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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 89 (48.413) Città del Vaticano domenica 19 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!&!#!}! DIARIO DELLA CRISI/2 La Comunione spirituale A Santa Marta il Pontefice prega per le donne e gli uomini più fragili colpiti dal coronavirus e per gli operatori sanitari che li assistono Accanto alle persone con disabilità E Domenica celebra la messa a Santo Spirito in Sassia nella festa della Divina misericordia Per le persone con disabilità colpite dal coronavirus e per i medici e gli infermieri che se ne prendono cura, insieme ai famigliari, Papa Francesco ha pregato sabato 18 aprile, nella cappella di Casa Santa Marta. Prima di iniziare la celebrazione della mes- sa del mattino, il Pontefice ha infatti confidato di aver ricevuto una lettera scritta da una religiosa «che lavora come traduttrice nella lingua dei se- gni per i sordomuti», in cui si de- scrive «il lavoro tanto difficile che hanno gli operatori sanitari... con i malati disabili che hanno preso il co- vid-19». E ci saranno proprio le per- sone con disabilità spiritualmente in prima fila accanto al vescovo di Ro- ma per accompagnarlo con la pre- ghiera nel pellegrinaggio che compie domenica mattina, alle 11, nel giorno della festa della Divina misericordia, per celebrare la messa nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, punto di ri- ferimento per la devozione legata a santa Faustyna Kowalska. È stato il Pontefice stesso a ricordare — dopo la benedizione conclusiva — questo appuntamento e far presente che da lunedì 20 aprile riprenderà la cele- brazione dell’Eucaristia alle 7 nella cappella di Casa Santa Marta. In precedenza, commentando al- l’omelia le letture del giorno, Fran- cesco aveva sottolineato l’importanza della franchezza, della parresìa . «Da dove viene il coraggio degli aposto- li»? si è chiesto in uno dei passaggi più significativi della sua meditazio- ne, rilanciato anche in un tweet postato sull’account @Pontifex. «È un dono dello Spirito Santo» è stata la risposta, con la spiegazione che «la franchezza, il coraggio, è un do- no che dà il Signore il giorno della Pentecoste» e che «la missione nasce proprio dal dono dello Spirito Santo». PAGINA 8 Rischia di diventare il prossimo epicentro della pandemia Urgente una mobilitazione internazionale per l’Africa GINEVRA, 18. Il continente africano rischia di diventare il prossimo epi- centro della pandemia di coronavi- rus. È l’allarme lanciato oggi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). «Nell’ultima settima- na i casi confermati di covid-19 in Africa sono aumentati del 51 per cento e il numero delle morti ac- certate del 60 per cento» ha reso noto il direttore generale dell’O ms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, spiegando che in mancanza di at- trezzature per i test «è verosimile che i numeri siano più alti». Per quanto abbia annunciato che dalla prossima settimana sarà di- stribuito un milione di kit, tuttavia Ghebreyesus ha rimarcato che il gap da colmare è ancora significati- vo. Nel continente, riferisce l’agen- zia delle Nazioni Unite, solo negli ultimi sette giorni si è registrata una forte impennata dei casi con quasi 1.000 decessi e oltre 18.000 contagi, sebbene siano tassi di gran lunga inferiori rispetto a quelli os- servati in Europa e negli Stati Uni- ti. Le cifre sono state confermate anche dal Centro africano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Africa Cdc), agenzia spe- cializzata dell’Unione africana, il quale rende noto che gli Stati mag- giormente colpiti sono l’Egitto, con 2.673 casi, seguito dal Sud Africa con 2.605 contagi, l’Algeria con 2.268 e il Marocco con 2.283. Nel frattempo il rapporto «Co- vid-19: per proteggere la vita e le economie africane», pubblicato ieri dalla Commissione economica del- le Nazioni Unite per l’Africa (Une- ca), denuncia che nel continente potrebbero morire tra le 300 mila e i 3,3 milioni di persone. Per di più circa 30 milioni di africani rischia- no di cadere in condizioni di estre- ma povertà, se non verranno adot- tati strumenti adeguati. «Sono ne- cessari almeno 100 miliardi di dol- lari come risposta immediata, per tutelare la salute e garantire la sicu- rezza sociale», afferma ancora il rapporto. Il coronavirus «non è solo una pandemia ai danni della salute pubblica, ma lo è anche in termini di posti di lavoro, di sviluppo e non ultimo umanitaria» ha affer- mato dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, durante l’incontro virtuale organiz- zato dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale sull’Africa. Guterres chiede in par- ticolare di intervenire sul debito dei Paesi africani. «Per contribuire ad affrontare le devastanti conse- guenze economiche e sociali serve un pacchetto di risposte pari a una percentuale a due cifre del Pil glo- bale», ha precisato, sottolineando che nel continente il rapporto me- dio debito/Pil è aumentato dal 39,5 per cento nel 2011 al 61,3 per cento nel 2019. «È necessario — ha evi- denziato ancora — un quadro om- nicomprensivo in tre fasi: sospen- sione del pagamento del debito estero per i Paesi in via di sviluppo che non hanno accesso ai mercati finanziari, opzioni globali verso la sostenibilità del debito e, infine, af- frontare le questioni strutturali nell’architettura del debito interna- zionale, per prevenire tutte quelle inadempienze che causano crisi fi- nanziarie ed economiche prolunga- te. Guterres ha chiesto inoltre di concentrarsi sui Paesi più vulnera- bili, ricordando il piano di risposta umanitaria globale, in gran parte dedicato al continente africano, che deve essere finanziato dalla comu- nità internazionale. Dal punto di vista sanitario Gu- terres ha riferito che sono stati isti- tuiti “voli di solidarietà”. «Tempi eccezionali richiedono una solida- rietà eccezionale», ha concluso, sottolineando che in questo senso «una delle prove più importanti è rappresentata dalla mobilitazione in favore dell’Africa». Bm e Fmi osservano però che il continente africano, al netto di un congelamento del debito e con gli opportuni aiuti, ha ancora bisogno di 114 miliardi di dollari nel 2020 per sostenere la crescita, con un gap di finanziamenti pari a circa 44 miliardi. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha nominato Membro dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apo- stolica l’Eminentissimo Signor Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna (Italia). Nomina di Arcivescovo Coadiutore Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Coadiutore di Brazzaville (Repubblica del Congo) Sua Eccellenza Monsi- gnor Bienvenu Manamika Bafo- uakouahou, finora Vescovo di D olisie. Istituito al fine di contrastare la diffusione del covid-19 Fondo di emergenza per le Chiese orientali PAGINA 7 Enea, il silenzio, la contemplazione e Papa Francesco Nel laboratorio della sconfitta ALESSANDRO RIVALI A PAGINA 4 Nel «De mortalitate» di san Cipriano Quella fede che vince il «male micidiale» MARIO SPINELLI A PAGINA 5 ALLINTERNO PUNTI DI RESISTENZA Per guarire i ciliegi GIULIA ALBERICO E FLAMINIA MARINARO A PAGINA 4 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Intervista all’economista Patrizio Bianchi Ecologia delle menti SILVIA CAMISASCA A PAGINA 3 L’Onu denuncia violazioni della tregua Libia, il virus non ferma la guerra TRIPOLI, 18. Le Nazioni Unite han- no espresso «grande preoccupazio- ne» per i continui combattimenti in Libia e per l’impatto della guerra sulla popolazione civile, ancor più in un momento in cui gli sforzi dovreb- bero essere concentrati nella lotta contro il coronavirus. In particolare, l’Onu ha condan- nato i tre attacchi che tra il 6 e il 10 aprile hanno colpito l’ospedale di al- Jadra a Tripoli destinato alla cura dei malati di covid-19. L’Alto com- missariato dell’Onu per i diritti umani ha lamentato il fatto che, no- nostante «i numerosi appelli per un cessate il fuoco globale in questi momenti difficili», i combattimenti in Libia «sono aumentati». Il porta- voce Rupert Colville ha «ribadito l’appello a tutte le parti in conflitto a mettere in atto immediatamente una tregua umanitaria». Nei primi tre mesi dell’anno, la missione delle Nazioni Unite in Li- bia ha documentato almeno 64 mor- ti e 67 feriti tra i civili, con un au- mento del 45 per cento rispetto agli ultimi tre mesi del 2019. Allo stesso tempo si sono registrati attacchi «in- discriminati» contro installazioni sa- nitarie, il che rappresenta una viola- zione del diritto internazionale. Questi attacchi sono «ancora più ri- provevoli» se si considera la situa- zione attuale, ha detto Colville. Gli scontri continuano anche que- sta mattina: diverse agenzie riferisco- no di 4 morti e 18 feriti nella capita- le libica in attacchi di artiglieria. Com’è noto, da anni in Libia si scontrano due fronti: il governo rico- nosciuto dalle Nazioni Unite e pre- sieduto dal premier al-Serraj e le mi- lizie del generale Haftar, uomo forte della Cirenaica e legato in particola- re a Mosca. A sostenere al-Serraj è invece la Turchia. Le forze di Ankara hanno effettuato ieri un’esercitazione aero- navale nelle acque antistanti le coste libiche. A quanto si apprende, sono stati impiegati nell’attività nove aerei e quattro fregate classe Gabya. Intanto, l’Organizzazione mon- diale per le migrazioni (Oim) ha lanciato ieri un allarme per la condi- zione dei migranti in Libia. «Circa 1.500 persone sono attualmente dete- nute in 11 centri, alcuni da molti an- ni» riferisce una nota dell’agenzia Onu. L’Oim sottolinea che la mag- gior parte dei migranti soccorsi in mare e riportati in Libia viene rin- chiusa in centri di detenzione ai quali gli ispettori internazionali non hanno alcun accesso. di FEDERICO LOMBARDI Q uando noi, che ora siamo vecchi, erava- mo bambini, al catechismo ci parlava- no spesso della “comunione spirituale”. Ci dicevano che potevamo unirci spiritual- mente a Gesù che si offre sull’altare, anche se non facevamo la comunione sacramentale rice- vendo fisicamente l’ostia consacrata. La “co- munione spirituale” era una pratica religiosa che mirava a farci sentire uniti in modo più continuo a Gesù, non solo quando ricevevamo la comunione durante la messa, ma anche in altri luoghi o momenti. Non era un’alternativa alla comunione sacramentale, ma in certo sen- so la continuava e la preparava, nelle visite al Santissimo Sacramento o in altri tempi di pre- ghiera. Poi non ne abbiamo praticamente più sentito parlare per decenni. L’accento sulla partecipazione alla messa facendo la comunio- ne, certamente buono, aveva indotto a lasciare in ombra altre dimensioni tradizionali della devozione cristiana. Ho ricominciato a pensare con insistenza alla “comunione spirituale” in un’occasione eccezionale. Durante la Giornata mondiale della gioventù a Madrid nel 2011 una tempe- sta improvvisa distrusse durante la notte la massima parte delle tende dove erano state preparate le particole da consacrare per la co- munione dei quasi due milioni di giovani pre- senti alla messa conclusiva del giorno seguen- te. Così, alla grande messa presieduta dal Pa- pa solo una piccola parte dei giovani poté fare la comunione sacramentale, perché mancava- no le ostie. Molti ne furono sconvolti — almeno in un primo momento — come se per questo motivo la Giornata mondiale fallisse, perché mancava qualcosa di essenziale al momento religioso culminante dell’evento. Ci volle molto impe- gno e anche tempo per aiutare a capire che l’atto fisico di ricevere l’ostia santa è impor- tantissimo, ma non è l’unico e indispensabile modo di unirsi con Gesù e il suo corpo che è la Chiesa. Ora Papa Francesco durante la messa mat- tutina a Santa Marta esorta i fedeli che prega- no con lui senza essere fisicamente presenti a fare la “comunione spirituale”. Lo fa propo- nendo una delle formule tradizionali insegnate a lungo in passato dai buoni maestri spirituali del popolo cristiano; formule che erano fami- liari a molte delle nostre mamme e delle no- stre nonne, quelle cha andavano spesso o ogni giorno a messa al mattino presto, ma che sa- pevano anche mantenersi in unione con Dio, a loro modo, durante le occupazioni della giornata. Fra i ricordi del tempo del catechismo mi è tornata in mente anche un’immaginetta, in cui al centro c’era il sacerdote che elevava l’ostia consacrata, e attorno, come sul quadrante di un orologio, erano indicate le ore del mattino dei diversi paesi e continenti in cui i sacerdoti cele- bravano la messa (che allora si celebrava solo al mattino!). Si voleva ricordare che continuamen- te nel mondo si rinnova il sacrificio di Gesù che muore per noi, e continuamente potevamo unirci spiritualmente a lui e alla sua offerta. La “comunione spirituale”, quando non si può ricevere quella sacramentale, viene anche chiamata giustamente “comunione di deside- rio”. Desiderare che la propria vita sia unita a Gesù, in particolare al suo sacrificarsi per noi sulla Croce. In questo prolungato tempo di di- giuno eucaristico obbligato, molte persone che erano abituate a fare la comunione sacramenta- le frequente hanno sentito in modo crescente la mancanza del “pane quotidiano” eucaristico. In modo veramente eccezionale è stata la Chiesa stessa ad accettare di imporre ai fedeli questo digiuno, come segno di solidarietà e partecipa- zione alla vicenda di popoli interi costretti a li- mitazioni, privazioni e sofferenze dalla pande- mia. Il digiuno è una privazione, ma può esse- re tempo di crescita. Come l’amore dei coniugi a lungo lontani fra loro per cause di forza maggiore può maturare e approfondirsi in fe- deltà e purezza, così il digiuno eucaristico può diventare tempo di crescita della fede, del desi- derio del dono della comunione sacramentale, di solidarietà con chi per vari motivi non può goderne, di liberazione dalla sciattezza dell’abi- tudine… Capire di nuovo che l’Eucaristia è un dono gratuito e sorprendente del Signore Ge- sù, non ovvio né banale… da desiderare con tutto il cuore… continuamente… Potrà essere anche questa una conseguenza di questo tem- po sconvolgente? Li amò sino alla fine VERONICA DONATELLO A PAGINA 8

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Page 1: Accanto alle persone con disabilità internazionale …postato sull’account @Pontifex. «È un dono dello Spirito Santo» è stata la risposta, con la spiegazione che «la franchezza,

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 89 (48.413) Città del Vaticano domenica 19 aprile 2020

.

y(7HA

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SKKM(

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!}!

DIARIO DELLA CRISI/2

La Comunione spirituale

A Santa Marta il Pontefice prega per le donne e gli uomini più fragili colpiti dal coronavirus e per gli operatori sanitari che li assistono

Accanto alle persone con disabilitàE Domenica celebra la messa a Santo Spirito in Sassia nella festa della Divina misericordia

Per le persone con disabilità colpitedal coronavirus e per i medici e gliinfermieri che se ne prendono cura,insieme ai famigliari, Papa Francescoha pregato sabato 18 aprile, nellacappella di Casa Santa Marta. Primadi iniziare la celebrazione della mes-sa del mattino, il Pontefice ha infatticonfidato di aver ricevuto una letterascritta da una religiosa «che lavoracome traduttrice nella lingua dei se-

gni per i sordomuti», in cui si de-scrive «il lavoro tanto difficile chehanno gli operatori sanitari... con imalati disabili che hanno preso il co-vid-19». E ci saranno proprio le per-

sone con disabilità spiritualmente inprima fila accanto al vescovo di Ro-ma per accompagnarlo con la pre-ghiera nel pellegrinaggio che compiedomenica mattina, alle 11, nel giorno

della festa della Divina misericordia,per celebrare la messa nella chiesa diSanto Spirito in Sassia, punto di ri-ferimento per la devozione legata asanta Faustyna Kowalska. È stato ilPontefice stesso a ricordare — dop ola benedizione conclusiva — questoappuntamento e far presente che dalunedì 20 aprile riprenderà la cele-brazione dell’Eucaristia alle 7 nellacappella di Casa Santa Marta.

In precedenza, commentando al-l’omelia le letture del giorno, Fran-cesco aveva sottolineato l’imp ortanzadella franchezza, della p a r re s ì a . «Dadove viene il coraggio degli aposto-li»? si è chiesto in uno dei passaggipiù significativi della sua meditazio-ne, rilanciato anche in un tweetpostato sull’account @Pontifex. «Èun dono dello Spirito Santo» è statala risposta, con la spiegazione che«la franchezza, il coraggio, è un do-no che dà il Signore il giorno dellaPentecoste» e che «la missione nasceproprio dal dono dello SpiritoSanto».

PAGINA 8

Rischia di diventare il prossimo epicentro della pandemia

Urgente una mobilitazioneinternazionale per l’Africa

GINEVRA, 18. Il continente africanorischia di diventare il prossimo epi-centro della pandemia di coronavi-rus. È l’allarme lanciato oggidall’Organizzazione mondiale dellasanità (Oms). «Nell’ultima settima-na i casi confermati di covid-19 inAfrica sono aumentati del 51 percento e il numero delle morti ac-certate del 60 per cento» ha resonoto il direttore generale dell’O ms,Tedros Adhanom Ghebreyesus,spiegando che in mancanza di at-trezzature per i test «è verosimileche i numeri siano più alti».

Per quanto abbia annunciato chedalla prossima settimana sarà di-stribuito un milione di kit, tuttaviaGhebreyesus ha rimarcato che ilgap da colmare è ancora significati-vo. Nel continente, riferisce l’agen-zia delle Nazioni Unite, solo negliultimi sette giorni si è registratauna forte impennata dei casi conquasi 1.000 decessi e oltre 18.000contagi, sebbene siano tassi di granlunga inferiori rispetto a quelli os-servati in Europa e negli Stati Uni-ti. Le cifre sono state confermateanche dal Centro africano per ilcontrollo e la prevenzione dellemalattie (Africa Cdc), agenzia spe-cializzata dell’Unione africana, ilquale rende noto che gli Stati mag-giormente colpiti sono l’Egitto, con2.673 casi, seguito dal Sud Africacon 2.605 contagi, l’Algeria con2.268 e il Marocco con 2.283.

Nel frattempo il rapporto «Co-vid-19: per proteggere la vita e leeconomie africane», pubblicato ieridalla Commissione economica del-le Nazioni Unite per l’Africa (Une-ca), denuncia che nel continentepotrebbero morire tra le 300 mila ei 3,3 milioni di persone. Per di piùcirca 30 milioni di africani rischia-no di cadere in condizioni di estre-ma povertà, se non verranno adot-tati strumenti adeguati. «Sono ne-cessari almeno 100 miliardi di dol-lari come risposta immediata, pertutelare la salute e garantire la sicu-

rezza sociale», afferma ancora ilrapp orto.

Il coronavirus «non è solo unapandemia ai danni della salutepubblica, ma lo è anche in terminidi posti di lavoro, di sviluppo enon ultimo umanitaria» ha affer-mato dal segretario generale delleNazioni Unite, António Guterres,durante l’incontro virtuale organiz-zato dalla Banca mondiale e dalFondo monetario internazionalesull’Africa. Guterres chiede in par-ticolare di intervenire sul debitodei Paesi africani. «Per contribuiread affrontare le devastanti conse-guenze economiche e sociali serveun pacchetto di risposte pari a unapercentuale a due cifre del Pil glo-bale», ha precisato, sottolineandoche nel continente il rapporto me-dio debito/Pil è aumentato dal 39,5per cento nel 2011 al 61,3 per centonel 2019. «È necessario — ha evi-denziato ancora — un quadro om-nicomprensivo in tre fasi: sospen-sione del pagamento del debitoestero per i Paesi in via di sviluppoche non hanno accesso ai mercatifinanziari, opzioni globali verso lasostenibilità del debito e, infine, af-frontare le questioni strutturalinell’architettura del debito interna-zionale, per prevenire tutte quelleinadempienze che causano crisi fi-nanziarie ed economiche prolunga-te. Guterres ha chiesto inoltre diconcentrarsi sui Paesi più vulnera-bili, ricordando il piano di rispostaumanitaria globale, in gran partededicato al continente africano, chedeve essere finanziato dalla comu-nità internazionale.

Dal punto di vista sanitario Gu-terres ha riferito che sono stati isti-tuiti “voli di solidarietà”. «Tempieccezionali richiedono una solida-rietà eccezionale», ha concluso,sottolineando che in questo senso«una delle prove più importanti èrappresentata dalla mobilitazionein favore dell’Africa».

