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ASSOCIAZIONE ITALIANA DI CULTURA CLASSICA – DELEGAZIONE DI CUNEOISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE “BECCARIA–GOVONE”, MONDOVÌ

Figure e autori dell'epicaAtti del convegno, Sala GhislieriMondovì (CN) 8–11 aprile 2011

a cura di Stefano Casarino

Amedeo Alessandro Raschieri

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Copyright © MMXIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–4707–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: aprile 2012

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Indice

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5Stefano Casarino

Ettore più uomo che eroe . . . . . . . . . . . . . . 7Lia Raffaella Cresci

La costruzione del personaggio epico maschile . . . 21Paolo Lamberti

Physin aéide theà. Epica e scienza . . . . . . . . . 37Giorgio Bàrberi Squarotti

Il poema moderno: la Laus vitae di Gabriele d’An-nunzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

Giovanni Stefano LentaL’eroe epico si racconta. Odisseo, Enea e la narra-zione di sé . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93

Ennio DesderiUn viaggio letterario sulle tracce di Ulisse dopo Omero111

Silvia FenoglioOdisseo notturno tra Iliade e Odissea . . . . . . . 139

Giangiacomo AmorettiCavalleresco ed epico nel secondo “atto” della Geru-salemme liberata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 149

Sergio GiulianiCassandra: il dolore della preveggenza (da Eschiloa Christa Wolf) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161

Ennio DesderiPrismatica Penelope . . . . . . . . . . . . . . . . . 171

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183

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Introduzione

Dopo i due precedenti convegni monregalesi dedicati alla trage-dia (2009) e alla commedia (2010) è ora la volta dell’epica (Figuree autori dell’epica, Sala Ghislieri, 8 e 11 aprile 2011).

Secondo Aristotele (Poetica, 1447a-1448b) Omero contiene in sésia la tragedia che la commedia: dopo esserci occupati di questi duegeneri, è giusto e doveroso volgere lo sguardo all’indietro e compiereuna sorta di scorribanda tra eroi (Ettore, Achille, Odisseo), eroine(Penelope, Cassandra) e i diversi aspetti del poema epico, chetalvolta si traveste da seria divulgazione scientifica (Lucrezio) etalaltra da edificante opera religiosa (Tasso).

Abbiamo mantenuto la consueta impostazione contrappunti-stica tra antico e moderno, spaziando dall’imprescindibile Omeroalla recentemente scomparsa Christa Wolf, alternando voci di do-centi liceali e universitari, accomunati dal piacere di discutere diletteratura e cultura e di proporre i loro interessi e le loro curiositàad un pubblico di giovani e appassionati.

Se a qualcuno verrà voglia di leggere o rileggere qualche autorecitato, di rinnovare l’incontro e la conoscenza con qualcuna delleopere menzionate, sarà raggiunto il nostro vero obiettivo: quellodi una modesta ma seria opera di divulgazione culturale per su-perare quello che Frank McCourt ha felicemente descritto come il“monopolio di mezz’ettaro di sapere umano” che troppi spocchiosidocenti “recintano di note e bibliografie per poi piantarci davantiun cartello con su scritto: Vietato l’ingresso”, come scrive in Chepaese, l’America (Milano 2000).

La presunzione di questo volumetto, come degli altri che lohanno preceduto, è quello di dichiarare sempre aperto l’accesso alsapere per tutti coloro che credono che leggere e studiare sianoancora tra le attività più gratificanti per l’essere umano.

Stefano CasarinoIstituto d’Istruzione Superiore “Beccaria-Govone”, Mondovì

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Stefano Casarino

Ettore più uomo che eroe

“La grande poesia sa cantare la passione erotica, ma ne occorreuna grandissima per rappresentare quella più tortuosa e profonda– più radicale, più assoluta – che si rivolge ai figli e della quale ècosì difficile parlare. La maturità celebrata da Omero è l’oppostodel gretto idillio casalingo, ignaro del mondo e chiuso nella propriameschina intimità; l’amore per Andromaca e per Astianatte fadi Ettore un eroe che si espone per tutti, capace di amicizia e difraternità, di pietà filiale, di umana gentilezza per gli altri.” (C.Magris, Danubio 1986)

Ecco dove vanno ad infilarsi i classici: ovunque!Uno legge un libro sui generis come Danubio, scritto da uno

dei nostri massimi germanisti, e pure lì fa capolino Ettore.Il fascino di questo eroe omerico valica tempi e spazi, arriva

intatto sino a noi. Stiamo parlando del caso più eclatante dideuteragonista più simpatico del protagonista; più simpatico, forse,già al suo (o ai suoi!) autore.

