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ARACNE Vomero antico Emilio Ricciardi

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Page 1: A MaraScritti in onore di Giancarlo Ali-sio, a cura di M. R. Pessolano e A. Buccaro, Napoli 2004, 177-189. Introduzione 13 quelle del Vomero, un luogo che, anche dopo la fondazione

ARACNE

Vomero antico

Emilio Ricciardi

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Copyright © MMVIIIARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, 133 a/b00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2072–2

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre 2008

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A Mara

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Indice

Presentazione p. 9

Introduzione p. 11

Parte I - Breve storia del quartiere p. 17

Parte II - I luoghi p. 35

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Presentazione

Già nell’introduzione al suo lavoro sul Vomero Emilio Ric-ciardi denuncia una scelta che rappresenta una delle qualità piùinteressanti dello studio relativo alla trasformazione subìta dallafascia collinare napoletana in un tempo assai breve, se si pensaalla storia millenaria dell’insediamento antico. Avere deciso dipubblicare, infatti, solo immagini e planimetrie che si fermanoall’Ottocento contribuisce, molto più di vedute antiche e foto-grafie moderne messe a confronto, a marcare i cambiamenti av-venuti nelle colline verdeggianti, punteggiate da qualche masse-ria e da rare ville, entrate nell’immaginario collettivo localegrazie alla diffusione della tardoquattrocentesca tavola Strozzi.

L’autore, tuttavia, non dedica a rimpianti per quello (tanto)che si è perduto. Cosciente che si sarebbe potuto, con una visio-ne poco più lungimirante, trasformare la zona collinare in unapiù vivibile area residenziale, si limita a ricordare come,all’incirca dalla metà del secolo appena trascorso, non si puòparlare di storia urbana del Vomero senza rimarcare che si trat-terebbe, come scrisse Giancarlo Alisio, di narrare la cronaca diun massacro.

Sorto nell’Ottocento con un piano che ignorava le qualitàpanoramiche delle creste collinari, con ritardi nel collegamento,già allora non facile, con la città storica, il quartiere si sviluppe-rà con fatica tra fallimenti, ritardi e varianti ai tanti piani studia-ti, fino all’esplosione edilizia del secondo Novecento, che hadefinitivamente cancellato, dovunque era possibile, e anche do-ve non lo sarebbe stato, quasi tutte le tracce della stratificazionesecolare dell’ambito collinare. E quindi ben venga la scelta didimenticare, sia pure per un breve momento, il caos quotidianoper prendere atto di una immagine diversa che, anche se perdu-ta, può in qualche modo indurci a ripercorrere i luoghi nel ri-cordo di com’erano, ripensandone la qualità.

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Presentazione10

Sulla base di una ricerca cartografica approfondita e conl’aiuto di una grande quantità di documentazione inedita rin-tracciata negli archivi e nelle biblioteche, le brevi note di storiaurbana sono tratteggiate con la volontà di percorrere, con rapi-dità e chiarezza, i percorsi storici che collegavano villaggi, villee masserie separati da ampi spazi verdi, adeguandosi alle pecu-liarità fisiche del territorio, per poi ricostruire la successivastratificazione, intricata perché nata dall’improvvisazione.

Ma la parte dello scritto di Ricciardi che meglio ci restituiscel’immagine perduta del quartiere è quella dedicata ai ‘luoghi’; aciascuna porzione del Vomero sono riservate alcune pagine aparte, corredate dalla necessaria bibliografia, da numerose pla-nimetrie (molte delle quali inedite) e dalle più significative im-magini dei vedutisti dei secoli passati. I singoli paragrafi, neiquali sono bandite nostalgiche rievocazioni e descrizioni di ma-niera che avrebbero nociuto alla chiarezza scientifica del meto-do seguìto, nell’illustrazione degli episodi di architettura e degliambiti urbani pongono l’accento sulla stratificazione del territo-rio storico, mostrano cappelle rurali e conventi modesti, aree aorto, grandi giardini, posizioni panoramiche invidiabili occupateda grandi ville i cui nomi ora ricordano solo percorsi stradaliimpraticabili per la densità di traffico meccanico e ‘pedonale’.

