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Trimestrale dei Fratelli delle Scuole Cristiane - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma - Sezione per la Stampa, n. 83/2004 del 5 marzo 2004 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIO CHIARAPINI

Consiglio di redazione:Gabriele Di Giovanni - Lorenzo FilippiGabriele Mossi - Giuseppe NorelliGuido Orsi - Alberto Tornatora

Collaboratori e Corrispondenti:Bruno Alpago, Donata Belossi, Bruno A.Bordone, Alberto Castellani, Maurizio Dossena,Roxana Lepadus, Raffaele Norti, Carla Pollastri,Federica Trapani.

Illustrazioni:Salvatore Mantia

Archivio fotografico:Fausto Guarda, Sergio Saini, Claudio Laconi,Iconografia lasalliana.

La rivista viene inviata gratuitamente.Chi desidera contribuire alle spese puòservirsi del

C/c postale n. 52041001IBAN IT27A02008 05020000005215702

causale: Lasalliani in Italia

Per il cambio di indirizzo comunicare anche il vecchio

Direzione e redazione:Lasalliani in ItaliaViale Giovanni Dusmet 400046 Grottaferrata (RM)[email protected]:Viale del Vignola, 56 - 00196 RomaEditore: Provincia della Congregazionedei Fratelli delle Scuole CristianeVia S. Sebastianello, 3 - 00187 Roma

Rivista associataall’Unione Stampa Periodica Italiana

Stampa e spedizione:Stabilimento TipolitograficoUgo Quintily spa - V.le E. Ortolani, 149/151.Zona Ind. di Acilia, 00125 [email protected]. 06-52169299

Finito di stampare: Settembre 2014

Italia

LASALLIANI in ItaliaRivista trimestrale della Provincia Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane Organo di stampa dei Lasalliani: Fratelli, Amici, Docenti, Alunni, [email protected] - http://www.Lasalleitalia.net

Settembre 2014 - Anno XI • n. 42

SOMMARIO

Le coraggiose scelte del La Salle 3di Mario Chiarapini

45° Capitolo Generale - Note in margine 4di Gabriele Di GiovanniIl Capitolo in poche righe 8Il nuovo Superiore Generale Fratel Robert 9

Lasallianità: Il Vangelo prima regola di vita 10di Bruno A. BordoneLa parola per te 13di Gabriele MossiTestimoni contemporanei: Fratel Teodoreto e Fratel Gregorio 14di Raffaele Norti

A quattr’occhi con il nuovo Superiore Generale 16

La pubblicità, un pifferaio magico 19di Lorenzo Filippi

Pellegrinaggio a Vinchio d’Asti, 21 - Festeggiamenti dei 150 anni del La Salle a Grugliasco, 22 - I 170 an-ni del La Marmora di Biella, 23 - Laurea honoris causa a Fratel Rodolfo Meoli, 24 - Benemerenza civicaa Fratel Raffaele Lievore, 24 - Il musical Il Vento dei Poveri, 29 - Lettera dei Fratelli Capitolari al Presiden-te della Nigeria, 29

25di Carla Pollastri (seconda parte)

La crisi è soprattutto antropologica ed estetica 30di Maurizio Dossena

Quando i Santi scendono in piazza 33di Giuseppe Norelli

Un medico lasalliano nelle periferie del mondo 35Le esperienze di una “crucca” a Scampia 38di Roxana Lepadus

La motivazione allo studio 37

Se sarò promosso 40di Alberto CastellaniRiflessioni adolescenziali: Essere condizionati... 43di Federica Trapani

Tutti a scuola di resilienza 45di Guido Orsi

Consigli per la lettura 48a cura di Alberto Tornatora

I racconti improbabili: La lettera mai scritta 49di Mario Chiarapini

Lettere al direttore 50

EDITORIALE

SPECIALE CAPITOLO

NOTIZIE dall’Italia e dal mondo

PROBLEMI ATTUALI

EVENTI ECCLESIALI

DIDATTICA

RACCONTI

CONSIDERAZIONI

La Salle il pioniere della scuola moderna

TESTIMONIANZE

RIFLESSIONI

INTERVISTA ESCLUSIVA

AGORÀ

TEMI EDUCATIVI

IN LIBRERIA

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In copertina: Fr. Robert Schieler, Superiore Generale

