adempimenti contabili e fiscali delle ... materiale...2012/01/26 · 26 gennaio 2012 adempimenti...
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COMMISSIONE ENTI NON PROFIT
LE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE:
ASPETTI CIVILISTICI CONTABILI E FISCALI
26 gennaio 2012
ADEMPIMENTI CONTABILI E FISCALI DELLE
ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE
Rag. Daniele BONANNI
PREMESSE
Parlare di obblighi contabili e fiscali, per le
associazioni in discorso, è specificatamente riferito al
caso in cui pongano in essere attività di natura
commerciale, seppur marginale.
Da una parte, infatti, escludendo gli adempimenti
eventualmente riconducibili a specifiche discipline di
settore, a disposizioni statutarie o ad eventuali indirizzi
dell’Autorità, che poi analizzeremo, non si riscontrano
particolari obblighi di natura contabile e fiscale con
riferimento alle attività estranee alla sfera commerciale.
Dall’altra, l’attività commerciale posta in essere dalle
A.P.S. deve per forza essere “marginale”, (che è cosa
comunque differente da “occasionale”) altrimenti non si
tratterebbe di associazioni di promozione sociale, ma
certamente di aziende o imprese o comunque enti
speculativi a tutti gli effetti.
1 - La redazione del rendiconto
economico e finanziario.
NORME DI RIFERIMENTO:
L. 383/2000 – art.3 c.1 - LEGGE ISTITUTIVA
D.Lgs. 460/1997 – art.5 c.1 lett.b - DECOMMERCIALIZZAZIONE
DPR.917/1986 - art.148 c.8 lett.d – OBBLIGO DI RENDICONTAZIONE
Circolare Ministeriale del 12.05.1998 n.124/E/1998/38995
paragrafo 5.3 – VINCOLI STATUTARI
Perché iniziare l’analisi degli obblighi
contabili e fiscali delle A.P.S. con la
redazione del rendiconto?
Perché, pur in assenza di qualunque attività
commerciale, marginale o meno, sulle A.P.S. che
presentino solo proventi istituzionali, ancorché non
abbiano obblighi di tenuta di registri contabili o non siano
soggette a dichiarazioni IVA o dei redditi e che non
debbano neanche chiedere il numero di partita IVA,
incomberanno comunque due obblighi di natura
contabile, da considerare fondamentali:
• la predisposizione del rendiconto
economico-finanziario.
• La conservazione della
documentazione fiscale
La redazione del rendiconto economico
finanziario è quindi l’adempimento
comune a ogni A.P.S., sia che svolga
esclusivamente attività istituzionale, sia
che ponga in essere attività commerciali di
qualunque entità.
Il rendiconto deve riassumere le vicende
economiche e finanziarie dell’A.P.S. relative sia
all’attività istituzionale che all’attività
commerciale, in modo da costituire uno
strumento di trasparenza e di controllo dell’intera
gestione economica e finanziaria
dell’associazione.
Al rendiconto deve essere accompagnata –
e conservata per i canonici 10 anni – tutta
la documentazione di supporto:
scontrini fiscali, fatture, ricevute, ecc..
Al fine di giungere alla redazione del rendiconto
economico finanziario, di fine esercizio, risulta
opportuno predisporre un sistema di rilevazione delle
movimentazioni economiche dell’associazione. Tale
sistema di rilevazione può consistere in un registro di
prima nota, sul quale annotare tutti i movimenti in
entrata ed in uscita avvenuti nel corso dell’anno sociale.
Sul registro, che non deve essere vidimato e che può
pertanto essere tenuto in forma libera devono essere
annotati periodicamente tutti i movimenti economici/
finanziari in entrata ed in uscita.
Ecco quindi come conseguenza la necessità di porre in
essere un sistema di rilevazioni contabili il più possibile
adatto a fotografare l’attività dell’associazione. E la
conseguente eventuale scelta del regime contabile da
utilizzare in dipendenza del volume della attività commerciale
dell’associazione.
Analizzeremo poi i regimi contabili
adottabili dalle A.P.S.
Torniamo per qualche slide al
rendiconto.
Art.5 comma 1 lett.b D.Lgs 460/1997 – aggiunge il
punto 4 quinques all’art.111 TUIR (poi diventato
art.148 con l’entrata in vigore del D.lgs.344/2003)
Art.3 comma 1 L. 383/2000
Paragrafo 5.3 della C.M. n.124/E del 1998
Le A.P.S. sono quindi “obbligate” – non solo per
poter usufruire dei benefici fiscali - a redigere e
approvare annualmente un rendiconto economico
finanziario ma devono indicare, nel proprio statuto,
tempi e modalità di approvazione.
Chi deve approvarlo e quando?
Il rendiconto deve essere approvato dall’assemblea
ordinaria nei termini statutari e comunque non oltre i
quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, termine
prorogabile a sei mesi per motivate esigenze.