Qualcosa si è salvato, ma è difficile goderne; possiamo ri-trovarne le tracce nel volume che sollecita memorie e interessea verificarne l’esattezza orientandosi nella caotica struttura at-tuale.

MARIA RAFFAELA PESSOLANO

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Introduzione

Chiunque abbia studiato il Vomero sa che la difficoltà prin-cipale, per intraprendere una ricerca sull’argomento, non consi-ste nella scarsità di fonti. Al contrario, a partire dalla finedell’Ottocento, quando la fisionomia del quartiere napoletanoinizia a distinguersi da quella delle zone collinari vicine, è di-sponibile una vasta bibliografia che, unita alla documentazionearchivistica e iconografica, permette di ricostruire senza troppelacune la storia e la topografia del territorio vomerese1.

Tuttavia, se la dovizia di testimonianze smentisce il luogocomune secondo il quale il Vomero sarebbe un quartiere “senzastoria”, il materiale a disposizione, in particolare quello biblio-grafico, è di natura piuttosto eterogenea e mescola informazionisulla topografia con ricordi personali, impressioni paesaggisti-che e note di folklore. Inoltre nella maggior parte dei casi latrattazione abbraccia solo gli anni più recenti e le rare volte chel’indagine si spinge ai secoli anteriori al XIX gli autori preferi-scono lasciare spazio alle leggende o ripiegare su osservazionigeneriche sulla storia di Napoli piuttosto che cercare di indivi-duare, attraverso la ricerca d’archivio e una attenta lettura ar-chitettonica e urbanistica, le peculiarità della zona.

Sebbene non manchino contributi basati sull’osservazionediretta dei luoghi2, e anche se alcuni edifici del Vomero sono

1 Cfr. G. TAFURI, Cenni sul villaggio del Vomero, con note storiche, climatologiche

e mediche, Napoli 1889; A. ARCUNO, Il Vomero. Piccola guida per le scuole e pei viag-giatori…, Napoli 1915; M. FÙRNARI, Il vecchio Vomero dalle origini al 1885, Napoli1961; G. BELLET, Il Vomero capitale di Napoli, Napoli 1966; G. ALISIO, Il Vomero,Napoli 1983; M. FÙRNARI, Il vecchio Vomero. Saggio di topografia e toponomastica,Napoli 1985; M. FINIZIO – S. ZAZZERA, Il quartiere dei broccoli. Storia, tradizioni eimmagini del Vomero, Napoli 1985; F. STRAZZULLO, Il Vomero tra storia e poesia, Na-poli 1985; A. BULISANI, Le strade del Vomero, Napoli 1986. Cfr. anche le immagini ele foto d’archivio raccolte in A. LA GALA, Il Vomero e l’Arenella, Napoli 2002.

2 Cfr. G. PARADISO, Arenella e dintorni. Ville e chiese, a cura di N. Della Monica eM. R. Guglielmelli, Napoli 2000.

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Introduzione12

stati oggetto di brevi monografie3, manca ad oggi un lavoro disintesi che, abbracciando un arco cronologico ampio e mettendoa confronto le fonti archivistiche e iconografiche con le osser-vazioni “sul campo”, si prefigga di verificare e mettere in ordi-ne i dati raccolti, integrandoli con nuovi particolari e rico-struendo con maggiore precisione le antiche vicende del quar-tiere.

