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Abstract Book

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Comitato organizzativo

Alberto Fanfani: [email protected] Massimiliano Centorame: [email protected] Cristina Castracani: [email protected] Andrea Luchetti: [email protected] Andrea Di Giulio: [email protected] Alessio De Biase: [email protected] Maurizio Mei: [email protected] Pierfilippo Cerretti: [email protected]

Segreteria Convegno

Alberto Fanfani – Sapienza Università di Roma Massimiliano Centorame – Sapienza Università di Roma Cristina Castracani – Università di Parma Andrea Luchetti – Università di Bologna Fausto Moschella – Sapienza Università di Roma Valeria Russini – Sapienza Università di Roma

Comitato Scientifico

Paolo Audisio – Sapienza Università di Roma Pierfilippo Cerretti – Sapienza Università di Roma Rita Cervo – Università degli studi di Firenze Alessio De Biase – Sapienza Università di Roma Andrea Di Giulio – Università di Roma Tre Alberto Fanfani – Sapienza Università di Roma

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Invited Speaker

APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO, OLFATTIVO E MEMORIA NELLE FORMICHE

PATRIZIA D’ETTORRE

Laboratoire d'Ethologie Expérimentale et Comparée, Université Paris 13, Sorbonne Paris Cité, 93430 Villetaneuse

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Premio "Giovanni Sbrenna" Grazie al generoso contributo della Fam. Sbrenna, l’A.I.S.A.S.P. ha assegnato, durante il XV Convegno A.I.S.A.S.P. svoltosi a Reggio Emilia nel 2014, 3 premi per permettere a giovani studiosi di svolgere una ricerca nell’ambito degli Insetti sociali e presociali. I premi sono donati dalla famiglia Sbrenna in memoria del Prof. Giovanni Sbrenna, che nel corso della sua carriera scientifica dette un importante contributo nel campo degli insetti sociali e alla vita di questa associazione. Con questi premi L’A.I.S.A.S.P. e la famiglia Sbrenna vogliono riconoscere e commemorare l’impegno nella ricerca scientifica del Prof. Giovanni Sbrenna e far sì che la sua dedizione sia di esempio per i giovani ricercatori. Durante questo XVI Convegno, i vincitori del premio esporranno i risultati delle loro ricerche.

Il Direttivo A.I.S.A.S.P.

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NUOVE EVIDENZE SUL GENERE CATAGLYPHIS FOERSTER, 1850 IN ITALIA M. CENTORAME, G. SENCZUK, A. FANFANI

Dipartimento di Biologia e Biotecnologie 'Charles Darwin', Università degli Studi di Roma 'La Sap i enza ' , Via l e de l l 'Un ive r s i t à 32 , 00185 , Roma , I t a l y ; e -ma i l : [email protected]

Cataglyphis Foerster, 1850 (Formicidae: Formicinae) è un genere paleartico comprendente circa 100 specie, altamente termofile e con attività diurna. Molte pubblicazioni su questo genere hanno rivolto la loro attenzione alla navigazione animale, altre alla tassonomia morfologica e solo recentemente alla sistematica e filogenesi molecolare. Cataglyphis italica (Emery, 1906) è una specie endemica italiana presente in Puglia, Basilicata e Calabria. Nonostante il grande interesse che questa specie potrebbe suscitare a livello biogeografico, filogenetico, etologico e biologico, dopo le prime note di Carlo Emery, C. italica non è stata più presa in considerazione per nessun tipo di studio. In questo lavoro, abbiamo voluto indagare la filogeografia della specie. Il campionamento è stato effettuato nei mesi estivi dal 2014 al 2017 nell’Italia meridionale. Per le analisi molecolari è stato sequenziato un marcatore mitocondriale COI (cytochrome c oxidase 1 region) ed un marcatore nucleare EF1-α (elongation factor 1 alpha). I risultati hanno evidenziato una forte discordanza mito-nucleare a favore di un’elevata variabilità a livello mitocondriale con un’alta diversità sia aplotipica che nucleotidica strutturata geograficamente. La biologia della specie, che prevede una bassa dispersione delle regine in fondazione, e gli eventi geologici che hanno caratterizzato il bacino del Mediterraneo a partire dal Pliocene, possono essere i fattori che hanno determinato una simile strutturazione genetica. Un’ulteriore considerazione va fatta alla luce dell’ecologia di questa specie. Molti studi, infatti, dimostrano come il DNA mitocondriale tende ad un’evoluzione più rapida in condizioni di temperature elevate.

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STUDIO SULLE RELAZIONI TRA FORMICHE E PIANTE IN UN SISTEMA MULTITROFICO NATURALE D. GIANNETTI, C. CASTRACANI, A. MORI, D.A. GRASSO

Dipartimento di Scienze Chimiche della Vita e della Sostenibilità Ambientale, Università di Parma; e-mail: [email protected]

La cooperazione interspecifica rappresenta una forza trainante nell’evoluzione di molti organismi. Per questo motivo le simbiosi stanno ricevendo negli ultimi decenni una crescente attenzione da parte degli studiosi di diverse discipline, non solo per le implicazioni evolutive ma anche per il loro impatto ecologico. Tra queste, di particolare interesse sono le relazioni tra insetti e piante, sia per la loro valenza ecologica sia per il ruolo che queste hanno avuto nel modellare gran parte della diversità e adattamenti di insetti e piante e, di conseguenza, per il loro impatto sulla diversità specifica in generale. Nell’ambito della biologia delle relazioni tra animali e piante, le interazioni cooperative che coinvolgono formiche e piante rappresentano esempi rilevanti: sono geograficamente molto diffuse, sono frequenti in molte comunità e si sono rivelate cruciali nel plasmare le dinamiche di molti ecosistemi terrestri. Nella maggior parte dei casi, il sistema mutualistico è caratterizzato da un rapporto trofobiotico in cui la pianta fornisce cibo (ed eventualmente siti adatti alla nidificazione) alle formiche e queste la proteggono da nemici e competitori. A tutt’oggi, sono state descritte 90 famiglie vegetali che presentano un habitus più o meno specializzato nella mirmecofilia. In Italia, nonostante la ricca mirmecofauna e l’elevata diversità vegetale questi fenomeni sono stati scarsamente studiati. Il presente lavoro è la prima indagine ad ampio spettro condotta in Italia in ambiente naturale volta a raccogliere dati sulle interazioni che coinvolgono differenti specie di formiche e di piante (sia erbacee sia arboree). Come aree di studio abbiamo scelto alcuni siti caratterizzati da uno scarso impatto antropico e localizzati nei boschi decidui dell’alta Toscana. I rilievi e le osservazioni ci hanno permesso di: a) effettuare una caratterizzazione della ricca mirmecofauna presente nelle aree di studio con particolare riguardo alle comunità di specie che sono presenti sulle piante; b) quantificare l’entità di queste interazioni ed evidenziare eventuali preferenze e peculiarità. In questo modo sono stati chiariti alcuni aspetti della eco-etologia di queste relazioni evidenziando legami più o meno stabili tra alcune specie di formiche e determinate specie di piante. Inoltre, i dati raccolti indicano un impatto importante di queste relazioni nelle dinamiche multitrofiche che riguardano insetti e piante negli ambienti studiati.

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EFFETTI DELL’APPLICAZIONE ECTOPICA DI ECDISONE SUL CICLO VITALE DI RETICULITERMES LUCIFUGUS V. PEONA1, M. RICCI1, F. LAMI2, L. MAISTRELLO3

1Department of Evolutionary Biology, University of Uppsala; 2Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Università di Bologna; 3Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia; e-mail: [email protected]

All’interno di una colonia di termiti Reticulitermes lucifugus si alterna la presenza di una coppia di re e regina primari (fondatori della colonia) e riproduttori secondari (che non apportano nuova variabilità genetica alla colonia). L’allevamento di questa specie è piuttosto semplice ma più complesso è ottenere in laboratorio dei riproduttori primari a causa, principalmente, delle loro stesse abitudini riproduttive (come il volo nuziale). Questo lavoro ha lo scopo di sviluppare un protocollo di allevamento per ottenere facilmente re e regine primarie, da utilizzare per esempio in successivi esperimenti che coinvolgano l’incrocio di diverse colonie. Da letteratura, sembra che lo sviluppo larvale verso il destino sterile coinvolga un’alta concentrazione di ormone giovanile (JH), mentre il destino da riproduttore sia legato alla presenza in alta concentrazione di ecdisone (EH). Le diverse concentrazioni sono riscontrabili anche negli individui adulti il cui sviluppo è terminato. Sulla base di questa relazione (EH e destino riproduttivo), si è voluto testare gli effetti dell’applicazione ectopica di EH sullo sviluppo della colonia e controllare se grazie ad esso comparissero dei riproduttori primari che usualmente non compaiono in condizioni normali. La prima parte del lavoro si è focalizzata sulla formulazione di un protocollo di allevamento standard che garantisse la sopravvivenza a lungo termine delle colonie. Dopodiché, si è sottoposto diverse serie di 10 colonie (3 di controllo, 7 trattate) all’ormone per tre mesi. Dai risultati ottenuti sembra che l’ecdisone possa aiutare lo sviluppo di individui riproduttori - la comparsa di regine fisiogastriche è avvenuta solamente in colonie trattate - ma non sono ancora conclusivi e il protocollo di trattamento è in via di raffinamento.

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Sessione "Ecologia ed Etologia"

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DRIFTING TRA NIDI NEL GRUPPO EGOISTA: UNA SPIEGAZIONE PER GLI AGGREGATI DI NIDI NELLA VESPA PARISCHNOGASTER ALTERNATA A. CINI, M. REID, H.R. PORTER, S. SUMNER

Centre for Biodiversity and Environment Research, University College London, Gower Street, London WC1E 6BT; e-mail: [email protected]

Le ragioni evolutive che spingono alla vita di gruppo (in branchi, stormi o aggregati di colonie) sono uno dei temi centrali dell’ecologia evolutiva. L'ipotesi del gruppo egoista prevede che gli aggregati si formino poiché gli individui, all’interno del gruppo, riducono il proprio rischio di predazione e/o di parassitismo. Quest’ipotesi predice inoltre una fitness differenziale in base alla posizione all'interno del gruppo (con le posizioni centrali più vantaggiose di quelle ai margini), nonché l’esistenza di frequenti spostamenti degli individui all'interno dell’aggregato al fine di sfruttare i diversi vantaggi offerti da posizioni differenti. L’esistenza di aggregati di colonie con frequenti movimenti di individui tra colonie (fenomeno conosciuto come “nest drifting”) rappresenta un fenomeno paradossale negli insetti eusociali, dove tale fenomeno è stato descritto principalmente nelle vespe sociali (nei generi Ropalidia, Polistes e nelle vespe Stenogastrine). Alcune specie di vespe Stenogastrinae mostrano eclatanti esempi di aggregati coloniali caratterizzati da estesi movimenti inter-coloniali, con aggregati che possono contare oltre mille nidi in pochi metri quadrati. Usando come modello gli aggregati della vespa Parischnogaster alternata nella Malesia peninsulare abbiamo saggiato specifiche previsioni dell’ipotesi del gruppo egoista, al fine di capire se tale ipotesi possa spiegare gli enormi aggregati e il rilevante comportamento di drifting tra colonie che è caratteristico di questa specie. In particolare, se nidificare al centro dell’aggregato è correlato ad una maggior fitness, ci aspettiamo che i nidi centrali possano avere una maggiore produttività (misurata come dimensione dei nidi e/o quantità di covata) rispetto ai nidi periferici, e che gli individui modifichino i loro pattern di drifting nel caso in cui la posizione del centro dell’aggregato cambi. I nostri risultati suggeriscono che nella nidificazione in aggregati la posizione centrale sia migliore di quella esterna e che il drifting tra nidi all'interno dell'aggregato sia una strategia che consente alle vespe di massimizzare i vantaggi di vivere in grandi aggregati. Studi futuri esamineranno i vantaggi in termini di fitness diretta ed indiretta associati al comportamento di drifting.