Omero di Ettore ci racconta quasi tutto (nell’Odissea non èmenzionato); non così di Achille, il ritratto del quale è più sfumatoe complesso, come dimostrerà la Prof.ssa Cresci nel suo intervento.

Abbiamo la possibilità di leggere l’Iliade come un’Ettoreide,prendendo spunto da W. Jaeger1 che parlava di chi vuol fare –sbagliando, secondo lui – dell’Iliade un Achilleide! In effetti, èAchille – o meglio la sua ira – ad aprire l’Iliade; ma è Ettore achiuderla:

“così onorarono la sepoltura di Ettore domatore di cavalli”

1Jaeger (1984), vol. I, p. 105.

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8 Stefano Casarino

è l’ultimo verso (Il. XXIV, 804) del poema.È unanime il giudizio di tutti i lettori sulla positività del

“modello Ettore”.Quanto scrive Zoja gli calza perfettamente: Se segui l’istinto,

rimani un animale anche se vinci. Se segui l’onore, rimani uneroe anche se perdi2.

Ed ha ragione Jacqueline de Romilly: Ettore non è che unuomo, ma può così incarnare tutta la grandezza dell’uomo3.

È proprio la sua umanità a determinare la sua complessitàinteriore e le sue contraddizioni: tra dovere e volere; tra coraggio evigliaccheria (sta per essere sconfitto da Aiace; fugge ripetutamentedavanti ad Achille), di contro alla natura assolutamente eroica diAchille.

Proprio perché umano, Ettore è tragico4.La prima caratteristica che ci colpisce è la sua “normalità”: è

l’unico eroe, nell’epica, che si mostra circondato da un padre e dauna madre, da una sposa amatissima, da un figlio molto piccolo5.La sua famiglia ha una fisionomia assolutamente moderna: marito-moglie-un figlio piccolo, di contro ai cinquanta talami di Priamo e/oai rapporti complicati di molti eroi con mogli legittime e concubine.

Anche il suo nome, probabilmente, era comune: è stato trovatosu tavolette micenee6; come osserva J. de Romilly, evoca all’ascoltol’idea di “tenere”, di “mantenere”: è colui che “mantiene la cittàminacciata”7.

Com’è fisicamente? Omero dice solo che è “scuro di capelli”:lo dice una volta sola8, quando Achille trascina il suo cadavere

2Zoja (2009), p. 86.3De Romilly (1997), p. 126. Vd. in merito Il. XXIV, 58 sgg: Era dice a Zeus:

«Ettore era un mortale, succhiò mammella di donna / ma d’una dea è figlio Achille,ch’io stessa / ho nutrita e curata, l’ho data sposa a un uomo / Peleo, che di cuorefu amato dai numi».

4Lesky (1962), vol. I, p. 62 parla di «un carattere essenziale dell’Iliade. In essa leleggi interne della poesia epica non sono soltanto attuate: esse sono spesso superatein direzione della tragedia»; Kitto (1973) osserva: «La disposizione al tragico delpensiero era abituale nei Greci [. . . ] L’elemento tragico non è sicuramente dovutoalla convinzione che la vita non avesse alcun valore: i Greci avevano il sentimentodella tragedia, non quello della malinconia».

5De Romilly (1997), p. 10.6«Molti nomi eroici, famosi nelle leggende, sono portati nelle tavolette da comuni

persone: Achilleus, Aias, Hektor, Glaukos, Kastor, Orestes, Theseus, Tros, etc.sono nomi quotidiani, per es. e-ko-to-ro, Hektor a Pylos è un servo pubblico,A-ki-reu, Achilleus è un modesto salariato e A3-wa Aias a Knossos è a quanto pareil nome di un bue». Pavese (2010), pp. 4-5.

7De Romilly (1997), p. 27.8Il. XXII, 401-2.

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Ettore più uomo che eroe 9

nella polvere, scompigliandogli i neri capelli. Nulla ci viene dettodell’acconciatura.

