in una si coltivava e nell’altra si allevava. A piedi camminò fino a Quarto di Sarsina, dove c’era la fermata dell’autobus che lo avrebbe portato fino a Forlì, la corriera passava alle 7:00 del mattino.

A Forlì passò la notte. Ricorda che non era mai stato prima in città, vide per la prima volta la piazza con poche persone. Il giorno dopo partì col treno per Milano.

Di Milano ricorda la stazione molto grande, con i treni a carbone che rallentavano ma non si fermavano. Il viaggio da Forlì a Milano era durato un intero giorno. Lì dovette superare una visita medica in cui furono scartati alcuni operai perché troppo alti, per lavorare in miniera infatti bisognava avere delle caratteristiche fisiche precise, una tra esse era quella di non superare i 180 centimetri.

Il viaggio da Milano in Belgio fu effettuato durante la notte, in cui il nonno dormì. Il punto d’arrivo era Charlevoir, una città più piccola di Milano, ma più grande di Forlì.

In Belgio il nonno visitò anche Bruxelles, grande più di

Page 46: Agire di storia

46

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Roma, dove ha raccontato che c’erano ben 3 miniere. Paolo effettuò il viaggio con suo cugino Angelo, che tutti chiamavano Angiolo, e altri due suoi conoscenti di un paese vicino. Il lavoro in miniera consisteva precisamente nello “spostare i motori”, cioè costruire dei binari simili a quelli delle ferrovie, dove scorrevano i carrelli che trasportavano il carbone che serviva per alimentare una centrale elettrica. Tutto ciò lo faceva per guadagnare più soldi e poter comprare una casa e della terra alle Castellane.

Durante il viaggio il nonno e Angiolo incontrarono alcuni conoscenti di Quarto e di San Piero che però furono scartati alla visita medica di Forlì. Sul treno conobbe poi altri operai italiani. Le persone che invece frequentava in Belgio erano per lo più colleghi di lavoro come ad esempio i suoi vicini di casa, un gruppo di siciliani. Purtroppo non ha stretto forti legami di amicizia, anche perché non riusciva a spiegarsi bene nella lingua del posto, racconta che capiva bene il francese ed era anche in grado di leggerlo, ma non riusciva a parlarlo. Paolo fa un confronto tra quell’epoca e oggi: a quei tempi si lavorava molto e si guadagnava poco, lui pensa che il lavoro in miniera sia molto cambiato l’orario dei turni di lavoro sia diminuito e le condizioni di sicurezza siano migliorate e probabilmente chi lascia oggi l’Italia per andare all’estero lo fa per trovare un lavoro meglio pagato e più qualificato.

Page 47: Agire di storia

47

storie di viaggio con la “s” minuscola

Paolo ha raccontato che “si lavorava” anche per andare a lavorare, infatti il nonno, dalla casa in città, doveva prendere un pullman che lo portava ad alcuni chilometri dal posto di lavoro, arrivato alla miniera prendeva un ascensore costituito da 10 grandi gabbie su cui potevano salire quattro persone in ciascuna, e scendeva a 1800 sotto terra, da lì poi saliva su un carrello che percorreva una galleria di 7 chilometri per raggiungere il punto di scavo, ma a volte il carrello non funzionava e quindi bisognava andare a piedi. I turni di lavoro erano di 4 ore, ma si stava 8 e mezza o 9 ore nella miniera tra gli spostamenti e il lavoro, in più, terminato il turno, prima di uscire tutti dovevano fare la doccia e cambiarsi, la doccia a Palin non dispiaceva. Il nonno ha commentato che quella vita era “una brutta broda”. Quando rientravano a casa, lui e suo cugino, si dividevano i compiti, Angiolo lavava e il nonno cucinava, ed era una fatica anche quella.