English version. What draws animals together in flocks, herds and aggregations is a central question of evolutionary ecology. The Selfish Herd (SH) hypothesis predicts that aggregations form because individuals benefit by minimizing their own predation and/or parasitization risk. SH assumes a differential fitness according to position within the aggregation, as well as extensive movements of individuals within the aggregation in order to exploit the different payoffs offered by different nests within aggregations. Nest aggregations with extensive inter-nest movements (hereafter drifting) are paradoxical phenomena in eusocial insects, where they have been mainly described in social wasps (such as Ropalidia, Polistes and

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�Stenogastrine wasps). Some Stenogastrinae in particular show remarkable examples of nest aggregations and drifting, with clusters of more than thousand nests in a few square meters. We studied several aggregations of the hover wasp Parischnogaster alternata in peninsular Malaysia and tested specific predictions of the SH, in order to understand whether SH hypothesis might explain the huge aggregations and extensive nest drifting in this primitively eusocial insect. Specifically, if nesting in the centre offers higher fitness rewards, we expect central nests to have higher productivity (measured as nest size and/or brood content) than peripheral nests, and that wasps will change their drifting patterns, to drift to nests in the centre, after experimental manipulation of where the centre lies. We performed manipulation experiments to test these hypotheses. Our results suggest that nesting in aggregations is likely to be adaptive, and nesting in the centre is better than nesting on the edge. We moreover show that drifting among nests within the aggregation is likely to be a strategy that allows wasps to exploit the benefits of living in an aggregation. Future studies will investigate the indirect and direct payoffs associated with nest drifting.

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ELOGIO DELLA FUGA: QUANDO ROTOLARE È IL MODO MIGLIORE DI DIFENDERSI D.A. GRASSO, D. GIANNETTI, C. CASTRACANI, A. MORI

Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, Università di Parma; e-mail: [email protected]

L’evoluzione di efficienti sistemi di difesa è una delle caratteristiche alla base del successo degli artropodi. Tra questi, sia le specie solitarie sia quelle sociali sono dotate di numerose armi chimiche, meccaniche e comportamentali che garantiscono una protezione efficace in situazioni di pericolo. Le formiche offrono un vasto campionario di sofisticate tecniche difensive. Oltre a forme di protezione sociale (allarme e difesa cooperativa), questi insetti possono adottare strategie simili a quelle di animali solitari. Ad esempio, alcune specie possono reagire ad un attacco con l’aggressione individuale o adottando un comportamento di immobilità. In altri casi, la fuga è il sistema di difesa ecologicamente più appropriato. Nel presente lavoro, riportiamo la prima dettagliata descrizione di una peculiare strategie di difesa adottata dalla formica Myrmecina graminicola, una specie terricola criptica e molto elusiva. Tramite indagini in natura e in laboratorio abbiamo verificato che le operaie di questa specie, sottoposte a fonti di disturbo (aggressione da parte di altre formiche, stimoli meccanici, forti vibrazioni), rispondono in genere con l’immobilità (freezing) o semplicemente allontanandosi (avoidance). Tuttavia, in situazioni peculiari (ad es. specifiche inclinazioni del substrato), queste formiche sottoposte agli stessi stimoli si comportano in modo molto diverso: curvano il proprio corpo facendo aderire le appendici al corpo e rotolano via (rolling). Una volta terminato il movimento, esse riprendono rapidamente la loro normale postura e si allontano camminando velocemente. Questo comportamento, scoperto e qui descritto per la prima volta nelle formiche, è risultato molto efficace a scopo difensivo e rappresenta un’interessante strategia condizionale caratterizzata da specifici adattamenti morfo-funzionali e comportamentali.

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FEROMONI E PLASTICITA’ COMPORTAMENTALE IN APIS MELLIFERA: MODULAZIONE FEROMONALE DELLA RISPOSTA AL SACCAROSIO E DELL’APPRENDIMENTO NON ASSOCIATIVO IN A. MELLIFERA D. BARACCHI1,2*, J.M. DEVAUD1, P. D'ETTORRE1,2†, M. GIURFA1†

1 Research Centre on Animal Cognition, Center for Integrative Biology, CNRS, University of Toulouse, Toulouse, France; 2 Laboratory of Experimental and Comparative Ethology, University of Paris 13, Sorbonne Paris Cité, France; e-mail: [email protected] †Questi autori hanno ugualmente contribuito al presente lavoro;

I feromoni sono messaggeri chimici che innescano comportamenti stereotipati e/o processi fisiologici in individui riceventi appartenenti alla stessa specie. Recenti ricerche suggeriscono che alcuni feromoni possano modulare comportamenti non direttamente correlati al messaggio feromonale stesso, contribuendo, in tal modo, alla plasticità comportamentale dell’individuo ricevente. In particolare, é stato dimostrato che alcuni feromoni sono in grado di influenzare la capacità di un animale di apprendere e memorizzare informazioni specifiche. Nel nostro lavoro abbiamo studiato l'impatto di alcuni feromoni su due comportamenti in Apis mellifera, un insetto che costituisce uno dei culmini dell'organizzazione sociale nel regno animale: la valutazione soggettiva della ricompensa di saccarosio e l'abituazione alla stimolazione antennale col saccarosio, ovvero una delle forme più elementari di apprendimento non-associativo. Nello specifico, abbiamo ipotizzato che feromoni appetitivi e avversivi esercitino un effetto opposto (rispettivamente incrementale e decrementale) sulla risposta agli stimoli appetitivi. Al fine di testare questa ipotesi abbiamo esposto api operaie a tre componenti feromonali che differiscono in valenza e contesto sociale nel quale vengono utilizzati: geraniolo, che in natura è utilizzato in un contesto appetitivo, isopentil acetato (IPA) e 2-eptanone (2H), che segnalano situazioni avverse. La risposta al saccarosio è stata successivamente misurata tramite la risposta di estensione della proboscide (PER) a concentrazioni crescenti di soluzione zuccherina, mentre l’abituazione é stata misurata attraverso la stimolazione ripetuta di entrambe le antenne con un’identica soluzione zuccherina. Abbiamo trovato che i feromoni associati ad un contesto avverso hanno indotto una significativa diminuzione della risposta al saccarosio, in quanto il 40% e il 60% delle api esposte a IPA e 2H, rispettivamente, non hanno risposto ad alcuna concentrazione di saccarosio. Nelle api che, al contrario, hanno risposto, il geraniolo ha aumentato la sensibilità al saccarosio, mentre il 2H, ma non l'IPA, ha avuto l'effetto opposto. Geraniolo e IPA non hanno avuto alcun effetto sull'abituazione mentre il 2H ha indotto una maggiore abituazione rispetto ai controlli. Nel complesso i nostri risultati dimostrano che i feromoni sono in grado di modulare la risposta alla ricompensa zuccherina e, in maniera minore, l’abituazione. Attraverso il loro effetto sulla risposta al saccarosio i feromoni potrebbero quindi influenzare anche l'apprendimento associativo basato su questo rinforzo. In conclusione, oltre a trasmettere messaggi stereotipati, i feromoni possono contribuire alla plasticità individuale e coloniale modulando lo stato motivazionale e le capacità di apprendimento. In futuro l’identificazione dei meccanismi neuronali alla base della plasticità indotta dai feromoni chiarirà come questi modulino il comportamento animale e orchestrino le risposte collettive.

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IMMUNE PRIMING IN CREMATOGASTER SCUTELLARIS A. BORDONI, I. TATINI, L. DAPPORTO, B. PERITO, S. TURILLAZZI

Dipar t imen to d i B io log ia , Un iver s i tà deg l i S tud i d i F i renze ; e -ma i l : [email protected]

Analogamente ai vertebrati, gli invertebrati posseggono meccanismi di memoria alla base dell’immunità acquisita. È stato osservato che l’immunità acquisita (immune priming) può essere trasmessa tra individui anche attraverso generazioni (trans-generational immune-priming). I meccanismi non sono ancora del tutto noti data la complessità del fenomeno e l’estrema variabilità delle relazioni tra ospiti e parassiti. Non meraviglia dunque che in diversi sistemi parassita-ospite siano state trovate risposte diverse, talvolta anche dipendenti dal contesto fisiologico dell’ospite. L’immunità acquisita e la sua trasmissione sono state rinvenute in diversi ordini di insetti, suggerendo che questo fenomeno sia filogeneticamente antico e ben conservato. La complessa biologia degli insetti sociali introduce un fattore ulteriore di variabilità complicando la fenomenologia della risposta immunitaria. La letteratura riguardante le formiche sembra rappresentare perfettamente tale complessità, in quanto a seconda della specie, della casta di appartenenza dell’individuo e del suo stato fisiologico si sono osservate risposte diverse, portando a suggerire anche l’assenza di immunità acquisita in determinate specie. Nonostante questa evidenza, non esistono studi che esaminino all’interno della stessa specie l’immunità acquisita osservando allo stesso tempo individui appartenenti a caste diverse e i differenti contesti eco-fisiologici di individui appartenenti alla stessa casta. In questo lavoro si è così cercato di verificare l’esistenza di questi fenomeni in regine ed operaie della formica Crematogaster scutellaris in risposta al fungo entomopatogeno Metarhizium anisopliae in due diversi contesti fisiologici: affamamento e cibo ad libitum. Essendo la specie di formica in oggetto caratterizzata da fondazione monoginica di tipo claustrale, si identificano due fondamentali momenti nella vita delle regine distinti dall’emergenza della prima operaia figlia: la fase di fondazione claustrale e quella di regina all’interno di una colonia. Nel periodo claustrale le risorse energetiche della fondatrice sono limitate alle riserve fisiologiche e la regina non si nutre sino a che non compaiono le prime operaie, d’altro canto la regina di una colonia matura viene accudita costantemente dalle operaie, potendo così accedere a risorse energetiche virtualmente illimitate. Abbiamo esposto regine in fase claustrale e coloniale ad una dose non letale del patogeno e 2 o 4 settimane dopo le abbiamo esposte ad una dose letale. Parallelamente abbiamo trattato una serie di regine in fase claustrale con una dose non letale di M. anisopliae e con una soluzione di controllo e abbiamo permesso loro di fondare le colonie fino all’emergenza delle prime operaie. Abbiamo quindi esposto a una dose letale le operaie figlie a una settimana di età seguendo ancora il protocollo di affamamento e alimentazione ad-libitum allo scopo di verificare l’esistenza di una trasmissione trans-generazionale dell’immunità acquisita.

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IL PARASSITA BURATTINAIO: MANIPOLAZIONE DEL COMPORTAMENTO SPAZIALE E ALIMENTARE DELL’OSPITE L. BEANI1, F. CAPPA1, F. MANFREDINI2, M. ZACCARONI1

1Dipartimento di Biologia, Università di Firenze; 2School of Biological Sciences, Royal Holloway University of London; e-mail: [email protected]

Lo strepsittero Xenos vesparum è un insetto parassita in grado di modificare profondamente la fisiologia e il comportamento dell’ospite, la vespa Polistes dominula: la femmina è castrata e abbandona il nido senza svolgere attività coloniali. In questo studio in natura abbiamo descritto la preferenza spettacolare delle operaie parassitate per i cespugli di una bignoniacea, Campsis radicans, rispetto ad altre siepi fiorite (60% delle vespe catturate su queste piante sono parassitate rispetto al 6% su piante di controllo). Il fenomeno si verifica tra giugno e luglio da almeno 7 anni e in più località. Questa singolare attrazione facilita la sopravvivenza dell’ospite e il completamento del ciclo vitale del parassita. Su C.radicans le vespe parassitate trovano riparo dentro la corolla allungata dei fiori e si alimentano grazie ai nettarii extra-florali distribuiti sui bocci e sui sepali, ricchi di nutrienti e di sostanze potenzialmente terapeutiche. Su questi cespugli abbiamo osservato l’accoppiamento del parassita (la femmina è endoparassita permanente, il maschio emerge dall’addome della vespa e feconda la femmina), e qui avviene anche il rilascio delle sue larve, i minuscoli triungulini, che raggiungono le larve nel nido per foresi, mediante le operaie sane in cerca di cibo su C. radicans. Mentre quest’ultime perlustrano velocemente le piante, le vespe parassitate tendono a rimanervi per giorni, difendono le infiorescenze e in agosto formano piccoli aggregati dentro ai fiori. In conclusione le vespe parassitate che si radunano su C. radicans rappresentano il vettore ideale e il serbatoio dell’infezione, tanto più se le proprietà curative note per questa pianta potenziano le difese immunitarie dell’ospite: un’ipotesi questa ancora da verificare.

