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Abstract
Background
Oltre 4 milioni di persone muoiono ogni anno in Europa di malattie cardiovascolari (CV) e 1.4
milioni di questi decessi avvengono prima dei 75 anni di età (Townsend et al., 2016). La ricerca
evidenzia che circa il 50% di pazienti (pz) con cardiopatie e/o fattori di rischio importanti non
assume in modo adeguato la terapia farmacologica prescritta (Kronish & Ye, 2013).
Materiali e metodi
Studio osservazionale svolto con metodo misto quali-quantitativo, utilizzando questionari
validati su ansia/depressione focus groups e surveys (BABA-Q) costruite ad hoc per
misurare la relazione tra l’aderenza alla terapia farmacologica e le
percezioni/atteggiamenti/comportamenti dei malati cardiopatici complessi e degli operatori
sanitari. Qualitativamente, è stato utilizzato un approccio fenomenologico interpretativo
attraverso interviste semi-strutturate somministrate a pazienti e a caregiver. La popolazione
oggetto dello studio è stata estratta con lista casuale e selezionata per età ≥50 anni, ≥1
cardiopatia ischemica, ipertensiva o valvolare, CMP/pericardio o congenita, in politerapia
farmacologica ≥ 5 farmaci; visita e prescrizione ≥12 mesi. Un totale di 210 pz ha partecipato alla
somministrazione del questionario BABA-Q, previa firma del consenso informato. L’analisi
statistica multivariata è stata effettuata su un totale di 177 pz. Sono state somministrate 22
interviste qualitative semi strutturate a un campione casuale arruolato tra i partecipanti al
questionario, con saturazione raggiunta a 15 interviste.
Sono stati intervistati anche 9 caregiver arruolati come campione di convenienza.
Risultati
All’analisi univariata sono emerse le seguenti variabili positivamente correlate all’aderenza:
velocità di camminata (P<0,054); autonomia nella preparazione dei farmaci (P<0053); assenza
di reminder familiare nel ricordare l’assunzione giornaliera del farmaco (P<0,037); ricordare di
chiedere al medico informazioni importanti per la propria salute durante la visita (P<0,012);
leggere il bugiardino (P<0,074); cercare su internet informazioni sul farmaco (P<0,070). L’analisi
multivariata ha evidenziato una correlazione significativa con l’assenza di reminder familiare e
con il ricordarsi di chiedere informazioni durante la visita. L’indagine qualitativa ha fatto
emergere quattro aree tematiche relative all’aderenza: l’agentività e leadership medica, la
4
relazione di co-dipendenza tra malato e familiare, il doppio ruolo di paziente-caregiver, la
depressione/solitudine esistenziale.
Discussione e conclusioni
I risultati ottenuti, seppure non generalizzabili per la dimensione limitata del campione,
confermano la multidimensionalità dell’aderenza ed evidenziano l’importanza di una maggiore
formazione, anche in ambito universitario, sulla cronicità e sull’integrazione tra stakeholders per
promuovere agentività e comunicazione all’interno di percorsi multidisciplinari ospedale-
territorio. Ulteriore ricerca è necessaria per approfondire la qualità della relazione e del ruolo
svolto dal legame di co-dipendenza tra “malato-caregiver” e per elaborare nuove modalità di
rinforzo dell’aderenza anche attraverso l’utilizzo di tecnologia web-based. La ricerca in ambito
quali-quantitativo si è dimostrata in grado di indagare sinergisticamente su temi sensibili e
rilevanti quali la responsabilità individuale e collettiva nei confronti della salute e potrebbe
svolgere un ruolo importante di monitoraggio dell’aderenza all’interno dei nuovi scenari sociali,
culturali ed economici che accompagneranno la cronicità nei decenni futuri.
Key words: malattia cardiovascolare, aderenza, caregiver, comorbilità, cronicità
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Sommario Abstract ....................................................................................................................................3
INDICE FIGURE E TABELLE.................................................................................................... 10
Abbreviazioni e acronimi ..................................................................................................... 11
Glossario dei simboli ........................................................................................................... 11
Ringraziamenti ........................................................................................................................ 12
Background............................................................................................................................. 15
Malattie Cardiovascolari...................................................................................................... 15
Definizione di malattie cardiovascolari ............................................................................ 16
La salute cardiovascolare in Italia. ................................................................................... 16
La salute cardiovascolare in Friuli Venezia Giulia............................................................. 16
La terapia farmacologica in ambito cardiovascolare........................................................ 17
Principali farmaci utilizzati in prevenzione primaria e secondaria .................................... 17
Non aderenza: dimensioni del problema ................................................................................. 18
Aderenza e compliance ....................................................................................................... 19
Non aderenza primaria e secondaria ................................................................................... 21
L’aderenza nel paziente cronico .......................................................................................... 22
Determinazione dei valori ottimali di aderenza ................................................................... 23
Metodi di valutazione dell’aderenza.................................................................................... 23
Principali metodi di misurazione dell’aderenza in ambito cardiovascolare ........................... 24
Scala di Morisky .............................................................................................................. 24
Pill count ......................................................................................................................... 25
Metodi elettronici ........................................................................................................... 25
Farmacia elettronica ........................................................................................................... 26
Medication Possession Ratio (MPR)..................................................................................... 26
Proportion of Days Covered (PDC) ................................................................................... 27
L’aderenza nella popolazione cardiopatica di Trieste ........................................................... 27
Principali tipi di non aderenza ............................................................................................. 28
Aderenza intenzionale vs non intenzionale .......................................................................... 29
Variabili dell’aderenza ......................................................................................................... 30
Fattori correlati al paziente ................................................................................................. 31
Variabili intrinseche al paziente........................................................................................ 32
Variabili estrinseche al paziente ....................................................................................... 32
Fattori correlati alla patologia ............................................................................................. 34
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Fattori correlati alla terapia ................................................................................................. 34
Fattori correlati alla relazione medico-paziente ................................................................... 35
Fattori correlati al sistema sanitario .................................................................................... 36
Fattori sociali, ambientali ed economici .............................................................................. 36
Prospettive teoriche dell’aderenza .......................................................................................... 37
Principali modelli................................................................................................................. 37
Prospettiva biomedica ........................................................................................................ 38
Prospettiva bio-psico-sociale ............................................................................................... 39
Prospettiva comportamentale dell’apprendimento ............................................................. 39
Prospettiva della comunicazione ......................................................................................... 40
Prospettiva cognitivista ....................................................................................................... 40
Teoria sociale cognitiva (TSC) .......................................................................................... 41
Teoria dello stile di attribuzione - Locus of Control Model (LOC) .................................. 42
Teoria delle credenze sulla salute (HBM) ........................................................................ 43
Teoria dell’azione ragionata (TRA) e Teoria del comportamento pianificato (TPB) ............ 45
Teoria della motivazione a proteggersi ............................................................................ 46
Prospettiva dell’ autoregolazione (SRM) .......................................................................... 47
Nuovi approcci al tema dell’aderenza .................................................................................. 48
Modello transteoretico degli stadi di cambiamento ......................................................... 48
Modello informazione-motivazione-competenze comportamentali (IMB) ...................... 48
Modello di Meichenbaum e Turk ..................................................................................... 49
Modello della memoria prospettica ................................................................................. 50
Base teorica della ricerca ........................................................................................................ 51
Introduzione: modello bio-psico-sociale della salute e mindfulness ..................................... 51
Problema di ricerca e ipotesi dello studio ................................................................................ 53
Obiettivi dello studio............................................................................................................... 54
Obiettivo 1: analizzare i fattori predittivi della non aderenza alla terapia ...................... 54
Obiettivo 2: comprendere l’esperienza soggettiva di pazienti e familiari ....................... 55
Obiettivo 3: analizzare opinioni, atteggiamenti e comportamenti degli operatori sanitari
in tema di aderenza ........................................................................................................ 55
Obiettivo 4: Costruire una guida di riferimento per operatori sanitari ........................... 56
Timeline generale del progetto ............................................................................................... 56
Materiali e metodi .................................................................................................................. 57
DISEGNO DELLO STUDIO ......................................................................................................... 57
Aspetti etici ......................................................................................................................... 57
7
Criteri di inclusione/esclusione dei partecipanti .................................................................. 58
Materiali e Metodi .................................................................................................................. 59
Obiettivo 1 .......................................................................................................................... 59
Analizzare i fattori predittivi della non aderenza alla terapia ............................................... 59
Fonti dei dati ....................................................................................................................... 59
Analisi della letteratura ....................................................................................................... 60
Scelta degli strumenti validati.......................................................................................... 62
Focus group operatori ......................................................................................................... 62
Interviste esplorative con pazienti e caregiver ..................................................................... 64
Costruzione e somministrazione del Questionario BABA-Q.................................................. 65
Tipologia di domande - caratteristiche sociosanitarie ..................................................... 65
Atteggiamenti, opinioni, comportamenti ......................................................................... 65
Scale di misura utilizzate ................................................................................................. 66
Pre-test del questionario BABA-Q .................................................................................... 67
Re-test ............................................................................................................................ 67
Somministrazione del questionario BABA-Q ............................................................................ 68
Numerosità del campione ................................................................................................... 68
Campione e Arruolamento .................................................................................................. 69
Descrittive popolazione (18907) .......................................................................................... 70
Descrittive coorte selezionata (popolazione 11088) ............................................................ 72
Setting ................................................................................................................................ 75
Il processo di somministrazione .......................................................................................... 75
Analisi dei dati ........................................................................................................................ 76
RISULTATI QUESTIONARIO PAZIENTI BABA-Q ......................................................................... 78
Caratteristiche Socio-Demografiche del Campione .............................................................. 78
Rete sociale ..................................................................................................................... 79
Condizione economica .................................................................................................... 79
Ambiente e infrastrutture urbane ................................................................................... 79
Variabili correlate significativamente con l’aderenza ....................................................... 81
Conclusione..................................................................................................................... 88
Materiali e Metodi .................................................................................................................. 89
Obiettivo 2 .............................................................................................................................. 89
indagine qualitativa sui rischi di non aderenza dei pazienti cardiopatici complessi .................. 89
Approccio metodologico ..................................................................................................... 89
8
L’approccio fenomenologico nella psicologia umanistica – la Mindfulness come metodologia
di ricerca sociale.................................................................................................................. 91
Riflessività ........................................................................................................................... 92
Fiducia ............................................................................................................................ 94
Empatia ........................................................................................................................... 95
Attendibilità e rigore della ricerca qualitativa ...................................................................... 95
Documentazione della ricerca (Audit trail)........................................................................... 98
Background e valori della ricercatrice .................................................................................. 98
Numerosità del campione e arruolamento pazienti ....................................................... 100
Interviste qualitative ......................................................................................................... 101
Setting dell’intervista ........................................................................................................ 102
Interviste Pilota ................................................................................................................. 103
Interviste Pazienti ............................................................................................................. 105
Interviste Caregiver ........................................................................................................... 107
Caratteristiche socio-demografiche pazienti e caregiver interviste qualitative ....................... 109
La somministrazione delle interviste ................................................................................. 109
Fenomenologia Interpretativa come metodo di analisi (IPA) ............................................. 110
Trascrizione....................................................................................................................... 111
Familiarizzazione, annotazioni e temi emergenti ............................................................... 112
Temi emergenti e sovra-ordinati ....................................................................................... 113
RISULTATI DELLA RICERCA QUALITATIVA .............................................................................. 117
Burden della malattia, agentività e aderenza......................................................................... 117
AGENTIVITA’ COLLETTIVA NELLA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE ........................................ 124
Conoscere il paziente ........................................................................................................ 125
Motivare ........................................................................................................................... 127
Comunicare....................................................................................................................... 128
Costruire la relazione: curare e avere cura ........................................................................ 131
Trasmettere fiducia e speranza ......................................................................................... 133
Integrare e fare “rete”....................................................................................................... 134
LA RELAZIONE DI CO-DIPENDENZA NEL CAREGIVING ........................................................ 136
SOLITUDINE ESISTENZIALE................................................................................................. 149
Ansia e paura ................................................................................................................ 150
Spiritualità e significato della vita .................................................................................. 151
Ideazioni suicidarie ........................................................................................................ 152
Conclusioni.................................................................................................................... 153
9
Materiali e metodi ................................................................................................................ 154
Obiettivo 3 ............................................................................................................................ 154
Costruzione della “Survey sull’aderenza in ambito cardiovascolare per operatori sanitari”.... 154
Pre-test della Survey Operatori Sanitari ......................................................................... 155
Somministrazione della Survey Operatori Sanitari ............................................................. 155
RISULTATI SURVEY OPERATORI SANITARI SULL’ADERENZA IN AMBITO CARDIOVASCOLARE .. 156
Analisi descrittiva .................................................................................................................. 156
Abitudini e stili di vita .................................................................................................... 157
Promozione dell’aderenza ............................................................................................. 157
PROMOZIONE DELL’ADERENZA ..................................................................................... 157
Promozione dell’empowerment .................................................................................... 158
Opinioni sulle possibili cause di non aderenza del paziente ........................................... 159
Il punto di vista dei pazienti ........................................................................................... 159
Agentività dell’operatore............................................................................................... 162
Comunicazione della terapia ............................................................................................. 165
Valutazione dell’integrazione multi-disciplinare ................................................................ 167
Conclusione ...................................................................................................................... 170
Materiali e metodi ................................................................................................................ 172
Obiettivo 4 ............................................................................................................................ 172
Costruzione di una guida di riferimento per operatori sanitari .............................................. 172
Limitazioni della ricerca......................................................................................................... 173
Conclusioni ........................................................................................................................... 175
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................... 182
APPENDICE ........................................................................................................................... 210
All. 1. Costruzione di una guida di riferimento per operatori sanitari ................................. 210
All. 2. RISULTATI QUESTIONARIO PAZIENTI BABA-Q .......................................................... 216
All. 3. CITAZIONI, MODULI PRIVACY E CONSENSO INFORMATO ........................................ 238
All. 4. QUESTIONARIO SOCIODEMOGRAFICO ..................................................................... 242
All. 5. QUESTIONARIO ADERENZA TERAPEUTICA E STILI DI VITA BABA-Q ........................... 248
All. 6. MEMORIA PROSPETTICA, GAD-7, PHQ-9 .................................................................. 260
All. 7. COREQ..................................................................................................................... 263
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INDICE FIGURE E TABELLE
Tabella 1 Letteratura sulla non-aderenza ................................................................................ 28
Tabella 2 Aderenza: fattori facilitanti ...................................................................................... 30
Tabella 3 Aderenza: principali barriere ................................................................................... 30
Tabella 4 – Variabili intrinseche al pz ....................................................................................... 32
Tabella 5 – Variabili estrinseche al pz ...................................................................................... 32
Tabella 6 Determinanti di non-aderenza ................................................................................. 61
Tabella 7 Flow-chart di selezione............................................................................................. 69
Tabella 8 – Descrittive 18907 .................................................................................................. 70
Tabella 9 Descrittive 11088 ..................................................................................................... 72
Tabella 10 – Descrittive per aderenza...................................................................................... 73
Tabella 11 Sociodemografiche campione ................................................................................ 78
Tabella 12 Stato civile ............................................................................................................. 78
Tabella 13 Reddito campione .................................................................................................. 79
Tabella 14 Descrittiva Pz ....................................................................................................... 109
Tabella 15 Descrittiva Caregiver ............................................................................................ 109
Tabella 16 Pre-clustering temi emergenti intervista Q0010 .................................................. 116
Tabella 17 Agentività del paziente ........................................................................................ 119
Tabella 18 Anni esperienza lavorativa ................................................................................... 156
Tabella 19 Opinioni pz: cause non aderenza .......................................................................... 161
Figura 1 Aderenza terapeutica ................................................................................................ 31
Figura 2 - Timeline .................................................................................................................. 56
Figura 3 Obiettivo 1................................................................................................................. 59
Grafico 1 – Valutazione clinica pz. con almeno 1 farmaco........................................................ 73
Grafico 2 - Grafico aderenza vs. non aderenza......................................................................... 74
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Abbreviazioni e acronimi
CV cardiovascolare
CCV Centro Cardiovascolare
ASUI Azienda Sanitaria Universitaria Integrata
pz paziente
cg caregiver
WHO World Health Organization
ANMCO Associazione nazionale medici Cardiologi Ospedalieri
INR Tempo di protrombina o tempo di Quick, misura della via estrinseca della coagulazione
SCC Scompenso Cardiaco Cronico
BPCO Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva
Glossario dei simboli
(.) pausa breve nel discorso ≥0.5 sec
(..) pausa ≥1-3 sec
(…) pausa lunga ≥4 sec.
[] suoni prodotti dall’intervistato e qualunque informazione non verbale, ad es.
[ride] [annuisce]
{ } informazioni di contesto, ad es. {esce dalla stanza}
12
Ringraziamenti
Desidero ringraziare la mia Tutor Prof. Patrizia Romito e il mio co-Tutor dott. Andrea Di Lenarda,
Direttore della S.C. Centro Cardiovascolare ASUI di Trieste: se la prima mi ha incoraggiata a
sognare, il secondo mi ha dato spazio e fiducia per pensare, immaginare e seguire la mia
inesauribile curiosità. Un grazie anche al prof. Tiziano Agostini per la costante disponibilità e un
pensiero riconoscente al prof. Walter Gerbino che per primo mi diede molti saggi consigli di cui
faccio ancora tesoro.
Sono grata a ogni singolo operatore medico-infermieristico del Centro Cardiovascolare ASUI di
Trieste, perché il lavoro di tutti e la loro collaborazione mi hanno permesso di raccogliere
informazioni utili e preziose per migliorare l’assistenza ai malati. Un ringraziamento sentito
anche al personale amministrativo e a tutti coloro che hanno contribuito allo scarico dei dati.
Un particolare ringraziamento alla P.O. Donatella Radini, alla caposala Maria Macchiarella, ai
medici e agli infermieri dell’Ambulatorio Scompenso Cardiaco Avanzato (ASCA) dott. Antonella
Cherubini, dott. Giulia Russo, dott. Cristina Montesi, dott. Franco Humar, Nadia Zeriali e Gioia
Sola. Un pensiero di stima e gratitudine per il prof. Gianfranco Sinagra che rappresenta, insieme
al dott. Di Lenarda, il lavoro internazionalmente riconosciuto della Cardiologia triestina.
Un grazie di cuore alla dott. Giulia Barbati che mi ha insegnato con intelligenza e pazienza
l’importanza del p-value, alla prof. Donatella Ferrante per i generosi consigli e ai dottori
Maurizio Fisicaro, Maurizio Pagan e Abu-Heif per avermi aiutata con grande gentilezza e spirito
di sincera collaborazione. Grazie al dott. Roberto Gustin per le utili discussioni e l’amicizia a
prova di intemperie.
Grazie a mia “sorella” Silvana, che da anni illumina il mio cammino; a Janice, la mia “mamma”
americana, a Frank Ostaseski, mentore severo e illuminato.
Per ultimo, un ringraziamento alle persone assolutamente più importanti della mia vita: la mia
famiglia. Senza di voi non avrei viaggiato tanto e in acque così profonde. Se ho imparato ad andar
per oceani, è merito vostro.
Infine, last but not least, ringrazio con vera commozione e riconoscenza i tanti pazienti e
familiari che mi hanno fatto dono della loro fiducia permettendomi di entrare nelle stanze più
segrete e buie della loro esistenza e di condividere la fatica della malattia. Mi auguro che questo
mio piccolo lavoro possa aiutare ognuno di noi a capire meglio e a rispettare il mondo dell’altro…
E mi raccomando, prendete le medicine!
13
"E se vi debbo dire ancora una cosa, è questa: non crediate che colui, che tenta di confortarvi, viva senza fatica in mezzo alle parole semplici e calme, che qualche volta vi fanno bene. La sua vita reca molta fatica e tristezza e resta lontana dietro a loro. Ma, fosse altrimenti, egli non avrebbe potuto trovare quelle parole". Rainer Maria Rilke
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Background
Malattie Cardiovascolari
Le patologie cardiovascolari (CV) rappresentano la prima causa di morte e di disabilità nei paesi
occidentali (Townsend et al., 2016). Se all’inizio del ventesimo secolo le malattie CV incidevano
per meno del 10% sulla mortalità mondiale, oggi le percentuali si aggirano intorno al 30%
(Gaziano, 2005). La percentuale di morti premature attribuibili a patologie cardiache varia dal
4% nei paesi industrializzati al 30% nei paesi emergenti (Mendis et al., 2011). Più di 4 milioni di
persone muoiono ogni anno in Europa di malattie cardiovascolari (CV) e 1,4 milioni di questi
decessi avvengo prima dei 75 anni di età (Townsend et al., 2016). Per la sola ipertensione, si
prevede che l’incidenza globale della malattia possa aumentare del 60% entro il 2024 (Kearney
et al., 2005). La ricerca, tuttavia, evidenzia che circa il 50% di pazienti con cardiopatie e/o fattori
di rischio importanti non assume la terapia farmacologica prescritta in modo adeguato (Kronish
& Ye, 2013) con un costo di 29,4 miliardi di euro/anno di spesa sanitaria per il nostro Paese (AIFA
Agenzia Italiana del Farmaco, 2017). Nonostante la grande disponibilità di farmaci a supporto
della prevenzione primaria e secondaria, la prevalenza degli eventi acuti non dimostra segnali di
diminuzione, a parziale conferma della multifattorialità del fenomeno e dell’importanza che
esso riveste all’interno delle nostre politiche socio-sanitarie (Di Martino et al., 2016;
Kolandaivelu et al., 2014; Volpe et al., 2014).
Il burden clinico, sociale ed economico di questa allarmante situazione, ha reso l’aderenza
farmacologica un rilevante oggetto di ricerca definito “la prossima frontiera del miglioramento
qualitativo in ambito sanitario” (Heidenreich, 2004). Per affrontare questo problema a livello
territoriale, nazionale e globale è necessario operare su tre fronti diversi: sorveglianza sanitaria,
prevenzione e riduzione dei fattori di rischio, miglioramento delle cure attraverso percorsi di
prevenzione e trattamento terapeutico adeguato (World Health Organization, 2011). Nel 2003,
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato una relazione sull’aderenza alle
terapie a lungo temine in cui afferma che “aumentare l’efficacia di adesione alla terapia
potrebbe avere un impatto molto maggiore sulla salute della popolazione di qualunque specifico
miglioramento medico” (Sabaté, 2003).
16
Definizione di malattie cardiovascolari
La definizione di malattie CV include tutte le patologie a carico del cuore e dei vasi sanguigni, in
particolare le malattie ischemiche, tra le quali l’infarto acuto del miocardio e l’angina pectoris,
le cardiomiopatie, le aritmie, l’insufficienza cardiaca e le malattie cerebrovascolari (WHO, 2003).
Le malattie CV sono caratterizzate da un’eziologia multifattoriale (età, sesso, tabagismo,
pressione arteriosa, diabete, ipercolesterolemia). Mentre è impossibile modificare alcuni fattori
di rischio come età, sesso maschile e familiarità, è tuttavia, possibile agire sugli altri fattori di
rischio attraverso cambiamenti dello stile di vita o mediante l’assunzione di farmaci (White, Lenz,
& Smith, 2013).
La salute cardiovascolare in Italia.
Anche in Italia, le malattie CV rappresentano una importante causa di morte, essendo
responsabili del 44% di tutti i decessi (Istituto Superiore di Sanità, 2017). In particolare, la
cardiopatia ischemica è la prima causa di morte nel nostro paese, rappresentando il 28% di tutte
le morti, mentre gli accidenti cerebrovascolari si pongono al terzo posto con il 13%, dopo i tumori
(Istituto Superiore di Sanità, 2017). Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato
cronico; la malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi economici per la
società. In Italia la prevalenza di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è pari al 4,4 per
mille (dati Istat). Il 23,5% della spesa farmaceutica italiana (pari all'1,34 del prodotto interno
lordo), è destinata a farmaci per il sistema cardiovascolare (Ministero della Sanità, 2000).
La salute cardiovascolare in Friuli Venezia Giulia
Nella regione Friuli Venezia Giulia (FVG) risiedono 1.229.363 persone, mentre la popolazione
della Provincia di Trieste conta 234.668 abitanti. L’indice di invecchiamento della popolazione si
attesta intorno al 191,8%, nettamente superiore al valore medio italiano a indicazione che i
cittadini residenti di età superiore ai 65 anni, fascia di età maggiormente a rischio di malattie
croniche e disabilità, rappresentano una percentuale di gran lunga maggiore rispetto ai giovani
di età ≥ 14 anni (Regione FVG, 2015). La Regione FVG dispone di registri di patologia relativi al
diabete mellito, ai pazienti in terapia sostitutiva renale (dialisi e/o trapianto di rene), e agli eventi
17
cardio- (infarto acuto del miocardio) e cerebro-vascolari (ictus). Nel 2013, le malattie del sistema
cardiocircolatorio rappresentavano la prima causa di morte con 4.719 decessi, contro i 4.286
decessi delle malattie tumorali (Regione Friuli Venezia Giulia, 2015). L’Osservatorio
Cardiovascolare della Provincia di Trieste è un osservatorio epidemiologico nato per il
monitoraggio delle patologie cardiovascolari nella Provincia di Trieste, con particolare
riferimento ai gruppi a rischio cardiovascolare più elevato.
La terapia farmacologica in ambito cardiovascolare
La terapia farmacologica con farmaci antipertensivi, antiaggreganti e statine viene ancora oggi
ritenuta l’intervento principale per la prevenzione primaria e secondaria delle (Volpe et al.,
2014). La ricerca ha infatti dimostrato come, nei paesi occidentali, la terapia farmacologica sia
stata in grado di ridurre la mortalità per cardiopatia ischemica di circa il 50% nel corso degli
ultimi 20 anni (Montalescot, et al., 2013; Smith, et al., 2012). La ricerca suggerisce che
l’assunzione di farmaci antiaggreganti piastrinici, beta-bloccanti, ACE inibitori e statine possa
ridurre del 75% la probabilità di recidive cardiovascolari (Hebert et al., 1997; Rossello et al.,
2015).
Principali farmaci utilizzati in prevenzione primaria e secondaria
Secondo un rapporto OsMed (AIFA, 2017), i farmaci per il sistema cardiovascolare si pongono al
primo posto in Italia per consumo con 486,4 dosi giornaliere per ogni 1000 abitanti. Tra i farmaci
più utilizzati troviamo i seguenti:
Antipertensivi - sono farmaci utilizzati nella terapia dell’ipertensione cronica, del post-infarto
miocardico e dell’insufficienza cardiaca cronica. Inibiscono la formazione di un ormone che
determina la contrazione dei vasi e l’equilibrio di alcuni sali nell’organismo. Sono presenti due
classi di farmaci: le molecole che agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone (ACE-
inibitori e sartani), indicati nella terapia dell’ipertensione arteriosa, dell’insufficienza cardiaca e
nel post-infarto. Appartengono a questa classe di farmaci l’enalapril, il captopril, il lisinopril, il
perindopril e il ramipril. La seconda classe è quella dei calcioantagonisti diidropriridinici che sono
impiegati nella cura dell’ipertensione arteriosa.
18
Antiaggreganti - gli antiaggreganti piastrinici sono farmaci antitrombotici che agiscono
interferendo con specifiche fasi del processo di attivazione piastrinica.
Statine - le statine sono farmaci che inibiscono la sintesi del colesterolo endogeno e vengono
indicati per ridurre i livelli di colesterolo, prevenire i danni cardio-cerebro-vascolari causati
dall’aterosclerosi in soggetti a rischio, prevenire i danni cardio-cerebro-vascolari nei soggetti
post-infarto o post-ictus (Istituto Superiore di Sanità, 2017). La letteratura riporta valori di
aderenza alla terapia con statine ≥50% a un anno dall’inizio del trattamento e percentuali
superiori su periodi di tempo maggiori (Mann et al., 2010).
Non aderenza: dimensioni del problema
Il tema dell’assunzione regolare della terapia farmacologica descritta e dell’adozione di stili di
vita adeguati è centrale alla cura del cardiopatico. Negli ultimi 50 anni, oltre 2000 ricerche
empiriche sono state pubblicate su questo tema che è stato oggetto di oltre 32.000 citazioni su
PubMed (Martin et al., 2005). Gli studi completati negli ultimi decenni hanno evidenziato come
l’aumento dell’aderenza dei malati alla terapia farmacologica prescritta possa migliorare lo stato
di salute dei pazienti e ridurre i costi sanitari legati alle acuzie e ai ricoveri ospedalieri (Kronish
& Ye, 2013). La letteratura ha ampiamente dimostrato come, dopo un evento coronarico acuto,
l’assunzione regolare e corretta dei farmaci “salvavita” migliori significativamente la prognosi
del paziente (Scardi et al., 2009). Un’aderenza inadeguata alla terapia farmacologica sarebbe
responsabile di ~ 194.500 morti ogni anno in Europa con costi di ~ 124 miliardi di euro/anno
(Osterberg & Blaschke, 2005). Una meta analisi pubblicata nel 2013 dalla rivista European Heart
Journal (Chowdhury et al., 2013) sui rischi assoluti e relativi della non aderenza alla terapia
farmacologica, ha dimostrato come una percentuale elevata di tutti gli eventi CV (~9%) possa
essere attribuita a una scarsa aderenza terapeutica, mentre è stata identificata una significativa
associazione inversa tra livello ottimale di aderenza e outcome negativi di salute. La scarsa
aderenza alle prescrizioni del medico è quindi la principale causa di non efficacia delle terapie
farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della
morbilità e della mortalità, incidendo quindi negativamente sul singolo cittadino, sul sistema
sanitario e sulla sostenibilità del nostro Paese (Agenzia Italiana del Farmaco, 2014). La scarsa
aderenza alla terapia sembra essere responsabile di circa 194.500 morti all’anno in Europa e il
suo costo sembra aggirarsi intorno ai 125 miliardi di euro/anno in Europa e ai 300 miliardi di
19
dollari/anno negli Stati Uniti (Osterberg & Blaschke, 2005; Senst et al., 2001). Le percentuali di
aderenza risultano più elevate tra i pazienti in condizioni di acuzie mentre la persistenza tra i
pazienti con patologie croniche è sfortunatamente bassa e presenta una riduzione significativa
dopo i primi sei mesi di terapia (Haynes et al., 2002).
La cura delle malattie croniche include spesso l’utilizzo a lungo termine della terapia
farmacologica; al contrario delle misure che permettono di assicurare un controllo più diretto
da parte del sistema sanitario come la prescrizione farmacologica in fase di dimissione
ospedaliera, gli obiettivi terapeutici a lungo termine richiedono un diverso approccio
collaborativo professionista sanitario-paziente (Ho et al., 2009). Una meta analisi eseguita su 20
studi osservazionali che utilizzavano i dati farmaceutici di 376.162 pazienti ha osservato valori
complessivi di non aderenza del 43% attraverso diverse classi di farmaci CV (Naderi et al., 2012).
Aderenza e compliance
I termini aderenza, adesione, compliance, persistenza e concordanza identificano tutti i
comportamenti di utilizzo della terapia farmacologica prescritta. Ognuno di loro, sebbene spesso
usato indiscriminatamente, indica un comportamento e/o una modalità relazionale specifica tra
medico-paziente. È tuttavia importante ricordare che il concetto di aderenza è trasversale ai
comportamenti di salute, incluse le abitudini di vita come il fumo, l’assunzione di alcol, la dieta
scorretta e la scarsa attività fisica (WHO, 2003).
L’assunzione regolare del farmaco prescritto viene definita utilizzando due termini che hanno,
nel tempo, acquisiti due significati distinti: compliance e aderenza. La definizione classica del
termine compliance (complianza, acquiescenza) è la seguente: “il grado in cui il comportamento
di una persona (assunzione di farmaci, osservazione di diete, cambiamenti nello stile di vita)
coincide con le raccomandazioni del medico in ambito di salute (Sackett, et al., 1975), (Haynes
R. , 1979). Questa descrizione racchiude l’idea implicita di un ruolo passivo del malato legato al
medico da una relazione asimmetrica all’interno della quale il paziente è tenuto all’obbedienza
e la mancata osservanza delle prescrizioni fatte determina un implicito giudizio negativo e
svalutativo della persona. Il paziente può quindi essere compliante e seguire le indicazioni dello
specialista senza aver instaurato una interazione efficace frutto di un’alleanza terapeutica tra
medico e paziente (Volpe et al., 2014). Negli ultimi anni si è ritenuto che la compliance
suggerisse un’acquiescenza passiva del malato agli ordini del medico, in antitesi all’obbiettivo di
20
self-care ed empowerment dettato dal modello bio-psico-sociale e si è inziato a utilizzare di
preferenza il termine “aderenza”.
Sebbene l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2001) abbia definito, al pari della
compliance, l'aderenza (o adesione) terapeutica come ”il grado di effettiva coincidenza tra il
comportamento individuale del paziente e le prescrizioni terapeutiche ricevute dal personale
sanitario curante”, la definizione di aderenza è stata oggetto di un cambiamento epistemologico
secondo il quale il comportamento di aderenza viene descritto come il “coinvolgimento attivo e
collaborativo del paziente a cui si chiede di partecipare alla pianificazione e all’attuazione del
trattamento elaborando un consenso basato sull’accordo” (Meyers & Midence, 1998).
Nel linguaggio medico, il termine aderenza (adherence in inglese) indica quindi la tendenza e il
comportamento del paziente volto a seguire le indicazioni riguardanti l’assunzione di farmaci, le
visite periodiche di monitoraggio, la modifica degli stili di vita ecc. comportamento attraverso il
quale il paziente osserva le indicazioni del medico e assume tutti i farmaci prescritti secondo le
modalità specificatamente indicate dal suo dottore (Cramer, et al., 2008).
Si parla di paziente aderente o compliante quando la terapia prescritta dal medico viene
completata per almeno l’80% (cut-point convenzionale) e i farmaci vengono assunti senza
modificare dosi e tempi di assunzione (Kronish & Ye, 2013).
21
Non aderenza primaria e secondaria
La non aderenza farmacologica può essere classificata in non aderenza primaria e secondaria.
La non aderenza primaria identifica il comportamento di un paziente che interrompe
l’assunzione del farmaco antecedentemente alla prima assunzione, o prima ancora di esaurire
la prima prescrizione fornita dal medico (Kronish & Ye, 2013; Sabaté, 2003; Osterberg &
Blaschke, 2005; Volpe et al., 2014). La non aderenza secondaria consiste nel non seguire le
raccomandazioni del sanitario dopo aver acquistato il farmaco e include i comportamenti di non
persistenza e non conformità. Il termine persistenza, concetto di fondamentale importanza
nell’ambito della cronicità, indica il periodo di tempo durante il quale il paziente assume, anche
in maniera non continuativa, il farmaco prima di interromperlo prematuramente. Si ha non
conformità quando il paziente assume la terapia in maniera irregolare, in orari non corretti o
salta dosi di farmaco (Keenan, 2017).
Il termine concordanza viene a volte usato come sinonimo di aderenza/compliance e si riferisce
al grado di accordo tra medico prescrittore e paziente relativo alla finalità della terapia e all’uso
del farmaco; esso incarna l’idea della relazione collaborativa tra sistema sanitario e malato, ma
non ha ancora trovato unanime applicazione in ambito sanitario (Bell et al., 2007; Royal
Pharmaceutical Society of Great Britain et al., 1996).
22
L’aderenza nel paziente cronico
Nel mondo, 1 adulto su 3 (circa 92,1 milioni) soffre di almeno una malattia CV (Benjamin et al.,
2017). Nel 2012-2013, è stato calcolato che il costo annuale delle malattie CV nel mondo
ammontava a 136.1 miliardi di dollari (Benjamin et al., 2017). Nel 2012, circa 117 milioni di
individui soffriva di almeno una patologia cronica; le principali cause di morte erano attribuibili
a malattie CV e cancro e rappresentavano il 46% dei decessi totali (Benjamin et al., 2017). Le
comorbilità non cardiovascolari accompagnano frequentemente le cardiopatie (Rushton &
Kadam, 2014). Negli Stati Uniti, è stato calcolato che circa 75 milioni di persone presentano due
o più patologie della durata superiore ad un anno che richiedono intervento medico o limitano
le attività quotidiane (Anderson, 2005); la letteratura indica come la prevalenza delle comorbilità
sia maggiore del 60% nel mondo e superiore all’80% tra le persone di età ≥85 anni (Salive, 2013).
L’aderenza alla terapia farmacologica rappresenta, quindi, una variabile fondamentale per
garantire il successo dell’intervento terapeutico, soprattutto in ambito di cronicità (Volpe et al.,
2014). Dalla letteratura esistente si evidenzia che circa il 50% dei pazienti con malattie croniche
non assumono la terapia farmacologica secondo le prescrizioni del medico (Burkhart & Sabaté,
2003; Pagès-Puigdemont et al., 2016). Le percentuali subottimali di aderenza alla terapia
farmacologica da parte del paziente affetto da un disordine cronico rendono difficile il
raggiungimento dei target terapeutici e dei benefici clinici ad essi associati (Brunner et al., 2009).
La percentuale di non aderenza nella popolazione anziana si aggira tra il 29-56% (van Eijken et
al., 2003). La non aderenza terapeutica dei pazienti anziani è responsabile di un numero
rilevante dei ricoveri ospedalieri (Schlenk et al., 2004) e la presenza di comorbilità è considerata,
anch’essa, un ostacolo all’aderenza (Carretero et al., 2000). La complessità del comportamento
e delle abitudini di aderenza non hanno ancora trovato una precisa identificazione e spiegazione.
Studi sull’aderenza misurata attraverso sistemi elettronici hanno dimostrato che un sesto dei
pazienti che assumono farmaci in ambito di malattia cronica presentano un’aderenza ottimale;
un sesto presenta tempi irregolari di assunzione; un sesto saltuariamente non assume il farmaco
(circa tre volte all’anno); un sesto manca l’assunzione una volta al mese e un sesto non assume
o assume molto saltuariamente i farmaci prescritti pur presentandosi come paziente aderente
(Osterberg & Blaschke, 2005).
23
Determinazione dei valori ottimali di aderenza
L’aderenza alla terapia farmacologica si ritiene generalmente inadeguata sotto il cutpoint
dell’80% (Kronish & Ye, 2013). L’utilizzo di un cutpoint dell’80% per definire l’aderenza ottimale
dei pazienti risale a un trial clinico degli anni ’70 che aveva visto arruolati 230 operai
metalmeccanici i cui valori pressori erano diminuiti in maniera significativa quando la terapia
antipertensiva aveva superato l’80% di aderenza (Sackett et al., 1975). Le differenze
farmacocinetiche e farmacodinamiche tra farmaci fanno ipotizzare diverse soglie (threshold) di
aderenza ottimale (Blaschke et al., 2012). Ad esempio, l’utilizzo di antiaggreganti dopo un
intervento di angioplastica coronarica potrebbe necessitare un’aderenza ottimale del 100%,
mentre l’uso di statine in pazienti a basso rischio cardiovascolare potrebbe richiedere livelli di
aderenza inferiori (Kronish & Ye, 2013). Una miglior definizione del problema potrebbe guidare
con maggiore efficacia gli interventi a supporto dell’aderenza nel rispetto delle esigenze di salute
e sostenibilità dei cittadini (Lam & Fresco, 2015).
Metodi di valutazione dell’aderenza
La complessità del problema aderenza ha impedito, fino ad oggi, di stabilire e applicare un gold
standard universalmente definibile e condivisibile per la valutazione dell’aderenza alla terapia
farmacologica (Maningat et al., 2013). I metodi di valutazione dell’aderenza terapeutica
vengono classificati in metodi diretti e indiretti (Osterberg & Blaschke, 2005) e includono
misure soggettive e oggettive di aderenza farmacologica (Burkhart & Sabaté, 2003; Ho et al.,
2009; Jimmy & Jose, 2011). Le misure soggettive di valutazione dell’aderenza includono la
comunicazione diretta del sanitario con il paziente e i suoi familiari o caregiver riguardo i
comportamenti di aderenza, ad es. chiedere al paziente se ha assunto i farmaci prescritti,
valutare le risposte cliniche al trattamento, somministrare questionari o utilizzare misure di self-
report (scale, diario del farmaco). Le misure oggettive di valutazione diretta dell’aderenza
includono il conteggio dei farmaci assunti, l’utilizzo dei database farmaceutici, dei sistemi
elettronici di monitoraggio, o il monitoraggio della percentuale di refill in farmacia (Ho et al.,
2009). Tra i sistemi di misurazione diretta abbiamo la misurazione della concentrazione ematica
del farmaco e/o di un suo metabolita e l’esame dei marker biologici ematici (Osterberg &
Blaschke, 2005; Vermeire et al., 2001).
24
Se da un lato i metodi diretti sono considerati più affidabili di quelli indiretti, essi presentano
tuttavia alcuni limiti alla valutazione: ad esempio, le risposte sono sempre di tipo dicotomico
(sì/no) e non spiegano le cause di non aderenza (Farmer, 1999); in altri casi si potrebbero
determinare modifiche del metabolismo tali da influenzare i livelli serologici nel sangue.
Tra i limiti posti dai metodi indiretti di valutazione, la letteratura parla di “aderenza del camice
bianco” (Jimmy & Jose, 2011), un bias introdotto da un miglioramento dell’aderenza nei giorni
precedenti e seguenti la visita medica (Modi et al, 2012). Sebbene numerosi studi abbiano
confermato l’associazione tra la non aderenza e gli eventi avversi, la letteratura ha evidenziato
la presenza dell’effetto “aderente sano”(Simpson et al., 2006) dove si associa un rischio inferiore
di eventi avversi imputabile all’aderenza rappresenti semplicemente un marker vicario di
comportamenti e stili di vita complessivamente “sani”. Da alcuni studi è infatti emerso che i
pazienti con una buona aderenza farmacologica mostrino anche efficaci comportamenti di
salute e stili di vita che spesso non vengono misurati negli studi prospettici o retrospettivi in
ambito di aderenza. (Brookhart et al., 2007).
Principali metodi di misurazione dell’aderenza in ambito cardiovascolare
Scala di Morisky
Uno fra i più utilizzati strumenti validati di autovalutazione dell’aderenza è basato sulla scala di
Morisky (MMAS Morisky Medication Adherence Scale) (Morisky et al., 1986) . La versione italiana
del MMAS-4 è basata su una serie di 4 semplici domande, con le seguenti possibilità di
risposta: SI (0 punti) – NO (1 punto). Il punteggio totale ottenuto permette di suddividere
velocemente il campione analizzato in: alta (4 punti), media (2-3 punti) e bassa (0-1 punti)
aderenza terapeutica.
La scala è costituita da quattro domande con possibili risposte SI/NO
1. Si e mai dimenticato di assumere i farmaci? SI (0)-NO (1)
2. È occasionalmente poco attento nell’assunzione dei farmaci? SI (0)-NO (1)
3. Quando si sente meglio, a volte, interrompe la terapia? SI (0)-NO (1)
4. Quando si sente peggio, a volte, interrompe la terapia? SI (0)-NO (1)
25
A ogni risposta è attribuito un punteggio 0/1 che permette di suddividere le popolazioni in
aderenti (3-4 punti) o non aderenti (1-2).
Le misure di self-report, tuttavia, possono essere influenzate dal ricordo inaccurato del paziente
o dal bias della desiderabilità sociale in base al quale i pazienti valutano in modo eccessivamente
ottimistico la propria aderenza di fronte all’operatore sanitario.
Pill count
Il conteggio dei farmaci assunti (pill count) calcola l’aderenza come rapporto tra il numero delle
pillole prese e quelle prescritte. Benché di semplice utilizzo, non è in grado di calcolare con
precisione il momento dell’assunzione ed espone i dati ad una possibile manipolazione da parte
del paziente che potrebbe non assumere (ad es. gettandole) le pillole prescritte (Lam & Fresco,
2015).
Metodi elettronici
Il MEMS (medication events monitoring system) è considerato un metodo altamente efficace di
monitorizzazione dell’aderenza (MacLaughlin et al., 2005). Consiste in un sistema di controllo
elettronico applicato a ogni confezione consegnata al paziente. L’apertura e l’estrazione del
farmaco fa registrare simultaneamente orario e data, garantendo così un monitoraggio preciso
dell’aderenza farmacologica. I costi elevati, tuttavia, ne limitano l’effettiva implementabilità su
larga scala.
26
Farmacia elettronica
Con l’aumento della disponibilità di dati farmaceutici, il metodo della farmacia elettronica risulta
sempre più utilizzato e presente in letteratura (Hess et al., 2006). Questo metodo consente di
verificare numero, tipologia e continuità delle prescrizioni di farmaci effettivamente ritirate dai
pazienti. Non è tuttavia possibile identificare con chiarezza l’effettivo consumo del farmaco e le
ragioni che possono portare a un’eventuale interruzione dell’assunzione (Colivicchi et al., 2010).