Altrove Omero dà altri elementi, sempre però piuttosto generici:

• lo definisce più volte “massacratore” (I, 42)9; “grande, elmoabbagliante” (II,816); “elmo di bronzo” (V, 699); - è impor-tantissima la sottolineatura dell’elmo, come arma che piùdelle altre contraddistingue l’eroe: per non spaventare ilfiglio, Ettore dovrà toglierselo (VI, 472) -; “Ettore tra i primiportava lo scudo tutto rotondo (XI, 61); “illustre” (VI, 472);“domatore di cavalli” (VII, 38); “andava tra i primi, fierodella sua forza” (VIII, 337); “pastore di eserciti” (X, 406: ilcorrispondente del “lawagetas” o del “lawagesios” miceneo?);“forte nel grido” (XIII, 123);

• le sue armi sono di bronzo: “tutta coprivan la pelle l’armibronzee, bellissime (XXII, 322);

• è una presenza molto dinamica sul campo di battaglia: “ecome in mezzo alle nuvole appare stella sinistra, lucente, ead ora ad ora s’immerge nella nuvola buia, così Ettore avolte appariva tra i primi, altre volte tra gli ultimi, dandocomandi; e tutto di bronzo splendeva, come la folgore delpadre Zeus egìoco” (XI, 62-66);

• è paragonato ad “Ares flagello degli uomini” e ad “una rafficaimpetuosa che s’abbatte e sconvolge il mare colore di viola”(XI, 295-298); ad un “maestro violento di lotta: egli, comesempre, simile a un uragano lottava” (XII, 39-40);

• persino i nemici riconoscono il suo valore; Agamennone dice:“è mutato il cuore di Zeus. Certo egli ha volto il cuore dipiù ai sacrifici di Ettore: io non ho visto mai, né mai hosentito parlare di un uomo che solo, in un giorno, abbia fattocose tanto tremende, quante ai figli degli Argivi ne ha fatteEttore caro a Zeus, solo, senza essere figlio d’una dea o d’undio” (X, 4-50);

• più volte si sottolinea la predilezione di Zeus per Ettore: inIl. XXIV, 66-70 Zeus risponde ad Era e le dice: “Ettore erail più caro ai numi fra gli uomini che sono in Ilio; quanto

9Da qui in avanti tutte le citazioni dell’Iliade sono nella traduzione di R.Calzecchi Onesti (Einaudi, Torino 1950, 1980).

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a me, nulla mai dei cari doni lasciava, mai mio altare eraprivo di parte abbondante, di libagioni, di grasso: questo èil nostro onore”.

Ettore è figura centrale di alcuni dei momenti più indimentica-bili dell’Iliade.

A) Il. VI, 237 sgg.: Ettore è in cerca della moglie ma primaincontra in successione

Ecuba: la madre gli propone il vino dolcissimo, per libare a Zeuse per berne lui stesso per recuperare le forze (tema dellasollecitudine materna, non così di casa nell’epica); Ettorerifiuta, perché il vino gli toglierebbe le forze e perché nonpuò libare a Zeus con mani impure; chiede anzi a sua madredi andare al tempio di Atena e di offrire alla dea il peplo piùbello in cambio della protezione di Troia, mentre lui andrà acercare Paride (a cui augura di sprofondare sottoterra: “sedovessi vederlo scendere nell’Ade, dico che triste gemito siscorderebbe il mio cuore”)10: Ecuba fa quanto le ha chiesto ilfiglio, ma Atena scuote negativamente il capo (chiaro segnodi sventura per Troia).

Paride e Elena: Paride sta lucidando le sue armi, Ettore lo ag-gredisce a parole, Paride riconosce che lo fa giustamente(“poiché secondo giustizia mi assali, non contro giustizia”) epromette che lo accompagnerà in battaglia. Poi gli parla Ele-na che si autodenigra11 (“cognato mio, d’una cagna maligna,agghiacciante, oh, m’avesse quel giorno, quando la madre mifece, afferrato e travolto un turbine orrendo di vento, sopraun monte o tra il flutto del fragoroso mare e il flutto m’avessespazzato via, prima che queste cose accadessero. . . ”), criticaParide “che non ha cuore saldo, né mai lo avrà”; invita Ettorea riposarsi. Come con Ecuba, nuovamente Ettore rifiuta laproposta e chiede invece ad Elena di spronare Paride allabattaglia.

10Espressioni e tono che ricordano il “saluto” che Elena indirizza a Paride quandoè stato salvato da Afrodite nel duello con Menelao (Il. III, 428 sgg.: “Sei tornatodalla guerra. Oh, se là fossi morto, vinto da un uomo forte com’era il mio primomarito!”).

11Come già in Il. III, 180.