Bm e Fmi osservano però che ilcontinente africano, al netto di uncongelamento del debito e con gliopportuni aiuti, ha ancora bisognodi 114 miliardi di dollari nel 2020per sostenere la crescita, con ungap di finanziamenti pari a circa 44m i l i a rd i .

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha nominatoMembro dell’Amministrazionedel Patrimonio della Sede Apo-stolica l’Eminentissimo SignorCardinale Matteo Maria Zuppi,Arcivescovo di Bologna (Italia).

Nominadi Arcivescovo Coadiutore

Il Santo Padre ha nominatoArcivescovo Coadiutore diBrazzaville (Repubblica delCongo) Sua Eccellenza Monsi-gnor Bienvenu Manamika Bafo-uakouahou, finora Vescovo diD olisie.

Istituito al fine di contrastarela diffusione del covid-19

Fondo di emergenzaper le Chiese orientali

PAGINA 7

Enea, il silenzio, la contemplazionee Papa Francesco

Nel laboratoriodella sconfitta

ALESSANDRO RI VA L I A PA G I N A 4

Nel «De mortalitate»di san Cipriano

Quella fede che vinceil «male micidiale»

MARIO SPINELLI A PA G I N A 5

ALL’INTERNO

PUNTI DI RESISTENZA

Per guarire i ciliegi

GIULIA ALBERICO

E FLAMINIA MARINARO A PA G I N A 4

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Intervista all’economistaPatrizio Bianchi

Ecologia delle mentiSI LV I A CAMISASCA A PA G I N A 3

L’Onu denuncia violazioni della tregua

Libia, il virus non ferma la guerraTRIPOLI, 18. Le Nazioni Unite han-no espresso «grande preoccupazio-ne» per i continui combattimenti inLibia e per l’impatto della guerrasulla popolazione civile, ancor più inun momento in cui gli sforzi dovreb-bero essere concentrati nella lottacontro il coronavirus.

In particolare, l’Onu ha condan-nato i tre attacchi che tra il 6 e il 10aprile hanno colpito l’ospedale di al-Jadra a Tripoli destinato alla curadei malati di covid-19. L’Alto com-missariato dell’Onu per i dirittiumani ha lamentato il fatto che, no-nostante «i numerosi appelli per uncessate il fuoco globale in questimomenti difficili», i combattimentiin Libia «sono aumentati». Il porta-voce Rupert Colville ha «ribaditol’appello a tutte le parti in conflittoa mettere in atto immediatamenteuna tregua umanitaria».

Nei primi tre mesi dell’anno, lamissione delle Nazioni Unite in Li-bia ha documentato almeno 64 mor-ti e 67 feriti tra i civili, con un au-mento del 45 per cento rispetto agliultimi tre mesi del 2019. Allo stessotempo si sono registrati attacchi «in-discriminati» contro installazioni sa-nitarie, il che rappresenta una viola-zione del diritto internazionale.Questi attacchi sono «ancora più ri-provevoli» se si considera la situa-zione attuale, ha detto Colville.

Gli scontri continuano anche que-sta mattina: diverse agenzie riferisco-no di 4 morti e 18 feriti nella capita-le libica in attacchi di artiglieria.

Com’è noto, da anni in Libia siscontrano due fronti: il governo rico-nosciuto dalle Nazioni Unite e pre-sieduto dal premier al-Serraj e le mi-lizie del generale Haftar, uomo forte

della Cirenaica e legato in particola-re a Mosca.

A sostenere al-Serraj è invece laTurchia. Le forze di Ankara hannoeffettuato ieri un’esercitazione aero-navale nelle acque antistanti le costelibiche. A quanto si apprende, sonostati impiegati nell’attività nove aereie quattro fregate classe Gabya.

Intanto, l’Organizzazione mon-diale per le migrazioni (Oim) halanciato ieri un allarme per la condi-zione dei migranti in Libia. «Circa1.500 persone sono attualmente dete-nute in 11 centri, alcuni da molti an-ni» riferisce una nota dell’agenziaOnu. L’Oim sottolinea che la mag-gior parte dei migranti soccorsi inmare e riportati in Libia viene rin-chiusa in centri di detenzione aiquali gli ispettori internazionali nonhanno alcun accesso.

di FEDERICO LOMBARDI

Q uando noi, che ora siamo vecchi, erava-mo bambini, al catechismo ci parlava-no spesso della “comunione spirituale”.

Ci dicevano che potevamo unirci spiritual-mente a Gesù che si offre sull’altare, anche senon facevamo la comunione sacramentale rice-vendo fisicamente l’ostia consacrata. La “co-munione spirituale” era una pratica religiosache mirava a farci sentire uniti in modo piùcontinuo a Gesù, non solo quando ricevevamola comunione durante la messa, ma anche inaltri luoghi o momenti. Non era un’alternativaalla comunione sacramentale, ma in certo sen-so la continuava e la preparava, nelle visite alSantissimo Sacramento o in altri tempi di pre-ghiera. Poi non ne abbiamo praticamente piùsentito parlare per decenni. L’accento sullapartecipazione alla messa facendo la comunio-ne, certamente buono, aveva indotto a lasciarein ombra altre dimensioni tradizionali delladevozione cristiana.

Ho ricominciato a pensare con insistenzaalla “comunione spirituale” in un’o ccasione

eccezionale. Durante la Giornata mondialedella gioventù a Madrid nel 2011 una tempe-sta improvvisa distrusse durante la notte lamassima parte delle tende dove erano statepreparate le particole da consacrare per la co-munione dei quasi due milioni di giovani pre-senti alla messa conclusiva del giorno seguen-te. Così, alla grande messa presieduta dal Pa-pa solo una piccola parte dei giovani poté farela comunione sacramentale, perché mancava-no le ostie.

Molti ne furono sconvolti — almeno in unprimo momento — come se per questo motivola Giornata mondiale fallisse, perché mancavaqualcosa di essenziale al momento religiosoculminante dell’evento. Ci volle molto impe-gno e anche tempo per aiutare a capire chel’atto fisico di ricevere l’ostia santa è impor-tantissimo, ma non è l’unico e indispensabilemodo di unirsi con Gesù e il suo corpo che èla Chiesa.

Ora Papa Francesco durante la messa mat-tutina a Santa Marta esorta i fedeli che prega-no con lui senza essere fisicamente presenti afare la “comunione spirituale”. Lo fa propo-

nendo una delle formule tradizionali insegnatea lungo in passato dai buoni maestri spiritualidel popolo cristiano; formule che erano fami-liari a molte delle nostre mamme e delle no-stre nonne, quelle cha andavano spesso o ognigiorno a messa al mattino presto, ma che sa-pevano anche mantenersi in unione con Dio,a loro modo, durante le occupazioni dellagiornata.

Fra i ricordi del tempo del catechismo mi ètornata in mente anche un’immaginetta, in cuial centro c’era il sacerdote che elevava l’ostiaconsacrata, e attorno, come sul quadrante di unorologio, erano indicate le ore del mattino deidiversi paesi e continenti in cui i sacerdoti cele-bravano la messa (che allora si celebrava solo almattino!). Si voleva ricordare che continuamen-te nel mondo si rinnova il sacrificio di Gesù chemuore per noi, e continuamente potevamounirci spiritualmente a lui e alla sua offerta.

La “comunione spirituale”, quando non sipuò ricevere quella sacramentale, viene anchechiamata giustamente “comunione di deside-rio”. Desiderare che la propria vita sia unita aGesù, in particolare al suo sacrificarsi per noi

sulla Croce. In questo prolungato tempo di di-giuno eucaristico obbligato, molte persone cheerano abituate a fare la comunione sacramenta-le frequente hanno sentito in modo crescente lamancanza del “pane quotidiano” eucaristico. Inmodo veramente eccezionale è stata la Chiesastessa ad accettare di imporre ai fedeli questodigiuno, come segno di solidarietà e partecipa-zione alla vicenda di popoli interi costretti a li-mitazioni, privazioni e sofferenze dalla pande-mia. Il digiuno è una privazione, ma può esse-re tempo di crescita. Come l’amore dei coniugia lungo lontani fra loro per cause di forzamaggiore può maturare e approfondirsi in fe-deltà e purezza, così il digiuno eucaristico puòdiventare tempo di crescita della fede, del desi-derio del dono della comunione sacramentale,di solidarietà con chi per vari motivi non puògoderne, di liberazione dalla sciattezza dell’abi -tudine… Capire di nuovo che l’Eucaristia è undono gratuito e sorprendente del Signore Ge-sù, non ovvio né banale… da desiderare contutto il cuore… continuamente… Potrà essereanche questa una conseguenza di questo tem-po sconvolgente?

Li amòsino alla fine

VERONICA DO N AT E L L O A PA G I N A 8

Page 2: Accanto alle persone con disabilità internazionale …postato sull’account @Pontifex. «È un dono dello Spirito Santo» è stata la risposta, con la spiegazione che «la franchezza,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 domenica 19 aprile 2020

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s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

Nuovo scontro tra il presidente Trump e il governatore di New York Cuomo

Negli Stati Unitiun terzo dei contagi mondiali

Puntare a una riforma agraria universale e scegliere la qualità

Per tutelarei beni essenziali

WASHINGTON, 18. Gli Stati Unitihanno superato ieri sera la barrieradei 700.000 casi di coronavirus, pra-ticamente circa un terzo dei contagimondiali. Il dato, in tempo reale èstato conteggiato dall’UniversitàJohns Hopkins, secondo cui i deces-si per covid-19 hanno raggiunto lacifra di 36.773. Il paese, infatti nelle24 ore comprese tra le 20.30 di gio-vedì e le 20.30 di ieri, ha registrato3.856 nuove vittime. La cifra peròcomprende anche casi di decessi“probabilmente collegati” al covid-19, ma che inizialmente non eranostati considerati come tali. Per lostesso motivo all’inizio di questa set-timana lo stato di New York avevaaggiunto 3.778 morti “p ro b a b i l i ” dacovid-19 al suo bilancio. Sul numerodei decessi c’è anche un’altro rap-porto che arriva dall’American Cen-ters for Disease Prevention andControl, un’agenzia governativa, se-condo cui nel paese le cifre sui de-cessi sono leggermente inferiori aquelle divulgate dall’ateneo di Balti-mora: 33.049 morti.

Intanto lo scenario politico ieri èstato caratterizzato da uno scontro adistanza tra il presidente DonaldTrump e il governatore democraticodello stato di New York, AndrewCuomo. Quest’ultimo durante ilbriefing di ieri ha lamentato di nonaver ricevuto alcun aiuto dal gover-

no federale: «Abbiamo bisogno dirisorse finanziare per stabilizzare glistati perché non possiamo finanziarele scuole, gli ospedali, le piccole im-prese, non possiamo finanziare tuttiquesti sforzi straordinari che stiamofacendo» le sue parole. Non si è fat-ta attendere la risposta del presiden-te statunitense che su twitter ha re-plicato: «Dovrebbe agire di più eperdere meno tempo a lamentarsi,esca di lì e faccia il suo lavoro, lasmetta di parlare». Per lo stato diNew York Trump ha poi ricordatodi aver creato migliaia di posti letto,di aver fornito un numero enorme diventilatori e di aver aiutato con itest. Azioni di risposta all’e m e rg e n z asanitaria che a detta di Trumpavrebbe dovuto fare Cuomo.

Intanto proprio nello stato dalleore 20 di ieri è scattato l’obbligo diindossare una mascherina in pubbli-co quando non possono essere ri-spettate le distanze. L’ordine del go-vernatore Cuomo prevede che la ma-scherina sia utilizzata sempre neimezzi pubblici di trasporto, compre-si i taxi, e dai bambini sopra i dueanni.

Nelle ultime 24 ore ci sono stati630 morti, contro i 606 del giornoprecedente; resta alto anche il nume-ro dei ricoveri. Ieri infatti erano an-cora oltre diciassettemila gli ospeda-lizzati.Il governatore dello stato di New York (Afp)

di CARLO TRIARICO

La crisi epidemica ci mette da-vanti al discernimento del-l’essenziale dal non essenzia-

le. Emergono così, nel loro realevalore, i beni essenziali della salute,del cibo e della dignità nella casacomune. Le popolazioni ricche vi-vono la preoccupazione che possascarseggiare il cibo anche per loro,come per i più poveri. È un senti-mento che può provocare la pulsio-ne egoistica all’incetta, o può sve-gliare le coscienze in un’azionenuova.

Dalla consapevolezza della fragi-lità del sistema alimentare, può na-scere infatti la condizione per qua-lificare il lavoro contadino, sul qua-le sperimentare il salario di baseuniversale e garantire la nutrizionedi pari passo coi diritti, la solida-rietà e la dignità umana. Il presup-posto del cambiamento è concepireche i contadini non sono produtto-ri di materie prime da pagare, macoloro che portano all’umano ciòche viene incontro dalla natura.Sono il tramite di questo nesso sa-cro da sostenere.

La prospettiva di una carestia diproporzioni inedite è concreta evanno adottate perciò politicheuniversali di risanamento. L’E u ro -pa, che con la Pac, la sua politicaagricola, tiene in piedi un sistemaconservativo di finanziamenti apioggia, ripartito prevalentementein base alla proprietà terriera, ha lapossibilità di sperimentare invece,con quel denaro, un rinnovamentoradicale, attraverso piani di conver-sione agroecologica e solidale, chemirino all’alta qualificazione e alreddito garantito dei contadini.Non soltanto è giusto avviare subi-to il cosiddetto Green new deal,che nelle prospettive dell’Ue do-vrebbe convertire all’agricolturabiologica, in 10 anni, il 30 per cen-to dei suoli coltivati. Bisogna an-che portare il denaro già stanziatoper il Primo pilastro della Pac, dal-la rendita terriera a sperimentareun programma di salario di baseper la dignità del lavoro e la sal-vezza della casa comune.

In questi giorni, il ministrodell’agricoltura francese Guillaumeha fatto appello ai senza lavoro peroccupare da subito 200.000 postirimasti vacanti in agricoltura inFrancia. L’omologo italiano Bella-nova chiede si autorizzi il braccian-tato da paesi più poveri. Certo bi-sogna fermare l’emergenza sottoc-cupazione per garantire il prodot-to. Si rischia però di non cambiaree di sostituire soltanto, con altri la-voratori non qualificati e malpaga-ti, gli schiavi del lavoro rurale nero,che improvvisamente non è più fa-cile sfruttare nei campi, a causa delcontrollo sugli spostamenti impo-sto dall’epidemia.

Possiamo certo rispondere al-l’emergenza col riflesso più comu-ne tra i decisori politici e i grandiproprietari terrieri e procurare ma-

novalanza dequalificata adatta alsistema iperproduttivista, che oggiprovoca danni ai contadini eall’ambiente, usa i finanziamentiper abbassare i prezzi e la qualitànutrizionale, fa concorrenza ai pae-si più poveri, aumenta i disperatidella fame, genera terreno fertileper l’illegalità e il caporalato.

Oppure possiamo puntare a unariforma agraria universale, ad abo-lire la miseria e scegliere la qualitàalimentare, il valore del lavoro, unaproduzione che soddisfi la giustadistribuzione e la sana alimentazio-ne in luogo di consumi, fame espreco. Del resto emerge dai datil’inefficacia dei finanziamenti ero-gati su base fondiaria e non su ob-biettivi socio ambientali.

L’Italia, col primato europeo inproduzioni di qualità ed ecologi-che, è il primo paese agricolo an-che per valore aggiunto (31,9 mi-liardi), pur ricevendo solo 5 miliar-di di finanziamenti rispetto dellaFrancia paese che, con il doppiodegli ettari agricoli e ricevendo ben8,2 miliardi di finanziamento, siferma alla soglia dei 31 miliardi divalore. Per capire che la qualitàcrea ricchezza, valga l’esempiodell’agricoltura biodinamica, che inItalia ha un fatturato medio di13.000 euro ettaro, rispetto alla me-dia nazionale di 3.200.

Siamo così davanti a un bivio.La storica sottoccupazione, chegrava sull’agricoltura, aspetta di es-sere colmata e potrà addirittura as-sorbire i milioni di disoccupati, chela pandemia genererà in una reces-sione senza uguali. Ma la scelta sa-rà se collocare i disperati comebracciantato dequalificato, più eco-nomico e più sfruttato delle mac-chine, se soffocare il potenzialeagricolo, o innalzare gli agricoltorialla leadership di un cambiamentosociale, che dal mondo rurale pos-sa ispirare la casa comune.

Il cibo, se è bene essenziale, nonpuò essere ridotto a merce e menoancora a scarsità, poiché è innanzi-tutto parte essenziale di un pattosociale. Da qui un cambiamento diparadigma. Da tempo e più ancorain questi giorni di pandemia, diver-se aziende biologiche e biodinami-che hanno costituito comunità soli-dali con i cittadini. Questi ultimi siimpegnano a mantenere con dena-ro di donazione i bisogni contadi-ni, indipendentemente dalla merce,nella buona e nella cattiva sorte.Ricevono poi dai contadini tutto ilfrutto del lavoro dei campi.

Da simili esempi possiamo ini-ziare a disegnare un’economia didonazione per un nuovo modellosalariale.

L’Unione europea per primapuò dare l’esempio e usare la liqui-dità oggi ripartita sui beni fondiari,per portare denaro direttamentesulla vita dell’agricoltore in diffi-coltà, attraverso le reti delle orga-nizzazioni agricole, indipendente-mente dalla produzione. Il denaro,un tempo promessa di una conver-sione in oro, col salario universalediviene promessa di lavoro futuro,fiducia nei talenti e patto socialetra pari.

Basare l’economia sulla solidarie-tà, sostenere la formazione, l’altaqualificazione e la vita pienamenteumana del mondo rurale, inveceche comprarne le merci, in questomomento è il passo coraggioso dicui c’è bisogno. Permetterebbe an-che di nutrire il mondo con un ci-bo prodotto con coscienza dal-l’agricoltore e di rinunciare allecommodity di bassa qualità nutrizio-nale, al cibo dello sfruttamento edello spreco, conseguenza dellacorsa ostinata delle politiche inter-nazionali al deprezzamento del va-lore agricolo.

La Pac dagli anni Cinquanta hamirato a competere in termini diprezzo coi paesi extracomunitari.Oggi, per continuare a farlo, nechiede anche le braccia. È questo ilgrave errore a cui dobbiamo rime-diare. Sperimentiamo solidarietà efiducia, con il salario solidale degliagricoltori, elevandone dignità e lapreparazione, perché nutrano la ca-sa comune.

Approvati vari strumenti finanziari in aiuto dei paesi colpiti dalla pandemia

Iniziative europee per fronteggiare la crisi economica

L’Indonesia è il paese più colpitodal covid-19 nel sud-est asiatico

Te h e r a nriparte dopo il lockdown

BRUXELLES, 18. Il Parlamento euro-peo ha approvato ieri sera con pro-cedura d’urgenza il pacchetto deno-minato «Iniziativa d’investimento»,in risposta al coronavirus e propostodalla Commissione europea il 2 apri-le scorso. Lo hanno reso noto fonticomunitarie a Bruxelles

Le misure adottate consentirannoagli Stati membri di trasferire risorsetra i tre principali fondi di coesione(il Fondo europeo di sviluppo regio-nale, il Fondo sociale europeo e ilFondo di coesione), tra le diverse ca-tegorie di regioni e tra le aree priori-tarie specifiche dei fondi. In via ec-cezionale, sarà possibile finanziarepienamente i programmi della politi-ca di coesione relativi al covid-19 at-traverso il 100 per cento dei finan-ziamenti dell’Ue a partire dal primoluglio 2020 e fino al 30 giugno 2021.

Le misure semplificano inoltre laprocedura di approvazione dei pro-grammi per accelerarne l’attuazione,e le revisioni contabili, rendono glistrumenti finanziari più facili da uti-lizzare. Le nuove norme consentiran-no inoltre agli agricoltori di benefi-ciare di prestiti o garanzie a condi-zioni favorevoli per coprire i costioperativi fino a 200.000 euro. Esselibereranno anche i finanziamentinon utilizzati per lo sviluppo ruraleper combattere il virus. La propostaè stata adottata con 689 voti favore-voli, 6 contrari e un’astensione.