L’aderenza alla terapia farmacologica coglie aspetti interessanti del comportamento di
aderenza del paziente e i dati raccolti si correlano con un’ampia serie di outcome (Ho et al.,
2008). Le due principali misure di aderenza che utilizzano i dati farmaceutici sono la Medication
Possession Ratio (MPR) e la Proportion of Days Covered (PDC).
Medication Possession Ratio (MPR)
Un indicatore utilizzato frequentemente è il MPR (Medication Possession Ratio) percentuale di
possesso dei farmaci, definito come segue: numero di giorni di terapia dispensati/numero di
giorni nell’intervallo fra prescrizioni (Steiner et al., 1997 La letteratura scientifica concorda che i
pazienti aderenti alla terapia farmacologica siano definibili con un MPR ≥ 80, ovvero il rapporto
tra il numero totale di giorni di trattamento diviso per il tempo specificato di follow-up (Lam &
Fresco, 2015).
MPR = (N giorni in terapia (DDD totali)
Periodo di osservazione) x 100%
La letteratura indica due approcci distinti nel calcolo MPR. Il primo utilizza un denominatore di
durata variabile (VMPR) (Kozma et al., 2013):
VMPR = (N giorni in terapia
Periodo di osservazione (inclusivo di ultima ricetta) )
Il secondo usa un denominatore di durata fisso (FMPR):
FMPR = (N giorni in terapia (≤ 365)
365)
27
È importante ricordare che i pazienti solitamente abituati ad acquistare il refill del farmaco in
anticipo presenteranno un MPR impropriamente più elevato. Il limite principale di questo
approccio risiede nel fatto che, all’interno di una politerapia farmacologica, i farmaci con elevato
MPR possono controbilanciare i farmaci con basso MPR, inducendo erroneamente a concludere
che l’aderenza media alla terapia prescritta sia accettabile anche quando ciò non è vero (Kozma
et al., 2013).
Proportion of Days Covered (PDC)
La Proportion of Days Covered (PDC) è la proporzione di giorni di trattamento coperti e viene
calcolata dividendo il numero totale delle dosi definite giornaliere (DDD) dispensate per il tempo
di follow-up del paziente.
PDC = (n. giorni farmaco/i disponibile/i
Periodo di osservazione) x 100%
L’utilizzo di questo metodo presenta una maggiore precisione soprattutto in caso di terapie che
utilizzano farmaci multipli. Utilizzando questo approccio, infatti, la giornata si considera
“coperta” solo se tutti i farmaci prescritti sono disponibili per l’utilizzo da parte del paziente.
In entrambi gli approcci sopracitati, il conteggio dei giorni di disponibilità del farmaco non
garantisce l’effettivo utilizzo da parte del malato.
L’aderenza nella popolazione cardiopatica di Trieste
La non aderenza rappresenta un fenomeno diffuso in ambito CV (Kolandaivelu et al., 2014; F.
Rodriguez et al., 2013). La letteratura indica che il 50% dei pazienti in prevenzione primaria e il
30% di quelli in prevenzione secondaria presentano livelli di aderenza inadeguati (Ho et al.,
2009). Uno studio canadese del 2007, ha dimostrato come, anche in seguito a un infarto
miocardico acuto (IMA), solo il 66% dei pazienti mantenesse livelli di aderenza adeguati
(Rasmussen et al., 2007).
I dati a disposizione dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare della Provincia di Trieste
nel periodo 2009-2014 danno una percentuale di aderenza del 50.7% per i farmaci ACE inibitori
e del 59.4% per i betabloccanti. Nello stesso periodo, pazienti a rischio cardiovascolare molto
28
elevato in terapia con statine mostrano un’aderenza del 55.7%. L’aderenza media nella
popolazione in oggetto si attesta quindi intorno al 50%. La misura dell’aderenza alla terapia
farmacologica nella popolazione afferente al Centro Cardiovascolare ASUI di Trieste, è stata
misurata attraverso l’indicatore MPR (Medication Possession Ratio), definito come il numero di
giorni di terapia dispensati/numero di giorni nell’intervallo tra prescrizioni. La letteratura
scientifica concorda che i pazienti aderenti alla terapia farmacologica siano definibili con un MPR
≥ 80 (i giorni di terapia coperti da una compressa al giorno sono maggiori dell’80% dei giorni
totali, calcolati a partire dalla data della prima prescrizione fino alla data dell’ultima prescrizione)
(Lam & Fresco, 2015).
Principali tipi di non aderenza
La non aderenza presenta aspetti diversi che si possono manifestare in momenti diversi, da soli,
o contemporaneamente, durante il percorso di cura. Un paziente classificato come non aderente
potrebbe rientrare in una delle seguenti quattro definizioni: mai aderito ad alcun aspetto del
regime terapeutico prescritto; inizialmente aderente ma in seguito non aderente; aderente alle
indicazioni del medico, ma in maniera inappropriata (Meichenbaum & Turk, 1987). Nonostante
la sua importanza ai fini della prevenzione e cura, l’aderenza è stata spesso definita in maniera
dicotomica e la sua definizione ancora sfugge a un riconoscimento universalmente condiviso
(Patel & David, 2004); (Simpson et al., 2006). La letteratura concorda sui seguenti principali tipi
di non aderenza:
Tipo di non aderenza Referenza bibiografica
Non ritirare il farmaco in farmacia Tamblyn, Eguale, Huang et al. 2014
Assumere una dose non corretta Halpern, Khan, Schmier et al. 2006
Assumere i farmaci in orari diversi Logue, AL-Ghibiwi, Alamri, 2015
Interrompere la cura Krousel-Wood, Thomasa , Muntner P, et al, 2004
Aumentare o diminuire la frequenza delle dosi Coleman, Limone, Sobieraj et al. 2012
Interrompere la terapia per poi riprenderla Degli Esposti et al. 2016; De Vera, Bhole, Burns & Lacaille, 2013
Non presentarsi ai follow-up Owens, 2015; Piamjariyakul et al. (2011)
Non seguire le indicazioni del medico Jahng, Golin et al. 2003; Ryan et al. 2013
Assumere il farmaco solo in prossimità del controllo medico
Gehi, Ali & Whooley, 2007
Tabella 1 Letteratura sulla non-aderenza
29
Aderenza intenzionale vs non intenzionale
Una prima classificazione può suddividere l’aderenza alla terapia farmacologica in due principali
categorie: intenzionale e non intenzionale.
L’intenzionalità dell’aderenza farmacologica è frutto di una scelta consapevole da parte del
paziente di non assumere la terapia prescritta (Mukhtar et al., 2014). Questa decisione può
essere attribuita alla convinzione della scarsa efficacia o potenziale tossicità dei farmaci
(Hashmi et al, 2007) in parte dovuta a livelli insufficienti di alfabetizzazione medica (health
literacy) e a una inadeguata comunicazione medico-paziente (Wroe, 2002). La non aderenza
intenzionale può anche essere dovuta a componenti non razionali, come una errata percezione
rischio-beneficio, la complessità della terapia o ragioni di carattere economico.
La mancata aderenza non intenzionale è invece caratterizzata dalla volontà esplicita del
paziente di seguire il regime terapeutico, volontà che non trova, tuttavia, la possibilità di essere
seguita dal comportamento di aderenza a causa di ragioni esterne (contesto socio-economico)
o interne (deficit cognitivo) (Colivicchi et al., 2010). La maggior parte di deviazioni dal
comportamento corretto di aderenza sono imputabili ad omissione di dosi o ritardo
nell’assunzione (Osterberg & Blaschke, 2005). La letteratura ha identificato una serie di fattori
facilitanti e deterrenti (Tab. 2 e 3) del comportamento di aderenza terapeutica alla terapia
farmacologica (Haynes et al., 1979; WHO, 2003):
Aderenza - principali fattori facilitanti
Conoscenza della malattia
Benessere psichico e cognitivo (ad es. buona memoria prospettica)
Motivazione nei confronti della terapia
Percezione della severità della malattia
Posologia di facile comprensione/assunzione
Relazioni familiari e sociali stabili
Assenza o discreta tollerabilità degli effetti collaterali
Controllo sui farmaci da parte del personale sanitario
Informazioni chiare sulla terapia da parte dei sanitari
Basso costo del farmaco o del processo per ottenere il farmaco
Buona relazione medico-paziente e qualità dell’assistenza sanitaria
Autonomia
30
Senso di auto-efficacia
Capacità di problem-solving
Senso di responsabilità verso se stessi/gli altri Tabella 2 Aderenza: fattori facilitanti
Aderenza - principali barriere
Età
Stato psichico (depressione, ansia, disturbi cognitivi)
Livello culturale
Asintomaticità della malattia
Regime terapeutico complesso
Necessità di cambiamento dello stile di vita
Effetti collaterali severi
Alto costo dei farmaci
Malattia cronica
Vivere soli
Mancanza di una percezione fisica immediata in caso di sospensione della cura
Mancata consapevolezza della gravità della patologia
Scarsa comprensione delle prescrizioni
Istruzioni poco chiare sulla malattia e sul farmaco
Deficit cognitivi e/o disturbi della memoria Tabella 3 Aderenza: principali barriere
Variabili dell’aderenza
L’aderenza viene spesso discussa come un fenomeno dicotomico, essa tuttavia rappresenta
aspetti di dinamicità che possono farla variare su una scala da 0 a 100 (Osterberg & Blaschke,
2005; Simpson et al., 2006); questa variabilità si può osservare anche nel tempo, in particolare
nei pazienti affetti da malattie croniche, dove le percentuali di aderenza diminuiscono in
maniera importante al termine del primo semestre di trattamento (Osterberg & Blaschke, 2005).
In linea generale, la percentuale di aderenza nelle terapia a lungo termine si attesta tra il 40-
50%, mentre la compliance nelle terapie a breve termini si è dimostrata molto superiore
attestandosi intorno all’80-90% (DiMatteo, 1995; Jin, et al., 2008).
L’analisi della letteratura ha evidenziato una serie di fattori che influenzano l’aderenza alla
terapia farmacologica (Haskard Zolnierek et al., 1987; World Health Organization, 2003) e ha
31
Fattori correlati al paziente
Fattori correlati alla relazione
medico-paziente
Fattori corelati alla terapia
Fattori legati al sistema sanitario
Fattori correlati alla patologia
Fattori sociali ed economici
Figura 1 Aderenza terapeutica
dimostrato che i pazienti possiedono e sviluppano opinioni, credenze e teorie sulla malattia che
guidano il significato dato alla prescrizione medica e ai comportamenti di self care adottati
(Vermeire et al., 2001).
È possibile suddividere le variabili in sei ambiti principali: caratteristiche del paziente,
caratteristiche del regime terapeutico, caratteristiche della malattia, relazione medico-paziente
e setting clinico (Fig. 1).
Ognuno di queste variabili può sovrapporsi ad altre, rendendo il fenomeno complesso e difficile
la sua semplificazione. L’aderenza alla terapia farmacologica riveste un’importanza
fondamentale per i sistemi sanitari e le politiche sociali ed economiche dei nostri paesi. La sua
valenza ha guidato, e ancora guida, la ricerca in particolare per gli aspetti multidimensionali del
problema, che non può e non deve essere circoscritto alla sola persona-paziente ma osservato
in un’ottica bio-psico-sociale che includa il malato, la malattia e le variabili dell’ambiente in cui
la malattia viene curata.
Fattori correlati al paziente
La dimensione soggettiva della persona che vive un’esperienza di malattia è caratterizzata da
una serie di fattori personali e ambientali che influenzano l’ aderenza alla terapia farmacologica.
ADERENZA
TERAPEUTICA
32
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (2003) ha definito i fattori relativi al paziente come
l’insieme di “risorse, conoscenze, atteggiamenti, credenze, percezioni ed aspettative del
paziente”. La letteratura ha evidenziato una serie di variabili intrinseche ed estrinseche al
paziente (Falvo, 2011; K. M. Rodriguez, 2013) :
Variabili intrinseche al paziente
Variabili intrinseche al paziente
Età e sesso, livello culturale
Tratti di personalità
Salute mentale
Health literacy
Stato cognitivo
Gravità percepita della malattia
Paura della diagnosi e delle sue conseguenze
Assenza di sintomi
Suscettibilità percepita
Vantaggi percepiti
Self-efficacy e locus of control
Pregiudizi sull’inefficacia del farmaco e sui suoi effetti collaterali.
Motivazione intrinseca vs estrinseca Tabella 4 – Variabili intrinseche al pz
Variabili estrinseche al paziente
Variabili estrinseche al paziente
Durata della terapia, complessità
Quantità e frequenza assunzione terapia
Supporto sociale
Mancata percezione beneficio del farmaco
Relazione medico-paziente
Qualità e quantità informazioni
Caratteristiche del setting clinico Tabella 5 – Variabili estrinseche al pz
Le caratteristiche del paziente in relazione all’aderenza sono state oggetto di numerose ricerche
i cui risultati non sono stati sempre omogenei. Mentre alcuni studi non hanno rilevato un’
associazione significativa con età, sesso, educazione, status lavorativo, reddito, status civile,
razza o religione (Meichenbaum e Turk, 1987; WHO, 2003), in altre ricerche le variabili relative
33
alle caratteristiche del paziente (età, sesso, livello socio-economico) hanno dimostrato di essere
correlate, almeno parzialmente, all’aderenza terapeutica. Ad esempio, i pazienti con età ≥70
anni e ≤50 hanno sembrano dimostrare percentuali di aderenza inferiori ai pazienti di età 50-69
anni (Kronish e Ye, 2013). Le variabili relative al sostegno sociale ed emotivo, coesione familiare
e presenza del coniuge sono state anch’esse correlate a un aumento delle percentuali di
aderenza (DiMatteo, 1995; Kardas et al., 2013).
Differenze di genere in ambito di aderenza sono state osservate in alcuni studi (Kumbhani et al.,
2013): in uno studio osservazionale del 2013, le donne hanno presentato percentuali più alte di
interruzione della terapia antiaggregante forse a causa degli effetti collaterali (Gukathasan et
al., 2013). Uno studio del 2014 sull’aderenza ai farmaci antipertensivi ha individuato una minore
aderenza femminile influenzata da una più elevata attribuzione causale rispetto ai fattori di
rischio, e alla percezione di minor controllo personale (Chen et al., 2014).
Tra i fattori correlati al paziente, la letteratura evidenzia la mancanza di comprensione e
consapevolezza riguardo la malattia (Ryan, 1999), la minore percezione del rischio legato alla
scarsa aderenza terapeutica (Webster & Heeley, 2010), livelli inadeguati di health literacy
(Raynor, 2008) e il mancato coinvolgimento del malato nel processo decisionale relativo alla
propria malattia (Haynes et al., 2002). Una variabile connessa alla non aderenza è rappresentata
dalla difficoltà a riconoscere la propria condizione di malato o la necessità di trattamento
(Meichenbaum & Turk, 1987). Un ostacolo all’aderenza può essere costituito anche dalla paura
della diagnosi e delle sue potenziali conseguenze, che potrebbero, in alcuni casi, compromettere
la capacità decisionale del malato, anche se correttamente informato dal sanitario (Schattner,
2010).
Le opinioni e gli atteggiamenti del paziente riguardo i farmaci e l’efficacia della cura svolgono
un effetto moderatore importante sull’aderenza (Joyner-Grantham et al., 2009; Osterberg &
Blaschke, 2005) così come la presenza di stato depressivo, disturbi d’ansia, o altri disturbi
mentali (Amin et al., 2006; Dafer et al., 2008; Kronish et al., 2006; Sundel et al., 2007). Un trial
clinico del 2002 ha dimostrato come i pazienti diagnosticati con una sindrome depressiva
maggiore fossero meno aderenti al trattamento per la SCA (Sindrome Coronarica Acuta),
rispetto a coloro che presentavano un miglioramento dei sintomi depressivi in corso di terapia
(68.6 vs 77.4%; P=0.002), (Glassman et al., 2002). Il tipo di personalità (ad es. Tipo D) può
incidere sui comportamenti di aderenza (Williams et al., 2011), così come inadeguati livelli di
motivazione possono influenzare i livelli di aderenza alla terapia (Brunner et al., 2009), o anche
34
precedenti esperienze negative in ambito di salute (Joyner-Grantham et al., 2009). La sindrome
da stress post traumatico seguente ad eventi CV correla con una scarsa aderenza,
indipendentemente dalla presenza di sintomi depressivi (Kronish et al., 2012). Il
deterioramento cognitivo del paziente anziano può anch’esso influenzare i comportamenti di
aderenza, poiché processi cognitivi e memoria prospettica sono indispensabili per la gestione
quotidiana del farmaco (Smith et al., 2017) e il funzionamento efficace dei diversi processi
mnestici è in grado di facilitare relazioni sociali oltre che promuovere un senso di identità
personale (Brandimonte, 2012).
Infine, è importante citare il ruolo svolto dalla regolazione autonoma o controllata del
proprio comportamento, anche definita motivazione intrinseca/estrinseca (Deci & Ryan, 2000).
Un comportamento si definisce autonomo quando rappresenta la volontà dell’individuo che
attribuisce un’importanza significativa al proprio comportamento; al contrario, gli individui
possono anche mettere in atto comportamenti controllati da forze e/o pressioni esterne o
intrapsichiche (Williams G.C. et al., 1998).
Fattori correlati alla patologia
L’aderenza terapeutica non è scindibile dall’aspetto attinente alla patologia. La gravità dei
sintomi, la progressione del percorso, lo stato dell’arte della terapia farmacologica e il livello di
disabilità determinato dalla malattia sono tutti fattori con i quali il paziente deve confrontarsi
quotidianamente (Kolandaivelu et al., 2014). Nel malato cronico, la presenza di comorbilità
importanti, come il diabete o la depressione, può costituire un ostacolo alla corretta e costante
assunzione del farmaco, in un regime poli-farmacologico complesso (Kolandaivelu et al., 2014;
Melloni et al., 2009).
Fattori correlati alla terapia
La complessità del regime terapeutico può anch’essa influenzare negativamente l’aderenza al
trattamento (Kolandaivelu et al. 2014). Alcuni studi hanno indicato una riduzione dell’aderenza
35
dall’80 al 50% quando la frequenza del dosaggio veniva aumentata da una a quattro dosi per die
(Claxton et al., 2001).
La terapia, soprattutto in ambito di cronicità, è spesso soggetta a modifiche e aggiustamenti in
grado di incidere sui comportamenti di aderenza del malato. I pazienti possono essere riluttanti
all’utilizzo di alcuni farmaci utilizzati in ambito CV a causa dei loro potenziali effetti collaterali,
anche di scarsa rilevanza (Fried et al., 2011; Serebruany et al., 2010). Lo studio CHARISMA (Collet
et al. 2009) ha evidenziato come piccoli sanguinamenti fossero stati riferiti dal 42.5% dei
pazienti non aderenti del gruppo intervento (clopidogrel) , rispetto al 215.1% dei pazienti del
gruppo controllo (placebo).
Fattori correlati alla relazione medico-paziente
La variabili paziente-dipendenti sono spesso influenzate dalla qualità della relazione medico-
paziente. La collaborazione tra malato e professionista sanitario per il raggiungimento degli
obiettivi terapeutici e di salute riveste una particolare rilevanza, ma è molto difficile valutare la
natura di questa interazione e misurarne le variabili (Anon, 1997; Gaw et al., 2004). Si ritiene che
una comunicazione inadeguata possa far dimenticare al paziente da un terzo a metà degli scambi
comunicativi avuti con il proprio medico (Di Matteo, 1995); tuttavia, è necessario valutare anche
le intenzioni, i comportamenti e le condizioni del malato che possono indurre a conclusioni
errate (Roberson MHB 1992; Vermeire et al. 2001).
Regimi terapeutici complessi necessitano di una particolare chiarezza sulla malattia e i suoi rischi
e sui potenziali benefici legati all’assunzione corretta e regolare dei farmaci prescritti (Maningat
et al., 2013). Una review di (Schedlbauer, Davies, & Fahey, 2010) ha evidenziato come una più
accurata informazione ed educazione del paziente sembri migliorare del 13% la percentuale di
aderenza alle statine. Alcuni studi, tuttavia, dimostrano che il tempo trascorso a condividere
l’esperienza e le abitudini di aderenza sia insufficiente (Bokhour et al., 2006; Olson & Windish,
2010). La comunicazione medico-paziente degli ultimi decenni ha visto un aumento nell’uso
delle tecnologie per la raccolta e analisi dei dati relativi all’aderenza farmacologica dei pazienti
(Lam & Fresco, 2015). Questa deriva tecnologica della medicina ha sollevato quesiti sul
potenziale arricchimento in termini di acquisizione dei dati contrapposto all’impoverimento
della comunicazione medico-paziente a scapito degli interventi a promozione dell’aderenza
(O’Malley, 2012).
36
Fattori correlati al sistema sanitario
Il sistema sanitario e le sempre più pressanti esigenze di sostenibilità economica e di
accountability delle prestazioni, hanno progressivamente ridotto il tempo delle visite; questa
riduzione del tempo effettivamente trascorso non solo con il paziente, ma insieme al paziente
possa rendere meno efficaci gli interventi educazionali, di monitoraggio e di promozione
dell’aderenza (Maningat et al., 2013). Nei paesi che non applicano un sistema sanitario
universalistico, l’aderenza può essere influenzata dal costo dei farmaci, dalla possibilità di
accesso alle visite di follow-up e dai sistemi di rimborso in uso (Kronish & Ye, 2013). La periodica
modifica di confezioni e di presentazione (forma, colore) dei farmaci può anch’essa incidere sulle
percentuali di aderenza (Kesselheim et al., 2014). I sistemi organizzativi diversi non sempre
garantiscono una continuità delle cure intesa come supporto continuo all’aderenza (ad es.
tramite follow-up telefonici) o una relazione stabile con lo stesso specialista, anche se la ricerca
ha dimostrato l’esistenza di livelli di aderenza più alti in quei pazienti che sono seguiti dallo
stesso medico per la durata del loro trattamento (Maningat et al., 2013; Rice & Stead, 2008).
Fattori sociali, ambientali ed economici
Se, da un lato, gli individui con una condizione socio-economica svantaggiata sembrano
sviluppare con maggiore facilità malattie CV rispetto a coloro che hanno livelli di istruzione e di
reddito più elevati (Franks et al., 2011), dall’altro il livello socio-economico della persona sembra
influenzare anche i tassi di ri-ricovero ospedaliero (Noori et al., 2014). L’aderenza alla terapia
farmacologica, il sostegno sociale, emotivo, la coesione familiare, lo status anagrafico, sono
tutte variabili che la letteratura correla all’aderenza farmacologica (DiMatteo, 2004). Un fattore
ancora poco indagato dalla letteratura è rappresentato dalla variabile culturale della
popolazione. Alcuni studi hanno evidenziato l’influenza che l’ambiente, la cultura e la struttura
sociale hanno sugli stili di vita delle persone (ad es. l’importanza della socialità legata al cibo, ai
fattori climatici, ecc.) (Serour et al., 2007).
37
Prospettive teoriche dell’aderenza
Principali modelli
Il percorso che porta all’aderenza o non aderenza del paziente nei confronti della terapia
prescritta avviene all’interno di un’esperienza soggettiva mediata da un grande numero di
variabili interne ed esterne che appartengono a dimensioni complesse che è necessario
comprendere. L’aderenza alla terapia farmacologica è frutto di un complesso processo
cognitivo, comportamentale ed emozionale all’interno del quale interagiscono elementi diversi
che possono essere attribuiti al paziente, all’ambiente in cui egli vive la propria esperienza di
malattia e alle caratteristiche stesse della sua malattia e del percorso di cura (Sirur, Richardson,
Wishart, & Hanna, 2009). Nonostante la complessità trasversale del problema, l’aderenza
rappresenta il principale fattore comportamentale modificabile (Stroebe & Stroebe, 1997;
WHO, 2003). A oggi, sono più di 200 le variabili identificate che correlano con l’aderenza a
farmaci e stili di vita (Brawley & Culos-Reed, 2000; Sirur et al., 2009). Le principali teorie
sviluppate a spiegazione del cambiamento trattano principalmente la relazione cognizione-
comportamento e il rapporto contesto-comportamento.
I modelli dell’aderenza rappresentano costrutti teorici creati per chiarire le dimensioni
complesse che guidano i comportamenti di aderenza del malato. possono essere utilizzati come
guida di sviluppo e implementazione di interventi tailor-made a supporto dell’aderenza.
Numerose sono le teorizzazioni psicologiche sull’aderenza. Oltre al modello bio-psico-sociale
che guida oggi, almeno formalmente, i protocolli operativi dell’assistenza al malato cronico
(Engel, 1977; Leventhal & Cameron, 1987.) hanno identificato e riunito cinque principali
prospettive sull’aderenza, a oggi utilizzate, sole o in maniera integrata, negli interventi socio-
sanitari a sostegno della promozione della salute: la prospettiva biomedica, comportamentale,
della comunicazione, cognitiva e dell’autoregolazione. Ad esse si aggiungono il modello
transteorico degli stadi di cambiamento (Prochaska et al., 1992), il modello IMB (Fisher et al.,
2003) e il modello di (Meichenbaum & Turk, 1987).
38
Prospettiva biomedica
La storia della medicina ha assistito alla trasformazione del rapporto medico-paziente che si è
gradualmente allontanato da una condivisione di esperienze facilitata dalla vicinanza al “letto
del malato” per giungere alla frammentazione dell’esperienza definita dal contesto
medicalizzato del “letto di ospedale” e dalla “medicina di laboratorio” (Annandale, 1998). Il
cambiamento dalla centralità della persona alla centralità dell’organo ha dato vita al modello
biomedico della salute e della malattia che resta, a oggi, la prospettiva dominante delle
organizzazioni sanitarie (WHO, 2003). Il modello biomedico segue un approccio riduzionista
all’interno del quale mente e corpo rappresentano due entità separate e di importanza diversa
l’una dall’altra, mentre la malattia è un fenomeno naturale che si presenta separato
dall’esperienza diretta del paziente. La negazione dell’interazione tra individuo e contesto socio-
ambientale definisce la persona all’interno di un quadro di “neutra scientificità” (Annandale,
1998) e la rende divisibile e invisibile alla totalità della cura. Il paziente, in quest’ottica organo-
centrica, riceve le istruzioni del medico e le esegue passivamente (Ross & Deverell, 2004). Il
farmaco è la cura dell’organo o del sistema di organi, non della persona.
La razionalizzazione della medicina si accompagna ad una progressiva perdita di soggettività; il
vissuto del paziente è considerato “inattendibile” e la contestualizzazione del malato avviene
senza contesto che non sia quello strettamente biomedico. L’aderenza del paziente è quindi
vissuta come espressione di un ruolo passivo della persona che “esegue” quanto prescritto dal
sanitario; la non aderenza viene spiegata in termini di caratteristiche del paziente (socio-
demografiche, di personalità, ecc.), spesso ignorando le variabili multidimensionali, in
particolare psicosociali e di comunicazione, ad esse associate. Gli interventi a promozione
dell’aderenza sono quindi etero-diretti al paziente e la responsabilità ultima del comportamento
ricade sul malato (Wade & Halligan, 2004).
39
Prospettiva bio-psico-sociale
Sviluppatasi nel corso degli anni Settanta del secolo scorso alla luce dei nuovi scenari clinici ed
epidemiologici, il modello bio-psico-sociale colloca la salute in un ambito sistemico (Von
Bertalanffy, 1968) che spiega la condizione di salute o malattia come il risultato dell’interazione
tra fattori biologici, psicologici e sociali (Engel, 1977, 1980; Schwartz, 1982). Al modello
biomedico si rimprovera di ignorare i fattori psicologici e sociali che modulano l’efficacia di
risposta alla malattia, e di minimizzare l’importanza della relazione medico-paziente. La
prospettiva bio-psico-sociale riconosce, attraverso il suo approccio sistemico, l’interazione tra
micro e macro processi, la interdipendenza corpo-mente e la considerazione della salute come
obiettivo dinamico in divenire e non come semplice stato da salvaguardare (Engel, 1980).
Prospettiva comportamentale dell’apprendimento
La teoria comportamentale dell’apprendimento (Behavior Learning Theory, BLT) considera
l’apprendimento come prodotto tra stimolo (S) e risposte allo stimolo (R). Tale prospettiva
evidenzia il ruolo dell’ambiente e l’importanza dell’insegnamento di capacità (skills) utili ad
gestire i propri comportamenti di aderenza (Sackett et al., 1975). La teoria sostiene che
l’apprendimento è il risultato di condizionamento (Skinner, 1974, 1989) e sottolinea il ruolo
svolto dai meccanismi di rinforzo positivo e negativo come rilevanti modalità di influenza dei
comportamenti di aderenza dell’individuo. L’aderenza del paziente a un particolare
comportamento, come l’assunzione di un farmaco, dipende in parte dagli antecedenti e dalle
conseguenze di un certo comportamento. I primi possono essere interni (pensieri), oppure
stimoli esterni ambientali; entrambi possono avere conseguenze positive (ricompensa) o
negative (punizione) per la persona (Munro et al., 2007; WHO, 2003). La probabilità che un
individuo, o un sistema, attivi o persegua un certo comportamento dipende in parte da ciò che
precede o segue il comportamento stesso (Skinner, 1953).
Il modello BLT concentra la propria attenzione sulle influenze esterne al comportamento; manca
pertanto di specificità individuale, non tenendo conto delle influenze inconsce che agiscono sul
comportamento indipendentemente dalla ricompensa (Blackwell, 1992), come le abitudini o i
comportamenti pregressi o la difficoltà ad accettare la diagnosi di malattia (Munro et al., 2007).
40
Prospettiva della comunicazione
Questa prospettiva privilegia l’importanza della relazione comunicativa con il professionista
sanitario, e include gli interventi educazionali e di rinforzo dell’aderenza (Ross & Deverell, 2004);
la letteratura ha dimostrato il ruolo svolto dalla comunicazione medico-paziente in ambito di
non aderenza alla terapia CV (Bosworth et al., 2011). La comunicazione, centrale alla relazione
terapeutica (Ross & Deverell, 2004), diventa uno strumento di cura e di costruzione di un
rapporto fiduciario medico-paziente basato sulla chiarezza e il tempismo della comunicazione.
Le modalità relazionali-comunicative del sanitario e l’accoglienza dei bisogni del paziente, anche
in relazione alla semplificazione della cura (Kronish et al., 2012), hanno dimostrato di avere un
impatto sull’aderenza (Kronish & Ye, 2013).
Sebbene la parte comunicativa della relazione medico-paziente sia presente in numerosi
interventi a promozione dell’aderenza che hanno dimostrato l’associazione positiva tra
comunicazione, soddisfazione percepita del paziente (Lewin et al., 2001) e outcome di salute
(Griffin et al., 2004), le componenti della comunicazione sono state studiate prevalentemente
come co-variabili e sembrano avere un ruolo importante ma gregario nella promozione
dell’aderenza alla terapia farmacologica (Munro et al. 2007; Ley, 1988).
Prospettiva cognitivista
Il Cognitivismo critica l’ipotesi di una semplice relazione lineare tra stimolo e risposta propria del
comportamentismo e rivaluta il ruolo delle variabili intermedie (strutture e processi mentali)
che analizzano gli stimoli attribuendo loro dei significati. Queste teorie considerano
atteggiamenti e credenze parti importanti dell’aderenza e le variabili cognitive come variabili
fondamentali del processo di cambiamento comportamentale. Il modello di personalità definito
dalle teorie socio cognitive è rappresentato da un individuo in grado di autoregolare il proprio
comportamento in maniera proattiva. La prospettiva cognitivista raccoglie una serie di teorie tra
cui la teoria social-cognitiva (TSC) (Bandura, 2005), il modello delle credenze sulla salute (HBM)
(Luo & Craik, 2008; Becker & Maiman, 1975), le teorie dell’azione ragionata (TRA) (Ajzen &
Fishbein, 1975) e del comportamento pianificato (Ajzen, 1985). Il tema dell’invecchiamento e
della memoria, in particolare il ruolo della memoria prospettica, rientra anch’esso in una
41
prospettiva cognitivista particolarmente rilevante in tema di aderenza nella malattia cronica
(Brandimonte et al., 1996; Luo & Craik, 2008).
Teoria sociale cognitiva (TSC)
La problematica dell’aderenza è stata studiata anche in ambito sociale (Zeber et al. 2013; Turk
& Meichembaum, 1991), in considerazione dell’aumento delle malattie croniche e delle sfide
che esse pongono all’individuo e all’ambiente sociale di cui fa parte (Smith et al. 2015). La teoria
sociale cognitiva di Bandura (2005) definisce la relazione tra l’individuo, unico nella propria
dimensione fatta di fattori cognitivi, affettivi e biologici, e l’ambiente sociale a cui appartiene e
che ne orienta la condotta, senza tuttavia condizionarla (Bandura, 2005). L’individuo
rappresenta una forza attiva che costruisce la propria realtà, ne codifica le informazioni in modo
selettivo, attiva comportamenti sulla base dei propri valori ed aspettative, ed impone una
struttura alle proprie azioni (Bandura, 2005). Il potenziale umano offre a ogni persona, quindi,
la capacità di osservare, valutare, pianificare obiettivi, immaginare le possibili conseguenze delle
proprie azioni; l’individuo può confrontare le esperienze passate con quelle attuali
automotivandosi, premiandosi e penalizzandosi. L’auto-efficacia è una delle variabili cognitive
che più influenza il comportamento degli individui ed è parte di numerosi modelli di analisi
dell’aderenza (Martos-Méndez, 2015). La teoria, sviluppata da Bandura all’interno della Teoria
Cognitiva Sociale (Bandura, 1977), definisce la relazione tra autoefficacia e comportamenti di
self-care in ambito di salute (Bandura, 2005). Il concetto di autoefficacia si riferisce alla
convinzione soggettiva riguardo la propria capacità di attuare i comportamenti necessari per
ottenere specifici risultati (Bandura, 1999) e come l’abilità percepita di controllare, prevenire o
gestire le difficoltà che potrebbero intervenire durante l’esecuzione di un particolare
comportamento o prestazione (Gosselin & Maddux, 2003). Secondo questa teoria, la
motivazione di un individuo è proporzionale alla forza del proprio convincimento di possedere
le capacità necessarie a compiere determinate azioni (Connolly et al., 2014). L’autoefficacia della
persona viene sostenuta dalla componente sociale e dall’influenza esercitata dalle relazioni
interpersonali; la ricerca ha infatti confermato il ruolo svolto dal sostegno sociale nei
comportamenti di salute (Martin Ladero et al., 2011).
Nel suo sviluppo, la teoria socio-cognitiva abbraccia ed espande il concetto di auto-efficacia
approdando al costrutto dell’agentività umana (human agency) come capacità di agire
42
all’interno di un contesto e trasformarlo per ottenere risultati intenzionalmente perseguiti
(Bandura, 1999; Caprara & Cervone, 2003). L’agentività umana si attiva e opera all’interno di
una struttura relazionale triadica caratterizzata da interdipendenza e causalità, dove elementi
cognitivi, affettivi e biologici (fattori personali interni) si intersecano con i comportamenti e gli
eventi ambientali esterni che caratterizzano l’esperienza individuale (Bandura, 2005; Gheno,
2010). Quando la persona vive l’esperienza all’interno di un gruppo (team) formato da due o più
elementi, è necessario prendere in considerazione il peso dell’intervento condiviso e la
conseguente percezione di efficacia collettiva (Bandura, 2001).
Nonostante le conoscenze acquisite in letteratura sul ruolo dell’autoefficacia e del sostegno
sociale nei comportamenti di salute, scarsa considerazione è stata riservata all’origine delle
credenze in tema di salute e aderenza (Weinstein, 1988) e non si considerano con sufficiente
chiarezza altri fattori come l’equilibrio di potere tra stakeholders e la possibilità che i
comportamenti a rischio, incluso quelli di non aderenza, possano coinvolgere non solo
l’individuo, ma anche altri attori (Atreja et al., 2005). Anche l’associazione positiva tra ambiente
sociale e aderenza non è stata ancora chiaramente definita (Brassington et al., 2002; Ladero et
al., 2009).
Teoria dello stile di attribuzione - Locus of Control Model (LOC)
Si definisce “attribuzione” un processo cognitivo attraverso il quale il soggetto cerca di spiegarsi
un evento attraverso il collegamento ad una causa specifica. Derivato dalla teoria
sull’apprendimento sociale di (Rotter, 1966), il modello del LOC contiene tre dimensioni
principali che costituiscono le attribuzioni: la situazione, il momento, il locus of control (Wallston
et al., 1978). Le attribuzioni di tipo situazionale possono essere globali (trascendono la situazione
particolare) o specifiche (prendono in considerazione solo la causa della situazione in oggetto).
Le attribuzioni relative al momento utilizzano la dimensione temporale e si differenziano in
stabili (eventi simili sono accaduti e accadranno in futuro) e instabili (ogni situazione è un evento
isolato, non ripetibile). La dimensione del locus of control (luogo del controllo) Indica invece il
processo di attribuzione causale secondo cui alcuni individui tendono ad attribuire a se stessi le
cause degli eventi e a operare un processo di assunzione di responsabilità diretta (locus of
control interno), mentre altri tendono ad attribuire la causalità a fattori esterni (locus of control
43
esterno). La letteratura ha evidenziato che le persone orientate internamente sono in grado di
affrontare con maggiore efficacia situazioni impegnative.
La ricerca in questo ambito ha dato risultati diversi: numerosi studi, infatti, hanno osservato una
forte correlazione tra aderenza e LOC elevato (Hong et al., 2006). Alcuni studi, tuttavia, hanno
identificato deboli o scarse correlazioni tra LOC e aderenza terapeutica (Bane et al., 2006). La
ricerca ha stabilito come le persone non possano essere chiaramente definite come aventi un
LOC interno o esterno, e che l’attribuzione causale deve tenere in considerazione le diverse fonti
di controllo (Wallston et al., 1978).
Teoria delle credenze sulla salute (HBM)
L’Health Belief Model (HBM) (Rosenstock et al., 1988) è stato costruito come un’associazione di
variabili in grado di influenzare il comportamento di salute dell’individuo, in risposta ad una
malattia percepita come una minaccia alla propria integrità. Secondo il modello HBM, la
probabilità di adozione di un comportamento, come quello di aderenza, è dipendente da quattro
processi mentali:
- Vulnerabilità percepita – il rischio soggettivo percepito dall’individuo;
- Gravità percepita – pericolosità attribuita ad una malattia in termini assoluti
e relativi;
- Costo vs beneficio percepito – attribuiti al farmaco non solo in termini
economici;
- Stimoli all’azione – percezione di una conseguenza positiva/negativa
associata al comportamento di aderenza/non aderenza (ad es.
miglioramento o peggioramento dei sintomi);
Il modello è stato in seguito integrato dal concetto di aspettativa dell’efficacia (efficacy
expectation) (Rosenstock et al. 1988), che include la convinzione, da parte dell’individuo, di
essere in grado di mettere in atto il comportamento di self-care.
L’HBM sembra essere una teoria chiaramente esplicativa ed efficace nel caso di comportamenti
legati all’evitamento della malattia e alla paura del contagio (Biddle & Nigg, 2000; Murray-
Johnson et al., 2005). Tuttavia, questo modello non prende in considerazione le risposte
emozionali associate alla percezione della malattia, non considera altre variabili che la
44
letteratura associa ai comportamenti (ad es. intenzione e pressione sociale) ed è caratterizzato
da una fondamentale mancanza di dinamicità non considerando la possibile modifica delle
credenze nel tempo. All’inizio degli anni ’90, uno studio di meta-analisi ha evidenziato una bassa
correlazione con i comportamenti adottati dall’individuo in ambito di self-care (Harrison et al.,
1992).
45
Teoria dell’azione ragionata (TRA) e Teoria del comportamento pianificato (TPB)
La teoria dell’azione ragionata (TRA) (I. Ajzen & Fishbein, 1980) è un modello che attribuisce
all’intenzione un ruolo fondamentale all’interno del comportamento di salute. L’intenzione
viene considerata la sintesi di un atteggiamento individuale costituito dalle credenze del
soggetto, dal loro valore, e dalle norme sociali rilevanti. L’intenzione è quindi una funzione di
diversi elementi: l’atteggiamento nei confronti di un certo comportamento, inteso come il
giudizio positivo o negativo attribuito dal soggetto a un certo comportamento (“il diuretico e
tanto fastidioso da prendere, ma per me e importante evitare altri ricoveri” Q00215), la
percezione soggettiva delle norme sociali rappresentata dal grado di influenza che le opinioni
degli altri “referenti” (familiari, colleghi, sanitari) hanno sul comportamento dell’individuo (“mia
figlia e mio genero mi dicono che è da stupidi non prendere i farmaci, quindi li prendo anche se
non vorrei” Q00120), e la fiducia nella propria capacità di esercitare un controllo sul
comportamento (“se mi ci metto penso che le posso prendere queste benedette medicine”
Q0056).
Il modello TPB (Theory of Planned Behavior) (Icek Ajzen, 1991) amplia e approfondisce la Teoria
dell’azione ragionata spiegando il comportamento dell’individuo come conseguenza di
un’intenzione che è, a sua volta, esito dell’interazione tra atteggiamento verso il
comportamento, norme soggettive e percezione di controllo. L’intenzione comportamentale
rappresenta il fulcro del modello e si basa sull’atteggiamento relativo alla probabilità che il
comportamento avrà un esito specifico e sulla valutazione soggettiva dei rischi e benefici
connessi all’azione. La TPB è costituita da sei costrutti principali:
- atteggiamenti – il grado di valutazione favorevole o sfavorevole data dal
soggetto al comportamento in oggetto.
- intenzione comportamentale – si riferisce ai fattori motivazionali che
influenzano un dato comportamento. Maggiore è l’intenzione di attuare uno
specifico comportamento, maggiore sarà la probabilità che ciò accada;
- norme soggettive – l’opinione soggettiva in merito all’approvazione o
disapprovazione del comportamento da parte degli altri, in particolare da
persone o gruppi la cui opinione è ritenuta importante dalla persona;
- norme sociali – codici di comportamento del proprio gruppo o contesto
culturale;
46
- potere percepito – la percezione soggettiva della presenza o assenza di
fattori che facilitino in misura diversa l’esecuzione del comportamento;
- controllo comportamentale percepito – la percezione del grado di
facilità/difficoltà di esecuzione del comportamento in oggetto. L’aggiunta di
questo costrutto ha dato vita alla Teoria del comportamento pianificato.
La teoria ha trovato implementazione in ambito sanitario; tuttavia la sua mancata
considerazione delle possibili variabili “distali” ambientali, demografiche, attitudinali ed
economiche pone delle limitazioni al suo utilizzo (Glanz et al., 2008). La teoria si fonda inoltre
sul presupposto che l’individuo abbia opportunità e risorse necessarie per attuare il
comportamento desiderato, cosa peraltro non sempre vera. Il modello, basato sul principio di
intenzionalità della condotta, non fornisce le indicazioni necessarie in merito ai fattori che
guidano il passaggio dalle intenzioni al comportamento e non tiene conto che il comportamento
possa modificarsi nel tempo a seguito di un cambiamento dei processi decisionali e dei fattori
che li guidano (Glanz et al. 2008).
Sono state sollevate critiche a questi modelli a causa della loro percepita staticità che non tiene
sufficientemente conto né della dimensione temporale né dell’aspetto processuale dell’azione,
concentrando l’attenzione principalmente sull’aspetto socio-cognitivo (Zani & Cicognani, 2000).
Teoria della motivazione a proteggersi
Secondo questa teoria, teoria sviluppata da Rogers (1975), l’aderenza al trattamento è collegata
alla valutazione delle minacce e delle possibilità di adattamento (coping) fatta dall’individuo.
La presenza di ricompense intrinseche o estrinseche può determinare risposte maladattive
della persona (ad es. il non assumere il diuretico permette al paziente di uscire di casa senza la
necessità di fermarsi frequentemente a urinare). Il comportamento di aderenza, per attuarsi
deve essere percepito dall’individuo come un modo efficace (efficacia della risposta) di
migliorare la propria salute (ad es. ridurre la propria dispnea) e la persona deve sentirsi in grado
(autoefficacia) di eseguire il comportamento con costi minimi (ad es. facilità di trovare servizi
igienici in città).
Questo approccio, al pari di altri modelli che utilizzano variabili cognitive, si focalizza sulla
percezione individuale delle minacce per la propria salute e sulla valutazione dei fattori che
47
possono essere di ostacolo o di aiuto all’aderenza. Tuttavia, il modello non prende in sufficiente
considerazione il ruolo delle capacità comportamentali di adattamento dell’individuo (WHO,
2003).