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Andromaca e Astianatte: la moglie non è in casa, è corsa allemura con un’ancella che tiene in braccio il figlio. È An-dromaca a parlargli per prima, a prendergli la mano (comeaveva fatto in precedenza sua madre: i gesti della tenerezzadomestica) e a consigliargli di restare in città a difesa delcaprifico, che segna il punto dove il muro è più accessibile. Ladonna innamorata si trasforma quasi in uno stratega, non silimita a chiedergli di non andare in guerra, a differenza dellealtre due donne. Ettore risponde con dolcezza (a differenzadell’Aiace sofocleo), dice di pensare anche lui le stesse coseche pensa lei (identità di veduta tra i coniugi), ma di averetroppo rossore (aideomai) dei Troiani se resta come un vile(kakòs) lontano dalla guerra; afferma di sapere che Troiacadrà e che Andromaca sarà condotta schiava in terra stra-niera. Subito dopo si rivolge al figlio: momento straordinario,indimenticabile, interpretato benissimo da Luigi Zoja12:

Formulando un augurio per il futuro, leva il figlio in alto con le braccia econ il pensiero. Questo gesto sarà per tutti i tempi il marchio del padre.[. . . ] La preghiera di Ettore ha travolto l’onnipotenza immobile del mito,rendendo il bambino figlio, e il figlio speranza in qualcosa di migliore deitempi mitici. [. . . ] Ad Astianatte è . . . riuscito ciò che per i Greci era quasiimpossibile: fare sperare il padre nel futuro e congiungerlo per un attimo,in un unico sentimento, alla madre. Due esseri così diversi da stentarea parlarsi sono uniti dal figlio che non parla. La scena rompe l’austeritàdell’epica con un anacronismo intimista e quasi cristiano.

L’augurio dell’Ettore omerico lo si sente riecheggiare nelle paroledi Kitty alla fine di Anna Karenina: “ ‘Sì, sii soltanto come tuopadre, soltanto così’, ella proferì, consegnando Mitja alla njànja etoccando col labbro la sua guancia”13.

Nel VI libro, quindi, Ettore ha una dimensione privata moltoarticolata, del tutto insolita nell’epica: Achille ha solo Patroclo euna schiava di guerra, Briseide, i suoi affetti sono comunque effettodella guerra, dipendono dal contesto eroico; Ettore ha affetti chevengono prima e che restano dopo la guerra.

E si rivolge con dolcezza e pacatezza alle persone che gli voglionobene14, senza l’insofferenza tipica di altri eroi (Achille e Aiace, ad

12Zoja (2000), pp. 86 sgg.13Tolstoj (1981), p. 623.14Zoja (2000), p. 88: «Ettore sa parlare alle donne, e mai più l’epica ci mostrerà

un guerriero impegnato in un simile percorso di incontri femminili».

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es.). Per dirla con l’autore più greco della nostra letteratura,Achille non lascia eredità d’affetti ; Ettore sì.

B) Ettore in guerra è protagonista di tre duelli memorabili:

1. con Aiace (Il. VII, 170 sgg.);2. con Patroclo (Il. XVI, 684 sgg.);3. con Achille (Il. XXII).

Nel primo caso Ettore sembra quasi soccombere, ci vuole l’in-tervento di Apollo per salvarlo e il duello viene interrotto da duearaldi.

Al termine dello scontro, Ettore riconosce il valore dell’avver-sario (“Aiace, un dio t’ha dato forza e grandezza e sapienza; conl’asta sei il primo degli Achei”) e i due si scambiano doni, chesaranno per entrambi causa di morte15: Ettore dona ad Aiace laspada con la quale costui poi si suiciderà16; Aiace gli dona unafascia splendente di porpora: nell’Aiace di Sofocle (1028 sgg.) sidice – ma ciò non compare in Omero – che “col regalo di Aiace, fuincatenato alla ringhiera del carro al galoppo”.

Qui è dunque un eroe che sta quasi per perdere e che è comunquemolto leale nel riconoscere il valore del suo avversario (a differenzadi Achille). In Il. XVII, Glauco rimprovera apertamente Ettoredi aver paura di Aiace: “tu non osi con Aiace magnanimo stare afronte, guardarlo negli occhi fra il grido nemico, e lottar faccia afaccia, perché è più forte di te” (166-168).