In Italia, invece, il blocco, pur setemporaneo, delle attività produttiveper l’emergenza ha generato «per 3,7milioni di lavoratori il venir menodell’unica fonte di reddito familia-re». E a pagare il prezzo più alto,secondo una nota della Fondazionestudi dei consulenti del lavoro, vi so-no le coppie con figli (un milione377.000, 37 per cento) e i genitori“single” (439.000, 12 per cento). Cir-costanza allarmante, scrivono, se siconsidera che «ben il 47,7 per centodegli occupati dipendenti dei settoriinteressati dal lockdown guadagnavameno di 1.250 euro mensili», mentre«il 24,2 per cento si trova addiritturasotto la soglia dei 1.000 euro».

Sempre in Italia, in vista della fa-se2, gli esperti stanno studiando ria-perture differenziate per macroaree aseconda della diffusione del conta-gio, con un monitoraggio dopo 15giorni per verificare la tenuta delcontenimento. Il 4 maggio potrebbe-ro riaprire, seppur con limitazioni edivieti, anche bar, ristoranti e parchi,ma Palazzo Chigi parla di ipotesi

non definitive. Ricciardi (Oms) invi-ta però alla prudenza: la secondaondata epidemica è certa, con ria-perture accelerate arriverebbe prima.

Anche oggi i dati confermano chela curva dell’andamento dell’epide-mia è in trend discendente, ma la di-scesa procede lenta e non bisognaabbassare la guardia. Ciò che inducetuttavia ad un pur cautissimo ottimi-smo è che il calo si registra anchenelle regioni più colpite come laLombardia, e questo è indubbiamen-te un dato particolarmente significa-tivo. Le vittime, però, sono sempretante. In totale sono oltre 22.700.

Situazione difficile anche in Spa-gna, che con oltre 20.000 morti è ilsecondo paese europeo più colpito.

E mentre in Turchia è stato decre-tato il secondo fine settimana di co-prifuoco totale, la Serbia ha donatoal Kosovo mille tamponi per i test.Nel darne notizia, l’agenzia Tanjug,che cita fonti di stampa a Pristina,osserva che la donazione ha fatto se-guito a un incontro in videoconfe-renza tra i ministri della Salute ser-bo e kosovaro, Zlatibor Lončar, eArben Vitia. Colloquio svoltosi suiniziativa dell’Italia e al quale hapartecipato la forza Nato in Kosovo.

TEHERAN, 18. La capitale iraniana,Teheran, riparte. Le autorità ira-niane hanno deciso ieri di togliereil lockdown imposto sulla cittàper contenere la diffusione del co-ronavirus permettendo così la ri-presa delle attività a basso rischio.Il governo ha infatti chiesto ai di-pendenti statali e delle aziendeprivate di tornare al lavoro dopoche il numero di vittime è sceso,da quattro giorni, a meno di cen-to al giorno. Le altre province ira-niane hanno già revocato il loc-kdown durato due settimane. Arestare chiuse sono ancora le scuo-le, così come restano sospesi glieventi sportivi e i ristoranti si limi-tano alle consegne. «Dobbiamoanche continuare lo sviluppo eco-nomico del nostro Paese» ha dettoil presidente Hassan Rohani.

Il ministero della Sanità diTeheran ha comunicato ieri che sisono registrati 89 morti nelle ulti-me 24 ore e che il totale dall’ini-zio dell’emergenza è salito a4.958.

Intanto, l’Alto commissariatodelle Nazioni Unite per i rifugia-ti (Unhcr) ha annunciato lo stan-ziamento di aiuti in denaro per110 mila famiglie di rifugiati, sfol-lati e rimpatriati in Iraq per per-mettere loro di acquistare saponee altri prodotti per l’igiene perso-nale indispensabili per protegger-si dal contagio da covid-19.Approssimativamente, saranno550.000 le persone che benefice-ranno dello stanziamento, haspiegato l’Unhcr. In Iraq si sonofinora registrati 1.400 casi e 80morti a causa del coronavirus.

GI A C A R TA , 18. È l’Indonesia il Pae-se con il maggior numero di conta-gi da covid-19 nel sud-est asiatico.Le autorità locati riferiscono di 407nuovi casi nelle ultime ventiquattroore, per un totale di 5.923 contagi.La cifra supera quella registratanelle Filippine, che finora detenevail record di casi nella regione. Ilministero della Sanità di Giacartaha anche aggiornato il numero del-le vittime: 520 in totale e 24 decessiin un giorno, informando che nelPaese sono stati effettuati 42 milatest.

L’India, con oltre 14 mila perso-ne risultate positive, ha deciso diprendere misure mirate per ridurrel’impatto della pandemia sul siste-ma finanziaro e rilanciare l’econo-mia. La Banca centrale indiana haridotto un tasso d’interesse chiave

per aumentare la liquidità, annun-ciando ulteriori sforzi per controlla-re gli effetti causati dalla pandemia.Il provvedimento — spiega il gover-natore Banca della centrale, Shakti-kanta Das — mira a incoraggiare lebanche a utilizzare «i fondi in ec-cesso negli investimenti e nei presti-ti nei settori produttivi del-l’economia».

La Cina intanto ribadisce il suopieno sostegno all’O rganizzazionemondiale della Sanità (Oms) per ilruolo di primo piano svolto nelcoordinamento della cooperazioneinternazionale contro la pandemia.Lo ha confermato Zhang Jun, rap-presentante permanente della Cinapresso l’Onu, riferendo che il Paeseha donato 20 milioni di dollariall’Oms a sostegno degli sforzi glo-bali per combattere la malattia.

Page 3: Accanto alle persone con disabilità internazionale …postato sull’account @Pontifex. «È un dono dello Spirito Santo» è stata la risposta, con la spiegazione che «la franchezza,

L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 19 aprile 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Intervista all’economista Patrizio Bianchi, nominato a capo della Commissione sulla riapertura delle scuole

Ecologia delle mentidi SI LV I A CAMISASCA

Si definisce un economista “ap-plicato” e, in effetti, il percorsodi Patrizio Bianchi non rispec-

chia solo quello dell’accademico dal-le numerose pubblicazioni di storiadel pensiero economico, teoria dellepolitiche industriali e analisi delleevoluzioni sociali che, a livello glo-bale, hanno coinvolto e coinvolgonostrutturalmente i nostri sistemi el’ambiente. Ma comprende anche unlungo impegno in complesse e diffi-cili trattative per l’attuazione dellepolitiche pubbliche, dalla privatizza-zione di gruppi statali allo sviluppodel Mezzogiorno, dalla crescita dipiccole imprese dell’America Latinaalla riorganizzazione dell’industrianel sud della Cina. Dalla cattedradell’Alma Mater Università di Bolo-gna, si è trasferito a Ferrara per fon-dare la facoltà di Economia, oggi va-lutato tra i più eccellenti dipartimen-ti italiani. Da rettore dello stesso ate-neo, ha assunto, poi, la carica di as-sessore a Europa, educazione e lavo-ro della Regione Emilia-Romagna.In questo ruolo, si è trovato a gestirela riapertura delle scuole, dopo ildrammatico terremoto dell’Emiliadel 2012, e, in seguito, a coordinarequel Patto per il lavoro, che — con ilcoinvolgimento di tutte le forze so-ciali — ha portato ad un dimezza-mento della disoccupazione. Infine,l’ultima avventura: la nascita a Bolo-gna del più imponente centro di su-percalcolo scientifico d’Europa e ilritorno al mondo accademico ferra-rese con la prestigiosissima cattedraUnesco di educazione, crescita edeguaglianza. È di queste ore la no-mina ministeriale a presidente dellaCommissione sulla riapertura dellescuole in Italia.

Professore, cosa significa, in piena crisipandemica, occuparsi di educazione,crescita ed eguaglianza con l’a p p ro c c i o

Unesco, dunque, in una dimensioneplanetaria? E come si uscirà dal tun-nel?

La pandemia ha dimostrato la fra-gilità dell’economia mondiale e neha disvelato tutte le incongruenze,prima fra tutte l’insostenibile dise-guaglianza fra una ristretta cerchiadi individui, che controllano le retimondiali di connessione, e la stra-grande parte della popolazione tra-scinata dalla pandemia sull’orlo del-la povertà, aggiungendoli ai milionidi soggetti che, da tempo, già nongodevano di condizioni dignitose.Bisogna tornare a generare risorse,per rispondere ai bisogni di una po-polazione mondiale giunta ai limitidella sopravvivenza, ma farlo ripen-sando profondamente allo stessoconcetto di crescita, che non può di-ventare motivo di conflitto perma-nente, accendendo focolai di odio intutto il pianeta.

Come immagina il nuovo modello dic re s c i t a ?

A tale proposito, il Santo Padreha scritto pagine illuminate nella suaseconda enciclica Laudato si’, chenon a caso porta in sottotitolo la di-zione «Sulla cura della casa comu-ne», richiamando direttamente l’eti-mologia del termine economia. Lapremessa è che si parta dalla necessi-tà di una cura consapevole e condi-visa della casa comune, che è il pia-neta che abitiamo, ma è anche il ter-ritorio che condividiamo con unacomunità di cui siamo parte inte-grante e verso la quale dobbiamosentirci responsabili. Cura della casacomune non si riduce alla sola tuteladell’esistente — quando è evidenteche questo non basta — ma si com-pie nello stimolare innovazioni so-stanziali e nell’attivare competenze etecnologie, tese al raggiungimentodegli obiettivi identificati dalle Na-zioni Unite: dal diritto alla salute a

quello all’istruzione, dall’accesso al-l’acqua alla tutela della biodiversità.

Come si combinano con la crescita,eguaglianza ed educazione?

L’eguaglianza deve essere il farodi questa nuova economia. Il concet-to di eguaglianza non significa chesiamo tutti uguali: affatto, siamo tut-ti diversi, ma significa avere ugualediritto alla diversità. Proprio perchéognuno ha diritto di essere se stessoe diverso dall’altro, dobbiamo spin-gerci, sforzarci al confronto per poiintegrarci in comunità aperte e soli-dali. In questo, il principio di effi-cienza non è solo dato dalla specia-lizzazione individuale, ma dallacomplementarietà e dall’i n c o n t rodelle competenze, realizzabile soloattraverso la rinuncia di ognuno aduna parte di sé per partecipare — in-sieme — ad un disegno comune piùampio. L’eguaglianza, che ognunoriconosce all’altro, è alla base di unasana dinamica sociale di integrazio-ne e coesione, ed è la vera fonte dic re s c i t a .

Qui entra in gioco il terzo pilastro:l’educazione.

Esatto. Lo strumento fondamenta-le di questa dinamica sociale aggre-gante ed inclusiva è la scuola, dun-que, educazione, formazione, ricercae capacità di produrre cultura.

Quale è l'’mportanza della scuola neltempo di internet e di wikipedia?

Liberata dal ruolo di dispensatoredi informazioni e stimoli — essendotutti noi inondati da un’alluvione dimessaggi, video, giochi — la scuolatorna alle origini, recuperando treantiche funzioni: abilitare a sfruttaregli strumenti della contemporaneità,ad interpretare gli eventi del propriotempo, ad infondere la volontà dicostruire una comunità. Oggi questosi traduce nell'insegnare a bambini e

ragazzi il corretto approccio, adesempio, alle piattaforme social, pernon esserne schiavi. Il che implicatrasmettere loro valori che siano bus-sola di riferimento tale da permette-re di navigare, senza naufragare, inun mare magnum di informazioniacritiche. Oggi non basta capire, egià non sarebbe poco, cosa accadenel mondo: occorre “c o m - p re n d e re ”,ovvero relazionare, connettere, daresenso a quanto accade, cercando unpunto di sintesi anche laddove larealtà appare incomprensibile. Chesenso ha l’Olocausto, la guerra inSiria o le tante tragedie dimenticated’Africa? Tutto ciò deve costruirequello spirito di solidarietà e coesio-ne, che permette di reggere, soppor-tare e sconfiggere tragedie immani,pandemie incluse. La scuola o è illuogo che perpetua le diseguaglian-ze o quello che costruisce comunità,in cui poi crescere, ispirandosi allaLaudato si’.

Questa nuova economia deve oggi mi-surarsi con una realtà basata, al con-trario, su princìpi ben diversi, da unconsumismo che ha devastato l’ambien-te, ad un individualismo che ha porta-to ad una concorrenza spietata: qui,non sembra trovare spazio la visionecomunitaria da lei indicata.

E, infatti, vediamo i frutti avvele-nati con un sistema che — nel suoattuale schema — alle prese con unapandemia globale, appare del tuttodisarmato, se non primitivo, nono-stante l’imponente dispiego di tec-nologie e risorse finanziarie, distinti-vo della nostra epoca. Dopo averminimizzato l’impatto dell’epidemia,si è proposta come unica misura ildistanziamento sociale, cioè l’anticaquarantena, che si traduce nell’imp e-dire la socialità, spesso superficiale efrettolosa, di questi anni, retta dalparadigma di base dell’individuali-smo economico. Per questo, la crisi— etimologicamente fine e ripartenza

— sia occasione per definire un mo-dello in cui, come dice Papa France-sco, all’ecologia delle cose si aggiun-ga un’ecologia delle menti, che aiutia riappropriarci di quella spinta in-novativa, necessaria a rendere glo-balmente sostenibile la ripresa.

Intanto, però, il prolungarsi della pan-demia sta mettendo in ginocchio impre-se e famiglie. Come coniugare la neces-sità di riorganizzarsi con quella di met-tere al riparo, per quanto possibile, la-voro e redditi? Bastano gli aiuti euro-pei in una condizione in cui il Fmi pre-vede una riduzione del 3 per cento, del7 per cento, del 9 per cento del Pil, alivello mondiale, europeo e nazionale?

Per questo l’uscita dalla crisi nonpotrà portare ad un ritorno alla con-dizione precedente. Da 20 anni l’Ita-lia cresce meno di tutti i paesi svi-luppati: nel 2019, il nostro paese,con un debole +0,3 per cento, nongarantiva né lavoro né consumi in-terni. Nemmeno la crescita delleesportazioni, dovuta all’elevato livel-lo del nucleo di imprese di automa-zione e robotica poteva trascinare larisalita dell’intero paese. È chiaroche, in fase di emergenza, si richiedel’immissione di liquidità nel sistema,ma, poi, occorre progettare il futuro.La prospettiva di un Green NewDeal, ipotizzato dalla presidente del-la Commissione europea von der Le-

yen, deve essere sostenuta da risorseadeguate, così come diviene necessa-rio un piano di infrastrutture che co-pra tutta l’Europa, di presidi mediciche contrasti il rischio di nuove epi-demie e una rete di controllo delleacque a protezione da eventi naturaliestremi. Un tale complesso di inve-stimenti, non solo avrebbe l’effettodi sostenere la domanda aggregata,ma di stimolare straordinariamentela ricerca internazionale. In questaprospettiva, l’Italia vanta assolute ec-cellenze in ambito imprenditorialeed è il perno della rete di infrastrut-ture del supercalcolo scientifico.

Prima dello scoppio della pandemia,era previsto un incontro ad Assisisull’economia di Papa Francesco, oraposticipato a novembre. Quale significa-to assumerà allora?

Il Papa si rivolge a “tutti gli uo-mini di buona volontà” e, mai comeoggi, abbiamo bisogno di farci co-raggio, esprimendo ognuno il megliodi noi, alla ricerca di nuove vie disviluppo. Siamo chiamati tutti a cre-scere responsabilmente, ponendo alcentro l’altro, perché ad ogni vitaumana sia concessa la possibilità diuna esistenza dignitosa e di unaconvivenza civile. Mi sembra unaambizione realistica e, contempora-neamente, profetica.

Il 16 aprile 1988 l’uccisione per mano delle Br di Roberto Ruffilli: l’omelia pronunciata il 14 maggio successivo, nella messa di suffragio, dal cardinale Carlo Maria Martini

Il coraggioso realismo della speranza cristianaIl 16 aprile del 1988 veniva uccisodalle Br a Forlì, nella sua abitazione,il senatore Roberto Ruffilli, accademico,eletto a Palazzo Madama nelle listedella Democrazia cristiana. Nella mes-sa di suffragio che si tenne il successivo14 maggio, il cardinale arcivescovo diMilano, tenne l’omelia intitolata «Ilcoraggioso realismo della speranza cri-stiana». Ne pubblichiamo integralmenteil testo.

di CARLO MARIA MARTINI

Q uando il seme cade in terra emuore, la sua morte suscitain noi diversi sentimenti. An-

zitutto il dolore, che diventa orroreed esecrazione allorché tale morte èfrutto dell’odio insano, della follia,della malvagità. Ma con il dolore el’esecrazione, noi scopriamo la forzadella vita e della verità del seme.

E noi oggi siamo qui per unirci aquella vita e verità del seme buono,che è stata l’esistenza del senatoreRoberto Ruffilli alla luce della fede,secondo le parole del Salmo: «Miindicherai il sentiero della vita /gioia piena alla tua presenza / dol-cezza senza fine alla tua destra [...].Io pongo sempre innanzi a me il Si-gnore / sta alla mia destra, non pos-so vacillare» (Salmo X V, 11.8).

Siamo qui per unirci alla sofferen-za di questa morte e alla certezza diquesta vita che la fede profonda diRoberto Ruffilli ottiene per la mise-ricordia su di lui di Dio Padre, diGesù di cui ha condiviso la fine do-lorosa e violenta, dello Spirito Santoche ha abitato la sua anima in graziadel battesimo.

Accanto alla riflessione sulla vitavera, eterna, che è per sempre, nonpossiamo non essere condotti a ri-pensare alla grazia temporale e stori-ca che ha preparato e nella quale èmaturata la grazia definitiva. Di talegrazia temporale della sua esistenzastorica, vorrei richiamare semplice-mente il suggerimento che ci vienedalle letture liturgiche: «Abbiamopertanto doni diversi secondo la gra-zia data a ciascuno di noi» (Rom

XII, 6). «Rendete dunque a Cesarequello che è di Cesare e a Dio quel-lo che è di Dio» (Mt XXII, 21).

Doni diversi secondola grazia data a ciascunoPer esprimere i «doni diversi» se-

condo la grazia datagli, Ruffilli haavuto dei luoghi decisivi per la for-mazione spirituale, umana, culturale,sociale e politica. Come egli stessoha ricordato: la Chiesa locale, la par-rocchia, l’oratorio. Lo scrive nellaprefazione al libro di don FrancoZaghini sull’oratorio San Luigi diForlì — libro alla cui presentazionepartecipò la mattina stessa della suauccisione —: «Quanti, come me,hanno vissuto l’esperienza del SanLuigi, a partire dall’ingresso dei sale-siani nei primi anni ‘40, trovano nelracconto di don Zaghini motivi perriflettere sul tanto che a noi è statodato» — doni diversi secondo la mi-sura della grazia data a ciascuno —«oltre che per abbandonarsi all’ondadi ricordi splendidi. Senza che facciavelo l’alone della giovinezza ormaitrascorsa, dobbiamo riconoscere chenoi all’oratorio abbiamo trovato lecondizioni per maturare sotto diversiprofili, in un clima di grande sereni-tà e di vera disponibilità. In ogni ca-so sentiamo di aver avuto molto».

Un secondo luogo formativo me-diante il quale «doni diversi» sonogiunti dall’identica grazia di Dio, èstata certamente questa UniversitàCattolica del Sacro Cuore.

Ho quindi accettato ben volentieridi partecipare all’Eucaristia in pre-ghiera per lui, in memoria di lui e inricordo dei doni che attraverso l’Ate-neo ha ricevuto. Ruffilli ha volutomenzionare l’Università Cattolicacome l’istituzione che ebbe parte ri-levante nella sua educazione e allaquale fu strettamente legato sia pergli studi sia in particolare per l’am-bito specifico della sua formazioneculturale e spirituale: il Collegio Au-gustinianum dove visse prima comestudente e poi come direttore.

Si può dunque dire che una gran-de stagione della sua vita culturale espirituale e dell’impegno scientificoabbia avuto come luogo specifico dimaturazione e di espressione questarealtà per la quale tornava spesso evolentieri a Milano nel desiderio dirivedere gli amici legati a lui da unasintonia spirituale profonda.