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L a recente celebrazione del 45° Capitolo Generale dei Fratelli delle Scuole Cristiane con l’elezione delnuovo Superiore Generale Fratel Robert Schieler (a pag. 16 la sua intervista esclusiva) e l’approvazione

della nuova Regola, mi dà l’opportunità di parlare del nostro Fondatore, delle sue intuizioni e del suo coraggionel realizzarle. Il La Salle volle i suoi seguaci semplici Fratelli, non sacerdoti, perché il loro altare fosse lacattedra e il loro impegno la scuola e non una parrocchia; in questo modo, il santo considerava ugualmenteimportanti sia il ministero sacerdotale sia il ministero educativo. Già questa sua intuizione ce lo mostracome un uomo di grande elasticità mentale e di grande lungimiranza; ma precorre i tempi anche con altre

scelte: fonda la prima Congregazione religiosa, nella storia della Chiesa, inte-ramente laica; offre nuovi criteri per la programmazione scolastica popolare etecnico professionale e inventa indirizzi di studi mai fino allora sperimentati.Per tutta la vita, con l’apporto dei suoi Fratelli, sottopone a continui e profondiesami critici tutte le sue realizzazioni e i suoi progetti. Nella sua visione peda-gogica, c’è la forte convinzione che l’ambiente educativo debba essere serenoe i rapporti tra gli alunni e tra gli stessi insegnanti caratterizzati da rispettoreciproco e da grande amicizia, in un vero clima di famiglia, in cui l’insegnantesi possa rapportare con i propri ragazzi nel modo giusto, senza ferire la lorosuscettibilità, anzi, facendo leva sulle loro potenzialità per ottenerne un seriomiglioramento. Il nostro santo affermava che “l’eccessivo rigore distoglie dalprofitto”, questo invece ci sarà di sicuro se essi mostreranno nei confronti deglialunni un vero interesse e un grande amore. E sono proprio l’amore e la tene-rezza, non disgiunte mai dalla fermezza, a contraddistinguere lasallianamente

la relazione educativa. “Nell’educatore deve trasparire la fermezza e la decisione propria di un padre, unitaalla dolcezza e alla tenerezza di una madre”. Da qui si evince che l’educazione lasalliana è intesa innanzituttocome una relazione interpersonale, in cui, se manca l’amore, anche le tecniche più evolute saranno inefficaci.Tutti gli educatori tengano presenti questi fondamentali principi, se intendono agire in linea e nello spiritodel santo Patrono di tutti gli educatori.

Lo zelo vi spinga ad amare sensibilmente le anime dei vostri alunni, come Gesù Cristo ha amato la sua Chiesa. La Salle

Le coraggiose scelte del La Salle

Mario Chiarapini, FscDirettore

Le originali intuizionireligiose e pedagogichedel La Sallesono il coraggioso fruttodi un’armonica sintesidelle sue qualità umanee della sua profondaspiritualità.

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speciale Capitolo

Gabriele Di Giovanni,docente lasalliano

Il 45° Capitolo Generale dei Fra-telli delle Scuole Cristiane haavuto un’ampia copertura infor-

mativa. Ogni giorno veniva prodottauna sintesi dei lavori e delle attivitàsvolte. Chiunque avesse voluto dun-que poteva avere un’informazione intempo reale accedendo al sito dellaCasa Generalizia. Queste note per-tanto non andranno a rifare la cro-naca di una vicenda che tutti hannopotuto seguire. Né analizzeranno ledecisioni prese dal Capitolo Gene-rale intorno ai sette temi che si èdato (Missione, Associazione, For-mazione e accompagnamento, Vo-cazioni, Governo, Finanze, Il Fratellonel XXI secolo). Proveranno a rac-contare il Capitolo dal mio partico-lare punto di vista, anche emotivo:un Fratello italiano che per la primavolta partecipa a un Capitolo Gene-rale. Procederò per blocchi, dopoaver spiegato un po’ cosa è un Ca-pitolo Generale. Il linguaggio eccle-siale in questi frangenti non semprerisulta chiaro.

Cosa è dunque un Capitolo Ge-

nerale? Ogni gruppo umano che sirispetti ha i suoi meccanismi per ar-rivare a prendere decisioni e aorientarsi. Nel mondo civile lo fa at-traverso le elezioni di rappresentatiche a loro volta, costituiti in Parla-mento, formulano leggi, che poil’esecutivo (il Governo) è chiamatoa tradurre in pratica.