ATTENZIONE!
La mancata redazione o la mancata approvazione
del rendiconto determina la decadenza dalle
disposizioni tributarie di favore. E’ dunque
indispensabile che l’associazione provveda
annualmente alla convocazione dell’assemblea dei
soci per l’approvazione del rendiconto.
L’obbligo è imposto con una formulazione
volutamente generica, secondo metodi e schemi non
obbligatori, purché gli schemi adottati:
• siano conformi ai principi della tecnica contabile
(chiarezza, trasparenza e veridicità);
•descrivano in modo separato entrate ed uscite
relative all’attività istituzionale da entrate e uscite
relative all’attività commerciale.
Per una corretta redazione del rendiconto di fine
esercizio è necessario individuare quali operazioni
devono essere rilevate nel periodo d’imposta a cui si
riferisce il bilancio.
Come sappiamo esistono due principi di rilevazione
contabile:
1. PRINCIPIO DI CASSA.
Sono rilevati solo i costi e ricavi che hanno avuto
effettivamente luogo entro la data di chiusura dell’esercizio
sociale di riferimento. Tale principio, adeguato alle realtà
associative di modeste dimensioni e complessità, dà luogo a
un rendiconto composto dal solo prospetto del conto
economico, integrato dall’indicazione dei saldi di cassa e
banca/posta al giorno di chiusura dell’esercizio.
In questa ipotesi si ritiene comunque opportuno, nelle note di
accompagnamento al conto economico, menzionare gli
eventuali beni di proprietà dell’associazione.
2. PRINCIPIO DI COMPETENZA.
I costi e i ricavi devono essere contabilizzati
nell’esercizio cui si riferiscono, indipendentemente dal
momento in cui avvengono i relativi incassi o
pagamenti. Tale principio dà luogo a un rendiconto
composto da conto economico e stato patrimoniale.
La domanda che spesso ci siamo posti è
naturalmente: quale utilizzare?
Ci vengono in soccorso alcune norme.
In relazione alla redazione di schemi specifici di
redazione di rendiconti finanziari o schemi di bilancio
adatti alle A.P.S. dobbiamo necessariamente far
riferimento:
• Alle proposte avanzate dall’Agenzia per le Onlus
(oggi Agenzia per il Terzo Settore) con atto di
indirizzo dell’11 febbraio 2009 rubricato “linee
guida e schemi per la redazione dei bilanci di
esercizio per gli enti non profit”
• Al primo principio contabile per gli enti non profit,
redatto tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 dal
C.N.D.E.C., di concerto con la stessa Agenzia e
l’Oic.
Quest’ultimo principio contabile, già in “Premessa” si
preoccupa di non definire gli schemi di bilancio già
predisposti dall’Agenzia per il Terzo settore, ma (al
punto 3.2.2 “competenza economica”) indica
espressamente la preferenza della rilevazione dei
movimenti per competenza economica, ritenuta più
adatta a fornire informazioni complete in merito allo
stato reale di salute dell’associazione.
Nello stesso paragrafo però, lo stesso Principio
prevede e consente, agli enti non profit (quindi anche
alle A.P.S.), di minori dimensioni di redigere il bilancio
secondo il principio di cassa.
Tali indicazioni, ricordiamolo ancora una volta, non
costituiscono certo un assunto normativo, ma
l’autorevolezza degli organi dai quali provengono fa
ipotizzare un positivo condizionamento dell’intero
sistema e la riconduzione a dei modelli generali
comuni.
Per concludere, lo spazio riservato agli obblighi di
rendicontazione, dobbiamo evidenziare inoltre che le
A.P.S., così come gli altri Enti non commerciali, hanno
l’obbligo di redigere un dettagliato e separato
rendiconto per ciascuna manifestazione pubblica
durante la quale abbiano raccolto fondi, anche
mediante vendita di beni di modico valore o prestazioni
di servizi a terzi.
Da questo documento devono risultare in modo chiaro
e trasparente, anche a mezzo di una relazione
illustrativa, le entrate e le spese relative a ciascuna
delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di
sensibilizzazione. Tale obbligo è espressamente
previsto dall’art. 20 DPR 600/73 , a tutela della fede
pubblica, come recita la circolare n. 59 del 31/10/2007
dell’Agenzia delle Entrate.
La medesima circolare chiarisce che “i fondi raccolti
debbono essere destinati per la maggior parte del loro
ammontare a finanziare i progetti e l’attività per cui la
raccolta fondi è stata attivata. I fondi raccolti, in
sostanza, non devono essere utilizzati dall’ente per
autofinanziarsi a scapito delle finalità solidaristiche che
il legislatore fiscale ha inteso incentivare”.