I primi dieci giorni, appena arrivati in Belgio ,tutti gli operai venivano accolti in un albergo chiamato cantina, in quei primi giorni essi dovevano imparare, provare il nuovo lavoro e cercare una sistemazione, individuare quale ruolo all’interno della miniera faceva al proprio caso. Durante questo periodo di prova molti lavoratori decidevano di tornare a casa, anche perché alcuni erano terrorizzati dallo scendere in miniera.

Quando è tornato, Paolo ha aspettato 2 anni circa, poi

Page 48: Agire di storia

48

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

ha comprato una casa e del terreno in cui in seguito si è scoperto che c’era una cava di pietra serena. Poi si è sposato con mia nonna Attilia e si è trasferito in un altro paesino più grande delle Castellane, dove vive tutt’ora. Date le dimensioni delle Castellane e il cognome di mia nonna, lo stesso di mio nonno (Ghetti), io penso fossero parenti, per fortuna i loro figli non hanno avuto problemi e sono tutti sani.

A Palin in Belgio mancavano molto i genitori, solo quelli, perchè vivendo in un piccolo paese non aveva amici.

Non gli mancava in effetti neanche il paese, infatti lui non sarebbe voluto tornare in Italia. Lo aveva fatto solo per una vacanza, ma poi non era potuto ritornare in Belgio, gli avevano ritirato il passaporto perché avrebbe dovuto fare il militare. Grazie ad una legge che diceva: chi lavora in miniera non è obbligato a lavorare nell’esercito, dovette fare solo sei anni: quelli già fatti.

Page 49: Agire di storia

49

storie di viaggio con la “s” minuscola

Page 50: Agire di storia

50

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Una vita da maestradi Chiara Paceschiclasse III C, scuola media “via Orsini”, plesso Maroncelli

Negli anni quaranta fare la maestra era un lavoro alquanto faticoso, però ti permetteva di percepire uno stipendio dignitoso. Questo era il mestiere di mia nonna.

A ventun anni vinse un concorso per insegnare nelle scuole elementari. Fu così, che ottenne il lavoro nella sede di Spinello, che distava dieci chilometri da Santa Sofia, dove lei abitava.

L’unica strada accessibile per raggiungere Spinello, per gente non ricca, era una mulattiera, che non era servita da mezzi di trasporto pubblici. Mia nonna partiva il lunedì mattina accompagnata dal postino che possedeva una mula sulla quale caricava la valigia che conteneva il necessario per la settimana.

Tutto precedeva discretamente nella buona stagione, mentre in autunno e in inverno il percorso diventava oltremodo difficile e pericoloso. Con la pioggia c’era molto fango, gli schizzi arrivavano fino a metà della schiena e in inverno si affondava in settanta/ottanta centimetri di neve.

Page 51: Agire di storia

51

storie di viaggio con la “s” minuscola

A Spinello era alloggiata presso la canonica del parroco del paese, in una casa fredda, senza alcun confort. Le prime notti non riuscì a dormire perché udiva dei colpi secchi e prolungati; poi seppe che sotto la sua camera c’era un cavallo, quindi realizzò che non si trattava di fantasmi!

La sua scolaresca era mista, composta da trentasei alunni che provenivano dai casolari più o meno lontani. I bambini arrivavano a scuola, durante la stagione invernale ,già affaticati ed infreddoliti e poi li aspettavano quattro ore di scuola.

Ai tempi di mia nonna la vita degli insegnanti era molto dura, ma lei si riteneva fortunata perché aveva avuto la possibilità di studiare e di praticare il mestiere per cui aveva studiato e per di più in altri posti non era possibile usufruire di mezzi di trasporto, nemmeno della “mula”. Insomma, in quegli anni era estremamente difficoltoso spostarsi da una città all’altra e non c’era nemmeno l’ombra delle comodità di cui, oggi, noi beneficiamo.

Page 52: Agire di storia

52

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Per la scuola: un lungo viaggio tutti i giornidi Rachele Versariclasse III C, scuola media Pietro Zangheri

Mio nonno tutti i giorni percorreva un lungo viaggio per andare a scuola: da Monteguidi arrivava a Santa Sofia. Visto con gli occhi di una ragazza di adesso, sembra una cosa tanto strana percorrere chilometri per arrivare a scuola ma allora era una cosa normale, che quasi tutti i bambini facevano.