Nel secondo caso vien detto con chiarezza che Ettore è il terzoad uccidere Patroclo, dopo Apollo e dopo Euforbo. La sproporzionetra i due è evidenziata dalla similitudine (Ettore = leone; Patroclo= cinghiale). Alla funesta profezia di Patroclo morente (“davverotu non andrai molto lontano, ma ecco ti si appresta la morte eil destino invincibile: cadrai per mano d’Achille”), Ettore replicaquasi con stupore e falso ottimismo: “Patroclo, perché mi prediciabisso di morte? Chi sa se Achille figlio di Teti chioma bella nonmi preceda nel perder la vita, colto dalla mia lancia?”

Qui un Ettore poco nobile, che uccide Patroclo già al suolo, siriscatta con questo umanissimo autoinganno.

Nel terzo caso la complessa umanità di Ettore è perfettamentedescritta.

15Mauss (2002).16Sof. Aiace, 665: doni non sono i doni dei nemici.

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Ettore più uomo che eroe 13

Anche qui, come nel VI libro, si evidenzia che Ettore non è maisolo: assistono al tremendo duello i suoi anziani genitori. DapprimaPriamo, che vede avanzare Achille come il Cane d’Orione (Sirio),la stella più lucente e più sinistra perché apportatrice di morbi pergli uomini17; il vecchio supplica, gemendo e strappandosi i capelli,il figlio di non affrontarlo, di rientrare fra le mura. Poi Ecuba, chesi apre la veste con una mano e solleva il seno18, chiedendo al figliodi rispettare questo: “Ettore, figlio mio, rispetta queste, abbi pietàdi me, che ti ho dato la mammella che fa scordare le pene”.

Come nel VI libro, Ettore non accoglie le richieste dei suoi cari,resta fermo ad aspettare Achille come un serpente, ma intantopensa tra sé (è certamente uno degli eroi omerici che ha la piùricca attività mentale, interiore):

• non può ritirarsi dentro le mura, altrimenti verrà deriso dachi glielo aveva già proposto quando lui invece ha condottofuori l’esercito;

• ha vergogna (stessa espressione di Il. VI) per aver causatocon la sua decisione la rovina dell’esercito;

• forse potrebbe abbandonare le armi e proporre ad Achille larestituzione di Elena e addirittura la concessione della metàdelle ricchezze di Troia (vigliaccheria, l’ipotesi di gettare aterra lo scudo!);

• rifiuta quest’ipotesi, sa che Achille non lo risparmierà, anchese sarà senza armi.

Tutte queste riflessioni sono spazzate via dall’apparizione diAchille, “pari a Enialio guerriero”, che terrorizza Ettore e determinala sua fuga scomposta (l’eroe vigliacco!; doppia similitudine: Achille= nibbio; cane da caccia; Ettore = pavida colomba; cerbiatto).

17Si ricorda di ciò Apollonio Rodio quando parla di come Giasone appare aMedea: «Egli apparve al suo desiderio, quale si leva Sirio in alto sopra l’Oceano,allorché sorge nitido e bello alla vista, eppure porta infinite sciagure alle greggi;così bello a vedersi giunse il figlio di Esone eppure le portava il travaglio di unapassione angosciosa» (Argonautiche III, 956-961, trad. G. Paduano, BUR, Milano1986, 1991).

18Gesto che tornerà in uno dei momenti più indimenticabili di tutto il teatroantico, nelle Coefore (896-898), quando Clitemnestra intima al figlio Oreste rispettoed obbedienza: «Fermati! Abbi rispetto, figlio mio, di questo seno, su cui tantevolte ti addormentavi e intanto con le labbra succhiavi il dolce latte che ti nutriva»(trad. M. Centanni, I Meridiani, Mondadori, Milano 2003).

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14 Stefano Casarino

Alla scena assistono anche gli dei, Zeus ribadisce il suo affettoper Ettore, così puntuale nel fargli sacrifici, ma Atena implacabilericorda che Ettore è un “mortale, dovuto da tempo al destino”:avviene la pesa delle Chere di morte, quella di Ettore precipitaall’Ade.

Determinante l’inganno di Atena che si traveste da Deifobo edesorta Ettore ad accettare lo scontro: inutilmente Ettore proponead Achille di accordarsi per la restituzione del cadavere di chi saràsconfitto. Achille ricusa ogni proposta (“Ettore, non mi parlare,maledetto di patti: come non v’è fida alleanza fra uomo e leone,e lupo e agnello non han mai cori concordi, ma s’odiano senzariposo l’un l’altro, così mai potrà darsi che ci amiamo io e te”:parole piene di hybris!)19 e ribadirà questo convincimento anchead Ettore morente (“No, cane, non mi pregare, né per i ginocchiné per i genitori; ah che la rabbia e il furore dovrebbero spingereme a tagliuzzare le tue carni e a divorarle così, per quel che mi haifatto”).