Nella relazione illustrativa, che accompagnerà il
rendiconto finanziario annuale, bisognerà pertanto
specificare l’importo dei fondi raccolti, risultante dalla
documentazione attestante i singoli versamenti,
nonché le somme effettivamente destinate alle attività
e ai progetti, dettagliatamente descritti, per i quali la
raccolta fondi è stata attivata.
Si ritiene pertanto necessario predisporre anche
questa relazione illustrativa, nonostante il Ministero
delle Finanze in principio abbia dichiarato facoltativa
la sua redazione.
(Circ. n. 124/E del 12 maggio 1998)
Tanto più che, all'Agenzia per il Terzo Settore, l'art. 3,
comma 1, lettera i), del DPCM n. 329 del 2001, ha
attribuito la vigilanza sull' "attivita' di raccolta di fondi e
di sollecitazione della fede pubblica, (…) allo scopo di
assicurare la tutela da abusi e le pari opportunità di
accesso ai mezzi di finanziamento".
Anche per la predisposizione di tale rendiconto non
sono previste formalità particolari. Va tenuto e
conservato su apposito registro ai sensi dell’art. 22 del
DPR 600/73. La suddetta rendicontazione deve essere
tenuta e conservata fino a quando non siano definiti gli
accertamenti relativi al corrispondente periodo di
imposta.
Abbiamo analizzato il perché il rendiconto sia un
adempimento contabile fondamentale per le A.P.S. e
come sia strutturato – ora vediamo quali sono i regimi
contabili che una A.P.S. può scegliere di utilizzare per
gestire al meglio la propria attività nel corso della sua
esistenza.
I REGIMI CONTABILI
I regimi contabili sono determinati in base all’entità dei
ricavi derivanti dall’attività commerciale.
1) Attività commerciale occasionale.
Gli enti che di norma vivono solo di entrate di natura
istituzionale possono svolgere, in maniera episodica e non
programmata, iniziative tramite le quali conseguire proventi
di natura commerciale.
A titolo esemplificativo si ha, attività commerciale
occasionale, nel caso in cui un’associazione organizza
una manifestazione e, in relazione a quest’ultima,
ottiene una sponsorizzazione.
Dobbiamo tener presente che le operazioni di
sponsorizzazione sono considerate operazioni
commerciali . Anche se la manifestazione si tiene una
volta l’anno.
Non possiamo pensare di ricondurre l’operazione tra
quelle previste nel caso delle raccolte occasionali di
fondi mediante offerta di beni o di prestazioni di servizi
perché dovrebbero essere di modico valore.
Perciò è comunque necessaria l’apertura della partita
IVA, ma come vedremo, in questo caso, si può
scegliere il regime ex legge 398/91 che è sicuramente
più consono e agevolativo a tale operazione.
Sostanzialmente, in base alla normativa in vigore e
all’entità dei ricavi derivanti dall’attività commerciale posta
in essere, i regimi contabili previsti ed utilizzabili per le
A.P.S. sono i seguenti:
a) regime ordinario;
b) regime semplificato;
c) regime forfetario di cui all’art. 145, TUIR;
d) regime forfetario di cui alla Legge n. 398 del
16.12.1991.
Regime ordinario
E’ il regime contabile obbligatorio per le A.P.S. che,
nell’esercizio precedente, hanno conseguito (o nel caso
di primo anno di attività presumono di conseguire)
ricavi commerciali superiori ad €. 400.000,00 per le
prestazioni di servizi e ad €. 700.000,00 per le altre
attività.
Alle A.P.S. che adottano tale regime, si applicano sia le
disposizioni previste dal D.P.R. 633/1972 sia quelle del
D.P.R. 600/1973.
Tale regime prevede la tenuta dei seguenti libri
obbligatori:
- libro giornale;
- libro inventari;
- libri IVA;
- scritture ausiliarie;
- libro beni ammortizzabili;
Si rende inoltre necessario redigere il bilancio
d’esercizio e l’inventario.
In presenza di ricavi inferiori, tale regime contabile può
essere comunque scelto per opzione, esercitabile nella
dichiarazione annuale dei redditi o in quella prevista
dall’art. 35 DPR.633/72.
Nel regime ordinario le A.P.S. determinano il reddito
d’impresa con la medesima metodologia delle società
di capitali: variazioni in aumento o in diminuzione del
risultato di bilancio.
Regime semplificato
E’ il regime contabile che può essere adottato dalle
A.P.S. che nell’esercizio precedente hanno conseguito
(o nel caso di primo anno di attività presumono di
conseguire) ricavi commerciali non superiori a quelli
previsti per il regime ordinario (come modificati dal
D.L.70/2011)
Si applicano le disposizioni previste dall’art. 18 D.P.R.