Mio nonno era il figlio del cantoniere di Monteguidi e abitava nella casa cantoniera di questo piccolo paese, dove c’era anche la scuola elementare. Però, quando iniziò a frequentare le medie, si creò il vero problema: percorrere chilometri per arrivarci.

D’estate non era un problema, tutte le mattine passava una corriera che li portava fino a Santa Sofia, dove si trovava la scuola media più vicina.

D’inverno, la corriera non passava, perché nevicava molto spesso e le strade erano ghiacciate e pericolose; perciò, mio nonno, con un suo amico, partiva prestissimo per arrivare a scuola, sempre con la paura di arrivare tardi, compiendo l’intero viaggio al buio.

Page 53: Agire di storia

53

storie di viaggio con la “s” minuscola

Una volta partiti, dopo aver percorso il primo tratto sulla strada asfaltata, anche se tutta ghicciata e scivolosa, tagliavano per i campi, affrontando il freddo e le intemperie della neve, legandosi alle caviglie tre o quattro sacchi di juta sovrapposti, per non patire troppo freddo, oltre a non stare tutto il giorno a scuola con i piedi freddi e umidi e bagnarsi l’unico paio di scarpe che avevano. Nevicava regolarmente più di un metro tutti gli anni: mio nonno e il suo amico, oltre a coprirsi, dovevano aprirsi anche un sentiero per i campi da dove dovevano passare per tutto l’inverno. Ora abbiamo molte comodità, ma allora, anche avere sacchi di juta per coprirsi, una mantella per ripararsi e un paio di scarpe invernali per il freddo era una fortuna, invece dei doposci, dei giubbotti imbottiti e una, due o addirittura tre paia di scarpe asciutte e pulite tutti i giorni.

Finalmente arrivati a S.Sofia, stanchi e infreddoliti li accoglieva affettuosamente la bidella della scuola, che li ospitava prima delle lezioni, facendoli asciugare al caldo della stufa e offrendo loro una immancabile bevanda calda, che gli dava un po’ di calore per affrontare il resto della giornata, dopo un lungo viaggio a piedi. Dopo questo piccolo “check in” venivano accompagnati dalla bidella ad aprire la scuola, che a quel tempo impiegava metodi più severi di quelli di adesso, anche se il rapporto tra gli

Page 54: Agire di storia

54

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

insegnanti e alunni era molto più stretto, dato che c’era solo un professore per classe, che diventava molte volte una specie di seconda mamma.

Il problema, però, non era del tutto risolto, perchè restava da fare tutto il viaggio di ritorno, più faticoso, essendo in salita e avendo un’intera giornata sulle spalle. Ci mettevano parecchio tempo arrivavano a casa a tardo pomeriggio, indeboliti e affamati a causa del freddo e della neve. Si riscaldavano davanti alla stufa, cenavano e andavano a dormire molto presto, per essere riposati, “pronti” per affrontare un nuovo, lungo ma entusiasmante ed avventuroso viaggio.

Page 55: Agire di storia

55

storie di viaggio con la “s” minuscola

GlianniSessantaeSettanta

Page 56: Agire di storia

56

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Un viaggio noiosodi Chiara Tomasiniclasse III C, scuola media Pietro Zangheri

Questa è la storia di uno dei tanti viaggi di lavoro di nonno, che ha come partenza le cinque del mattino e come arrivo le due e mezzo del pomeriggio, questi due orari comprendevano il tratto che c’era da Cesena a Catania.