A Cesareciò che è di Cesare

e a Dio ciò che è di Dio

Dobbiamo tuttavia riconoscerecon gratitudine che tali doni emersisecondo la grazia data da Dio, han-no fruttificato nella grazia della suavita soprattutto in quella chiarezzaal di sopra di ogni sotterfugio politi-co e umano che risplende nella paro-la di Gesù: «Rendete dunque a Ce-sare quello che è di Cesare e a Dio

quello che è di Dio». Un grandesenso del primato di Dio, del miste-ro e della grazia divina, delle certez-ze di fede; di conseguenza, una ge-nuina ispirazione cristiana, persona-lista e, venendo alle realtà storichepiù concrete, una fedeltà creativa al-la Costituzione. Tale fiducia laespresse in un testo inedito, pubbli-cato dopo la sua morte: «La nostraCostituzione ha vinto quando haposto come fondamentale in una de-mocrazia la ricerca di un equilibriosempre più valido fra libertà edeguaglianza, fra diritti e doveri. Lagrandezza e la modernità della Co-stituzione sta in questo: nell’aver im-posto la ricerca di un equilibrio,sempre mutevole e da trasportare alivelli sempre più alti fra diritti-dove-ri ed esigenze diverse».

A me pare che, illuminato dallafede, Roberto Ruffilli abbia saputoleggere con un realismo biblico larealtà sociale e politica di oggi, conuna viva coscienza della conflittuali-

tà storica inevitabile tra bene e male,del bisogno di buttarcisi dentro confame e sete della giustizia e incrolla-bile speranza. Un realismo alieno siadalle tentazioni utopiche e ideologi-che sia dagli scoraggiameriti del riti-ro, dell’esilio spirituale e della paura.In un saggio del 1982, quasi a mododi introduzione di alcuni scritti diAldo Moro — e non è senza un do-loroso simbolo questo legame fra ledue figure, fra la sorte dolorosa aentrambi riservata — egli descrivevala «spiritualità del conflitto» dellostatista come: «La disponibilità amisurarsi con la persistenza del malee ad impegnarsi per l’affermazionedel bene, con la consapevolezzadell’impossibilità di conquiste defini-tive e irreversibili, ma anche dellapossibilità di una crescita complessi-va dell’umanità, secondo il misterio-so disegno del Creatore e del Re-d e n t o re » .

Quando, non molti giorni fa, inquesta stessa Università, tratteggiavodavanti a un gruppo di giovani il te-ma della speranza politica del cri-stiano, non conoscevo ancora le pa-role di Ruffilli. Ora posso dire chemi sembrano davvero corrispondentia quell’immagine di speranza reali-sta, oggettiva, non legata a visioniutopiche e a sogni impossibili, e in-sieme tale da non arrendersi mai.

E in un altro saggio, dal titolo Re-ligione, politica e diritto in Aldo Moroe pubblicato dalla rivista «del politi-co», Roberto Ruffilli faceva sue edefiniva illuminanti le seguenti frasiscritte dall’amico in gioventù: «Pro-babilmente, malgrado tutto, l’evolu-zione storica, di cui noi saremo de-terminatori, non soddisferà le nostreideali esigenze; la splendida promes-sa, che sembra contenuta nell’intrin-seca forza e bellezza di quegli ideali,non sarà mantenuta. Ciò vuol direche gli uomini dovranno pur semprerestare di fronte al diritto e allo Sta-to in una posizione di più o menoacuto pessimismo. E il loro dolorenon sarà mai pienamente confortato.Ma questa insoddisfazione, ma que-sto dolore sono la stessa insoddisfa-zione dell’uomo di fronte alla sua vi-

ta, troppo spesso più angusta e me-schina di quanto la sua ideale bellez-za sembrerebbe fare legittimamentesperare. Il dolore dell’uomo che tro-va di continuo ogni cosa più piccoladi quanto vorrebbe... Forse il desti-no dell’uomo non è di realizzare pie-namente la giustizia, ma di avereperpetuamente della giustizia fame esete. Ma è sempre un grande desti-no».

Conclusione

Nella speranza che attingiamo allaparola di Dio, noi diciamo che nonè soltanto «un grande destino» nelsenso diminuito del termine, ma è lagrande certezza della croce e dellarisurrezione di Gesù. «Beati coloroche hanno fame e sete della giusti-zia... Beati coloro che sono persegui-tati per amore della giustizia», per-ché la giustizia del Regno, anche at-traverso le più tragiche vicende uma-ne, viene e si afferma irresistibilmen-te. L’omaggio più vero che possiamorendere alla memoria di RobertoRuffilli è di continuare questa in-crollabile fede e speranza, chieden-dogli umilmente e chiedendo a Dio,nella grazia di tale dono, che siaconcesso pure a noi di non tirarci in-dietro per paura, per viltà, per co-modità, per compromesso, di frontealle esigenze di coraggioso realismodella speranza cristiana. La nostrapreghiera per lui si fa allora invoca-zione per tutti gli uomini e le donneche vorrebbero condividere la spe-ranza, ma che da troppi eventi ven-gono ricondotti a un pessimismonon realistico e credente, bensì scet-tico e incredulo; perché sia loro datodi superare nella forza del donoeroico di sé la tentazione dell’oggi edi camminare uniti nella fede, porta-ti da quella mano del Signore che èsempre alla nostra destra, che non cipermette di vacillare, che ci indica ilsentiero della vita, gioia piena nellasua presenza, dolcezza senza fine al-la sua destra (cfr. Sal XV).

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 domenica 19 aprile 2020

Enea, il silenzio, la contemplazione e Papa Francesco

Nel laboratoriodella sconfitta

di ALESSANDRO RI VA L I

«I l Papa confinato»:così il titolo dell’in-tervista di PapaFrancesco con Au-sten Ivereigh pub-

blicata lo scorso 8 aprile sulla «Ci-viltà Cattolica». È una conversazio-ne toccante, inedita, in cui il Paparacconta la sua quarantena (il lavo-ro digitale come i turni pranzo aSanta Marta), le sue preoccupazio-ni (il futuro “tragico e doloroso”),persino le sue tentazioni (la lottacontro l’egoismo).

Sono rimasto molto colpito dadue passi dell’intervista che ricorda-no parole in qualche modo “esilia-te” dalle nostre vite: la sconfitta e lacontemplazione. Parole che per noinascondono spine. La sconfitta èquasi un marchio di Caino per ilnostro tempo assetato di consenso.Idem per la contemplazione, chesentiamo come un fastidioso richia-mo a fermarci, a tirare il freno nellegiornate vorticose orientate alla“p re s t a z i o n e ”. Eppure, contemplarela sconfitta ci aiuta a essere piùumani.

Tra le riflessioni più intense sullasconfitta c’è quella del poeta AdamZagajewski (Leopoli, 1945): «Dav-vero sappiamo vivere solo dopo lasconfitta, / le amicizie si fanno piùprofonde, / l’amore solleva attentoil capo. / Perfino le cose diventanopure. / I rondoni danzano nell’aria,/ a loro agio nell’abisso. / Tremano

quella opposta di fuggire sui montiin cerca di salvezza. Il Papa ha ri-cordato il verso latino: Cessi, et su-blato montem genitore petivi, «mi ras-segnai e sollevato il padre mi diressisui monti».

Ognuno di noi è di fronte al bi-vio di Enea. E per scegliere il sen-tiero giusto è importante fermarsi,riscoprire la contemplazione. Forseassociamo a questa parola personeche ci sembrano lontane dalla realtà(e non lo sono). Magari mistici oeremiti fuori dal tempo (e invecespesso sono le antenne più sensibilidel nostro tempo).

In realtà, contemplazione signifi-ca trovare un riparo di silenzio nel-le nostre giornate. Una Terra pro-messa per fare un po’ di ordine nelcuore. Ristabilire le giuste gerar-chie. Riscoprire il silenzio è diffici-le, ma non impossibile. Qualcheanno fa ebbe successo Il silenzio(Einaudi, 2017) dell’e s p l o r a t o re / e d i -tore Erling Kagge: un utilissimo va-demecum per ritrovare salutari pausenella nostra vita. Tra l’altro, con unincipit ideale per la nostra quaran-tena: «Non sempre posso fare unapasseggiata, arrampicare, o andarein barca a vela. Quindi ho imparatoa chiudere fuori il mondo. Ci hoimpiegato parecchio tempo. Soloquando ho capito che ho un intimobisogno di silenzio, ho potuto met-termi alla sua ricerca; nei miei re-cessi più intimi, sotto la cacofoniadei rumori del traffico e dei pensie-ri, della musica e dei macchinari,

La «cura» delle parole

Per guarire i ciliegiScrivere ai tempi del covid-19

Mai come in questo tempoè utile e salvifico eliminare le chiacchieree ritrovare la forza della parolache dice, che battezza le coseVa usatacon la leggerezza di una piumae la precisione del bisturi

le foglie dei pioppi, / solo il ventoè immoto. / Le sagome cupe deinemici si stagliano / sullo sfondochiaro della speranza. Cresce / ilcoraggio. Loro, diciamo parlandodi loro, noi, di noi, / tu, di me. Iltè amaro ha il sapore / di profeziebibliche. Purché / non ci sorprendala vittoria».

È il testo d’apertura della raccol-ta Dalla vita degli oggetti (Adelphi,2012): una poesia limpida e caricadi senso. «Le amicizie si fanno piùprofonde, / l’amore solleva attentoil capo»: credo che ognuno di noiabbia sperimentato la verità di que-sti due versi incontrando il confortodi un amico in un ospedale o unlungo abbraccio silenzioso nel tem-po del lutto.

Chi passa per il “lab oratorio”della sconfitta tocca in carne viva larealtà. Diventa più attento. La sfidaper ognuno è come mettere a fruttola sconfitta. Scrive il Papa: «Lacreatività del cristiano deve manife-starsi nell’aprire orizzonti nuovi,nell’aprire finestre, nell’aprire tra-scendenza verso Dio e verso gli uo-mini, e deve ridimensionarsi in ca-sa. Non è facile stare chiusi in casa.Mi viene in mente in un versodell’Eneide che, nel contesto dellasconfitta, dà il consiglio di non ab-bassare le braccia. Preparatevi atempi migliori, perché in quel mo-mento questo ci aiuterà a ricordarele cose che sono successe ora. Ab-biate cura di voi per un futuro cheverrà. E quando questo futuro ver-rà, vi farà bene ricordare ciò che èaccaduto».

Papa Francesco ha citato Eneadopo la caduta di Troia. Di fronte aquesto celebre “sconfitto” si apriva-no due strade: la possibilità, tra lelacrime, di rinunciare a vivere e

degli iPhone e degli spazzaneve, luiera lì che mi aspettava».

Già, il silenzio come primo passoverso la contemplazione: voglio ri-cordare la vicenda di Pierluigi Cap-pello (1967-2017), poeta grande, an-dato via troppo presto. Conobbe davicino la “sconfitta”: un incidentein moto che falciò i suoi sogni diragazzo (era un sedicenne che cor-reva i cento metri in undici secondie quattro e che voleva diventare pi-lota). Nei lunghissimi mesi del suocalvario in ospedale (ma rimase pa-ralizzato per la vita) trovò confortonella lettura, in particolare in Mo b yDick. E così scriveva in Questa liber-tà (Rizzoli, 2013) il suo memoir au-tobiografico che è una sorta di te-stamento spirituale: «In questo li-bro ho cercato di dire come una li-bertà, la mia, sia germinata dai luo-ghi vissuti da bambino e poi abbiapreso il volo dal mio incontro conla lettura. Non credo esista un mez-zo di trasporto più veloce dell’im-maginazione; così come non pensoesista un propellente più efficace diquesta per spingere la nostra libertàal di fuori di noi stessi. Un uomoseduto che legge non sta fermo; an-zi: quanto più sta fermo e concen-trato nella lettura, tanto più è alleprese con un viaggio nelle profon-dità cosmiche di sé stesso, più velo-ce delle navi spaziali immaginate daStephen Hawking. Come se la velo-cità si fosse cristallizzata in assenzadi movimento».

Il silenzio e la lettura possono es-sere l’inizio del sentiero per la con-templazione. Per aiutarci a “legge-re ” le sconfitte. Per lasciarci indie-tro le macerie e avviarci come Eneaverso le montagne (magari portan-do qualcuno sulle spalle).

Pietre d’inciamp oCambio di priorità ai tempi del coronavirus

Katsushika Hokusai, «Cardellino e ciliegio piangente»(1832 circa, particolare)

Federico Barocci, «La fuga di Enea» (1598, particolare)

Annibale Carracci, «Allegoria della Verità e del Tempo» (1584-1585)

PUNTI DI RESISTENZA

di GIULIA ALBERICOe FLAMINIA MARINARO

Cara Giulia, a tutto avremmo pensa-to ma non a una pandemia! Non èroba per noi, è roba vecchia! Ilprogresso ci ha resi immuni daquesti mali antichi. Noi abbiamo

sperimentato altri modi per morire. Abbiamoaddirittura inventato il nucleare e la bombaatomica. I nostri eserciti sono passati dai pu-gnali ai fucili, non sanno neanche cosa siano ibisturi e i respiratori.

Eppure eccoci qua! A combattere una guerrasurreale che ha costretto il mondo a fermarsi, atornare indietro, a interrompere la corsa. Cosa èaccaduto all’umanità? Cosa accadrà alla nostraumanità? Siamo diventati l’età che abbiamo,l’emergenza impone questa regola, brutale manecessaria. Eppure, mi sono detta, qualcosa dipositivo deve esserci. Forse rivaluteremo cosetrascurate, ritroveremo il valore della fede, cisentiremo davvero Enea che porta Anchise sullespalle. Siamo rimasti a casa (chi almeno ha lafortuna di averla una casa...), l’abbiamo trasfor-mata in un cenacolo e abbiamo trovato il punto

di famiglia, aperta a vicini e fedeli. Non esiste-vano luoghi di culto. Quelli vennero dopo. Ma,all’inizio, furono semplici case private, dove lafamiglia che lì abitava metteva a disposizioneuna stanza, quella che oggi chiameremmo la“sala da pranzo”. Mi ha fatto tenerezza questoritorno alle origini.

FLAMINIA: Nell’immensa catena di solidarietàche si è formata in modo spontaneo e capillarein tutta Italia, alcune iniziative in ambito cultu-rale hanno sperimentato dei progetti innovativie interessanti. Non ci si può incontrare fisica-mente ma si possono usare le parole che, graziealla tecnologia, ci permettono di tessere una re-te di comunicazioni. Antonella Sotira, avvocatoe ideatrice dell’associazione Iusgustando Sim-posi Giuridici ha coinvolto delle penne di gran-de qualità professionale e letteraria al fine diraccogliere fondi destinati all’emergenza virus,interamente donati alla Croce Rossa. Con unaprefazione in versi di Dante Maffia, una raccol-ta di racconti che devono essere brevissimi, edi-ti da Bastogi libri, dove la parola si fa protago-nista, dove ognuno è chiamato a scrivere la pro-pria storia di ordinaria o meglio di straordinariadetenzione in questa paradossale quotidianità.Parole intense quelle di Giacomo Ebner, Gio-vanna Corrias Lucente, Andrea Bocconi, soloper citarne alcuni. Raccolta dal titolo eroicoCo-Veni, Co-vid, Cov-ici (Roma, pagine 154, euro15) che richiama l’insperata e fulminea vittoriadi Giulio Cesare contro Farnace, re del Ponto eche rimanda alla speranza di vittoria sulla ma-lattia. «Nel pieno della battaglia i poeti si de-vono zittire (…) ma contro un nemico invisibileche si dispieghi il canto, che lo innalzino le si-rene» recita Maffia, e conclude la raccolta unrichiamo a Fabrizio De André quando cantavaUn medico per guarire i ciliegi.

GIULIA: Una iniziativa interessante (scadenza15 maggio) è partita da Isabella Madia, vicesin-daco di Crotone, un invito a scrivere a manouna lettera. Non a caso il progetto si chiama«Caro amico ti scrivo». Al destinatario, che puòessere scelto in totale libertà, si affidano pensie-ri, emozioni, paure e speranze legate a questotempo del coronavirus. Anche in questa iniziati-va viene dato un limite di parole da usare. Ed ègiusto che sia così. La parola è tornata, penso,a essere richiesta di pregnanza, di forza. Di es-senzialità. Credo che mai come in questo tem-po sia utile e salvifico (nel privato, nel giornali-smo, nella letteratura, nella comunicazione ingenerale) eliminare le chiacchiere e ritrovare laforza della parola che dice, che battezza le cose.

Va usata con la leggerezza di una piuma e laprecisione del bisturi.

FLAMINIA: Irene Bevilacqua, insieme aun’amica, ha ideato un altro progetto che meri-ta attenzione. Si tratta di [email protected]. Hanno creato un database, se-greto, custodito da loro al quale raccontare leproprie emozioni e i propri pensieri sotto formaepistolare. Cercheranno di formare una memo-ria collettiva che sia in grado di raccontare unperiodo, forse un’epoca che resista al passaredel tempo. Scrittura come memoria, scritturacome terapia, scrittura come passione per tuttoquello che svanisce e per quello che resta.

GIULIA: Molte le iniziative da Nord a Sudche spingono a trovare «le parole per dirlo»(parafrasando un fortunato libro di tanti annifa). Numerosi sono i siti che accolgono l’invitoa esprimersi in versi. Poesia al tempo del coro-navirus. Hanno risposto all’appello poeti noticome Mariangela Gualtieri, con 9 marzo 2020,altri sono sconosciuti che pure hanno postatoparole di lucente bellezza. Scrivere, farlo conintensità, può servire ad addomesticare la penadi questi giorni, a parlare del “tu” invisibile.Può essere quasi una preghiera.

di incontro tra un passato che non è mai passa-to e un presente che è già futuro.

Cara Flaminia, hai usato un termine impor-tante: “cenacolo”, che il mio parroco, AndreaCelli, durante l’omelia della domenica di Pa-squa ha usato per indicare le nostre case. Era-vamo in tanti affacciati ai balconi e alle finestre,a seguire il rito della messa celebrata sul terraz-zo della chiesa. Ho pensato che i nostri appar-tamenti, grandi o piccoli, sono diventati da set-timane delle domus ecclesiae. Erano case privateinfatti, almeno nel primo secolo dopo Cristo,quelle che ospitavano i cristiani. Una riunione

Esce oggi «Siamo tempo (L’avevamos c o rd a t o ) », l’ebook, scaricabile gratui-tamente dal sito dell’editore Emi, diGerolamo Fazzini, collaboratore del-l’«Osservatore Romano», dedicato allanostra percezione del tempo e del suotrascorrere all’epoca del covid-19. Nepubblichiamo uno stralcio.

di GEROLAMO FAZZINI

L’esperienza della «quarante-na esistenziale» legata allapandemia da coronavirus ci

ricorda che la vita è fatta di priorità.Se vado a vedere la recita di mio fi-

glio di prima elementare e, per farlo,mi assento un paio d’ore dal lavoro,ho perso tempo o l’ho guadagnato?Se, per colpa di un’urgenza (chepoi, a conti fatti, tale non era), miperdo uno degli irripetibili momentidella vita, per esempio la nascita delfiglio, quanto mi struggerò, poi, nelrimorso? All’indomani della pande-mia da covid-19 credo che la rispo-sta sia chiara.

Un cataclisma di quelle propor-zioni non può non costringerci amettere dei punti fermi. E a ripartiresu più solide basi rispetto a prima,all’epoca in cui il Pil dettava leggesu tutto e tutti. Nel suo L’illusione

della crescita (Il Saggiatore, 2019),David Pilling, editorialista economi-co del «Financial Times», evidenziauna contraddizione del nostro tem-po: «Se rimani bloccato nel trafficoper un’ora contribuisci al Pil. Se in-vece vai a casa di un amico per dareuna mano a imbiancare, no».

Questo covid-19, insomma, si starivelando una vera e propria pietrad’inciampo o, meglio, un segno dicontraddizione, che «svela i segretidi molti cuori». Lo sottolineava an-che Alessandro D’Avenia nella suarubrica Ultimo banco sul «Corrieredella Sera» del 6 aprile scorso:«Quando perdiamo ciò su cui pun-tiamo di più (amore, affetti, carrie-ra), la vita ci si mostra nella sua nu-da fragilità e: o ci si perde o ci si ri-trova una volta per sempre». Lamorte ci spaventa non solo perché cifa sentire polvere, precari, ma per-ché ci mette davanti alla terribileevidenza che un giorno (non sappia-mo quale) le nostre relazioni più ca-re si interromperanno. E da lì in poimuterà completamente il modo colquale continueremo a relazionarcicon chi ci sta più a cuore.

C’è chi sparge le ceneri della mo-glie in mare aperto, chi va a pregaresulla tomba dei genitori al cimitero,chi tiene sulla scrivania la foto delfiglio prematuramente scomparso.Segni diversi che esprimono un solodesiderio, anzi un urlo: «Tu, per me,ci sei ancora, perché io continuo adamarti».