Prospettiva dell’ autoregolazione (SRM)
Questo approccio, definito da Leventhal e colleghi (1997) “il modello di senso comune della
rappresentazione di malattia” fornisce una struttura esplicativa di come sintomi ed emozioni
individuali esperiti nel corso di una diagnosi o di un evento di malattia influenzano la percezione
soggettiva della malattia e guidano i comportamenti futuri (Diefenbach & Leventhal, 1996;
Leventhal et al., 1997); esso integra variabili ambientali e risposte cognitive della persona alle
minacce percepite nei confronti della propria salute all’interno di un modello di autoregolazione.
Secondo questo modello, il soggetto tenta di comprendere la propria malattia sviluppando una
rappresentazione della malattia (significato, cause, conseguenze, durata, comportamenti
necessari a fronteggiarla, ecc.) a partire dalla propria esperienza passata, influenze sociali e
interazioni con gli operatori sanitari (Browning et al., 2009). La teoria dell’autoregolazione
considera l’individuo in grado di rispondere dinamicamente alla malattia e ripristinare il proprio
stato di salute attraverso una valutazione e interpretazione della propria malattia (Leventhal et
al., 1998); ciò avviene attraverso i processi di rappresentazione, coping e valutazione che
interagiscono tra loro in maniera dinamica nel momento in cui la salute dell’individuo viene
minacciata o modificata (Leventhal et al., 2001).
La prospettiva dell’autoregolazione offre una visione interessante sul ruolo importante che le
percezioni soggettive di salute possono avere sull’aderenza terapeutica (Kaptein et al., 2001);
la ricerca deve, tuttavia, ancora chiaramente definire l’influenza che l’età avanzata (la Quarta
Età) (Suzman et al., 1992) può esercitare sui meccanismi di autoregolazione negli ambiti di salute
e cognitivi (Gerstorf & Ram, 2009).
48
Nuovi approcci al tema dell’aderenza
Modello transteoretico degli stadi di cambiamento
Questo modello integrativo e bio-psico-sociale dell’ aderenza (Prochaska et al., 1992) suddivide
il processo in cinque fasi che caratterizzano il percorso di decisione all’azione dell’individuo:
secondo il modello, la capacità di modificare il comportamento è funzione dello stadio
raggiunto. Nella fase iniziale precontemplativa gli individui non sono consapevoli delle
conseguenze del proprio comportamento e questo non permette loro di esprimere alcuna
intenzione di cambiamento. Durante la fase contemplativa, invece, l’individuo inizia a pensare
al cambiamento del proprio comportamento, senza tuttavia assumersi impegni precisi di
attuazione. Segue la fase di preparazione, caratterizzata di un movimento dinamico
dell’intenzione e da tentativi di modifica del comportamento. Durante la fase di azione, invece,
si attivano processi di rivalutazione del sé, attraverso i quali l’individuo si convince della propria
possibilità di cambiare e si impegna a farlo. La fase di mantenimento indica un’azione (ad es.
l’aderenza) mantenuta per un periodo di tempo prolungato. Gli eventuali fallimenti
comportamentali stimolano l’apprendimento di nuove strategie (Prochaska et al., 1992).
Il Modello transteoretico identifica strategie da adottare negli interventi personalizzati di
promozione della salute, ma la teoria sulla quale si fonda non tiene conto del contesto sociale
all’interno del quale il cambiamento opera, ad esempio il reddito dei soggetti. Mancano, a oggi,
criteri ben definiti riguardanti la valutazione della fase d cambiamento in cui si trova l’individuo
e non viene tenuto in considerazione l’impatto di fattori di salute confondenti (Wayne , 2016).
Modello informazione-motivazione-competenze comportamentali (IMB)
Questo modello di aderenza prende in considerazione quattro stadi fondamentali, ognuno dei
quali si associa ad una strategia finalizzata a superare lo stadio attuale per passare alla fase
seguente: l’informazione, la motivazione, le competenze comportamentali e le azioni (William
A. Fisher et al., 2003). L’informazione rappresenta la conoscenza della malattia da parte del
malato; la motivazione esprime la capacità del paziente di perseguire comportamenti di
aderenza; le competenze comportamentali rappresentano l’insieme di strategie e di strumenti
utili all’adozione di un comportamento di aderenza alla terapia prescritta, ottenere sostegno
49
sociale, sviluppare strategie efficaci di auto-regolazione e tradurre le proprie competenze in
azioni finalizzate al self-care(Fisher et al., 2006).
Se, da una parte, la ricerca ha dato risultati interessanti in particolare in merito ai costrutti
motivazionali e comportamentali (Kalichman et al., 2001), essa manca ancora di un necessario
approfondimento sui fattori legati alla motivazione personale e sociale in sottogruppi di pazienti,
anche in ambito cardiovascolare (Amico et al., 2009).
Modello di Meichenbaum e Turk
Questo modello tiene conto della difficoltà, da parte del paziente, a riconoscere la propria
condizione di malato o la necessità di seguire un trattamento. Questa condizione di negazione
della malattia, porta l’individuo a dissociarsi dalla cura, evitando di venire a contatto e sviluppare
conoscenza e consapevolezza sulla malattia e sui percorsi di cura. Il modello identifica quattro
fattori interdipendenti che agiscono sull’aderenza (Meichenbaum & Turk, 1987):
- la conoscenza e le abilità in merito ai propri problemi di salute, i necessari comportamenti
autoregolatori, i meccanismi di azione di tali comportamenti e l’importanza dell’aderenza;
- le credenze sulla suscettibilità e severità percepita, l’autoefficacia, le aspettative di outcome e
i relativi costi;
- la motivazione : rinforzo, valori, attribuzioni interne di successo (gli esiti positivi hanno un ruolo
di rinforzo, ma gli esiti negativi non vengono vissuti come fallimenti ma come guide per la
modifica del proprio comportamento,
- l’azione – attivata da stimoli adeguati, guidata da un opportuno richiamo delle informazioni e
dalla valutazione delle risorse e opzioni comportamentali a disposizione.
50
Modello della memoria prospettica
Un elemento importante emerso in letteratura è rappresentato dal ruolo dei deficit
neurocognitivi in ambito di aderenza, in particolare quelli relativi alla memoria episodica,
funzioni esecutive , problem solving, apprendimento, attenzione e velocità di elaborazione delle
informazioni (Zogg et al., 2012). Un elemento fondamentale per l’esplicitazione dei
comportamenti di aderenza è rappresentato dalla memoria prospettica, quel tipo, cioè, di
memoria che riguarda i processi e le abilità coinvolte nel ricordo e recupero di intenzioni da
realizzarsi in un determinato momento collocato nel futuro (Meacham & Singer, 1977). Due
sono le distinzioni principali sulla memoria prospettica: la prima riguarda la memoria basata
sull’evento (event-based) , la seconda è la memoria basata sul tempo (time-based). La memoria
event-based richiede minori risorse cognitive rispetto alla memoria time-based, la quale
necessita di maggiore partecipazione e dell’attivazione di specifici processi cognitivi della
persona. Il processo multidimensionale della memoria prospettica tocca aspetti cognitivi,
emotivi e motivazionali dell’individuo e viene definito da cinque fasi principali (Ellis, 1996):
1. Formazione dell’intenzione – comporta la codifica del contenuto dell’azione
futura, l’intenzione del comportamento e il contesto di recupero.
2. Intervallo che intercorre tra il momento della codifica dell’intenzione e l’inizio
dell’intervallo potenziale riferito alla prestazione. Durante questa fase di
delay il soggetto può eseguire altre attività che richiedono un’alta
percentuale di risorse cognitive.
3. Intervallo di prestazione – periodo temporale durante il quale è necessario
recuperare l’intenzione.
4. Attualizzazione dell’intenzione, quando si inizia ad eseguire l’azione
prefissata.
5. Valutazione del risultato attraverso il confronto con il contenuto
retrospettivo.
Un recente studio (Insel et al., 2016) finalizzato al miglioramento della memoria prospettica in
ambito di aderenza ai farmaci antipertensivi, ha dimostrato un significativo, ma temporaneo,
miglioramento dell’aderenza, a dimostrazione dell’importanza del tema, ma anche della
necessità di maggiore ricerca in questo ambito.
51
Base teorica della ricerca
Introduzione: modello bio-psico-sociale della salute e mindfulness
La struttura di indagine di questa ricerca trae origine dall’interesse per il modello bio-psico-
sociale della salute (Engel G. , 1977; Engel, 1980; Capra, 1982). Per il paradigma fenomenologico
ermeneutico (Husserl, 1964; Heidegger, 1962, Heidegger, 1988; Gadamer, 1976), la
fenomenologia della Mindfulness e della Mindful Inquiry (Kabat-Zinn, 2003), (Van Deurzen,
2016; Malhotra Benz & Shapiro, 1998). La persona ammalata è al centro di un sistema
complesso, influenzato da variabili multidimensionali in grado di incidere sul decorso della
malattia e i comportamenti di cura (Engel, 1980; Frankel et al., 2003); il malato si trova immerso
in un sistema ecologico relazionale costituito da soggetti che attribuiscono specifici significati a
atteggiamenti, credenze, strategie e obiettivi (Cohen & Clark, 2010; Frankel et al., 2003). Il
modello biomedico, invece, si fonda sull’ideologia della persona-organo e riconosce gli
atteggiamenti, comportamenti, opinioni ed emozioni individuali come effetti collaterali di
un’umanità “ingenua”, che solo la conoscenza medica può curare; le credenze soggettive dei
pazienti sono considerate superstizioni o interpretazioni errate superabili solo con “dosi
terapeutiche di informazioni fattuali” (Fee & Krieger, 1993); soggettività e cultura sono
considerati irrilevanti per il raggiungimento della “verità”, mentre la conoscenza scientifica viene
considerata estranea al contesto sociale.
Il paradigma fenomenologico accoglie l’aspetto rappresentativo della malattia e del suo
significato simbolico legato all’esperienza soggettiva del malato; ne consegue che le attività di
assistenza alla persona siano espressioni di un “agire significativo”, dotate quindi di senso
(Donati & Terenzi, 2006). Attraverso l’incontro tra l’esperienza individuale, l’interpretazione
data al proprio vissuto di salute-malattia e le interpretazioni degli altri partecipanti, si definisce
una costruzione intersoggettiva (Engelhardt & Spicker, 1976), che permea di significato il singolo
e l’ambiente. Questa complessità della relazione uomo-ambiente, se correttamente
riconosciuta e supportata, determina la resilienza della rete e degli elementi che la compongono
(Capra, 1982). Ogni individuo percepisce il mondo e lo spiega, a sé stesso e agli altri, in un’ottica
soggettiva di interpretazione mediata dal significato attribuito alle esperienze vissute. Il mondo
umano non è una situazione sperimentale e non contiene cose separate le une dalle altre; ogni
soggetto e oggetto si collocano in un orizzonte relazionale interdipendente. La Mindfulness,
definita da Kabat-Zinn (2003) come “il processo di prestare attenzione in modo particolare:
52
intenzionalmente, in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza nel presente
momento dopo momento” permette di vivere il significato interdipendente dell’esperienza
nostra e altrui attraverso un atteggiamento di curiosità, apertura e accoglienza empatica
(Bishop, et al., 2004). La pratica della Mindfulness guida i meccanismi di autoregolazione
dell’attenzione (Bishop, et al., 2004) e permette di applicare all’esperienza una “conoscenza
metacognitiva” intesa come relazione amichevole con i propri pensieri e le proprie esperienze
sensoriali priva dell’identificazione tra “stato mentale” e “fatto” (Teasdale et al., 2003).
La malattia può diventare, quindi, strumento di riorganizzazione del proprio significato e
occasione di auto-riflessione e crescita. L’approccio olistico nei confronti della persona e del
contesto in cui essa vive la propria esperienza di cura e auto-cura, inclusa quella dell’aderenza
al farmaco e a stili di vita coerenti con l’obiettivo-salute, permette un’analisi human-centred
estesa al sistema osservante e all’osservatore presente all’interno di questo sistema,
evidenziando le variabili multidimensionali che guidano il processo di conoscenza e di
attribuzione di significato alla realtà vissuta attraverso aspetti biologici, individuali, familiari,
sociali, culturali e di contesto. La ricerca scientifica rappresenta uno dei diversi “modi di
conoscere” il mondo (Belenky et al., 1986). In particolare, quella che viene definita “indagine
consapevole” (Mindful Inquiry) è intimamente legata alla nostra consapevolezza di noi stessi e
del mondo come due aspetti intimamente connessi, seppur dotati di forma ed espressione
individuali; la capacità riflessiva del ricercatore diventa insieme guida e metodo (Malhotra Benz
& Shapiro, 1998).
53
Problema di ricerca e ipotesi dello studio
Cosa influenza l’aderenza alla terapia farmacologica nel paziente cardiopatico cronico
complesso? Come vive il malato l’esperienza della malattia e del self-care? Come si attivano i
comportamenti di self-care e di aderenza alla terapia prescritta? Chi sono, come vivono, cosa
pensano i malati del Centro Cardiovascolare ASUI di Trieste?
Si è ipotizzato che nella nostra popolazione di riferimento costituita da cardiopatici complessi
della Provincia di Trieste, a parità di sesso, età e comorbilità, esistano alcune specifiche variabili
psico-sociali in grado di influenzare significativamente l’aderenza terapeutica dei pazienti
cardiopatici complessi. L’identificazione di queste variabili non ancora messe in luce nelle
ricerche precedenti e il loro utilizzo sinergico con le variabili amministrative e cliniche
attualmente in uso, potrebbe migliorare l’efficacia e la sostenibilità degli interventi di
valutazione del rischio di non aderenza e di educazione alla salute e dare un significato più
sostanziale ai percorsi multidisciplinari integrati di prevenzione e cura.
54
Obiettivi dello studio
Ponendosi come target l’identificazione dei rischi di non aderenza alla terapia farmacologica, la
ricerca è stata guidata dai seguenti obiettivi:
Obiettivo 1: analizzare i fattori predittivi della non aderenza alla terapia
Descrivere la popolazione dei cardiopatici complessi della Provincia di Trieste afferenti al Centro
Cardiovascolare (CCV) ASUI di Trieste per analizzare i fattori di rischio potenzialmente predittivi
della non aderenza alla terapia farmacologica. Tale obiettivo è stato guidato dalla ricchezza della
letteratura scientifica internazionale in tema di aderenza terapeutica e, contemporaneamente,
ha trovato motivazione nella oggettiva scarsità di informazioni specifiche al contesto psico-
sociale di appartenenza della popolazione cardiopatica della provincia di Trieste.
Fase 1 - È stata operata una revisione della letteratura internazionale per individuare gli ambiti
di discussione e di evidenza della comunità scientifica sull’argomento dell’aderenza terapeutica,
in particolare, sono state approfondite le seguenti cinque prospettive teoriche dell’aderenza: la
prospettiva biomedica, comportamentale, sociale, comunicativa, socio-cognitiva e la
prospettiva legata alle abilità autoregolatorie.
Fase 2 - Sulla base della letteratura esistente, sono stati individuati una serie di strumenti
psicometrici validati che si è deciso di includere nel questionario per la valutazione di ansia e
depressione: il test Generalized Anxiety Disorder / - GAD-7 (Spitzer et al., 2006); il Patient Health
Questionnaire 9 – PHQ9 (Spitzer et al., 1999).
Fase 3 – Sono state raccolte le testimonianze e le opinioni di testimoni privilegiati, attraverso
interviste focalizzate di gruppo (focus group) somministrate dalla ricercatrice a un gruppo di
medici cardiologi e infermieri operanti negli ambulatori del CCV (Ambulatorio Scompenso
Cardiaco Avanzato – ASCA e Ambulatorio della Terapia Anticoagulante Orale - TAO).
Fase 4 – La raccolta di opinioni “esperte” di testimoni privilegiati è stata arricchita da interviste
semi-strutturate a un campione ragionato di pazienti e caregiver afferenti al CCV di Trieste.
Fase 5 – Sulla base delle indicazioni fornite dalla letteratura e dai risultati delle interviste
focalizzate con operatori, pazienti, caregiver e avvalendosi dell’esperienza maturata dalla
55
ricercatrice in ambito cardiovascolare, è stato sviluppato ad hoc il questionario Beliefs and
Behaviour on Adherence Questionnaire (BABA-Q).
Fase 6 – dopo ripetute revisioni (test e re-test) del questionario BABA-Q, la versione finale è
stata somministrata a un campione di 250 pazienti adulti afferenti al CCV ASUI di Trieste.
Obiettivo 2: comprendere l’esperienza soggettiva di pazienti e familiari
Comprendere l’esperienza soggettiva di pazienti e familiari afferenti al CCV di Trieste in relazione
al tema dell’aderenza alla terapia farmacologica utilizzando un approccio qualitativo per
analizzare il significato attribuito dal malato alla propria esperienza di malattia e aderenza.
Per approfondire la comprensione dell’esperienza soggettiva di aderenza del malato
cardiopatico attraverso la raccolta del vissuto del paziente e dell’esperienza del caregiver, sono
state somministrate interviste qualitative semi-strutturate a un campione casuale di
partecipanti alla ricerca quantitativa e a un gruppo ragionato di caregiver, familiari di pazienti
del CCV. Ogni intervista è stata audio-registrata e trascritta verbatim dalla ricercatrice.
Obiettivo 3: analizzare opinioni, atteggiamenti e comportamenti degli operatori sanitari
in tema di aderenza
Analizzare conoscenze, opinioni, esperienze e comportamenti di operatori socio-sanitari (medici
e infermieri) sull’aderenza terapeutica alla terapia farmacologica prescritta.
A completamento del lavoro di analisi delle componenti multidimensionali dell’aderenza, sono
state analizzate opinioni, esperienze, comportamenti e atteggiamenti degli operatori sanitari
attraverso la costruzione di una survey e la sua somministrazione on-line, a livello nazionale,
attraverso il sito web dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO). La
Survey Operatori, è stata costruita ad hoc e specificatamente indirizzata ai professionisti sanitari
(medici e infermieri) che operano in ambito cardiologico in Italia e rappresenta il primo lavoro
di analisi su ampia scala svolto in Italia sul tema dell’aderenza vista dalla parte degli operatori
sanitari.
56
Obiettivo 4: Costruire una guida di riferimento per operatori sanitari
Sulla base dei risultati, costruire una guida veloce di riferimento per gli interventi medico-
infermieristici da utilizzare, a integrazione degli indicatori clinici, nella comunicazione medico-
paziente e nella terapia educazionale di promozione dell’aderenza alla terapia farmacologica.
Timeline generale del progetto
Figura 2 - Timeline
A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D G F M A M G L A S O N D
2015 2016 20172014
• Conclusione
analisi qualitativa e
quantitativa delle
interviste narrative
e questionari
• Analisi
retrospettiva
aderenza e
correlazione a dati
clinici e psicosociali
• Costruzione MISS
(MINI-SCREEN
SCORE) ed
elaborazione linee
guida interventi
medico-
infermieristici a
supporto
dell’aderenza
terapeutica
CONCLUSIONE
RICERCA
• Finalizzazione e
somministrazione
questionario BABA-Q n. 250
pz
• Caricamento survey
operatori su piattaforma
web ANMCO
• Somministrazione
interviste qualitative n. 24
pz
• Somministrazione
interviste qualitative n. 6
caregivers
• Analisi qualitativa
concorrente delle interviste
narrative
INIZIO RICERCA
• Analisi letteratura
internazionale
• Definizione criteri di
arruolamento
• Definizione strumenti
quantitativi
• Approvazione CE
istituzionale e CE
Dipartimentale
• Analisi popolazione
cardiopatica TS secondi
criteri arruolamento
predefiniti
• Costruzione/test pilota struttura
interviste narrative
• Costruzione questionario BABA-Q
• Costruzione questionario per
operatori sanitari
• Inizio arruolamento pazienti
• Pretest
questionario BABA-
Q (18 pz)
• Pretest
questionario
operatori sanitari
(n 21 partecipanti:
cardiologi /
infermieri)
• Incontri con esperti
(pazienti, caregivers,
cardiologi, infermieri)
afferenti il CCV ASUI di
Trieste.
STEP 1STEP 2
STEP 3
STEP 4
STEP 5
STEP 6
57
Materiali e metodi
DISEGNO DELLO STUDIO
Lo studio è stato svolto con metodo misto, quanti-qualitativo. La scelta di questa metodologia è
stata guidata dall’analisi della letteratura scientifica in questo ambito (Campbell & Fish, 1959),
(Parkhurst et al., 1972; Tashakkori & Teddlie, 2003, 2009). L’approccio misto della ricerca ha
utilizzato, in ambito quantitativo, questionari con scale validate e surveys costruite ad hoc per
misurare la relazione tra l’aderenza alla terapia farmacologica e le
percezioni/atteggiamenti/comportamenti in ambito di aderenza dei malati cardiopatici
complessi e degli operatori sanitari. Contemporaneamente, il tema dell’aderenza è stato
esplorato utilizzando un approccio fenomenologico interpretativo attraverso interviste semi-
strutturate somministrate a pazienti e a caregiver. Lo studio è stato suddiviso sinteticamente
negli step evidenziati nel crono-programma (Figura 2 - Timeline, pag. 56).
Aspetti etici
Il Comitato Etico Istituzionale ha approvato lo studio e il modulo di consenso informato è stato
redatto in conformità con le norme di Buona Pratica Clinica dell’Amministrazione Ospedaliera.
La ricerca è stata anche approvata dal Comitato Etico dell’Università degli Studi di Trieste.
Particolare attenzione è stata data alla salvaguardia della privacy degli assistiti (art.13 D.lgs.
196/2003). È stato quindi assegnato un codice alfanumerico univoco ed anonimo ad ogni
soggetto per evitare che le informazioni sottoposte ad analisi statistica potessero far risalire
all’identità dell’assistito. L’estrazione dei dati dai database regionali è stata eseguita da
personale specificatamente formato ed incaricato dalla Direzione Centrale Salute, Integrazione
Sociosanitaria e Politiche Sociali del Friuli Venezia Giulia per l’estrazione e l’analisi del Registro
Cardiovascolare regionale. Ad ogni soggetto è stato chiesto di firmare il modulo di consenso
informato dopo aver ricevuto accurate informazioni sul background della ricercatrice, sugli
obiettivi e le modalità dello studio, volontarietà e confidenzialità della sua partecipazione, così
come del fatto che si sarebbe potuto ritirare in qualunque momento senza conseguenze per le
cure future. I partecipanti avevano la possibilità di interrompere l’intervista/questionario in ogni
momento e senza necessità di fornire spiegazione alcuna. I dati sono stati raccolti con tutela
dell’anonimato e verranno presentati nelle sedi scientifiche in forma aggregata. Ai partecipanti
58
è stato chiesto il permesso di utilizzare un registratore durante la somministrazione delle
interviste qualitative e dei questionari per raccogliere eventuali commenti di chiarimento o di
approfondimento alle domande proposte (All. 4. QUESTIONARIO SOCIODEMOGRAFICO).
Criteri di inclusione/esclusione dei partecipanti
Sulla base delle indicazioni fornite dalla letteratura, sono stati identificati i seguenti criteri di
inclusione: età ≥50 anni, presenza di almeno 1 cardiopatia (ischemica, ipertensiva o valvolare,
CMP/pericardio o congenita); in politerapia farmacologica ≥ 5 farmaci; visita e prescrizione
farmacologica ≥12 mesi (minima durata di tempo adeguata per il calcolo dell’aderenza
terapeutica); firma del modello di consenso informato.
Criteri di esclusione includevano la presenza di un deterioramento cognitivo MMSI ≥16;
ipoacusia grave non corretta; impossibilità di spostamento autonomo dalla propria abitazione
alla sede delle interviste (CCV).
59
Materiali e Metodi
Obiettivo 1
Analizzare i fattori predittivi della non aderenza alla terapia
Figura 3 Obiettivo 1
Per descrivere la popolazione dei cardiopatici complessi della Provincia di Trieste afferenti al
Centro Cardiovascolare (CCV) ASUI di Trieste, le caratteristiche sociodemografiche e il sistema
di atteggiamenti, comportamenti, pensieri e credenze e per analizzare i fattori predittivi che
guidano il soggetto a comportamenti di aderenza/non aderenza alla terapia farmacologica, si è
costruito un questionario strutturato somministrato faccia-a-faccia e si sono utilizzati i dati
socio-sanitari provenienti dalle seguenti archivi:
Fonti dei dati
- Anagrafica Regionale Assistiti;
- Farmaceutica territoriale;
- Osservatorio Cardiovascolare della Provincia di Trieste attraverso il Sistema
Informativo Integrato Regionale Cardionet© -G2, visualizzatore referti. La Cartella
Elettronica include le informazioni mediche raccolte dai cardiologi nel corso delle
visite routinarie, inclusive di codici diagnostici, esami di laboratorio, procedure e
prescrizioni farmacologiche selezionate secondo indici elettronici. I dati raccolti nel
database della Farmaceutica Convenzionata della Regione FVG hanno permesso il
calcolo dell’aderenza ai farmaci evidence-based prescritti. Questo database
Revisione
della
letteratura
internazionale
Individua-
zione di
strumenti
psicometrici
validati
Raccolta di
testimo-
nianze e opi-
nioni di testi-
moni privile-
giati (focus
group)
Interviste
semi-struttu-
rate a un
campione ra-
gionato di
pazienti e
caregiver
Sviluppo del
questionario
Beliefs and
Behaviour on
Adherence
Questionnaire
(BABA-Q)
Test e re-test
di BABA-Q;
somministrazi
one della
versione
finale ad un
campione di
250 pazienti
adulti
60
integrato è la parte costituente dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare di
Trieste.
Qui di seguito viene riportata la metodologia usata:
Analisi della letteratura
È stata operata una revisione della letteratura internazionale e approfondite le seguenti
prospettive teoriche dell’aderenza: la prospettiva comportamentale, sociale, comunicativa,
socio-cognitiva e la prospettiva legata alle abilità autoregolatorie. È stata eseguita una ricerca
manuale utilizzando le pubblicazioni presenti in PubMed, PsychINFO e NCBI e Google Scholar.
riguardo ad articoli pubblicati in inglese e in italiano, utilizzando come key words i termini
adherence/non-adherence, compliance, cardiovascular disease, heart failure, determinants of
medication adherence, health psychology, polypharmacy, chronic disease, aderenza, malattie
cardiovascolari, psicologia della salute. Sono stati analizzati anche gli articoli che esaminavano
la relazione tra l’aderenza e barriere specifiche nei paziente ≥50 anni. La ricerca ha incluso
articoli quantitativi e qualitativi che esaminavano barriere specifiche all’aderenza farmacologica,
definivano il significato attribuito al termine aderenza o compliance, si riferivano a popolazioni
omogenee ma culturalmente definite. Sono stati esclusi editoriali e studi sull’aderenza di
pazienti con dipendenze, HIV, o in condizioni estreme di indigenza (homeless), a causa della
specificità delle loro condizioni in relazione all’aderenza. Sono stati esaminati 413 articoli, 89 dei
quali si riferivano a studi qualitativi. La letteratura ha permesso di identificare le seguenti
determinanti di non aderenza alla terapia farmacologica:
61
Determinanti di non aderenza alla terapia farmacologica identificati in letteratura
Opinioni e atteggiamenti
Opinioni sulla patologia cardiovascolare (causa, severità, controllabilità)
Opinioni/credenze sui farmaci (utilità, sicurezza)
Atteggiamenti sulle visite
Atteggiamenti nei confronti della non aderenza (giustificazione, senso di colpa)
Esperienze
Impatto percepito della malattia e dei farmaci sulla vita quotidiana
Esperienza di sintomi
Esperienze precedenti di aderenza e self care
Esperienze precedenti di conseguenze (ad es. ricovero ori-ricovero)
Conoscenze
Conoscenza della malattia CV e dei farmaci utilizzati
Conoscenza dei comportamenti di prevenzione
Influenze sociali
Influenze dell’ambiente sociale (ad es. sostegno, imbarazzo)
Fattori familiari (ad es. ruolo del cg familiare nell’assunzione del farmaco)
Relazione con i sanitari
Comunicazione medico-paziente
Motivazioni e intenzioni
Motivazione a gestire la malattia CV
Tolleranza alla situazione attuale di malattia
Livello di importanza e priorità dato alla malattia e terapia
Intenzione di assumere i farmaci
Preferenza per le terapie alternative
Percezione di sé
Senso di identità
Autonomia percepita nell’assumere i farmaci
Senso di responsabilità per la propria salute
Senso di auto-efficacia
Emozioni e benessere psicologico
Ansia
Depressione
Paura
Rabbia
Ottimismo/pessimismo
Speranza
Aspetti cognitivi
Funzioni esecutive
Memoria prospettica
Tabella 6 Determinanti di non-aderenza
62
Scelta degli strumenti validati
- Dall’esame della letteratura sono stati individuati e inclusi nel questionario due strumenti
psicometrici validati per la valutazione dell’ ansia e della: Il test Generalized Anxiety Disorder /
- GAD-7 è un questionario auto o etero-somministrato per lo screening dei disturbi d’ansia; è
stata dimostrata la sua elevata percentuale di specificità e di sensibilità per la diagnosi di
disturbo d’ansia generalizzato (Spitzer et al., 2006).
Il questionario è composto da 7 item che misurano il grado di severità dei sintomi di GAD
secondo categorie di risposta alle quali è assegnato un punteggio (v. All. 6).
- Il test Patient Health Questionnaire 9 – PHQ9 è uno strumento auto o etero-somministrato
utilizzato per lo screening, la diagnosi, il monitoraggio e la misurazione della severità dei sintomi
depressivi (Spitzer et al., 1999). È composto da nove item corrispondenti ai sintomi della
depressione maggiore secondo il DSM-V. I punteggi variano tra 0-27 e punteggi >10 richiedono
valutazione specialistica (All. 6).
- Considerato il ruolo importante svolto dalla memoria in ambito di aderenza (Zogg et al., 2012),
si è deciso di includere un compito di memoria prospettica (si è invitato il paziente a ricordarsi
di firmare un foglio presenze e ritirare una brochure di promozione della salute al termine
dell’incontro), unito a un compito di rievocazione di 5 parole (faccia, velluto, chiesa, margherita,
rosso), mutuate dal compito di richiamo differito del questionario Montreal Cognitive
Assessment - MoCa (Nasreddine, et al., 2005), a cinque minuti dall’inizio di somministrazione
del questionario.
Focus group operatori
Si è cercato il confronto con testimoni privilegiati (n 6 medici cardiologi e n 6 infermieri del
Centro Cardiovascolare – ASUI di Trieste) al fine di contestualizzare e integrare gli ambiti emersi
in letteratura relativi alla relazione con l’operatore sanitario e con l’ambiente sanitario. Lo
• 2 Focus Group
• 6 medici CCV
• 6 infermieri CCV
• 1h.45’ durata ogni focus
63
strumento metodologico utilizzato è stato l’intervista focalizzata di gruppo (focus group) con
medici cardiologi e infermieri operanti nei diversi ambulatori del Centro (in particolare
nell’Ambulatorio Scompenso Cardiaco Avanzato – ASCA e nell’ambulatorio della Terapia
Anticoagulante Orale - TAO). Il gruppo dei medici è stato intervistato separatamente da quello
degli infermieri per permettere la libera discussione degli argomenti nell’ambito del proprio
ruolo senza inibizioni dovute a esperienze di lavoro e di interazione precedenti. In qualità di
ricercatrice, ho svolto il ruolo di moderatore. In mancanza di un osservatore, ogni incontro è
stato audio registrato per cogliere con maggiore puntualità gli spunti emersi (previa firma del
consenso informato da parte dei partecipanti). È stata utilizzata una tecnica semi strutturata di
tipo iterativo così da permettere alle risposte date dai partecipanti di influenzare le domande
seguenti per arrivare ad una saturazione dei temi in oggetto. Ogni incontro ha avuto la durata
di circa ore 1.45.
Si è partiti dall’analisi delle abitudini personali in ambito di fumo/attività fisica, per poi analizzare
l’aderenza da un punto di vista soggettivo (ad es. “Immagina che ti sia stata diagnosticata una
malattia CV complessa. Quanto pensi ti sarebbe facile/difficile assumere ogni giorno i farmaci
prescritti? Seguire il regime alimentare consigliato, fidarsi dello specialista?”) e si è concluso con
l’analisi dei possibili ostacoli all’ aderenza incontrati dal paziente in base alla propria esperienza
professionale. I temi principali emersi dagli incontri sono stati i seguenti: la comunicazione
(“Sento di aver bisogno di essere formato meglio in ambito di comunicazione, non è facile con
alcuni pazienti sapere cosa dire e, soprattutto, come dirlo”, “A volte ho paura di aprire certi
discorsi, perché poi il paziente incomincia a parlare, parlare e io non riesco a fermarlo …”, “Io il
discorso della morte faccio fatica ad affrontarlo…”); il tempo (“Se avessimo un’ora di tempo,
allora sì che si potrebbero fare le cose per bene, ma così…”, “Aderenza, comunicazione, tutte
belle parole ma poi, se il tempo non c’e, cosa succede?”), la tecnologia (“Passo più tempo al
computer che con il malato, cosa posso farci?”, “Per me avere la storia del paziente sul computer
e fondamentale, guai se non ci fosse!”); la multidisciplinarietà (“Ci vorrebbe più fiducia reciproca
e maggiore chiarezza dei propri ruoli”, “Certo, se si lavorasse insieme bene con tutti, allora
sarebbe più facile avere dei risultati… ma non e sempre così”).
64
Interviste esplorative con pazienti e caregiver
La raccolta di opinioni “esperte” di testimoni privilegiati è stata arricchita da un campione
casuale d n 3 pazienti (due uomini e una donna, età media 74 anni ±9), ai quali sono state
somministrate, previo firma consenso informato, tre interviste qualitative semi strutturate
individuali della durata di circa 30 minuti ciascuna, per meglio comprendere le opinioni,
credenze soggettive, atteggiamenti e comportamenti in merito alla malattia e ai determinanti
dell’aderenza farmacologica e non.
N 3 interviste, della durata di venti minuti ciascuna, sono state somministrate anche a un
campione di caregiver, familiari dei pazienti partecipanti allo studio. I partecipanti hanno
accettato di essere intervistati ma non di essere audio registrati. La ricercatrice ha quindi preso
annotazioni scritte degli incontri. I principali temi emersi sono stati quelli riguardanti la
comunicazione con i sanitari, il supporto sociale, la fiducia, le difficoltà di memoria, il peso della
malattia nella vita quotidiana, l’ansia per il futuro.
• 3 pazienti campione casuale
• 3 caregiver campione di
convenienza
• ~ 30’ durata ogni intervista
65
Costruzione e somministrazione del Questionario BABA-Q
Sulla base delle indicazioni fornite dalla letteratura e dai risultati delle interviste focalizzate con
operatori e pazienti è stata sviluppata ad hoc la parte restante del questionario BABA-Q. (v. all.
5).
Tipologia di domande - caratteristiche sociosanitarie
Si è costruita dapprima la griglia di domande socio demografiche e relative agli stili di vita
nell’ambito della salute. Le domande erano relative allo stato sociale del paziente, alle sue
relazioni sociali (vicinanza a figli o nipoti, frequenza contatti sociali con familiari e/o amici, stato
di salute del coniuge, ove applicabile), condizioni economiche (reddito minimo, abitazione in
proprietà o affitto), condizioni legate al luogo di residenza (abitazione con presenza di scale,
vicinanza a mezzi pubblici, negozi, farmacia, MMG), abitudini di vita (passatempi, utilizzo di
tecnologia, frequenza di misurazione peso/ pressione, ecc.). Per la formulazione delle domande
si è deciso di utilizzare una struttura a domande chiuse. Le domande sono accompagnate da un
elenco di alternative di risposta tra le quali viene chiesto al partecipante di scegliere quella o
quelle alternative che meglio rappresentano il suo pensiero. La scelta di questo tipo di domande
è stata determinata dalla necessità di permettere una più veloce somministrazione dello
strumento, garantendo allo stesso tempo una maggiore precisione e omogeneità di risposta.
Nella costruzione di questa prima parte del questionario, si è cercato di minimizzare il più
possibile la ripetizione di domande già presenti nei questionari di valutazione infermieristica.
Alcune domande, tuttavia, sono state mantenute e riformulate per aggiungere maggiore
chiarezza al tema indagato, sviluppare nel partecipante un senso di fiducia e familiarità e/o
prepararlo alle domande seguenti.
Atteggiamenti, opinioni, comportamenti
Si è quindi costruita la parte relativa a credenze, atteggiamenti, comportamenti relativi ai
farmaci e alla malattia. La prima parte del questionario tratta l’esperienza personale del paziente
(percezione soggettiva della salienza di malattia e opinione sulla causa della sua malattia
66
cardiaca). Seguono domande relative alla percezione del rischio, opinioni su reale utilità dei
farmaci e degli stili di vita, conoscenze relative all’alfabetizzazione medica (health literacy) in
ambito di terapia CV, abitudini relative all’aderenza, qualità della comunicazione con il personale
sanitario, opinioni sui farmaci, ruolo attivo/supportivo dei familiari nella gestione della malattia,
esperienze pregresse di ansia/depressione, paura della morte, rapporto con la fede.
Scale di misura utilizzate
Per soddisfare il duplice obiettivo di raccogliere sufficienti informazioni e rendere il questionario
fruibile dal paziente, mantenendo alto l’interesse del partecipante, sono state utilizzate scale di
misura nominali, ordinali, a intervalli equivalenti e autoancoranti (Kilpatrick & Cantril, 1960). I
diversi formati di risposta prevedevano domande a scelta multipla con possibilità di risposta
singola; domande a scelta multipla con più possibilità di risposta, domande a risposta graduata
(su scala Likert a 5 punti) e domande a risposta dicotomica (sì/no).
67
Pre-test del questionario BABA-Q
Nella fase pilota del questionario lo strumento è stato somministrato a un campione ragionato
di 18 soggetti con caratteristiche simili al campione finale. Ai partecipanti è stato somministrato
il questionario face-to-face dalla ricercatrice chiedendo loro di commentare sinceramente le
domande per fare emergere criticità o limiti dello strumento. In seguito a questo lavoro di
analisi, undici domande sono state eliminate perché ritenute ridondanti, ripetitive o inutili ai fini
della ricerca, mentre otto domande sono state rielaborate per renderle più facilmente
comprensibili. Particolare attenzione è stata data anche alla del questionario (totale di domande
al pretest n 118; totale di domande finali n 99, tempo di somministrazione medio: 25 minuti),
che, se da una parte si riteneva fosse estremamente utile per raccogliere un numero importante
di informazioni multidimensionali sulla nostra popolazione di pazienti, avrebbe potuto tuttavia
determinare affaticamento cognitivo nei partecipanti e introdurre bias di condiscendenza. La
lunghezza del questionario, tuttavia, è stata accolta positivamente dai partecipanti, soprattutto
grazie alla varietà dei temi toccati e all’interesse dei pazienti di essere resi partecipanti attivi di
uno studio che tenesse conto delle loro esigenze di ascolto e li aiutasse a sviluppare
consapevolezza della malattia e della terapia.
Re-test
I partecipanti hanno accettato di sottoporsi a un re-test del questionario a distanza di un mese.
Dei 18 partecipanti, solo 11 hanno potuto presentarsi al re-test, a causa di problematiche di
salute/familiari. I risultati sono stati coerenti con la prima somministrazione tranne che sulle
domande relative allo stato di salute fisica e di benessere emotivo percepito che in 5 partecipanti
• 18 pazienti (campione ragionato)
• ~ 25’ durata somministraz. questionario
• 18 pz accettato partecipazione re-test
• 7 rinunciato causa problemi salute/famiglia
• 11 completato re-test
68
ha dato risposte diverse a causa di sopravvenuti peggioramenti dello stato di salute. È stato
tuttavia deciso di mantenerle per permettere ai pazienti di attivare le loro capacità di insight e
autovalutazione del proprio stato di benessere fisico ed emozionale. I pazienti hanno affermato
che gli item erano comprensibili, attinenti al tema della ricerca e che la lunghezza del
questionario non poneva loro problemi di attenzione, ma che aveva stimolato la loro
consapevolezza del problema e motivato all’azione. È stato quindi deciso di somministrare il
questionario nella versione finale, chiedendo ai singoli partecipanti di poter audio-registrare le
risposte per acquisire ulteriore materiale di conoscenza utile per guidare futuri interventi.
Somministrazione del questionario BABA-Q
Numerosità del campione
Per la definizione della numerosità del campione di questo studio osservazionale retrospettivo,
abbiamo inizialmente somministrato il questionario a un campione di 250 soggetti. I
partecipanti con requisiti finali di inclusione erano 210, di cui n 177 con aderenza valutabile.
Anche se la dimensione campionaria finale è stata ridotta rispetto a quella inizialmente definita,
la potenza statistica (Harrell, 2015) risulta comunque adeguata per la stima del modello
multivariato come rapporto numero di eventi/numero covariate utilizzate.
69
Campione e Arruolamento
Tabella 7 Flow-chart di selezione
• 18907 pz estratti dalla Cartella Clinica Cardionet© ed importati dal Registro CV del Friuli Venezia Giulia
• 11088 pz con aderenza valutabile attraverso il linkage con la Farmaceutica convenzionata FVG (MPR/PDC)
• 288 pz identificati in modo casuale dalla lista pz per la raccolta del questionario
• 111 pz esclusi dall’analisi finale: o 12 pz non presentati; o 26 pz hanno rifiutato; o 40 esclusi perché esterni a pop. CCV o 33 pz esclusi: n 20 non avevano una visita cardiologica
completa abbinata alla raccolta del questionario; n 13 non avevano una durata di osservazione della terapia in atto ≥1 anno;
• 177 pz utilizzati per l’analisi quanti-qualitativa
70
Descrittive popolazione (18907)
La ricerca è partita dall’esame dell’intera popolazione di pazienti presi in carico presso gli
ambulatori medico-infermieristici del Centro Cardiovascolare ASUI di Trieste nel periodo 2015-
2017.
La popolazione totale di pz che hanno avuto una valutazione clinica cardiologica presso il CCV
nel periodo 2015-2017 sono nella maggioranza dei casi cardiopatici cronici (prevalentemente
ischemici), con frequenti fattori di rischio cardiovascolare (prevalentemente ipertensione
arteriosa e dislipidemia) e comorbilità (prevalentemente diabete mellito), in politerapia (2/3 dei
casi trattati con almeno 5 farmaci).
Femmine 9224 (48,8)
Maschi 9683 (51,2)
Cardiomiopatie/malattie del pericardio
545 (2,9)
Cardiopatia ipertensiva 4727 (25,0)
Cardiopatia ischemica 6388 (33,8)
Diabete mellito 4205 (22,2)
Embolia polmonare 304 (1,6)
Ipertensione arteriosa 12617 (66,7)
Scompenso cardiaco cronico 2233 (11,8)
Insufficienza renale cronica 2158 (11,4)
Fumatore 5437 (28,8)
Pacemaker 994 (5,3)
Dislipidemia 9471 (50,1)
Defibrillatore impiantabile 217 (1,1)
Patologie dell’aorta 1143 (6,0)
Cardiopatia valvolare 2038 (10,8)
BPCO 1880 (9,9)
Fibrillazione atriale 17% 3214 (17,0)
TIA-stroke 1458 (7,7)
Charlson index ≥3 3637 (19,2)
Numero farmaci assunti 1-4 5551 (33,3)
Numero farmaci assunti ≥5 11119 (66,7)
NYHA =1 961 (5,1)
NYHA =2 1039 (5,5)
NHYA =3 296 (1,6)
NYHA =4 16 (0,1) Tabella 8 – Descrittive 18907
71
Grafico 1 - Valutazione clinica pz. con almeno 18907
72
Descrittive coorte selezionata (popolazione 11088)
Pazienti estratti dalla coorte iniziale, che soddisfano il criterio di prescrizione ≥ 1 farmaco
valutabile per l’aderenza in terapia.
La popolazione di pz con valutazione clinica cardiologica presso il CCV nel periodo 2015-2017
con almeno 1 farmaco in terapia sono tendenzialmente simili alla popolazione totale, anche se
la selezione dei pazienti trattati accentua le caratteristiche già precedentemente espresse.