La ditta in cui lavorava mio nonno si chiamava Società Operai e Muratori Cesena e si occupava di costruire stabilimenti Fiat in Italia, il che lo costringeva a viaggiare in continuazione, perché una volta a settimana, o ogni quindici giorni, tornava a casa. Era l’estate del 1960 e mio nonno aveva 31 anni, era felicemente sposato con mia nonna, aveva un figlio, mio zio, e faceva il carpentiere. La vita a quei tempi era più difficile e i miei nonni cercavano di tirare avanti con quel poco che guadagnavano, perciò qualsiasi lavoro andava bene. Mio nonno si dovette svegliare alle quattro e un quarto per arrivare in tempo al ritrovo, dove li aspettava un pulmino che li avrebbe portati a destinazione. Erano in quindici

Page 57: Agire di storia

57

storie di viaggio con la “s” minuscola

tra carpentieri e muratori, in più c’erano anche il geometra Orlandi, l’ingegnere Mancini e il capo cantiere Augusto che avevano portato con loro anche la propria famiglia. Una volta arrivato al luogo del ritrovo e aver caricato le valige mio nonno era pronto ad affrontare il viaggio più lungo che avesse mai fatto. Appena saliti sul pulmino tutti si sentivano carichi ed entusiasti di conoscere un nuovo territorio nel quale avrebbero dovuto lavorare per i due anni successivi, così intonarono tutti insieme varie canzoni, di cui la più richiesta era Romagna Mia. Ma solo dopo un’ora di viaggio erano tutti sfiniti così si misero tutti a dormire, quando mio nonno si svegliò si accorse che era riuscito a dormire solo mezz’ora e per quanto si sforzasse di riaddormentarsi non ci riusciva. Ad un certo punto si accorse che anche Antonio, che gli era seduto accanto, era sveglio così si misero a parlare di una serie di eventi divertenti che gli erano accaduti in passato. Mio nonno e Antonio si sentivano molto vicini,e il tempo insieme passava in fretta, finche non si svegliarono anche gli altri e tutti insieme si misero a raccontare barzellette. Mio nonno non riusciva a sentire niente a causa del rumore terribile e assordante che faceva il motore, e tutto questo rendeva il viaggio ancora più insopportabile; insomma quello era il viaggio più noioso che avesse mai fatto. Dopo un po’ mio nonno tirò un sospiro di sollievo: finalmente si erano fermati in un area di servizio, il che

Page 58: Agire di storia

58

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

comportava il fatto che erano a metà strada, infatti erano le nove e tre quarti. Tutti si alzarono in piedi e si stiracchiarono sollevati, soprattutto perché il rumore del motore era finito, ma anche felici di bere un caffè. La pausa, però, durò solo pochi minuti, giusto il tempo di andare in bagno e bere un caffè e mio nonno non si sentiva ancora pronto psicologicamente per affrontare il resto del viaggio, ma purtroppo dovette salire sul catorcio, che era già in moto. Il tempo passava, e l’unica cosa che faceva tener lucido mio nonno era parlare con Antonio e per Antonio era lo stesso. Il caldo arido del meridione cominciava a farsi sentire sempre di più e stavano tutti scoppiando in un bagno di sudore, che di certo non dava un buon odore al pulmino, che ovviamente, in qualità di catorcio non era dotato di aria condizionata. Il calore rendeva impossibile dormire e parlare, quindi l’unica opzione era stare in silenzio e patire il caldo. Ad un certo punto si avvertì un po’ di trambusto, poi si guardò intorno e si accorse che era appena salito sul traghetto, e ne era felice perché c’era fresco e il rumore del motore era cessato, è stato il momento migliore da quando è partito. Ma tutte le cose belle, prima o poi finiscono, e anche questa era finita, ma ci si poteva consolare con il fatto che ormai il grosso del viaggio era fatto mancava solo poco più di un’ora, che passò molto lentamente, ma meglio delle altre; evidentemente la