Delle tante immagini che ci han-no sommerso in questi mesi non èforse, ad averci letteralmente scioc-cato, quella colonna dei camion mi-litari che si portavano via decine edecine di bare? Ognuna di esse con-teneva una persona cui, nell’ultimo

istante, nessuno aveva potuto strin-gere la mano, dare il conforto diuna parola amica, condividere unapreghiera. Su «La Stampa» del 6aprile, Domenico Quirico ha datovoce all’angoscia di tanti, conclu-dendo un intenso articolo intitolatoMorire da soli, la crudeltà di una finesenza avere la certezza di essere amaticon queste parole: «Cos’hanno mor-morato nell’ambulanza che li haportati verso la segregazione? Di chihanno chiesto, invocato? L’epidemiaci spoglia dell’essenziale, la vita, edell’accessorio, ci costringe a cederealla disperazione e mette in dubbioanche la certezza che siamo amati».Prendere coscienza che tutti «siamotempo» forse potrà condurci a guar-dare in modo diverso anche al rap-porto fra le generazioni.

Nell’emergenza coronavirus, pur-troppo, è scattato, in alcuni casi-li-mite, un meccanismo implacabile,per cui, dovendo scegliere, sono sta-ti salvati i pazienti meno anziani.C’è da augurarsi che tale logica,comprensibile in un contesto ecce-zionale e di emergenza, non diventila regola. Non oso immaginare a co-sa porterebbe una sanità piegata to-talmente al rapporto costi-benefici,una società dominata da criteri disapore darwiniano, dove sono pre-miati i giovani e forti e dove invec-chiare diventa una colpa. Fosse così,potremmo ritrovarci a breve nelloscenario cupo dipinto da alcuni rac-conti di fantascienza (penso a Th eTe s t , scritto nel 1958 da Richard Ma-theson e pubblicato in Le meravigliedel possibile, Einaudi). Ma io sonoconvinto che proprio la traumatiz-zante esperienza collettiva del coro-navirus possa produrre gli anticorpiper evitare tale rischio.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 19 aprile 2020 pagina 5

Nel «De mortalitate» di san Cipriano

Quella fede che vinceil «male micidiale»

Pericle e i medici eroiLa peste di Atene raccontata dallo storico Tucidide

Durante la guerra contro Sparta la città-statosimbolo di civiltà e democrazia fu devastata da un morboche evidenziò l’impotenza dell’uomo di fronteai fenomeni naturali ma anche la sua grande umanità

Philipp von Foltz, «Pericle tiene un’orazione funebre per le vittime della peste» (1873)

Nel «Diario» (1722) di Daniel Defoe

Ritorno alla realtà

IL RACCONTO DELL’EPIDEMIA NEI SECOLI

Anonimo, «La piaga di Londra» (1665)

di MARIO SPINELLI

Anche nel tunnel dell’epi-demia si continua a leg-gere (di più in quarante-na? Lo speriamo). Maquali libri? La risposta

lega il discorso sull’emergenza socio-sanitaria che ci attanaglia a quellosulle letture che al momento ci intri-gano. Fra i titoli più gettonati dafebbraio in qua — ce lo dicono i li-brai, e i bibliotecari confermano —

c’è La peste di Albert Camus, il ro-manzo più noto dell’autore franco-algerino, pubblicato nel 1947 e dive-nuto un classico del Novecento. Illibro parla di una grave epidemiache scoppia in una città della costaalgerina, Orano, e imperversa permesi causando grandi sofferenze fisi-che e morali alla gente e facendo mi-gliaia di morti.

I critici interpreteranno variamen-te il morbo descritto da Camus, oracome allegoria del nazismo, ora co-

me espressione narrativa della suavisione filosofica, improntata alla let-tura della vita-storia umana come unassurdo doloroso. In ogni caso i let-tori italiani, travolti dal coronavirus,più che in una filosofia o una poeti-ca hanno voluto come rispecchiarsinella trama di un grande libro con-temporaneo che ricalca il nostrodramma collettivo. E si sono identi-ficati nel protagonista, Bernard, vit-tima dell’angoscia, tentato dalla di-sperazione, in cerca degli amici e, luimedico, curvo sui malati a salvare vi-te umane.

I media non potevano fare a me-no di registrare questo risveglio dalcoma dell’oblio di un capolavoro let-terario, sull’onda di un’attualità acui avremmo rinunciato con piacere.E qualcuno ne ha colto il destro perricordare gli autori e le opere piùnote sul tema della peste, della mo-rìa, del disastro corale (lo sta facen-do, tra gli altri, anche l’O sservatoreRomano da settimane con la seriededicata a Il racconto dell’epidemia neisecoli). Da Tucidide a Lucrezio, lavoce più originale della poesia lati-na, ammiratore di Tucidide e autorea sua volta, nel finale del De rerumn a t u ra , di una descrizione della pe-ste ateniese più scioccante delle pa-gine tucididee. Da Daniel Defoe,autore nel 1722 del Journal of the

Plague Year (il “Diario dell’anno del-la peste”) a Boccaccio, testimoneoculare della «mortifera pestilenza»del 1348 (come la chiama, vi persefamiliari e amici) e genio letterarionell’elezione del tragico sfondo acornice narrativa del Decameron.Quanto all’arcinota peste di Manzo-ni, i lettori e soprattutto i nostri stu-denti, per i quali a volte I promessisposi è un po’ datato, complice ilbuio presente potranno ahimé sentir-si più in sintonia con l’autore e sco-prirne la drammatica attualità.

Ma fra questi classici, riletti altempo del covid-19, ne manca unonon meno grande, il De mortalitatedi san Cipriano, il più insigne deiPadri preniceni. Cipriano era un re-tore di Cartagine, metropoli romanae cuore della Chiesa africana.

A 40 anni, verso il 246, si conver-te al cristianesimo e, colto e rettocom’è, il popolo gli “imp one” il pre-sbiterato e nel 249 lo vuole vescovo.Diverrà una personalità dominantedella Chiesa latina, alla guida di unacittà e cristianità al centro dellegrandi questioni ecclesiali: i lapsi, ilbattesimo degli eretici, il primato ro-mano, l’unità della Chiesa. Si distin-se per la sua coerenza dottrinale,l’accoglienza dei decreti pontifici(ma nella disciplina era più rigoristadi Roma) e un grande zelo pastora-

le, da padre pur nel rigore. Finitonel mirino dei persecutori Decio eValeriano, morì martire a Cartaginenel 258, decapitato sul prato diun’altura a picco sul mare.

Il De mortalitate, titolo tradotto ingenere come “La pestilenza”, mamortalitas significa pure “mortalità”,“fragilità” e anche “morte”, così co-me lo abbiamo è un messaggio pa-storale (forse elaborato da un’ome-lia) scritto da Cipriano nel 252 per ifedeli, colpiti da una tremenda pesti-lenza, forse era vaiolo o virus ebola.La pandemia era esplosa in Egitto esi era sparsa nei territori rivieraschidel Nordafrica, causando migliaia dimorti e invadendo la popolosa Car-tagine. Il morbo arriverà a Roma,dove farà cinquemila morti al giornoe ricorderà a tutti la peste Antoninadel secolo prima, sotto Marco Aure-lio. Allora come nel III secolol’emergenza sanitaria si era accompa-gnata ad altre sciagure (guerre, inva-sioni, carestie, fame…) che per i pa-gani erano castighi degli dèi indi-gnati per la libertà data ai cristiani,mentre per questi preannunciavanola fine del mondo.

Il De mortalitate attesta l’e s t re m apremura pastorale di Cipriano, im-pegnato sia sul piano socio-sanitariosia dal lato spirituale. Il male colpi-va duro, l’autore ci parla dei sinto-

mi: bruciore agli occhi, febbre,coliche devastanti, a tanti si amputa-vano gli arti. È un “male micidiale”,dice, che strappa i figli ai genitori, imariti alle mogli, gli amici agli ami-ci.

Ma oltre il realismo c’è la visionecristiana della morte e del dolore, unrespiro soprannaturale, l’invito allasperanza e alla meditazione dei valo-ri morali e spirituali eterni. È unaconsolatio cristiana, dove sfocia unatradizione che viene da Cicerone eSeneca. Ma a volte è severo il vesco-vo di Cartagine, deciso nello scuote-re l’amato e afflitto gregge: «Chemotivo c’è di stare in ansia e di esse-re preoccupati? Chi resta trepidantee mesto tra questi avvenimenti senon chi non ha né speranza né fe-de?». Niente sconti, in Cipriano c’èl’austerità dell’uomo antico, del ro-mano che è sempre rimasto. Ma egliridesta la fede e la speranza con unaforza e una passione uniche. I pasto-ri oggi hanno più comprensione edelicatezza, per loro è giusto l’attac-camento delle persone e anche deicristiani alla vita; Cipriano lo critica,lo flagella. Però non arriva a vederenel contagio il castigo divino dei no-stri peccati, come fa padre Parroux,il religioso che è fra i personaggiprincipali della Peste di Camus.

di GABRIELE NICOLÒ

Era il fiore all’occhiello diAtene nonché il simbolodella supremazia dellasua flotta il porto del Pi-reo, citato con orgoglio

anche da Platone nella Repubblica:ma proprio attraverso di esso si pen-sa fosse entrata la peste nella città-stato, durante il secondo anno dellaguerra del Peloponneso, nel 430 a.C.Il porto, infatti, era allora l’unicafonte di cibo e di rifornimenti. Lapeste, a parte un breve intervallo, sidiffuse anche l’anno successivo e ri-tornò, con acuta virulenza, anche nel426 a.C.

Un preciso contesto politico-mili-tare spiega l’attecchirsi del morbo.Sparta e i suoi alleati, a eccezione diCorinto, avevano floride economiequasi esclusivamente di terraferma eanche i loro eserciti di terra poteva-no vantare un’organizzazione di va-lore eccelso. Atene, dal canto suo,contava su una flotta di prima gran-dezza. Sotto la direzione di Pericle,celebre militare, oltre che politico efine oratore, gli ateniesi si ritiraronodietro le mura della città. Tale strate-gia, diretta ad attirare il nemico perpoi infliggergli il colpo di grazia, sirivelò invece letale per gli ateniesi.

Dalle campagne, infatti, moltepersone si riversarono nella città, giàben popolata: le scorte di cibo, daprincipio più che abbondanti, siesaurirono in breve tempo. Si verifi-carono di conseguenza ripetuti ecaotici assalti ai tanti mercati, grandie piccoli, disseminati nella città: unoscenario che si venne sempre più adeteriorare anche a causa di unaquasi totale mancanza di igiene. Ilsovraffollamento, la carenza di ade-guate misure sanitarie, il caldo asfis-siante furono tra i fattori che contri-buirono a determinare le condizioniperché si diffondesse il morbo, ilquale, inclemente, cominciò a miete-re vittime, tra le quali figurarono lostesso Pericle, la moglie e i due figli.

La peste venne raccontata, condovizia di particolari, da Tucidide,considerato «il primo storico scienti-fico», nella Guerra del Peloponneso.Secondo la sua interpretazione degliavvenimenti, l’epidemia aveva avutola sua scaturigine in Etiopia per poipassare in Egitto e quindi in Libia.Colpisce, nell’avvincente e serratoracconto intessuto da Tucidide, lameraviglia di fronte a un fatto di cuinon si aveva memoria nel mondoantico. La meraviglia dello storico

era la stessa meraviglia che invase imedici i quali si sentirono impotentinon sapendo quali argini porre al di-lagare del morbo. Gran parte di lorosoccombettero all’epidemia, essendoovviamente entrati in contatto con imalati nel disperato tentativo di dareloro adeguata assistenza. Si stima

e tutto ciò che poteva favorire ilcontagio), pensarono bene di ritirarele truppe nel timore di contrarre ilmorbo. La puntuale descrizione del-la peste da parte di Tucidide si ac-compagna significativamente allaprofonda delusione che intride laconstatazione che dopo Pericle, so-

nanti dolori allo stomaco. Si potevadiventare ciechi. C’era anche chiguariva, ma poi veniva colpito daamnesia, tanto da non riconoscereaffatto la propria famiglia. ScriveTucidide: «Ma di tutto il male la co-sa più terrificante era la demoraliz-zazione da cui venivano prese le per-sone quando si accorgevano di esse-re stati contagiati». La peste dà agioallo storico di elaborare una rifles-sione di carattere etico. Nella patriadi Fidia e di Platone, nella città farodella democrazia e che aspirava adassurgere a simbolo della democra-zia, il pernicioso evento aveva fattosì che, come reazione, numerosi cit-tadini rompessero ogni argine e vio-lassero il rispetto di ogni buonacreanza, voltando le spalle a ogniforma urbana di vivere civile.

In seguito all’attecchire del morbodilaga — denuncia Tucidide — «lasfrontatezza» di fronte alla legge.«Molti osavano ciò che prima stava-no attenti a fare» evidenzia lo stori-

co. Era come se il morbo avesse con-ferito loro il diritto, vista l’irrimedia-bile tragicità della situazione, di ve-nire meno ai doveri che si confannoal cittadino onesto e retto.

Ma al contempo Tucidide nonmanca di celebrare le gesta di colo-ro, anzitutto i medici, che si prodi-garono — pur con i modestissimimezzi a loro disposizione — nel ten-

tativo di guarire i malati, o almenodi lenire le loro sofferenze. Fino, co-me detto, al sacrificio di sé stessi. Adistanza di tanti secoli, alla luce del-le drammatiche conseguenze infertedal coronavirus, l’esempio dei medi-ci, e infermieri, dall’antichità ai gior-ni nostri, rimane immutato. Nobile,commovente. Degno della lode piùalta.

che la peste uccise due terzi dellap op olazione.

Tucidide quindi sottolinea chel’epidemia ebbe anche l’effetto di farritirare gli spartani e i loro alleati:spaventati dalla vista dei roghi (coni quali venivano bruciati vesti, stracci

praffatto dalla peste, Atene fu gover-nata da capi non all’altezza delgrande militare, tanto da provocarneil declino.

Lo storico elenca i sintomi legatial morbo: starnuti, raucedine, vio-lenti accessi di tosse, nonché lanci-

di CAT E R I N A CIRIELLO

In questo tempo di clausuraforzata ci si può imbatterein Diario dell’anno della peste(1722) in cui Daniel Defoedescrive con precisione e

drammaticità la peste che afflisseLondra nel 1665. Realtà o finzione?Forse la ricerca storica ha aiutatoparecchio l’autore a scrivere, manon si può nascondere la sua capa-cità di narrare i fatti e di delineare ipersonaggi per ciò che sono, con osenza la paura della peste. Le pri-me vittime sono i poveri, coloroche non hanno nessun tipo di risor-sa; in seguito altri moriranno suici-di nell’isolamento imposto dalloStato; e altri ancora fuggiranno uc-cidendo le guardie poste a sorve-gliare le loro case.

Già nelle primissime pagine è vi-sibile la trasformazione che il virusopera nelle persone: le lacrime e ilamenti dei primi giorni ben prestolasciano il posto a cuori induritidall’abitudine alla morte e all’indif-ferenza verso l’altro, per paura diseguirne presto la sorte. La pestealtro non è — in un’Inghilterra pu-ritana — la conseguenza dell’ira di

Dio per i peccati umani. Analogiecon ciò che stiamo vivendo oggi?

Ogni cristiano sa per certo cheDio non punisce nessuno ed è sem-pre pronto a mostrarci la sua Mise-ricordia. Abbiamo appena vissuto ilTriduo Pasquale, il mistero dell’in-sondabile ed eterno amore di Dioper l’umanità ferita e bisognosa di

redenzione, e mai come in questigiorni così smarrita e sola. È quasiscomparsa una intera generazionesopravvissuta alla guerra, alla famee a ogni genere di privazioni; è sta-ta falciata da un virus che non co-nosce nazionalità e non guarda infaccia a nessuno, siano re, principio potenti di turno. Proprio come

accade in tutte le epidemie — opandemie — che non hanno cura:nel 1665 e oggi nel 2020. Si speri-mentano farmaci, si cerca un vacci-no.

Eppure non sappiamo ancora setutto questo sta aprendo fino infondo una breccia nei nostri cuoriper farci entrare in quella dinamicadi profonda umiltà che ci è neces-saria, se non come cristiani, almenocome esseri umani consapevoli dinon essere onnipotenti.

Allo stesso modo che nell’epide-mia londinese siamo costretti nellenostre case, anche se con la diffe-renza di un tempo che scorre piùvelocemente di allora e non ci co-stringe a fissare le pareti spoglie eil piatto vuoto. Ma come allora ipoveri e gli indigenti ci sono anco-ra: nelle strade e nei condomini do-ve tutti noi viviamo cercando dinon cadere nello sconforto. E intanti muoiono soli e dimenticati,ovunque. Se la globalizzazione ci

ha portato a vivere come tante pic-cole monadi, ampliando il senso diindividualismo e autosufficienza,oggi il covid-19 ci riporta alla realtàche abbiamo ignorato per troppotempo: siamo fatti per stare insie-me, per collaborare, per aiutarci. Eallora dobbiamo riscoprire con for-za il senso della collettività e dellasolidarietà senza confini; rispettarele leggi, ma essere solidali tra dinoi e tra i Paesi. La Passione secon-do Giovanni del Venerdì Santo ciricorda chi siamo noi e chi è Gesù.E Gesù dice a Pilato: «Tu nonavresti alcun potere su di me, se ciònon ti fosse stato dato dall’alto».Solidarietà e preghiera sono gli im-perativi di oggi che valgono pertutti, specialmente per chi detieneil potere, perché siamo davanti aun nemico subdolo che non rispet-ta i nostri tempi, non fa pause, nonsembra arrestarsi. Bisogna invocareincessantemente la Misericordia diDio e l’intercessione di Maria comeci ha mostrato Papa Francesco.Cerchiamo di non essere tristi efacciamo tesoro di questi momenti:Dio vuole dirci qualcosa che ancoranon riusciamo a comprendere.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 domenica 19 aprile 2020

Per una Chiesa sinodaleSul titolo della prossima assemblea generale dei vescovi

di MICHELE GIULIO MASCIARELLI

La sinodalità scelta assai felicesuggerita dallo Spirito

A oltre mezzo secolo dalla suachiusura, il concilio di sanGiovanni XXIII e di san Paolo

VI ha fatto staccare dal suo alberoun frutto inatteso: la sinodalità. Colrisveglio dell’esperienza sinodale edella riflessione teologica su di essa,lo Spirito sta parlando alla Chiesacol linguaggio non verbale dei “se-gni dei tempi”, la parola particolar-mente forte con cui il Maestro inte-riore si rivolge ai singoli discepoli diGesù e alla Chiesa discepolare nelsuo insieme (cfr. Michele GiulioMasciarelli, Le radici del Concilio. Peruna teologia della sinodalità, Deho-niane, Bologna, 2018). La sinodalità,che viene talora usata come collegia-lità o come realtà e categoria subor-dinate a essa, qualifica l’intero popo-lo di Dio e precede, subordina e ol-trepassa la collegialità, che riguardasolo i vescovi, sebbene dell’edificiosinodale la collegialità sia un plintofondamentale. È la prima cosa da ri-cordare: in una visione credente ilfiorire (o il rifiorire) dell’antico semesinodale non va attribuito ad altri senon allo Spirito, che agisce comevuole e con chi vuole per realizzare isuoi progetti di comunione, di parte-cipazione e di missione nella Chiesa(cfr. Michele Giulio Masciarelli, Unpopolo sinodale, Tau Editrice, Todi,2016, capitoli I, VI, X, XII). Apparesempre più chiaramente che la sino-dalità debba essere considerata comeun principio decisivo, non solo dellaChiesa, ma dell’intera storia di gra-zia. È da valutare, pertanto, comeuna felicissima e straordinaria noti-zia che Papa Francesco abbia sceltocome tema del Sinodo ordinario del2022 il tema «Per una Chiesa sino-dale: comunione, partecipazione emissione», in ossequio sinodale (è ilcaso di dire) alla scelta operata dallaconsultazione delle Chiese e all’o rd i -nazione operata dal XV Consiglio or-dinario della Segreteria generale delSinodo dei vescovi, riunito a Romail 6 e 7 febbraio 2020 e da lui stessopresieduto. È bene che il tema sceltodel Sinodo del 2022 venga detto eripetuto con precisione, senza creareequivoci, come è quello che si è sen-tito, a esempio, in una sintesi gior-nalistica, fatta appena il giorno dopola scelta di tale tema. Essa è statapresentata così: «Il Papa ha sceltocome tema del prossimo Sinodo“Comunione e sinodalità”». Ebbene,sono ben due le alterazioni teologi-che rispetto al vero titolo del prossi-mo Sinodo («Per una Chiesa sino-dale: comunione, partecipazione emissione»). Anzitutto, c’è la graveelisione dei termini partecipazione emissione; ma c’è anche altro: la co-munione è stata posta prima di sino-dalità come suo termine binomico,mentre la comunione non è un ter-mine da affiancare a sinodalità, mada intendere come un suo termineinterno. Insomma, la sinodalità con-tiene dentro di sé comunione, parte-cipazione e missione.