Descrittive
Femmine 5126 (46,2)
Maschi 5962 (53,8)
Cardiomiopatie/malattie del pericardio273 (2,5)
Cardiopatia ipertensiva 3638 (32,8)
Cardiopatia ischemica 4803 (43,3)
Diabete mellito 3057 (27,6)
Embolia polmonare 181 (1,6)
Ipertensione arteriosa 8956 (80,8)
Scompenso cardiaco cronico 1714 (15,5)
Insufficienza renale cronica 1709 (15,4)
Fumatore 3220 (29,0)
Pacemaker 774 (7,0)
Dislipidemia 6780 (61,1)
Defibrillatore impiantabile 146 (1,3)
Patologie dell’aorta 830 (7,5)
Cardiopatia valvolare 1433 (12,9)
BPCO 1262 (11,4)
Fibrillazione atriale 17% 2347 (21,2)
TIA-stroke 1116 (10,1)
Numero farmaci assunti 1-4 2271 (20,6)
Numero farmaci assunti ≥5 8757 (79,4)
Charlson index ≥3 2920 (26,3)
NYHA = 1 567 (5,1)
NYHA = 2 727 (6,6)
NYHA = 3 210 (1,9)
NYHA = 4 6 (0,1)
(N=11088)
n (%)
Tabella 9 Descrittive 11088
73
Grafico 2 – Valutazione clinica pz. con almeno 11088
Descrittive per aderenza
Tabella 10 – Descrittive per aderenza
L’aderenza vs non aderenza è stata definita in base a un cut-off di MPR per farmaco singolo
(PDC per classe aggregata di farmaci cardiovascolari) ≥80%, come da letteratura (Kronish & Ye,
2013).
46
,2 53
,8
2,5
32
,8 43
,3
27
,6
1,6
80
,8
15
,5
15
,4
29
,0
7,0
61
,1
1,3 7
,5 12
,9
11
,4 21
,2
10
,1 20
,6
79
,4
26
,3
non ad.
n (%)
aderente
n (%)
Totale
n (%)p
Patologie CV ≥3 1900 (37,4) 1883 (31,3) 3783 (34,1) 0,000
Fattori di rischio CV ≥3 861 (16,9) 869 (14,5) 1730 (15,6) 0,000
Fattori di rischio e/o
Patologie CV ≥5 1611 (31,7) 1526 (25,4) 3137 (28,3)0,000
Charlson index ≥3 1443 (28,4) 1477 (24,6) 2920 (26,3) 0,000
età ≥75 anni 2792 (54,9) 3104 (51,7) 5896 (53,2) 0,001
Sesso maschile 2821 (55,5) 3141 (52,3) 5962 (53,8) 0,001
Prestazioni/esami CV
≤ 2 2203 (43,4) 2875 (47,9) 5078 (45,8) 0,000
3 -4 1496 (29,4) 1889 (31,4) 3385 (30,5) 0,000
5+ 1382 (27,2) 1243 (20,7) 2625 (23,7) 0,000
Numero farmaci assunti ≥5 4090 (81,4) 4667 (77,7) 8757 (79,4) 0,000
[%]
74
Grafico 3 - Grafico aderenza vs. non aderenza
La popolazione cardiopatica triestina oggetto della prima fase dello studio comprendeva 18907
soggetti adulti afferenti gli ambulatori della S.C. Centro Cardiovascolare-ASUI di Trieste dall’ 1-
1-2015 al 31-12-2017. Da questi, sono stati estratti 11088 pazienti con almeno un farmaco
assunto con aderenza valutabile. Da questa popolazione di partenza, è stata estratta una lista
casuale di 288 pazienti rappresentativo delle caratteristiche cliniche di inclusione. Dei pazienti
contattati telefonicamente dagli operatori della segreteria del centro, 12 hanno accettato di
partecipare ma non si sono presentati al colloquio causa malattia, impegni pregressi o
impossibilità di raggiungere autonomamente la sede del centro, 26 pazienti hanno declinato
l’invito a partecipare dando come spiegazione il loro stato di fragilità fisica. A questo
sottogruppo di 250 pazienti adulti afferenti al Centro Cardiovascolare – ASUI di Trieste e presenti
nel Sistema Informativo Integrato Regionale Cardionet© è stato somministrato il questionario
ad-hoc BABA-Q, inclusivo di questionari validati ansia/depressione. Tra questi, 40 sono stati
esclusi perché esterni alla popolazione del CCV; n 33 pazienti sono stati esclusi perché 20 di
loro non avevano una visita cardiologica completa abbinata alla raccolta del
questionario; n 13 non avevano una durata di osservazione della terapia in atto ≥1 anno.
[%]
75
177 sono i pazienti finali con questionario utilizzabile per l’analisi quanti-qualitativa, legati al
database generale ed alla farmaceutica convenzionata per l’analisi dell’aderenza.
Setting
La maggioranza delle somministrazioni del questionario BABA-Q è avvenuta nella saletta riunioni
del CCV di Trieste. La scelta della stanza è stata fatta in base a questioni logistiche che
garantissero la disponibilità su base continua e un livello di privacy adeguato. Il setting è stato
gradito dai pazienti che sono stati accolti in un ambiente per molti di loro nuovo e non
medicalizzato, diverso nell’aspetto dagli ambulatori medici a cui erano abituati. Sia i questionari
che le interviste sono stati somministrati dall’intervistatrice. Una descrizione dettagliata del
setting si può trovare nel capitolo dedicato all’analisi qualitativa (pag. 102).
Il processo di somministrazione
Dopo aver fornito spiegazioni accurate in merito agli obiettivi della ricerca, modalità di
trattamento dati e struttura dell’intervista e aver risposto alle eventuali domande di chiarimento
dei partecipanti, a ogni paziente è stato chiesto di firmare il modulo di consenso informato. Il
questionario, in forma cartacea, è stato somministrato dalla ricercatrice, ma il paziente è stato
messo in grado di leggere, se lo desiderava, le domande scritte direttamente su una copia
cartacea dello stesso questionario. Sul tavolo era anche presente un foglio che presentava, in
caratteri ben visibili, una scala graduata da 0-10, utilizzata per esprimere le valutazioni relative
alle domande, così da facilitare il compito al soggetto partecipante. Nella parte opposta del
tavolo sono stati posti sia il foglio presenze che le brochure educazionali che facevano parte del
compito di memoria prospettica (raccogliere, al termine dell’intervista, una brochure e firmare
il foglio presenze). In fase di somministrazione del questionario, la durata attuale media di
somministrazione del questionario è stata di 30 minuti; la durata media complessiva del
colloquio è stata invece di 55 minuti; il tempo è stato utilizzato in maniera attiva dal partecipante
per esprimere commenti, specificare le proprie opinioni ed esperienze e comunicare i propri
bisogni. Tutti i partecipanti hanno completato il questionario in un unico incontro.
76
Analisi dei dati
I risultati dei questionari pazienti sono stati analizzati insieme ai dati clinici e di aderenza
farmacologica estratti dal sistema Cardionet© e dalla Farmaceutica Regionale.
La misura dell’aderenza alla terapia farmacologica è stata misurata attraverso l’indicatore MPR
(Medication Possession Ratio), definito come il numero di giorni di terapia dispensati/numero di
giorni nell’intervallo tra prescrizioni. L’aderenza è stata calcolata usando come cut-point il
completamento di >80% della terapia prescritta (Kronish & Ye, 2013).
Le caratteristiche cliniche e socio-demografiche del campione oggetto di studio sono state
descritte operando una suddivisione tra variabili discrete, attraverso il calcolo delle percentuali,
e variabili continue usando media e deviazione standard, oppure mediana e range interquartile
in base al tipo di distinzione della variabile (simmetrica o non simmetrica) (Tab. 11).
Il Grafico 374)Grafico 3 - Grafico aderenza vs. non aderenza riporta le caratteristiche cliniche e
socio-demografiche di pazienti aderenti vs non aderenti. Sulle variabili discrete è stato applicato
il test chi-quadro; sulle variabili continue e simmetriche è stato eseguito un test di analisi della
varianza (ANOVA). Sulle variabili continue non simmetriche è stato applicato il test di Wicoxon-
Mann-Whitney.
Si è infine fatto ricorso all’analisi univariata sui fattori associati all’aderenza (odds-ratio) e a
un’analisi multivariata di regressione logistica sui fattori significativamente associati
all’aderenza.
77
78
RISULTATI QUESTIONARIO PAZIENTI BABA-Q
Caratteristiche Socio-Demografiche del Campione
Le principali caratteristiche sociodemografiche dei partecipanti sono presentate in Tabella 11.
Variabile Femmine
(N=83)
n (%)
Maschi
(N=127)
n (%)
Totali
(N= )
n (%)
Età media (σ) 75,3 ± 7,5 75,2 ± 7,5 75,2 ± 7,5
Istruzione
Elementare 20 (24,1) 23 (18,1) 43 (20,5)
Media Inferiore 37 (44,6) 69 (54,3) 106 (50,5)
Media Sup. 22 (26,5) 25 (19,7) 47 (22,4)
Università 4 (4,8) 10 (7,9) 14 (6,7)
Stato Civile
Celibe-Nubile 1 (1,2) 2 (1,6) 3 (1,4)
Coniugato 58 (69,9) 80 (63,0) 138 (65,7)
Divorziato 3 (3,6) 8 (6,3) 11 (5,2)
Separato 2(2,4) 5 (3,9) 7 (3,3)
Vedovo 19 (22,9) 32 (25,2) 51 (24,3)
Tabella 11 Sociodemografiche campione
La valutazione dell’aderenza è stata fatta solo sui pazienti che risultavano avere ≥1 anno di
osservazione dalla data di prescrizione e acquisto del farmaco. Dei 210 pazienti osservati, n 33
non risultavano avere acquisti di farmaci anteriori di un anno, e sono stati pertanto esclusi dalla
valutazione. Dei restanti 177 soggetti, 53,7% sono stati valutati aderenti a tutti i farmaci
prescritti.
Il 28,1% dei soggetti intervistati vive solo, il 68,1% vive con il proprio coniuge/partner e solo il
3,8% con i figli (Tabella 12).
Variabile Femmine
(N=83)
n (%)
Maschi
(N=127)
n (%)
Totali
(N=210)
n (%)
Con chi vive
Coniuge/partner/amico 59 (71,1) 84 (66,1) 143 (68,1)
Figli 3 (3,6) 5 (3,9) 8 (3,8)
Solo 21 (25,3) 38 (29.9) 59 (28,1)
Tabella 12 Stato civile
Considerata l’importanza attribuita dalla letteratura alla salute del caregiver, è stato chiesto lo
stato di salute del proprio familiare/convivente; il 43,3% dei caregiver risulta soffrire di problemi
legati alla salute (ad es. cardiopatia, tumore, Parkinson, artrosi, ecc.).
79
Rete sociale
Per quel che riguarda la presenza di una rete sociale del paziente, 58,7% dei partecipanti vede
figli o nipoti più di una volta alla settimana, mentre il 44,4% dei soggetti maschi e il 32% dei
soggetti femmine afferma di non avere amici (molti dei quali deceduti, come emerso dai
commenti fatti durante la somministrazione del questionario).
Condizione economica
Risulta una rilevante disuguaglianza di reddito tra maschi e femmine. Il 78,7% dei maschi ha un
reddito individuale superiore ai 1000 euro (21,3% di femmine) (Tabella 13).
Tabella 13 Reddito campione
Ambiente e infrastrutture urbane
58
,7
10
,3
15
,5
6,6 8,9
V I S I TE FI G L I/ NIPOTI5
5,6
%
44
,4%
21
,3%
78
,7%
N O S I
R ED D I TO >1 0 0 0€
F M
33
,3%
12
,7%
1,6
%
44
,4%
7,9
%
39
,3%
14
,0%
1,3
%
32
,0%
13
,3%
CO NTATTI CO N AM I CI
F M
80
La città di Trieste si sviluppa su un territorio occupato prevalentemente da pendii collinari che
dall’altopiano del Carso digradano verso il mare. Degli intervistati, il 58,7% vive in zone non
pianeggiante con il 65,7% caratterizzate da aree verdi circostanti. L’87% delle abitazioni sono
servite da una buona rete di mezzi pubblici; il 53,1% possiede negozi vicini ed il 55,9% una
farmacia nei pressi. Il 75,6% del campione vive in case di proprietà, di cui il 46,5% dotate di
ascensore. Il 67,1% non dispone della vicinanza del proprio MMG. L’analisi statistica non ha
evidenziato una correlazione significativa tra queste variabili e l’aderenza alla terapia
farmacologica.
81
Variabili correlate significativamente con l’aderenza
È stata effettuata un’analisi uni e multi-variata su un campione di n 177 pazienti con questionari
linkati ai dati aderenza della Farmaceutica Regionale (MPR).
Velocità di camminata
COME CONSIDERA LA SUA VELOCITÀ DI CAMMINATA MEDIA?
Molto lenta Lenta Media Veloce Molto veloce Non saprei
Variabile non aderenti
n(%)
aderenti
n(%)
totale (N=177) p
tipo camminata 17 (20,7) 31(32,6) 48(27,1) 0,054
Le risposte media/veloce/molto veloce sono state accorpate. Dai risultati è emersa una
correlazione positiva significativa con l’aderenza terapeutica. La letteratura afferma che
l’attività fisica è in grado di incidere sulla mortalità (Tang et al., 2013) e la velocità di camminata
valutata attraverso il test del cammino nei pazienti più anziani risulta essere indipendentemente
associata al rischio di morte, ospedalizzazione per SC e ai ricoveri ospedalieri per ogni causa
(Pulignano et al., 2016). La velocità di camminata è stata anche correlata al senso di
autoefficacia nei pazienti con BPCO (DePew et al., 2013). È possibile ipotizzare che la maggiore
lentezza nel camminare, corrispondente spesso alla presenza di fragilità fisica e di comorbilità,
possa incidere sulla qualità di vita e sul senso di agentività dell’individuo, a detrimento dei
34
,9%
42
,9%
14
,3%
4,8
%
1,6
%
1,6
%
33
,3%
37
,3%
17
,3%
10
,7%
0,7
%
0,0
%
M O L T O L E N T A
L E N T A M E D I A V E L O C E M O L T O V E L O C E
N O N S O
CAM M I NATA
F M
82
comportamenti di aderenza, mentre una maggiore autonomia di movimento sia in grado di
alimentare gli altri processi di self-care, incluso i comportamenti di aderenza.
Autonomia nell’assunzione dei farmaci
È stata evidenziata una correlazione positiva (P < 0,053) tra l’abitudine di organizzare
autonomamente i farmaci da assumere durante la giornata, rispetto al condividere il compito o
affidare la responsabilità al proprio caregiver. La letteratura ha dimostrato come la presenza di
un caregiver sia correlata all’aderenza (Aggarwal et al., 2013).
Gli studi sull’auto-determinazione confermano, tuttavia, che la motivazione intrinseca del
paziente rispetto a quella estrinseca (Deci & Ryan, 2002) rappresenti un forte predittore di
Variabile non aderenti
n(%)
aderenti
n(%)
totale (N=177) p
prepara i farmaci da solo
55(67,1) 75(78,9) 130(73,4) 0,053
0,0%
20,0%
40,0%
60,0%
80,0%
IO O ALTRI SEMPRE ALTRI SOLO
Chi prepara i farmaci
F M
83
aderenza (Williams et al., 1998). La nostra ricerca conferma questo dato che rappresenta un
importante indice di agentività individuale.
84
Autonomia nel ricordare l’assunzione del farmaco (assenza reminder familiare)
E’ stato analizzato l’intervento di un caregiver a supporto della memoria vs l’autogestione della
terapia. L’autonomia nell’assunzione del farmaco si è rivelato un predittore significativo di
aderenza (P < 0,037). Gli studi presenti in letteratura si sono concentrati per la quasi totalità sui
possibili miglioramenti dell’aderenza nei pazienti non aderenti attraverso utilizzo di reminders,
evidenziando un aumento nelle percentuali di aderenza tra i pazienti che ricevono reminders
(Fenerty et al., 2012) e un mancato miglioramento dell’aderenza nei pazienti non aderenti che
utilizzano reminder a basso costo (Choudhry et al., 2017).
Variabile non aderenti
n(%)
aderenti
n(%)
totale (N=177) p
Non ha bisogno del reminder
familiare
62(78,5) 85(89,5) 147(84,5) 0,037
0,0%
20,0%
40,0%
60,0%
80,0%
100,0%
NO SI
Reminder familiare
F M
85
Autonomia nella comunicazione con il medico
La risposta a questa domanda ha dimostrato un indice di correlazione significativo (P < 0,012 )
con l’aderenza. Potrebbe essere spiegato sia con una migliore qualità delle funzioni esecutive
(Huerta et al., 2016; Insel et al., 2006) sia con una maggiore consapevolezza e autoefficacia, o
anche migliore qualità della relazione/comunicazione con il medico (Kerse et al., 2004; Stewart
et al., 1979). È possibile ipotizzare che l’agentività individuale e collettiva svolga un ruolo nella
relazione e comunicazione tra medico e paziente.
0,0%5,0%
10,0%15,0%20,0%25,0%30,0%35,0%
Dimentica di chiedere
F M
Variabile non aderenti
n(%)
aderenti
n(%)
totale (N=177) p
Non dimentica di chiedere
37(45,1) 60(63,2) 97(54,8) 0,012
86
Informazione sul farmaco
Variabile non aderenti
n(%)
aderenti
n(%)
totale (N=177) p
Legge il bugiardino
35(42,7) 52(54,7) 87(49,2) 0,074
La domanda sull’utilizzo del bugiardino per raccogliere informazioni sui farmaci, il loro utilizzo
ed eventuali effetti collaterali ha dimostrato una correlazione (P < 0.007) con i dati dell’aderenza.
Studi passati hanno dimostrato come la lettura del bugiardino non migliori l’aderenza alla
terapia farmacologica in ambito di medicina generale, causando un aumento dei livelli di ansia
del malato (Vinker et al., 2007); altri studi indicano invece come, nel breve termine, le
informazioni sui farmaci possano migliorare l’aderenza al trattamento (Sustersic et al., 2017). È,
tuttavia, possibile ipotizzare che la lettura del bugiardino sia un indicatore di interesse ed
autoefficacia, che viene a definire il coinvolgimento del paziente e non la passiva ricezione delle
direttive mediche.
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
NO NO MA FAMILIARI SI
Leggo il bugiardino
F M
87
Informazione sul farmaco - Utilizzo della tecnologia
L’analisi bivariata ha dimostrato un’analoga correlazione (P < 0.007) nella domanda relativa
all’utilizzo del bugiardino per raccogliere informazioni sui farmaci. Entrambe le domande
dimostrano un’attenzione per la salute e il farmaco e la tendenza ad attivarsi in modo agentivo
in ambito di self-care. Il dato potrebbe anche indicare la necessità di ricevere maggiori o più
chiare informazioni relative al proprio percorso di cura.
L’utilizzo del Web come fonte di informazione medico-sanitaria è confermato anche dalla
letteratura internazionale (Diaz et al., 2002), anche se mancano studi specifici sull’utilizzo del
web per raccogliere informazioni mediche da parte dei pazienti più anziani e sulle percentuali di
aderenza di tali pazienti.
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
NO NO MA FAMILIARI SI
Uso del web
F M
Variabile non aderenti
n(%)
aderenti
n(%)
totale (N=177) p
Usa il web
34(41,5) 51(53,7) 85(48,0) 0,070
88
Conclusione
Lo studio delle opinioni, degli atteggiamenti e comportamenti dei pazienti cardiopatici complessi
del Centro Cardiovascolare ASUI di Trieste ha messo in evidenza il ruolo importante
dell’autonomia del malato e della sua agentività in ambito di aderenza. Poter e/o voler scegliere
di assumere autonomamente i farmaci, assumersi la responsabilità della propria aderenza e
dimostrare un atteggiamento proattivo nella ricerca e richiesta di informazioni in merito alla
propria salute, conferma i dati della letteratura sul ruolo dell’autoefficacia (Bandura, A., 1999).
La fragilità del paziente, espressa attraverso la sua velocità di camminata, sembra svolgere
anch’essa un ruolo significativo nel determinare i comportamenti di aderenza alla terapia
farmacologica.
Non è stata confermata la significatività statistica associata ad altre variabili comportamentali e
socio-economiche, in particolare alle variabili cliniche di ansia e depressione, che una parte
rilevante di letteratura indicano associate positivamente all’aderenza (Goldstein et al., 2017).
Non è stata dimostrata una correlazione significativa con la memoria prospettica, nonostante
numerosi studi confermino l’ipotesi che deficit in questo ambito possano aumentare il rischio di
non aderenza (Zogg et al., 2012).
I risultati ottenuti si riferiscono a un campione di popolazione con patologia complessa e non
possono quindi essere automaticamente estesi ad una popolazione più ampia, con differente
livello di compromissione funzionale e di numero di comorbilità.
89
Materiali e Metodi
Obiettivo 2
indagine qualitativa sui rischi di non aderenza dei pazienti cardiopatici complessi
Approccio metodologico
Da un punto di vista metodologico, questa ricerca qualitativa ha utilizzato la riflessività
epistemologica che risponde alle seguenti domande: “In che modo il problema della ricerca
definisce e limita i possibili risultati?”; “In quale modo il disegno e il metodo di analisi dello studio
influenzano i dati e la loro analisi?”; “Se il problema di ricerca fosse definito diversamente,
quanto questo influenzerebbe la comprensione del fenomeno indagato?” (Willig, 2008;
Pietkiewicz & Smith, 2012 ).
Si è ritenuto che l’approccio fenomenologico fosse uno strumento adeguato per investigare
come i singoli individui danno senso e interpretano le proprie esperienze (Taylor, 1985) incluse
le esperienze di cura, auto-cura e aderenza terapeutica. Considerato l’importante lavoro svolto
negli anni dal CCV ASUI di Trieste nell’accompagnamento dei pz cardiopatici attraverso percorsi
di cura ed educazione al self-management, si è ritenuto che la popolazione intervistata di pz e
familiari di pz del CCV di Trieste potesse offrire una testimonianza importante per la
comprensione del fenomeno dell’aderenza alla terapia farmacologica e che l’utilizzo di un
metodo misto quanti-qualitativo potesse arricchire la ricerca non solo di dati quantitativi
importanti per la definizione del fenomeno, ma anche di esplorazione dei significati attribuiti a
tali dati dal singolo individuo.
La fenomenologia, riconducibile al lavoro di Husserl (Husserl, 2007) è stata definita “il
paradigma della terza via” (Sasso et al., 2015), non allineata né con il positivismo o post-
positivismo, né con il costruttivismo, ma bensì finalizzata a chiarire i processi attraverso i quali
gli individui raggiungono la conoscenza. accedere all’esperienza descritta, il ricercatore deve
liberarsi da tutte le opinioni preconcette attraverso la sospensione del giudizio o epoché
(Husserl, 1931; Creswell & Miller, 2000); questa astensione del giudizio permette di cogliere
l’essenza pura del fenomeno inteso come sua manifestazione alla nostra coscienza.
90
Se la fenomenologia husserliana si fonda sulle descrizioni, Heidegger sostiene invece che ogni
descrizione comporti, inevitabilmente, un’interpretazione e che sia proprio questo lavoro
circolare a dar vita e finalità alla fenomenologia ermeneutica (Heidegger 1962). L’obiettivo di
Heidegger, discepolo di Husserl, è quello di comprendere l’esistenza (Heidegger, 1962) intesa
come essere nel mondo, quindi essere tra gli altri. La comprensione diventa quindi un modo di
“stare” in modo autentico nello spazio e nel tempo interpretando l’esperienza in un contesto
temporale che spazia tra passato, presente e futuro (Smith et al., 2009). La cura, intesa non in
senso clinico ma come totalità delle strutture dell’Essere, se non autentica sottrae agli altri la
cura di se stessi; questo tipo di cura è l’espressione dell’ ”essere insieme”. La cura autentica,
invece, riconosce all’altro la piena libertà di prendersi cura di sé stesso. Liberi di assumersi la
responsabilità della loro cura, gli individui sono quindi liberi di realizzare il proprio essere
(Heidegger, 2006). In quest’ottica, Heidegger potrebbe essere considerato, con i necessari
distinguo epistemologici ed ontologici, un antesignano del paradigma rogersiano di
empowerment.
Hans-Georg (Gadamer, 1975) porta a un ulteriore contributo dell’ermeneutica filosofica che
definisce le strutture circolari della comprensione e dell’interpretazione come elementi
caratterizzanti l’esistenza storica dell’essere umano. Approfondendo il pensiero di Heidegger,
Gadamer offre una prospettiva di universalità all’ermeneutica, sostenendo che il circolo
ermeneutico non solo non è eliminabile, ma rappresenta una condizione positiva del
conoscere dove la tensione tra estraneità e familiarità permette di riconoscersi e di
comprendersi nell’interdipendenza delle nostre specifiche esperienze (Gadamer, 2001).
“Chi vuol comprendere un testo deve essere pronto a lasciarsi dire qualcosa da esso. Perciò una
coscienza ermeneuticamente educata deve essere preliminarmente sensibile all'alterità del
testo. Tale sensibilità non presuppone né un'obiettiva "neutralità" né un oblio di sé stessi, ma
implica una precisa presa di coscienza delle proprie pre-supposizioni e dei propri pregiudizi”
(Gadamer, 2004).
91
L’approccio fenomenologico nella psicologia umanistica – la Mindfulness come metodologia di
ricerca sociale
La fenomenologia rappresenta la base fondante della psicologia e psicoterapia umanistico-
esistenziale di Carl Rogers (Rogers, 1965) che si pone come obiettivi principali il rispetto
dell’esperienza soggettiva della persona e del suo bisogno di auto realizzazione all’interno di una
prospettiva olistica integrata (Shaffer, 1978). L’approccio fenomenologico umanistico modifica
anche la concezione di salute; secondo Maslow, (Maslow, 1954) l’individuo sano è colui che
raggiunge la propria autorealizzazione diventando ciò che è, non ciò che si è adattato ad essere.
Le teorie psicologiche si sono trasversalmente arricchite, negli ultimi 30 anni, dell’apporto della
pratica della Mindfulness, che può essere definita una condizione di consapevolezza non
concettuale, non cognitiva, legata alla modalità di essere presenti in modo attento e non
giudicante nei confronti del momento presente (Teasdale et al., 1995).
La pratica meditativa, così come la psicologia esistenziale umanistica, condivide l’obiettivo di
migliorare il livello di consapevolezza della persona (Shapiro, 1980; Shapiro & Giber, 1978)
benché la consapevolezza riflessiva dell’esperienza meditativa, priva di attaccamento o
avversione nei confronti del processo mentale e sensoriale in corso, sia diversa dalla riduzione
fenomenologica operata attraverso la sospensione del giudizio (epoché/bracketing) (Husserl,
1931; Creswell & Miller, 2000).
Questa attenzione consapevole al processo e a noi stessi come elementi dinamici al suo interno
può guidare il processo ermeneutico e arricchire la ricerca dando ai risultati uno spessore
multidimensionale frutto di chiarezza nella consapevolezza della complessità.
L’implementazione della Mindfulness come guida epistemologica all’esperienza interna del
ricercatore, permette di superare i limiti che la ricerca solleva quando la preoccupazione e/o
l’aspettativa per ciò che accade o che dovrebbe accadere offusca la chiarezza dell’indagine in
corso (Brown et al., 2011).
92
Riflessività
Prima di iniziare il lavoro di ricerca, ho ritenuto inoltre utile soffermarmi, in modo riflessivo, su
alcune domande relative alla mia personale esperienza di malattia e di aderenza alla terapia e
dei possibili bias che mi portassero a interpretare l’esperienza del malato all’ombra del
pregiudizio. In particolare, mi sono chiesta “Quali sono i miei atteggiamenti e le mie opinioni in
merito all’aderenza?”; “Quali esperienze positive e negative hanno dato forma al mio pensiero
sull’aderenza?”; “Cosa penso dei pazienti incontrati al CCV e quali penso siano i loro bisogni in
ambito di aderenza?”. Toccando elementi intimi della mia vita personale e familiare, riporto solo
una parte delle risposte a queste domande; tutte le risposte complete sono tuttavia presenti
nel “diario dell’esperienza” e quindi disponibili per i ricercatori che le ritenessero utili a una
migliore comprensione del mio lavoro. Qui di seguito riporto alcuni spezzoni del mio lavoro auto-
riflessivo: “Sono una donna cresciuta in un ambiente povero contadino, dove il farmaco era parte
della natura, e veniva assunto sotto forma di cibo sano e/o di pozioni medicinali che solo le donne
della famiglia potevano creare attraverso un sapere tramandato. La malattia non era
importante: molti membri della mia famiglia sono morti in giovanissima età. Altri sono vissuti
molto a lungo, nonostante problemi cardiologici severi. L’unica cosa che realmente contasse era
il dovere, il lavoro quotidiano, la fatica e la responsabilità. Il farmaco era visto come una
“debolezza”, un anteporre se stesso al bene altrui e ricordo una mia zia la quale soffriva di
un’angina pectoris che l’ha fatta morire giovane e che nascondeva la pastiglia con una mano
mentre con l’altra la portava alla bocca, di nascosto dal figlio. Il medico non era una figura
importante; viveva lontano dal piccolo paese e, in ogni caso, nessuno avrebbe avuto i soldi per
pagarlo; la terapia e il farmaco erano quindi cose altro da noi. Sono cresciuta pensando che la
chirurgia fosse, sì, importante (a mio zio i chirurghi salvarono una gamba), ma che le medicine
non fossero in grado di competere con il movimento fisico, l’aglio, l’olio di ricino e un buon
decotto di ortica e malva”… e ancora: “I malati non arrivano mai da noi soli, ma sempre
accompagnati dalle esperienze, a volte tragiche, della loro esistenza. La ricchezza di ciò che
“contengono” come esseri umani non può trovare accoglienza se non nel gruppo e nella
multidisciplinarietà, che però spesso si perde, travolta dai bisogni contingenti o dalla semplice
prevalenza del riduzionismo biomedico. L’aderenza, così come la non aderenza, diventa quindi
sovente un’etichetta che si dà (e che spesso rimane) e che definisce il malato senza spiegarlo,
impoverendo l’atto medico e limitandone l’efficacia. Il malato ha bisogno di attenzione
(dobbiamo essere consapevoli di ciò che realmente è, per sviluppare le nostre capacità critiche,
93
deduttive e induttive; di fiducia (del paziente verso il sanitario e del sanitario nei confronti del
paziente); di autorevolezza (colui/colei che cura deve essere umile ma applicare senza paura le
sue conoscenze, la sua esperienza e il suo sapere) e di accoglienza (solo il malato che si sente
libero dal giudizio del sanitario può mostrare le sue vulnerabilità e diventare co-creatore della
propria salute)”. La riflessione ha guidato la mia attenzione al possibile bias di conferma, definito
da Skinner come “dissonanza cognitiva” (Cooper, 2007), quindi il rischio di prestare attenzione
alle sole prospettive di conferma dei miei punti di vista preesistenti.
94
Fiducia
Il costrutto della fiducia riveste un’importanza fondamentale nelle relazioni umane. Wyld (1958)
la definisce come la ferma convinzione dell’affidabilità, integrità e onorabilità dell’altro. La
fiducia senza l’onorabilità, professionalità e sincerità di intenzione del ricercatore diventa un
evento, ma non un’esperienza.
L’obiettivo della ricerca era quello di entrare nell’esperienza soggettiva dell’individuo per
indagare la dimensione personale della malattia e dell’aderenza terapeutica. Il processo, così
come è stato vissuto, è così divenuto un processo intimo di relazione e presenza in cui entrambi
i partecipanti hanno partecipato al significato narrato. Questa esperienza condivisa ha permesso
ad alcuni partecipanti di osservare il proprio percorso interiore di investigazione e/o attribuzione
di significato all’esperienza vissuta e ha creato un ambiente empatico di “cura” (care) della
persona. Questa fiducia ha permeato l’intero lavoro di ricerca sia in ambito quantitativo che
qualitativo. È stata infatti la fiducia costruita personalmente negli anni attraverso varie
collaborazioni al CCV, insieme alla fiducia riposta dai malati nei medici e negli infermieri del CCV
che ha permesso a questo studio di nascere, crescere e realizzarsi. I malati, in particolare, mi
hanno affidato le loro esperienze, emozioni e ricordi a volte incredibilmente intensi e dolorosi e
lo hanno fatto nella completa fiducia, mi auguro ben riposta, che quanto da loro consegnato
avrebbe trovato accoglienza empatica e sincero sforzo di comprensione, dando un significato al
loro vissuto e alla loro esperienza.
95
Empatia
L’empatia rappresenta un processo cognitivo e sociale che coinvolge diverse strutture e sistemi
cerebrali che regolano attività corporee ed emozioni (Decety, 2010). In psicologia, l’empatia
rappresenta la capacità di comprendere il punto di vista, i pensieri, le intenzioni e le esperienze
affettive dell’altro, riuscendo a cogliere la situazione che l’altro sta vivendo dalla sua stessa
prospettiva (Batson et al., 2004). Identificata come elemento utile nell’approccio analitico non
gerarchico di sostegno alla relazione terapeutica della condizione umana (Ferenczi, 1950),
l’empatia trova rinnovato slancio e significato nel lavoro di Carl Rogers, creatore dell’approccio
metodologico centrato sulla persona (Rogers, 1977). Egli la riconosce come elemento
fondamentale della relazione come esperienza di autenticità e accettazione incondizionata
dell’altro (Rogers & Russell, 2002). L’empatia rappresenta dunque l’evoluzione della relazione
intersoggettiva attraverso l’apertura verso il proprio interlocutore, fatta senza riserve o
pregiudizi.
In ambito sanitario, la ricerca ha identificato quattro dimensioni dell’empatia: la dimensione
affettiva, cognitiva, morale e comportamentale (Stepien & Baernstein, 2006). In particolare,
alcuni autori hanno sottolineato come la vera empatia debba coinvolgere anche l’esperienza
della compassione e della “cura” (Vreeke & Mark, 2003). Nel mio lavoro di ricerca, ho cercato di
essere presente alle testimonianze dei pazienti garantendo una base sicura alle loro emozioni
che potesse essere congruente ma non identica all’emozione da loro vissuta (Batson & Shaw,
1991) (Batson et al., 1987) (Batson & Coke, 1981). I lunghi anni di esperienza umana e
professionale all’interno della dimensione del dolore e della sofferenza mi sono venuti in aiuto
e hanno permesso di restare nella dimensione affettiva dell’interlocutore offrendo alla sua
esperienza un luogo sicuro in cui poter rievocare, narrare, esercitare autoconsapevolezza e
autoregolare le proprie emozioni. Non è stato facile. L’età, oltre alle competenze professionali
sviluppate negli anni, mi è stata di grande aiuto.
Attendibilità e rigore della ricerca qualitativa
L’attendibilità della ricerca qualitativa è spesso messa in discussione dai positivisti; essa viene
infatti valutata utilizzando gli stessi criteri degli studi quantitativi, senza tener conto che gli scopi
e le dimensioni studiate sono complementari ma diversi tra loro. Lo stesso termine “ricerca
qualitativa” manca di adeguata definizione, accogliendo al suo interno una molteplicità di
96
approcci multi-modali come, ad esempio, la fenomenologia, l’etnografia, la semeiotica e la
narrazione; è quindi errato applicare gli stessi criteri di validità utilizzati nell’indagine
quantitativa (Agar, 1986; Lincoln & Denzin, 2003). La validità esterna, ad esempio, elemento
fondante in ambito quantitativo, (Patton, 1979) non può essere indicata come criterio chiave di
quelle ricerche qualitative condotte al fine di generare nuove ipotesi (Agar, 1986). Anche il
concetto di trasferibilità non è applicabile nella ricerca qualitativa in ambito sanitario. Questa,
infatti, è contesto-specifica, soggetto-specifica e tempo-specifica. Lo stesso studio, con la stessa
popolazione, potrebbe dare, in momenti diversi, risultati nuovi. La ricerca qualitativa ha come
oggetto il soggetto che vive l’esperienza simultanea di salute e malattia attraverso i significati
che egli stesso attribuisce non solo ai comportamenti di malattia (inclusa l’aderenza), ma anche
alla propria esistenza spazio-temporale.
Per questa ragione, gli investigatori naturalistici hanno identificato una terminologia specifica
per spiegare i criteri di affidabilità del lavoro di ricerca e che corrisponda ai criteri utilizzati dagli
studiosi positivisti. Il modello di Guba (Guba, 1981) identifica quattro criteri di attendibilità
applicabili al lavoro di ricerca: credibilità (validità interna); trasferibilità (validità
esterna/generalizzabilità); attendibilità (dependability). Il costrutto elaborato da Guba è stato
largamente condiviso e fornisce linee guida strategiche che ogni ricercatore può utilizzare per
garantire rigore alla propria ricerca.
Se è vero che la ricerca qualitativa “e tanto buona quanto il ricercatore” (Morse et al., 2002) e
quanto la sua creatività, flessibilità e capacità riflessiva (Morse et al., 2002; Sasso et al., 2015) è
anche vero che la valutazione della qualità del lavoro fatto si fonda principalmente sulla
coerenza metodologica, l’adeguatezza del campionamento, la saturazione dei dati, inclusiva dei
casi negativi, e l’interazione iterativa tra dati raccolti e analisi (Bagnasco et al., 2015) (Morse, et
al., 2002), processo che ho cercato di applicare in ogni fase della mia ricerca, a partire dal
metodo di indagine della descrizione densa (thick description), che mi ha portato a prestare
attenzione non solo alle azioni eseguite dal soggetto (thin description), ma anche all’individuo
e al suo contesto fisico, storico, emozionale e relazionale (Ryle, 1968; Geertz, 1973; Mills et al.,
2010).
La triangolazione con medici, infermieri e familiari ha permesso di far emergere e confermare
tematiche originali (Denzin, 2009; Denzin, 2012).
Sono infine consapevole del fatto che la ricerca qualitativa fenomenologica è caratterizzata da
un processo interpretativo che è contemporaneamente riflessivo e dinamico, all’interno del
97
quale la stessa raccolta dei dati è interpretazione in fieri (Ezzy, 2002). La mindful attention,
applicata all’intero processo di ricerca e analisi, mi ha permesso di applicare un continuo ascolto
attivo utile per elicitare risposte e garantire un approfondimento adeguato e sensibile del tema
trattato.
98
Documentazione della ricerca (Audit trail)
Durante l’intero lavoro di ricerca, sia quantitativo che qualitativo, ho tenuto un “diario
dell’esperienza” , sulla falsariga di quanto suggerito da (Creswell & Miller, 2000) nel quale ho
registrato il mio percorso professionale e umano, le mie idee preconcette, opinioni, emozioni,
categorizzazioni, emozioni e intuizioni, conversazioni con colleghi e laici stimolate
dall’esperienza vissuta che mi sono tornate molto utili nella mia pratica quotidiana di
consapevolezza e nella conduzione del complesso lavoro di ricerca, offrendo spunti che
potranno rivelarsi molto utili anche per i lavori futuri. È stata utilizzata anche la Checklist COREQ
(Consolidated Criteria for Reporting Qualitative Research) (Tong & Sainsbury, 2007) come
standard per la descrizione della ricerca qualitativa: entrambe mi sono state utili nel processo
riflessivo di auto-valutazione dello studio (All. 7. COREQ) e potranno essere utilizzate per la
valutazione critica del lavoro svolto.
Per garantire maggiore affidabilità alla ricerca, ho coinvolto nel lavoro di analisi due colleghi, una
psicologa e un medico che hanno letto le trascrizioni e operato autonomamente le loro
valutazioni e commenti. L’incontro e lo scambio che ne è seguito è stato molto fruttuoso e ha
permesso di identificare la concordanza sulle tematiche emergenti; queste ultime sono state
anche discusse con alcuni operatori medico-infermieristici del Centro Cardiovascolare di Trieste,
permettendo un feedback triangolare sui principali temi emersi.
È stata operata, alla fine delle interviste una parziale restituzione ai partecipanti. Cinque pazienti
sono tornati per rileggere e discutere i significati emersi che hanno tutti condiviso in maniera
partecipatoria. Tre pazienti, due donne e un uomo, sono purtroppo deceduti nel frattempo.
Quattro non sono riusciti a venire al CCV perché ricoverati in ospedale oppure recentemente
dimessi e ancora troppo deboli. Ho scelto di non coinvolgere gli ultimi tre perché ho ritenuto
che l’incontro e il ritornare su temi anche molto dolorosi non sarebbe stato di beneficio per la
persona che deve comunque e sempre rimanere centrale e protetta.
Background e valori della ricercatrice
Questo studio nasce dall’esperienza personale e professionale nell’ambito della Psicologia della
Salute e della Cardio-Psicologia maturata in Italia e all’estero e caratterizzata da progetti e
interventi multimediali di gestione dello stress, comunicazione, formazione, educazione e
supporto multidisciplinare alla cronicità e al fine vita e da iniziative di sostegno alla salute
99
mentale, prevenzione e empowerment di singoli e gruppi. Collaboro dal 2012 con il Centro
Cardiovascolare – ASUI di Trieste, in ambito multi-disciplinare, a progetti di formazione,
educazione e ricerca quantitativa e qualitativa a livello nazionale e internazionale sulla cronicità,
con particolare attenzione ai bisogni multidimensionali dei pazienti cardiopatici complessi e
delle loro famiglie e all’utilizzo della tecnologia eCare a supporto dell’aderenza e della
prevenzione secondaria (Kubitschke et al., 2016; Stellato et al., 2015; Barbati et al., 2014;
Gavazzi et al., 2012).
L’approccio teorico-professionale che ha guidato questo lavoro di ricerca è di tipo umanistico-
esistenziale integrato con le teorie meditative e auto-riflessive proprie della Mindfulness. Il
lavoro è stato quindi indirizzato verso l’osservazione empatica di esperienze, atteggiamenti,
credenze e comportamenti relativi all’aderenza terapeutica dei malati lasciando che i significati
emergessero spontaneamente e trovassero uno spazio ampio e accogliente di elaborazione. La
mia collaborazione pluriennale come psicologa all’interno degli ambulatori dedicati del CCV ha
permesso di costruire rapporti fiduciari e simmetrici con le persone e ridurre il bias di
desiderabilità nel lavoro di ricerca. I valori che guidano il mio lavoro sono ispirati al prospetto
teorico della Mindful Inquiry (Malhotra Benz & Shapiro, 1998) del quale riporto (tradotti) alcuni
principi fondamentali:
- L’esistenza umana, così come la ricerca, e un processo continuo di
interpretazione di noi stessi e degli altri, incluse altre culture e sotto-culture.
- Tollerare e integrare prospettive multiple è un valore.
- Ogni lavoro di ricerca richiede la contemporanea accettazione e
trascendenza del bias.
- L’eliminazione o la diminuzione della sofferenza e un obiettivo importante
che deve accompagnare ogni lavoro di indagine.
100
Numerosità del campione e arruolamento pazienti
In ambito qualitativo, il numero di soggetti da intervistare è collegato alla domanda di ricerca e
all’elaborazione delle categorie (Morse, 2000; Mason, 2010; Bowen, 2008); la numerosità del
campione finale viene definita attraverso un processo di saturazione teorica, in base al quale le
informazioni raccolte attraverso le interviste in profondità, inclusive di casi negativi, non
aggiungono ulteriori conoscenze in merito al fenomeno studiato (Lincoln & Guba, 1985); ciò
garantisce la replicabilità dello studio (O’Reilly & Parker, 2012) e permette la saturazione dei
codici emersi (Guest, 2006). In questa ricerca, la saturazione è stata raggiunta dopo 15 interviste
somministrate ai pazienti. I soggetti partecipanti alla ricerca qualitativa sono stati selezionati in
base a un campionamento casuale eseguito sui partecipanti alla somministrazione del
questionario BABA-Q. Ai pazienti intervistati è stata chiesta l’eventuale disponibilità a ritornare
per sottoporsi a un’intervista qualitativa di approfondimento. Hanno dato la propria
disponibilità 98 pazienti; da questo sotto-campione ne sono stati selezionati casualmente 28; 6
non hanno potuto partecipare a causa problemi di salute e/o ricoveri; a 22 pazienti sono state
somministrate interviste qualitative semi-strutturate; la saturazione è stata raggiunta con 15
interviste. Ogni intervista è stata audio-registrata nelle quattro-otto settimane seguenti alla
somministrazione del questionario. Il campione finale utilizzato per l’analisi qualitativa è stato
di 15 pazienti. È da sottolineare come solo tre pazienti abbiano potuto dare la propria
disponibilità a ritornare a causa delle precarie condizioni di salute degli altri, difficoltà di
spostamento autonomo, o interventi chirurgici pianificati nel breve termine.