Le testimonianze dei secoli passati, concordi nel descrivereil Vomero come una zona poco urbanizzata e a forte connota-zione agricola, hanno contribuito ad alimentare un’immagineoleografica del quartiere, che ha impedito di cogliere nella suacomplessità la stratificazione dei luoghi. In realtà il ruolo dellezone collinari nella storia urbanistica napoletana può esserecompreso appieno solo attraverso una lettura della città “in ver-ticale”, cercando di indagare e di porre nel giusto risalto nonsolo le relazioni dei villaggi del Vomero e di Antignano con glialtri casali sparsi tra l’Arenella e Soccavo, ma anche il rapportotra la collina e la sottostante riviera di Chiaia, oppure tra lasommità di Sant’Elmo e la città vicereale che si estendeva allesua falde. Né va trascurata la grande trasformazione che, a parti-re dal Decennio Francese, si verificò nel paesaggio rurale na-poletano, e in modo particolare nelle zone collinari, grazie alladiffusione di nuove tecniche agricole e di colture di maggiorpregio.

Nel presente lavoro si è scelto di non includere, se non inmodo marginale, Castel Sant’Elmo e la certosa di San Martino,poiché le vicende storiche e artistiche dei due monumenti, cosìimportanti per la storia di Napoli, sono sempre state distinte da

3 Cfr. E. PÉRCOPO, La villa del Pontano ad Antignano, in “Napoli Nobilissima”, s.

II, 2 (1921), 1-7; E. D’ACUNTI, L'antichissima chiesa di S. Gennariello (Piccola Pom-pei al Vomero), Napoli 1978; F. STRAZZULLO, Documenti inediti sul convento di S. Ma-ria della Libera al Vomero, in Atti del Congresso Mariano Parrocchiale di S. Mariadella Libera al Vomero, Napoli 1985, 89-151; S. ATTANASIO, La villa Carafa di Belve-dere al Vomero, Napoli 1985; T. SICILIANO, La Floridiana e Villa Lucia, Napoli 1966;C. ABBATE, Villa Costanza, Napoli 2001; L. DI MAURO, La villa Pietracatella al Vome-ro, in Architetture e territorio nell’Italia meridionale. Scritti in onore di Giancarlo Ali-sio, a cura di M. R. Pessolano e A. Buccaro, Napoli 2004, 177-189.

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Introduzione 13

quelle del Vomero, un luogo che, anche dopo la fondazione delnuovo rione alla fine del XIX secolo, ha tardato a integrarsi nellacittà, mantenendo per lungo tempo una sua particolare fisiono-mia.

La decisione di utilizzare solo immagini dei secoli passati,senza affiancarvi foto della situazione attuale, nasce dal deside-rio di presentare l’abbondante materiale iconografico, in granparte inedito, emerso nel corso delle ricerche d’archivio, ma loscopo principale è quello di delineare l’immagine antica deiluoghi, diversa sia da quella odierna, condizionata dal caos e daldegrado, sia dalla rappresentazione idealizzata e bucolica cheviene fuori da tanta cattiva letteratura.

La documentazione reperita ha rivelato l’esistenza, accantoalle fabbriche più note, di masserie, cappelle e conventini ruraliscomparsi da tempo, dei quali sopravvivono episodiche traccenella toponomastica, mentre il confronto con le testimonianzeiconografiche ha permesso di chiarire molti particolari della sto-ria urbanistica del quartiere.

Il lavoro si compone di un breve saggio di carattere generale,seguito da una trattazione divisa per zone, dedicando a ciascunadelle dieci aree individuate un paragrafo che ne riassumesse levicende. Durante la redazione non si è perso mai di vista il pro-posito di fornire uno strumento agile che, senza appesantire iltesto con troppa erudizione, fosse in grado di condurre il lettorein una piacevole escursione tra le raffigurazioni e le carte anti-che, alla ricerca dell’immagine autentica del più celebrato quar-tiere collinare di Napoli.

Ringrazio la professoressa Mariela Pessolano, che ha scritto la presenta-zione del libro e ha fornito materiale e consigli durante la stesura del testo, eil professor Alfredo Buccaro, per avermi gentilmente messo a disposizionealcune immagini. Devo inoltre al dottor Fausto De Mattia e al dottor GaetanoDamiano la segnalazione di alcuni documenti utilizzati nella presente ricerca.