600/1973:
• esonero dalla tenuta delle scritture contabili prescritte dagli
artt. 14–15–16 D.P.R. 600/1973;
• mantenimento dei libri IVA (acquisti, vendite e/o corrispettivi)
opportunamente integrati con le indicazioni del valore delle
rimanenze;
• Le A.P.S. che compiono soltanto operazioni non soggette a
registrazione ai sensi IVA, annotano, in un apposito registro,
l’ammontare globale delle entrate e delle uscite relative a tutte
le operazioni effettuate nella prima e nella seconda metà di
ogni mese, oltre alla eventuale annotazione del valore delle
rimanenze.
Per le associazioni che esercitano
contemporaneamente prestazioni di servizi e altre
attività si fa riferimento all'ammontare di ricavi relativi
all'attività prevalente. In mancanza della distinta
annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le
attività diverse dalla prestazione di servizi.
ATTENZIONE
Si deve fare particolare attenzione all’ammontare
complessivo dei ricavi:
se tale ammontare supera i 700mila euro,
indipendentemente dal superamento o meno dei limiti
stabiliti per le differenti attività il regime contabile
obbligatorio per l’associazione nell’esercizio successivo al
superamento del limite sarà quello ordinario.
Non è necessaria alcuna opzione per abbracciare il
regime semplificato, che peraltro si estende di anno in
anno qualora i limiti indicati non vengano superati.
Il reddito imponibile, nel regime semplificato è così
determinato:
si sommando i ricavi effettivamente conseguiti,
comprese le rimanenze finali di magazzino e si
sottraggono i costi effettivamente sostenuti, compreso
il valore delle rimanenze iniziali dei beni, regolarmente
documentate.
Regime forfetario - Art. 145 D.P.R. 917/1986
Le A.P.S., ammesse alla contabilità semplificata, ex
art. 18 DPR.600/73, possono però optare per il regime
forfetario di cui all’art. 145 D.P.R. 917/1986.
Tale norma è d’analizzare congiuntamente all’art. 20
DPR 600/73 “scritture contabili degli enti non
commerciali”, che espressamente la richiama.
L’art.145 TUIR
L’art.145 1°comma TUIR, “fatto salvo quanto dispost o
dalla L.398 /1991 e art.9 bis del D.L.417/1991 per
associazioni sportive dilettantistiche e pro loco”
prevede per le associazioni che ne hanno i requisiti,
cioè ammesse alla contabilità semplificata di cui
all’art.18 del DPR 600/73, la determinazione forfetaria
del reddito d’impresa, applicando, all’ammontare di
ricavi conseguiti nell’esercizio di attività commerciale, i
seguenti coefficienti di redditività:
attività di prestazioni di servizi:
fino a € 15.493,71: coefficiente del 15%;
oltre € 15.493,71, fino a € 400.000: coefficiente del 25%;
altre attività:
fino a € 25.822,84: coefficiente del 10%;
oltre € 25.822,84, fino a € 700.000: coefficiente del 15%.
Al risultato va comunque sempre aggiunto
l’ammontare dei componenti positivi di reddito di cui
agli artt. 86 - 88 - 89 - 90 del TUIR (cioè plusvalenze
patrimoniali, sopravvenienze attive, dividendi e
interessi, proventi immobiliari).
Un esempio può chiarire meglio:
Supponiamo:
Ricavi da altre attività = € 20.000
Proventi immobiliari = € 3.000
Interessi attivi = € 800
Ne deriva:
Imponibile da altre attività IRES = 20.000x10% = € 2.000
Imponibile artt.86-88-89-90 TUIR =(3.000+800)=€ 3.800
IRES dell’esercizio = (2.000+ 3.800) x 27,5% = € 1.595
I contribuenti che esercitano contemporaneamente
prestazioni di servizi e altre attività, il coefficiente si
determina con riferimento all'ammontare di ricavi
relativi all'attività prevalente.
In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si
considerano prevalenti le attività di prestazioni di
servizi.
Il regime forfetario si estende di anno in anno qualora i
limiti indicati non vengano superati.
Il dettato disposto dagli ultimi commi dell’art. 145 TUIR. ci
ricorda che:
“L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei
redditi, o, per le associazioni che intraprendono attività
commerciale, nella dichiarazione IVA ex art. 35 DPR
633/72 e ha effetto dall'inizio del periodo di imposta nel
corso del quale è esercitata, fino a quando non è
revocata e comunque per un triennio. La revoca è
effettuata in dichiarazione annuale e ha effetto dall'inizio
del periodo d’imposta nel corso del quale la dichiarazione
stessa è presentata”
E’ appena il caso di osservare che la C.M. 12.05.1998 n.
124, evidenziando l’entrata in vigore del principio di
comportamento concludente, da parte dei contribuenti,
posto dal DPR. 442/1997, di fatto supera parzialmente
tali adempimenti.