Page 59: Agire di storia

59

storie di viaggio con la “s” minuscola

Sicilia aveva avuto un’influenza positiva sul viaggio. Quando il pulmino si fermò tutti stavano esplodendo di gioia troppo felici per accorgersi che erano appena arrivati ai loro “alloggi”, che erano delle specie di baracche con dentro un letto. Mio nonno Antonio ed un altro muratore condivisero la baracca, e una volta sistemate le proprie cose andarono subito a mangiare. La mensa si trovava in un’altra baracca, che era più grande delle altre. Il cibo era servito da due signore, e ovviamente non era di ottima qualità, ma era sempre cibo. Tra una cosa e l’altra si erano già fatte le quattro e ormai non c’era molto tempo per cominciare i lavori, ma tutto l’equipaggio fu portato sul posto di lavoro per avere un’idea più concreta del progetto, ma mio nonno non riusciva a fare altro che guardare il mare, che era perfettamente visibile da quel piccolo altopiano su cui avrebbero costruito. A guardare quel panorama sembrava tutto più facile ed era bello staccarsi per un momento dalla realtà, ma mio nonno sapeva bene che non era così, insomma non prevedeva il futuro, però sapeva per certo che il giorno seguente l’avrebbero atteso dieci ore di lavoro e che si sarebbe stancato. Così, pensando all’indomani, mio nonno Maraldi Vittorio si lasciò catturare da quel meraviglioso paesaggio irraggiungibile.

Page 60: Agire di storia

60

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Un viaggio avventurosodi Sabrina Ricciclasse III A, scuola media “via Orsini”, plesso Maroncelli

Mio nonno Carlo aveva soltanto 26 anni quando, finiti gli studi universitari, gli venne il desiderio di andare in Inghilterra in Lambretta…. all’avventura!

Aveva una Lambretta 150cc di un colore grigiastro (non metallizzato che all’epoca non esisteva) che raggiungeva la folle velocità di 60/70 Km/h. Mio nonno, da giovane, era molto attratto dall’Inghilterra, prima di tutto per motivi storici: questo paese nella 2° Guerra Mondiale aveva dimostrato, secondo la famiglia di mio nonno, grande coraggio e forza. Ma anche per motivi politici: in Europa era stata la prima democrazia. Poi mio nonno voleva imparare la lingua inglese: a scuola aveva studiato sempre il francese(malvolentieri) così decise che doveva studiarlo in maniera autonoma.

Mio nonno Carlo aveva ottenuto dai genitori 60.000 lire (una bella somma per l’epoca!) e aveva comunque l’intenzione, una volta arrivato, di andare a lavorare in un pub per mantenersi; poi quando avrebbe finito i

Page 61: Agire di storia

61

storie di viaggio con la “s” minuscola

soldi, sarebbe tornato a casa.

Perciò si attrezzò per i pasti durante il viaggio con fornellino, posate, tegamino e tutti gli accessori; con indumenti adatti come giacca a vento, cerata e calzoni impermeabili, ecc. e con tenda e sacco a pelo.

Così partì con la sua Lambretta nel Luglio del 1960 da Forlì.

La prima tappa fu Milano. Fin qui tutto bene. A Milano abitavano dei suoi parenti, con cui aveva parlato per un posto di lavoro come geologo. Da loro rimase ospite a dormire per una notte e il giorno dopo ripartì.

Dopo molte ore di viaggio arrivò in Svizzera, a Zurigo, dove viveva un suo amico forlivese e rimase suo ospite per una settimana. Grazie a lui ebbe modo di conoscere la Svizzera che gli piacque tantissimo perché era pulita, ordinata e bella.

Quando ripartì trovò in Francia un tempo bruttissimo, infatti si prese un giorno intero di pioggia! Fu allora che si accorse che la sua attrezzatura per la pioggia era scadente!

Passò da Mulhuse, da Strasburgo e da Nancy, dove si fermò in campeggio.

Mio nonno non ebbe una bella impressione della Francia: era in guerra con l’Algeria e vicino al campeggio in cui era accampato passavano continuamente gli aerei militari che facevano una

Page 62: Agire di storia

62

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

gran confusione!!