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STUDIO SULLA POSSIBILE COMPETIZIONE TRA OPERAIE DEL CALABRONE EUROPEO, VESPA CRABRO, E DEL CALABRONE ASIATICO, VESPA VELUTINA: TRATTI ECOLOGICI A CONFRONTO F. CAPPA1, A. CINI1, I. PETROCELLI1, I. PEPICIELLO1, L. BORTOLOTTI2, R. CERVO1

1Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Biologia, via Madonna del Piano 6, 50019, Sesto Fiorentino (FI); 2CREA-API Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura, Via di Saliceto 80, 40128, Bologna

Le specie aliene invasive rappresentano una delle maggiori minacce per la conservazione della biodiversità a livello globale. Oltre agli effetti diretti di predazione e parassitismo operati da tali specie sulla fauna nativa, quest’ultima può risentire anche della competizione diretta o indiretta con gli invasori, quando questi ultimi occupano le medesime nicchie ecologiche. Lo studio degli aspetti biologici responsabili della competizione tra specie native e invasive appare quindi di estrema importanza per valutare e prevenire l’insorgenza di tale competizione, riducendo così la perdita di biodiversità locale. Nel presente studio, abbiamo indagato la potenziale interazione competitiva tra due specie di calabroni, il calabrone asiatico dalle zampe gialle, Vespa velutina, specie invasiva recentemente arrivata in Europa, e il calabrone europeo, Vespa crabro. Poiché le due specie condividono una nicchia ecologica molto simile e la specie asiatica V. velutina si sta ampiamente espandendo in Europa, è stato ipotizzato che la specie nativa potrebbe risentire di un’eventuale competizione con un conseguente declino locale delle proprie popolazioni. Pertanto, abbiamo preso in esame due aspetti biologici che potrebbero essere alla base della competizione tra le due specie: i) la capacità delle operaie di trovare fonti di cibo e la loro flessibilità nello sfruttarle, attraverso test di preferenza alimentare su differenti esche e saggi comportamentali volti a valutare le capacità esplorative in condizioni controllate di laboratorio; e ii) il sistema immunitario delle operaie delle due specie, per mezzo di biosaggi immunitari, che potrebbe fornire un vantaggio ad una delle due specie in termini di resistenza ai patogeni. I nostri risultati dimostrano che le preferenze alimentari delle operaie delle due specie si sovrappongono ampiamente e che anche il comportamento esplorativo appare simile, corroborando l’ipotesi di una possibile competizione tra le due specie in condizioni simpatriche. Dal punto di vista della risposta immunitaria, le operaie della specie nativa sembrano più in grado di eliminare potenziali patogeni in seguito a infezione, sottolineando probabilmente un maggiore investimento immunitario in V. crabro. In conclusione, il nostro lavoro fornisce una prima indagine sui fattori potenzialmente responsabili della competizione tra le operaie di queste due specie di calabrone e propone una base di partenza per futuri studi per valutare, in contesti più naturali, il livello effettivo di tale competizione e l’effettivo impatto della specie invasiva V. velutina sulla nativa V. crabro.

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EFFETTI DELLA PROPOLI SULLA FITNESS DELL’ OSPITE APIS MELLIFERA E DEL SUO ECTOPARASSITA VARROA DESTRUCTOR M. PUSCEDDU1, I. FLORIS1, A. MURA1, G. CIROTTO2, A. SATTA1

1Dipartimento di Agraria, Sezione di Patologia vegetale ed Entomologia, Università di Sassari; 2Dipartimento di Agraria, Università della Tuscia,Viterbo; e-mail: [email protected]

Tra i vari meccanismi di difesa comportamentale che gli animali hanno evoluto nei confronti di patogeni e parassiti la self-medication, definita come un cambiamento comportamentale specifico in risposta a malattie o parassitismo, svolge sicuramente un ruolo centrale (Lozano, 1998). Le condizioni che definiscono questo comportamento sono tuttora discusse in ambito scientifico. Tuttavia, appare comunemente accettato che la vera auto-medicazione animale deve soddisfare i tre criteri stabiliti da Clayton e Wolfe nel 1993: 1) la “sostanza medicinale” deve essere deliberatamente contattata; 2) la “sostanza medicinale” deve essere dannosa per il parassita e/o patogeno; 3) l'effetto negativo sul parassita e/o patogeno deve tradursi in un incremento della fitness nell'ospite. Recenti studi dimostrano che Apis mellifera è in grado di aumentare i tassi di foraggiamento di resine in risposta al fungo patogeno Ascophaera apis (Simone et al., 2009) e all’acaro Varroa destructor (Pusceddu et al., 2017 in press.). Tuttavia, nei confronti di quest’ultimo parassita, il secondo e il terzo criterio devono essere ancora verificati. Al fine di comprendere se le colonie infestate ottengano un beneficio nell’incrementare la raccolta di resine, sono stati condotti dei biosaggi in laboratorio per testare l'effetto acaricida o narcolettico della propoli su V. destructor seguendo la procedura descritta da Garedew et al. (2002). Sono stati confrontati diversi trattamenti: la propoli grezza e gli estratti di propoli in acqua distillata e etanolo (quest’ultimi utilizzati come controllo positivo). Inoltre, abbiamo studiato l'effetto della propoli sulla fitness di adulti di A. mellifera. A tal fine, è stata monitorata in laboratorio la mortalità di api adulte sperimentalmente infestate con l'acaro e mantenute in gabbie all’interno di un incubatore che simulava le condizioni di temperatura e umidità dell’alveare. Sono stati confrontati i seguenti gruppi sperimentali: 1) api adulte infestate allevate in presenza di propoli grezza; 2) api adulte infestate allevate in assenza di propoli grezza; 3) api adulte non infestate allevate in presenza di propoli grezza; 4) api adulte non infestate allevate in assenza di propoli grezza. Le osservazioni condotte hanno permesso di rilevare che api infestate con la Varroa allevate in presenza di propoli, vivono significativamente più a lungo rispetto ad api infestate allevate in assenza di propoli. Inoltre, un'azione narcolettica e acaricida di una certa entità è stata osservata per la propoli grezza e per i suoi estratti in acqua. In conclusione, i risultati preliminari di questo studio, sono a favore dell’ipotesi che la maggiore raccolta di propoli in alveari infestati dalla Varroa costituisca un vero comportamento di automedicazione animale esercitato dall’ape nei confronti di questo pericoloso parassita.

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VARIAZIONI NELLA STRUTTURA DI COMUNITÀ DELLE FORMICHE LUNGO UN GRADIENTE URBANO-RURALE NELLA CITTÀ DI ROMA S. FATTORINI1,2, D. BERGAMASCHI3, C. MANTONI3, M. MEI4, F.J.S. CAMACHO3, G. VERDERAME3, A. DI GIULIO3

1Dipartimento di Medicina clinica, Sanità pubblica, Scienze della Vita e dell'Ambiente, Università dell'Aquila; 2cE3c – Centre for Ecology, Evolution and Environmental Changes / Azorean Biodiversity Group and Universidade dos Açores – Faculty of Agriculture and Environment; 3Dipartimento di Scienze, Università di Roma Tre; 4Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”, Sapienza Universi tà di Roma; e-mail: [email protected]

Diversi gruppi di artropodi del suolo possono essere potenzialmente utilizzati come indicatori ecologici del processo di urbanizzazione. Grazie alla loro ricchezza di specie, alla diversità della specializzazione ecologica e alla facilità di raccolta, le formiche rappresentano un ottimo gruppo di riferimento per studiare l'impatto dell'urbanizzazione sulla struttura di comunità degli artropodi del suolo. La maggior parte della ricerca in tal senso è stata focalizzata su come la ricchezza delle specie di artropodi varia lungo i gradienti urbano-rurali, mentre in pochi contributi sono state affrontate le variazioni nella struttura delle comunità. Inoltre, la maggior parte delle ricerche è stata svolta in Europa nordoccidentale e centrale, mentre pochi sono gli studi condotti nella regione mediterranea. Inoltre, a causa dell'elevata frammentazione degli spazi verdi nelle aree urbane, gli studi sul gradiente urbano-rurale hanno utilizzato i dati raccolti da diversi siti lungo il gradiente, non da un'unica grande area, il che complica l'interpretazione dei risultati a causa dei molti fattori confondenti associati alla variabilità dei siti. L'obiettivo di questa ricerca è stato quello di indagare la risposta delle formiche all'urbanizzazione analizzando la variazione di vari parametri della struttura di comunità lungo un gradiente urbano-rurale all'interno di un ampio spazio verde. Lo studio è stato condotto a Roma, nel parco regionale dell’Appia Antica, un parco urbano di 3500 ettari, che si estende per circa 16 km dal centro città agli ambienti rurali fuori città. Le formiche sono state campionate tramite trappole a caduta in 11 siti lungo il gradiente urbano-rurale. I parametri di struttura di comunità considerati sono stati: la ricchezza delle specie osservate, la ricchezza delle specie attesa, la diversità, la dominanza e l'equipartizione. La ricchezza, la diversità e l'equipartizione hanno mostrato valori molto alti nei siti più vicini al centro della città, molto bassi a circa 6 km dal centro della città e poi di nuovo elevati fino a mantenersi pressoché costanti verso la periferia, mentre la dominanza ha mostrato un andamento contrario. Gli elevati valori di ricchezza, diversità e equipartizione registrati vicino al centro della città sono attribuibili alla presenza, in questo settore del parco, di un'area molto ben conservata e sono indicativi dell'importante ruolo che gli spazi verdi urbani possono avere nella conservazione degli insetti. L'aumento dei valori di ricchezza, diversità ed equipartizione lungo il gradiente è coerente con gli impatti complessivamente negativi esercitati dall'urbanizzazione sulle popolazioni degli insetti, ma la presenza di un plateau suggerisce che tali impatti diventino trascurabili a partire da una certa distanza dal centro della città, quando le comunità urbane diventano praticamente indistinguibili da quelle rurali.