Quando Ettore non vede più Deifobo accanto a sé, comprendeche la sua sorte è segnata.

Morendo, Ettore si comporta come Patroclo: profetizza adAchille la sua prossima morte, per mano di Paride e di FeboApollo. E Achille replica in modo sprezzante e poi organizza loscempio del cadavere del nemico: “gli forò i tendini dietro ai duepiedi dalla caviglia al calcagno, vi passò due corregge di cuoio,lo legò al cocchio, lasciando strasciconi la testa, e balzato sulcocchio, alte levando le nobili armi, frustò per andare: vogliosi icavalli volarono. E intorno al corpo trainato s’alzò la polvere: icapelli neri si scompigliarono; tutta giaceva in mezzo alla polverela testa, così bella prima: ma allora Zeus ai nemici lo diede, che losconciassero nella sua patria”. In Il. XXIV, 18 sgg., però, Omerosembra correggersi perché dice: “Apollo però teneva lontano ognisconcio dal corpo, avendo pietà dell’eroe, pur morto, e tutto loricopriva con l’egida d’oro, perché non lo lacerasse tirandolo”.

La morte di Ettore è l’inizio del dolore vero e grande dei suoi:costituisce una sorta di “nucleo tragico”.

Omero riprende i personaggi citati in precedenza: Ecuba gettavia il velo e si strappa i capelli, piange con singhiozzi violenti;

19Quell’hybris che, secondo Zoja (2000), p. 87, Ettore non conosce: «Unaqualità dell’eroe antico manca a Ettore: la hybris, l’arroganza che scompiglia comeun cataclisma interno l’anima di Achille, di Agamennone, dello stesso Ulisse cheinfierisce sul Ciclope già torturato e cieco».

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Ettore più uomo che eroe 15

Priamo geme da far pietà; tutto il popolo è preda di lamenti esinghiozzi20.

Priamo vorrebbe uscire per supplicare Achille che gli restituiscail cadavere del figlio, viene trattenuto a stento, si rotola nel fango;Ecuba alza il lamento funebre. Andromaca non sa ancora nulla, èintenta a preparare con le sue ancelle un bagno caldo per Ettoredi ritorno dalla battaglia (ironia tragica, già qui nell’epica!). Sentei lamenti della suocera, si precipita fuori di casa come una pazza,vede dai bastioni lo scempio del cadavere del marito: “una nottedi tenebra coperse i suoi occhi, e cadde indietro e quasi spiravala vita: le bende splendenti scivolarono via dal capo, lontano, ildiadema, la rete, il cordone intrecciato, il velo che le donò l’aureaAfrodite, nel giorno che Ettore elmo lucente la portò via dalla casadi Eezione, offerti doni infiniti”.

Ripresasi dallo svenimento, Andromaca pensa subito al figlio“che ancora non parla” e che senza padre sarà privo di tutto,destinato ad una vita di suppliche e di miseria21.

Ettore è protagonista anche da morto.L’Iliade si chiude col tema degli onori funebri, molto frequente

nella classicità (Sofocle in particolare vi insiste: Aiace e Antigone;l’eroe protagonista anche da morto è pure nelle Coefore: tuttoruota attorno alla tomba di Agamennone; i morti condizionano ivivi)22.

Ancora una volta è Apollo a preoccuparsi della sorte di Ettore,rimprovera gli altri dei, rammentando loro quanti sacrifici l’eroeaveva fatto loro e esprime parole di condanna contro Achille “chesana ragione non ha, sa solo cose selvagge [. . . ] ha distrutto ognipietà, né rispetto (aidòs) c’è in lui”. Era ribatte che Ettore eAchille non possono essere considerati eguali: a risolvere la disputainterviene Zeus che dispone di mandare a chiamare Teti, affinchévada da suo figlio a dirgli che “i numi sono indignati e io sopratutti gli immortali ho gran collera, perché con pazzo pensiero tieneEttore presso le navi e non vuole liberarlo: voglio vedere se mirispetta e se libera Ettore”.