Questo succede anche nella vitareligiosa: soltanto cambia di nomee dovrebbe cambiare anche di spi-rito, che non è e non deve essere dipotere. Arriva il giorno in cui unacomunità religiosa (noi Fratelli ognisette anni) si interroga sul camminopercorso e si orienta sulle strade fu-ture da percorrere, decidendo in ge-nere anche gli uomini che dovrannoguidarla.

Per farlo elabora orientamentiscritti (leggi) che vota dopo un at-tento lavoro per arrivare al massimoconsenso possibile: l’obiettivo èl’unanimità nelle decisioni prese.Non c’è quasi mai, ed è normale:tuttavia su quasi tutti i punti si do-vrebbe giungere a un ampio con-senso condiviso. Confrontarsi,parlare, dibattere, orientarsi, dialo-gare, accettare la molteplicità dei

Note in margine

CapitoloGenerale445°

45°

Senso fraterno

di una comunità

internazionale.

Incontro di culture

e sensibilità diverse.

Liturgie accurate

e partecipate,

e poi lunghi

e laboriosi dibattiti.

Ma anche... le fragole,

le ciliegie

e le albicocche

contese ai pappagalli

del parco della Casa

Generalizia.

speciale Capitolo

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punti di vista: ecco gli atteggia-menti che devono essere presenti inun Capitolo. Diventa “generale”quando è tutta la realtà implicatache è invitata a interrogarsi e nonsolo una parte o un settore di essa.

“Generale”, per i Fratelli delleScuole Cristiane, vuol dire in praticamondiale: siamo in 83 paesi delmondo sparsi nei cinque continenti.Le mentalità e le esperienze sono lepiù disparate: senza una buona dosedi accoglienza reciproca e fraterna,qualunque discorso sarebbe impos-sibile. Ma in questo La Salle compieeffettivamente un miracolo: il rife-rimento di tutti a lui e in lui a Cristoconsente di avere una base comunepur nella diversità degli approcci edelle culture. E questo comune rife-rimento in questo Capitolo Generaleè stato molto forte. Oltre ai testiguida adottati, la lettera dei Fratellia La Salle del 1714, mi sembra diaver percepito l’unità pur in pre-senza di innumerevoli diversità.

Chiaramente, questa partecipa-zione generale è regolamentata danorme: per i Fratelli si tratta di eleg-gere, nelle diverse Province dell’Isti-

tuto i propri rappresentati in un nu-mero definito tra l’1 e l’1,5 % deiFratelli di una data Provincia. Perl’Italia dunque solo tre rappresen-tanti: il Visitatore Provinciale FratelAchille, l’ausiliare Fratel Bernardinoe lo scrivente. Tutti e tre novellini.Nel Capitolo Generale, abbiamoscoperto che la maggior parte deicapitolari aveva una esperienza piùampia. Noi sappiamo cosa è e comefunziona un Capitolo Provinciale,ma quello generale non solo è piùgrande, è un’altra cosa.

Anzitutto, ha un carattere moltopiù formale: cerimonia di apertura edi chiusura, firme ufficiali, luoghidedicati e interdetti ai non addettiai lavori, momenti in cui si richiedel’abito formale (le facciole, ma nontutti ormai le utilizzano: in ognicaso molti, molti di più di quanti tiaspetti). Per eventuali assenze dalleriunioni plenarie bisogna che la cosavenga messa ai voti. E io che pen-savo, da solito italiano, di potermelasvignare per andare ogni tanto almio Pio IX a dare un’occhiata… Illu-sioni del neofita. Mi rassegno alfatto che, in casa mia, le cose do-

vranno andare avanti senza di me.Mi consolo pensando che sono bravie ce la faranno. Approfitto solo diqualche dopocena per incontrarequelli di ELP che stanno seguendo ilCapitolo da fans. D’altra parte, chiviene dal Messico o dalle Filippinesta nelle mie stesse condizioni.

La formalità ufficiale vorrebbeessere un simbolo di serietà e digravità per l’importante momentoche si vive: non sempre ci riesce.

Il Superiore Generale emerito Fratel Alvaro

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speciale Capitolo

Quello che siamo non cambia moltocon le facciole o con i pantaloncinicorti. Peraltro giustamente sconsi-gliati il giorno in cui viene eletto ilnuovo Superiore Generale.