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S T R AT E G I A C H I M I C A D E L L A S P E C I E C L AV I G E R A P P E N N I N U S (COLEOPTERA, STAPHILINIDAE) G. CAPPELLI1, G. SCARPARO1, C. LEROY2, P. D’ETTORRE2, R. CAMMAERTS3, A. DI GIULIO1

1Dipartimento di Scienze, Università Roma Tre, Roma, Italia; 2Laboratoire d’Ethologie Expérimentale et Comparée, Université Paris 13, Sorbonne Paris Cité 93430 Villetaneuse, Francia; 3Independent Researcher, Bruxelles, Belgio; e-mail: [email protected]

Molti organismi, soprattutto artropodi, vivono indisturbati all’interno delle colonie di formiche, sfruttando le numerose risorse che questo particolare ambiente può offrire. Questi animali, conosciuti come mirmecofili, presentano interazioni che vanno dal commensalismo al parassitismo e hanno evoluto strategie chimiche, strutturali e comportamentali che gli permettono di ingannare l’ospite. Tra questi, la supertribù Clavigeritae (Coleoptera, Staphilinidae), contiene molte specie con estremi adattamenti morfologici alla mirmecofilia, come il corpo modificato e ricco di zone ghiandolari, un apparato boccale ridotto e la mancanza di ali e di occhi. Inoltre questi coleotteri sono in grado di stimolare le formiche a rigurgitare cibo liquido che prontamente assumono (trofallassi). Tuttavia il motivo per cui questi insetti passano inosservati al controllo chimico delle formiche rimane ancora ignoto. È stato ipotizzato che questi coleotteri assumano l’odore di cadaveri di insetti per evitare di essere aggrediti, poiché le operaie sono state spesso viste trasportare i Claviger in zone del nido adibite alla raccolta di cadaveri e detriti. Comunque questa teoria non è al momento supportata da analisi chimiche e non è possibile escludere un mimetismo chimico tra il Claviger e la sua formica ospite. Il nostro interesse si è rivolto verso la specie endemica italiana Claviger apenninus (Baudi di Selve, 1869), diffusa in ambienti appenninici e, come molte altre dello stesso genere, notoriamente associata con le formiche del genere Lasius. L’obiettivo di questo lavoro è quello di caratterizzare il profilo degli idrocarburi cuticolari, di C. apenninus, mediante gas cromatografia-spettrometria di massa, e confrontarlo con quello delle operaie e larve della specie ospite Lasius distinguendus. I risultati preliminari suggeriscono che il profilo cuticulare di Claviger è generalmente semplice sia in numero che in quantità di composti chimici; tuttavia il pattern di idrocarburi che emerge somiglia a quello delle larve delle formiche ospiti. Da questo studio pilota sembrerebbe verosimile ipotizzare un mimetismo chimico di C. apenninus con le larve di L. distinguendus. Successive analisi saranno necessarie per confermare i primi risultati e per fornire ulteriori informazioni sul tipo di strategia chimica (biosintesi o camuffamento) adottata da questo coleottero mirmecofilo.

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LINEPITHEMA HUMILE (MAYR, 1868) E TAPINOMA MAGNUM (MAYR, 1861): TEST IN LABORATORIO PER CONFRONTARE IL FORAGGIAMENTO E LA COMPETIZIONE PER UNA RISORSA TROFICA D. LEONETTI, M. CENTORAME, A. FANFANI

Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”, Università degli Studi di Roma "La Sapienza"; e-mail: [email protected]

La formica argentina, Linepithema humile (Hymenoptera: Formicidae: Dolichoderinae), è una specie fortemente invasiva capace di causare notevoli alterazioni agli ecosistemi. La sua diffusione nei nuovi areali avviene in genere a danno delle specie di formiche autoctone tramite meccanismi di competizione per interferenza. L’interazione eco-etologica tra la formica argentina e le specie di formiche autoctone del bacino del Mediterraneo è stata studiata sia in natura sia in laboratorio. Secondo studi recenti, Tapinoma nigerrimum s.l., dolicoderina dominante autoctona dell’area Mediterranea, sarebbe potenzialmente in grado di limitare l’espansione della formica argentina. L’interazione tra L. humile e T. nigerrimum (ora T. magnum) è stata studiata anche nell’area di Castelporziano (Italia, Lazio) dove, nonostante la mutua esclusione che si verifica tra queste due specie, la formica argentina sembra avanzare nel corso degli anni. Il presente studio si propone di valutare quali siano i fattori etologici che discriminano la capacità di queste due specie di competere per una risorsa trofica. Per condurre lo studio, quattro colonie sperimentali di uguali dimensioni per ciascuna specie sono state raccolte nell’area di Castelporziano all’inizio di settembre 2016 e stabilite in laboratorio. Dopo un periodo di stabilizzazione, si è proceduto a sottoporre le singole colonie ad un test di foraggiamento, durante il quale avevano accesso ad un’arena contenente un’esca alimentare. In seguito le colonie sono state sottoposte ad un test di competizione a coppie, durante il quale entrambe le specie potevano contemporaneamente accedere all’arena con l’esca. Sono stati misurati per entrambe le specie: il tempo di scoperta dell’esca, l’intensità del reclutamento, il quantitativo consumato di esca e i comportamenti durante le interazioni inter-specifiche. I dati sull’intensità del reclutamento durante il test di competizione, sul quantitativo consumato di esca e sui comportamenti durante le interazioni inter-specifiche non saranno presentati poiché le procedure statistiche non sono state ultimate. I risultati finora ottenuti mostrano che T. magnum è stata più veloce di L. humile a scoprire l’esca. Durante il test di foraggiamento, T. magnum ha reclutato una proporzione maggiore di operaie sull’esca rispetto a L. humile, mentre quest’ultima ha effettuato un reclutamento nell’arena più intenso. In tutte le repliche del test di competizione la formica argentina è riuscita ad ottenere e mantenere il controllo dell’arena e dell’esca. Questi risultati, anche se incompleti, suggeriscono che L. humile abbia esibito una strategia di competizione per interferenza più marcata rispetto a T. magnum.

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Sessione "Entomologia Applicata"

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DINAMICA DI FORAGGIAMENTO DI INSETTI PRONUBI IN UN AGROSISTEMA DELLA SARDEGNA SU COLZA E GIRASOLE A. MURA, M. PUSCEDDU, A. SATTA, I. FLORIS

Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Sassari; e-mail: [email protected]

Il declino degli insetti impollinatori nel mondo industrializzato pone seriamente a rischio la conservazione di molte specie vegetali spontanee e coltivate. Negli agroecosistemi, l’azione svolta da questi insetti risulta essenziale, garantendo un miglioramento quanti-qualitativo di molte produzioni. Considerato che la conoscenza sistematica e bio-etologica di questi insetti rappresenta il punto di partenza per la comprensione dell’impatto delle tecniche agricole sulle loro popolazioni, sono state avviate, nel 2016, osservazioni sull’entomofauna pronuba di colza e girasole in un agrosistema del nord della Sardegna. Lo scopo dell’indagine, tuttora in corso, è quello di rilevare la varietà e la densità degli insetti pronubi presenti e di svolgere degli approfondimenti sulla biologia e sul comportamento delle specie maggiormente rappresentate, anche alla luce di precedenti indagini svolte nella stessa area alla fine degli anni novanta. I rilievi sono stati condotti con cadenza settimanale conteggiando in 4 distinte fasce orarie (9-10, 12-13, 15-16, 18-19) il numero di impollinatori (Api mellifere, Bombi, Altri Apoidei, Sirfidi e Altri insetti) lungo le parcelle sperimentali (10 m x 5m). Nell’intervallo tra due rilievi successivi venivano catturati alcuni esemplari per la successiva identificazione. Sul girasole la specie pronuba più abbondante è risultata Apis mellifera rispetto ai Bombi (Bombus spp.) e ad altri Apoidei solitari. Mentre su colza la specie più abbondante è risultata Eucera nigrilabris seguita da Apis mellifera e altri Apoidei appartenenti al genere Andrena (A. agilissima, A. vetula, A. nana, A. compta). Presumibilmente, la bassa incidenza di Apis mellifera su questa coltura può essere attribuita alla contestuale presenza di altre fioriture primaverili più attrattive nei confronti di questo insetto. Nessuna particolare differenza nell’ambito di ciascuna categoria di pronubi è stata osservata su entrambe le colture relativamente alla distribuzione giornaliera delle visite. Sono in corso ulteriori rilievi ed approfondimenti relativi alla valutazione del ruolo di competitore di A. mellifera nei confronti degli altri apoidei.

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IL RUOLO DELLE FORMICHE NEL CONTROLLO DELLE SPECIE INVASIVE: IL CASO DELLA FORMICA CREMATOGASTER SCUTELLARIS E DELLA CIMICE ASIATICA HALYOMORPHA HALYS C. CASTRACANI1, G. BULGARINI1, D. GIANNETTI1, F.A. SPOTTI1, L.MAISTRELLO2, A. MORI1, D.A. GRASSO1

1Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, Università di Parma; 2Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia; e-mail: [email protected]

La cimice asiatica Halyomorpha halys (Hemiptera, Pentatomidae) rappresenta un esempio recente di grave invasione biologica a livello mondiale. In Italia, dopo una prima segnalazione nel 2012, questa specie si è rapidamente diffusa soprattutto nei frutteti provocando notevoli danni alle produzioni agricole e destando quindi preoccupazione tra gli agricoltori. Nell’ambito del controllo biologico, la valutazione delle potenzialità di utilizzazione di predatori generalisti autoctoni, come antagonisti naturali, nella aree di invasione rappresenta un approccio promettente per una soluzione a lungo termine. Grazie alla loro biologia, ecologia ed etologia, le formiche rappresentano un predatore generalista potenzialmente efficace e in questa ricerca è stata usata la formica Crematogaster scutellaris come modello di studio. In particolare, è stato testato in laboratorio l’effetto del comportamento predatorio della formica sulla capacità di sopravvivenza di tutti gli stadi pre-immaginali di H. halys. I risultati ottenuti dimostrano che C. scutellaris è in grado di predare H. halys riducendo notevolmente la sua capacità di sopravvivenza, anche se l’efficacia varia in base allo stadio di sviluppo testato. Questo differente successo predatorio può essere legato al fatto che le formiche, a differenza dei predatori solitari, possono passare da un foraggiamento solitario ad uno cooperativo, in caso sia necessario affrontare prede di gradi dimensioni. Anche se sono necessari ulteriori approfondimenti, questo primo approccio di laboratorio è stato utile per mettere in luce il potenziale di questi insetti sociali come agenti di biocontrollo nell’ ottica di un Integrated Pest Managment.

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EFFETTI DEL FUNGO ENTOMOPATOGENO BEAUVERIA BASSIANA SUL SISTEMA DI RICONOSCIMENTO COLONIALE DI APIS MELLIFERA J.S. CASTELLARI, F. CAPPA, I. PETROCELLI, F.R. DANI, L. DAPPORTO, M. GIOVANNINI, S. TURILLAZZI, R. CERVO

Diaprtimento di Biologia - Università di Firenze, via Madonna del Piano 6, 50019 Sesto Fiorentino, Firenze; e-mail: [email protected]

Nonostante il fungo entomopatogeno Beauveria bassiana sia largamente usata in agricoltura per la gestione degli insetti nocivi e per la difesa delle colonie di A. mellifera dall’acaro Varroa destructor, nessuno studio è stato condotto per verificare l’effetto di questo fungo a livello coloniale, ovvero sul complesso sistema sociale dell’ape. Pertanto, lo scopo di questo studio è stato valutare, tramite saggi comportamentali condotti sul campo, l’abilità delle api guardiane nel riconoscere una potenziale minaccia all’entrata dell’alveare, nel nostro caso rappresentata da api bottinatrici di ritorno all’arnia, infettate con B. bassiana. I risultati dei saggi condotti hanno mostrato, come già noto, che le api guardiane all’entrata dell’arnia sono in grado di distinguere le compagne di nido non infette dalle estranee al nido non infette, poiché manifestano comportamenti meno aggressivi nei confronti delle prime. Al contrario, quando le guardiane venivano poste di fronte a bottinatrici estranee sperimentalmente infettate con B. bassiana, è stata riscontrata una riduzione dell’aggressività, evidenziando che, in tali circostanze, viene meno la capacità di discriminare tra compagne di nido ed estranee. L’alterato comportamento di accettazione delle guardiane verso le api estranee infettate con il fungo, sembra dovuto ad un cambiamento della miscela dei lipidi che rivestono la cuticola delle api, che sappiamo mediare il meccanismo del riconoscimento dei compagni di nido. Precedenti analisi cromatografiche condotte nel nostro laboratorio sulla miscela degli idrocarburi cuticolari, dimostrano infatti che le api infettate dal fungo B. bassiana presentano una riduzione significativa di alcuni composti (principalmente alcheni), rispetto agli individui non infettati. Questo studio dimostra che le api guardiane non sono in grado di individuare le bottinatrici colpite dalla micosi, perché il loro profilo chimico appare impoverito di alcune componenti rilevanti per il riconoscimento coloniale e le stesse guardiane non le rifiutano anche quando queste appartengono ad altre colonie. In conclusione, un massivo utilizzo di conidi di B. bassiana per il controllo di insetti infestanti negli ambienti dove le api sono solite foraggiare, come colture erbacee, orticole e alberi da frutto, potrebbe essere causa di micosi su un alto numero di bottinatrici e, indirettamente, incrementare la probabilità di diffusione di certi patogeni e parassiti (come l’acaro Varroa destructor) da colonie infestate a colonie sane.