• 250 pz partecipanti al quest. BABA-Q invitati
• 98 pz dato disponibilità partecipare
• 28 pz selezionati per interviste (camp. casuale)
• 6 non hanno partecipato causa salute/ricoveri
• 22 interviste qualitative semi-strutturate
• 15 interviste – saturazione raggiunta
101
Arruolamento caregiver (cg)
Il processo di arruolamento e di somministrazione delle interviste dei caregivers è stato più
complesso di quanto immaginato. I caregivers a cui è stata richiesta la disponibilità a partecipare
all’intervista (n 24) hanno sovente (n 13) negato il consenso alla partecipazione adducendo come
ragione l’impossibilità di lasciare solo il proprio caro; alcuni (n 4) hanno dato il proprio consenso
ma il paziente si è dimostrato restio alla partecipazione del proprio famigliare a un incontro
individuale senza la sua presenza. Alla fine, n 11 caregivers hanno aderito, ma sono state
somministrate solo 8 interviste di circa 40 minuti ciascuna, poiché 2 di loro hanno dovuto
rinunciare causa aggravamento delle condizioni di salute del loro familiare. La saturazione è
stata raggiunta dopo 5 interviste.
Interviste qualitative
È stata eseguita un’attenta analisi della letteratura in ambito di analisi qualitativa dell’aderenza
farmacologica in ambito cardiovascolare e di cronicità.
Per approfondire la comprensione dell’esperienza soggettiva di aderenza del malato
cardiopatico e dei suoi caregiver, e coglierne gli aspetti intimi e multidimensionali, sono state
somministrate interviste qualitative semi-strutturate a un campione casuale di partecipanti alla
ricerca quantitativa e a un gruppo ragionato di caregiver, familiari di pazienti del CCV. Ogni
intervista è stata audio-registrata e trascritta verbatim.
• 28 cg invitati a partecipare
• 13 rifiutato
• 4 dato consenso ma il pz si è opposto all’incontro
• 11 cg dato disponibilità
• 2 rinunciato causa malattia familiare
• 9 cg intervistati (camp di convenienza)
• 5 cg saturazione raggiunta
102
Setting dell’intervista
Inizialmente, la scelta di utilizzare la piccola sala riunioni (Foto 1 – Stanza 17 del CCV) per
somministrare questionari e interviste ai pazienti è stata dovuta all’impossibilità di utilizzo degli
ambulatori medici la mattina, essendo essi impegnati per le visite routinarie. Tuttavia, questo
tipo di setting si è rivelato estremamente efficace. La stanza, sempre in ombra e occupata da un
lungo e stretto tavolo riunioni rettangolare, è risultata particolarmente gradita ai pazienti “Che
bella stanza, davvero elegante... non sembra di essere in ospedale”. L’ambiente intimo, spoglio,
non medicalizzato, e privo di qualsiasi riferimento diretto o indiretto alla malattia (ad eccezione
di alcuni libri di cardiologia nella parte superiore degli scaffali), ha permesso di creare una
dimensione intima dell’incontro, lontana dal modello biomedico, e rassicurante in termini di
percezione di riservatezza. Le interviste si sono svolte quasi senza interruzioni (tranne una),
caratteristica difficile da garantire in un ambiente medicalizzato e multi-tasking come il CCV. Le
interviste pilota sono servite a meglio identificare i bisogni dei pazienti, provvedendo, ad
esempio, a rendere disponibili acqua e bicchieri di carta per quei pazienti che necessitassero,
come è avvenuto, di assumere farmaci.
Le caratteristiche di privacy e intimità offerte dalla Stanza 17 non hanno trovato lo stesso
apprezzamento da parte dei caregivers. Privi della struttura “medica”, i tre partecipanti su
cinque hanno mostrato disagio e fatto apprezzamenti negativi nei confronti dell’ambiente così
Foto 1 – Stanza 17
103
diverso rispetto a quello a cui erano abituati “sembra di essere nel confessionale del prete” (int.
4), “che tavolo lungo.. dove devo sedermi?” (int. 3).
Interviste Pilota
La fase pilota è avvenuta tra febbraio 2015 e luglio 2016. Le interviste faccia-a-faccia sono state
somministrate dalla ricercatrice. Nella fase preliminare, al fine di aiutare la persona ammalata a
far emergere i propri atteggiamenti e comportamenti nei confronti dell’aderenza terapeutica, è
stata elaborata una traccia di intervista semi-strutturata che permettesse di esprimere
l’esperienza vissuta nell’ambito della malattia e dell’aderenza terapeutica.
TRACCIA INIZIALE DELL’INTERVISTA SEMI-STRUTTURATA – DOMANDA DI RICERCA “COME
VIVE IL MALATO L’ESPERIENZA DELL’ADERENZA AI FARMACI?”
1. Può raccontarmi qualcosa della sua malattia?
2. Quali sono le sue abitudini relative all’assunzione dei farmaci?
3. Cosa favorisce/ostacola l’assunzione regolare dei farmaci?
Per raccogliere le testimonianze dei testimoni privilegiati si è scelto un campione ragionato di
quattro pazienti (due uomini e due donne, età media 74 anni ±9), due dei quali identificati come
aderenti e due come non aderenti, afferenti l’Ambulatorio Scompenso Cardiaco Avanzato del
CCV, già conosciuti dalla ricercatrice e ai quali sono state somministrate, previo firma consenso
informato, quattro interviste qualitative semi strutturate individuali della durata di circa 25
minuti ciascuna, durante le quali sono state poste al paziente domande relative alla propria
percezione e vissuto di malattia, così da elicitare le sue opinioni, credenze, atteggiamenti e
comportamenti in merito alla malattia e ai determinanti dell’aderenza alla terapia
farmacologica. Tre brevi interviste, della durata di 10-15 minuti ognuna, sono state
somministrate a un campione di caregivers, familiari (una moglie di 79, un marito di 80 e un figlio
• 4 pz (campione ragionato: due uomini e due
donne, età media 74 anni ±9),
• durata intervista ~ 25’
• 3 cg (1 moglie, 79; 1 marito, 80; 1 figlio, 50 anni)
104
di 50 anni) dei pazienti partecipanti allo studio e contattati durante una delle visite routinarie
del loro familiare presso il CCV. La breve durata delle interviste è stata imputabile alla ritrosia
dimostrata dai familiari nell’accordare il proprio consenso all’intervista. La maggior parte di loro
non voleva lasciare il proprio caro solo durante la visita con il medico, sia nel periodo
antecedente o seguente la visita. I partecipanti hanno accettato di partecipare all’intervista, ma
non di essere audio registrati. Ho quindi preso annotazioni scritte molto dettagliate degli
incontri, cercando di annotare anche la comunicazione para verbale e non verbale dei soggetti
intervistati. Da queste prime interviste, seppur limitate nel numero, è emerso chiaramente il
bisogno di “raccontarsi” da parte dei pazienti e la difficoltà a farlo da parte dei caregivers. Da
queste interviste iniziali è emerso inoltre come il tema dell’aderenza alla terapia farmacologica
sia visto dal paziente come secondario rispetto alle altre dimensioni della malattia.
Così come per la somministrazione degli strumenti quantitativi, si è scelto come setting l’utilizzo
della stanza riunioni del CCV, poiché rappresentava un ambiente non medicalizzato (assenza di
computer e altri strumenti medicali) e in grado di offrire la privacy richiesta dal carattere
intimistico del colloquio.
Le note raccolte durante le interviste sono state riorganizzate, depurate da riferimenti personali
che potessero portare all’identificazione del paziente, rilette svariate volte, sottoposte a una
prima codifica e discusse con due colleghi. Questa prima fase si è conclusa con la ridefinizione
della traccia di intervista semi-strutturata. Data la apparente mancanza di consapevolezza della
propria malattia cardiaca, e considerata la presenza di comorbilità, si è ritenuto utile includere
una domanda su quale fosse la malattia ritenuta più saliente da parte del paziente e una
domanda specifica su quella che il malato ritiene la causa principale del proprio problema
cardiologico. È stata inclusa anche una domanda sulla percezione sulla reale utilità del farmaco,
messa in dubbio da tutti e tre i pazienti intervistati.
105
Interviste Pazienti
Questa fase si è sviluppata tra gennaio e agosto 2017. Le prime interviste a pazienti sono state
raccolte tra gennaio e marzo 2017. Gli intervistati avevano partecipato al questionario e la
relazione tra ricercatrice e partecipante era simmetrica e fiduciaria. Dopo le prime cinque
interviste si è proceduto a un’analisi comparativa preliminare dove sono stati analizzati codici,
categorie e temi emergenti all’interno della singola intervista, del gruppo uomini (n 3), del
gruppo donne (n 2), e in comparazione tra generi (maschi vs femmine). Questo lavoro ha
permesso di portare alla luce, in particolare, il ruolo di accudimento/responsabilità della terapia
farmacologica svolto dal caregiver donna, che si è ritenuto utile approfondire nelle interviste
seguenti. Sono state raccolte e analizzate in totale 22 interviste semi-strutturate di tipo
fenomenologico-narrativo. Le prime cinque trascrizioni sono state condivise con due colleghi
che hanno collaborato alla lettura dei testi e alla definizione del processo di analisi e codifica. I
temi emergenti, inclusi i casi negativi, sono stati discussi in una riunione di gruppo con il team di
medici/infermieri del CCV e negli incontri con i pazienti che hanno partecipato al processo di
restituzione.
TRACCIA FINALE DELL’INTERVISTA SEMI-STRUTTURATA AL PAZIENTE
Esperienza della malattia
• Quale ritiene sia la sua malattia principale?
• Come vive il suo rapporto quotidiano con la malattia?
• Chi/cosa l’aiuta a gestire la sua malattia?
Esperienza dei farmaci
• Come vive il suo rapporto quotidiano con i farmaci (li prepara da
solo, usa qualche metodo per ricordarsi di prenderli)?
• Pensa che i farmaci siano utili per la sua malattia?
Cosa ritiene sia di aiuto o di ostacolo all’assunzione regolare dei farmaci?
106
Numerosi pazienti hanno portato materiale inerente ai farmaci e al processo di assunzione (foto
2), come fogli di pianificazione dell’assunzione e foto dei contenitori utilizzati per facilitare
l’aderenza alla terapia polifarmacologica.
Foto 2 – I pazienti ricordano
107
Interviste Caregiver
TRACCIA DELL’INTERVISTA SEMI-STRUTTURATA AL CAREGIVER
Esperienza della malattia del familiare
1. Quale pensa sia la malattia principale di cui soffre il suo caro?
2. Come vive il suo rapporto quotidiano con i problemi di salute del suo
familiare?
3. Ha anche lei la necessità di assumere farmaci per la sua salute?
Esperienza dei farmaci
4. È coinvolto/a direttamente nella cura del suo familiare? (organizza i
farmaci, gli/le ricorda di prenderli?)
5. Pensa che i farmaci siano utili per la sua malattia?
6. Cosa ritiene sia di aiuto o di ostacolo all’assunzione regolare dei
farmaci?
Sono state somministrate e analizzate otto interviste a familiari di pazienti facenti parte dello
studio. Cinque interviste sono state incluse nello studio. Le interviste sono state brevi a causa
della mancanza di tempo disponibile da parte dei caregivers. Le interviste, della durata media di
30 minuti, hanno permesso
di evidenziare alcune
tematiche interessanti sul
ruolo del familiare. Si ritiene
che la saturazione sia stata
raggiunta, ma che ulteriori
approfondimenti su ruolo,
atteggiamenti e compor-
tamenti di accudimento
siano necessari in futuro.
Anche in questo caso, le Foto 3 - I cg ricordano.
108
interviste sono state condivise con due colleghi e i temi emergenti sono stati discussi nella
riunione del gruppo multidisciplinare del CCV. Nessun caregiver ha accettato l’incontro di
restituzione, adducendo come ragione la mancanza di tempo o l’impossibilità di allontanarsi dal
proprio famigliare.
109
Caratteristiche socio-demografiche pazienti e caregiver interviste qualitative
TABELLA DESCRITTIVA PAZIENTI
Numero Pazienti 15
Sesso 10 M, 5 F
Età 77 ± 9
Istruzione 5 elementari, 6 scuole medie, 3 superiore, 1 università
Stato civile 5 vedovi, 8 coniugati, 2 divorziati
Reddito mensile >1000 euro/mese
8
Principali patologie Cardiopatia Ipertensiva, Cardiopatia Ischemica, Diabete mellito tipo II, Scompenso Cardiaco, BPCO, Insufficienza
Renale Cronica Tabella 14 Descrittiva Pz
TABELLA DESCRITTIVA CAREGIVER
Numero caregiver 5 caregiver (2 figli e 3 coniugi)
Sesso 3 F, 2 M
Età 74 ± 6
Istruzione 2 elementari, 2 medie, 1 scuola superiore
Principali patologie riferite cardiopatia, diabete, patologia tumorale, artrosi, Parkinson
Tabella 15 Descrittiva Caregiver
La somministrazione delle interviste
Le interviste sono state raccolte dalla ricercatrice nel corso di colloqui individuali, trascritte
verbatim (con numerazione delle righe di testo) e analizzate utilizzando un approccio
fenomenologico ermenutico (Ricoeur, 1984; Lindseth & Norberg, 2004; Smith & Osborn 2009).
Questa metodologia è stata scelta perché offre al ricercatore la possibilità di esplorare in
dettaglio come i partecipanti attribuiscono un senso alle loro esperienze dando significato alle
situazioni in cui vivono e al mondo sociale nel quale sono immersi. Inoltre, questo approccio
fenomenologico è direttamente collegato all’ermeneutica e alla teoria dell’interpretazione
(Packer & Addison, 1989; Palmer, 1969) ed è guidato dalla necessità di dare un senso
all’esperienza (sia da parte del partecipante che del ricercatore) creando così un legame teorico
110
con la psicologia sociale e cognitiva (Fiske & Taylor, 1991). La saturazione è stata raggiunta dopo
15 interviste che fanno parte del lavoro di ricerca qui presentato. Dopo la trascrizione verbatim
delle audio-registrazioni, si è avviata la procedura IPA (Smith et al., 2009) utilizzando il processo
della fenomenologia ermeneutica attraverso le fasi di ascolto ripetuto di ogni registrazione,
trascrizione, familiarizzazione e codifica “bottom-up”, identificazione della struttura tematica,
organizzazione in temi, costruzione della mappa tematica sovra-ordinata, per concludere con
l’analisi dei dati e la verifica delle interpretazioni.
Originariamente, era stata pianificata l’analisi dei testi tramite CAQDAS (Computer-Assisted
Qualitative Analysis Software). In particolare, per l’analisi delle interviste qualitative, si era
deciso di utilizzare uno strumento software appena acquisito dal mio dipartimento universitario,
ATLAS.ti (versione 5.0), sviluppato per analisi di tipo induttivo e che consente l’organizzazione
della codifica dei testi. Tuttavia, per garantire validità scientifica alla ricerca si è reso preferibile
usare un approccio “ridondante”, conducendo la prima parte del lavoro, qui presentato,
attraverso l’utilizzo della metodologia tradizionale di carta, matita, evidenziatore e foglio Excel.
La complessità del software, la mancanza di training sul suo utilizzo e l’assenza in ambito
universitario di un figura “esperta” in ambito CADQAS in grado di supportare il lavoro “tecnico”
di analisi ha fatto scegliere un percorso prudenziale più lungo ma indispensabile, a mio parere,
per permettere di vivere sensorialmente ed esperienzialmente il dato e utilizzare le risorse
cognitive per tradurre direttamente sensazioni, pensieri e insight in elementi del racconto
vissuto, così da evitare di incappare in quello che ritengo si possa definire il “bias della
tecnologia”, l’aspettativa, cioè, o l’illusione che la macchina non sia solo uno strumento di
lavoro, ma la sostanza del lavoro stesso e il rischio di essere intimiditi dallo strumento di analisi
e allontanati dall’esperienza intima dell’incontro con la persona attraverso il testo scritto. Al
termine di questa prima parte ho ripetuto il processo utilizzando ATLAS.it che mi ha permesso
di ripensare criticamente al lavoro svolto verificando così non solo il processo di interpretazione,
ma anche la qualità dell’apporto tecnologico offerto da un software di sostegno all’analisi dei
dati.
Fenomenologia Interpretativa come metodo di analisi (IPA)
Questa ricerca ha utilizzato, come guida e strumento di analisi, la metodologia fenomenologica
interpretativa (Interpretative Phenomenological Analysis (IPA). Essa rappresenta un approccio
111
qualitativo che guida la comprensione dell’esperienza vissuta dai partecipanti per cogliere il
significato che un particolare argomento assume per l’individuo all’interno di uno specifico
contesto (Larkin et al., 2006). Nasce con l’obiettivo di indagare le esperienze soggettive
idiografiche e la cognizione sociale di individui in relazione con sé stessi e col mondo (Smith et
al., 1995) e attribuisce a ogni individuo il ruolo di interprete del proprio universo (Smith J.A.,
2009). Questo processo di ricerca di senso e significato avviene attraverso il racconto e
l’osservazione della propria storia condivisa dal testimone esperto, che accoglie l’esperienza del
malato in modo neutro e ricettivo e la interpreta attraverso un approfondito lavoro di analisi. Il
processo analitico dell’IPA può quindi essere definito come un processo di doppia ermeneutica,
poiché in una fase iniziale il partecipante dà un senso al proprio mondo e nella fase seguente il
ricercatore tenta di decodificare i significati emersi dando a sua volta senso alla costruzione di
significato operata inizialmente dal partecipante (Smith & Osborn, 2008). L’IPA, quindi,
permette di compiere un lavoro di sintesi a partire dai principi della fenomenologia ermeneutica
utilizzando un metodo descrittivo e interpretativo che lascia spazio e parola all’esperienza per
poi permetterle di essere ascoltata e interpretata come fenomeno umano.
In questo studio, l’obiettivo era quello di esplorare i processi legati all’aderenza (inclusi gli aspetti
autoriflessivi) nei malati cardiopatici complessi attraverso i quali i partecipanti davano un senso
compiuto alla loro esperienza di malattia. La ricerca si è quindi concentrata sull’esplorazione
delle esperienze, atteggiamenti, opinioni e comportamenti dei singoli individui (Reid et al.,
2005). Tuttavia, la dinamicità inerente alla metodologia (Smith, 1996) riconosce il ruolo
importante dei partecipanti nella loro capacità di esprimere il loro vissuto esperienziale in
maniera articolata, ma anche l’importanza del ricercatore la qualità del cui lavoro viene definita
dalle sue capacità riflessive e analitiche (Baillie, Smith, Hewison, & Mason, 2000). Sono state
utilizzate interviste qualitative semi-strutturate e arricchite da materiali portati dai pazienti a
(liste di farmaci, contenitori utilizzati per organizzare l’assunzione quotidiana).
Trascrizione
L’iniziale fase di trascrizione è stata fatta curando con particolare attenzione la precisione del
testo e dell’ambiente e delle modalità di comunicazione, notando, ai fini dell’analisi, le
interruzioni prolungate e la comunicazione para-linguistica come identificata da Trager (1958)
nella designazione delle caratteristiche vocali non verbali. Questo lavoro di analisi non è
112
richiesto dalla metodologia IPA (Smith et al., 2009) ma è stato ritenuto necessario per meglio
entrare nel mondo e comprendere il significato di quanto espresso dal paziente. Sono stati notati
qualificatori vocali come timbro, intensità e intonazione. Sono inoltre stati identificati segregati
vocali utlizzati come intercalare tra le parole ad es. intercalari sonori (“ehm”, “ah”, “eh”) e
caratterizzatori vocali che esprimono emozioni come risate, sospiri, momenti di commozione.
Le trascrizioni sono state poi verificate attraverso il riascolto dell’audio e la lettura simultanea
della trascrizione. Sono state raccolte anche le note scritte dal ricercatore durante l’intervista,
esplicative della comunicazione non-verbale (mimica facciale, postura, abbigliamento, rapporto
con lo spazio, ecc.).
Familiarizzazione, annotazioni e temi emergenti
Il processo di familiarizzazione è iniziato con la lettura e rilettura approfondita delle trascrizioni
in un processo iterativo idiografico che mi ha permesso di entrare nella dimensione soggettiva
di ogni partecipante in relazione al tema oggettivo della ricerca (l’aderenza). La rilettura di ogni
trascrizione è stata eseguita numerose volte lasciando anche alcune ore o giorni di spazio tra
una lettura e l’altra per permettere la sedimentazione del testo e l’identificazione, quando
possibile, di nuovi significati o di sfumature di significato.
A margine sinistro del testo sono stati annotati commenti, osservazioni e riflessioni emerse nel
corso dell’intervista; ho ritenuto necessario, a volte, riassumere in sintesi un concetto espresso,
oppure eseguire una prima interpretazione. I commenti descrittivi (Smith et al. 2009) hanno
permesso di identificare parole o frasi rilevanti per attributi di frequenza o di importanza
percepita. Ciò è avvenuto per ogni singolo documento, che è stato oggetto di lunghe e accurate
rivisitazioni. Sul quaderno utilizzato per il Research Trail sono state annotate le mie emozioni, gli
eventuali interventi di contenimento e, ove necessario, le note di rinvio agli ambulatori
medico/infermieristici per follow-up clinico o educazionale. Benché non richiesto dall’IPA, ho
ritenuto utile, dopo le prime riletture, sottolineare frasi o porzioni di testo. Sono stati
sottolineate, in ogni riga, parole, frasi, paragrafi che si ritenesse potessero contribuire all’analisi
del contenuto e all’evidenziazione di elementi che fossero in grado di arricchire la narrazione
dell’esperienza soggettiva senza tener conto della loro unicità/generalizzabilità. Questo
processo di lettura, rilettura e riflessività è stato operato per la prima trascrizione e ripetuto per
tutte le altre trascrizioni, ognuna delle quali si è arricchita della consapevolezza e degli insights
113
precedentemente acquisiti. La rilettura iterativa delle trascrizioni ha permesso di far emergere
diverse sfumature inerenti le esperienze soggettive dei partecipanti che hanno guidato la
riflessione sul tema di ricerca inserito all’interno del mondo esperienziale di ogni soggetto. Il
processo di familiarizzazione si è protratto per alcune settimane, lasciando spazio tra la lettura
e rilettura dei testi per permettermi di entrare in profondità nel mondo del partecipante
cogliendone individualità e comunalità.
Temi emergenti e sovra-ordinati
In una fase successiva, ho riportato su un foglio Word i temi emergenti iniziando a identificare i
possibili legami tra loro. Le prime cinque trascrizioni delle interviste con i pazienti e di due
interviste caregiver sono state condivise con due colleghi, una psicologa e un medico, con i quali
sono stati discussi e chiariti i temi emergenti. A questo punto, i temi emersi sono stati rivisitati
e, in alcuni casi, riorganizzati e/o sintetizzati per creare una struttura di analisi coerente.
Ha fatto seguito un lavoro induttivo/deduttivo che, partendo dalle informazioni note sulle
variabili dell’aderenza, mi ha permesso di identificare elementi complementari chiarificatori
della realtà osservata, ampliando la prospettiva della ricerca e permettendomi di lavorare su
diversi piani temporali ed esperienziali. Sono stati quindi definiti i significati dei temi emergenti
e alcuni temi sono stati poi raggruppati in temi sovraordinati (cluster) che racchiudessero la
varietà di aspetti dell’esperienza emozionale, sensoriale e cognitiva del partecipante. Sono
ritornata svariate volte alla trascrizione per assicurarmi che quanto emerso corrispondesse a
quanto riportato dalla fonte primaria. A questo punto del lavoro, ho chiesto ai colleghi medici e
infermieri del CCV di discutere i temi emersi, e in particolare quello della relazione di co-
dipendenza malato-caregiver e del suo ruolo in ambito di aderenza.
La fase finale è stata la produzione di una tabella di temi principali e sotto-temi, alcuni estratti
dei quali sono poi stati utilizzati nel capitolo dei Risultati. Attraverso l’analisi e l’interpretazione
dei temi emersi, è stato possibile elaborare le risposte alla domanda di ricerca relativa ai rischi
di non aderenza alla terapia farmacologica.
114
Commenti esplorativi
- Si è organizzata per prenderle - Problemi di memoria/paura - Paura di invecchiare - Paura di soffrire - Evitamento? - Vorrebbe guarire ma non può - Ruolo femminile?/Stereotipo di genere? Altro? -Paura di peggiorare il proprio stato di salute con certi farmaci Non aderenza ai farmaci cv ritenuti pericolosi ma aderenza ai farmaci percepiti utili Autoconsapevolezza di non gestire bene la terapia ma paura per effetti collaterali Autogiustificazione. Ha problemi di stomaco È in attesa… si definisce pigra o evitante? -Lutto perdita della madre -Marito perdita lavoro -Depressione sua e del coniuge -Aiuto del MMG antidepressivo -Le medicine controllano le emozioni -Negazione delle proprie emozioni come auto-regolazione -Ddifficoltà autoregolatorie -Oppiacei la aiutano a muoversi/l’agopuntura l’aiuta a dormire/dipendenza da altro/i -Coniuge aiuta ma gli pesa -Senso di colpa per aver bisogno di aiuto degli altri fuori casa/limitata autonomia/paura a muoversi da sola/ansia per la salute del marito -Tutti dipendono da lei e lei dipende dagli altri/codipendenza -La malattia isola ma non ha mai avuto amici
-l’eambiente la isola ma non ha mai avuto
amici
R: Mi dica, signora Anna, come si è organizzata con le medicine? L’aiuta qualcuno?
I: Le medicine sono abbastanza in grado di gestirle da sola.. Io in cucina ho una
scatolina con tanti cassetti con tutte le mie medicine, sono molto ordinata, sa..
gestisco anche quelle di mio marito che ne ha più di me ma le tengo in un’altra
scatola più grande.. Un po’ però perdo la memoria.. mi sto accorgendo che entro in
camera e mi chiedo “Perché sono qui?”[si toglie la giacca]. Ma immagino sia normale,
però forse sta arrivando troppo presto.. Ho paura di invecchiare, di non soffrire
tanto.. Io vorrei guarire da tutto [sospira] A nessuno piace star male… Mi dispiace
non avere più la forza che avevo per pensare a tutto e a tutti..
R: Le medicine le prende sempre?
I: Mi hanno dato la cardioaspirina ma non la prendo.. Queste cose qua non me le
gestisco bene, perché ho paura di avere dei problemi.. Ho problemi di stomaco.
Anche il Carvasin l’ho preso solo un paio di volte... La statina anche devo
incominciare a prenderla.. Le ho là.. [sorride]. Non le ho ancora prese per pigrizia.
Prendo lo Xanax da tanti tanti anni poi tre anni fa mi è morta la mamma e ho avuto
un grande esaurimento.. Mio marito anche era depresso per la perdita del lavoro..
Poi mi sono ammalata anch’io di depressione e il medico mi ha aiutata.. Queste
medicine le prendo sempre, mi controllano il pianto… Io parlo, parlo ma poi se parlo
scoppio [le si incrina la voce]. Adesso sto prendendo anche degli oppiacei. Ne prendo
uno o due al giorno. Faccio la terapia del dolore un paio di volte all’anno. Mi aiuta a
camminare.. Ho fatto anche l’agopuntura, mi aiuta a dormire..
R: Suo marito riesce magari ad aiutarla a ricordarsi di prendere i farmaci?
I: Mio marito mi porta a fare la spesa, mi porta dai medici.. gli pesa, ma lo fa.. pesa
anche a me, sa? Ero un uccellino, sempre in movimento! Rare volte se non c’è vado
anche da sola, ma torno subito, perché ho paura a girare da sola, e poi sono in
pensiero anche per lui.. Lui è cardiopatico.. devo stargli dietro, non deve stancarsi o
prendere troppe emozioni.. Siamo insieme da 30 anni, mi aiuta con gli spostamenti,
mi dispiace pesargli sempre sulle spalle ma.. Io faccio da mangiare, pulisco un po’ la
casa, ma non posso più fare così bene come una volta. Cerco di stare attenta.. Oggi
non riesco a fare più niente.. Non vado in piscina perché ho paura per i miei occhi, di
non prendere qualche infezione.. Capisce che tutte ste robe qua… Dovrei avere pace
e invece mi stanno tutti addosso [sospira due volte]… marito e figli e anche i nipoti
[sospira].. Ma in questo periodo avrei più bisogno di loro e invece loro hanno ancora
bisogno di me.
R: Di amicizie ne ha?
Amicizie? Eh..[ride nervosamente].. mah, veramente.. mah, amicizie non ne ho mai
veramente.. le amicizie vere son rare e in ogni caso adesso, con questi occhi e tutto..
in piscina non posso più andare…
Estratto intervista Q0010 - Anna, 63 anni, scuola elementare, sposata, tre figli – commenti esplorativi
115
R: Mi dica, signora Anna, come si è organizzata con le medicine? L’aiuta qualcuno?
I: Le medicine sono abbastanza in grado di gestirle da sola.. Io in cucina ho una scatolina con tanti
cassetti con tutte le mie medicine, sono molto ordinata, sa.. gestisco anche quelle di mio marito
che ne ha più di me ma le tengo in un’altra scatola più grande.. Un po’ però perdo la memoria..
mi sto accorgendo che entro in camera e mi chiedo “Perché sono qui?”[si toglie la giacca]. Ma
immagino sia normale, però forse sta arrivando troppo presto.. Ho paura di invecchiare, di non
soffrire tanto.. Io vorrei guarire da tutto [sospira] A nessuno piace star male… Mi dispiace non
avere più la forza che avevo per pensare a tutto e a tutti..
R: Le medicine le prende sempre?
I: Mi hanno dato la cardioaspirina ma non la prendo.. Queste cose qua non me le gestisco bene,
perché ho paura di avere dei problemi.. Ho problemi di stomaco. Anche il Carvasin l’ho preso
solo un paio di volte... La statina anche devo incominciare a prenderla.. Le ho là.. [sorride]. Non
le ho ancora prese per pigrizia. Prendo lo Xanax da tanti tanti anni poi tre anni fa mi è morta la
mamma e ho avuto un grande esaurimento.. Mio marito anche era depresso per la perdita del
lavoro.. Poi mi sono ammalata anch’io di depressione e il medico mi ha aiutata.. Queste medicine
le prendo sempre, mi controllano il pianto… Io parlo, parlo ma poi se parlo scoppio [le si incrina
la voce]. Adesso sto prendendo anche degli oppiacei. Ne prendo uno o due al giorno. Faccio la
terapia del dolore un paio di volte all’anno. Mi aiuta a camminare.. Ho fatto anche l’agopuntura,
mi aiuta a dormire..
R: Suo marito riesce magari ad aiutarla a ricordarsi di prendere i farmaci?
I: Mio marito mi porta a fare la spesa, mi porta dai medici.. gli pesa, ma lo fa.. pesa anche a me,
sa? Ero un uccellino, sempre in movimento! Rare volte se non c’è vado anche da sola, ma torno
subito, perché ho paura a girare da sola, e poi sono in pensiero anche per lui.. Lui è cardiopatico..
devo stargli dietro, non deve stancarsi o prendere troppe emozioni.. Siamo insieme da 30 anni,
mi aiuta con gli spostamenti, mi dispiace pesargli sempre sulle spalle ma.. Io faccio da mangiare,
pulisco un po’ la casa, ma non posso più fare così bene come una volta. Cerco di stare attenta..
Oggi non riesco a fare più niente.. Non vado in piscina perché ho paura per i miei occhi, di non
prendere qualche infezione.. Capisce che tutte ste robe qua… Dovrei avere pace e invece mi
stanno tutti addosso [sospira due volte]… marito e figli e anche i nipoti [sospira].. Ma in questo
periodo avrei più bisogno di loro e invece loro hanno ancora bisogno di me.
R: Di amicizie ne ha?
Amicizie? Eh..[ride nervosamente].. mah, veramente.. mah, amicizie non ne ho mai veramente..
le amicizie vere son rare e in ogni caso adesso, con questi occhi e tutto.. in piscina non posso più
andare…
Temi emergenti
Organizzazione farmaci vs assunzione farmaci
Doppio ruolo di malato e caregiver
Deficit mnesici
Paura del futuro
Ruolo femminile stereotipato
Ansia/Paura effetti collaterali
Strategie di evitamento
Lutto/Ansia/depressione familiare
Difficoltà autoregolazione delle emozioni
Percezione utilità e sicurezza del farmaco modula aderenza
Sentirsi un peso per gli altri
Perdita identità
Caretaker vs caregiver
Autonomia fisica limitata
Ambiente fisico ostile
Ansia salute propria e del marito
Peso della cura dell’altro
Gli altri sono un peso
I Isolamento
Solitudine ora giustificata dalla
malattia
Int. Q0010 - Codifica temi emergenti
116
Perdita
• Madre
• Sicurezza economica
• Senso del sé
• Salute propria e del coniuge
• Memoria
• Autonomia fisica
• Hopelessness
Relazione con il farmaco
• Confusione ed ansia
• Avoidance coping/strategie di evitamento
• Il farmaco “stampella” = aderenza
• il farmaco “pasticcio” = non aderenza
• Compliance vs adherence
• Locus of control esterno Relazione con la famiglia
• Ruolo femminile stereotipato vs codipendenza
• Mancata percezione di confini definiti tra sé e l’altro
• Eccessivo senso di responsabilità
• Senso di colpa
• Caretaker vs caregiver
• Powerlessness Relazione con se stessi:
• Basso senso di coerenza
• Bassa autostima
• Solitudine
• Distress
• Depressione
• Ansia
• Helplessness Relazione con l’ambiente fisico e sociale
• Spazio fisico ridotto
• Pericolo
• Separazione
• Solitudine
Tabella 16 Pre-clustering temi emergenti intervista Q0010
117
RISULTATI DELLA RICERCA QUALITATIVA
Trittico a olio su tavola (220x389 cm) di Hieronymus Bosch, databile 1480-1490 circa e conservato nel Museo del
Prado di Madrid.
Burden della malattia, agentività e aderenza L’essere umano è un animale sociale creatore di relazioni (Gross, 2001) che vengono modellate
e rielaborate dall’esperienza della malattia. Il paziente cardiopatico comorbile, in particolare se
anziano, sente fisicamente e psicologicamente il peso della cura che accompagna e complica il
peso biologico di una vita che avanza e di un corpo che perde vitalità, funzionalità e salute per
una legge di natura che il farmaco, o il medico, non possono sovvertire. Il suo percorso è
costellato di ostacoli, vere e proprie barriere all’ autoefficacia e, di conseguenza, all’aderenza
terapeutica (Albert Bandura, 2004). Queste barriere, se non adeguatamente affrontate e
superate attraverso azioni individuali e collettive, possono creare percezioni di helplessness a
danno dei comportamenti di self-care (Robinson-Smith et al., 2000). Gli individui, secondo alcuni
studiosi dell’etica assistenziale, non sono autonomi, ma interdipendenti tra loro. L’agentività
umana (Bandura, 1986) si sviluppa all’interno di una struttura causale interdipendente
caratterizzata da una reciproca dipendenza funzionale frutto dell’ interazione tra fattori interni
all’individuo, il suo comportamento e l’ambiente esterno (Bandura, 2001). L’agentività
118
personale, vicaria e collettiva, sono capacità di agire all’interno di un contesto e trasformarlo
per ottenere risultati intenzionalmente perseguiti (Bandura, 1986; Caprara & Cervone, 2003).
L’agentività collettiva definisce quindi la percezione condivisa dal gruppo di essere in grado di
eseguire con successo un certo comportamento (Bandura, 2005; Gheno, 2010). Le opinioni dei
singoli, quando consapevoli della loro interdipendenza e delle singole capacità, guidano la
spinta all’azione comune e la perseveranza collettiva. In ambito sanitario, ciò si riferisce a medici,
infermieri, caregiver e, naturalmente, al paziente.
Le interviste qualitative hanno fatto emergere la complessità dell’aderenza e hanno dato forma
e voce all’esperienza di malattia e di terapia della persona e dei significati attribuiti a questa
esperienza. Il burden della cura e l’importanza dell’agentività nella relazione (con se stesso, con
il caregiver, con il sanitario, con la malattia e con il farmaco) sono temi emersi con forza
unitamente alla condivisione di quelle che vengono vissute dal malato come barriere
all’espressione del proprio potenziale di agentività. Dalle interviste qualitative e dall’analisi del
testo sono emersi tre temi solo parzialmente riconosciuti nella letteratura scientifica
internazionale, in grado di influenzare i comportamenti di aderenza dei pazienti: l’aspetto
relativo all’agentività e alla leadership nella relazione medico-paziente, le dinamiche
relazionali di co-dipendenza nel caregiving familiare, il doppio ruolo di malato-caregiver e
infine il tema della solitudine esistenziale.
119
BURDEN DELLA MALATTIA E DELLA CURA
Tabella 17 Agentività del paziente
BARRIERE ALL’AGENTIVITA’ DEL PAZIENTE
LA PERSONA
(n pz/pz totali)
Senso del sé/identità
9/15
Non mi riconosco più, non so chi sono.. fino a due anni fa
andavo in montagna, facevo 60 km in bicicletta ogni sabato,
volavo via che ero una scheggia.. e adesso? Ogni passo è una
fatica, pensavo di vivere in pianura e invece mi sono accorto
che la mia strada è tutta in salita.. mi sembra di vivere con un
estraneo, non so chi sono, non so più che sono. C’e un estraneo
che dorme sul mio materasso, non so più.. devo ricominciare
tutto da capo, ma non so da dove.. Ero abituato a essere
invincibile, a lavorare sempre.. (Q0117)
Solitudine esistenziale
7/15
Qual è il senso della vita?.. mi sembra di essermi allontanato
dalla mia vita, nessuno mi capisce e io non ho voglia di
capire più nessuno… Perché ho vissuto? Per quale ragione
ancora vivo? Non so spiegarmelo ed è terribile questa
sensazione.so solo che non voglio morire ma che intanto
vivere mi pesa. (Q0093)
Bassa autoefficacia
7/15
Ho superato delle prove, nella vita, che potrei scrivere non un
libro, ma dieci.. adesso però è tutto più difficile, faticoso..
penso che potrei, volendo, e anche ce la faccio, ma è come se
mancasse qualche pezzo, qualche strumento.. io ero un
falegname. Senza attrezzi non si lavora e neanche senza un
progetto. (Q0069)
Ansia/depressione
6/15
Quando arriva la sera incomincio a pensare che devo andare
a dormire.. non dormirò.. come sarà.. sono solo. (Q0069)
Deficit mnestici /capacità
di problem-solving
10/15
Eh, la memoria è un bel problema, non riesco più neanche a
leggere e poi entro nella stanza e mi chiedo cosa ci faccio,
qua. Però mi sono organizzato, mi sono detto “Adesso ti
frego io..” e ho messo tutte le scatole in mezzo al tavolo in
cucina. Così è impossibile dimenticarsi! (Q0165)
120
BARRIERE ALL’AGENTIVITA’ DEL PAZIENTE
LA MALATTIA
Scarsa consapevolezza
della malattia
(8/15)
A parte l’osteoporosi sto bene.. mi è difficile spiegarlo, ma
penso che la mia malattia principale è che non riesco a fare
le cose come vorrei io, perché tutto mi pesa e mi viene
l’affanno. (Q0083)
Negazione della malattia
(4/15)
Non mi sento malato, mi sento bene, non mi sento malato.
(Q065)
Comorbilità e salienza
percepita
(12/15)
La deambulazione è la mia principale malattia. E le dirò da
cosa e venuta, per quel poco che posso aver capito: un po’ di
diabete, affanno per la fibrillazione atriale, anemia
impressionante. (Q0140)
Percezione della severità
della malattia (6/15)
Il cuore e stato male con l’infarto, sette anni fa.. Adesso
però, toccandomi il naso, sto bene. Ogni tanto mi gonfio,
perché sto tanto fermo. Mi stanco facilmente, ecco perché..
ormai mi muovo poco e sono decondizionata, si dice così,
credo.. è normale per un anziano non essere più abituato a
muoversi. (Q0158)
BARRIERE ALL’AGENTIVITA’ DEL PAZIENTE
IL FARMACO
Attribuzione degli effetti
collaterali del farmaco
(6/15)
Io so che i problemi alle gambe e ai piedi sono colpa della
medicina per il colesterolo. Il medico dice di no, ma io prima
stavo bene.. a parte il diabete. (Q0140)
Dubbio sulla reale utilità
del farmaco
(12/15)
Certe volte, certe volte vorrei proprio smettere di prendere le
medicine per il cuore e vedere cosa succede.. secondo me
non succederebbe niente, perché una volta ho provato per
due giorni perché stavo male e sono ancora qui. Non ho il
coraggio di fare la prova lunga, ma senza farla non si può
sapere se sono veramente utili alla mia salute, non crede?
… la cardioaspirina non son sicuro quanto serva, la statina
neanche.. (Q0093)
Timore sulle possibili
interazioni tra farmaci
(7/15)
Io sono delicata, sento subito quando una cosa mi fa male.
Ho letto il foglietto delle medicine, sa, c’e da spaventarsi!
Praticamente non dovrei prendere nulla, perché ogni cosa
121
che prendo non funziona con le altre. Quando arrivano in
pancia si mescolano tutte assieme e allora, addio.. (Q0083)
Health Literacy
(8/15)
Quando faccio la visita dal dottore mi danno la lettera, io
una sbirciatina gliela do, ma non capisco. Più di tutto guardo
se mi hanno cambiato le medicine o meno. Mi dicono no
farmaci antinfiammatori, ma io non so cosa siano… un
giorno il dottore mi ha detto “Se ha la dispnea, chiami il
118”. Ma cos’e sta dispnea? (Q0035)
BARRIERE ALL’AGENTIVITA’ DEL PAZIENTE
L’AMBIENTE SANITARIO E L’OPERATORE
Leadership medica e
ruolo e del sistema
sanitario
(7/15)
Scarsa conoscenza del
paziente (9/15)
Il medico, oggi, credo sia un po’ in crisi. È diventato un
amministrativo ed è entrato in crisi.
I medici fanno fatica a guidare, oggi. Il malato gira e il
medico sta fermo. La Sanità è ferma. (Q0158)
Di me, lo specialista non sa niente. Il curante sì, gli infermieri
sì, ma lo specialista non sa e non chiede niente. Poi anche lì,
dipende.. (Q0021)
Qualità della relazione
(13/15)
Comunicazione empatica
11/15
Informazioni poco chiare
sulla terapia
(8/15)
So che mi devo sempre adattare io a seconda di chi incontro..
mai una volta che sia l’altro. Stanco o non stanco, devo
essere io a camminare sulle uova e ogni tanto mi vien voglia
di buttare tutto all’aria e di dire “chi se ne…” (Q0049)
Ho notato, negli anni, che le dottoresse donne ascoltano di
più, sembrano capire meglio.. i maschi son maschi, bim bum
bam e la visita è finita e guai a lamentarsi. (Q0083)
A qualcuno (della mia depressione) non interessa proprio,
qualcuno fa sì con la testa e dice “mi dispiace”, ma si vede
che non capisce, perché bisogna forse aver provato, per
capire… (Q000093)
Guardi, io non incolpo nessuno, ma una spiegazione
veramente chiara io non l’ho mai avuta. Forse e colpa mia…o
forse tutti pensano che un altro dottore me lo abbia detto.
(Q0049)
122
Uso della tecnologia da
parte del medico
(6/15)
A me sembra che il computer possa essere utile soprattutto
al medico, più che a me. E in ogni caso non è certo colpa del
computer. È l’atteggiamento, la voglia di parlare con il
malato che a volte non c’e e allora il computer un po’
nasconde. Dipende sempre da chi hai davanti. (Q0035)
Delega di responsabilità
ad altri
(12/15)
E poi (lo specialista) mi dice “parli col suo curante”.. e poi il
curante mi dice “Di questo deve parlare con il suo
cardiologo”. E allora? Se si gioca non si può stare in
panchina. (Q0117)
Incongruenza delle
indicazioni terapeutiche
(6/15)
Guardi, io ho almeno una visita alla settimana, non so più
quante ne ho fatte negli ultimi due anni. E ogni dottore mi
dice il suo, che non sempre è uguale a quello che mi dicono
gli altri.. Poi magari vado dal mio medico di famiglia e lui mi
cambia la terapia, e io non ci capisco più niente. Manca una
guida.. (Q0075)
Fiducia nel sanitario
(6/15)
C’era questo dottore, qualche anno fa, che mi riceveva nella
sua stanza piena di fumo che non si respirava proprio.. con
un posacenere pieno di mozziconi di sigaretta e lui mi diceva
che dovevo smettere di fumare.. cose da non credere!
(Q0102)
Atteggiamento
giudicante del sanitario
(7/15)
Io avevo un problema col bere.. insomma, capisce? Bene, è
da un anno e mezzo che non tocco più niente, niente di
niente, eppure il medico continua a trattarmi come…
insomma, vedo che continua a giudicare, a fare le battutine
e non è giusto.. Passa la voglia di vivere, glielo dico io.
(Q0132)
Scarsa condivisione di
obiettivi
(9/15)
Io mi sento solo in questo viaggio. Il medico lo sento proprio
un po’ assente, credo abbia i suoi problemi, li abbiamo tutti...