20Il dolore della famiglia reale è il dolore dell’intera città: «Ettore è insiemepatriota e padre [. . . ] è insieme due cose moderne: padre di famiglia e padre dellapatria». Zoja (2000), pp. 86 sgg.

21In realtà il destino di Astianatte sarà addirittura peggiore, come mostreràEuripide ne Le Troiane, 725 sgg.: sarà gettato dalle mura di Troia e toccherà allanonna, Ecuba, provvedere alle sue esequie.

22Vd. Casarino e Raschieri (2010), pp. 23 sgg.

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La madre va dal figlio, gli dice di smettere di soffrire perPatroclo, di pensare al cibo e al letto (“è bello unirsi con unadonna in amore”), di tener conto dell’ira degli dei contro di lui edi accettare il riscatto per il cadavere di Ettore. E Achille accetta:“Sia dunque così. Chi porta il riscatto, si riporti il cadavere, sel’Olimpio in persona lo vuole con animo schietto”.

Achille di sua spontanea volontà, sembra dirci Omero, nonavrebbe mai restituito il corpo di Ettore!

Contemporaneamente Iri viene mandata da Zeus da Priamoa dirgli di andare da Achille, accompagnato solo da un vecchioaraldo che possa guidare le mule e il carro per riportare indietro ilcorpo di Ettore: egli non deve avere paura, perché sarà guidato daErmes.

Priamo si consulta con Ecuba, che non vuole che egli vadaperché non si fida affatto di Achille. Priamo però ha già deciso, siporta dietro un ricco riscatto, sgrida i figli rimasti perché non sonoabbastanza solleciti ad aiutarlo. Prima della sua partenza Ecubalo invita a libare a Zeus e a chiedergli un presagio favorevole: eZeus manda l’aquila (“nel vederla ebbero gioia, a tutti nel petto sirallegrò il cuore”).

Con l’aiuto di Ermes Priamo arriva incolume “non visto” daAchille e per prima cosa gli stringe le ginocchia e bacia la manoomicida, non dà tempo ad Achille di riaversi dallo stupore, gliricorda suo padre Peleo, lo paragona a se stesso, dicendo però diessere lui il più infelice, perché ha dovuto “portare alla bocca lamano dell’uomo che ha ucciso i miei figli”.

I due si mettono a piangere assieme: Priamo per Ettore, Achilleper suo padre e ogni tanto ancora per Patroclo. Poi Achille farialzare il vecchio re, lo commisera e gli ricorda i due vasi dacui Zeus attinge beni e mali per gli uomini: ad alcuni dà unamescolanza di entrambi; ad altri solo mali. Priamo è impaziente diriavere il cadavere di Ettore e gli propone di accettare subito il riccoriscatto che gli ha portato; Achille risponde con irritazione, dicendoche è lui che gli vuole rendere il figlio, perché così vogliono glidei. Fa prelevare il riscatto, lasciando a Priamo di che avvolgere ilcorpo di Ettore, che fa lavare, ungere e vestire. E poi invita Priamoal banchetto funebre (Ora pensiamo alla cena), rammentandoglil’exemplum mitico di Niobe, che pur avendo perduto dodici figlipensò al cibo quando fu stanca di pianto.

Steiner opportunamente paragona questa scene alle frittelle concui si concludono i Karamazov : “Lì, in casa loro, adesso, la padrona

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sta apparecchiando la tavola: ci sarà il pranzo funebre, credo: ilprete interverrà [. . . ] È ben strano tutto questo, Karamazov: tantodolore, e poi a un tratto saltano fuori con codeste frittelle! Comeson tutte contro natura, le cose della nostra religione!”

Al termine del banchetto, Achille ospita per la notte Priamopromettendo di concedere dodici giorni di tregua, per rendere glionori funebri ad Ettore. Quando Priamo riporta a Troia Ettore,nuovamente Andromaca alza lamenti e parla della propria sorte edi quella di suo figlio: “Tu, bimbo, tu seguirai me, là dove indegnefatiche dovrai sopportare, penando sotto un duro padrone. Oppureun acheo ti scaglierà, sollevandoti, giù dalle mura – orribile fine!”23.Dopo di lei anche Ecuba parla, ricordando che Ettore è statoprotetto dagli dei nel suo destino di morte, perché appare fresco,incorrotto. Ed anche Elena esprime il suo cordoglio e afferma disentire con forza la sua mancanza: “Fra tutti i cognati il più caroal mio cuore [. . . ] nell’ampia Troia più nessun altro verso di me èbuono, è amico; tutti m’hanno in orrore”.