La formalità investe l’organizza-zione molto rigida della giornata:alle sette in chiesa, alle nove al la-voro con breve pausa caffè fino apranzo; ripresa alle 15,00 e santaMessa alle 18,45, dal lunedì finoqualche volta al sabato. Così riscuo-tono un buon successo, rappresen-tano una novità al ritmo rigido deigiorni, l’uscita programmata sui luo-ghi francescani e due serate, una of-ferta dalla Provincia Italia presso ilCollegio san Giuseppe di Roma conpresenza delcoro CanticorumJubilo del Pio IX;l’altra, offertadalla scuola divia Paganopresso il CollegioPio Brasiliano,appena fuoridella casa Gene-ralizia, dove siassiste allo spet-tacolo “Il ventodei poveri”, fe-lice, originale eapprezzato mu-sical su La Salledi Fratel MarioChiarapini. Noiitaliani ci la-sciamo prendere sempre un po’ ingiro, siamo portatori di una visionecomica della vita, ci ha ricordato ilPreposito Generale dei Gesuiti, mavolendo sappiamo dire la nostra.

In secondo luogo, sei catapultatoin un mondo diverso: sei e non sei aRoma. La Casa Generalizia, qual-cuno ignaro dalla situazione immo-bilistica della Capitale parla anchedi venderla, sta a Roma come un’ab-bazia benedettina che basta a sestessa e in cui l’italiano non è la lin-gua ufficiale. Lo sono il francese, lospagnolo, l’inglese. Io ho scelto distare con il gruppo francofono: difatto belgi, francesi di Francia e

africani occidentali, ex coloniefranco–belghe, canadesi del Quebec.Finché si sta in riunione plenaria, cisono i traduttori e bene o male te lacavi (se non capisci le indicazioni dilavoro chiedi a qualcuno che ha ca-pito). I guai cominciano quando tiritrovi in gruppetti di lavoro pluri-lingue: ci si arrangia e chi conosceuna lingua traduce per chi non laconosce. Per fortuna mi difendo infrancese e non ho particolari diffi-coltà con lo spagnolo: scopro di sa-pere più parole di inglese di quantoimmaginassi. Ma il linguaggio èspecialistico e la cosa è più facile.Ciononostante alla sera i neuroni lisenti cotti.

Il vantaggio dell’isolamento ab-baziale di via Aurelia 476 lo scopropresto: alle 5,15 (non sempre, nonsono così stacanovista) mi alzo e mene vado a trotterellare intorno allacasa. Non sono mai il primo: c’è unpiccolo gruppo di podisti fedeli emigliori corridori del sottoscritto.Bernardino ogni tanto inforca la bi-cicletta. La sera lo stesso percorso,fatto passeggiando con cari amicispagnoli, mentre altri, non quelli diHong Kong, giocano insieme a pingpong e qualcuno cerca un gelatoitaliano.

Infine una felice scoperta: gli al-beri della casa non sono solo orna-

mentali. Così nell’arco del periodoinfinito del Capitolo, dal 22 aprileall’8 giugno, colgo (ma non sono ilsolo: ci si mettono anche i pappa-galli) fragole, ciliegie, lamponi, uvaspina, albicocche, prugne. Per i kakidi settembre non ci sarò. Non midolgo più di tanto: non ci vadomatto.

In terzo luogo, l’ampiezza e inparte la diversità delle tematichetrattate. Quello che da noi, diciamoin Europa, appare marginale, peraltri invece è fondamentale e vice-versa. Esperienze maturate in am-bienti diversi potrebbero e devonodiventare patrimonio a cui tuttipossono attingere. Alcuni esempi. Il

primo: l’educa-zione intercultu-rale è tema chesta entrandop r e p o t e n t e -mente da noi e cilascia un po’spiazzati, ma inAsia (medio edestremo oriente)è tema di semprecon interessantirealizzazioni sulcampo da tuttiriconosciute.

Il secondo: cipreoccupiamodell’educazionedi base, diciamofino alla matu-

rità. Ma nel mondo negli ultimi de-cenni sono spuntate oltre 70università lasalliane che oggi hanno250.000 alunni, un quarto del totaledei nostri alunni. Mentre noi conti-nuiamo a parlare dei piccoli, ilmondo, in particolare nei paesi invia di sviluppo (se la dizione è an-cora corretta: anche a Nairobi cisono i grattacieli e l’aria condizio-nata) sta pensando a quelli un po’più grandi.