Ma se fai il medico dovresti esserci, giusto? Per me, giusto?
(Q0013)
123
BARRIERE ALL’AGENTIVITA’ DEL PAZIENTE
IL CAREGIVER
Delega di responsabilità
della cura
(5/15)
Ho una buona memoria, ringraziando il cielo sono in discrete
condizioni di salute, cammino, mi sposto. Ma mi affido
completamente a mia moglie. Lei è la mia infermiera e la
mia tiranna. Prepara lei tutto, parla con i medici, con il
farmacista. (Q0102)
Co-dipendenza nel
caregiving
(4/15)
Mia moglie è tutto e ormai senza di lei non saprei più cosa
fare, anche potendo. È mia madre, la mia dottoressa,
infermiera, carceriera. Siamo legati per sempre quasi da far
male.. (Q0075)
Doppio ruolo malato-
caregiver
(6/15)
Senso di colpa
(3/15)
Sto male, sto molto male, non so più neanche io da quando..
ogni giorno c’e qualcosa di nuovo.. il cuore, la schiena, le
mani… stiamo male in due ma io faccio sempre più fatica a
corrergli dietro, a ricordarmi..mi sento in colpa, mi sembra
sempre di essermi dimenticata di fare qualcosa.. succede
che poi trascuro le mie di cose, dimentico di prendere le mie
di medicine, perché tutto non si può fare in questa vita, no?
(Q0021)
Mi sento in colpa con mia moglie, perché non le ho fatto fare
una gran vita, e adesso che anche lei non sta bene, è tutto un
correre dietro a me. (Q0111)
BARRIERE ALL’AGENTIVITA’ DEL PAZIENTE
L’AMBIENTE SOCIALE ED ECONOMICO
Vivere solo
5/15
La mia malattia principale penso sia la solitudine. Da quando
mia moglie è morta. (Q0132)
Qualità della vita sociale
10/15
Gli amici? No, non li vedo più. Un po’ son morti, un po’ erano
gli amici di caccia e ormai il fagiano sono io… (Q0111)
Basso Reddito
7/15
Fino all’ultimo anno non ho mai chiesto niente, adesso ho
dovuto chiedere perché ero veramente stretto.. mi danno
250 euro di pensione per questo.. cerco di non scendere mai
dal letto. (Q0013)
124
AGENTIVITA’ COLLETTIVA NELLA RELAZIONE MEDICO-PAZIENTE
Il medico specialista cardiologo si trova, oggi, ad affrontare la sfida impegnativa della malattia
cronica, delle comorbilità e della sofferenza fisica e psicologica della persona che vive il dramma
soggettivo della malattia e della vecchiaia (Leventhal et al., 2016). Il farmaco e l’aderenza
sembrano infatti rappresentare, per molti pazienti intervistati, aspetti secondari di una vita in
salita caratterizzata da una sofferenza globale, priva spesso di dolore fisico, ma carica di
contenuti emozionali e sociali (Wagner et al., 2001).
Il signor Marino (Q0025) ha 85 anni, coniugato, due figli è afflitto da anni da cardiopatia
ipertensiva, SCC, fibrillazione atriale permanente, diabete mellito tipo II e BPCO. In poche,
scarne parole, Marino racconta con molta vividezza la sua vita attuale, di difficile comprensione
per chi vive lontano dalla malattia: nel racconto della complessità della sua vita quotidiana, il
farmaco occupa un posto di secondo piano, lontano dai suoi pensieri:
Il medico non può capire che io, adesso, non penso tanto ai farmaci.. non do più tanta importanza a queste cose.. Cammino col bastone ma non cammino più [chiude gli occhi]... La vita si è complicata, i figli non li vedo, sono solo con mia moglie... Se vado fuori ho i miei problemi.. Mi hanno messo il pacemaker.. prima avevo solo il bypass, poi per qualche motivo mi hanno aggiunto il pacemaker.. Mi si è annebbiata la vista, così ne hanno approfittato per mettermi il pacemaker... Quindi ho queste limitazioni in base alla malattia.. Adesso cammino col bastone... Giro attorno alla casa, non posso andare in città.. Se vado in città deve accompagnarmi mia moglie.. Ma cammino piano, poi devo anche fermarmi per 10 minuti, un quarto d’ora… [distoglie lo sguardo e fissa una fotografia sulla parete]
Alla domanda “Cosa intende quando dice di non pensare tanto ai farmaci e di non dare più
tanta importanza a queste cose?”, il signor Marino risponde:
Ho 85 anni, non sono pochi.. la mia vita mi si è come chiusa addosso.. sono tenuto insieme dallo scotch [ride].. non ho più un orizzonte grande, vivo ogni giorno giusto per arrivare alla sera.. e di notte è peggio che di giorno… le medicine non mi hanno fatto guarire.. non cambieranno la mia vita.. ormai la partita è chiusa, quel che è fatto è fatto.
Il signor Fulvio (Q0081), 68 anni, coniugato due figli, soffre di scompenso cardiaco, BPCO,
diabete e insufficienza renale. Il farmaco, nella succinta ma efficace spiegazione della sua
condizione attuale, non riesce a dare a questo malato sollievo tangibile dalla sofferenza globale
in cui vive:
125
La cosa che mi pesa di più è che non respiro. Le medicine non mi fanno niente, domani devo cercare di farmi ricoverare perché non dormo più, adesso è proprio il massimo. Come faccio? Incomincio a zapparmi la tomba? Ho la mascherina ma è scomoda. La tengo 10 minuti e poi devo toglierla in fretta. Ho tutti i valori sballati. Ho fatto le analisi e il mio dottore ha detto che mi vuole ricoverare. Io voglio che mi ricoverino, è una cosa incredibile.. io non dormo, non posso star solo, neanche sulla sedia.. ho le gambe lustre di gonfiore.. Anche l’altro giorno ero solo e non so come mi sono ritrovato a terra e mi sono fatto male a un ginocchio. Mi cedono le gambe.. non posso stare sempre su una sedia a rotelle…
Il paziente teme di non essere visto o compreso e alla domanda “Le medicine, lei continua a
prenderle?”, risponde:
Sì, sì e no.. voglio andare in ospedale e mi devono vedere come sono, come
sto.. devono risolvere questa cosa.. non voglio mica che pensino che tanto.. va abbastanza bene e mi lasciano così, col cerino in mano..
Il tema dell’agentività del medico può essere suddiviso in sei dimensioni principali attenenti alla
responsabilità e agli obiettivi condivisi: conoscere il paziente, motivare, comunicare, costruire
la relazione, trasmettere fiducia, integrare professionalità.
Conoscere il paziente
L’incontro tra medico e paziente fornisce al malato uno strumento importante di valutazione
clinica e globale della persona (Hall et al., 1987). Dalle interviste emerge che, per stabilire una
relazione agentiva e promuovere l’aderenza terapeutica, è importante conoscere il paziente e
confermare, nel tempo, quali sono le sue attuali conoscenze e la sua consapevolezza in termini
di malattia (Martsevich et al., 2017) e di salienza percepita della malattia stessa. Alcuni pazienti
intervistati faticano a creare una relazione diretta tra sintomi e malattia cardiovascolare. Il signor
Giuseppe (Q0066), 77 anni, cardiopatia ipertensiva, SCC, BPCO, spiega così la sua malattia:
Faccio fatica a camminare, un po’ perché mi fanno male le ginocchia e un po’
perché devo fermarmi spesso a prendere fiato.. mi fermo a guardare le vetrine [ride]
Alla domanda “Quale pensa sia la ragione per cui sente bisogno di fermarsi?” la paziente
risponde:
126
Mi stanco facilmente, ecco perché.. ormai mi muovo poco e sono decondizionato, si dice così credo.. è normale per un anziano non essere più abituato a muoversi.
Il farmaco, per questo paziente, viene assunto più per fiducia nel medico che nella sua effettiva
utilità:
Sì prendo, prendo sempre agli orari giusti. Io del mio dottore ho una fiducia immensa.. fosse solo per me, non saprei.. mi sembra strano, a volte, penso che con tutti gli interessi che ci sono in giro.. ma il mio medico mi ha salvato la vita e quindi sono come un soldatino, seguo gli ordini e zero domande.
Altri non hanno alcuna consapevolezza, oppure negano, la loro malattia “Non mi sento malato,
mi sento bene, non mi sento malato” dice il signor Gianni (Q0014), 78 anni. Ogni malato
attribuisce un significato personale alla propria malattia, costruito con le informazioni ricevute
dall’ambiente in relazione alle sue polimorbilità:
La deambulazione è la mia principale malattia. E le dirò da cosa è venuta, per quel poco che posso aver capito: un po’ di diabete, affanno per la fibrillazione atriale, anemia impressionante. Il mio bagno è una farmacia. (SR)
Il paziente cronico a volte vive una relazione difficile la propria fragilità (Becker et al., 2012) e si
vergogna di mostrare al medico che dopo tanti anni ancora non sa bene quale sia la sua malattia
e a cosa servano i farmaci. La difficoltà di gestire una malattia cronica diventa quindi, anche la
difficoltà di rinnovare il rapporto medico-paziente, riprendendo le informazioni date molti anni
prima, magari da un altro collega, e ripresentandole al paziente, per verificare il suo livello di
comprensione e consapevolezza.
Ormai i medici non mi spiegano più le cose relative ai farmaci, dato che sono malato da 30 anni e forse certe cose le dovrei anche sapere.. non so..
Per il sanitario, è importante anche acquisire consapevolezza sulle aspettative del paziente
riguardo alla malattia e ai farmaci (Williams et al., 1995). Queste aspettative devono essere
valutate e rinegoziate nel tempo per dare nuovi significati alla motivazione del paziente. La
signora Lucia (Q0119) ha 78 anni, soffre di scompenso cardiaco, cardiomiopatia dilatativa,
diabete e insufficienza renale. Vive sola, ha un figlio lontano.
Io fino all’anno scorso prendevo le medicine come se fossero l’acqua di
Lourdes, perché ancora ci speravo, di guarire.. adesso no, non più. Le prendo sempre, ma con meno convinzione e allora, ogni tanto, un po’ la memoria, un po’ questo, un po’ quello.. qualcuna si perde. È dura fare questa strada da
127
sola.. è tutta in salita. Da sola. Non c’e mai una chiarezza chiara. Ti devi fare da solo le domande e trovarti da solo le risposte. Esco sempre (dallo stanza del medico) con tante domande. È tanta fatica, creda..
Nel paziente anziano o con multimorbilità importanti, quando le energie fisiche e mentali
scarseggiano, l’agentività vicaria diventa una necessità e il medico rappresenta per molti
pazienti la chiave di lettura della propria malattia. Parlando con il malato, il sanitario può a sua
volta comprenderne lo stile di aderenza, e adattare a questo stile le proprie strategie di cura.
Vede, nessuno mi ha mai dato con chiarezza una spiegazione chiara sui farmaci, neanche quando sono stato operato. Tra l’altro non mi interesso neanche io di andare a vedere, tanto me li ha dati il medico, cosa guardo a fare.. lui mi dice e io prendo. Non ho proprio più energie per stare a pensare, impegnarmi. Prendo e basta.
Motivare
Il paziente si aspetta dal medico che questi lo aiuti a dare un senso e una strategia al suo futuro
e ai comportamenti di autocura e che lo faccia dando speranza, se non è possibile garantire
certezze. La debolezza empatica della relazione e la scarsa motivazione data al paziente
allontana e isola il malato:
Mi dicono sempre “Signora, cosa vuole fare alla sua età?”. Un dottore dovrebbe trovare le parole giuste, i consigli giusti per sollevarla un po’, anche se sa che non potrà aiutarla a risolvere. Ma almeno al momento, per un poco di giorni… se non ci crede il tuo medico, chi deve crederci? E invece così non si capisce niente, per questo non vado mai dal dottore, perché so che esco più triste di come sono entrata. Poi arrivo a casa, mi guardo allo specchio, guardo i pacchi di pasticche sul tavolo e mi chiedo “Ma per cosa lo sto facendo? Perché? Per chi?”. (Q0127)
La fatica del paziente nel suo percorso infinito di autogestione può essere moderata dal medico,
e anche dall’infermiere, attraverso interventi educazionali e suggerimenti che guidino i
comportamenti di self care:
Ho delle scadenze fisse, uso contenitori diversi per mattina, pomeriggio e sera. Me li preparo da soli, l’infermiera mi ha spiegato bene come fare. Assolutamente mi rifiuto di guardare programmi relativi a malattie o farmaci, avevo iniziato a farlo ma poi il mio cardiologo mi ha tirato le orecchie e ha fatto bene. Nella maniera più assoluta mi rovina la vita
128
informarmi ancora di più sugli effetti dei farmaci. Già è difficile mantenersi vivi cosi con 17 pillole al giorno… (Q0042)
Parlando con i pazienti, si evince l’importanza di un atteggiamento accogliente e non giudicante
del sanitario nel guidare e motivare il paziente a fornire feedback in relazione ai suoi
comportamenti di self-care:
Durerà finché dura. Naturalmente dipende dal dottore… Qualcuno guida, spiega e incoraggia, qualcuno giudica e se ne frega.. dipende dalla persona. Non è facile, sa? [ lungo sospiro]. (Q0054) Il mio medico e fantastico, mi chiede sempre “Allora mi racconti come va? E ascolta, ascolta veramente, mi fa domande, si vede proprio che vuole sapere, capire cosa è necessario cambiare.. mi dice sempre che siamo in due su questa barca e che lui può aiutarmi a remare, ma il timone ce l’ho io. (Q0101)
Per alcuni pazienti è molto difficile comprendere il significato della cura che si protrae da anni
e vorrebbero avere dal sanitario un’indicazione, una guida, o anche solo una rassicurazione.
Non so a cosa servono, ma qualche rara volta leggo la ricetta (ndr il bugiardino). Prendo tante medicine da un mucchio di anni , sa? Come si fa a prendere tante medicine? Uno non può… vorrei che il dottore mi spiegasse come si fa e se andrà avanti così per sempre, alla fine il capo e lui, no?…ma il dottore mi dice solo “Deve prendere”. Entro coi fantasmi ed esco coi fantasmi. (Q0152)
Il paziente si aspetta dal medico una relazione professionale e umana. Luigi, 82 anni, reduce da
due infarti e operato per un tumore alla prostata, sente il disinvestimento del sanitario e
interpreta il suo messaggio come una mancanza di comprensione, invece che un tentativo di
motivare il paziente:
Ma come, prima mi dice che son vecchio, che devo ringraziare il cielo per essere ancora vivo, e poi mi dici di prendere un carro armato di medicine? Gli auguro di ritrovarsi al mio posto, un giorno. Capirà sicuro. (Q0143)
Comunicare
La comunicazione è un atto delicato di incontro ed è efficace quando è possibile identificare
sensibilità ed empatia nell’incontro clinico tra operatore e malato (Schattner, 2009). Il medico
129
agentivo rende chiara la direzione, la strategia e le priorità che devono guidare lo sforzo del
paziente:
Il mio dottore è davvero bravo, sono proprio fortunata ad averlo incontrato dopo tanto tempo che giravo di qua e di là. Ha fatto lo sforzo di conoscermi, ha detto le parole giuste, mi ha fatto finalmente capire, non mi abbandona. A volte ho un po’ paura ma quando lo vedo mi dice “Tranquilla, rivediamo il piano d’azione”, e quando gli dico “dottore, possiamo togliere qualcosa?” (farmaco), ride ma non mi prende in giro e se serve toglie anche .. insomma è sicuro del fatto suo. (Q0045)
Il malato si trova a volte a doversi adattare allo stile comunicativo del sanitario:
Dal medico, se vedo che è uno che ha pazienza, allora se non capisco gli chiedo. Ma qualche volta, se vedo che è più agitato di me, allora non gli chiedo niente. Poi magari arrivo a casa e mi accorgo che non mi ricordo niente.. (Q0063)
In una relazione simmetrica di rispetto reciproco, il sapere viene condiviso:
Se tu hai il cervello migliore del mio non mi devi escludere, perché io so qualcosa che tu non sai. Io so cosa vuol dire l’essere ammalato, conosco la mia malattia dal di dentro, tu no. Ma tanti medici sono presuntuosi, con il naso all’insù.. questo mi dà fastidio. L’intelletto non c’entra con il titolo di studio, perché poi con le medicine in tasca ci sto io, e se non mi dimostri chi sei, allora non puoi stare là a pretendere.. (Q0105)
Nella comunicazione, a volte, il paziente si sente escluso:
Parlano, parlano.. ma si rivolgono sempre a mia moglie, che per carità... mi
segue molto, ma poi sono io a dover fare i sacrifici, a dover prendere le
medicine.. a me in faccia non mi guardano mai.. (Q0017)
La cura per la persona, può essere espressa anche attraverso la presenza e il contatto fisico:
Quando la mia dottoressa mi abbraccia, quella è la vera medicina.. perché lì
mi fa capire che ha capito realmente come sto e che tutto andrà bene.
(Q0094)
ll medico utilizza ogni giorno sempre più spesso la tecnologia per raccogliere e analizzare dati
clinici utili a guidare le scelte terapeutiche (Granger & Bosworth, 2011). Il paziente comprende
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spesso l’importanza dell’utilizzo, ma avverte anche la difficoltà che alcuni professionisti hanno a
gestire una parte rilevante dell’incontro:
Il computer è importante, ma serve più al medico che a me. Così lui ha tutto sotto controllo.. Adesso il mio nuovo medico è bravissimo a gestire il computer e me che gli parlo insieme! [ride]. Quello di prima era tutto un lamento, invece.. Diceva che i medici oggi fanno gli informatici. Si lamentava sempre, ma io dico “Lamentati con chi sta bene, non lamentarti con me!”. (Q0159)
Il paziente osserva come la tecnologia possa a volte ostacolare la comunicazione con il
sanitario:
Il computer non necessariamente aiuta la comunicazione tra medico e
paziente, ad esempio, se vengo qua la peggiora, mentre dal medico di base la migliora. A volte si ha quasi paura e vergogna a fare qualche domanda anche perché dall’altra parte saranno abituati ad avere gente che gli chiede inutilità. (Q00033)
Quando la comunicazione con il sanitario non riesce a risolvere i dubbi e le paure, le nuove
tecnologie sostituiscono la relazione:
Dopo la visita, io vado a casa e accendo il computer, così cerco con calma. Guai se non ci fosse.. mi tranquillizza capire. Io ho bisogno di capire.. Mi leggo tutti i nomi dei farmaci, cosa sono, a cosa servono, che effetti hanno.. però a volte mi prendo paura.. leggo di tutti gli effetti e allora qualche volta riduco un po’. (Q0043) Il computer lo usavo spessissimo, ero sempre su a guardare, controllare i sintomi, gli effetti dei farmaci. Poi ho capito che qualunque malattia, effetto, qualunque problema io lo avevo, quindi ho smesso.. mi sentivo ammalato di tutto e mi sono detto “Se continui così finisce che muori davvero”. Adesso sto alla lettera e prendo quel che c’e scritto e basta. (Q0080) No guardi, internet è stata la mia liberazione.. certo bisogna stare attenti a tutte le stupidaggini che dicono, ma se si usa con la materia grigia allora mi sembra che davvero possa aiutare a capire e anche a fare poi le domande giuste al mio dottore. (Q0169)
La comunicazione agentiva può chiarire dubbi sui possibili effetti collaterali del farmaco e
aiutare ad accettare una nuova fase di vita:
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Vorrei sapere se questi problemi di memoria che ho sono legati a qualche effetto collaterale dei farmaci che prendo. È un po’ relativo alla coscienza che sto diventando veramente vecchio.. due o tre anni fa non pensavo di essere così vecchio, poi per varie ragioni che non so neanche io quali sono mi sono detto “76 anni e proprio vecchio!”.. l’ho detto al dottore e lui ha risposto “Certo che sta diventando vecchio e non ci si può fare niente”.. non ha neanche alzato gli occhi dal computer. Così, zac, schiacciato.. mi ci sono voluti tre giorni per riprendere un po’ di voglia (di vivere). Ma io credo che i farmaci influenzino un po’ questa cosa. (Q0135)
Per essere efficace, tuttavia, la comunicazione ha bisogno di attenzione, perché il malato è
sempre in ricezione e interpreta tutto ciò che il medico comunica:
Non ho mai pensato al perché mi sono ammalata di cuore. Il dottor XX mi ha detto “Il suo cuore e stanco”, e io gli ho detto “Stanco di cosa dottore? Si vede che dormo assai”.. da quel giorno me lo ascolto, quando sono sdraiata, e lo sento proprio stanco e mi sale la tristezza. (Q0088)
La comunicazione con il sanitario viene a volte frenata dalla paura del suo giudizio:
Prima dell’operazione prendevo gingseng, ma ultimamente ho visto che mi rialza troppo la pressione, quindi ho smesso. Al medico non dico, no… mi prenderebbe in giro se tutto va bene e poi penserebbe di me che sono quello strano, con cui non vale la pena perdere tempo. (Q0007) Io da due anni sono bravissimo, ma so che i medici pensano che non lo sia.. ho avuto problemi.. grossi problemi.. mi è costato tanta fatica superarli. Per cosa poi? Se mi devo sentire sempre in colpa allora anche che vadano... Lo vedo come mi guardano, non sono mica scemo.. io li lascio parlare e basta… (Q0074)
Costruire la relazione: curare e avere cura
La qualità della relazione con il paziente si è dimostrata essere una variabile dell’aderenza
terapeutica (Kerse et al., 2004). La signora MB, 78 anni, vedova, senza figli , ha buoni livelli di
autoefficacia e di aderenza che negli anni le hanno permesso di gestire in modo autonomo la
malattia e i farmaci, ma nell’ultimo anno si sente sempre più debole, avvilita, ha un inizio di
deterioramento cognitivo e l’aderenza inizia a essere meno costante. L’aspettativa della
guarigione non è più un elemento di discussione tra lei e il medico, e la mancanza di un nuovo
parametro di riferimento ben definito rende lo scambio relazionale difficile e, a volte,
insoddisfacente. Al medico non viene chiesto di promettere, ma di spiegare con toni garbati e
di motivare il paziente a guardare avanti:
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Io penso che bisognerebbe dire al paziente cosa lo aspetta, in modo che sappia come regolarsi. Bisogna usare un modo leggero, non solo sbattere fogli di qua e di là per dirmi alla fine che starò sempre così .. (Q0084)
Il malato, nella sua complessità, chiede al medico di aiutarlo a capire (Ha & Longnecker, 2010)
e accogliere, comprendendola, la fatica della propria malattia; quando ciò non succede, il
paziente si trova a fare scelte autonome e solitarie :
A volte ne levo uno (di farmaco) quasi da solo perché ormai è una vita che mangio medicine, non ne posso più.. non lo capiscono, per loro è tutto facile.. Sto diventando matto perché nessuno riesce a capire il mio INR. Questo non dovrei dirlo, ma quando mi hanno ricoverato poi mi hanno spostato perché il reparto era pieno e ho detto a mio figlio di portarmi le pastiglie. Ho aggiunto mezza pastiglia e ho fatto le mie divisioni, bastava che mi ascoltassero… (Q0086)
Nel lavoro di squadra che la malattia impone, è importante per il paziente sentire l’interesse
del medico per la persona e non solo per la malattia, anche se i vecchi dubbi sull’efficacia del
farmaco, a volte, rimangono:
..L’altro medico era diverso, non so, non ci siamo presi.. era così, poco interessato a lavorare insieme a me e anche se lui mi aveva consigliato di fare, fino all’anno scorso non facevo. Non so se ho aumentato cosi il rischio cardiovascolare.. adesso mi trovo bene, il dottore mi parla, si vede che non fa a caso. Non mi convince ancora una pastiglia però.. quella che rende il sangue liquido.. mia madre ne aveva prese tante ed è morta di ictus. (Q0011)
Empatia e senso di identità collettiva, aiutano a mantenere la percezione individuale di
autoefficacia (Decety, 2010).
L’amore e indispensabile, ma non tutti ci credono.. ma quando si è ammalati un poco di amore ci vuole.. amore per noi stessi, amore per gli altri. Dobbiamo sentirci amati anche dai medici, dagli infermieri, da tutti quelli che ci accompagnano.. così si riesce ad aver cura di noi stessi.. la pressione, le medicine, tutte cose difficili da fare senza amore. Un medico attento e responsabile, una compagna che ti vuole bene, è come una medicina. Voglio stare alla finestra e osservare come andrà avanti.…Il dottore mi ascolta sempre e mi indirizza, sa quando sto per mollare e non mi lascia mollare0 (Q0023).
La “cura” del malato sembra essere fatta anche di semplici gesti che non richiedono tempo,
ma che vengono apprezzati dalla persona in difficoltà; a volte, basta anche solo un piccolo
incoraggiamento del medico. La signora Maria racconta come si organizza con i farmaci:
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Le medicine le prendo tutte, quando vado dal mio medico (curante) lui mi accarezza la mano e mi dice sempre “Non dimenticare”.. a me basta, mi dà coraggio, come… (Q0070)
Il paziente con un elevato senso di agentività si osserva, valuta, pianifica e porta a termine i
suoi compiti:
Ho capito che è importante seguire i consigli del dottore. La mattina faccio i mucchietti di medicine sul tavolo. Non posso sbagliarmi, posso solo ritardare. Io ho solo paura di prendere la medicina due volte… Non mi danno disturbo, per quello le prendo più volentieri. Se qualcuna mi desse fastidio allora non le prenderei (ride). (Q0071)
Trasmettere fiducia e speranza
L’assunzione dei farmaci è anche frutto di fiducia e lealtà nei confronti del proprio medico.
Fiducia costruita non sulla percezione di infallibilità del sanitario, ma di professionalità e di
onestà. Il signor Angelo, spiega così le ragioni della sua aderenza:
A differenza di mia moglie che leggeva sempre le prescrizioni, io le medicine
che prendo, glielo giuro, non so neanche perché le prendo… Il medico mi dice di prenderle e io le prendo. Gli dico solo “Stia attento che non sia in contrasto l’una con l’altra”. Tutto là. Io ho sempre avuto molta fiducia e rispetto nei riguardi dei medici, perché certe volte che hanno anche sbagliato mi hanno subito rimediato. E la cosa migliore è che uno che ha fatto il danno rimedi. (Q0112)
Ogni paziente porta nella malattia il suo mondo di opinioni e atteggiamenti. L’aderenza
acquisisce il significato attribuitole dal malato e a volte il rapporto con il farmaco è caratterizzato
da un profondo senso di ambivalenza, un equilibrio instabile tra fiducia-sfiducia. Il paziente
spesso non esprime esplicitamente i propri dubbi e interpreta il silenzio del medico come un
arrendersi all’impossibilità di avere una reale conoscenza dell’utilità dei farmaci:
L’attività fisica e la cosa più importante, più del mangiare, più delle medicine.
È difficile valutare se i farmaci sono veramente utili, perché in genere io li prendo, quindi non so se starei peggio o meglio senza farmaci. I medici lo vedono quanti farmaci ho da prendere, e non mi dicono niente.. penso che se sapessero veramente, spiegherebbero di più, o no? Credo che anche i dottori non sappiano con certezza.. (Q0018)
Una buona relazione collaborativa permette alla persona di mantenere alta la propria
agentività nel tempo:
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Il mio cardiologo non è bravo, di più! Glielo dico sempre che quando esco dal suo studio mi sembra proprio che non dovrò morire mai! [ride]. Ogni tanto mi butto un po’ giù per un attimo solo, si guarda alla propria vita e ci si chiede cosa ci aspetterà domani .. ma se hai un dottore come il mio ti senti di poter affrontare anche il domani, qualunque cosa. Per me è come uno di famiglia. (Q0097)
Il malato vive l’esperienza protratta e complessa della malattia come un evento che è impossibile
affrontare da solo, con le proprie forze. La fiducia nel proprio medico diventa un affidarsi
completamente e ciecamente alla sua guida e diventa non solo una questione di professionalità,
ma anche di credibilità:
Se mi dicono di prendere le medicine, le prendo. Mattino, mezzogiorno e sera. Le prendo sempre perché mi hanno detto che queste potrebbero farmi bene .. Mi fido. Se lei mi dice di prendere arsenico io prendo anche l’arsenico ... Certo se sapessi che lei l’arsenico non lo prende ma lo devo prendere solo io .. [ride] .. certi medici sono così, ti vendono le cose ma poi per loro e un’altra storia.. io credo che il mio sia serio, anzi, lo è di sicuro, altrimenti sarebbero guai! (Q0129)
Integrare e fare “rete”
L’aderenza alla terapia rappresenta un atto di fiducia (Thorne & Robinson, 1988) nei confronti
di chi detiene un sapere di cura. Tuttavia, la scelta del referente non è facile per il malato. Per
alcuni, è lo specialista ad avere un ruolo fondamentale:
Col medico di base non parlo tanto. Io prendo 15 farmaci, 15 farmaci! Cosa vuole che ne parlo col medico di base..Io non chiedo niente a nessuno. Bisogna fidarsi, altrimenti è finita. Mi fido della mia cardiologa e basta. La dottoressa sa sempre tutto di me, perché con il computer ha già la mia scheda, quindi sa tutto, sa più lei di me, di quello che ho!.. (ride). (Q0050)
Quando lo specialista non riesce a soddisfare il bisogno di chiarezza del paziente, il punto di
riferimento diventa il MMG, che “traduce” la comunicazione tecnica del cardiologo e guida il
paziente nella quotidianità della cura:
Quella lettera (di dimissione) io neanche la leggo, non si capisce e basta.. io penso che non vogliano farti capire, così fai meno domande, così rubi meno tempo.. io la porto direttamente dal mio dottore (MMG) che me la traduce [ride] e mi spiega per quel che può e che sa.. (Q0099)
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Quando i percorsi terapeutici sono lunghi e complessi, l’efficacia e congruenza della
comunicazione tra MMG e specialista sono indispensabili per rassicurare il paziente e farlo
sentire al centro di un rapporto di responsabilità condivisa. Quando ciò non avviene, il paziente
perde un elemento importante nella relazione di aderenza:
Io sto solo con quel che mi dice la dottoressa (cardiologa), perché il medico di base è quello che scrive le ricette e basta. Come si fa a raccontare una storia coì complicata? Il mio non aveva neanche l’aggeggio per misurare la pressione.. Si era rotto! Ero lì per due settimane di seguito ed era sempre rotto.. Certo sarebbe utile, quando ti vengono i dubbi non è che puoi sempre disturbare il cardiologo, tocca aspettare la prossima visita e intanto son qui che pasticcio con le medicine… (Q0107)
Il peso delle malattie, inclusa la cardiopatia, non può essere sostenuto da un solo attore. Il
paziente ha bisogno di percepire una chiara assunzione di responsabilità e la presenza di una
reale integrazione tra attori diversi che lo possano accompagnare nelle varie tappe del suo
viaggio. Quando il team multidisciplinare funziona, l’unione diventa forza per il malato e
supporta i suoi comportamenti di aderenza:
Io ho una grande fortuna, sa? Ho tanti dottori che si parlano tra di loro, anche gli infermieri mi aiutano e vengono a casa se ho bisogno.. il mio cardiologo sente il medico della mutua e lui sente il cardiologo quando ha un dubbio da risolvere. Anche col diabete è così. Credo che sia una benedizione, perché ho un amico che invece e tutta una giostra… lo rimpallano in continuazione e io morirei.. come si fa a curarsi per tanti anni se neanche sei sicuro se i medici sono d’accordo tra di loro sulla cura che ti danno? Noi malati mica prendiamo noccioline, eh? (Q0090)
Quando leadership e agentività si incontrano, la relazione si rinforza, il “team” sviluppa non
solo empowerment, ma anche resilienza, e affrontare il futuro diventa possibile, anche grazie
al farmaco:
Piangersi addosso non serve a niente. C’e una frase che ho letto che dice “Se la paura diventa coraggio, la fantasia diventa realtà”. Tante volte noi abbiamo paura di rischiare, e se va male, e se… io questo problema non ce l’ho.. Io vivo, adesso sto bene. Ho una famiglia che mi vuole bene, ho trovato medici che fanno i medici, che mi hanno salvato la vita e che non mi permettono di mollare e non mi costringono a dirigere tutto, per una volta nella vita.. ho trovato tante brave persone. Il sistema funziona, con tutte le sue crepe.. Cosa potrei chiedere di più? Posso avere cure che se non curano almeno mi regalano ancora un po’ di vita e la vita e importante. Io non mi fermo. (Q0091)
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LA RELAZIONE DI CO-DIPENDENZA NEL CAREGIVING
Identificata inizialmente come disagio non solo dell’individuo, ma anche delle sue relazioni,
nell’ambito del trattamento dell’alcolismo (Edwards & Harvey, 1973; Krestan & Bepko, 1990), la
co-dipendenza è stata definita un modello di dipendenza dolorosa da comportamenti compulsivi
esplicitati nel tentativo di acquisire approvazione, sicurezza, identità e autostima/senso del sé
(Levine & Heller, 2010). Friel (2010) parla di “sindrome del bambino adulto” caratterizzata dalla
negazione emotiva di sensazioni, sentimenti e bisogni e basata sulla fragilità del legame affettivo
sé-altro che non riesce a maturare in una relazione inter e intrapsichica adulta (Friel & Friel,
2010). Per indicare l’atteggiamento rinunciatario adottato dalla persona che vive una riduzione
nell’uso e nello sviluppo di strategie di coping (Flannery, 1986), alcuni autori (O’Gorman, 1993)
hanno utilizzato il costrutto dell’impotenza appresa (Seligman, 1975; Carlson, 2010), sviluppata
in seguito alla ripetuta esposizione ad avvenimenti incontrollabili o percepiti come tali. Whitfield
l’ha definita la “malattia del sé perduto”, una dimensione di profondo malessere nella quale
l’individuo trascura e nega i propri bisogni (Whitfield, 1997) e tra le varie ipotesi, è stata
suggerita anche la trasmissione generazionale di stili comportamentali (O'Gorman & Diaz, 2012)
(Borgioni, 2015). Alcune teorie hanno indicato la co-dipendenza come una tendenza a costruire
la propria autostima attraverso la soluzione continua dei problemi altrui, controllandone i
comportamenti e di fatto sostituendosi all’altro, (Daire et al., 2012; Dear et al., 2004; Cermarck,
1986), evidenziando l’esistenza di un legame negativo tra co-dipendenza, autoefficacia e
autostima (Marks et al., 2011; Fischer et al., 1991). Sebbene molti studiosi concordino nel
definire la co-dipendenza un pattern relazionale maladattivo e, quindi modificabile, il disturbo
dipendente di personalità è stato recentemente incluso come diagnosi nel DSM-5, Asse II, e
classificato come Cluster C (personalità ansiosa e paurosa) e definisce soggetti con una profonda
percezione di inadeguatezza che determina rapporti interpersonali in termini di sottomissione
e dipendenza (American Psychiatric Association, 2014). Negli anni ’80, il movimento femminista
ha criticato l’etichetta negativa associata alla co-dipendenza affermando che era ingiusto
identificare come patologico un ruolo di genere associato alle donne e incoraggiato
culturalmente (Schaef et al., 1986; Tavris, 1992); la ricerca, tuttavia, suggerisce che la co-
dipendenza non si sovrappone ai tratti stereotipici positivi femminili, ma sia collegabile ai tratti
femminili negativi svalutati da entrambi i generi (Cowan & Warren, 1994). In ambito di salute,
una situazione familiare stressante che perdura nel tempo può facilitare una risposta appresa
caratterizzata da bassa autostima, senso del sé dipendente dalla validazione esterna, aspettative
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irrealistiche su sé stessi e gli altri, eccessivo senso di responsabilità, dipendenza dall’altro per il
proprio benessere, difficoltà di separazione e di autonomia (Beattie, 1987; Cermak, 1984;
Schaef, 1986; Schaef, 1987; Schaeffer, 1990).
Giulio e Carlo
Giulio (Q0096), 40 anni, diplomato, celibe, è da cinque anni caregiver del papà Carlo (Q0095),
79 anni, vedovo, licenza elementare. Dopo aver perso il lavoro, Giulio è tornato a vivere in
famiglia, ha sviluppato una sindrome ansioso-depressiva, per la quale è in cura, e si è rinchiuso
sempre di più in se stesso, comunicando con il mondo esterno solo attraverso uno sporadico
utilizzo delle piattaforme sociali. La relazione con il padre risente dell’ambivalenza del loro
rapporto, reso stretto, ma non forte, dalla dipendenza economica del primo: “Io della pensione
ho bisogno, ho proprio bisogno.. l’altro mese che (mio padre) era in ospedale non ho chiuso
occhio per una settimana..”(Int….), e dalla condizione di salute fisica del secondo “Non sto bene,
sento proprio che le forze un po’ mancano, ma ancora son lucido e mi muovo. Faccio la spesa,
cucino.. ma da quando mia moglie è mancata ho solo questo figlio a farmi compagnia”.
L’incontro di due bisogni crea un’ambivalenza relazionale che si esprime anche nel rapporto di
accudimento terapeutico. Giulio racconta:
Allora facciamo così, lui ha sul mobile quello che deve prendere.. ma siccome non ci vede bene e io mi alzo tardi, la sera io gli scrivo con la matita rossa sulla scatola l’ora in cui deve prendere le medicine.. e così poi se le prende solo.. io ho paura che sbagli e ho fatto così, anche se dovrebbe fare da solo.. poi vado lì ogni cinque minuti e gli chiedo “Hai preso le medicine?”.. e alla fine finisce sempre in baruffa (ndr accesa discussione). Abbiamo la farmacia di fronte a casa, quindi lui esce col cane e se le va a comprare..
Il papà Carlo vive il ruolo di padre e di uomo malato e solo cercando di attribuire un senso e una
giustificazione alla situazione:
Giulio è un figlio sfortunato, nato di sette mesi.. insomma, io sono forte ma lui ha preso dalla mamma.. poverina.. Aveva un buon lavoro, poi si sa come vanno le cose.. lui ha anche un carattere tutto suo.. non è facile oggi.. questa gioventù non ha avuto la guerra a cui pensare.. le medicine le prendo, lui prepara e io prendo.. dipendo da lui e lui dipende da me.. credo che mi ricorderei di prenderle da solo, la testa è ancora buona.. ma lui ha paura che mi dimentichi e poi.. anche mia moglie era così controllina [tossisce]... a volte
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pesa e ce le diciamo sù.. ogni giorno, direi.., ma so che si sacrifica per il mio bene.. è un bravo ragazzo, solo sfortunato.
Andrea e Maria
Senso di colpa, scarsa autostima, sensazione di perdita di controllo personale e bisogno di
controllo esplicitato attraverso comportamenti passivo-aggressivi rendono faticoso l’affetto e
tolgono respiro alla relazione. Andrea (Q0108), 79 anni, sposato con due figli e un passato
segnato dall’esperienza dell’alcolismo, vive una dolorosa percezione di perdita di potere
personale (disempowerment) che alimenta il senso di colpa nei confronti della moglie:
… Mia moglie e preoccupata per me e in secondo luogo anche perché oltre
che avermi rovinato la vita a me (la malattia) di conseguenza l’ho rovinata anche a lei.. mi sento più in colpa io che non mia moglie.. che non è colpa mia della malattia va bene, però impedisco anche a mia moglie di avere certe cose.. anche se io gli dico “Vai tranquillamente, io mi arrangio anche da solo a casa”. In effetti facendo un po’ di fatica, ma mi arrangio.. sono stato a casa solo parecchie volte e lei mi telefonava continuamente.. hai preso le medicine? Hai preso le medicine? Anche se lei va via sola è in pensiero, non sta bene. Quindi non si gode neanche quei quattro giorni di vacanza che potrebbe fare.
Maria (caregiver)
La signora Maria (Q0109), 75 anni vive da anni la difficile condizione di familiare chiusa in un
ruolo di accudimento totale, dove il bisogno di mantenere il controllo dell’ambiente intorno a
lei crea un senso del sé basato sulla negazione dei propri bisogni :
Andrea è grande e grosso ma debole.. è stato un lungo matrimonio faticoso, molto faticoso.. prima era ..[porta il pollice verso la bocca].. beveva molto.. e poi quando beveva non era più lui.. sono stati anni senza fine, coi bambini, mia suocera e tutto.. se non c’ero io a stargli sempre col fiato sul collo… poi grazie a Dio quando si è ammalato ha smesso, ma bisogna seguirlo sempre, in tutto.. medicine, appuntamenti, le tasse.. altrimenti lui non ha cura, ne combina.. mi dice sempre che senza di me crollerebbe tutto.. e ha ragione. Lui, povero, anche mi spinge ad andare via con la chiesa, ma a me non va, non mi sento di lasciarlo solo.. esco a fare la spesa ma lui telefona in continuazione e se non lo sento telefono io.. che i pensieri.. non può farcela.. che vuole, siamo nate per tribolare..
A volte, una sorta di ricatto emotivo viene utilizzato per dare sfogo al proprio dolore, trovare
conferme e sostenere la propria debole auto-stima:
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Glielo dico, eh? Certe volte non ne posso più, sono stanca e glielo dico “E se io non ci fossi? E se me ne andassi? Guarda che me ne vado e tu ti arrangi, con le medicine, le visite e tutto.. perché son stufa di questa vita.. che vita è questa?” e lui piange.
Gina e Laura
Il legame di co-dipendenza comporta un pervasivo bisogno di accudimento che lega
indissolubilmente due persone distinte in una relazione di sacrificio. Eventi traumatici e
stressanti perduranti nel tempo possono rinchiudere la diade in un labirinto simbiotico dove
manca lo spazio fisico e mentale per generare autonomia fisica e libertà decisionale. Gina
(Q0076) ha 70 anni, vedova, licenza elementare, due figlie, ammalata da cinque anni vive con la
figlia Laura (Q0077), 39 anni, nubile, licenza media inferiore, saltuariamente occupata. La figlia
Laura è stata gravemente ammalata per anni e le due donne hanno sviluppato un legame che si
fonda sulla paura della perdita esorcizzata attraverso il bisogno di accudimento continuo
dell’altro.
Vivo in questa casa con mia figlia. Io non ho paura di morire per me stessa
ma ho paura di lasciare i miei figli da soli. Ecco il mio concetto. La figlia più grande sì, ma la figlia più piccola no perché lei si è molto attaccata a me, perché io sono sempre stata molto premurosa con lei è nata di cinque mesi e pensavano che era morta poi quando sono venuti a chiedermi il nome così l’ho chiamata Annina, ha avuto tante operazioni e sono stata tanto attaccata.. Per anni l’ho portata in tutto.. sterilizzavo tutto fino a quando aveva dodici anni perché avevo paura.. era tutto molto pericoloso .. e siamo rimaste molto attaccate e quando la chiamo e non mi risponde mi agito tutta e mi chiedo “Oddio cosa le e successo? Sta male? È morta?” Ancora adesso..
L’ansia relazionale dell’individuo, sostenuta dalla paura del futuro e il bisogno di sicurezza
chiude gli spazi soffocando la relazione e coloro che la vivono. Gina vorrebbe proteggere sempre
la figlia:
Lei è molto brava. Era una cuoca molto brava, ma il lavoro era troppo faticoso le ho detto di lasciarlo. Veniva a casa così stanca, ma così stanca che dovevo toglierle le scarpe. Non e come l’altra mia figlia che e nata forte, lei e nata molto delicata e la mia paura è sempre quella di lasciarla sola.
La figlia Laura vive anche lei con angoscia e sensi di colpa la propria autonomia, anche
lavorativa.
Quando la mamma è stata ricoverata io sono come uscita pazza e mi sono
sentita in colpa, perché avevo appena trovato lavoro e non potevo seguirla
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come sempre. È stata colpa mia, non riesco a togliermelo dalla testa.. sono una cattiva figlia.
Quando la relazione ha bisogno di cura, l’accudimento può diventare, da atto amorevole, uno
strumento di controllo e di gestione della propria angoscia.
Lei non vuole andare via perché è assai attaccata a me quando mi vede mi chiede “Mamma, mamma cos’hai’ cos’hai?” Ho paura che lei si ammala per me, capisce? Venerdì sono andata a camminare ma lei mi ha telefonato “Dove sei mamma, come stai?” Era angosciata, capisce? Siamo molto unite. Noi siamo stati sempre una famiglia molto unita. Tutti me la invidiano. Tutti.
I comportamenti di cura e la terapia farmacologica diventano quindi un altro strumento di
mantenimento del fragile legame con se stessi e con l’altro. L’ansia relazionale e determina una
situazione di collusione psicologica, dove il bisogno di dipendere dell’uno, alimenta il bisogno di
controllo dell’altro, in un labirinto apparentemente senza vie di uscita.