La sinodalità diapasondel magistero di Papa Francesco

La sinodalità la si può chiamarel’idea madre dell’insegnamento diPapa Francesco sulla Chiesa e sullamissione. Egli, con forza e con lievecesello, ha legato l’idea di sinodalitàall’intera vita della Chiesa, dall’ini-zio del suo pontificato, ma la pietramiliare nell’intero magistero sulla si-nodalità è il famoso discorso di PapaFrancesco del 17 ottobre 2015, in oc-casione del cinquantesimo anniversa-rio dell’istituzione del Sinodo dei ve-scovi da parte di san Paolo VI(«L’Osservatore Romano» del 18 ot-tobre 2015, pagina 5). Si tratta di untesto dottrinalmente chiaro e pasto-ralmente coraggioso, fortemente coe-so e articolato: esso, insomma, sipresenta come un vero “manifestomagisteriale” della Chiesa sinodale.In esso egli mostrò la ferma convin-zione che la riattivazione del “princi-pio sinodale” poteva procurare unasvolta dalle felici conseguenze im-prevedibili nella vita interna dellaChiesa in termini di comunione e dipartecipazione e parimenti in terminidi missione in faccia al mondo. Fral’altro, in quel memorando discorso,Papa Francesco afferma: «Una Chie-sa sinodale è una Chiesa dell’ascoltol’uno in ascolto degli altri e tuttidello Spirito santo per conoscere ciòche egli dice alla Chiesa». Poi il Pa-pa è passato a indicare le tappe di

questo dialogo intra-ecclesiale: «Ilcammino sinodale inizia ascoltando ilpopolo di Dio [...] prosegue ascol-tando i pastori […] culminanell’ascolto del Vescovo di Roma».In apertura del suo discorso avevasostenuto che si doveva «proseguiresu questa strada» perché «proprio ilcammino della sinodalità è il cammi-no che Dio si aspetta dalla Chiesadel terzo millennio». Di fatto, queldiscorso ha dato un forte impulso acomprendere la sinodalità non comeuna parola di rango inferiore fra letante del vocabolario teologico macome una parola maggiore che hadiritto di stare fra quelle che qualifi-cano in modo essenziale la realtàdella Chiesa, del suo vivere dentro ilcerchio della sua realtà comunitaria,ma anche nella sua esistenza pasto-rale extra moenia, ossia nel suo esserepresente al mondo per far missione edilatare la tenda del Regno fin den-tro le più lontane e bisognose perife-rie umane.

La sinodalità opera dello Spiritonon va edulcorata

La sinodalità che lo Spirito sta su-scitando è profonda e ampia. Stiamoassistendo, di fatto, al riemergeredella verità sinodale che, come lastoria della Chiesa assicura, di fattonon è mai venuta meno, anche se hasubito dei nascondimenti e delleoblianze. Si potrebbe dire che essaha avuto una vita carsica, ma ora variemergendo e il fiume della sua sa-pienza ha preso a scorrere in superfi-cie, alla luce del sole. La sinodalità,intesa come il «camminare insieme»dell’intero popolo di Dio nella suavaria articolazione, va lasciata espri-mersi non soltanto in profondità,nelle sue numerose e solide ragioniidentitarie (e questo è il ruolo ineli-minabile della teologia), ma anchein ampiezza, nelle sue tante e nondel tutto ancora conosciute declina-zioni ecclesiali, aiutandola a manife-starsi come nuova mentalità ecclesia-le, come nuovo stile pastorale, comenuova sensibilità missionaria, comenuovo metodo ecumenico, comenuovo approccio al mondo al fine dicapirlo, di conoscerlo nelle sue vir-tualità buone e nei rischi che presen-ta per l’esistenza credente, per lesorti dell’umanità e del creato. Tuttociò che è stato ora detto viene primadella preoccupazione di come sidebba decidere nella Chiesa: a esem-pio di come — nell’ordine della con-venienza piena — debbano porsi de-cisioni in particolari ambiti della vitaecclesiale e di quali soggetti possanoessere responsabilizzati. Questi sonoesiti buoni di una riscoperta sinoda-lità, ma questa, tuttavia, è molto dipiù: essa vuole esprimersi in tutte ledimensioni della vita della Chiesa edell’opera della Chiesa, tenendosempre viva la percezione di fedeche esse sono espressioni della Chie-sa che è anzitutto mistero (cfr. Lu-men gentium, capitolo 1).

La sinodalità è il tutto superiorealle sue parti

La sinodalità si presenta tanto unarealtà complessa nelle motivazioni,nelle finalità, nei criteri, nelle moda-lità realizzative, da evocare le tantedimensioni della Chiesa che il conci-lio Vaticano II chiama «realtà com-plessa» (Lumen gentium, 8), la qualeè tale, insegna ancora il Vaticano II,a motivo della sua natura sacramen-tale (cfr. ibidem, 1). Fortunatamente,l’idea che oggi va imponendosi nelsentire più pensoso dei pastori e nel-la riflessione teologica è quella diuna sinodalità integrale che disegnala forma della Chiesa e si pone comefermento e parola matriciale del suopensare, ideare, decidere, realizzare everificare. In concreto — nell’idea difondo che si coglie nel titolo dato daPapa Francesco al prossimo Sinodogenerale dei vescovi — la complessitàdella Chiesa sinodale, fra l’altro, ri-sulta indicata da tre parole sorelle:comunione, partecipazione e missio-ne. La sinodalità che, come PapaFrancesco chiede, va declinata sulritmo di quelle tre parole, imponeper l’aderenza alla sua natura teolo-gica di ricordare che esse non laesprimono allo stesso modo: “comu-nione” e “missione” lo fanno a un li-vello più teologico. Collegate in mo-do forte e prolungato al magistero disan Giovanni Paolo II, esse alludonoa gran parte della realtà sinodale alivello della sua natura, che è fonda-mentalmente misterica. La “parteci-pazione”, in modo più appropriato,attiene alla specificazione operativadella sinodalità e mostra la sua im-

portanza nel renderla storicamenteconcreta. Grave sarebbe una falsifi-cazione della sinodalità che si dareb-be se la si pensasse solo o anzituttocome un’organizzazione attenta alcoordinarsi, al consigliarsi da partedei membri della comunità ecclesia-le, al fine di realizzare nel modo piùefficace l’opera di pastorale e di mis-sione che insieme hanno deciso.

La sinodalitàsa di Mistero

Suscitato dallo Spirito, artista eregista della vita della Chiesa, ilprossimo Sinodo sulla sinodalitàdella Chiesa arriva come un provvi-denziale k a i ró s , un vero “segno deitempi” che, oltre a fondare teologi-camente la sinodalità (cosa fonda-mentale e da non trascurare in alcunmodo), saprà previamente indicarele ragioni e le vie per evitare che es-sa diventi un seme malpiantato, de-stinato a non portare buoni frutti.Questo accadrebbe, come di fatto siconstata in certe idee che circolanosulla sinodalità, se si tentasse di ri-durla alla sua fenomenologia, al suoaspetto visibile, udibile e per così di-re tattile, ossia a una metodologiaoperativa, a una formula comunicati-va, a una pedagogia e a una didatti-ca della buona relazione, cose in-dubbiamente apprezzabili e utili insé e per la vita della Chiesa ma al disotto della pregnanza di sensi che lasinodalità possiede. La sinodalità sadi mistero, perché i suoi fili forti so-no: il mistero trinitario, il misterodella Chiesa, il mistero della comu-nione, il mistero della condivisionefraterna, il mistero della missione.La verità è che le radici della sinoda-lità affondano nella Parola di Dio,nella personalità misterica dellaChiesa e dei cristiani che la realizza-no credendo, sperando, amando enutrendosi con i pani della Parola edell’eucaristia. Inoltre, è di certofondamentale ricordare che la sino-dalità ha una finalità storica che sirealizza dentro la storia della Chiesae in faccia al mondo, senza però di-menticare neppure per un poco cheessa ha una finalità ultrastorica edescatologica che segna la soglia ulti-ma del cammino sinodale non sullapiana del tempo umano, ma nell’altodel Cielo, nel «Nord di Dio» (HansUrs von Balthasar).

La sinodalitàè più dello “stile sinodale”

Spesso capita di sentire e di legge-re “stile sinodale” come espressioneequivalente di sinodalità. In terminimolto secchi bisogna dire che questoè sbagliato e impoverente la realtàsinodale: lo “stile sinodale” è, percosì dire, la parte bella ed elegantedella sinodalità (questa è ancheesperienza faticosa); la sinodalitàviene prima e va oltre lo “stile”, cheè un gran tema riguardante la sino-dalità, ma, benché sia oggi usato perdire la forma della vita cristiana edell’intero cristianesimo (cfr. Chri-stoph Theobald), esso non esauriscela realtà sinodale. Prezioso e vitale èlo “stile sinodale” se si congiunge adaltro: «Due temi possono mettere al-la prova oggi lo Spirito e la sposa:lo stile sinodale e l’evento sinodale.Sono due capitoli che rivelano se lacura animarum sfugge al duplice pe-ricolo dell’idealismo spiritualista edel pragmatismo organizzativo. LaChiesa è più di un ideale o di un’or-ganizzazione: è mistero e storia, è li-bertà e legame, è carisma e istituzio-ne, è anima e corpo. Nessuno puòpretendere di sequestrare da solouna dimensione» (Franco GiulioBrambilla, Liber pastoralis, Querinia-na, Brescia, 2017, pagine 26-27). Ri-torna l’evidenza che la sinodalitànon ha un carattere d’aggiunta su-perflua o non necessaria alla realtàdella Chiesa: essa non è un mantellolussuoso sulle spalle della Chiesasposa o un vestito che avvolge il suocorpo. La sinodalità fa parte del suocorpo, vive del suo sangue, oltre chedel suo spirito: ne condivide la com-plessità. Ricordiamo la nota espres-sione di Lumen gentium, 8: la Chiesaè «una realtà complessa, unam reali-tatem complexam». Insomma, per es-sere così la Chiesa dev’essere stile si-nodale ed evento sinodale. Non puòessere l’uno senza l’altro. Va condivi-sa l’insistenza di Brambilla: «Se fos-se solo stile senza evento, lo Spiritonon prenderebbe corpo nella Chiesa.Se fosse solo evento senza uno stile,la Chiesa sarebbe un’o rg a n i z z a z i o n esociale senza Spirito. Per questo loSpirito e la sposa dicono ogni gior-no al Signore: “Vi e n i ! ”. Solo se ilRisorto viene, la Chiesa diviene lasposa del suo Signore. Solo se loSpirito prega nel cuore della Chiesa,la sposa diventa una sola carne col

suo Signore nella libertà dell’a m o re .Pertanto, lo Spirito e la sposa invo-cano ancor oggi: “Vi e n i ! ”» (ibidem).Dovesse mancare questo contestoteologico, la sinodalità diventerebbeuna pretesa vana perché smarrirebbeil legame con la Chiesa-mistero (cfr.Lumen gentium, capitolo 1). Allora lasinodalità si ridurrebbe a essere unaprogettazione pastorale senz’anima,una metodologia psicologico-didatti-ca, tutte cose che, da sole, non dico-no chi sia la Chiesa: questa se ci so-no concrete comunità di credenti in-teressate a diffondere il Vangelo diGesù (cfr. Joseph Komonchak, Sia-mo la Chiesa?, Qiqajon, Magnano,2013).

Il Sinodo del 2022grande opportunità di grazia

È cosa palese e innegabile che Pa-pa Francesco, nei sette anni del suopontificato, abbia cercato di portarela Chiesa per cammini sinodali, unascelta da lui maturata nel solco dellatradizione, in continuità geniale conil concilio (che mai parla di sinodali-tà) e con l’esperienza dei sinodi dalui promossa: quello straordinariodel 2014, quello ordinario del 2015sulla famiglia, quelli speciali dei gio-vani del 2018 e sull’Amazzonia. Du-rante la preparazione e la celebrazio-ne di questi sinodi si è andata preci-

sando una faticosa ma importanteprassi sinodale che ha permesso nonsolo di recuperare il senso di comu-nione e di partecipazione, ma anchedi comprendere tale dimensione co-stitutiva della Chiesa e la sua voca-zione a porsi “in uscita”, ossia inmissione, per raggiungere il mondocon la fiaccola del Vangelo e dellatestimonianza. Fra tante difficoltà,d’ogni genere, oggi si sente nellaChiesa un fiato di speranza ed èproprio l’aria sinodale che in essa loSpirito soffia. Il prossimo Sinodo siannuncia, perciò, come un vero kai-ró s . Anzitutto si intuisce realistica-mente che la sinodalità sarà la cifraecclesiologica che dominerà non abreve ma per decenni e ancora dipiù nell’aula ecclesiale e nell’agoràdel mondo. È da augurarsi che lostesso destino felice che ha avutol’idea di collegialità episcopale dopoil concilio, si dia, in questo secondopost-concilio, per la sinodalità batte-simale, che è lo spazio dentro cuil’idea della “collegialità” deve collo-carsi e radicarsi con chiara convin-zione teologica. Alla luce di tuttoquesto, il prossimo Sinodo ci inse-gnerà come la sinodalità vada com-presa quale complessa espressionedella comunione ecclesiale, comegiustificazione della partecipazionedi tutti alla vita di Chiesa, comeispirazione e traccia di missione.

Donne e sinodalità

Verso una meta comune

no qui brevemente delineate sivuole ora volgere lo sguardo aquelle che contrassegnano l’agi-re delle donne, pur senza ad-dentrarsi, in questa sede, sul di-battito che si chiede se esse sia-no per natura, o se, invece, sia-no un portato della realtà socio-culturale che plasma i compor-tamenti.

Si può sicuramente rilevareche tale agire si rivela comespiccatamente relazionale, voltoa tessere trame di rapporti in-clusivi e allargati, capaci di rag-giungere e coinvolgere semprenuovi soggetti, al di là di rigidiconfini precostituiti, e a questoproposito si può citare comeparadigmatico l’impegno delledonne nel dialogo ecumenico ei n t e r re l i g i o s o .

D’altra parte, tornando anco-ra a Evangelii gaudium (nn. 222-225), la principale preoccupa-zione delle donne, quando nonvogliono imitare modelli ma-schili, non è quella di occuparespazi, circoscrivendo rigorosa-mente il proprio ambito di azio-ne, quanto, piuttosto, quella diun progressivo allargamento delraggio degli interventi, con mo-dalità inedite e creative. Tradi-zionalmente nella Chiesa, comedel resto nell’intera società, le

di GIORGIA SA L AT I E L L O

Sinodalità è un concetto oggi centrale nellariflessione ecclesiale e lo sforzo è quello diazioni appropriate per la sua traduzione in

una prassi dinamica sempre più consapevole emirata, a tutti i livelli della vita della comunitàche è e deve essere in continuo movimento, sen-za mai avere la tentazione di accontentarsi deiluoghi già occupati: «Il tempo ordina gli spazi,li illumina e li trasforma in anelli di una catenain costante crescita, senza retromarce» (Evangeliigaudium, 223).

A proposito di sinodalità si parla spesso di uncamminare che è caratterizzato da due aspetti in-scindibili, quello dell’essere insieme, senza esclu-sioni e paure, e quello del tendere a una meta co-mune e condivisa che guida e attira tutti a sé.

La sinodalità, inoltre, non è solo il camminareinsieme dei membri della Chiesa, ma è una co-stante tensione all’apertura oltre i confini dellaChiesa stessa, per andare incontro a tutte le per-sone di buona volontà, credenti di altre religionie non credenti, per affrontare insieme un tratto distrada, che si spera diventi il più lungo possibile.

Dalle caratteristiche della sinodalità che si so-

donne si sono ritrovate in una collocazione “aim a rg i n i ”, frutto di secolari discriminazioni e sva-lutazioni, e questo, nonostante le difficoltà e sof-ferenze, può oggi costituire una grande risorsanell’intraprendere un cammino di sinodalità, per-ché, con la consapevolezza di questa posizione,le donne possono contribuire a un continuo spo-stamento dei margini stessi, allargando gli oriz-zonti fino a comprendere soggetti che prima era-no posti “fuori”.

Il pieno inserimento delle donne nel camminodella sinodalità, inoltre, consente di gettareun’ulteriore luce sulla distinzione, già da piùparti ricordata, tra sinodalità e collegialità, evi-denziandone la differente portata.

La collegialità, ampiamente sottolineata dalconcilio Vaticano II, come dice lo stesso nome,riguarda, infatti, il collegio episcopale nella suaunione con il Vescovo di Roma e rappresentauna forma privilegiata di raccordo tra i vescovidelle Chiese locali.

La sinodalità, invece, coinvolge l’intero popolodi Dio in virtù del sacerdozio battesimale comu-ne a tutti i fedeli e a essa ciascuno concorre conil proprio carisma che è uno dei doni che lo Spi-rito elargisce ai credenti per il bene dell’i n t e rocorpo ecclesiale (1 Corinzi, 12).

Si è detto che il cammino sinodale è il tendereinsieme verso una meta comune e il pieno inseri-mento delle donne può generare un arricchimen-to di enorme portata poiché la meta, che è sem-pre la medesima, è, però, in questo caso, vista dauna prospettiva differente, quella femminile ap-punto, capace di cogliere aspetti e sfumature chealtrimenti resterebbero in ombra.

È spesso rilevato che la sinodalità è, nella co-munità ecclesiale, il riflesso di quel dinamismod’amore che unisce distinguendo le tre Personedivine e tale riflesso è diverso nelle donne, nellequali esso si imprime con una luce peculiare,conforme al loro essere ugualmente persone, main modalità differenti.

Il prossimo sinodo dei Vescovi sarà incentratosulla sinodalità ecclesiale e già da ora le donnedovrebbero attrezzarsi per poter portare il pro-prio contributo specifico, con la speranza che laloro voce sia ascoltata e valorizzata, affinché laChiesa possa essere veramente inclusiva e, quin-di, sinodale.

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L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 19 aprile 2020 pagina 7

La Comece sui richiedenti asilo nelle isole greche

La dignità umananon è in quarantena

Allarme di religiosi e religiose in Italia per le scuole paritarie

Patto educativo e civico

Croce e resurrezioneI messaggi dei patriarchi Bartolomeo e Cirillo per la Pasqua ortodossa

Le celebrazioni in Eritrea

Devozione ancora più forte

IS TA N B U L , 18. «È difficile restareumani senza la speranza dell’eterni-tà. Questa speranza vive nel cuoredi tutti i medici, infermieri, volonta-ri, donatori e di tutti coloro che pre-stano assistenza generosamente aifratelli che soffrono con spirito disacrificio, abnegazione e amore. Nelmezzo di questa crisi indicibile, essiprofumano di resurrezione e speran-za. Sono i “buoni samaritani”, colo-ro che versano, a pericolo della lorovita, olio e vino sulle piaghe; sonogli attuali “c i re n e i ” sul Golgota dicoloro che giacciono nelle infermi-tà». È il passaggio più intenso delmessaggio che il patriarca di Co-stantinopoli, Bartolomeo, ha diffusoin occasione della Pasqua ortodossache si celebra domenica 19 aprile.Un discorso che non poteva non af-frontare il tema dell’emergenza pro-vocata dalla pandemia di coronavi-rus, la quale, si legge, «ha dimostra-to quanto fragile sia l’uomo, quantofacilmente lo domini la paura e ladisperazione, quanto impotenti si ri-velino le sue conoscenze e la sua fi-ducia di sé, quanto infondata sial’opinione che la morte costituiscaun evento alla fine della vita e chel’oblio o l’allontanamento della mor-te sia il suo giusto modo di affron-tarla».