Forse mio nonno ebbe una brutta impressione della Francia anche perché pioveva molto e le giornate erano buie e grigie, quindi non ebbe il modo di visitarla in una bella giornata di sole, che l’avrebbe vivacizzata sicuramente!

Una notte successe un fatto che lo spaventò molto: stava dormendo nel sacco a pelo quando sentì ruzzolare la sua borraccia che aveva lasciato fuori dalla tenda. Con il fiato in gola tirò fuori il coltellino da caccia, ma preso dalla paura rimase dentro la tenda. Rimase seduto in questa posizione per alcuni minuti, poi, non sentendo più niente, tornò a dormire. Il giorno dopo non riuscì a capire chi o che cosa avesse mosso la borraccia, probabilmente un animale!

Nel bar dove andava di solito conobbe una sera un ragazzo della sua stessa età di Milano che faceva un corso estivo all’università di Strasburgo. Iniziarono a fare amicizia e il ragazzo lo invitò da lui; il nonno accettò molto volentieri, perciò andarono insieme in Lambretta a Strasburgo.

Lì si iscrisse nell’università a un corso di inglese per potenziarlo: in questo modo fece una vera e propria vita da studente! Mangiava nella mensa dell’università dove il piatto forte era il famoso “Saucisson alsacien”, che era la salsiccia ai ferri con senape e cavoli. Si era inserito molto bene!

Page 63: Agire di storia

63

storie di viaggio con la “s” minuscola

A Strasburgo si fermò circa due settimane. In quei giorni combinò con la sua fidanzata (mia nonna Cori) un incontro a Ginevra. Qui mio nonno arrivò alcuni giorni prima per visitare la città e per fare un altro corso di inglese!

Rimase molto colpito dalla bella città, ma anche dal campeggio: ben attrezzato, coltivato a prato inglese e con molte sequoie. Questo era il campeggio più bello che mio nonno aveva visto!

Di solito mangiava in campeggio cibi in scatola come tonno e sardine o la Simmenthal. Proprio per questo motivo una proprietaria del campeggio l’aveva soprannominato “Il soldato”, per le sue abitudini spartane!

Da Ginevra però non continuò per l’Inghilterra, ma tornò verso Milano attraversando il passo San Bernardo dove faceva talmente freddo che dovette fermarsi a dormire in un convento di frati!

Raggiunse Milano, poi tornò a Forlì.

Non aveva continuato per l’Inghilterra per vari motivi: i soldi stavano finendo e non sarebbero bastati se fosse arrivato fino in fondo, poi gli era rimasta quella brutta impressione della Francia… e si era anche reso conto che la sua attrezzatura non era adatta a un viaggio così lungo.

In Inghilterra però andò altre tre volte, in auto e in aereo, ma mai più in Lambretta! Comunque la

Page 64: Agire di storia

64

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Lambretta durante tutto il viaggio non aveva mai avuto problemi, anche perché mio nonno era un meccanico provetto!

Dopo questo viaggio avventuroso, senza arrivo alla meta, mio nonno ha concluso che i viaggi è sempre più bello farli in compagnia… magari con qualcun altro sarebbe riuscito a superare le interminabili piogge della Francia e ad arrivare in Inghilterra!!

Page 65: Agire di storia

65

storie di viaggio con la “s” minuscola

Gliultimianni

Page 66: Agire di storia

66

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Il viaggio della mia mammadalla Romania all’Italiadi Alexandra Rosuclasse III B, scuola media “via Orsini”, plesso Maroncelli

La mia mamma mi ha raccontato che per arrivare qua in Italia dalla Romania ha affrontato un viaggio abbastanza lungo e faticoso; si chiama Mirela, ha attualmente trentasei anni, ma allora quando partì ne aveva ventidue non ancora compiuti; lavorava in una pasticceria in città. Principalmente è venuta per incontrare il mio babbo che era qua in Italia già da un anno, ma non erano ancora sposati!