Quando viene a casa di notte io non mi do pace finché non la vedo a casa. Mia figlia è molto responsabile ma io ho paura e non mi do pace finché non la vedo a casa.. Quando arriva io mi alzo e le preparo da mangiare cose buone, leggere… e le lascio sul tavolo in cucina a che ora ho preso le pastiglie, la pressione tutto.. e allora lei prende il suo quaderno e scrive tutto dalla A alla Z. È un amore, un amore, un amore.. poi mi prepara tutte le pastiglie per il giorno dopo, mi scrive il colore, la forma, l’orario, tutto.. ieri avevo i battiti alti e lei era tanto preoccupata. Ci preoccupiamo una per l’altra. Io ho tanti pensieri sa? Mi sento una grande responsabilità come mamma. Vorrei che i miei figli stiano e bene e che non abbiano preoccupazioni, soprattutto lei.
Laura (caregiver)
È più forte di me, ogni sera arrivo stanca ma devo sapere se ha preso, quando ha preso, non voglio che le succeda niente. Riscrivo tutto, faccio i calcoli per l’INR, guardo su Internet se ho dubbi.. e faticoso ma senza di lei morirei.. Non ho una vita privata, non la voglio.. non ho uno spazio mio, neanche a casa.. dormo sul divano.. vivo per mia madre e lei vive per me.. d’altra parte ha fatto tanti sacrifici per me e mia sorella, come potrei, mi dica, come potrei non restituirli?
La complementarietà tra gli elementi della diade relazionale è segnata da un rapporto
complementare tra chi ha bisogno di esercitare il controllo e chi prova la necessità di dipendere,
anche se i ruoli spesso si confondono. Laura racconta il suo approccio con la terapia
farmacologica della madre:
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Ho paura, molta paura che non assuma la terapia.. la potrebbe anche assumere, certo, la memoria è ancora buona, ma ho paura che si dimentichi, che faccia errori.. soprattutto col Coumadin (anticoagulante), bisogna essere molto precisi, adattare in continuazione, altrimenti so che potrebbero esserci conseguenze che.. effetti terribili, anche.. io controllo sempre, controllo tutto, ma ho paura che non basti. Voglio che scriva ogni volta che prende, quando non ci sono..
Alla domanda “Pensa che avrebbe la stessa attenzione nei confronti della terapia se si trovasse
al posto della mamma come paziente?” risponde ridendo “Scherza? No, penso proprio di no..
anzi..”
La relazione con caratteri di co-dipendenza appare caratterizzata da una dinamica circolare,
all’interno della quale la fragilità, se condivisa e reciprocamente alimentata, crea ulteriore
vulnerabilità. La storia di ogni essere umano, tuttavia, può essere riscritta attribuendo un
significato alle proprie esperienze. Così ha fatto Stefania, 73 anni, vedova con una figlia e quattro
nipoti, che dopo una vita vissuta all’interno di relazioni di accudimento dell’altro, ha trovato,
finalmente, i propri ritmi e spazi di autocura.
Il racconto di Stefania (Q0115), 73 anni, vedova con una figlia, dimostra come la dimensione di
apprendimento e di trasferimento generazionale di stili comportamentali (O’Gorman & Diaz,
2012) renda possibile l’affrancamento da un modello disfunzionale, quando lo stile relazionale
nella diade, cambia. Stefania ha fatto un lungo percorso di crescita. Vive sola e racconta come
la consapevolezza del suo malessere sia iniziata con la perdita della madre:
Da quando è mancata mia mamma non sono più stata bene.. lei è stata tutto per me.. ha dovuto lottare tanto.. aveva solo me e mia sorella, ma mia sorella e sempre stata più autonoma.. io sono quella che e rimasta fino all’ultimo.. non mangiavo per imboccarla fino alla fine…stavo male ma non mi muovevo da quella stanza, non dormivo, non mangiavo.. sapevo che lei questo si aspettava.. era vissuta per questo e io l’ho assecondata...
Quando si fa fatica a definire i limiti di una relazione sana, la stessa sensazione di perdita di
controllo può presentarsi in ogni relazione vissuta, soprattutto in presenza della malattia.
Stefania rivive il senso di powerlessness con la malattia del marito e, infine, con la propria:
… La prima volta che sono stata ricoverata in ospedale era proprio perché non sapevo come gestire la malattia di mio marito… avevo tanta paura e di conseguenza la pressione an dava su, quindi avevo la pressione alle stelle,
Stefania
142
dolore al braccio e attacchi di panico…[lunga pausa silenziosa]….Il medico mi aveva detto e mi aveva dato delle pasticche per la pressione, ma cosa vuole che pensassi a me.. Sono sposata da 50 anni ma dal 20 giugno sono sola.. mio marito non c’e più da 11 anni.. Sono sola.. vivo sola.. non voglio nessun altro nella mia vita. No no no, BASTA! [ride].
Il carattere relazionale e mutualmente influente della relazione co-dipendente ne definisce
anche l’impermanenza. Se la qualità della relazione cambia e il familiare offre una base sicura
ed è in grado di definire con chiarezza i confini della relazione mantenendo alta l’empatia, il
malato trova risorse autonome di auto-cura. Stefania conclude il nostro incontro con una
dichiarazione che rappresenta un inno al self-empowerment individuale:
Adesso faccio ginnastica due volte alla settimana; si fa ginnastica, si fa una chiacchierata, una risata… vado a farmi il giretto, a bermi il caffe, a prendermi le cose che servono. Mi muovo, sì. E poi, quando sono giù di morale ci pensa mia figlia a rimettermi in carreggiata. Mi dice “Mamma, non farti del male”…
L’aderenza alla terapia diventa quindi, anche per la signora Stefania, un percorso di cura verso
se stessi, pur nei limiti imposti dall’età e dalla malattia.
Io le metto là (le medicine) e sono quelle che devo prendere la mattina, quelle che devo prendere il pomeriggio e quelle che devo prendere la sera. Non posso dirle a memoria i nomi [ride], perché non mi ricordo [ride]. Non ne ho poche, questo è sicuro.. son brava, me lo devo dire.
143
Doppio ruolo malato-caregiver
La focalizzazione estrema sui bisogni del familiare malato porta spesso il caregiver a
disconoscere o semplicemente ignorare i propri problemi di salute (Shultz & Beach, 1999).
Quando parliamo di patologie croniche cardiovascolari, la maratona di accudimento rinforza il
peso del burden fisico, evolutivo ed emotivo (Mosca et al., 2011).
Quando la persona si trova ad assumere contemporaneamente il ruolo di ammalato e di
caregiver, la ridefinizione della propria identità e del proprio ruolo modifica i confini tra potere
e perdita di potere, tra forza e vulnerabilità; rabbia, paura e dolore si fondono e confondono, e
può subentrare un profondo senso di solitudine ed emozioni negative nei confronti delle
avversità della vita. La ridefinizione del senso di auto-efficacia e di agentività, difficile da attuare
in un ambito di malattia in età adulta, può determinare uno squilibrio di forze e un’asimmetria
di comportamenti di accudimento: qualcuno prende e qualcuno trasferisce sull’altro l’intera sua
attenzione, facendosi piccolo e scomparendo persino alla propria vista. Nel mondo, tra il 57% e
l’81% dell’assistenza al malato cronico anziano è responsabilità femminile e viene gestita
all’interno della famiglia (del Pino Casado et al., 2012).
Il doppio ruolo di “malato e caregiver” rappresenta un nuovo, complesso prodotto sociale dei
nostri tempi con il quale le politiche socio-sanitarie dovranno inevitabilmente confrontarsi.
Questo studio ha fatto emergere, attraverso le interviste qualitative a pazienti e caregiver, il lato
in ombra, e potenzialmente controverso, del caregiving familiare.
Anna e Marcello
Anna (Q0123)ha 84 anni, è sposata da 52 anni con Marcello (Q0124), 88 anni, ammalato di
scompenso cardiaco avanzato, ma anche di un tumore al colon. Hanno due figli; la figlia più
piccola è deceduta a 18 anni in un incidente automobilistico. Anna ha un tumore al seno in
metastasi e una cardiopatia ischemica. Si sta avvicinando al fine vita con uno sguardo pieno di
dolore. Anna racconta:
Io vivo in una situazione che non avrei mai pensato.. perché sono un carattere
molto duro, perché non cedo alla vita. Mio marito è malato e mi aiuta solo moralmente, ma manualmente niente, non ha mai fatto niente nella vita.. Sono sempre stata io la donna, l’uomo, la mamma, il padre.. insomma, ho sempre fatto tutto io e mi sono fregata da sola, caratterialmente.. anche
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adesso gli preparo le medicine e gli faccio da mangiare quello che piace a lui, non a me. Poi mi metto la sveglia di nascosto per ricordargli di prenderle, perché lui ha avuto sempre una memoria ottima, ma adesso e un po’ annebbiato, si ricorda ancora tutto, ma non vorrei che si dimentichi neanche per una volta..
Anna ha tenuto nascosta la sua malattia a tutta la famiglia, incluso il marito, per oltre sei mesi
per “altruismo”, ma anche adesso che la famiglia sa, Anna si sente sola ad affrontare la propria
fatica:
Per sei mesi, anche di più (non lo ha saputo nessuno).. ma questo non è perché sono un eroe, è perché sono altruista e voglio dirlo per il semplice fatto che tu sarai altruista, ma gli altri non capiscono niente. … Sì (sono ammalata), ma io non ho niente per la mia famiglia e questo mi va bene da una parte, dall’altra no, perché si approfittano, si appoggiano al mio carattere per fregarsene delle responsabilità eventuali che hanno.
Anna cura poco la propria salute e minimizza l’importanza della propria malattia, dei farmaci,
e delle cure; la sua attenzione è concentrata sulla malattia e sulla terapia del coniuge:
La mia salute poco importa, l’ho sempre vista come poco importante. Mi chiede dei farmaci, ma ci crede se le dicessi che in questo momento potrei elencarle a memoria i dieci farmaci che prende mio marito ma i miei non me li ricordo?
Marcello è un uomo intelligente e schivo, parla poco. Si appoggia molto alla moglie e giustifica
il suo dipendere da lei come un soddisfacimento di un bisogno di Anna, più che suo. Riguardo
all’aderenza farmacologica dice:
Se non avessi Anna non so dove sarei.. Lei ha sempre avuto in mano tutta la famiglia.. anche adesso, non sbaglia un colpo. Se non le facessi fare, per lei credo sarebbe un problema, perché lei è da sempre quella che dà, dà anche quando non le viene chiesto, ha proprio il bisogno di dare. Io senza di lei sarei già morto, o forse starei meglio, chissà.. [ride].
Quando il caregiver familiare si ammala, la qualità del legame affettivo emerge in tutta la sua
chiarezza. Alcuni caregiver, sostenuti da adeguati livelli di auto-efficacia e consapevoli del loro
ruolo e dei limiti imposti dalla malattia, divenuti a loro volta pazienti riescono a ridefinire la
dimensione di aiuto all’interno della relazione, come nel caso di Milena e Mattia:
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Milena e Mattia
La signora Milena (Q0028), 68 anni, è sposata da 42 anni con Mattia (Q0029), di 72, diabetico e
cardiopatico con un pregresso tumore alla prostata. Non hanno figli. Milena ha una cardiopatia
ischemica, ipertensiva e valvolare, scompenso cardiaco cronico, e soffre di diabete mellito tipo
II. Riguardo ai farmaci, Milena dice:
Le medicine me le organizzo da sola, sì.. una volta pensavo anche per mio marito.. la casa, tutto..
dopo, quando ho cominciato anche io ad avere tante cose, ho detto “Basta , ognuno per conto
suo…” E prosegue: Mio marito mi aiuta, e diventato più bravo adesso [ride].. magari passa
l’aspirapolvere, e un grossissimo aiuto anche perché era diventato davvero un peso per me..
come qualsiasi altra cosa.. l’energia e più bassa e si sente.
Quando un uomo e una donna vivono il duplice ruolo di malato e caregiver in un adattamento
sano dei ruoli, la sinergia relazionale rende la malattia diventa meno pesante. Mattia, il marito
di Milena, 72 anni, vive il nuovo ruolo di malato-caregiver come una sfida e l’aderenza diventa
un modo di vivere, insieme ma autonomamente, il rapporto di coppia:
Ma cosa vuole che le dica, da una parte, per assurdo, è quasi bello doversi inventare un altro modo di viverci.. io sono figlio della mia generazione, un po’ pigro, insomma..[si gratta il naso e sorride].. ma provo piacere proprio a fare delle cose che.. se mia madre sapesse [ride].. insomma, sono diventato quasi più pignolo di mia moglie.. non ci avrei mai creduto, passo il dito sul mobile e se vedo polvere vado subito a pulire.. per non parlare della cucina, che e tutto un mondo! [sorride]… Sul suo rapporto con i farmaci aggiunge: Le medicine, sì, una volta era più comodo [sorride].. erano lì sul tavolo ogni mattina.. adesso ci devo pensare da solo ma ho visto che non mi manca niente, neanche la memoria.. ancora..
Giovanni e Giulia
Quando il senso di sé, della propria importanza nel mondo è ben definito, il farmaco diventa uno
strumento di aiuto. Il signor Giovanni (Q0057), 71, è coniugato con la signora Giulia (Q0058),
cardiopatica e ammalata di cancro al seno e di osteoporosi severa. Non hanno figli. Giovanni
soffre di cardiopatia valvolare, stenosi della valvola aortica, ipertensione arteriosa essenziale e
insufficienza renale cronica di grado severo. Giovanni ricorda il suo passato con nostalgia ma
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senza tristezza, forte di un senso di autoefficacia che gli permette di guardare al passato ma di
vivere nel presente:
Sono sempre stato molto sportivo… fino a 58 anni. Adesso non faccio più niente, perché sono legato da mia moglie che non può camminare. Abbiamo viaggiato molto, è stato bello, ma adesso andare in giro con lei è diventato faticoso.
Alla domanda “La malattia di sua moglie le rende difficile avere cura di se stesso, prendere le
medicine?” risponde:
No, adesso so di poter fare tutto quello che voglio. Potrei correre, magari con un po’ di batticuore per un paio di minuti.. ma non penso di rischiare niente. Cammino ogni giorno, anche quando non c’e il sole. Certo son convinto che senza questi farmaci finirei male. Sono un supporto vitale che però mi permettono di fare tutto, non solo una vita normale, ma anche meglio, perché tanti alla mia età si meravigliano di quello che posso fare! [ride].
La relazione di caregiving, in questa coppia, è caratterizzata da sostegno reciproco ma anche da
autonomia.
Con mia moglie abbiamo fatto un patto, ognuno pensa alle sue medicine, ci si organizza autonomi.. ci fa sentire più responsabili, insomma “Aiutati che il Ciel ti aiuta”...
Certo, anche la migliore organizzazione di self-care e una relazione agentiva con il proprio
partner non garantiscono un’aderenza completa alla terapia poli-farmacologica, influenzata da
una complessità di fattori.
Io i farmaci li prendo sempre perché ho la sveglia che mi ricorda di prenderli..
In teoria, perché in pratica poi tante volte vado in giardino e mi dimentico [ride]. Oppure non sento la sveglia, o sento la televisione.. Anche la mattina quando mi alzo e qualche volta mi dimentico.. Però di solito mi ricordo di prenderli. Più di un paio di volte, anche 4 o 5 volte in un anno, non ho preso niente tutto il giorno. Mia moglie mi prende in giro. “Chi non prende le medicine paga pegno, dice…” Giusto e giusto.
La signora Giulia, dal canto suo, vive la relazione di ammalata-caregiver con più ansie del marito,
soprattutto riguardo i farmaci:
con tutto quello che ho avuto e che ho, avrei bisogno di non pensare più a
niente.. e invece è tutto un pensiero.. mio marito era la mia roccia e adesso si è perso per strada.. non vorrei dovergli stare dietro e neanche ci riesco, ma vedo che lui si dimentica spesso.. e allora cerco di ricordargli senza darlo a
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vedere, perché lui è sempre stato uno forte, il capobranco, insomma [ride].. ci soffre a vedersi ridotto così. E allora si cerca di.. ma certe volte mi accorgo che gli ho ricordato la sua medicina e mi sono persa la mia.. invecchiare bene è un sogno, la realtà è molto più dura, sa?
Marisa e Franco
Marisa (Q0103) ha 74 anni, sposata senza figli, ha lavorato per 35 anni come segretaria. il marito
Franco (Q0104) ha avuto un ictus 10 anni fa e soffre di scompenso cardiaco da 8 anni; ha subito
diverse operazioni. Anna si è ammalata di cuore 5 anni fa; soffre di cardiopatia ischemica,
valvolare, scompenso cardiaco cronico diastolico, diabete mellito tipo II, insufficienza renale
cronica e BPCO. Da “sempre” soffre di un disturbo depressivo di tipo distimico. Vive con molta
ansia e fatica la sua condizione di caregiver-malata.
Mi sono ammalata per le troppe disgrazie.. troppe… mio marito ha avuto un
ictus 10 anni fa e soffre di cuore. Si alza di notte.. di notte ho sempre il terrore che caschi per terra. Mi secca prendere le pastiglie perché poi divento… mi prendono i nervi… perché da ragazza ho avuto un incidente che mi ha preso i nervi e ho fatto 30 giorni di elettroshock.. meno male che ne sono venuta fuori, ma resta sempre qualcosa.. soprattutto quando cambia stagione. Una parte resta fragile..
Accudire il marito e se stessa è diventato un compito difficile, mentre il corpo cambia, l’energia
diminuisce e si imparano nuove lezioni dalla vita:
Si impara, ma si impara troppo tardi, purtroppo. E adesso che ho imparato sono stanca, il mio corpo è stanco. Ho lavorato tutta la vita, ho fatto tanti lavori. Ho lavorato troppo. Fino adesso le medicine le ho sempre prese io da sola, ma adesso vedremo come andrà, perché io ogni tanto sgarro.. devo pensare a me e a lui e si vede che il cervello non riesce a fare troppe cose insieme..
Alla domanda “E quando sgarra, cosa fa?”, risponde:
Niente, non faccio niente e dico “Ma va…”. Sgarro soprattutto sul Coumadin. Ho sempre paura di averla presa e di essermi dimenticata. Se le metto in una scatola poi mi dimentico dove ho messo la scatola.. poi, se leggi il fogliettino, meglio non leggerlo, perché se leggi tutto, ti fa male tutto… poi adesso neanche vedo, quindi non mi peso più. Certo la cosa più utile sarebbe camminare, quando cammino mi sento meglio, ma con mio marito così…
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Franco è un uomo triste, rassegnato ad accettare i profondi cambiamenti che malattia e tempo
hanno segnato corpo e mente, ma addolorato di non poter essere di aiuto alla moglie:
La mia Marisa e tanto ammalata, tumore, cuore, ossa… non sa quanto mi senta depresso per questa cosa… io che non riesco più neanche a pensare dritto.. ho la mente vuota, fatico a respirare, ogni tanto mi gonfio poi mi sgonfiano i dottori. Io sono rassegnato, ma lei in mezzo a tutto questo, con i problemi che già ha.. non è giusto. So che non si cura come dovrebbe per stare vicina a me, ma io che posso farci? Casa nostra è una stanza di ospedale.
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SOLITUDINE ESISTENZIALE
La solitudine esistenziale (SE) viene considerata da molti autori occidentali una condizione
intrinseca alla natura umana e intimamente collegata alla progressiva trasformazione della
nostra vita che si nutre di gioia e passione, ma anche di sofferenza e tragedia, fino ad includere
l’esperienza finale della morte (Laing & David, 2010). In ambito clinico, questo costrutto è stato
utilizzato nell’ambito delle cure di fine vita, o cure palliative (CP); la solitudine, infatti,
rappresenta il culmine di una crisi emozionale che accompagna, sovente, il morente (Zack, 1985)
, accogliendo nel quotidiani i grandi quesiti della vita che spaziano dal suo significato alla
realizzazione dei propri obiettivi (Tillich, 1980). La letteratura psicologica del mondo occidentale
distingue una componente cognitiva ed emotiva della SE, legate entrambe alla consapevolezza
dell’individuo nei confronti della propria finitezza (Andersson, 1986) e identifica tre aspetti
diversi ma interdipendenti della solitudine: solitudine sociale (interpersonale), intrapersonale
ed esistenziale (Yalom, 1980).
Diversi autori raffrontano l’esperienza di solitudine a quella della morte, arrivando ad affermare
che questa miscela di sentimenti rende la morte un’esperienza di sofferenza (Cassel, 2003; Elias,
1985; Kubler-Ross, 1969). Le interviste qualitative hanno portato alla luce questo aspetto
doloroso della malattia cronica, che con il passar del tempo cammina rasente al fine vita in un
percorso che restringe lo spazio fisico e temporale del malato e lo fa vivere in una “terra di
mezzo”, contemporaneamente presente ed estranea al flusso quotidiano della vita, ma
acutamente consapevole di ciò che è stato e di ciò che non sarà più. Alberto (Q0116) ha 77
anni,
La vita è stata, è andata come è andata, non si può né costruire né disfare più niente.. ogni giorno si vive così, con il fiato sospeso, che non succeda niente di peggio.. si sta sempre in bilico, e tanta fatica, ma d’altronde, più che vecchi non si può diventare, giusto?
La terapia rimane un legame con la vita, la testimonianza che si è ancora vivi e che si vuole ancora
vivere:
io non sto bene, anzi… ma le medicine sono un po’ il mio metronomo. Scandiscono il passaggio del tempo.. so che ora di andare a letto quando prendo la statina [sorride]è
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Il paziente cardiopatico complesso, nelle interviste raccolte, spesso esprime questa sua
inquietudine esistenziale, acuita dalla solitudine sociale di cui molti malati soffrono. Antonio
(Q0167), 81 anni, cardiopatico , diabetico e con una severa insufficienza renale è divorziato, vive
con la nuova compagna e ha 2 figli adulti che vede raramente. Antonio racconta di come gli sia
difficile avere cura di se stesso, assumere i farmaci o semplicemente andare a fare una
passeggiata:
Anche qui e colpa mia, ho sempre qualche scusa.. Piove, c’e il sole, troppo freddo, troppo caldo.. Cammino intorno al gruppo di case e bon.. Non ho amici, prima ne avevo anche troppi.. [sorride] Prima avevo quelli del bicchiere [ride]. A volte bevevo qualche bicchiere perché aiutava a stare in compagnia, per socializzare.. Adesso qualche volta mi è capitato di bere mezzo bicchiere, ma sono anni che non esagero.. Questi amici quando sono stato male non sapevano nemmeno dove ero finito.
La presenza del caregiver modula positivamente le emozioni e aiuta il malato a continuare a
vivere, e a curarsi. Fortunatamente, Antonio ha una nuova compagna che lo assiste
nell’assunzione dei suoi numerosi farmaci:
Io prendo le medicine che mi prepara mia moglie.. Se mia moglie andasse in viaggio io dovrei tenermi una scorta a casa perché non sono il tipo che va a fare la spesa. Se mia moglie deve andare un’ ora via va bene. Altrimenti no.. Prima della malattia cercavo di dare una mano, ma adesso no.. Anche per l’insulina è un lavoro continuo, che deve fare mia moglie. Mi cadono per terra le medicine, se non ci fosse mia moglie sarei già morto e sepolto.
Ansia e paura
Le numerose vicissitudini di salute che spesso accompagnano la malattia cardiovascolare
(ricoveri e interventi), provocano in alcuni pazienti sentimenti misti di ansia e paura:
Certe volte penso “Madonna mia, sono qua e non posso farci niente…”. Non
sono ansioso, ma qui c’e da aver paura… Accetto tutto, bicchiere pieno o bicchiere vuoto.. Nella vita o accetti o devi accettare.. Io non voglio dipendere da nessuno.. Per me tutta la giornata è bella, finché sto bene.. Quando arriva la sera incomincio a pensare che devo andare a dormire.. non dormirò.. come sarà.. Sono solo, appeso nel vuoto… (Q0130)
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Spiritualità e significato della vita
La ricerca ha dimostrato l’esistenza di una correlazione tra spiritualità e capacità di coping
(O’Neill & Kenny, 1998) e tra il senso di solitudine esistenziale e il benessere spirituale e fisico
della persona (Paloutzian & Ellison, 1982). I pazienti a volte oscillano, come il signor Giorgio
(Q0137), 74 anni, tra ottimismo e pessimismo, alla ricerca di un significato da attribuire alla
propria sofferenza e alla vita stessa:
Io prego, prego spesso.. non so se ci sia un qualcosa, quello che chiamiamo Dio.. credo di pregare perché sono in uno stato di.. senza speranza.. e allora qualcuno devi aggrapparti.. o qualcosa che ti dica che andrà tutto bene, che è scritto tutto da qualche parte.. ma poi mi dico che mi sto prendendo in giro.. che di senso non ce n’e.. che anche le pastiglie che devo prendere sono tutte una farsa a che pro? Una vita senza un futuro da sognare non e vita…
Il signor Angelo (Q0038), 77 anni, ha perso il figlio per un tumore cinque anni fa e dice:
Sono solo, ma non ho più paura di niente, non credo più a niente. Se ci fosse Dio non avrebbe fatto quello che ha fatto… prima invece credevo. Mio figlio sapeva di cosa soffriva e gli ultimi mesi sapeva bene che non c’era più niente dare.. “Ti lascio solo, papà”, mi ha detto un giorno. “So che tu credi” e io gli ho detto “Sì, sì”, ma era una bugia…
La ricerca ha documentato correlazioni positive tra la capacità di attribuire significato e scopo
alla propria vita e fattori psicologici adattivi e sostegno sociale percepito (Heisel & Flett, 2004).
Paura della morte non ho, e che a un certo punto della vita dico “Cosa lascio?” “Cosa ho fatto nella mia vita degno della vita?” mi viene spesso una grandissima tristezza a come ho buttato via tante cose che valeva la pena… ora si vive così, tra il bastone e gli appuntamenti.. mi pare tutto inutile, poi penso a mia madre che era una contadina di quelle dure e che alla fine diceva “Grazie, Signore, per avermi fatto vivere”. Punto. (Q0036) È brutta, è brutta.. diventi un parassita.. la mattina vai al bar , poi stai al computer e perdi tutta la giornata a non fare niente. Io credo che il paradiso, l’inferno e il purgatorio siano nella terra. Io ho passato gran parte della mia vita in paradiso, una piccola parte in purgatorio e finita la storia. Quando muori sei un pezzo di carne che buttano via ed è finita la storia.. questo non vuol dire che non credo in Dio.. ma il senso della vita dovresti trovarlo qui, e invece io ho vissuto come la cicala.. per questo sono un po’ ballerino coi farmaci [ride]. (Q0062)
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Non ho paura di morire. È questo il bello, non ho paura di morire, ma voglio morire preparato (ride)… Perché ho altre cose da finire prima di morire, perché quella concessione che mi ha dato non è stata così per caso, ma perché devo finire altre cose. Devo aiutare delle persone e ci vuole ancora un po’ di tempo. Ho delle responsabilità… Vorrei anche tornare da mia figlia. Lo so che mi vuole bene ma vorrei rinsaldare un po’. Vorrei ritrovare le mie radici…… (Q0092)
Ideazioni suicidarie
Alcuni pazienti anziani e fragili vivono la loro condizione con fatica. Il modello definito “urlo di
dolore” (Williams, 1997) considera le ideazioni suicidarie come il tentativo di espressione di fuga
da una condizione di percepita minaccia alla propria libertà. Il signor Andrea, 75 anni, è separato
e vive lontano dai figli. Come altri pazienti, elabora le proprie paure attraverso un’ideazione
suicidaria surreale:
Quando ho fatto ecografia mi hanno detto che mi dovevo operare. Io vedo i cardiopatici, tutte queste medicine, mi sono detto “Aiuto, se arrivo a quel punto lì è meglio se vado nel Carso senza un cane, perché un cane andrebbe a chiedere aiuto, mi porto le capre e quando è il momento giusto una capra mi dà una cornata e cado giù nel precipizio”… tanto per fare una battuta…
La ricerca indica che le aspettative riguardanti il futuro siano in grado di moderare la sofferenza
emotiva dell’individuo (Heisel & Flett, 2004). La compassione verso se stessi e verso gli altri può
moderare il senso di solitudine (Wuthnow, 2012). Andrea, 69 anni, vive una vita dedicata agli
altri, e questa sua visione di interdipendenza con il mondo, unita al desiderio di riallacciare i
legami con i figli, dà scopo alla sua vita, modula il suo umore e gli fornisce la giusta motivazione
per assumere i farmaci:
Non ho paura di morire. È questo il bello, non ho paura di morire, ma voglio morire preparato (ride)… Perché ho altre cose da finire prima di morire, perché quella concessione che mi ha dato non è stata così per caso, ma perché devo finire altre cose. Devo aiutare delle persone e ci vuole ancora un po’ di tempo. Ho delle responsabilità… Vorrei anche tornare dai miei figli. Lo so che mi vuole bene ma vorrei rinsaldare un po’. Vorrei ritrovare le mie radici… e allora giù a prendere queste benedette medicine. Che almeno siano utili a qualcosa..
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Conclusioni
La ricerca qualitativa ha fatto emergere con chiarezza il tema dell’agentività umana, individuale,
vicaria e collettiva. La relazione con se stesso e con l’altro vive di una condizione di
interdipendenza per la quale ogni azione determina una reazione che può influenzare le
opinioni, gli atteggiamenti e i comportamenti di aderenza. Il peso della malattia e del caregiving
sono difficili da sostenere nella lunga distanza della cronicità e possono rinchiudere il malato in
una sofferenza esistenziale che separa e allontana dal flusso costante della vita: capacità di
leadership, chiarezza, fiducia, empatia, condivisione degli obiettivi, autonomia, speranza e
sincera attenzione al proprio e altrui benessere possono fare, e fanno, la differenza. La relazione
tra il sanitario e il malato è, prima di tutto, una relazione umana e necessita di attenzione e di
sincerità di motivazione. Fare rete, lavorare insieme per un bene comune, non solo individuale,
ma anche sociale, sembra essere in grado di rispondere meglio ai bisogni del malato. quando i
bisogni percepiti come essenziali dalla persona vengono soddisfatti, l’aderenza accade come
naturale conseguenza di una situazione di reciproca fiducia e aspettativa. La relazione in ambito
familiare ha espresso, nella ricerca, le proprie potenziali fragilità. La malattia può essere
un’espressione di controllo o di resa e l’aderenza può essere lo strumento attraverso il quale si
giocano relazioni di potere. Facendo emergere la parte sana della relazione può aiutare malato
e caregiver a vivere in autonomia, ma non in solitudine, la propria vita. Quando il tempo accorcia
le distanze e il corpo tradisce le aspettative della gioventù, la solitudine esistenziale diventa
ricerca, a volte vana, di un significato nascosto. Aderire alla terapia è un atto di fiducia e di
speranza verso il futuro. Essere consapevoli della forza che i nostri pensieri, parole e
comportamenti hanno nei confronti del benessere nostro e altrui può creare differenze
sostanziali nell’efficacia della cura e della terapia prescritta.
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Materiali e metodi
Obiettivo 3
Costruzione della “Survey sull’aderenza in ambito
cardiovascolare per operatori sanitari”
Il terzo obiettivo dello studio è stato quello di analizzare conoscenze, opinioni, esperienze e
comportamenti di operatori socio-sanitari (medici e infermieri) sull’aderenza terapeutica alla
terapia farmacologica prescritta. Per meglio comprendere il mondo dell’aderenza visto con gli
occhi dei professionisti sanitari, si è deciso di costruire e somministrare una survey da
somministrare on-line agli operatori soci ANMCO.
- È stata operata una revisione della letteratura internazionale per individuare gli ambiti di
discussione e di evidenza della comunità scientifica sull’argomento dell’aderenza terapeutica, in
particolare, dal punto di vista degli operatori sanitari.
- Si rimanda alla costruzione del Questionario pazienti BABA-Q (pag. 65) per quanto riguarda la
fase di organizzazione focus group. Tra i testimoni privilegiati è stata rilevante la collaborazione
con un MMG che ha contribuito con la propria esperienza all’elaborazione di una parte delle
domande. Al pre-test hanno partecipato anche sei operatori sanitari dell’Ospedale di
Portogruaro, Dipartimento di Cardiologia.
• Analisi letteratura
• 12 partecipanti Focus group (N 6 medici N 6 infermieri CCV ASUI di Trieste)
• 1 intervista semi-strutturata a MMG di Trieste
• Costruzione questionario su piattafroma Survey Monkey
• Pre-test 22 operatori (n 12 medici cardiologi, n 8
infermieri cardiologia, n 2 MMG)
• Somministrazione questionario on-line tramite sito web dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO)
• Questionari somminitrati N…………….
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- Sulla base delle indicazioni fornite dalla letteratura e dai risultati delle interviste focalizzate con
gli operatori, i pazienti e i familiari di pazienti del CCV, è stata sviluppata ad hoc su piattaforma
Survey Monkey© la parte restante del questionario. Il questionario inizia con una serie di
domande generiche su ruolo, ambito e regione di origine unitamente a domande sugli stili di
vita del partecipante (fumo, attività fisica). Seguono domande che indagano i propri
atteggiamenti in ambito di aderenza, la percezione soggettiva dell’importanza dei principali
determinanti di non aderenza, i comportamenti e la valutazione del livello di integrazione
multidisciplinare. Il questionario si chiude infine con domande più specifiche e sensibili in tema
di comunicazione (“Quanto e facile/difficile per te parlare della morte con i tuoi pazienti?”, “Se
fossi tu ad avere una malattia cronica terminale, vorresti che il tuo medico affrontasse il tema
del fine vita?”) e termina con tre domande relative al genere, età ed esperienza lavorativa nel
campo. Sono stati utilizzati i seguenti formati di risposta: domande a scelta multipla con
possibilità di risposta singola; domande a scelta multipla con più possibilità di risposta e
domande a risposta graduata.
Pre-test della Survey Operatori Sanitari
Nella fase pilota del questionario lo strumento è stato somministrato tramite piattaforma Survey
Monkey© a un campione ragionato di N 22 soggetti con caratteristiche simili al campione finale.
Di questi soggetti, N 6 erano medici, N 8 infermieri del CCV di Trieste, N 2 medici e N 4 infermieri
dell’ospedale di Portogruaro (reparto di cardiologia) e N 2 MMG di Trieste. Le modifiche
apportate hanno riguardato in la riduzione da 5 a 4 item nelle categorie di risposte relative al
cluster di comportamento durante la visita. È stata eliminata la risposta centrale (incerto) nel
gruppo di domande su comportamenti, abitudini e conoscenze dell’operatore nei confronti del
proprio paziente, poiché si è ritenuto opportuno evitare la tendenza alla genericità, ritenuta non
accettabile nella registrazione di comportamenti abituali operatore- assistito.
Somministrazione della Survey Operatori Sanitari
Il questionario, originariamente costruito su piattaforma Survey Monkey©, è stato accettato per
pubblicazione sulla piattaforma nazionale dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi
Ospedalieri (ANMCO) e distribuito tramite mass mail ai soci partecipanti (personale medico e
infermieristico) attraverso la piattaforma web ANMCO.
156
RISULTATI SURVEY OPERATORI SANITARI SULL’ADERENZA IN
AMBITO CARDIOVASCOLARE
Analisi descrittiva
Hanno risposto al questionario pubblicato online tramite il sito ANMCO 194 professionisti. Di
questi, 142 Medici Specialisti (73,2%) e 52 Infermieri (26,8%).
Il 67,6% dei Medici ha un’età compresa tra i 50 e 59 anni e il 38,0% oltre i 59. Il 46,2% degli
Infermieri ha un’età compresa tra i 50 e 59 anni,
nessuno sopra i 59 e il 36,5% tra i 40 e 49 anni.
L’81,9% del campione lavora presso strutture
ospedaliere e l’11,6% presso Distretti Urbani.
Rispetto al territorio, sono state ricevute risposte
da 20 tra regioni ed isole: il 57,7% dal nord Italia, il
20,6 dal centro, il 12,9% dal mezzogiorno ed l’ 8,8%
dalle isole. Da notare che le percentuali sono
relative al numero totale dei partecipanti, e non
alle dimensioni delle strutture e dei distretti. La
cartina a lato indica la distribuzione regionale delle
risposte. Relativamente all’esperienza lavorativa con pazienti ammalati di patologie croniche
complesse, il 31,9% possiede un’esperienza dai 21 ai 30 anni e il 29% superiore ai 30 anni (Tabella
18).
4%
15%
20%
31%
30%
Esprienza lavorativa con patologie croniche complesse
≤ 5 anni
6-10 anni
11-20 anni
21-30 anni
30+ anni
Tabella 18 Anni esperienza lavorativa
157
Abitudini e stili di vita
Tabagismo: il 69,1% del campione medici (69,2% infermieri) non ha mai fumato; 23,2% dei
medici (19,3% infermieri) è rappresentato da ex fumatori mentre il 7,7% dei medici (11,5%
infermieri) è costituito da fumatori attivi.
Attività fisica: Relativamente all’attività fisica settimanale si evince che il 14,9 non pratica alcuna
attività fisica; il 18,6% pratica al massimo un’ora di attività fisica alla settimana; il 21,1% da una
a due ore settimanali, il 31,4% da 2 a 4 ore e il 13,9% pratica attività fisica per più di 4 ore
settimanali.
Promozione dell’aderenza
Sono state formulate una serie di domande relative ad opinioni soggettive dei sanitari in ambito
di promozione dell’aderenza terapeutica. In particolare, è stata posta la seguente domanda: SU
UNA SCALA DA 1-5 FAI UNA TUA GRADUATORIA DELLA PROBABILITA’ DI SUCCESSO DI OGNUNA
DI QUESTE FIGURE PROFESSIONALI NEL PROMUOVERE L’ADERENZA DEL PAZIENTE (1=minima
probabilità di successo, 5=massima probabilità di successo).
PROMOZIONE DELL’ADERENZA
158
Promozione dell’empowerment
La seconda domanda chiedeva l’opinione del sanitario in merito alla capacità di promuovere
empowerment nel paziente. La domanda era la seguente:
SU UNA SCALA DA 1-5 FAI UNA TUA GRADUATORIA DELLA PROBABILITA’ DI SUCCESSO DI
OGNUNA DI QUESTE FIGURE PROFESSIONALI NEL PROMUOVERE L’EMPOWERMENT DEL
PAZIENTE (inteso come potenziamento personale aumento del suo senso di auto-efficacia).
1=minima probabilità di successo, 5=massima probabilità di successo.
159
Opinioni sulle possibili cause di non aderenza del paziente
È interessante notare che il 75,3% dei cardiologi ritiene che sia lo specialista a poter avere una
probabilità di successo alta/molto alta di motivare il paziente all’aderenza; gli infermieri, di
contro, pensano di avere maggiori probabilità di motivare il paziente con un complessivo 82,7%;
la probabilità di successo alta/molto alta data al MMG dai cardiologi è del 51,4% (53,9%
infermieri) mentre i cardiologi pensano che il 52,1% dei caregiver siano in grado di motivare i
familiari all’aderenza contro il 61,5% di possibilità alta/molto alta di successo data al caregiver
da parte degli infermieri.
Il 42,3% dei cardiologi pensano che gli infermieri siano in grado di assicurare una motivazione
alta/molto alta ai pazienti, mentre da parte degli infermieri nei confronti dello specialista
cardiologo la percentuale è del 69,2%.
Il punto di vista dei pazienti
È stata posta una domanda analoga al paziente nel questionario BABA-Q:
160
Come risulta dal grafico sotto riportato, i pazienti ritengono che il 41,7 dei MMG possano avere
una maggiore possibilità di motivare il paziente ad assumere la terapia, contro il 31% dei
cardiologi e il 19,7% dei familiari.
OPINIONI POSSIBILI CAUSE DI NON ADERENZA
Questa parte del questionario ha indagato le opinioni dei sanitari (medici e infermieri) sulle possibili cause
di non aderenza alla terapia farmacologica. Ogni intervistato è stato chiamato ad esprimere il proprio
grado di accordo/disaccordo con ciascuna affermazione scegliendo tra cinque modalità di risposta che
vanno da molto d’accordo a molto in disaccordo (scala Likert). I risultati delle risposte sono presentati
nella Tabella 19.
È stata posta la seguente domanda: ANALIZZIAMO ORA INSIEME I VARI ASPETTI CHE FAVORISCONO LA
NON ADERENZA. ESPRIMI, PER OGNUNA DELLE SEGUENTI POSSIBILI CAUSE DI NON ADERENZA, IL TUO
GRADO DI ACCORDO/DISACCORDO. Le risposte riportate in Tabella 19 rappresentano sia il valore assoluto
dei rispondenti e il corrispondente valore percentuale.
161
Il referto specialistico è di difficile comprensione per il paziente/caregiver
OPINIONI POSSIBILI CAUSE DI NON ADERENZA Molto d’accordo
D’accordo Incerto In
disaccordo Molto in
disaccordo
Il referto specialistico è di difficile comprensione per il paziente/caregiver
25 95 23 47 4
12,90% 49,00% 11,90% 24,20% 2,10%
Il paziente ignora l’utilità dei farmaci che deve assumere
33 99 27 35 0
17,00% 51,00% 13,90% 18,00% 0,00%
Il paziente dimentica di assumere i farmaci 21 95 62 15 1
10,80% 49,00% 32,00% 7,70% 0,50%
Il paziente è scarsamente motivato a seguire le
prescrizioni terapeutiche
13 76 61 43 1
6,70% 39,20% 31,40% 22,20% 0,50%
Il paziente ignora i rischi associati alla mancata
assunzione dei farmaci prescritti
35 84 33 41 1
18,00% 43,30% 17,00% 21,10% 0,50%
Il paziente è ansioso / depresso 14 114 56 10 0
7,20% 58,80% 28,90% 5,20% 0,00%
Il paziente necessita di sostegno psicologico 39 101 39 14 1
20,10% 52,10% 20,10% 7,20% 0,50%
Il caregiver è assente o inadeguato 12 68 89 24 1
6,20% 35,10% 45,90% 12,40% 0,50%
Il caregiver ha una bassa scolarità 15 64 84 31 0
7,70% 33,00% 43,30% 16,00% 0,00%
Il caregiver ignora il significato e l'evoluzione della malattia di cui soffre il suo caro
17 87 49 37 4
8,80% 44,80% 25,30% 19,10% 2,10%
Il caregiver ignora i rischi associati alla mancata assunzione dei farmaci prescritti
19 85 49 40 1
9,80% 43,80% 25,30% 20,60% 0,50%
Il paziente ha una scarsa capacità di auto-gestione (rispetto alle visite di f/u, automonitoraggio parametri,
ecc.)
18 92 59 25 0
9,30% 47,40% 30,40% 12,90% 0,00%
Il paziente ha problemi economici 11 83 81 18 1
5,70% 42,80% 41,80% 9,30% 0,50%
L’ambiente in cui si comunica con il paziente non è
adatto (scarsa privacy, rumore, ecc.)
30 77 40 40 7
15,50% 39,70% 20,60% 20,60% 3,60%
Il tempo dedicato al paziente da me come operatore è insufficiente
43 80 16 44 11
22,20% 41,20% 8,20% 22,70% 5,70%
L’utilizzo di mezzi informatici (PC) ostacola la comunicazione con il paziente / caregiver
21 57 41 62 13
10,80% 29,40% 21,10% 32,00% 6,70%
Il paziente si imbarazza nel chiedere al medico di ripetere le spiegazioni sulla terapia
23 84 48 35 4
11,90% 43,30% 24,70% 18,00% 2,10%
Il paziente si imbarazza nel chiedere all'infermiere di ripetere le spiegazioni sulla terapia
5 45 55 85 4
2,60% 23,20% 28,40% 43,80% 2,10%
Tabella 19 Opinioni pz: cause non aderenza
È interessante notare che il 63,4% degli operatori intervistati abbiano espresso l’opinione che
il tempo da loro dedicato al paziente sia insufficiente, mentre nel questionario pazienti BABA-
Q il 93,4% degli intervistati ritengono il tempo della visita sia sufficiente.
162
Agentività dell’operatore
La serie seguente di domande ha voluto indagare i comportamenti agentivi del sanitario in
ambito di aderenza, vale a dire la capacità di agire ed operare azioni mirate e scelte consapevoli
in grado di raggiungere i risultati desiderati e trasformare il contesto circostante (Bandura,
1997). Le domande hanno utilizzato una scala Likert a 4 item con opzioni di risposta
Mai/Raramente/Spesso/ Sempre. I valori percentuali indicati sono relativi al totale degli
intervistati, mentre i grafici a barre rappresentano le percentuali relative agli intervistati-medici
e intervistati-infermieri.
Nella raccolta dell'anamnesi, chiedi o sei a conoscenza se il tuo paziente ha sofferto o soffre
di disturbi mentali?