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L’ARRIVO DI VESPA VELUTINA IN TOSCANA: MONITORAGGIO NELL’AMBITO DEL PROGETTO ALIEM F. CAPPA1, A. CINI1, L. BORTOLOTTI2, M. QUARANTA3, A. FELICIOLI4, F. ZAGNI5, N. LANTERI5, R. CERVO1

1Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Biologia, via Madonna del Piano 6, 50019, Sesto Fiorentino (FI); 2CREA-API Unità di ricerca di apicoltura e bachicoltura, Via di Saliceto 80, 40128, Bologna; 3CREA- ABP, Centro di ricerca per l'agrobiologia e la pedologia, Via Lanciola 12/A, 50125 Cascine del Riccio (FI); 4Università di Pisa, Dipartimento di Scienze Veterinarie, via delle Piagge 2 56124 Pisa; 5Apiliguria, sezione di Imperia

L’invasione da parte di Vespa velutina in Europa rappresenta una problematica emergente e ancora mal circoscritta, nonostante la minaccia che tale specie costituisce sia per il settore apistico che per la salute pubblica. Dopo aver invaso gran parte della Francia, a partire dall’introduzione nel 2004, ed essere approdata in altri paesi Europei in anni successivi, la specie è giunta in Italia nel 2013, invadendo il ponente ligure e il basso Piemonte. Nell’autunno 2016 V. velutina è stata ritrovata anche in Veneto a Bergantino (RO) e, recentemente, tale calabrone asiatico sembra essere arrivato anche in Lombardia (Mantova, Aprile 2017) e in Toscana (Pietrasanta, Giugno 2017). Per far fronte a tale avanzata, nelle regioni interessate dalla recente o potenziale colonizzazione, si sta cercando di attuare un programma coordinato di monitoraggio a livello interregionale tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana, coinvolgendo svariati enti. In Toscana, in particolare, il monitoraggio di V. velutina nasce dalla collaborazione tra Università di Firenze, CREA-DC, Università di Pisa e associazioni apistiche attive sul territorio (ARPAT, AAPT e ToscanaMiele), e grazie al progetto Europeo transfrontaliero ALIEM (Action pour Limiter les risques de diffusion des espèces Introduites Envahissantes en Méditerranée), che si propone di far conoscere l’urgente questione delle specie aliene invasive nelle regioni italiane e francesi coinvolte nel progetto e di mettere a punto strategie condivise per il monitoraggio e la gestione di tali specie potenzialmente dannose. Il presente lavoro rappresenta un resoconto della prima stagione di tale monitoraggio in atto sul territorio toscano.

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IMPOLLINAZIONE DI CITRULLUS LANATUS CON APIS MELLIFERA SICILIANA E APIS MELLIFERA LIGUSTICA IN SICILIA G. MAZZEO, S. NUCIFORA, S. LONGO

Dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente, Università di Catania; e-mail: [email protected]

Nell’ambito del progetto “APESLOW - Reintroduzione e conservazione della sottospecie a rischio estinzione Apis mellifera siciliana (Dalla Torre, 1896)”, sono state condotte osservazioni sull’efficienza d’impollinazione delle due sottospecie presenti in Sicilia, A. m. ligustica Spinola e A. m. siciliana, su anguria (Citrullus lanatus), coltivata in tunnel, in provincia di Siracusa. Le due tesi “ligustica” e “siciliana”, con due repliche costituite da un tunnel (con aperture protette da reti), all’interno del quale è stato collocato un piccolo alveare, sono state poste a confronto con un controllo senza impollinatori. Le osservazioni, condotte in fioritura (aprile – maggio 2015) a intervalli di 3-4 giorni con rilievi ripetuti in una giornata ogni 3 ore, hanno riguardato: attività delle api (numero di api in transito dalla porticina/minuto); numero di fiori visitati/minuto, numero di visite/fiore e tempi di permanenza/fiore riferiti alla superficie unitaria. Nella stessa area, sono stati conteggiati i fiori maschili, femminili e allegati. Infine, su un campione di frutti maturi per ciascuna tesi, sono stati effettuati rilievi quali-quantitativi (numero e peso totali e vitalità dei semi, peso di 100 semi, peso dei frutti). Le due sottospecie hanno mostrato significative differenze per quanto concerne l’attività di volo, che è risultata più intensa in A. m. siciliana, mentre gli altri parametri, relativi al numero di fiori visitati e al numero di visite per fiore, sono risultati lievemente differenti ma non in modo significativo. Diverso comportamento hanno evidenziato nei tempi di visita ai fiori che sono stati più lunghi per la sottospecie A. m. siciliana. Differenze non apprezzabili sono state rilevate sul numero di fiori allegati nelle tesi con le due sottospecie. I frutti, hanno mostrato differenze relativamente al peso (6,7 kg in media in A. m. siciliana, 9,7 kg in A. m. ligustica, 4,8 kg nel testimone), al numero di semi (980 in A. m. ligustica e 1.036 in A. m. siciliana) e alla loro vitalità (maggior numero di semi vitali in A. m. siciliana), tuttavia, l’analisi statistica non ha evidenziato differenze significative tra le due sottospecie. Nelle condizioni delle colture primaverili le due sottospecie mostrano un’attività impollinatrice simile; si può ipotizzare di poter utilizzare l’una o l’altra con risultati ugualmente apprezzabili. Nelle colture precoci, tuttavia, migliori risultati possono attendersi con l’impiego di A. m. siciliana, in considerazione del fatto che tale sottospecie, adattata alle condizioni ambientali di tipo mediterraneo e subtropicale, mostra uno sviluppo più precoce rispetto alla sottospecie ligustica, entrando in attività già in dicembre-gennaio.

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�MODELLI DI MASSIMA ENTROPIA PER LA VALUTAZIONE DELLA DISTRIBUZIONE POTENZIALE ATTUALE E FUTURA DELLA FORMICA ENDEMICA CATAGLYPHIS ITALICA, ALLA LUCE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI A. LANCIA1, M. CENTORAME2, F. SASSÙ3, A. FANFANI2

1Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente, Università degli Studi dell’Aquila, Piazzale Salvatore Tommasi 1, 67100 Coppito (AQ); 2Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin, Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, Viale dell’Università 32, 00185, Roma, Italy; 3Department of Forest and Soil Sciences, Boku, University of Natural Resources and Life Sciences, Vienna, Austria; e-mail: [email protected]

Il genere Cataglyphis comprende circa 100 specie di formiche altamente termofile, caratterizzate da un’attività prevalentemente diurna e viventi in regioni paleartiche aride, dalla Spagna alla Mongolia. C. italica è una specie endemica dell’Italia meridionale, la cui distribuzione isolata, lo stato di endemismo e la sensibilità ambientale rendono assai interessante da studiare tramite l’utilizzo di Species Distribution Models (SDMs). Gli SDMs sono modelli che collegano le osservazioni sul campo a delle variabili ambientali predittive, basati su superfici di risposta di derivazione statistica o teoretica. Questo “profilo ambientale” di derivazione empirica può essere usato per descrivere e misurare l’importanza di specifici fattori, e quindi per predire la distribuzione delle specie in aree non interessate da campionamento, ma anche per esaminare il cambiamento ambientale e le sue conseguenze ecologiche. Gli obbiettivi principali del presente studio sono: i) Individuare le are potenzialmente adatte a C. italica nelle attuali condizioni climatiche dell’Italia; ii) Valutare la distribuzione futura potenziale della specie nell’anno 2050, alla luce dei cambiamenti climatici. Il dataset di partenza comprende 53 punti di presenza, derivati da campagne di campionamento effettuate tra il 2015 e il 2017 in Puglia, Basilicata e Calabria, e 19 variabili bioclimatiche scaricate dal sito WorldClim, con una risoluzione di 30 arcosecondi (~ 1km). I files contenenti le varabili sono stati tagliati e manipolati usando Esri ArcGIS, per essere poi inserite nel programma di modellistica come files ASCII. Il software utilizzato per il niche modelling è stato Maxent, un programma basato su un metodo di machine learning, che calcola la probabilità di presenza di condizioni adatte alla specie per ogni pixel di un raster utilizzando un algoritmo di massima entropia. Per la modellistica al futuro sono stati utilizzati 3 Global Climate Models (GCM), per ognuno dei quali sono stati considerati i due Representative Concentration Pathways (RCPs) estremi, RCP2.6 e RCP8.5. I risultati hanno mostrato che la distribuzione potenziale attuale della specie corrisponde in maniera abbastanza precisa con quella reale osservata, con tre aree principali che mostrano un’alta affinità con le richieste ecologiche della specie: l’area circostante il Gargano, la costa adriatica del barese e la costa ionica della provincia di Taranto. Le predizioni future mostrano invece un incremento dell’areale idoneo alla specie verso l’entroterra e lungo la costa adriatica in direzione nord. Per contro vi è una perdita di idoneità per il sud della Puglia. In conclusione, nonostante la distribuzione attuale della specie sia assai limitata a causa della scarsità di aree

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�climaticamente idonee, i cambiamenti climatici sembrerebbero in grado di favorirne una possibile espansione nei prossimi decenni.

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Sessione "Biodiversità ed Evoluzione"

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PRETARSUS STRUCTURE IN RELATION TO CLIMBING ABILITY IN THE ANTS BRACHYPONERA SENNAARENSIS AND DACETON ARMIGERUM J. BILLEN1, M.S. AL-KHALIFA2, R.R. SILVA3

1Zoological Institute, KU Leuven, Naamsestraat 59, B-3000 Leuven (Belgium); 2Department of Zoology, College of Science, King Saud University, Riyadh 11451 (Saudi Arabia); 3Museum Paraense Emílio Goeldi, Coordenacão de Ciências da Terra e Ecologia, Belém, PA (Brazil); e-mail: [email protected]

We studied the external and internal pretarsus structure of the ants Brachyponera sennaarensis and Daceton armigerum in relation to their very different climbing ability. B. sennaarensis (from Saudi Arabia) is a ground-dwelling species that is not able to climb vertical smooth walls at all. They have a pair of straight pretarsal claws with an average claw tip angle of 56 degrees, while the ventral tarsal surface lacks fine hairs that touch the substrate. They have no adhesive pad on the vestigial arolium, while the arolium gland is very small. D. armigerum (from Brazil), on the other hand, is an arboreal and thus well-climbing species with a very strong grip on the substrate. Their pretarsal claws are very hooked, with a claw tip angle around 75 degrees. They have dense arrays of fine hairs on the ventral tarsal surface, a well-developed arolium and arolium gland. These clearly different morphological characteristics are in line with the opposite climbing performance of both species. This contribution includes a survey of the structural adaptations for climbing in other animals that are known to walk on vertical or even inverted smooth surfaces.