Infine le vocazioni: è un pro-blema di tutti, ma più sentito nelnord del mondo, molto meno nelsud. E al sud hanno organizzato pro-grammi molto efficaci… La diversità

speciale Capitolo

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delle problematiche ti rende umile:non esistono solo le tue sfide, altristudiano quanto e più di te, giranoil mondo, parlano quattro lingue, in-ventano soluzioni più efficaci e in-novative. Un po’ ti deprimi, deviaccettare i tuoi limiti e il peso dellatua storia; ma un po’ ti riscatti,anche tu fai cose che gli altri nonfanno. E in questo scambio fecondotrovi nuovi stimoli, sei costretto aformulare nuove ipotesi. Inizi aguardare le cose in modo diverso.

Per un rudere guttemberghiano(o aldino, tanto per dire che sonoitaliano) come il sottoscritto, losvolgimento del Capitolo senzacarta è stata una novità assoluta:non c’è un documento di carta ingiro. Se vuoi sapere qualcosa te locerchi sul PC, IPad… ci trovi tutto:resoconti, relazioni, stato dei lavori,correzioni. Lo sto usando per scri-vere questo testo. Se vuoi, dici la tuae scopri, con un certo disappunto,che con una tastiera italiana scri-vere direttamente in francese è ve-ramente un problema. Scopri, sevuoi parlare, quanto è importante lasintesi: tanto in plenaria ti dannodai due ai tre minuti. Per lavorarenei piccoli gruppi però Google Driveè una pacchia: quando funziona

bene tutti sullo stesso testo e le cor-rezioni di uno arrivano immediata-mente agli altri. Ma comunqueun’altra lingua, se vuoi partecipareveramente e non fare presenza, ladevi poter parlare e scrivere bene.

Dicevo del periodo capitolare:lunghissimo. Io sono arrivato allafine un po’ fuso. È vero che due set-timane sono state aggiunte solo perarrivare a chiudere sulla revisionedella Regola, di cui sono stati votatitutti gli articoli. Se non si faceva inquesta occasione, sarebbe stato ne-cessario convocare un Capitolo stra-

ordinario. Ma oggettivamente, pensoper tutti, è stato molto impegnativo.L’aspetto positivo è che liturgica-mente abbiamo praticamente co-perto l’intero periodo pasquale. E lacosa ha un senso molto particolare:la liturgia stessa ci ha aiutato a ri-collocarci nell’ottica della missionee dell’opera di Dio, presentandoci ilracconto degli Atti degli Apostoli ele vicende della primitiva comunitàcristiana. La solennità di Pentecostein chiusura ha dato un senso tuttoparticolare e bello al nostro lasciarci.Da Fratelli.

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speciale Capitolo

Il Capitoloin poche righe

Più di 100 Fratelli delle Scuole Cristiane provenienti da 32 paesi dei cinque continenti si sono riuniti aRoma, dalla domenica di Pasqua fino a quella di Pentecoste, per celebrare il 45° Capitolo Generale, unCapitolo che è durato sette settimane ed è stato uno dei più lunghi, perché, al lavoro di valutazione e

proiezione del futuro come avviene in ogni Capitolo Generale, si è unito il lavoro della revisione della Regola edelle Costituzioni dell’Istituto.

Il tema, “Questa opera di Dio è anche la nostra”, è stato ispirato da una lettera che i primi Fratelli, trecentoanni fa, hanno indirizzato a San Giovanni Battista de La Salle, in ritiro sulla collina di Parménie, per invitarlo ariprendere la guida della Congregazione da lui fondata. E Giovanni Battista de La Salle, in virtù dell’obbedienza,ritornò dicendo: “Eccomi. Che cosa volete da me?”. Questo fatto è stato adottato come un’icona per discernereinsieme la volontà di Dio e come una chiamata a rivitalizzare la propria vocazione e a rinnovare l’impegno allamissione educativa ed evangelizzatrice, che la Chiesa ha affidato a questo Istituto.

Il lavoro dei Capitolari si è concentrato principalmente sulla missione educativa, sulla formazione e il soste-gno ai Fratelli e ai laici, sulla vocazione del Fratello, sull’associazione tra i Fratelli e coloro che ne condividonola spiritualità, sul carisma e sulla missione, sulla gestione delle risorse umane e materiali per la missione, sulGoverno dell’Istituto e, infine, sulla vita del Fratello nel ventunesimo secolo.