La fede nella resurrezione di Cri-sto «e nella nostra propria co-resur-rezione» non nega la presenza dellamorte, del dolore e della croce nellavita del mondo. «Non respingiamoquesta dura realtà — prosegue il pa-triarca ecumenico — né assicuriamoper noi stessi, attraverso la fede, unacopertura psicologica davanti allamorte. Conosciamo tuttavia che la

vita presente non è tutta quanta lavita, perché qui siamo “di passag-gio”; che apparteniamo a Cristo eche camminiamo verso il suo Regnoeterno. La presenza del dolore e del-la morte, per quanto sia evidente,non costituisce la realtà ultima. Essaè l’annullamento definitivo dellamorte. Nel Regno di Dio non c’èdolore e morte, ma vita senza fine.“Prima della tua Croce venerabile”,cantiamo, “era tremenda la morte

per gli uomini; dopo la gloriosa pas-sione, tremendo è l’uomo per lamorte” (Doxastikon del vespero del27 settembre)».

È la fede in Cristo che dà forza,perseveranza e pazienza per tollerarele difficoltà: «Cristo è “colui cheguarisce da ogni male e che redimedalla morte”. È colui che ha soffertoper noi, colui che ha rivelato agliuomini che Dio è “sempre a nostrof a v o re ”, che alla Verità di Dio ap-partiene essenzialmente la sua filan-tropia. Questa desiderabile voce deldivino amore riecheggia nel “corag-gio, figliolo” di Cristo verso il para-litico e nel “coraggio, figlia” (Ma t -teo, 9, 2 e 22) verso la donna emor-roissa, nell’“abbiate fiducia, io hovinto il mondo” (Giovanni, 16, 33)prima della Passione e nel “corag-gio, Paolo” (At t i , 23, 11) verso l’ap o-stolo delle genti, in prigione e mi-nacciato di morte».

Anche il patriarca di Mosca, Ciril-lo, nel suo messaggio parla di que-sta Pasqua particolare, difficile, cheil mondo cristiano è stato costretto avivere, ma i fedeli sanno che non so-

no soli né abbandonati: «I fedeli fi-gli di Dio hanno un solo cuore euna sola anima (At t i , 4, 32); insiemesiamo il Corpo di Cristo e nientepotrà separarci dall’amore di Diomanifestato in Gesù Cristo nostroSignore (Romani, 8, 39). Ecco per-ché coloro che oggi non possono ve-nire a pregare in chiesa, per ragionioggettive, sanno che li ricordiamo,che preghiamo per loro. La fede dàla forza di vivere e, con l’aiuto diDio, di sopportare vari mali, provedifferenti, specialmente quelle che cicolpiscono oggi con la diffusione diun virus pericoloso». Il primate del-la Chiesa ortodossa russa invita«tutti a intensificare la preghiera af-finché il Signore ci dia, nonostantele difficoltà, la possibilità di parteci-pare alla grazia della vita liturgicadella Chiesa, affinché si compia ilsantissimo sacramento dell’Eucari-stia, affinché i fedeli possano avvici-narsi coraggiosamente alla vera fon-te della vita, dei santi misteri di Cri-sto, in modo che i malati possanoguarire e i sani siano protetti da tut-te le infezioni pericolose. Crediamoche il Salvatore risorto — sottolinea— non ci abbandonerà e ci invierà lafermezza e il coraggio per rimaneresaldi nella fede e continuare il no-stro cammino terreno verso la sal-vezza e la vita eterna».

A causa del covid-19, il mondo staattraversando «prove straordinarie»,le autorità hanno adottato stringentimisure precauzionali e in molti paesi«i servizi religiosi non vengono piùcelebrati in pubblico». Tuttavia,«noi cristiani ortodossi non dobbia-mo deprimerci o scoraggiarci» ma«siamo chiamati a mantenere la pa-ce interiore, a ricordare le parole delSalvatore, pronunciate alla vigiliadella sua Passione redentrice: “Nelmondo avete tribolazioni, ma abbia-te coraggio: io ho vinto il mondo”(Giovanni, 16, 33)». Il patriarca Ciril-lo invita, da veri credenti, a essereindulgenti l’uno verso l’altro, a pra-ticare, seguendo l’esempio del buonPastore, la carità e la pazienza, adaiutarsi a vicenda nelle prove: «Nes-suna restrizione esterna deve spezza-re la nostra unità e toglierci l’auten-tica libertà spirituale acquisita dallaconoscenza di nostro Signore e Sal-vatore Gesù Cristo».

La resurrezione di Cristo in un’icona russa del XIX secolo

Istituito al fine di contrastare la pandemia del covid-19

Un fondo di emergenzaper le Chiese orientali

BRUXELLES, 18. Gli Stati membridell’Unione europea devono «farprova di generosità accettando iltrasferimento dei richiedenti asilodalle isole greche, riducendo al mi-nimo il rischio di infezione da co-vid-19 e fornendo un adeguatotrattamento sanitario a coloro chesono già infetti»: è quanto chiedela Commissione degli episcopatidell’Unione europea (Comece),mentre centinaia di migranti anzia-ni e richiedenti asilo dovrebberoessere spostati dai campi ormaicongestionati sulle isole greche peril rischio di contagio da coronavi-rus, come è stato annunciato daAtene. Il ministero dell’immigra-zione ha precisato che l’op erazioneinizierà il 19 aprile e durerà circadue settimane. Sono 2380 «le per-sone vulnerabili» che saranno por-tate via dalle isole dell’Egeo in ap-partamenti, alberghi e altri campisulla terraferma. Tra questi ci sono200 richiedenti asilo con più disessant’anni che saranno accompa-gnati dalle loro famiglie.

«La pandemia ha un forte im-patto sulle società di tutto il mon-do, ma mostra il suo volto piùoscuro quando si tratta di popola-zioni vulnerabili, come è il casoper i rifugiati che vivono in centrie campi sovraffollati, con accessolimitato, o inesistente, a servizi sa-nitari adeguati», sottolinea la Co-mece in un comunicato.

«È necesario ricollocare i richie-denti asilo delle isole greche per-ché la situazione lì è particolar-mente drammatica: circa 20.000persone sono installate nel campoprofughi di Moria sull’isola di Le-sbo, le cui strutture sono progetta-

te per ospitare non più di 3000 ri-chiedenti asilo», sottolinea la com-missione.

«Alla luce delle conseguenze fa-tali che scaturirebbero da un’epide-mia di covid-19 in un campo pro-fughi», indica la Comece, numero-se organizzazioni internazionali,così come Caritas Europa, «hannoaccolto con favore il trasferimentodi dodici minorenni richiedenti asi-lo non accompagnati organizzatodall’Ue e dalle autorità greche dal-la Grecia al Lussemburgo e hannoanche richiesto la liberazione deibambini migranti restanti e delleloro famiglie, nonché di quella del-le persone detenute senza una mo-tivazione giuridica sufficiente».Anche la Germania trasferirà cin-quanta bambini nei prossimi gior-ni.

«A seguito della sospensione deldiritto di asilo in Grecia e delle li-mitazioni in altri paesi dell’Unioneeuropea, l’Agenzia per i diritti fon-damentali dell’Ue e il rappresen-tante speciale del Consiglio d’Eu-ropa per le migrazioni e i rifugiatihanno ricordato, tra l’altro, che lemisure adottate dagli Stati membriper gestire i rischi per la salutepubblica in caso di pandemia nonpossono impedire alle persone dichiedere l’asilo». La Comece con-clude la sua dichiarazione ricor-dando «l’importanza di rispettaregli obblighi legali internazionaliper i richiedenti asilo e le loro fa-miglie» e incoraggiando nuova-mente gli Stati membri dell’Unio-ne europea «a mostrare solidarietànei loro confronti, in particolare inquesto contesto di pandemia dac o ro n a v i ru s » .

di ENRICO CASALE

È una Pasqua per molti versiunica quella che si celebra do-menica 19 in Eritrea. Come

tutte le Chiese di rito orientale, an-che questa piccola comunità (210 mi-la fedeli su una popolazione di seimilioni di abitanti) ha celebrato iltriduo pasquale secondo l’antico ca-lendario giuliano e quindi una setti-mana dopo la Chiesa cattolica di ri-to latino. «Quest’anno è una festacompletamente diversa — spiega ab-ba Mussie Zerai, sacerdote dell’epar-chia di Asmara — perché l’epidemiadi covid-19 ha stravolto tutte le no-stre tradizioni. Tradizioni che affon-

dano le radici nella millenaria storiacristiana del nostro paese e della vi-cina Etiopia», paese culturalmente ereligiosamente molto legato all’Eri-trea. In tutta la nazione, le funzionireligiose, sia quelle cristiane (cattoli-che e ortodosse) sia quelle islamiche— i musulmani rappresentano circala metà della popolazione — sonostate sospese. Non è quindi possibilecelebrare le messe in pubblico perevitare il contatto e l’eventuale con-tagio.

«Nelle città principali, Asmara,Massaua, Keren, Assab — osserva ilsacerdote — le celebrazioni vengonofatte senza fedeli. Ma le singolechiese si sono organizzate. Operatori

specializzati riprenderanno e tra-smetteranno, attraverso le piattafor-me social, ogni fase del rito». Saràpiù problematico per i villaggi sparsinell’ex colonia italiana dove la reteinternet non arriva. «Nelle campa-gne — prosegue abba Mussie — i sa-cerdoti, coadiuvati dai diaconi, cele-breranno nelle chiese da soli e con leporte aperte. I fedeli seguirannoall’aperto, mantenendo le distanze disicurezza per evitare il contagio. So-no misure eccezionali che la nostraChiesa è stata costretta a prendereper rispettare le direttive statali».

Anche nella tradizione orientale,la Pasqua è considerata la festa cen-trale dell’anno pastorale. «È un mo-

mento di fede molto importante»,continua abba Mussie. «Nel senti-mento comune è più importante del-la festività natalizia. Nella nostra tra-dizione la celebrazione del giorno diPasqua inizia il sabato pomeriggioverso le 15 con preghiere e canti. Lamessa vera e propria inizia a mezza-notte e, attraverso canti, letture epreghiere, dura cinque ore, fino almattino. Il triduo è vissuto con unadevozione e un trasporto unici e atratti commoventi». La fede dà forzaa uomini e donne che vivono ingrande povertà e che vedono i pro-pri figli e figlie lasciare il paese percercare fortuna all’estero. «Quasiogni famiglia eritrea — concludeMussie Zerai — ha un parente che halasciato il Paese. I ragazzi e le ragaz-ze si sobbarcano lunghissimi viaggiattraverso il deserto e nel mare Me-diterraneo per raggiungere l’E u ro p a .Molti di loro, non si sa esattamentequanti, sono detenuti nei campi didetenzione in Libia, dove vivono incondizioni difficili. Molte mamme emolti papà pregheranno per loro.Anche se chiusi in casa. Anche selontani dalle loro chiese».ROMA, 18. «Come Superiori maggiori, siamo consape-

voli che, senza un intervento serio dello stato, il 30 percento delle scuole pubbliche paritarie sarà destinato achiudere entro settembre, se non si dichiarerà bancarot-ta già entro maggio, almeno per alcune». È il gridod’allarme della Conferenza italiana superiori maggiori(Cism) e dell’Unione superiore maggiori d’Italia(Usmi) in relazione all’arresto di ogni attività lavorativaa causa della pandemia di coronavirus.

Nel comunicato, dopo aver ringraziato la Conferenzaepiscopale italiana (Cei) per l’appello lanciato dal sot-tosegretario dell’organismo, don Ivan Maffeis, i religio-si sottolineano le gravi difficoltà incontrate nell’e ro g a reun servizio pubblico senza sufficienti risorse economi-che per stipendiare i dipendenti. Pur pagando tutte leutenze, non arrivano rette sufficienti per far fronte allespese di gestione con inevitabile aumento del debito.Una situazione insostenibile, si aggiunge, per un«comparto produttivo fondamentale per la vita delPaese», formato da quasi 900.000 studenti, 180.000 tra

docenti e operatori scolastici e 12.000 sedi scolastichedistribuite su tutto il territorio nazionale.

Dopo aver espresso apprezzamento «per l’interventodei parlamentari che, in maniera trasversale, hanno fat-to sentire la loro voce, presentando una interpellanza alGoverno», il testo prosegue rilevando come sia necessa-rio un gesto «di coraggio e di giustizia sociale» che Ci-sm e Usmi individuano nel compimento di tre puntifondamentali: «aiutare la famiglia a scegliere la scuolain tempi di covid-19; dare un futuro alla nazione, sal-vando oggi la scuola e il pluralismo educativo; evitareil dramma di un costo aggiuntivo, pari a 2,8 miliardi dieuro, che peserà sui cittadini già fiaccati a fronte dellaperdita di questo comparto». Per questo occorre istitui-re un fondo straordinario, «unica misura realmente effi-cace», o «garantire la detraibilità del cento per centodelle rette sostenute dalle famiglie». In cambio l’imp e-gno è quello di offrire allo stato la possibilità di «uti-lizzare, previo accordo, parte degli edifici degli istitutidelle scuole pubbliche paritarie, in una sorta di «pattoeducativo e civico».

«Nei giorni in cui molti fratelli esorelle delle Chiese in oriente cele-brano il Triduo santo della passio-ne, morte e resurrezione del Signo-re e alla vigilia della festa della Di-vina misericordia, la Congregazioneper le Chiese Orientali, accogliendol’invito del Santo Padre di non la-sciare soli i sofferenti, e tra questi ipiù poveri nell’affrontare l’e m e rg e n -za mondiale causata dalla pandemiacovid-19, ha istituito il Fondo emer-genza Cec (Congregation for theEastern Churches)». Lo ha reso no-to il dicastero vaticano attraversoun comunicato diffuso oggi, sabato18 aprile, in cui si evidenzia come«grazie all’attiva collaborazione diCnewa (Catholic Near East WelfareAssociation) - Pmp (Pontifical Mis-sion for Palestine), sia nelle sedicentrali a New York e in Canada,come pure nei loro uffici locali, econ il costante collegamento con lealtre agenzie che compongono laRoaco (Riunione Opere AiutoChiese Orientali) si potrà garantireil sostegno ad alcuni interventi, at-tingendo anche alla colletta di Ter-ra Santa — quest’anno spostata adomenica 13 settembre — che nor-malmente garantisce i sussidi allavita delle Chiese in oriente».

«Di ogni intervento — spiega ilcomunicato — saranno informati ilDicastero per la promozione dellosviluppo umano integrale e la se-greteria generale di Caritas Interna-tionalis». Nel concreto, «grazie aisuggerimenti delle nunziature apo-

stoliche», la Congregazione per leChiese orientali ha deciso da subitodi garantire la donazione, a nomedel Santo Padre, per la Siria di die-ci ventilatori polmonari, in collabo-razione con Avsi, da suddividerenelle tre strutture per le quali conti-nua il progetto “Ospedali aperti”; eper la Terra Santa di tre ventilatoripolmonari per l’ospedale San Giu-seppe di Gerusalemme, oltre all’ac-quisto e alla fornitura di kit diagno-stici per Gaza e un contributostraordinario alle attività dell’O spe-dale Holy Family a Betlemme.

«Le segnalazioni provenienti daaltri territori — assicura il dicasteroorientale — sono allo studio. Nono-stante l’incertezza economica, saràgarantito l’aiuto che annualmente laCongregazione destina alle scuole ealle università cattoliche, oltre aiprogrammi di accompagnamentoper il dramma degli sfollati di Siriae Iraq e i rifugiati in Libano eGiordania anche in collaborazionecon le agenzie cattoliche che fannoparte della Roaco».

«Da parte di tutti, continui l’im-pegno della preghiera a Dio Padreperché ci liberi dai mali che afflig-gono l’umanità, insieme ai gesti difattiva solidarietà e carità fraterna»,conclude con un appello la Congre-gazione, segnalando che per ulte-riori aggiornamenti e per le modali-tà di contributo al Fondo emergen-za Cec è possibile scrivere a roa-c o @ o r i e n t c h u rc h .v a

†La Segreteria di Stato comunica che è de-ceduta la

Signora

TERESA NA S I O R O W S KAmadre di Mons. Sławomir Nasiorowski,Officiale della Segreteria di Stato.

I Superiori e i Colleghi partecipano aldolore di Mons. Nasiorowski e dei suoiFamiliari, assicurando la vicinanzanell’amicizia e nella preghiera per la caradefunta, che affidano al Signore risorto.

Personale medico in un ospedale di Damasco (Afp)

Page 8: Accanto alle persone con disabilità internazionale …postato sull’account @Pontifex. «È un dono dello Spirito Santo» è stata la risposta, con la spiegazione che «la franchezza,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 domenica 19 aprile 2020

A Santa Marta il Papa prega per le donne e gli uomini più fragili colpiti dal coronavirus e per gli operatori sanitari che li assistono

Accanto alle persone con disabilità

Li amò sino alla fine

Il grazie di Matteoe di mammaSabineCaro Papa Francesco,sono Sabine, mamma di Matteo,14 anni, nato con unamalformazione cerebrale. Nondimentico il nostro incontro,preceduto da una lettera: nericordavi ogni parola e il nome diogni singolo ragazzo disabile acui stavi stringendo la mano.L’avevi letta e ne avevi coltodettagli di amore. Ci “r i t ro v i a m o ”un anno dopo, nel pieno di unapandemia che mai avremmoimmaginato e come sempre — hoascoltato le tue parole stamaninella messa a Santa Marta — cidimostri il tuo amore e la tuavicinanza verso la disabilità e chisoffre. Come genitori di unragazzo disabile ci ritroviamo quia Bolzano a vivere un’e m e rg e n z anell’emergenza, ma siamo ancheabituati a situazioni estreme ecerchiamo di non scoraggiarci.Matteo percepisce che c’è “unp ro b l e m a ”, ma non è in grado dicomprendere che vuol dire covid-19. Dietro il suo sorriso ci sonocomunque forti paure. «Vero chetorni?» sussurra ogni volta chemio marito e io lo salutiamo perandare a lavorare. Questa è la suareale preoccupazione. Scruta leemozioni nelle nostre espressioniin cerca di rassicurazione. Quellastessa che ci doni tu, PapaFrancesco. Quel messaggio disperanza con cui ci incoraggi,ora più che mai.Matteo, pur con la sua gravedisabilità, ha compresoperfettamente i rischi dellapandemia, ma il sorriso ècomunque sempre sul suo volto:è troppo abituato a una vita disofferenza per potersi permettereil lusso di deprimersi. Ma i sorrisidi noi genitori nascondono inveceuna profonda malinconia. Ora luiè sotto sedazione di farmaci epresto svanirà l’effetto. Siamoterrorizzati dall’ombra del passatoe dal dolore che gradualmentesta tornando.Papa Francesco, il covid-19 ci statogliendo una cosa essenziale:l’attenzione dei dottori. Pensoquindi ai medici sotto pressione,all’impossibilità che abbiamo diavere le loro cure e ci mancanoda morire. Ti ringrazio per lapreghiera che hai fatto stamaniper gli operatori sanitari.Penso anche all’inclusione diMatteo: ho dedicato tutta la vitae creare occasioni di “contatto”,ora impossibile, con i suoicoetanei. E penso allascolarizzazione, a tutti i traguardifaticosamente raggiunti e che sistanno, giorno dopo giorno,vanificando. Dobbiamo pensarealla riorganizzazione di un futuromigliore. Perché, nonostantetutto, dobbiamo instancabilmentetrovare energie per trasmetterefiducia, per far sì che nessunfiglio debba sentire l’esigenza dichiedere a un padre e una madre“se torna”. Ogni ragazzo ha ildiritto di continuare sorridere egioire, perché c’è sempre unmotivo per cui essere felici. Equesto, Papa Francesco, tu ce loricordi sempre.Non possiamo cambiare glieventi, ma possiamo deciderecome viverli e ti ringrazio, caroPapa Francesco, per i messaggi disperanza che ci doni invitando anon alimentare odio, a pregareper chi soffre, a essere propositiviper un futuro migliore. Sonoconvinta che “s e re n i t à ” e“fiducia” sono il regalo piùgrande che i genitori possonodonare ai figli.Grazie, con affetto,

Sabine, la mamma di Matteo.