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MORFOLOGIA FUNZIONALE E STRATEGIA CHIMICA DEGLI STADI IMMATURI DI MICRODON MUTABILIS (DIPTERA, SYRPHIDAE) G.SCARPARO¹, P. D'ETTORRE², A. DI GIULIO¹

¹Dipartimento di Scienze, Università Roma Tre, Roma; ²Laboratoire d'Ethologie Expérimentale et Comparée, Université Paris 13, Sorbonne Paris Cité, 93430 Villetaneuse; e-mail: [email protected]

Sebbene la colonia di formiche presenti notevoli difese contro gli intrusi, numerosi sono i "mirmecofili" che vivono a spese della colonia. Tra questi, 10.000 sono le specie stimate di parassiti sociali che, utilizzando varie strategie e riescono a sfruttare le risorse presenti nel nido. Microdon Meigen, 1803 (Diptera, Syrphidae, Microdontinae) è un particolare genere di ditteri sirfidi che include più di 300 specie. Durante tutta la vita larvale, queste mosche vivono all'interno dei formicai cibandosi delle larve e pupe dei loro ospiti e accrescendosi fino alla larva matura (terza età larvale). Fu proprio quest'ultima che nel 1823 venne descritta per la prima volta come un mollusco gasteropode, a causa del suo aspetto aberrante. Microdon mutabilis è la specie modello studiata in questo lavoro, un dittero estremamente localizzato, di difficile reperibilità e per questo ancora poco conosciuto. Nonostante molti autori indichino come suo unico ospite Formica lemani, noi per la prima volta lo segnaliamo con Formica cunicularia. Per ampliare le conoscenze sugli stadi di sviluppo di questo insetto abbiamo voluto analizzare aspetti di morfologia funzionale integrando microscopia elettronica a scansione (SEM) con istologia e microscopia a fluorescenza. Inoltre abbiamo studiato la strategia utilizzata da M. mutabilis per eludere il sofisticato sistema di comunicazione ed identificazione chimica dell'ospite. I risultati del presente lavoro mostrano come durante lo sviluppo, M. mutabilis affronti enormi cambiamenti morfologici dimostrando un profondo polimorfismo legato soprattutto a tre caratteri principali: la forma del corpo, che varia da appiattita a fortemente convessa; lo spiracolo posteriore, sottile e allungato nella prima età e corto e cupoliforme nella terza età; lo scheletro cefalofaringeo in cui è evidente una progressiva separazione delle mandibole. Inoltre per la prima volta indichiamo la presenza di resilina sullo strato più esterno dello spiracolo posteriore. Gli studi di ecologia chimica hanno permesso di caratterizzare, mediante gas cromatografia-spettrometria di massa, il profilo cuticolare medio delle larve, pupe e operaie di F. cunicularia e degli stadi immaturi di M. mutabilis. Dall'analisi comparativa di questi è emerso che la maggior parte degli idrocarburi cuticolari sono comuni a tutti i nostri campioni, sia formiche che ditteri, suggerendo la presenza di mimetismo chimico. Inoltre da estrazioni di larve di terzo stadio di Microdon isolate e di larve di primo stadio che non hanno mai avuto alcun contatto con l'ospite, sembra che la strategia adottata sia quella della biosintesi attiva di questi idrocarburi piuttosto che un camuffamento chimico acquisito passivamente con la dieta o il contatto con nido e/o formiche.

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FILOGENESI DELLE TERMITI EUROPEE DEL LEGNO SECCO DEL GENERE KALOTERMES (ISOPTERA, KALOTERMITIDAE) V. SCICCHITANO1, F. DEDEINE2, B. MANTOVANI1, A. LUCHETTI1

1Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Università di Bologna, Bologna, Italy; 2Institut de Recherche sur la Biologie de l’Insecte, UMR 7261, Université François Rabelais de Tours, Tours, France; e-mail: [email protected]

Le sole termiti del legno secco native dell’Europa appartengono al genere Kalotermes. Fino a poco tempo fa, queste termiti erano considerate appartenenti alla sola specie Kalotermes flavicollis, distribuita in tutto il bacino del Mediterraneo. In due recenti studi, tuttavia, sono state descritte due nuove specie: K. italicus, in Italia, e K. phoenicae, a Cipro e nel Medio Oriente. Inoltre, studi di filogenesi molecolare hanno rivelato diverse linee di K. flavicollis: una in Corsica e Sardegna ed una nella Francia meridionale. Per ampliare le analisi sulla sistematica e la biogeografia di Kalotermes in Europa, sono state analizzate 43 colonie raccolte in 28 diverse località, insieme a campioni ottenuti da studi precedenti. Le analisi di filogenesi molecolare, condotte sul DNA mitocondriale, indicano i) che la distribuzione di K. italicus si estende dall'Italia centrale fino alla Francia meridionale, ii) che la linea Sardo-Corsa si trova anche nell’Italia continentale, e iii) che la linea della francese si estende fino alla penisola iberica. L’analisi dei cronogrammi, inoltre, hanno mostrato che le attuali Kalotermes europee si sono differenziate ~32 milioni di anni fa, con la separazione di K. phoenicae. Le specie K. italicus e K. flavicollis si sono separate ~15 milioni di anni fa, con le linee di K. flavicollis diversificatesi ~6 milioni di anni fa. In confronto alla storia evolutiva di un altro genere di termiti europee, Reticulitermes, è interessante notare come, sebbene si siano originate più di recente, queste ultime presentino una maggiore diversità. Le differenti caratteristiche ecologiche e/o di dinamica delle colonie possono spiegare questa differenza significativa.

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BUMBLEKEY: UNO STRUMENTO INTERATTIVO PER L’IDENTIFICAZIONE DEI BOMBI ITALIANI A. CAPPELLARI, M. MEI, P. CERRETTI

Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin”, Entomologia – Università di Roma “Sapienza”; e-mail: [email protected]

Il genere Bombus Latreille 1802 comprende circa 250 specie di Apidae eusociali, diffuse principalmente nelle zone temperate, alpine ed artiche dell’emisfero settentrionale. Delle 70 specie europee, circa 45 sono segnalate per l’Italia. I bombi sono insetti vistosi, noti al pubblico, facilmente riconoscibili e possono essere considerati “flagship species”. Studi condotti negli ultimi decenni evidenziano come le popolazioni di bombi siano globalmente in forte declino, per cause tuttavia ancora poco chiare. I bombi sono impollinatori importantissimi e vengono comunemente utilizzati a livello commerciale per l’impollinazione di Solanaceae e Cucurbitaceae in serra. Gli studi ecologici, soprattutto in Italia, raramente prendono in considerazione bombi o altri impollinatori, a causa delle difficoltà d’identificazione in quanto gli strumenti disponibili, online e cartacei, sono pochi, poco flessibili e poco pratici da utilizzare. Scopo dello studio è dunque la realizzazione di una chiave interattiva che permetta una rapida, affidabile e verificabile identificazione dei bombi della fauna italiana. Il sistema utilizzato per la realizzazione della chiave è MOSCH, originariamente sviluppato per i ditteri tachinidi (www.tachinidae.eu) ed utilizzato finora anche per chilopodi geofilomorfi (http://www.interactive-keys.eu/chilokey/default.aspx). I vantaggi delle chiavi interattive rispetto ai sistemi dicotomici sono molteplici, tra i principali: flessibilità (l’utente sceglie i caratteri da utilizzare, poiché nessun carattere è propedeutico agli altri, e in caso di incertezza può decidere di selezionare più stati per ciascun carattere) e potenza (notevole mole d’informazioni per ciascun taxon terminale). Inoltre, l’aggiunta di nuovi taxa alla chiave non presenta alcun problema, mentre l’integrazione di chiavi dicotomiche può risultare estremamente complessa. È stata quindi costruita una complessa matrice di caratteri morfologici (anatomici e cromatici) ed è stata compilata per ogni specie una scheda che riporta distribuzione generale e italiana, foto originali di habitus e caratteri diagnostici ed eventuali note tassonomiche, sistematiche, ecologiche e di nomenclatura. La chiave sarà pubblicata online (open access), sul sito www.tachinidae.eu e sarà disponibile in lingua italiana e inglese. La chiave è strutturata in modo tale da poter essere facilmente estesa a includere tutte le specie ovest-paleartiche. Sviluppi futuri prevedono la possibilità di utilizzare caratteri facilmente valutabili su esemplari in natura, quali pattern di colorazione, per la realizzazione di un’app che consenta di identificare preliminarmente le specie sul campo.

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RIPRODUZIONE DI VESPA VELUTINA: ASPETTI ANATOMICO-FUNZIONALI D. LAURINO, M. CAPELLO, S. LIOY, M. PORPORATO

Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, Università di Torino

Vespa velutina Lepeletier 1836, vespa sociale invasiva originaria del sud est asiatico, individuata per la per la prima volta in Francia nel 2004 a Nérac, presso Bordeaux, si è rapidamente diffusa in Francia e in molti altri paesi europei: Spagna, Portogallo, Regno Unito, Belgio, Germania, Svizzera e Italia. A seguito del suo insediamento in Italia, esemplari di calabrone asiatico (regine, operaie e maschi) sono stati raccolti per esami anatomico funzionali. Indagini riguardanti il peso degli individui, la lunghezza dell’ala anteriore destra e gli aspetti anatomico funzionali dell’apparato riproduttivo di individui maschi e regine, sono state condotte su quasi 1300 esemplari. Tali indagini sono state svolte anche per provare a capire un’ eventuale relazione con la rapida espansione della specie. Sostanziali differenze, rispetto alle indicazioni contenute in bibliografia, soprattutto per quanto riguarda il numero degli ovari e la regolarità degli organi riproduttivi delle regine, sono state evidenziate. Considerato che lo sviluppo degli organi riproduttivi delle regine è correlato al periodo stagionale, non è sempre facile differenziare con certezza individui potenzialmente fertili da quelli sterili. L’indagine ha consentito di confermare l’impossibilità di riconoscere regine e operaie con un esame esclusivamente morfologico, poiché si trovano individui fertili delle dimensioni medie di un’operaia. Tra le regine esaminate al termine della quiescenza invernale, solo una parte è risultata idonea a fondare una colonia a causa della presenza di ovari poco sviluppati o di altre anomalie.

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LA CITIZEN SCIENCE NELLO STUDIO DELLA MIRMECOFAUNA URBANA: IL PROGETTO “THE SCHOOL OF ANTS: A SCUOLA CON LE FORMICHE” F.A. SPOTTI1, C. CASTRACANI1, D. GIANNETTI1, M. GHIZZONI1, M.V. ZUCCHELLI2, D.A. GRASSO1, A. MORI1

1Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, Università di Parma; 2Museo delle Scienze di Trento (MUSE); e-mail: [email protected]

Numerosi studi hanno dimostrato che le formiche possono essere impiegate come validi bioindicatori in svariati ambienti poiché facili da campionare, ubiquitarie, capaci di rispondere rapidamente ai cambiamenti ambientali e rappresentative di numerose componenti degli ecosistemi in quanto strettamente legate a esse. Inoltre, questi insetti mediano molti servizi offerti dagli ecosistemi, ovvero servizi che migliorano il benessere umano, assumendo in tal modo un valore aggiunto per l’uomo. Negli ecosistemi urbani, il monitoraggio della mirmecofauna può essere utile per valutare l’impatto delle attività antropiche sulla biodiversità e per evidenziare l’avanzamento di specie invasive. Tuttavia, la raccolta dati su larga scala richiede l’impiego di ingenti risorse in termini di tempo e forza-lavoro. Da questa esigenza nasce “The School of Ants: a scuola con le formiche”, un progetto di Citizen Science condotto dal Laboratorio di Mirmecologia (Università di Parma) dove la ricerca scientifica prevede anche il coinvolgimento di cittadini volontari. In particolare, il progetto si propone di ottenere un censimento della mirmecofauna nelle città italiane (scopo scientifico) offrendo, al contempo, a scuole primarie e secondarie la partecipazione diretta ad una ricerca su campo (scopo didattico). La prima fase del progetto ha permesso la messa a punto del protocollo standardizzato di raccolta dati tramite l’utilizzo di un kit per il campionamento delle formiche. In questa fase, che si è svolta nella città di Parma, sono state coinvolti 5 istituti, 7 insegnanti, 10 classi e 337 studenti. In totale, sono state raccolte 3652 formiche appartenenti a 13 specie. Inoltre, è stata individuata nella specie Tetramorium caespitum una ottima candidata come bioindicatore di qualità in ambienti urbani. La seconda fase del progetto, attualmente in corso, ha previsto la collaborazione con il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) e ha permesso la realizzazione di un pacchetto scientifico-didattico denominato “Ant Box”. La parte scientifica è costituita da kit per la raccolta dei campioni, da inviare al Laboratorio di Mirmecologia per contribuire alla creazione del database delle formiche che vivono nelle città italiane. La parte didattica comprende materiale di supporto sulla biologia, ecologia ed etologia delle formiche e materiale per raccogliere ed identificare le formiche in classe. Infine, per valutare il valore didattico del progetto, è stata proposta agli studenti la compilazione di un questionario per testare la loro attitudine verso la scienza e le loro conoscenze entomologiche. Durante la primavera 2017, 16 classi di scuole primarie e secondarie hanno aderito al progetto e ricevuto la Ant Box. I risultati hanno permesso di stilare una prima check list delle formiche presenti in aree urbane del Trentino e ulteriori analisi forniranno informazioni sulla loro frequenza e distribuzione.