Mai 8,8%
Raramente 32,0%
Spesso 43,8%
Sempre 15,5%
Nella raccolta dell’anamnesi del tuo paziente, chiedi o sei a conoscenza se, nel corso della
sua vita, il tuo paziente ha ricevuto una diagnosi o seguito una terapia per disturbo
depressivo ?
Mai 10,8%
Raramente 32,5%
Spesso 40,2%
Sempre 16,5%
163
Nella raccolta dell’anamnesi del tuo paziente, chiedi o sei a conoscenza se, nel corso della
sua vita, il tuo paziente ha ricevuto una diagnosi o seguito una terapia per disturbo d’ansia?
Mai 6,2%
Raramente 30,9%
Spesso 44,3%
Sempre 18,6%
Chiedi al tuo paziente se assume rimedi naturali (ad es. farmaci fitoterapici, omeopatici,
ecc.)?
Mai 16,0%
Raramente 36,6%
Spesso 28,9%
Sempre 18,6%
Conosci le condizioni di salute del caregiver?
Mai 18,6%
Raramente 61,9%
Spesso 19,1%
Sempre 0,5%
Conosci il livello di istruzione del tuo paziente?
Mai 2,6%
Raramente 24,2%
Spesso 45,4%
Sempre 27,8%
164
Conosci il livello di istruzione del caregiver?
Mai 18,6%
Raramente 51,5%
Spesso 27,3%
Sempre 2,6%
Sai, di ogni tuo paziente, se ha una rete sociale (amici, parenti)?
Mai 9,3%
Raramente 42,8%
Spesso 40,7%
Sempre 7,2%
Sai, di ogni tuo paziente, se ha problemi economici?
Mai 9,3%
Raramente 52,6%
Spesso 36,6%
Sempre 1,5%
165
Comunicazione della terapia
Sono state somministrate una serie di domande (scala Likert, 4 item) relative al la comunicazione
con il paziente, sia in termini di metodologia utilizzata, anche in tema di analisi delle possibili
criticità, di tempo utilizzato per spiegare la terapia e di autovalutazione della propria capacità di
comunicazione e della qualità della formazione avuta in tema di comunicazione:
QUALE METODO UTILIZZI PER SPIEGARE AL PAZIENTE LA TERAPIA CHE GLI È STATA
PRESCRITTA? (dai, per ognuno, la frequenza con la quale lo utilizzi:
mai/raramente/spesso/sempre)
COMUNICAZIONE VERBALE
Mai 3,1%
Raramente 65,5%
Spesso 0,0%
Sempre 31,4%
COMUNICAZIONE SCRITTA (opuscoli, materiale educazionale, ecc.)
Mai 6,7%
Raramente 40,2%
Spesso 34,0%
Sempre 19,1%
166
UTILIZZI UNA CHECK-LIST PER L’ANALISI DELLE CRITICITA’ DEL PAZIENTE?
Mai 33,0%
Raramente 36,6%
Spesso 24,2%
Sempre 6,2%
QUANTO TEMPO MEDIAMENTE IMPIEGHI A SPIEGARE AL PAZIENTE LA
TERAPIA PRESCRITTA?
≤ 5 minuti 24,2%
6-10 minuti 38,1%
11-15 minuti 25,3%
16-20 minuti 7,7%
>20 minuti 4,6%
COME VALUTI L'EFFICACIA DELLA TUA COMUNICAZIONE IN AMBITO DI ADERENZA?
Ottima 4,6%
Buona 54,6%
Sufficiente 35,6%
Scarsamente sufficiente 4,6%
Del tutto insufficiente 0,5%
167
COME VALUTI LA TUA FORMAZIONE IN TEMA DI COMUNICAZIONE CON I PAZIENTI
AMMALATI DI PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI COMPLESSE?
Ottima 6,7%
Buona 52,1%
Sufficiente 29,9%
Scarsamente sufficiente 10,34%
Del tutto insufficiente 1,0%
Valutazione dell’integrazione multi-disciplinare
Si è voluto indagare la qualità percepita dell’integrazione multidisciplinare tra i diversi operatori.
Di seguito, sono riportate le valutazioni dei medici e degli infermieri sull’integrazione con le
diverse figure professionali:
Come valuti il livello medio di integrazione con gli altri operatori socio-sanitari? Per
integrazione intendiamo coordinamento congiunto di percorsi, gestione condivisa con il
paziente, scambio di conoscenze, protocolli condivisi.
168
Integrazione con gli SPECIALISTI CARDIOLOGI
Nessuna integrazione 2,1%
Scarsa integrazione 13,4%
Integrazione appena
sufficiente
18,0%
Integrazione più che
sufficiente
22,2%
Integrazione buona 35,1%
Integrazione ottima 9,3%
Integrazione con gli INFERMIERI
Nessuna integrazione 4,1%
Scarsa integrazione 6,7%
Integrazione appena sufficiente
14,9%
Integrazione più che sufficiente
27,3%
Integrazione buona 36,6%
Integrazione ottima 10,37%
169
Integrazione con i MMG
Nessuna integrazione 16.0%
Scarsa integrazione 32.0%
Integrazione appena
sufficiente 24.2%
Integrazione più che
sufficiente 14.9%
Integrazione buona 11.3%
Integrazione ottima 1.5%
Integrazione con i SERVIZI SOCIALI
Nessuna integrazione 27.3%
Scarsa integrazione 32.5%
Integrazione appena
sufficiente 21.1%
Integrazione più che
sufficiente 11.9%
Integrazione buona 7.2%
Integrazione ottima 0.0%
170
Conclusione
Il questionario operatori ha raccolto dati provenienti da un piccolo campione eterogeneo di
medici ed infermieri della cardiologia italiana. Essendo, tuttavia, il campione di partecipanti
auto-selezionato (volontari) al sondaggio, è ragionevole ritenere che le risposte date
rappresentino la parte più consapevolmente attiva della popolazione medico-infermieristica. I
risultati, letti in questa luce, mostrano alcuni elementi interessanti nella relazione operatore-
paziente. Oltre il 40% ha scarsa o nulla conoscenza dell’esistenza di pregressi disturbi dell’umore
e/o precedenti terapie per disturbi depressivi o sindromi ansiose. Circa l’80% degli operatori si
informa raramente/mai delle condizioni di salute del caregiver, sebbene la letteratura abbia
dimostrato l’importanza del caregiver in ambito di aderenza nella cronicità (Bryant J. et al, 2016).
Tassi di risposta analoghi si riscontrano nelle domande relative alla conoscenza, da parte del
sanitario, del livello di istruzione del caregiver (51,5 Raramente, 18,6% Mai), dell’esistenza di
una rete sociale (42,8% Raramente, 9,3% Mai) e della presenza o assenza di problemi economici
(52,6% Raramente, 9,3% Mai). Il 52,1% degli operatori ritiene di avere una buona formazione in
ambito di comunicazione con il malato e il 54,6% autovaluta buona, o ottima (6,7%) la propria
efficacia comunicativa. Nel questionario, è interessante notare come le risposte degli operatori
sanitari rispetto al tempo dedicato al malato (63,4% lo ritengono insufficiente) si discostino dalle
opinioni espresse dai pazienti intervistati presso il CCV di Trieste, per il 93,4% dei quali il tempo
a loro dedicato nel corso della visita è ritenuto soddisfacente. Di contro, solo il 50% circa dei
pazienti intervistati si ritiene d’accordo o molto d’accordo sulla chiarezza delle spiegazioni
fornite. Sebbene tale differenza possa essere imputabile a caratteristiche diverse della visita
cardiologica in diverse regioni di Italia, è tuttavia ipotizzabile una percezione diversa operatore-
paziente, laddove il malato tiene conto, nella propria valutazione, di elementi differenti rispetto
alla mera valutazione della durata temporale dell’incontro, a conferma di come la
comunicazione sia un evento delicato e complesso che ha necessità di svilupparsi e modificarsi
in un incontro tra personalità e stili diversi (quello del sanitario e quello del paziente) e di essere
guidato da riflessività e presenza.
Le risposte dei sanitari evidenziano, nel complesso, come i processi di implementazione del
modello bio-psico-sociale centrato sulla persona siano ancora lontani dall’aver raggiunto gli
obiettivi di agentività collettiva definiti dai protocolli e dalle attuali politiche socio-sanitarie. Se,
da una parte, la letteratura ha indagato in profondità sul fenomeno dell’aderenza terapeutica
171
visto dalla prospettiva del malato (Pagès-Puigdemont et al., 2016), dall’altra non esiste un
rilevante corpus di ricerca sull’aderenza considerata dalla prospettiva del sanitario, in particolare
in una prospettiva integrata medico-infermiere. Gli studi pubblicati concordano, tuttavia,
sull’importanza della presa di coscienza delle diverse opinioni e dei differenti atteggiamenti che
richiedono reciproca conoscenza (Clark & Hampson, 2003; Nunney et al., 2011) per attivare
agentività ed efficacia di cura. L’analisi di un campione più ampio che raccolga le opinioni e i
comportamenti dei vari stakeholders potrebbe aiutare a comprendere le complesse dinamiche
del processo di aderenza al farmaco, che non può prescindere dalla consapevolezza del singolo
e dalla multidisciplinarietà degli interventi di promozione della salute.
172
Materiali e metodi
Obiettivo 4
Costruzione di una guida di riferimento per operatori sanitari
I risultati dello studio sono stati utilizzati per la costruzione di una guida informativa per gli
operatori sanitari, a sostegno della comunicazione con l’assistito e per promuovere conoscenza
condivisa in ambito di aderenza. La guida è stata concepita per essere stampata e divulgata negli
interventi di formazione del personale e/o distribuita direttamente agli operatori. La brochure,
composta di 4 pagine è inserita come All. 1. Costruzione di una guida di riferimento per operatori
sanitari a pag. 210.
173
Limitazioni della ricerca
Questo studio presenta diverse limitazioni. Il campione di pazienti selezionato, sebbene
sufficiente per uno studio osservazionale, non è sufficientemente ampio per offrire risultati
generalizzabili all’intera popolazione in oggetto. Tuttavia, anche se la dimensione del
campionamento finale è stata ridotta rispetto all’ipotesi iniziale, la potenza statistica dell’analisi
è stata mantenuta e la relazione tra numero di eventi e numero di covariate utilizzate nel
modello multivariato risulta adeguata. L’utilizzo dell’indicatore Medication Possession Ratio
(MPR) e Proportion of Days Covered (PDC), attraverso il linkaggio alla Framaceutica regionale,
non garantisce la reale assunzione del farmaco da parte del paziente.
Si è tenuto conto dei bias relativi all’effetto risposta (response effect), alla desiderabilità sociale,
alla tendenza sistematica di risposta (response bias), all’acquiescenza e alla tendenza a dare
risposte estreme. Per minimizzare i bias si è scelto di focalizzare alcune domande in un ambito
temporale, utilizzare scale di risposta diverse, esplicitare in maniera neutra le domande che
richiedevano risposte ad alta e bassa desiderabilità sociale, e infine creare un setting psicologico
empatico e sicuro, all’interno del quale la persona non si sentisse giudicata. È stata data anche
particolare attenzione al benessere del partecipante, lasciando il tempo necessario,
all’intervistato per esprimere consapevolmente la propria risposta e, se lo desiderava,
commentarla prima di passare alla domanda seguente. Quest’ultima possibilità offerta ai
partecipanti è stata molto apprezzata e ha permesso di raccogliere il senso di alcune risposte
che avrebbero perso, nella risposta chiusa del questionario, la profondità di significato.
La lunghezza del questionario rappresenta un’altra importante limitazione ed è stata, in fase di
progettazione, un elemento di preoccupazione. Se, da un lato, la ricerca correla la lunghezza del
questionario con una diminuzione delle percentuali di risposta (Iglesias et al., 2000), dall’altro è
stato tuttavia evidenziato come sia preferibile focalizzare la propria attenzione sul contenuto
piuttosto che sulla sola lunghezza dello strumento usato (Rolstad et al., 2011).
Infatti, in maniera in parte sorprendente, al pre-test tutti i pazienti hanno accolto con
entusiasmo il format che prevedeva domande per loro interessanti e vicine alla loro esperienza
quotidiana. Un valore aggiunto, per molti malati più anziani, è stato dato dalla possibilità di
commentare le proprie risposte, se ne sentivano il bisogno. La percezione che la loro opinione
fosse importante per noi sanitari li ha motivati a rispondere non passivamente ma ragionando
sul tema ed elaborando, in alcuni punti, significati autonomi e originali alle loro risposte, in un
174
esercizio di autoconsapevolezza e, in taluni casi, di insight. Tutti i partecipanti hanno accolto con
piacere e interesse la richiesta del loro parere “esperto” e non hanno dimostrato segni di
stanchezza. Tuttavia, data l’età avanzata di molti di loro, è possibile che per alcuni la fatica
(fatigue) abbia potuto creare qualche distorsione nelle risposte finali relative ai questionari su
ansia e depressione (GAD-7 e PHQ-9), strutturati con domande classiche probabilmente già
sentite in passato.
La selezione dei pazienti per il questionario BABA-Q è stata effettuata in modo casuale; tuttavia,
è possibile che coloro che hanno accettato di partecipare fossero in parte autoselezionati
all’interno di una classe omogenea costituita da persone più anziane e senza impegni familiari,
oppure provviste di accompagnatore, o con maggiori o inferiori problematiche psicologiche.
175
Conclusioni
I risultati ottenuti, seppure non generalizzabili per la dimensione limitata del campione,
confermano la multidimensionalità dell’aderenza e l’interdipendenza tra variabili anche molto
diverse tra loro. L’approccio mixed-methods, quanti-qualitativo, ha introdotto il modello bio-
psico-sociale e la mindfulness nell’indagine clinica e si è dimostrato efficace nell’analisi di un
fenomeno complesso quale quello dell’aderenza alla terapia farmacologica in una popolazione
di cardiopatici comorbili. Ciò ha permesso di far emergere aspetti nuovi attinenti l’aderenza
attraverso le opinioni, gli atteggiamenti, i comportamenti e le reciproche interazioni dei vari
attori (pazienti, cardiologi, infermieri, caregiver) che contribuiscono alla cura della persona.
Le interviste hanno in particolare evidenziato come il paziente cronico, soprattutto se anziano,
viva in una condizione di estrema fragilità fisica e psicologica, con spazi e tempi condizionati
pesantemente da un progressivo declino biologico e dalla malattia. Non è stato facile guidare la
conversazione sullo specifico tema dell’aderenza alla terapia farmacologica. Per la maggior
parte, gli intervistati erano “affamati” di comunicazione; volevano raccontarsi e spiegarsi,
raccontando, la loro vita vissuta attraverso la malattia. Il senso generale è stato quello di una
profonda solitudine, se non sociale, certo esistenziale e di una ricerca di senso. Il tentativo di
attribuire un senso alla propria esistenza, spoglia a volte di significato la cura e il farmaco, perché
quest’ultimo, nella cronicità, non riesce a curare eliminando la malattia. Il malato, quindi, se non
adeguatamente supportato, fatica a trovare una motivazione intrinseca (Deci & Ryan, 2002)
sufficientemente forte per “vivere” e non solamente per “lasciarsi vivere”. Il senso di
autoefficacia personale svolge un ruolo importante nell’aderenza degli intervistati ed è stato
definito in letteratura “la capacità di fare la differenza” (Durrant & Holden, 2006). L’agentività
umana rappresenta il prerequisito, l’elemento fondante dell’autoefficacia e della leadership,
soprattutto in ambito sanitario, dove il ruolo del medico supera oggi quello di portatore di cura
per accogliere anche la definizione di portatore di conoscenza, e quindi di motivazione e
speranza. I malati intervistati, cardiopatici cronici, hanno espresso il bisogno di una guida sicura
e autorevole che li aiuti a navigare tra le incertezze che essi provano nei riguardi della propria
malattia, della reale utilità e sicurezza del farmaco. C’è in tutti il bisogno di sentire l’intenzione
dell’operatore e la sua l’autenticità.
La ricerca ha evidenziato che, se da un parte è possibile, seppure con difficoltà, dare un
“numero” all’aderenza e valutarla oggettivamente, dall’altra è difficile attribuirle un “valore”
176
soggettivo, poiché i comportamenti dell’aderenza sono dipendenti dai significati personali che
ogni singolo individuo le attribuisce. In particolare, l’importanza oggettiva che questo tema
ricopre in un’ottica di sostenibilità individuale e sociale, non appare altrettanto evidente negli
atteggiamenti e nelle opinioni dei singoli, malati o operatori. È stato infatti difficile per i pazienti
intervistati concentrarsi sul tema specifico dell’aderenza, poiché il farmaco e l’aderenza ad esso
rappresentano per il malato solo un frammento della propria vita e, per il medico, solo un
momento della propria attività clinica spesso vissuto in assenza di informazioni importanti sulla
“persona” che dovrà assumere il farmaco prescritto e sull’ambiente sociale che, sovente, ha la
reale responsabilità dell’aderenza del malato. Lo sforzo maggiore, per i pazienti, è sembrato
piuttosto essere la ricerca di significato, di comprensione e l’accettazione della propria
trasformazione fisica e del confinamento in una dimensione spazio-temporale indefinita e
sovente segnata dai una profonda inquietudine e solitudine esistenziale. La significatività
emersa tra la lentezza autopercepita della propria camminata e l’aderenza al farmaco conferma,
attraverso il dato scientifico, il peso della fragilità e la fatica del vivere la cronicità che rallenta e
rinchiude il malato in uno spazio sempre più angusto di vita e di prospettive: “Adesso cammino
col bastone... Giro attorno alla casa, non posso andare in città.. Se vado in città deve
accompagnarmi mia moglie.. Ma cammino piano, poi devo anche fermarmi per 10 minuti, un
quarto d’ora… [distoglie lo sguardo e fissa una fotografia sulla parete]”. Nessuno studio, a oggi,
ha esaminato la correlazione tra l’autovalutazione della velocità di camminata del paziente e il
rischio di non aderenza. Se confermata da studi futuri, questa variabile potrebbe essere inserita
tra i predittori di rischio di non aderenza. Autoefficacia e agentività individuale, vicaria e
collettiva emergono con forza sia dalle risposte ai questionari che dalle interviste qualitative.
L’autonomia nell’organizzazione dei farmaci e il non utilizzo di reminder familiari presentano
una correlazione positiva con l’aderenza. Questo risultato può da un lato sottolineare
l’importanza della salute cognitiva del malato (funzioni esecutive e memoria prospettica), ma
conferma anche l’importanza dell’educazione al self-management nella cronicità, non tanto
come intervento “tecnico”, quanto come sviluppo di problem-solving (Bodenheimer et al., 2002;
Cummings, 2017) e life skills, a complemento degli interventi educazionali comunemente usati.
Il raffronto tra le opinioni degli operatori e quelle dei malati ha evidenziato in alcuni punti livelli
diversi di agentività e consapevolezza, in particolare in ambito di comunicazione. Se una parte
delle risposte al questionario operatori indicano scarsa “curiosità” nei confronti della “persona”
ammalata, le risposte dei pazienti confermano invece come la comunicazione sia un evento
177
delicato e complesso che, per essere efficace, deve essere guidato dalla capacità di riflessività
e presenza del sanitario.
Da questa ricerca è emerso che, per la persona ammalata, ciò che conta davvero non è il
farmaco in sé, e neppure la malattia, ma la relazione che aiuta ad accogliere e superare la
perdita di autonomia e di agentività imposta dalla malattia e dal tempo che passa. Il farmaco,
con le sue forme, colori, tempi e modalità di assunzione, tende ad assumere un ruolo di
ritualizzazione della cura per tutti gli attori coinvolti, dall’operatore che prescrive, al caregiver
che somministra, al paziente che assume; quando i farmaci sono molti e le patologie diverse tra
loro, la mancanza di consapevolezza e/o significato o fiducia nei confronti della relazione con
noi stessi, con l’altro, o con la terapia può rappresentare un rischio per l’aderenza. La crescente
presenza di comorbilità e di attori e ruoli diversi (ad es. MMG e specialisti) può rendere caotico
il mondo del malato e di coloro che lo accompagnano nel suo percorso, minandone il senso di
autoefficacia e rendendo difficile la relazione con la malattia e con la cura. Tutti i comportamenti
definiti etici dalla nostra società richiedono, secondo Groenhout (Groenhout, 2003) , un certo
livello di sacrificio dei propri interessi personali, sia a livello familiare che sociale. Le malattie
cardiovascolari, soprattutto in fase avanzata, richiedono un impegno continuo, da parte del
paziente e della sua rete di supporto formale/informale, nella gestione della salute, inclusiva
dei comportamenti quotidiani di aderenza alla terapia farmacologica (Adelman et al., 2014). Il
burden del caregiver descrive il peso sostenuto dai familiari e dagli operatori formali e informali
che assistono e accompagnano la persona attraverso il percorso complesso della malattia (Rigby
et al., 2009) e può essere ulteriormente appesantito quando lo stile relazionale manca di
flessibilità, consapevolezza e agentività.
Le interviste qualitative hanno portato alla luce il peso, non solo della malattia, ma in alcuni casi
della relazione, che influisce, in negativo o in positivo, sui comportamenti di aderenza. Il legame
caratterizzato da tratti di co-dipendenza può infatti garantire un’estrema aderenza alla terapia,
completamente gestita dal caregiver, portando con sé, tuttavia, il rischio implicito legato alla
potenziale volatilità di questo legame e dei relativi comportamenti di accudimento. La gestione
equilibrata delle proprie risorse di caregiving passa attraverso il pieno utilizzo delle capacità di
self-care del malato e la sana identificazione dei propri confini, limiti e responsabilità
assistenziali. La qualità della relazione con noi stessi e con l’altro rispecchia quindi la “salute”
della relazione di cura. Anche il doppio ruolo di malato-caregiver merita ulteriori
approfondimenti. Se infatti gli effetti fisici e mentali del caregiving familiare sono ben conosciuti
178
(Richard Schulz & Sherwood, 2008) soprattutto in ambito di salute mentale (R. Schulz et al.,
1995) poco ancora si sa del peso che il doppio ruolo di malato e caregiver in ambito
cardiovascolare può avere sull’aderenza e la salute fisica e mentale della persona. La malattia
cronica complessa deve sopportare il carico del tempo e della circolarità, oltre a quello della
fragilità biologica dell’individuo. L’agentività umana rappresenta il prerequisito, l’elemento
fondante della leadership, soprattutto in ambito sanitario e i risultati delle interviste qualitative
hanno confermato il bisogno di guida sicura ed empatica da parte del sanitario. L’importanza del
ruolo e dell’effetto degli stili di leadership all’interno dei gruppi è da lungo tempo riconosciuta
e ha iniziato ad essere oggetto di studio e di confronto anche in ambito medico, sebbene il tema
sia spesso attribuito agli ambiti organizzativi del sistema sanitario (Gabel, 2012). Tra gli assunti
fondamentali del costrutto di leadership, la letteratura ha evidenziato alcune categorie
principali emerse anche nelle interviste dei pazienti: orientamento al compito, alla relazione, al
cambiamento, alle relazioni esterne (Mahsud et al., 2010; Yukl, 2013). La presenza di questi
elementi porta alla creazione di un fine collettivo (Burns, 1978) che passa necessariamente
attraverso la relazione tra il leader e coloro che lo seguono (De Vera et al., 2014). Affinché questa
relazione porti allo scopo prefissato, è necessario, tuttavia, che il leader identifichi con chiarezza
e risponda con efficacia ai bisogni, guidando chi lo accompagna nel raggiungimento degli
obiettivi individuali e condivisi (Fischer & Ashkanasy, 2000). Le interviste hanno confermato
come questi elementi siano importanti per creare e sostenere un’efficace relazione medico-
paziente.
Le nuove realtà multimediali e tecnologiche e il facile accesso alle informazioni web-based
devono essere gestite consapevolmente da chi fa salute e il ruolo del sanitario deve superare,
oggi, quello di “portatore di cura” per accogliere anche la responsabilità di “portatore di
conoscenza”, e quindi di motivazione e speranza. Questo studio ha evidenziato il ruolo
importante dell’aderenza “collettiva”, intesa come interdipendenza e interazione continua tra il
paziente e la rete di stakeholders, formali e informali, della quale fa parte. Le caratteristiche
degli operatori sanitari e dei rispettivi ruoli sono un futuro ambito di ricerca da approfondire,
considerata l’importanza delle patologie croniche e il peso delle comorbilità. La delicatezza e
l’importanza del tema della cronicità e comorbilità associate all’allungamento della speranza di
vita, richiedono una formazione specifica per medici e infermieri a livello universitario e post-
universitari. Modificando i comportamenti di tutti gli attori coinvolti e creando le condizioni per
una circolarità di promozione della salute e di consapevolezza individuale e collettiva, sarà
179
possibile migliorare le condizioni di sostenibilità economica, psicologica e sociale del sistema-
salute.
I risultati ottenuti evidenziano l’importanza di una maggiore integrazione tra stakeholders per
promuovere agentività e comunicazione all’interno di percorsi multidisciplinari ospedale-
territorio. Di fronte alle attuali sfide sociali ed economiche, il modello bio-psico-sociale può e
deve uscire dai protocolli scritti e prendere finalmente vita non solo formale ma anche
sostanziale, attraverso l’accoglienza, nel costrutto dell’aderenza, del concetto di co-
responsabilità e interdipendenza; solo così la soggettività può coesistere e armonizzarsi con le
basi bio- fisiologiche della cura.
Ulteriore ricerca è necessaria per approfondire la qualità della relazione e del ruolo “malato-
caregiver” e della sua influenza sulla qualità dell ’aderenza e del benessere individuale; agire non
solo sull’aderenza del singolo ma sulla rete di aderenza vicaria del gruppo potrebbe contribuire
allo sviluppo di nuove modalità di rinforzo del comportamento desiderato anche attraverso
l’utilizzo di tecnologia web-based; le opportunità offerte dalla tecnologia potrebbero anche
essere utilizzate per aiutare i malati ad allenare la memoria e sviluppare strategie mnestiche di
supporto, in particolare, alla memoria prospettica. La formazione dei sanitari dovrà sempre più
tener conto della sinergia tra ruoli e della responsabilità condivisa in ambito di salute e di valori.
La somministrazione di questo complesso e articolato questionario ha permesso di selezionare
una serie ridotta di variabili significative che saranno testate, nel 2018, dagli ambulatori
infermieristici del Centro Cardiovascolare ASUI di Trieste su una popolazione di ≥ 300 pazienti
con caratteristiche simili a quelle dei partecipanti all’attuale lavoro di ricerca, per portare alla
validazione dei risultati ottenuti e alla finalizzazione di un questionario predittivo di aderenza
alla terapia farmacologica.
La ricerca in ambito quali-quantitativo si è dimostrata in grado di indagare sinergisticamente su
temi sensibili e rilevanti quali la responsabilità individuale e collettiva nei confronti della salute
e potrebbe svolgere un ruolo importante di monitoraggio dell’aderenza all’interno dei nuovi
scenari sociali, culturali ed economici che accompagneranno la cronicità nei decenni futuri.
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210
APPENDICE
All. 1. Costruzione di una guida di riferimento per operatori sanitari
211
212
213
214
215
216
All. 2. RISULTATI QUESTIONARIO PAZIENTI BABA-Q
Di seguito riportiamo un estratto riassuntivo delle risposte più significative dei pazienti del CCV
ASUI di Trieste relative al questionario socio-demografico (All. 4) e BABA-Q (All. 5).
I numeri riportati (S1…S28) si riferiscono alle relative domande dell’allegato 4.
I numeri riportati (Q1…Q43) si riferiscono alle relative domande dell’allegato 5.
217
DESCRITTIVE SOCIO-DEMOGRAFICHE
Variabile Femmine
(N=83) n (%)
Maschi (N=127)
n (%)
Totali (N=210)
n (%)
Età media (σ) 75,3 ± 7,5 75,2 ± 7,5 75,2 ± 7,5
Istruzione Elementare 20 (24,1) 23 (18,1) 43 (20,5)
Media Inferiore 37 (44,6) 69 (54,3) 106 (50,5) Media Sup. 22 (26,5) 25 (19,7) 47 (22,4)
Università 4 (4,8) 10 (7,9) 14 (6,7)
Stato Civile Celibe-Nubile 1 (1,2) 2 (1,6) 3 (1,4)
Coniugato 58 (69,9) 80 (63,0) 138 (65,7) Divorziato 3 (3,6) 8 (6,3) 11 (5,2)
Separato 2(2,4) 5 (3,9) 7 (3,3)
Vedovo 19 (22,9) 32 (25,2) 51 (24,3)
S3 - Con chi vive?
Variabile Femmine (N=83) n (%)
Maschi (N=127)
n (%)
Totali (N=210)
n (%)
Con chi vive
Coniuge/partner/amico 59 (71,1) 84 (66,1) 143 (68,1) Figli 3 (3,6) 5 (3,9) 8 (3,8) Solo 21 (25,3) 38 (29.9) 59 (28,1)
218
S4 - Se vive con il coniuge, il coniuge ha qualche problema di salute?
N %
NON NOTO/VALUTABILE 64 30,5
NO 55 26,2
SI 91 43,3
Totale 210 100,0
S8 - Se ha figli o nipoti, quanto spesso li vede o li sente?
S10 - Se ha amici, quanto spesso li vede o li sente?
58
,7
10
,3 15
,5
6,6 8
,9
> 1 / S E T T IM A N A
> 1 / M E S E R A R A M E N T E M A I N A
V I S I TE FI G L I/ NIPOTI
33
,3%
12
,7%
1,6
%
44
,4%
7,9
%
39
,3%
14
,0%
1,3
%
32
,0%
13
,3%
> 1 / S E T T IM A N A
> 1 / M E S E M A I N A R A R A M E N T E
CO NTATTI CO N AM I CI
F M
219
AMBIENTE E ABITUDINI DI VITA
S12 - Ha un reddito individuale superiore ai 1000 euro al mese?
S11 , S13 - Vive in una casa di proprietà?
55
,6%
44
,4%
21
,3%
78
,7%
N O S I
R ED D I TO >1 0 0 0€
F M
11
,7%
29
,1%
12
,7%
46
,5%
N O S I
C A S A P R O P R I ET À
CON ASCENSORE
SENZA ASCENSORE
220
S21 - Quali sono i suoi passatempi preferiti?
S22 - Quali delle seguenti tecnologie usa nella vita quotidiana?
0,0% 5,0% 10,0% 15,0% 20,0%
ALTRO
GIARDINAGGIO
GIOCO A CARTE
LAVORO MANUALE
LETTURA
NON HO INTERESSI PARTICOLARI
PASSEGGIATE
SETTIMANA ENIGMISTICA
TV
Passatempi
M F
6,3
%
22
,2%
71
,4%
6,0
%
44
,0%
50
,0%
S M A R T P H O N E C O M P U T ER N E S S U N A
TECNO L OG IA
F M
221
S28 - Quale è il suo livello di attività fisica?
Q32 – Su una scala 1-10: quanto valuta il suo stato di salute fisica?
66
,7%
27
,0%
6,4
%
0,0
%
48
,7%
46
,0%
4,7
%
0,0
%
A S S E N T E L E G G E RA M O D E R A T A P E S A N T E
ATTI V I TA' F I S I CA
F M
1,8
%
0,5
%
3,7
%
2,8
%
20
,6%
13
,1%
26
,3%
23
,5%
3,8
%
2,8
%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0
AUTO VALUTAZ S ALUTE FI S I CA
222
S23 - Come considera la sua velocità di camminata media?
S24 – Ogni quanto si pesa?
S25 – Ogni quanto si misura la pressione?
34
,9% 4
2,9
%
14
,3%
4,8
%
1,6
%
1,6
%
33
,3%
37
,3%
17
,3%
10
,7%
0,7
%
0,0
%
M O L T O L E N T A
L E N T A M E D I A V E L O C E M O L T O V E L O C E
N O N S O
CAM M I NATA
F M4
,8%
14
,3%
7,9
%
27
,0% 33
,3%
12
,7%
1,3
%
14
,0%
12
,7%
23
,3% 3
2,7
%
15
,3%
M I S UR A PES O
F M
4,8
% 12
,7%
6,3
%
34
,9%
28
,6%
12
,7%
1,3
%
12
,7%
14
,0%
28
,0% 34
,7%
8,0
%
M I S UR A PR ES S I ONE
F M
223
SALUTE MENTALE
Q33 – Su una scala 1-10 quanto valuta il suo stato di benessere emotivo (serenità, ottimismo,
piacere nel fare le cose)?
Q34a – Nel corso della vita ha mai sofferto di ansia?
3,8
2,8
9,9
3,8
22
,6
14
,2
14
,2
14
,2
8,0
6,6
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0
A UTO VA L. S A LUTE EM OTI VA
27
,0% 3
3,3
% 39
,7%4
5,0
%
34
,9%
20
,1%
M A I O C C A S IO N A LM E N T E S P E S S O
ES PER I ENZA A NS I A
F M
224
Q34b – Nel corso della vita ha mai sofferto di ansia?
Q35 – Le sono state mai prescritte delle medicine per l’ansia o la depressione?
31
,7%
42
,9%
25
,4%
63
,1%
26
,2%
10
,7%
M A I O C C A S IO N A LM E N T E S P E S S O
ES PER I ENZA D EPR ES SIO NE
F M1
6,0
%
4,7
%
9,0
%
29
,2%
S I P E R A N S I A S I P E R D E P R E S S I ON E
E N T R A M B E P E R D O R M I RE
AS S UNZ I ONE FAR M ACI
225
RELAZIONE CON LA MALATTIA E HEALTH LITERACY
Q1 – Quale ritiene sia la principale malattia di cui soffre?
Q2 – Quale ritiene sia la principale causa della sua malattia cardiaca?
32,9
16,4
5,2
16,0
9,4
16,9
3,3
0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0
ALTRO
ARTROSI
BRONCOPATIA
CARDIOPATIA
DIABETE
NON MI SENTO MALATO
TUMORE
Malattia Principale
16,9
1,4
9,9
12,7
4,2
24,4
30,5
0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0
ALTRO
DIABETE
FAMILIARITA'
FUMO
MALATTIA CONGENITA
NON SO
STRESS
Causa Malattia
226
Q3 – A suo parere, quale di queste malattie o eventi causa il maggior numero di morti
attualmente in Italia?
Q4 - Su una scala da 0 a 10, quanto ritiene che i farmaci siano realmente utili
per la sua salute?
0,5
33,3
2,3
24,9
27,7
10,8
0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0
ALZEHEIMER
CANCRO
INCIDENTI AEREI
INCIDENTI STRADALI
MALATTIE CV
TERREMOTI
Valutazione Rischio
0,5% 0,0% 0,5% 0,0% 4,2%6,6%
23,0%
34,3%
21,6%
8,9%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Utilità Farmaci
227
Q5 - Su una scala da 0 a 10, quanto ritiene che l’attivita’ fisica sia realmente utile
per la sua salute?
Q6 - Su una scala da 0 a 10, quanto ritiene che una corretta alimentazione sia
realmente utile per la sua salute?
0% 0% 0,5% 0,9% 3,8% 2,8%
16,4%
23,0%
38,5%
13,6%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Utilità Att. Fisica
0,0% 0,0% 0,9% 0,9% 3,3%7,0%
23,9%
33,3%
24,4%
5,6%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Utilità Alimentazione
228
Q10 – A suo parere, la statina è:
Q11 – A suo parere, la Cardioaspirina è:
Q13 e Q 12 - Dica per ognuna delle seguenti affermazioni, quanto ritiene siano vere o false.
Prima di andare dal dentista, è possibile sospendere la cardioaspirina senza chiedere il parere del
medico? Se si prende il farmaco antipertensivo (per abbassare la pressione) si può mangiare
salato?
Sospensione antiipertensivo
Sospensione CardioASA
(N=210); n (%) (N=210); n (%)
PROBAB FALSO 81 (38,6) 56 (26,7)
PROBABIL VERO 9 (4,3) 8 (3,8)
SICURAMENTE FALSO 51 (24,3) 40 (19,0)
SICURAMENTE VERO 2 (1,0) 2 (1,0)
SONO INCERTO 67 (31,9) 104 (49,5)
Totale 210 (100,0) 210 (100,0)
2,8
%
42
,3%
13
,6%
40
,8%
F A R M A CO D I U R E TI COF A R M A CO P E R C O L E S TE R OL OF A R M A CO P E R P R E S S I ON E N O N S O
S TATI NA E ' . . .
0,5
%
71
,4%
2,3
%
25
,4%
F A R M A CO P E R C O L E S T ER O LO
F A R M A CO P E R I N F A R TO O
I C T U S
F A R M A C O P E R L A P R E S S IO N E
N O N S O
CAR D I OASPIR INA È . . .
229
AUTOVALUTAZIONI
Q8 - Su una scala da 0 a 10, quanto si ritiene aderente alla terapia non
farmacologica (stili di vita sani, curare l'alimentazione, fare attività fisica)?
Q37 – Ch voto darrebbe alla sua memoria negli ultimi due mesi?
1,40,0 2,8 1,4
19,2
23,922,5
20,7
6,6
0,9
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Autoval. Aderenza Stili Vita
0,0
%
0,5
%
1,4
%
1,9
%
7,1
%
7,1
%
25
,1%
35
,5%
20
,4%
0,9
%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0
A U TO V ALU TAZ. M E M O R I A
230
Q7 - Su una scala da 0 a 10, quanto si ritiene aderente alla terapia farmacologica
(prendere ogni giorno tutti i farmaci prescritti dal medico, all'ora giusta senza saltare dosi)?
Q31 - Quale fra le seguenti persone ritiene possa avere maggiore successo nel
motivare il paziente a prendere tutti i farmaci descritti e a seguire stili di vita
adeguati?
0,0
%
0,0
%
0,0
%
0,0
%
1,4
%
1,4
%
22
,6%
29
,7%
36
,3%
8,5
%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0
A U T O V AL. A D E R E NZ A F A R M A CI
AMICO1,4%
FAMILIARE19,7%
INFERMIERE0,9%
LO SPECIALISTA (CARDIOLOGO)
31,0%
MEDICO CURANTE
41,7%
NON SO5,2%
MIGLIOR MOTIVAZIONE
231
ASSUNZIONE DELLA TERAPIA (Ora le verranno poste alcune domande riguardanti le sue abitudini riguardo alla terapia farmacologica.)
Q14 - Chi prepara i farmaci che assume giornalmente? 42 Variabile Femmine
(N=65) n (%)
Maschi (N=150)
n (%)
Totali (N=213)
n (%)
IO E GLI ALTRI 8 (9,6) 7 (5,5) 15 (7,2) SEMPRE GLI ALTRI (*) 14 (16,9) 25 (19,7) 39 (18,6) SOLO 61 (73,5) 95 (74,8) 156 (74,3)
(*) Di questi, 34 utilizzano anche un reminder.
Q17 – Quando esce quanto spesso dimentica le medicine a casa?
41
,8%
25
,4%
27
,2%
0,5
%
5,2
%
M A I O C C A S I O N A L M EN T E R A R A M EN T E S E M P R E S P E S S O
L A D I M E N TI C O A C A S A
232
Q16 - Quanto spesso le capita di prendere le medicine con piu' di 30 min. di ritardo?
43
,7%
16
,4%
36
,2%
3,3
%
M A I O C C A S I O N A L M EN T E R A R A M EN T E S P E S S O
I N T E R R O MP E C U R A
233
RELAZIONI CON IL SANITARIO (Ora le verranno poste alcune domande riguardanti le sue opinioni sulla comunicazione con gli operatori sanitari durante la visita. Risponda con sincerità segnando con una crocetta la risposta che ritiene meglio esprima la sua opinione.)
Q21 - Il tempo che mi viene dedicato quando faccio una visita è sufficiente
Q22 - Le spiegazioni che mi vengono date su come assumerei farmaci sono chiare (a
cosa servono, quando prenderli, come prenderli)
0,0
% 4,7
%
1,9
%
47
,6%
45
,8%
M O L T O I N D I S A C C OR DO
I N D I S A C C OR DO
I N C E R T O D ' A C C OR D O M O L T O D ' A C C OR D O
TE M P O S U F F I CI E NTE
17
,1%
22
,6%
10
,8%
31
,1%
18
,4%
M O L T O I N D I S A C C OR DO
I N D I S A C C OR DO
I N C E R T O D ' A C C OR D O M O L T O D ' A C C OR D O
S PI EG AZIO NE CH I AR A
234
Q23 - L’utilizzo del computer da parte del medico durante la visita facilita la comunicazione tra
me e il dottore.
Q24 - Sentirsi un po' agitati quando si fa una visita è normale e capita a molti. Quanto spesso le
capita di sentirsi in imbarazzo nel dire al medico che non ha capito bene quello che le è stato
appena spiegato?
16
,0%
16
,5%
11
,8%
28
,8%
26
,9%
M O L T O I N D I S A C C OR DO
I N D I S A C C OR DO
I N C E R T O D ' A C C OR D O M O L T O D ' A C C OR D O
P C E C O M U N I C AZ ION E4
4,8
%
29
,7%
15
,6%
8,0
%
1,9
%
M A I R A R A M EN T E O C C A S I O N A L M EN T E S P E S S O S E M P R E
I M B A R A ZZ O
235
Q25 - Quanto spesso le capita di dimenticarsi di chiedere al medico qualcosa di importante per la
sua salute durante la visita?
Q9 - Quanto si fiderebbe di un medico che non fa attivita' fisica, mangia male o non prende i
farmaci che gli servono per mantenere la propria salute?
14
,6%
16
,5%
25
,0% 2
8,8
%
15
,1%
M A I R A R A M EN T E O C C A S I O N A L M EN T E S P E S S O S E M P R E
D I M E N TI CA D I C H I E D ER E2
6,4
%
17
,0%
14
,2%
24
,5%
17
,9%
P E R N I E N T E P O C O I N C E R T O A B B A S TA N Z A M O L T O
F I D U C IA M E D I C O
236
RELAZIONI CON IL CG (ANALIZZIAMO ORA INSIEME GLI ASPETTI RELAZIONALI CHE FAVORISCONO L'ADERENZA. ESPRIMA, PER OGNUNA DELLE SEGUENTI POSSIBILI AFFERMAZIONI IL SUO GRADO DI ACCORDO/DISACCORDO.)
Q29 - I miei familiari piu' stretti hanno capito bene di cosa sono ammalato e di
cosa ho bisogno per gestire la mia malattia
Q30 - I miei familiari piu' stretti riescono ad aiutarmi a gestire la mia malattia
55
,2%
14
,7%
1,9
%
8,0
%
4,2
%
16
,0%
M O L T O D ' A C C O R D O
D ' A C C O R D O I N C E R T O I N D I S A C C O R D O
M O L T O I N D I S A C C O R D O
N A
C G C A P I S C E B I S O GN I
43
,4%
16
,0%
4,2
%
13
,2%
7,1
%
16
,0%
M O L T O D ' A C C O R D O
D ' A C C O R D O I N C E R T O I N D I S A C C O R D O
M O L T O I N D I S A C C O R D O
N A
C G A I U T A
237
238
All. 3. CITAZIONI, MODULI PRIVACY E CONSENSO INFORMATO
Nota
Tutte le citazioni riferite a pazienti e caregivers riportate
nel testo sono conservate su supporto digitale indicizzato
(individuate con sigle Q0001...Q0170), nel rispetto della
privacy e disponibili su richiesta a fini di ricerca.
239
240
241
242
All. 4. QUESTIONARIO SOCIODEMOGRAFICO
243
244
245
246
247
248
All. 5. QUESTIONARIO ADERENZA TERAPEUTICA E STILI DI VITA BABA-Q
249
250
251
252
253
254
255
256
257
258
259
260
All. 6. MEMORIA PROSPETTICA, GAD-7, PHQ-9
MEMORIA PROSPETTICA
Ad=0 Ad=1 Tot
NO 47 54 101
SI 34 41 75
Totale 82 96 177
Valore
Chi-quadrato di Pearson 1,190
Rapporto di verosimiglianza 1,570
N. di casi validi 177
PHQ-9 Depression Severity Scores
score Ad=0 Ad=1 Tot
0 – 5 DEPRESSIONE LIEVE 56 68 124
6 – 10 DEPRESSIONE MODERATA 13 13 26
11 – 15 DEPRESSIONE MODERATAMENTE SEVERA 9 9 18
16 - 20 DEPRESSIONE SEVERA 3 5 8
GAD-7 SCORING
Ad=0 Ad=1 Tot
0 – 5 ANSIA LIEVE 36 31 67
6 – 10 ANSIA MODERATA 16 26 42
11 – 15 ANSIA MODERATAMENTE SEVERA 21 27 48
16 - 20 ANSIA SEVERA 8 11 19
261
262
263
All. 7. COREQ
264
265