A colloquio con il rettore della chiesa di Santo Spirito in Sassia

La misericordia serbatoio di futuro

È per le persone con disabilità colpi-te dal coronavirus e per i medici egli infermieri che le assistono, insie-me ai familiari, che il Papa ha offer-to la messa celebrata sabato mattina,18 aprile, nella cappella di Casa San-ta Marta. «Ieri ho ricevuto una lette-ra di una suora che lavora come tra-duttrice nella lingua dei segni per isordomuti» ha confidato, a braccio,all’inizio della celebrazione. La reli-giosa, ha spiegato Francesco, gli haraccontato «il lavoro tanto difficileche hanno gli operatori sanitari, gliinfermieri, i medici con i malati disa-bili che hanno preso il covid-19. Pre-ghiamo per loro che sono sempre alservizio di queste persone con diver-se abilità, ma non hanno le abilitàche abbiamo noi».

E ci saranno proprio le personecon disabilità spiritualmente in pri-ma fila accanto al vescovo di Romaper accompagnarlo con la preghieranel breve ma intenso pellegrinaggioche compie domenica mattina, alle11, nel giorno della festa della DivinaMisericordia, per celebrare la messaproprio nella chiesa di Santo Spiritoin Sassia, punto di riferimento per ladevozione legata alla testimonianza

di santità di suor Faustyna Kowal-ska. È stato il Pontefice stesso a ri-cordare — dopo la benedizione con-clusiva — questo appuntamento e farpresente che da lunedì 20 aprile ri-prenderà la celebrazione dell’Eucari-stia alle 7 nella cappella di CasaSanta Marta.

Con il versetto 43 del salmo 105 —«Il Signore ha liberato il suo popoloe gli ha dato esultanza; ha colmatodi gioia i suoi eletti. Alleluia» — let-to come antifona d’ingresso, il Pon-tefice ha rilanciato la sua preghieraall’inizio della messa. E per la medi-tazione ha preso le mosse dal passodegli Atti degli apostoli (4, 13-21)proposto dalla liturgia: «“I capi, glianziani e gli scribi, vedendo” questiuomini e “la franchezza” con la qua-le parlavano, e sapendo che era gen-te “senza istruzione”, forse non sape-vano scrivere, “rimanevano stupiti”».Insomma, ha fatto presente il Papa,«non capivano: è una cosa che nonpossiamo capire come questa gentesia così coraggiosa, abbia questafranchezza» (cfr. At 4, 13)

E «franchezza», ha chiarito ilPontefice, «è una parola molto im-portante, che diviene lo stile proprio

dei predicatori cristiani, anche nel li-bro degli Atti degli apostoli». Fran-chezza significa «coraggio, dire chia-ramente» e «viene dalla radice greca“dire tutto”». Oggi, ha aggiunto,«anche noi usiamo tante volte que-sta parola, proprio la parola greca,per indicare questo: p a r re s ì a , fran-chezza, coraggio».

Gli Atti degli apostoli raccontanoche i capi, gli anziani e gli scribi«vedevano questa franchezza, questocoraggio, questa p a r re s ì a » nei disce-poli di Gesù «e non capivano». Era-no stupiti da quella «franchezza»,colpiti dal «coraggio» e dalla «fran-chezza con i quali i primi apostolipredicavano». E il libro in questione«è pieno di questo» atteggiamentofranco e coraggioso, ha affermato ilPapa: ad esempio «Paolo e Barnabacercavano di spiegare agli ebrei confranchezza il mistero di Gesù e pre-dicavano il Vangelo con franchezza»(cfr. At 13, 46). Ma — ha confidatoFrancesco — «c’è un versetto che ame piace tanto nella lettera agliEbrei (cfr. 10, 32-35), quando l’a u t o resi accorge che c’è qualcosa nella co-munità che sta andando giù, che siperde quella cosa, che c’è un certotepore, che questi cristiani stanno di-ventando tiepidi». Ecco il passo in-dicato dal Pontefice: «Richiamati aiprimi giorni, avete sostenuto unalotta grande e dura: non gettate viaadesso la vostra franchezza».

Le parole dell’autore della Letteraagli Ebrei sono un invito diretto:«Riprenditi». Sono un appello a «ri-prendere la franchezza, il coraggiocristiano di andare avanti». Con laconsapevolezza che «non si può es-sere cristiani senza che venga questafranchezza: se non viene, non sei unbuon cristiano. Se non hai il corag-gio, se per spiegare la tua posizionetu scivoli sulle ideologie o sulle spie-gazioni casistiche, ti manca quellafranchezza, ti manca quello stile cri-stiano, la libertà di parlare, di diretutto». In una parola, manca «il co-raggio».

Rilanciando i contenuti del branodegli Atti degli apostoli, il Papa hafatto notare «che i capi, gli anziani egli scribi sono vittime di questa fran-chezza perché li mette all’angolo:non sanno cosa fare». Si legge nelbrano citato: «Rendendosi conto cheerano persone semplici e senza istru-zione, rimanevano stupiti e li ricono-scevano come quelli che erano staticon Gesù. Vedendo poi in piedi, vi-cino a loro, l’uomo che era statoguarito, non sapevano che cosa re-plicare» (cfr. At 4, 13-14). In sostan-za, «invece di accettare la verità co-me si vedeva, avevano il cuore tanto

chiuso che hanno cercato la via delladiplomazia, la via del compromes-so», quasi a dire: «Spaventiamoli unp o’, diciamo loro che saranno punitie vediamo se così tacciono» (cfr. At4, 16-17).

«Davvero — ha detto Francesco —sono messi all’angolo proprio dallafranchezza: non sapevano comeuscirne». Perché «a loro non venivain mente di dire: “ma non sarà veroquesto?”». Il problema era che «ilcuore già era chiuso, era duro». Dipiù, «il cuore era corrotto». E pro-prio «questo — ha fatto presente ilPontefice — è uno dei drammi: laforza dello Spirito Santo che si ma-nifesta in questa franchezza dellapredicazione, in questa pazzia dellapredicazione, non può entrare neicuori corrotti». E perciò occorre sta-re «attenti: peccatori sì, corrottimai». Attenti a «non arrivare a que-sta corruzione che ha tanti modi dimanifestarsi».

Riprendendo il filo del raccontodegli Atti, Francesco ha fatto notareche quando capi, anziani e scribi«erano all’angolo e non sapevanocosa dire», puntano «alla fine» atrovare «un compromesso», minac-ciando e spaventando i discepoli, ri-chiamandoli e ordinando loro di«non parlare in alcun momento nédi insegnare nel nome di Gesù». Insostanza «facciamo la pace: voi an-date in pace, ma non parlate nel no-me di Gesù, non insegnate» (cfr. At4, 18).

La risposta di Pietro e Giovanninon è però quella che si aspettava-no. Eppure, ha detto il Papa, «Pie-

di VERONICA DO N AT E L L O *

Con la preghiera il Santo Pa-dre ha “sostenuto” comeMosè sul Monte chi in bas-

so lotta una battaglia. Nella messada Casa Santa Marta del 18 aprilesono stati ricordati medici e infer-mieri che operano presso le struttu-re residenziali per persone disabilispesso gravi e gravissimi. Il donoper questi samaritani è il sorrisodegli “scartati”: è un dono di Dio“mediato” da una relazione che ri-corda quanto la vita sia preziosa enon un peso anche in questo tem-po di covid-19. Anche quando c’èfatica fisica il cuore ama, come ungenitore ama i propri figli. Tra gliospedali e le famiglie, tuttavia, esi-ste un “sistema parallelo”, una sor-ta di terza gamba che quotidiana-mente e da secoli si prende curadelle persone fragili, il cui stato dicronicità non prevede la presa incarico da parte degli ospedali.

Nelle Residenze sanitarie e neiCentri diurni vivono quotidiana-mente migliaia di persone. Che co-sa sarebbe della loro vita e delle lo-ro famiglie senza questa compo-nente di solidarietà operosa e tena-ce nell’offerta di sostegni? Natural-mente anche in questi luoghi, piùnascosti e discreti, il coronavirus haagito con la sua spietatezza, sia trai residenti, in qualche caso già in-vecchiati e fragili, sia tra gli opera-tori, provocando contagi, positivitàe decessi. Non basta snocciolarenumeri: è questo il tempo di rac-contare storie, che narrano non laparola digitale del contagio o dellaguarigione, ma la parola analogicadegli incontri e dei gesti che salva-no. È infatti straordinario quantosta avvenendo in questi giorni, an-che se non trova grande spazio neimedia. Ci sono operatori — medicie infermieri, sacerdoti, religiose elaici — che rischiando la loro vitasostengono le persone, utilizzandoal contempo le tecnologie per man-tenere vivo il rapporto tra i resi-denti e le famiglie, generando mo-menti toccanti di reciprocità, diascolto e di preghiera.

Alcune persone con disabilitàche vivono in queste strutture han-no convertito le loro attività occu-pazionali in laboratori per la pro-duzione di mascherine, sopperendoalle necessità dei loro operatori enon solo, diventando, per così dire,da “assistiti” a “p ro t e t t o r i ”. Ci sonocentinaia di operatori dei Centridiurni che quotidianamente, persostenere le famiglie che hanno di-mostrato grande forza e capacità diadattamento e iniziativa, le rag-giungono a casa, o in modalità do-miciliare o più spesso in remotocon il sostegno delle tecnologie,con la creatività di attività che sol-levano le famiglie e mantengonoattive le persone con disabilità,pregando assieme, cantando, facen-do attività ludiche e motorie o al-tro ancora, perché la solitudine fapaura.

Ci sono centri per persone condisabilità dove l’attività agricola siè evoluta nella possibilità di conse-gnare a domicilio generi di primanecessità alle famiglie vicine, con ilpermesso delle autorità locali.

Dai primi mesi di marzo sonostati realizzati moltissimi sussidi,testi, video in vari linguaggi perconsentire alle persone con disabi-lità di pregare in casa e di pregarecon gli altri. Un grande contributodi prossimità e di creatività messoa disposizione dalla Chiesa italianasul sito https://chiciseparera.chiesa-cattolica.it. L’antivirus è pregare in-sieme, senza confini!

Viviamo ancora in un tempo disofferenza, in cui sta emergendosempre più una grande crisi antro-pologica: ogni vita è vita sempre?La persona non è più al centro. Siè imposta per anni un’antrop ologiafunzionalista per la quale la dignitàdella vita è data dalla capacità fun-zionale. C’è tanto da lavorare...Abbiamo visto, grazie a chi si è fat-to carico delle “p eriferie”, che lepersone con disabilità non sono inrealtà dei cronici assistiti, ma unacomponente preziosa della societàdi oggi e di domani, in grado dicostruire “comunità di prossimità”assieme ai cosiddetti normali.

Questo tempo è un K a i ro s , unagrande scuola di Sapienza in cui cisi educa al “noi” (sono forse custo-de di mio fratello? Sì di ogni fra-tello): questa è la comunità! Ci sal-viamo insieme! È un tempo di ri-nascita e “re l a z i o n e ”. «Amare sinoalla fine» è una cosa grande, cheva oltre tutti noi. Come non pensa-re, in particolare, alle famiglie configli con disabilità e agli operatorinelle strutture residenziali?

«Amare sino alla fine» può sug-gerire anche una riflessione sulladimensione temporale, cioè fino al-la fine dei giorni, finché c’è una vi-ta. Dobbiamo servire le persone almeglio tutti i giorni, che questo siaun giorno di benessere o l’ultimogiorno della vita. Amare fino allafine della vita è un atteggiamentodi profondo rispetto per la vita.

«Amare sino alla fine» può an-che far riferimento al modo diamare, cioè servire l’altro fino infondo, con tutti i modi che abbia-mo, riconoscendo tutto l’uomo eprovando a dare tutti noi stessi perrispondere alla specificità dell’a l t roin ogni modo. «Amare sino alla fi-ne» in questi termini ci apre allostupore per l’altro, vedendolo oltrei suoi limiti e disabilità e scopren-doci, spesso inaspettatamente, ca-paci di armonizzare i nostri com-portamenti ai bisogni dell’a l t ro .

«Amare sino alla fine» può, infi-ne, far riferimento all’intensitàdell’amare: un atteggiamento chenon conta, non misura, non calcolama si preoccupa di volere il benedell’altro dando tutto ciò che sipossiede, amando in modo disinte-ressato e incommensurato. Serven-do l’altro solo per il desiderio didargli, sino alla fine, ciò che si ha.

Possiamo scegliere se essere co-me questi samaritani: “s t ru m e n t i ” afianco degli “scartati” e degli “invi-sibili”, amando sino alla fine ogniuomo o lamentandoci e ripiegan-doci, sognando l’isola che non c’è.

*Suora francescana alcantarinaresponsabile del servizio nazionaleper la pastolare delle persone condisabilità - Conferenza episcopaleitaliana

tro non era un coraggioso nato, èstato un codardo, ha rinnegato Ge-sù». Invece «cosa è successo ades-so?». Pietro e Giovanni rispondono:«Se sia giusto dinanzi a Dio obbedi-re a voi invece che a Dio, giudicate-lo voi. Noi non possiamo tacerequello che abbiamo visto e ascolta-to» (cfr. At 4, 19-20).

La questione proposta dal Ponte-fice è chiara: «Ma questo coraggioda dove viene a questo codardo cheha rinnegato il Signore? Cosa è suc-cesso nel cuore di quest’uomo?». Ela risposta di Francesco è altrettantochiara: «Il dono dello Spirito Santo:la franchezza, il coraggio, la p a r re s ì aè un dono, una grazia che dà lo Spi-rito Santo il giorno di Pentecoste».E «proprio dopo aver ricevuto loSpirito Santo sono andati a predica-re: un po’ coraggiosi, una cosa nuo-va per loro». Dunque, ha avvertito ilPapa, «questa è coerenza, il segnaledel cristiano, del vero cristiano: è co-raggioso, dice tutta la verità perchéè coerente».

E proprio «a questa coerenzachiama il Signore nell’invio», ha ri-lanciato il Pontefice, facendo riferi-mento al brano del Vangelo di Mar-co (16, 9-15) proposto dalla liturgia.«Dopo questa sintesi che fa Marconel Vangelo: “Risorto al mattino”(16,9) — una sintesi della risurrezio-ne», ha affermato Francesco, il Si-gnore «rimproverò» i discepoli «perla loro incredulità e durezza di cuo-re, perché non avevano creduto aquelli che lo avevano visto risorto»(v. 14).

Ma ecco che «con la forza delloSpirito Santo — è il saluto di Gesù:“Ricevete lo Spirito Santo” — disseloro: “Andate in tutto il mondo eproclamate il Vangelo a ogni creatu-ra”» (Mc 16, 15). Gesù esorta: «anda-te con coraggio, andate con fran-chezza, non abbiate paura». Ripren-dendo «il versetto della Lettera agliEbrei» (cfr. Eb 10, 35) Francesco hanuovamente invitato a non gettarevia la franchezza, a non gettare via«questo dono dello Spirito Santo».Perché «la missione nasce proprioda qui, da questo dono che ci fa co-raggiosi, franchi nell’annuncio dellaparola». Al termine della meditazio-ne, il Papa ha suggerito di pregareperché «il Signore ci aiuti sempre aessere così: coraggiosi». Questo«non vuol dire imprudenti» ma «co-raggiosi: il coraggio cristiano sempreè prudente, ma è coraggioso».

Successivamente, con la preghieradel cardinale Rafael Merry del Val,Francesco ha invitato «le personeche non possono fare la comunione»a fare «adesso» la comunione spiri-

tuale. Concludendo la celebrazionecon l’adorazione e la benedizioneeucaristica. Per poi affidare — ac-compagnato dal canto dell’antifonaRegina Caeli — la sua preghiera allaMadre di Dio, sostando davantiall’immagine mariana della cappelladi Santa Marta. E le intenzioni delvescovo di Roma sono state rilancia-te a mezzogiorno, nella basilica Vati-cana, dal cardinale arciprete AngeloComastri che ha guidato la recita delRegina Caeli e del rosario.

di NICOLA GORI

Ripartire dalla Divina misericor-dia per costruire il futuro delmondo dopo la pandemia. È

un messaggio forte quello che PapaFrancesco vuole lanciare domenica 19aprile, recandosi nella chiesa romanadi Santo Spirito in Sassia, a due passida piazza San Pietro, per celebrare lamessa nella festa istituita da GiovanniPaolo II nel 2000, in occasione dellacanonizzazione di suor Faustyna Ko-walska. Una reliquia della santa, do-nata dallo stesso Papa Wojtyła — chequi celebrò la messa il 23 aprile 1995 ebenedisse l’immagine di Cristo ispira-ta dalla religiosa polacca dopo unavisione mistica avuta nel 1931 — è cu-stodita e venerata in questo luogo sa-cro, diventato centro spirituale di irra-diazione della devozione al cuore mi-sericordioso di Gesù. A spiegarne a«L’Osservatore Romano» il significa-to e l’attualità, alla luce del drammache sta vivendo l’umanità, è monsi-gnor Jozef Bart, rettore della chiesache è anche Centro di spiritualità del-la Divina misericordia.

Che cosa rappresenta la visita di Fran-cesco in questo momento di emergenzasegnato dal coronavirus?

La visita di Papa Francesco è unevento atteso da tempo. Siamo gui-dati in questo momento della storiadella Chiesa da un Pontefice che in-centra il suo magistero sulla miseri-cordia. Il suo è un programma evan-gelico di misericordia. Ce lo ricordae ce lo ripete ogni giorno. Oggi stia-mo vivendo non solo il tempo dipandemia, ma anche quello della

“terza guerra mondiale a pezzi”. C’èdisordine e disorientamento un po’ovunque. Allora, la misericordia di-venta una medicina, un farmaco perrisanare il tessuto sociale ed ecclesia-le. La visita del Papa cade nel mo-mento in cui in molte parti del mon-do si deve affrontare l’emergenza perla pandemia da covid-19. Tantissimagente soffre per la malattia, per lamancanza di lavoro, per le difficoltàeconomiche, per la carenza di sicu-rezza. Ecco allora che la misericordiaassume il valore di un messaggio diconsolazione, di tenerezza, di corag-gio. Un messaggio di sollievo per lepersone che vivono in grande disa-gio. In questa chiesa il Papa lanceràun fortissimo messaggio di speranzache riflette il grido di Giovanni Pao-lo II, il quale disse: dove se non nel-la Divina misericordia il mondo puòtrovare rifugio e speranza?

Qual è il messaggio di santa FaustynaKowalska alle donne e agli uomini dioggi?

La visita di Papa Francesco cadeproprio a vent’anni dalla canonizza-zione di suor Faustyna e dall’istitu -zione della festa della Divina miseri-cordia, ma anche a quindici anni dal-la morte del Pontefice polacco. PapaWo j t y ła ha sottolineato che il mes-saggio della santa è un grido profeti-co rivolto all’Europa e al mondo, Ilmessaggio affidato da Gesù a Fau-styna riguarda tutto il pianeta, perchélei è stata inviata a tutta l’umanitàper annunciare la misericordia divina.Pensiamo come, in questo momentodella storia, il suo messaggio sia real-mente attuale e alla portata di tutti.

Che importanza ha avuto per Giovan-ni Paolo II questo santuario della Di-vina misericordia?

Giovanni Paolo II, fin da quando èstato arcivescovo di Cracovia, hasempre seguito la causa di canonizza-zione di suor Faustyna. Ha avuto lagrazia di vederla beatificata e cano-nizzata. Quando è stato elettosuccessore di Pietro, ha portato daCracovia nel suo cuore il messaggiodella misericordia divina. Nella chie-sa di Santo Spirito in Sassia, già ne-gli anni Cinquanta, esattamente dal1957, si celebrava la festa della Divinamisericordia. Questa è la prima ra-gione per cui Papa Wojtyła ha sceltoquesta chiesa. Il secondo motivo èperché ogni giorno qui si avvertonole vibrazioni interiori dei pellegrini edi Pietro. Gesù ha chiesto alla santadi portare a tutti questo messaggioconsolante della misericordia. Per cuiGiovanni Paolo II ha voluto che San-to Spirito in Sassia fosse un centro ir-radiatore per diffondere questa ric-chezza, anche grazie a una grandeispirazione interiore. Lui stesso è sta-to molto legato a questa chiesa, tantoche venne a visitarla e a celebrarvi lamessa il 23 aprile 1995. In quell’o cca-sione mi confidò: «Ogni giorno misento legato a questa chiesa e avvertole vibrazioni dei vostri canti». Un al-tro particolare vale la pena di ricor-dare. Ogni giorno il Pontefice cimandava, tramite il suo segretarioparticolare, l’attuale cardinale Sta-nisław Dziwisz, dei bigliettini con leintenzioni di preghiera per i casi piùdifficili che voleva affidare all’“ora dim i s e r i c o rd i a ” recitata in questachiesa.