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PROTEOMICA DEGLI ORGANI OLFATTIVI DI VARROA DESTRUCTOR I. IOVINELLA1, G. MASTROBUONI2, S. POLINI1, S. KEMPA2, P. PELOSI3, F.R. DANI1

1Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Firenze; 2Integrative Proteomics and Metabolomics, Max-Delbrück-Center for Molecular Medicine, Berlin; Germany 3Chinese Academy of Agricultural Science, Institute of Plant Protection, Beijing, China; e-mail: [email protected]

Lo studio della comunicazione chimica negli artropodi è sempre stato maggiormente focalizzato sugli insetti, mentre le informazioni relative agli altri artropodi sono generalmente ridotte. Negli insetti, la percezione degli stimoli olfattivi è basata su un complesso sistema sensoriale che coinvolge recettori di membrana presenti sui dendriti dei neuroni olfattivi (olfactory receptors: OR, gustatory receptors: GR and ionotropic receptors: IR) e due classi di proteine solubili, OBP (odorant-binding proteins) e CSP (chemosensory proteins) (Pelosi et al., 2014). Nei genomi degli esapodi, i geni che codificano per le OBP e le CSP possono variare da alcune unità a diverse decine. Sia le OBP che le CSP sono piccole proteine compatte, principalmente costituite da α-eliche presenti in concentrazioni milli-molari nella linfa sensillare, dove legano le molecole volatili che compongono gli odori. Nonostante la loro abbondanza nei chemosensilli le OBP, ma soprattutto le CSP possono essere espresse anche in organi non coinvolti nell’olfatto. Negli artropodi, geni che codificano per gli OR e per le OBP sono presenti solo negli esapodi, mentre quelli per le CSP, si trovano in tutti i pancrostacei e nei miriapodi, seppure in numero minore rispetto agli esapodi (Pelosi et al., 2014). Per la somiglianza strutturale dei chemosensilli negli artropodi, proteine di trasporto nella linfa sensillare potrebbero essere presenti in altri artropodi terrestri, inclusi gli acari. In questo lavoro, abbiamo utilizzato un approccio proteomico shot-gun per identificare proteine candidate a svolgere questa funzione in Varroa destructor, acaro parassita di Apis mellifera. Estratti proteici sono stati preparati da appendici che portano sensilli olfattivi (primo paio di zampe e capitulum) di femmine adulte e confrontati con quelli di appendici dove i chemosensilli non sono stati riportati. L’analisi è stata condotta tramite un sistema LC-MS/MS ad alta risoluzione (Eksigent nano LC 1D+-Q Exactive HF; Thermo) ed i dati acquisiti sono stati confrontati con quelli calcolati dalla digestione in silico delle proteine previste nel genoma di V. destructor, e dalle sequenze proteiche annotate per la sottoclasse acari presenti nelle banche dati pubbliche. La ricerca ha condotto all’identificazione di circa 1000 proteine, per la quasi totalità in comune fra i diversi tipi di campione. Molte proteine sono tuttavia espresse in maniera diversa nelle due appendici. Per identificare possibili carrier di semiochimici abbiamo selezionato fra quelle maggiormente abbondanti negli organi chemorecettivi, proteine con caratteristiche simili a quelle delle OBP e delle CSP, ossia proteine di piccolo o medio peso molecolare, e dotate di cisteine che possono stabilizzare cavità idrofobiche. Le sequenze delle proteine così selezionate sono state quindi confrontate, tramite BLAST, con le altre previste da genoma, per verificare se, in maniera simile alle OBP e alle CSP, appartengano ad una più ampia famiglia genica. Il lavoro costituisce la prima caratterizzazione del proteoma degli organi chemosensoriali dell’acaro V. destructor ed uno dei primi lavori di proteomica svolto sugli acari.

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FORMICHE DI SICILIA: LO STATO DELL'ARTE E. SCHIFANI1, A. SCUPOLA2, M. SARÀ1

1Sezione Biologia Animale, Dipartimento STEBICEF, Università di Palermo; 2Museo Civico di Storia Naturale di Verona

La regione mediterranea è considerata uno degli hotspot di biodiversità nel mondo. All'interno di essa la Sicilia connette l'Africa all'Europa e si posiziona nella parte più orientale dell'area biogeografica mediterranea-occidentale. Al fine di ottenere un quadro comprensivo dell'attuale stato dell'arte della mirmecofauna siciliana (facendo riferimento alla definizione amministrativa di Sicilia) è stata analizzata la letteratura scientifica disponibile. E' stato stilato un elenco comprendente tutte le specie e sottospecie di Formicidae almeno una volta segnalate in questo territorio, con la sola esclusione dei “nomina incertae sedis”. Segnalazioni dubbie e taxa di incerto valore sono stati quindi provvisoriamente inclusi all'interno della lista. Dalla prima metà del diciannovesimo secolo ad oggi sono stati riportati 118 taxa tutt'ora validi e 2 specie in attesa di descrizione formale, appartenenti a 32 generi e 7 sottofamiglie: Amblyoponinae (0.8%), Dolichoderinae (5%), Formicinae (26.6%), Leptanillinae (2.5%), Myrmicinae (56.6%), Ponerinae (6.6%) e Proceratiinae (1.6%). Temnothorax e Camponotus risultano essere i generi ai quali sono ascritte più specie. Su 15 taxa descritti da materiale siciliano e 2 informalmente descritti, 12 sono considerati endemici (10% del totale) mentre l'areale di altri due comprende inoltre solo le Isole Maltesi. Ulteriori sforzi di campionamento saranno necessari per comprendere la distribuzione delle specie all'interno della regione, così come la validità di alcune segnalazioni dubbie. Studi tassonomici potranno inoltre permettere di comprendere lo status incerto di alcuni taxa. E' infine facile immaginare che nuove specie possano essere rinvenute in futuro giacché svariate zone risultano ad oggi sostanzialmente inesplorate dai mirmecologi.

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INDAGINE DEI PROFILI CUTICOLARI IN NEOSFARFALLATE, NUTRICI E BOTTINATRICI DI APIS MELLIFERA LIGUSTICA SPINOLA, 1806 (HYMENOPTERA, APIDAE) MEDIANTE IN-VIVO SPME-GC-MS F. CAVALIERE1, P. BRANDMAYR1, A. NACCARATO2, A. TASSONE2, A. TAGARELLI3, F. SPROVIERI2, N. PIRRONE2, A. GIGLIO1

1Dipartimento di Biologia Ecologia e Scienze della Terra, Università della Calabria; 2CNR-Istituto sull’Inquinamento Atmosferico; 3Dipartimento di Chimica e Tecnologie Chimiche, Università della Calabria; e-mail: [email protected]

Le api oltre ad avere un’importanza economica per la produzione di miele e pappa reale, garantiscono l’impollinazione della maggior parte delle piante entomofile, preservando la diversità specifica della vegetazione spontanea. Per gli insetti sociali la comunicazione tattile, acustica, visiva e soprattutto chimica è di fondamentale importanza per l’organizzazione dell’attività della colonia. Alcuni studi hanno evidenziato una variazione degli idrocarburi (Wakonigg et al., 2015) e dei lipidi (Kather et al., 2011) cuticolari in relazione all’età dei componenti la colonia. La finalità di questo lavoro è stata quella di indagare la variazione dei profili cuticolari di api operaie a diversa età mettendone in risalto le differenze dal punto di vista chimico. Per questo scopo sono stati analizzati esemplari neosfarfallati, nutrici e bottinatrici di Apis mellifera ligustica, provenienti da un apiario da allevamento biologico (420 m s.l.m.; 39°21'37.86"N, 16° 8'40.48"E; San Vincenzo la Costa (Cs) Calabria). Gli esemplari sono stati catturati dallo stesso alveare mediante cattura diretta nel mese di maggio 2017, periodo di maggiore attività delle api, e sistemati in fauna box di circa 2 litri a temperatura ambiente. L’analisi è stata condotta mediante solid phase microextraction in vivo (SPME) con successiva determinazione tramite gas-cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa (GC-MS). Questa metodologia, contrariamente ai lavori presenti in bibliografia, permette di ottenere i profili cuticolari di esemplari vivi e non ha richiesto l’utilizzo di solventi. L’indagine è stata condotta mediante strofinamento diretto con una fibra in PDMS (100 µm) su capo, torace e addome di 10 esemplari rappresentativi di ogni età. L’identificazione delle molecole è stata effettuata mediate confronto con la libreria NIST98. I profili cuticolari delle neosfarfallate, nutrici e bottinatrici presentano alcune differenze relazionabili con la diversa età delle api analizzate. In particolare, il profilo che più si discosta dagli altri è quello degli esemplari neosfarfallati che mostrano un numero nettamente inferiore di molecole presenti sulla loro cuticola. Le api nutrici sono caratterizzate dalla presenza di vari isomeri dell’acido ottadienoico mentre alcuni composti come il docosano, il tetracosano ed il pentatriacontene sono invece presenti in api nutrici e bottinatrici, ma assenti nelle neosfarfallate. L’analisi GC-MS ha permesso anche l’identificazione di alcuni prodotti di degradazione termica di pesticidi (tiocarbammati) presenti sulla cuticola di alcune bottinatrici. Da questo studio è ben chiaro che in A. m. ligustica le operaie modulano i loro profili cuticolari in relazione all’età. Inoltre, i pesticidi riscontrati nel corso delle analisi confermano il ruolo delle api come bioindicatori nel monitoraggio ambientale.

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CHIAVE INTERATTIVA PER IL RICONOSCIMENTO DEI GENERI DI FORMICIDAE ITALIANI E DELLE SPECIE DELLA CITTÀ DI ROMA. F.S. MENSA1, P. CERRETTI2, M. MEI2, D. BERGAMASCHI1, A. DI GIULIO1

1Dipartimento di Scienze, Università di Roma Tre; 2Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, Università La Sapienza; e-mail: [email protected]

Scopo di questo lavoro è quello di creare una chiave interattiva per il riconoscimento delle specie di formiche della città di Roma e di tutti i generi presenti in Italia, utilizzando la piattaforma MOSCHweb (www.tachinidae.eu). I caratteri e i loro diversi stati, da noi scelti per la realizzazione delle matrici, sono stati estrapolati principalmente dalla letteratura. Durante l’identificazione di un esemplare i vari caratteri, ed i relativi stati, possono essere selezionati in qualsiasi ordine; questo porta ad escludere progressivamente quei taxa che non presentano la combinazione scelta, fino ad arrivare al livello di sottofamiglia, genere oppure di specie se si sta riconoscendo una formica di Roma. La presente chiave risulta infatti composta da tre livelli distinti ed indipendenti: un livello per le 7 sottofamiglie di Formicidae italiane, un altro per i 39 generi italiani ed infine un terzo livello relativo alle 76 specie segnalate nell’area di Roma. In questo modo l’utente può scegliere se partire dal livello di sottofamiglia, oppure passare direttamente alla chiave per i generi o specie, in base alle proprie conoscenze e al luogo di ritrovamento. La caratteristica di una chiave interattiva è inoltre quella di consentire in maniera molto semplice l’inserimento di altre specie e modificare o aggiungere i caratteri di quelle già presenti. Ciò permette un facile aggiornamento nel caso in cui venissero trovate altre specie nell’area presa in considerazione, così come se si volesse in futuro ampliare la chiave inserendo anche le specie presenti in altre regioni, evitando di dover riorganizzare interamente la struttura della chiave, come invece avviene inevitabilmente con le chiavi dicotomiche, di tipo sequenziale. La lista delle specie presenti nella città di Roma, all'interno del Grande Raccordo Anulare, pubblicata nel 1997 (Mei M., 1997. Hymenoptera Formicidae. pp. 323-325, in: Zapparoli M. Quaderni dell’ambiente, 6, 360 pp.) è stata in parte aggiornata con nuovi dati di campo grazie a raccolte mirate nei parchi di Roma, anche con l’impiego di pitfall traps. Si sta anche provvedendo a realizzare, con microscopia ottica ed elettronica a scansione (SEM), fotografie ad alta risoluzione che illustrino la maggior parte dei caratteri utilizzati. La chiave è rivolta a chiunque necessiti di uno strumento che permetta una facile identificazione delle formiche e potrebbe inoltre rivelarsi un valido strumento per la gestione e/o il controllo di specie di maggiore interesse conservazionistico o sanitario. Questo lavoro rappresenta un punto di partenza per avere in futuro una chiave che comprenda tutte le specie di formiche italiane.