Riepilogando, le A.P.S. di minori dimensioni, che
determinano forfetariamente il reddito ex art. 145 TUIR,
sono obbligate:
- ad annotare l’ammontare complessivo, distinto per
aliquota, delle operazioni fatturate in ciascun mese,
con riferimento allo stesso mese, entro il giorno 15 del
mese successivo, nei registri previsti ai fini IVA oppure
nell’apposito prospetto riepilogativo, che tiene luogo dei
registri stessi, conforme al modello approvato con il
D.M.11 febbraio 1997;
- ad annotare entro il termine previsto per le liquidazioni
trimestrali IVA, l’importo complessivo imponibile, mensile
o trimestrale, degli acquisti e importazioni, indicando
l’imposta detraibile nel registro degli acquisti (ai sensi
dell’art.25 D.P.R. n.633/1972) o nel prospetto
riepilogativo sopra menzionato.
- a conservare ai sensi dell’art. 22 D.P.R. n.600/1973 la
documentazione degli altri costi di cui s’intenda effettuare
la deduzione ai fini delle imposte sui redditi.
Regime forfetario – Legge 16/12/1991, n.398
Il regime forfetario previsto dalla L. 398/91 può essere
adottato quando si realizzano contestualmente due
importanti categorie di requisiti:
1)requisiti soggettivi;
2)requisiti oggettivi.
1) requisiti soggettivi
Destinatari di tale regime fiscale sono:
a) le associazioni sportive dilettantistiche riconosciute dal
CONI o da una Federazione Sportiva Nazionale o da un
Ente di Promozione Sportiva;
b) le associazioni senza scopo di lucro (quindi anche le
A.P.S.)
c) le pro-loco;
Si tralascia di entrare in dettagli della legge, che
riguardano esclusivamente le A.S.D. o le Pro-loco -
che non rientrano nell’oggetto di questa trattazione -
e si analizza invece la portata di tale regime nei
confronti delle A.P.S.
2) requisiti oggettivi
a) Esercizio d’idonea opzione;
b) Rispetto d’appositi limiti dimensionali.
a) Opzione
Le A.P.S. per usufruire del regime di cui alla L.398/1991,
devono esercitare apposita opzione.
L’opzione è vincolante per almeno un quinquennio, ma
se nel corso di un esercizio si supera il limite di €.
250.000 dei proventi commerciali, si applica il regime di
contabilità ordinaria dal mese successivo al verificarsi
dell’evento.
Anche in questo caso, il principio del comportamento
concludente da parte dei contribuenti, posto dal DPR.
442/1997, di fatto supera tali adempimenti ai fini della
comunicazione dell’opzione agli Uffici Finanziari, ma, in
base a quanto disposto dall’art.9, comma 2
DPR.544/1999 tale opzione deve essere comunque
comunicata all’ufficio S.I.A.E. competente in base al
domicilio fiscale dell’associazione, prima dell’inizio
dell’anno solare per il quale si intende usufruire del
regime agevolativo.
b) Limiti dimensionali
I proventi commerciali del precedente periodo d’imposta
(o quelli presunti in caso d’inizio attività) non devono
superare il limite di € 250.000; tale tetto è stato fissato
dall’art. 90 comma 2, Legge 289 del 27/12/2002
(Finanziaria per il 2003).
I proventi commerciali che partecipano alla formazione
del suddetto limite devono essere individuati secondo il
principio di cassa.
In base alla C.M. 11.02.1992, n.1-11/151, sono
considerati proventi commerciali i ricavi di cui all’art.85
del TUIR e le sopravvenienze attive di cui all’art. 88 del
TUIR.
Non sono invece considerati proventi commerciali:
- le plusvalenze patrimoniali di cui all’art.86 TUIR;
- i proventi da cessione di beni strumentali;
- i proventi di cui all’art. 143 comma 1, TUIR;
- i proventi di cui all’art.148 comma 3 TUIR;
- le sopravvenienze derivanti da attività istituzionali.
Agevolazioni
La legge 398/91 prevede per le A.P.S. una serie di
agevolazioni:
a) ai fini delle II.DD.;
b) ai fini IVA;
c) ai fini della tenuta dei libri contabili;
a) Imposte dirette (IRES - IRAP)
Le A.P.S. in regime di L.398/91 determinano il reddito
imponibile ai fini IRES applicando un coefficiente di
redditività del 3% ai proventi commerciali, sommandovi
successivamente le eventuali plusvalenze patrimoniali
conseguite nel periodo d’imposta.
Ai fini del calcolo per determinare l’imponibile IRAP, si
dovrà partire dall’ammontare del reddito imponibile
ottenuto forfetariamente ai fini IRES e fare le variazioni
disposte ai fini IRAP.