Le tre donne che lo hanno in modo diverso accompagnato invita sono accomunate dal dolore per la sua perdita, sono loro atributargli quell’“onore di pianti” che Ettore otterrà sempre datutti i lettori dell’Iliade.

Dopo Omero dove ritroviamo Ettore?Nell’Eneide (II, 267 sgg.) Ettore appare in sogno ad Enea:

gli appare “com’era nel giorno in cui lo trascinava la biga nero dipolvere cruenta e trafitti dalle redini i piedi enfiati”; versa largopianto, il suo aspetto (quantum mutatus ab illo. . . ) è ben diversoda quello del grande Ettore ritornato con le spoglie di Achille dopoaver ucciso Patroclo; ha “la barba irsuta e i capelli rappresi disangue e le ferite che ricevette numerose intorno alle patrie mura”.

È un’apparizione “orrenda” (horror) che però non sconvolgeEnea, anzi lo commuove, lo induce a chiedergli piangendo perchésia conciato così. Ettore non risponde, ma lo sprona a scappare daTroia e a salvare i Penati, gli si rivolge come al suo degno erede,a chi deve continuare il compito che prima era il suo, quello disalvare Troia, o almeno quello che resta.

Dante, bontà sua, lo mette nel Limbo (Inf. IV, 121-2: “I’ vidiElettra con molti compagni,/ tra’ quai conobbi Ettòr ed Enea”).

Shakespeare lo rappresenta molto bene in Troilo e Cressida:di lui si dice che “solo vederlo fa bene al cuore”; nel duello conAiace i due scoprono di essere cugini; al termine dell’opera Ettore

23Ecco adombrata la profezia sulla reale sorte di Astianatte.

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viene massacrato dai servi di Achille mentre è disarmato: non c’èalcun eroismo in ciò. Alcune delle battute più belle dell’opera sonodi Ettore; ad es. “La sicurezza sicura di sé è il cancro della pace;mentre il dubbio modesto definito è stato sempre l’insegna delsaggio, il cotone che assorbe la ferita frugando in fondo al peggio.”

È Foscolo a suggellarne in modo straordinario il ricordo (ilkleos) nella formidabile chiusa dei Sepolcri : “E tu, onore di pianti,Ettore, avrai/ ove fia santo e lagrimato il sangue per la patriaversato/ e finché il Sol risplenderà sulle sciagure umane”, fissandoloper sempre come l’eroe che si sacrifica per la patria e come l’uomoche ha consumato per intero il suo destino di sciagura sulla terra.

Kostantin Kavafis ce ne dà forse la lettura più moderna econvincente, nella sua I Troiani. Ettore è l’eroe con cui possiamoidentificarci noi moderni: aldilà di moderno e postmoderno, credoche questa identificazione valga ancora oggi! Kavafis forse pensavaallo scontro Greci/Turchi, ma. . . :

Sono, gli sforzi di noi sventurati,sono gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani.Qualche successo, qualche fiduciosoimpegno; ed ecco, incominciamoa prendere coraggio, a nutrire speranza.

Ma qualche cosa spunta sempre, e ci ferma.Spunta Achille di fronte a noi sul fossatoe con grida enormi ci spaventa.

Sono, gli sforzi nostri, gli sforzi dei Troiani.Crediamo che la nostra decisione e il coraggiomuteranno una sorte di rovina.E stiamo fuori, in campo, per lottare.

Poi, come giunge l’attimo supremo,coraggio e decisione se ne vanno:l’anima nostra si sconvolge e manca;e tutt’intorno alle mura corriamo,cercando scampo nella fuga.

La nostra fine è certa. Intonano, lassù,sulle mura, il lamento funebre.Dei nostri giorni piangono memorie, sentimenti.Pianto amaro di Priamo e di Ecuba su di noi.

Noi tutti, come Ettore, ci autoinganniamo, ci illudiamo che inostri sforzi servano a qualcosa, procediamo con questa fiducia

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giorno per giorno. Come per lui, anche per noi la sorte è segnata:pessimismo del greco di ieri (Omero) e del greco di oggi (Kavafis).

Ettore, nostro fratello, in fondo così poco eroe perché così similea noi. Ma ciò che conta, dopo tutto, non è la vanità dello sforzo,ma la volontà di compierlo: in questo strenuo compito sta tutta lamisera grandezza dell’essere umano.