E’ partita il 27 settembre del 1998, dicendo a sua madre che andava a fare solamente un viaggio in Italia, ma non che sarebbe rimasta a vivere lì.

Quattordici anni fa la Romania non faceva ancora parte dell’Unione Europea, quindi per venire in Italia il mio babbo le ha dovuto procurare un visto per la Germania con il quale successivamente ha transitato in Italia.

Una volta ottenuto il visto, dopo quasi un mese, la mia mamma ha abbandonato tutto (genitori compresi) per partire dal suo paese. Ha iniziato il suo lungo

Page 67: Agire di storia

67

storie di viaggio con la “s” minuscola

viaggio in treno, da Tulcea, la città dov’è nata, per poi arrivare a Bucarest, la capitale, impiegando sei ore. Dopo di che ha preso un pullman che l’ha portata fino a Kostanz, un paesino al confine tra la Germania e l’Austria.

Una volta arrivati a Kostanz l’autista del pullman le ha detto che il viaggio era finito e che quindi ognuno si doveva arrangiare per arrivare alla propria destinazione. La mia mamma, nel panico, non conoscendo nessuna lingua oltre all’italiano che aveva precedentemente studiato in Romania, si rassegnò e si diresse verso la stazione che prima le aveva indicato l’autista del pullman. Allo sportello della stazione chiese al dipendente un biglietto per l’Italia scrivendoglielo in un foglio. Le hanno dato un biglietto col quale ha dovuto cambiare circa cinque stazioni, ma non era finita qui! La mia mamma in preda alla paura e al panico scese nel binario merci; non vedendo né case, né persone, si mise a correre come una pazza di fianco al binario, poi quando vide che c’era il treno che lei doveva prendere si mise a correre ancora più velocemente attraversando i binari. Un addetto della sorveglianza la vide e le fece segno di fermarsi e di calmarsi. Allora lei gli fece vedere il biglietto e gli fece capire che quello era il treno su cui lei doveva salire. Il signore la calmò, fermò il treno la fece salire e disse al controllore di farla scendere alla fermata successiva come era scritto sul biglietto.

Page 68: Agire di storia

68

Agire di Storia - Settimana del Buon Vivere

Una volta scesa aspettò dalle due di notte fino alle quattro in una stazione della quale non ricorda nulla, a parte che aveva freddo, paura e sonno; le sembrava che tutta la gente avesse gli occhi fissi su di lei, quindi, sentendosi in imbarazzo, si spostava in continuazione da un posto all’altro. Finalmente arrivarono le quattro, salì sul treno e alle otto del mattino arrivò a Milano, tutta contenta perché doveva incontrare il mio babbo che sarebbe dovuto venire a prenderla. Ma non fu così: alla stazione di Milano non incontrò nessuno e la sua felicità svanì.

La mia mamma aveva un numero di telefono di Forlì, chiamò, però non le rispose nessuno. Andò a fare il biglietto per Forlì, ignara del fatto che nel frattempo il mio babbo si era addormentato da un suo amico, proprio a Milano.

Arrivata a Forlì richiamò ancora quel numero, le rispose una signora che le diede un altro numero da chiamare. Provò a chiamare anche quest’ultimo numero e le rispose un’amica del mio babbo che aveva conosciuto durante la sua permanenza qua in Italia. La signora al telefono le disse che la stava venendo a prendere e che il mio babbo non era a Forlì, ma a Milano ad aspettare che lei arrivasse. La signora andò a prendere la mia mamma alla stazione e la invitò ad andare a casa sua; ella accettò e appena entrò in casa andò subito a dormire; al suo risveglio incontrò il mio babbo che era tornato a Forlì.

Page 69: Agire di storia

69

storie di viaggio con la “s” minuscola

Beh, non è stato di certo un viaggio facile…. la mia mamma mi ha detto che questo viaggio così avventuroso lo rifarebbe ancora, ma di certo non a quell’età!!

Page 70: Agire di storia

Impaginato nell’ottobre 2013