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UN PROTOCOLLO SPERIMENTALE PER LO STUDIO DELL'IMMUNITÀ ACQUISITA NELLA FORMICA CREMATOGASTER SCUTELLARIS I. TATINI, A. BORDONI, S. TURILLAZZI

Dipartimento di Biologia Università di Firenze; e-mail: [email protected]

Nell'ultimo decennio sono cresciute le evidenze sperimentali sui fenomeni di immunità acquisita negli invertebrati e ne è stata osservata la trasmissione ad altri individui, in termini di aumento di resistenza ai patogeni. Nelle colonie di insetti sociali la trasmissione di una maggiore resistenza verso i patogeni tra i compagni di nido potrebbe rivestire un ruolo molto importante nell'immunità coloniale. Sebbene saggiare l'esistenza di questo fenomeno in un determinato sistema ospite-parassita non sia sperimentalmente complesso, comprenderne i meccanismi comporta l'attuazione di disegni sperimentali più complessi. Questo studio è volto a descrivere e comprendere il fenomeno della trasmissione trans-generazionale dell'immunità acquisita nella formica della specie Crematogaster scutellaris in risposta al fungo entomopatogeno Metarhizium anisopliae. Ci siamo proposti di distinguere quale siano le componenti trasmesse orizzontalmente, ad esempio tramite trofallassi, e quali siano attribuibili a un effetto materno e quindi trasmesse prima della deposizione dell'uovo. La struttura coloniale di questa specie ha permesso di ideare un disegno sperimentale biologicamente coerente. Difatti in natura le colonie mature di C. scutellaris si scompongono comunemente in nuclei distinti in costante comunicazione durante la stagione calda ma che rimangono isolati durante l'ibernazione. Essendo la specie monoginica, in una colonia così strutturata, esisterà un gruppo che presenti tutte le componenti coloniali (regina, operaie e prole inetta) mentre i restanti saranno composti esclusivamente da operaie mature e prole inetta. Abbiamo quindi prodotto a partire da colonie allevate in laboratorio tre condizioni sperimentali: i) uova deposte prima della esposizione della regina e allevate da operaie mai venute a contatto con il patogeno ii) uova deposte dalla regina dopo l'esposizione allevate da operaie mai venute in contatto con il patogeno e iii) uova deposte dalla regina dopo l'esposizione allevate da operaie mai venute a contatto con il patogeno e dalla regina stessa. Per mettere in evidenza le potenziali differenze in immuno-competenza abbiamo comparato i livelli di Fenolossidasi attivata nell'emolinfa delle larve dei diversi gruppi. Questo enzima infatti è direttamente implicato nel processo di melanizzazione e incapsulamento delle ife del fungo patogeno. I risultati posso quindi mettere in evidenza i meccanismi fisiologici e di trasmissione sottesi alla trasmissione dell'immunità acquisita.

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COLLEZIONE NAZIONALE DI RIFERIMENTO DEGLI IMENOTTERI APOIDEI D'ITALIA (HYMENOPTERA, APOIDEA, ANTHOPHILA) M. QUARANTA1, S. SAGONA2, M. AGUJARI2, A. ANDREANI3, M. ANGIOLINI2, A. BARTACCINI2, S. FLAMINIO4, M. GALARDI2, R. LENZI2, M. MARCHI2, E. STAVROPOULOU5, E. TAFI2, K. VOULGARAKI5, A. FELICIOLI2

1Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l'Analisi dell'Economia Agraria – Centro di Ricerca Difesa e Certificazione, Firenze, Italy; 2Università di Pisa – Dipartimento di Scienze Veterinarie – Pisa, Italy; 3Università di Firenze – Scuola di Agraria –Firenze, Italy; 4Università di Bologna - Dipartimento di Scienze Agrarie - Bologna, Italy; 5Agricultural University of Athens - Athens, Greece; e-mail: [email protected], [email protected]

L’Italia è situata al centro del Mar Mediterraneo, una delle aree del mondo dove la biodiversità degli Imenotteri Apoidei è maggiore. Tuttavia, qui, lo status e il trend di popolazione di queste specie maggiormente importanti per l’impollinazione delle piante, il numero di specie, la loro distribuzione, la loro biologia, sono meno conosciute rispetto a quelle di altri paesi nord-europei e del Mediterraneo. I motivi di questo deficit di conoscenza sono dovuti alla mancanza di una solida tradizione di studi, in Italia, sulle api selvatiche. I giovani sono scoraggiati ad iniziare lo studio di un gruppo così vasto e complesso per carenza di strumenti imprescindibili quali, in primis, la disponibilità di materiale da collezione ben organizzato e fruibile, che serva da riferimento per diagnosticare le specie. Questa carenza ha anche la conseguenza di dilatare enormemente i tempi di attesa per le determinazioni. Da queste considerazioni è nata l’idea di costituire una collezione di riferimento contenente, a regime, tutte le specie di Apoidei presenti in Italia. La collezione conterrà un’esemplare maschile e uno femminile di ogni specie, identificati da tassonomi esperti. L’accesso alla collezione deve essere garantito a chiunque sia interessato ed essa sarà pertanto custodita in un’istituzione pubblica di ricerca, individuata nel CREA-DC di Firenze. L’edificazione della collezione è un progetto collaborativo di lungo periodo, che può avvalersi dell’apporto di ricercatori e studenti di varia affiliazione scientifica e nazionalità. Il materiale necessario al completamento della collezione sarà ottenuto per mezzo di donazioni, scambi, prestiti, catture in campo, acquisti, anche dall’estero purché si tratti di specie presenti sul territorio nazionale.

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Premio "Luca Franzini"

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PREMIO A.I.S.A.S.P. PER GIOVANI STUDIOSI IN MEMORIA DI LUCA FRANZINI

L'A.I.S.A.S.P., grazie alla donazione fatta dalla famiglia e dagli amici in memoria del dott. Luca Franzini, ha istituito due premi del valore di 1000 euro ciascuno per le due migliori pubblicazioni su tematiche riguardanti gli insetti sociali. Il Dr. Luca Franzini era un giovane brillante studioso di bombi, scomparso prematuramente mentre stava svolgendo il suo PhD sulle basi genetiche del mimetismo visivo nel genere Bombus presso la Pennsylvania State University. La famiglia e gli amici con questo premio hanno voluto incoraggiare alla ricerca giovani ricercatori italiani con la stessa passione di Luca per gli insetti sociali. Hanno partecipato alla selezione 8 giovani ricercatori, tra dottorandi e post-doc di cittadinanza Italiana, alcuni dei quali attualmente all’estero per specializzarsi o, comunque, per poter continuare a fare ricerca sugli insetti sociali. La Commissione per la selezione, composta dai membri del Direttivo AISASP affiancati da un membro indicato della famiglia Franzini, dopo un’attenta valutazione delle pubblicazioni inviate dai candidati, ha stabilito di assegnare il premio ai seguenti ricercatori:

Dott. Federico Cappa che ha concorso inviando la pubblicazione: Cappa F, Beani L, Cervo R (2016). The importance of being yellow: visual over chemical cues in gender recognition in a social wasp. Behavioural Ecology, 27(4): 1182-1189.

Dott. Simone Tosi che ha concorso inviando la pubblicazione: Tosi S, BurgioG, Nieh JC (2017). A common neonicotinoid pesticide, thiamethoxam, impairs honey bee flight ability. Scientific Reports, 7(1): 1201.

L’ A.I.S.A.S.P. si congratula con i vincitori e con tutti gli altri partecipanti per l’ottima qualità delle pubblicazioni inviate. L’ A.I.S.A.S.P. vuole inoltre ringraziare la famiglia e gli amici di Luca per aver dato alla nostra società l’opportunità di premiare dei brillanti giovani ricercatori per la loro attività e poterli così stimolare a continuare a fare ricerca nonostante le difficoltà che devono affrontare. I vincitori, durante il Convegno, presenteranno brevemente le loro ricerche e illustreranno i risultati conseguiti nelle pubblicazioni premiate. I membri del Direttivo pensano che questo sia il miglior modo per ricordare Luca!

Il Direttivo A.I.S.A.S.P.

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THE IMPORTANCE OF BEING YELLOW: VISUAL OVER CHEMICAL CUES IN GENDER RECOGNITION IN A SOCIAL WASP F. CAPPA, L. BEANI, R. CERVO Behavioural Ecology, 27(4): 1182-1189 (2016).

Differences in male and female phenotypes are often the results of sexual selection. Over the years, a vast number of studies investigated how and why the 2 sexes differ in their physical appearance, reaching the conclusion that peculiar visual traits, signals, or ornaments usually evolve under the pressure of sexual selection to mediate intrasexual competition and mate choice. In social contexts, however, males and females can hold different roles and social interactions may depend on the individual gender. The female-dominated hymenopteran societies represent a fascinating scenario to investigate recognition and communication among individuals of different genders outside a common sexual selection framework because sterile female workers typically do not mate and are not attracted to males. Here, we used laboratory bioassays (lure presentation experiments) to evaluate the ability of Polistes dominula workers to discriminate between individuals of the 2 genders, investigating the relevance of the chemical and visual cues potentially involved in such process. Our results showed that P. dominula workers are able to discriminate between the sexes and visual cues rather than chemical ones are responsible for such discrimination.

A COMMON NEONICOTINOID PESTICIDE, THIAMETHOXAM, IMPAIRS HONEY BEE FLIGHT ABILITY S. TOSI, G. BURGIO, J.C. NIEH Scientific Reports, 7(1): 1201 (2017).

Pesticides can pose environmental risks, and a common neonicotinoid pesticide, thiamethoxam, decreases homing success in honey bees. Neonicotinoids can alter bee navigation, but we present the first evidence that neonicotinoid exposure alone can impair the physical ability of bees to fly. We tested the effects of acute or chronic exposure to thiamethoxam on the flight ability of foragers in flight mills. Within 1 h of consuming a single sublethal dose (1.34  ng/bee), foragers showed excitation and significantly increased flight duration (+78%) and distance (+72%). Chronic exposure significantly decreased flight duration (−54%), distance (−56%), and average velocity (−7%) after either one or two days of continuous exposure that resulted in bees ingesting field-relevant thiamethoxam doses of 1.96–2.90  ng/bee/day. These results provide the first demonstration that acute or chronic exposure to a neonicotinoid alone can significantly alter bee flight. Such exposure may impair foraging and homing, which are vital to normal colony function and ecosystem services.

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PREMIO A.I.S.A.S.P. PER MIGLIOR PRESENTAZIONE O POSTER

Durante questo XVI Convegno, l’A.I.S.A.S.P. assegnerà due premi per miglior presentazione o poster a due studenti o dottorandi, per incoraggiare e premiare i giovani studiosi nel loro percorso di formazione e di ricerca. Con questa iniziativa l’A.I.S.A.S.P. intende ricordare l’impegno e la passione profusi dal dott. Dario D’Eustacchio nello studio degli insetti sociali e all’interno dell’associazione: questo XVI Convegno ospitato dalla Sapienza - Università di Roma è frutto di un’iniziativa che ha visto Dario tra i più entusiasti promotori.

Il Direttivo A.I.S.A.S.P.

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