Il reddito imponibile così ottenuto dovrà essere
naturalmente dichiarato presentando il Modello Unico
“Enti non commerciali ed equiparati”.
b) IVA
Le disposizioni agevolative IVA di riferimento per le
A.P.S. aderenti al regime ex L.398/91 trovano la propria
collocazione nell’art. 9, comma1 DPR. 544/1999
(regolamento di attuazione della nuova imposta sugli
intrattenimenti) che rimanda alle disposizioni dell’art.74
comma 6 DPR.633/72, cioè al criterio applicato nel
settore dello spettacolo.
Le A.P.S. che hanno optato per la L. 398/91 determinano
l’imposta sul valore aggiunto versando l’iva a debito derivante dai
proventi commerciali connessi all’attività istituzionale (o non
connessi ma comunque soggetti all’imposta sugli intrattenimenti)
secondo le seguenti percentuali forfetarie:
-50% dell’IVA a debito sui proventi commerciali generici,
comprese le prestazioni pubblicitarie;
-90% dell’IVA a debito sulle fatture emesse per sponsorizzazioni;
- 2/3 dell’IVA a debito per le operazioni di cessione o concessione
di diritti di ripresa televisiva o trasmissione telefonica.
L’IVA a debito si versa con periodicità trimestrale entro il
giorno 16 del secondo mese successivo al trimestre di
riferimento tramite il modello F24, senza maggiorazione
dell’interesse dell’1% attraverso banca, posta ovvero
direttamente presso il concessionario della riscossione,
utilizzando i codici tributo ordinariamente previsti ai fini
IVA per i contribuenti trimestrali (6031 - -6032 - -6033 per
i primi tre trimestri), utilizzando però il codice 6034 per il
quarto trimestre.
Versano invece l’IVA secondo il metodo consueto (Iva a
debito – iva a credito) nei modi ordinari, quindi
mensilmente (a meno di opzione per le liquidazioni
trimestrali, con la maggiorazione 1%), unitamente al
debito eventuale per IVA annuale, per quel che riguarda
le attività commerciali non connesse a quella istituzionale
e non soggette all’imposta sugli intrattenimenti.
L’aliquota IVA applicata, generalmente, è quella
ordinaria, oggi 21%; con un’eccezione sulle attività di
spettacolo ove il prezzo d’ingresso non supera € 12,91,
in questo caso, si applica l’aliquota del 10%.
La L.398/91 esonera le associazioni, che ne seguono le
regole, dalla presentazione della Dichiarazione Iva
annuale, salvo che le stesse non eseguano, come detto,
attività commerciali non connesse a quella istituzionale e
non soggette all’imposta sugli intrattenimenti.
In tal caso tali enti, che avranno opportunamente e
coerentemente tenuto una contabilità separata,
presenteranno la dichiarazione IVA relativamente alle
attività in relazione alle quali l’IVA viene calcolata in
modo ordinario.
c)Tenuta libri contabili.
Con l’opzione per la L. 398/91 le A.P.S. sono esonerate
dagli obblighi contabili previsti dagli articoli 14-15-16-18-
20 del DPR.600/1973, così come dagli obblighi derivanti
dal D.P.R. 633/72. Ai fini IVA dovranno istituire solo il
prospetto previsto dal D.M. 11.2.1997 nel quale si
dovranno annotare entro il 15°giorno di ogni mese:
- tutti i proventi commerciali;
- i proventi non imponibili di cui all’art. 25 comma 2
L.133/1999;
- le plusvalenze patrimoniali;
- le operazioni comunitarie.
COME SI COMPILA IL PROSPETTO EX
D.M. 11.02.1997
Il prospetto è sviluppato su quattro pagine, formato da un
frontespizio e da due quadri (A e B):
Naturalmente dovrà essere adattato, poiché concepito
per altre tipologie di contribuenti.
- Nel frontespizio il contribuente dovrà indicare il codice
fiscale, il numero di partita IVA, nome cognome.
- Il quadro A è composto da nove colonne. Esso
contiene l’indicazione dell’anno di riferimento e in
corrispondenza di ciascun mese dovranno essere inseriti
gli elementi necessari per individuare le operazioni attive
e passive IVA, le operazioni esenti, quelle non imponibili
e quelle non rilevanti.
Nell’ultima colonna si dovrà provvedere al calcolo
dell’imposta per i versamenti mensili o trimestrali con
maggiorazione dell’1% o senza, in base al regime
applicabile.
- Il quadro B, composto di cinque sezioni, che
distinguono il contribuente a seconda dell’attività svolta,
trovano allocazione gli importi relativi al valore delle
rimanenze, al volume d’affari, al valore ed alla descrizione
di eventuali beni ammortizzabili ex art. 16 DPR.600.
Altri obblighi contabili previsti
1.Emissione delle fatture per le operazioni attive
eseguite.
2.Conservazione delle fatture = numerare
progressivamente le fatture emesse e quelle ricevute.
3.Documentazione delle operazioni d’incasso e
pagamento = conservarne copia almeno fino al periodo
di decadenza dei termini per l’accertamento.