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IBreve storia del quartiere

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Sigle

ASDNa Napoli, Archivio Storico DiocesanoASNa Napoli, Archivio di StatoASVat Roma, Archivio Segreto VaticanoBNNa Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanele III”

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I villaggi collinari e la parrocchia dell’Arenella

A partire dal XVI secolo, con l’aumento della popolazione, sierano sviluppati intorno a Napoli numerosi borghi, nei qualiavevano trovato abitazione tutti coloro che non avevano la pos-sibilità di stabilirsi all’interno delle mura. Al di là dei borghi, lecampagne circostanti erano punteggiate da minuscoli nucleiabitati1 distribuiti su una vasta area che si estendeva sulle colli-ne del Vomero, dell’Arenella e dei Camaldoli, giungendo alambire i confini di Soccavo, di Posillipo e di Chiaia. Centro diquesta costellazione erano i villaggi del Vomero e di Antignano,collegati dalla via Puteolana per colles, dalla quale si dirama-vano i sentieri per raggiungere le campagne circostanti (fig. 1).

Fig. 1 - A. BARATTA, Fidelissimae urbis neapolitanae… [1629], particolare con la “viadel Vomero”.

1 “E circa i suoi casali, che sono al numero di 37, i quali fanno un corpo con la città[…] sono situati […] otto nelle pertinenze del monte di Posilipo, e sono questi […] An-tignano, Arenella, Vommaro, Torricchio, Chianura, Santo Strato, Ancarano, e Villa diPosilipo.” (Breve descrittione della città di Napoli, Napoli s.d. (ma 1621), 25; cfr. ancheG. A. SUMMONTE, Historia della città e Regno di Napoli, Napoli 1599.

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Parte I18

La distanza dalla città e il carattere rurale dei luoghi spiega-no la distribuzione delle diverse tipologie di edifici sacri. Lecappelle beneficiali sparse all’interno delle masserie, lungo lestrade principali e nei villaggi, insieme ai piccoli conventi si-tuati in prossimità dei nuclei abitati, assicuravano la cura pasto-rale agli abitanti, mentre due grandi monasteri maschili, quellodi San Martino e quello di San Salvatore a Prospetto, occupava-no la sommità delle colline del Vomero e dei Camaldoli. Eranoinvece assenti i monasteri femminili, concentrati dopo la rifor-ma post-tridentina all’interno delle mura urbane.

Lo Status Ecclesiae Neapolitanae, compilato alla fine delXVI secolo per conto dell’arcivescovo Annibale di Capua, elen-ca tra il Vomero e l’Arenella la chiesa di San Gennarello adAntignano, quella di Santa Maria del Soccorso, la cappella diSanta Maria a Corigliano e i conventi di Sant’Agostinoall’Arenella, Santa Maria degli Angeli al Vomero e Santa Mariadella Libera2. A questa data esistevano anche la cappella diSanto Stefano, alla confluenza delle strade che provenivano daPosillipo e da Soccavo, e, più a valle, quella di Santa Mariadelle Grazie “dei Passarelli”, all’interno di una estesa tenuta cheapparteneva ai frati di San Domenico Maggiore.

Nello scorcio del Cinquecento Antignano, il Vomero el’Arenella appartenevano alla parrocchia di Santa Maria Mag-giore, una chiesa situata nel centro antico della città; per questomotivo gli abitanti dei casali sparsi sulle colline chiesero chefosse loro garantito un più facile accesso ai Sacramenti e gli ar-civescovi napoletani accolsero la richiesta, istituendo la nuovacircoscrizione di Santa Maria del Soccorso, che si estendeva trala collina di Posillipo, il casale di Soccavo e le parrocchie diSanta Maria dell’Avvocata, Santa Maria della Neve eSant’Anna di Palazzo, racchiudendo una vasta area che andavapiù o meno dall’attuale piazza Canneto fin sopra l’eremo dei

2 ASDNa, Status Ecclesiae Neapolitanae [s.d., ma 1580-85]. Sugli edifici sacri del

Vomero cfr. E. RICCIARDI, Chiese secentesche tra Vomero e Arenella, in «Ricerche sul‘600 napoletano» 2001, 111-132.