4.Osservare le eventuali disposizioni in materia di
documenti di trasporto.
5.Osservare le eventuali disposizioni in materia di
operazioni intracomunitarie.
Parlando dei regimi contabili abbiamo avuto modo di
evidenziare alcuni aspetti fiscali (o meglio di soggettività
alle imposte) peculiari per taluni di essi.
Analizziamo ora velocemente quelli che sono gli aspetti
generali di soggettività passiva fiscale per le A.P.S. - che
poi si modulano in virtù del regime adottato.
SOGGETTIVITA’ PASSIVA FISCALE
1.Soggettività passiva all’IRES
2.Soggettività passiva all’IVA
3.Soggettività passiva all’IRAP
1. Soggettività passiva all’IRES
Le A.P.S., poiché Enti non Commerciali, ai sensi del
dettato disposto dall’ art. 143 TUIR sono soggette a
IRES per i seguenti – eventuali - redditi :
1.redditi fondiari (p.es.canoni locazione)
2.redditi di capitale
3.redditi d’impresa
4.redditi diversi
ovunque prodotti.
Sono esclusi dalla determinazione del reddito:
a.I fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche.
b.Contributi da amministrazioni pubbliche.
c.Prestazioni ai soci.
d.Prestazioni ai loro familiari conviventi.
e.Gestione di bar e organizzazione di viaggi e soggiorni
turistici.
I fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche .
Tali fondi non sono imponibili ai fini delle imposte dirette,
sono esclusi da Iva, ed esenti da ogni tributo, purché le
raccolte pubbliche:
• siano rivolte a una massa indistinta di soggetti;
• siano occasionali;
• vengano svolte in concomitanza di celebrazioni,
ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
• i servizi prestati o i beni ceduti siano di modico valore;
• venga redatto un apposito e separato rendiconto,
entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio. (come
abbiamo visto all’inizio)
La norma di riferimento è:
L’art. 143 del TUIR, che così recita:
Non concorrono alla formazione del reddito complessivo i
fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate
occasionalmente , anche mediante offerte di beni di
modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza
di celebrazioni , ricorrenze o campagne di
sensibilizzazione; fatte da enti pubblici e privati diversi dalle
società, e i trust, residenti nel territorio dello stato, che non
hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciali.
Analizziamo i presupposti enunciati nella norma:
Occasionalità – per capire tale concetto, possiamo far
riferimento alla Sentenza della Cassazione n. 20/06/1998
n. 1052, che si esprime definendo abituale, un’attività
caratterizzata dal ripetersi delle operazioni
caratteristiche, dalla regolarità nel porle in essere, dalla
stabilità e dalla sistematicità dei comportamenti, mentre
definisce occasionale quella che possiede i caratteri
della contingenza, eventualità e secondarietà.
Beni di modico valore e servizi resi ai sovventori i n
esenzione d’imposta.
Il concetto non è ben rilevato dal legislatore, di
conseguenza sarà necessario operare con
prudenza. La circolare 124/E del 12/05/1998
fornisce alcune indicazioni ed esempi.
In concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o
campagne di sensibilizzazione
Si tratta di raccolte pubbliche, cioè, proposte al
pubblico normalmente veicolate mediante mezzi di
comunicazione di massa, e la raccolta delle offerte,
da parte dei sovventori, avviene in occasione di
particolari circostanze, quali: manifestazioni,
celebrazioni e giornate di solidarietà sociale,.…)
Non rientrano in questa casistica:
erogazioni liberali, di carattere privato, agli Enti non
Commerciali, così come i contributi a fondo perduto
che continuano a essere imponibili anche se
destinati all’attività istituzionale.
Contributi da amministrazioni pubbliche: la
norma di riferimento è il comma 3 lettera b) dell’art.
143 TUIR, non sono tassati i contributi erogati dalle
amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in
convenzione o in regime di accreditamento, di attività
aventi finalità sociali che esercitano in conformità ai
fini istituzionali delle A.P.S.
prestazioni ai soci e ai loro familiari conviventi:
non sono tassate le quote, i contributi associativi e i
corrispettivi riscossi a fronte di prestazioni di servizi
erogati ai soci delle associazioni di promozione
sociale o di altre associazioni facenti parte della
stessa federazione nazionale
e ai loro familiari conviventi (individuabili ai sensi
dell’art.433 c.c.) quando tali attività siano svolte in
diretta attuazione degli scopi istituzionali dell’ente
(art.148 TUIR – art.20 L.383/2000);
gestione di bar e organizzazione di viaggi e
soggiorni turistici: alle A.P.S., in occasione di
particolari eventi o manifestazioni, il sindaco può
concedere autorizzazioni temporanee alla
somministrazione di alimenti e bevande (art.31
L.383/2000). Le stesse associazioni possono
esercitare attività turistiche e ricettive per i propri
associati e familiari degli stessi. Per tali attività sono
tenute a stipulare polizze assicurative secondo la
normativa vigente.
Tali attività per le A.P.S. non sono considerate
commerciali grazie al dettato disposto dall’art.5
comma 1 lett.b) D.Lgs. 460/97, istitutivo delle
ONLUS – che ha apportato modifiche al vecchio art.
111 TUIR, oggi art.148, aggiungendovi il comma 5, il
quale richiama testualmente e dispone tali
decommercializzazioni, ma non per tutte le A.P.S.,
solo quelle di cui art.3 comma 6 lettera e) legge 25
agosto 1991 n. 287 le cui finalità assistenziali siano
riconosciute dal Ministero dell’Interno.
Per concludere, in via ordinaria l’IRES così calcolata
sarà pari al 27,5% dell’imponibile, determinato dalla
differenza tra entrate e uscite di natura commerciale,
fatta salva l’applicazione di coefficienti specifici
adeguati a specifici regimi contabili che abbiamo già
visto.
2)Soggettività passiva IVA
Le A.P.S., iscritte nei registri regionali/provinciali ai
sensi della legge 383/2000, sono soggette a IVA per
le attività di cessioni di beni e prestazioni di servizi
effettuate nell’esercizio dell’impresa (art.4 DPR
633/72)
In pratica sono soggette a IVA tutte quelle attività per
le quali si verificano le seguenti condizioni:
a)Professionalità
b)Ausilio di un’organizzazione specifica
In assenza dei suddetti requisiti le attività commerciali
esercitate non saranno soggette a IVA, ma
eventualmente tassate solo ai fini IRES quali attività
d’impresa occasionali.
Sono in ogni caso generalmente considerate
commerciali le seguenti attività:
•cessione di beni nuovi, prodotti per la vendita;
•erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
•gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
•gestione di spacci aziendali, gestione di mense e
somministrazione di pasti;
•trasporto e deposito (merci e persone);
•organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
•prestazioni alberghiere o di alloggio;
•servizi portuali e aeroportuali;
•pubblicità commerciale;
•telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
3. Soggettività passiva IRAP
Le associazioni di promozione sociale iscritte nei
registri regionali/provinciali ai sensi della L.383/2000
sono soggette a IRAP quando:
a)svolgono una attività commerciale in via
continuativa, anche se non prevalente;
b) comunque se erogano retribuzioni di lavoro
dipendente o assimilati, compensi per prestazioni a
progetto o di lavoro autonomo occasionale.
Determinazione del reddito ai fini IRAP
Presupposto dell’IRAP è l’esercizio abituale di un’attività
diretta alla produzione o allo scambio di beni e servizi.
Per le A.P.S., indipendentemente dal su elencato
presupposto, la base imponibile si determina in modo
differente a seconda che ci si riferisca ad attività
istituzionali, attività commerciali o attività commerciali in
regime forfetario.
Per le associazioni non riconosciute che svolgono
esclusivamente attività istituzionale , la base imponibile
si determina con riferimento al cosiddetto metodo
retributivo, ed è costituita dall’ammontare di:
•retribuzioni spettanti al personale dipendente; •compensi per il personale assimilati al reddito di lavoro dipendente; •compensi erogati per collaborazioni coordinate e continuative; •compensi erogati per attività di lavoro autonomo occasionale.
Per quelle che svolgono oltre all’attività istituzionale anche attività commerciale, la base imponibile si
determina con riferimento al cosiddetto metodo misto, il quale richiede che le due attività siano distintamente
identificabili.Per l’attività istituzionale, l’Irap si applica con il metodo
retributivo di cui sopra, tenendo presente che non vanno considerati i compensi e le retribuzioni relativi al
personale impiegato nell’attività commerciale. Per la parte commerciale, invece, la base imponibile si
determina applicando le regole proprie previste per le imprese commerciali.
Per quelle che determinano il reddito con il regime
forfetario, assumono come base imponibile, dell’attività
commerciale, la somma dei seguenti elementi:
•il reddito d’impresa determinato forfetariamente;
•le retribuzioni spettanti al personale dipendente;
•i compensi erogati per collaborazioni coordinate e
continuative;
•i compensi erogati per attività di lavoro autonomo
occasionale;
•gli interessi passivi.
Il Modello EAS
Le A.P.S. hanno l'obbligo di compilare e presentare il
modello EAS, per la comunicazione dei dati e notizie
rilevanti ai fini fiscali di cui all'art. 30 D.L. 185/08
Le stesse però, purché iscritte nei registri di cui alla
L.383/00, possono redigerlo con modalità semplificate
compilando cioè interamente il primo riquadro ed i righi
n.4-5-6-25-26 del secondo riquadro
(vds. circolare Ag. Entrate n.45/E del 2009 )