Fratel Robert Schieler, nato a Philadelphia, USA, è stato eletto Superiore generale; Fratel Jorge Gallardo deAlba, di nazionalità messicana, è il nuovo Vicario generale. I Fratelli Ricardo Laguda (Filippine), Pierre Ouattara(Burkina Faso), Paulo Petry (Brasile), Timothy Coldwell (USA) e Aidan Kilty (Irlanda) sono i nuovi Consiglierigenerali per le cinque regioni in cui l’Istituto è diviso.

L’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane continua a centrare la sua vita e la sua fede in Gesù risorto e atracciare il proprio cammino sulla fraternità e sulla missione che lo Spirito Santo ispirerà per gli anni a venire,deciso a creare nuove opere in aree marginali dove l’educazione e l’evangelizzazione sono di grande necessità.

Il 45° Capitolo si è concluso il giorno di Pentecoste, domenica 8 giugno, dopo molti giorni di intenso lavoro,durante il quale i delegati hanno vissuto fraternamente una gioiosa esperienza della loro identità ecclesiale diFratelli, in un clima di grande fraternità e di unità nella diversità, e hanno pianificato la loro vita e la loro mis-sione per il futuro.

I Fratelli delle Scuole Cristiane, che oggi condividono con molti laici la missione lasalliana, proclamano chel’opera di Dio, iniziata con San Giovanni Battista de La Salle, è di grande necessità in un mondo dove ci sonoancora 57 milioni di bambini che non hanno accesso all’istruzione.

speciale Capitolo

L’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, nelcorso del 45° Capitolo Generale, ha eletto FratelRobert Schieler Superiore Generale per i pros-simi anni.Fratel Robert è nato a Filadelfia, USA, nel 1950.Ha fatto la professione perpetua nel 1979. Neiprimi anni di apostolato ha insegnato negli StatiUniti e successivamente ha trascorso 13 annicome missionario nelle Filippine.Ha studiato Storia Europea Moderna e ha conse-guito il dottorato in Amministrazione Educativa.Dal 1991 al 1998 è stato Visitatore Ausiliare delDistretto di Baltimora e, successivamente, Diret-tore di Educazione per la Regione Stati Uniti-Toronto dal 1998 al 2001. In seguito è stato Visitatoredel suo Distretto dal 2001 al 2007.Negli ultimi sette anni è stato Consigliere Generale per la nuova Regione RELAN (Stati Uniti e Ca-nada), con residenza a Washington.Tutti i Fratelli e i Lasalliani d’Italia, nel congratularsi con Fratel Robert, gli offrono il loro incondi-zionato sostegno e la loro preghiera per la buona riuscita della nuova missione che gli è affidatacome 27° successore di san Giovanni Battista de La Salle.

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Il nuovo Superiore Generale Fratel Robert

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lasallianità

IFratelli e i Lasalliani che domenica16 marzo 2014 erano in Piazza SanPietro, oppure, come me dinanzi

alla televisione, in collegamento conl’Angelus di Papa Francesco, sarannocertamente trasaliti di gioia all’udireparte dell’intervento che sembravadettato proprio dal La Salle.

Leggere il Vangelo ogni giorno

Ha detto testualmente Papa Fran-cesco a commento del Vangelo di unadomenica: “Ascoltiamo Gesù anchenella sua Parola scritta, nel Vangelo.Vi faccio una domanda: voi leggetetutti i giorni un passo del Vangelo? Sì,no… sì, no… Metà e metà. Alcuni sì ealcuni no. Ma è importante! Voi leg-gete il Vangelo? E’ una cosa buona; èuna cosa buona avere un piccolo Van-gelo, piccolo e portarlo con noi, intasca, nella borsa e leggerne un passoin qualsiasi momento della giornata.Lì è Gesù che ci parla, nel Vangelo!Pensate questo. Sempre il Vangelocon noi, perché è la parola di Gesù perpoterlo ascoltare”

borsa e leggere un piccolo passonella giornata”.

Ci è ormai nota la chiarezza diPapa Francesco nelle sue esposizioni,ma forse sull’argomento Vangelo lo èstato in maniera esplicita, con un’in-sistenza coinvolgente.

Il dono del Vangelo

Il Papa non si è accontentato difare un’insistente raccomandazione.Quindici giorni dopo, domenica 6aprile, ha compiuto un gesto che èstato il complemento ideale della suaraccomandazione. Così lo ha spiegatoai fedeli in Piazza San Pietro: “E oravorrei fare un gesto semplice per voi.Nelle scorse settimane ho suggerito atutti voi di procurarvi un piccolo Van-gelo, da portare con sé durante lagiornata, poterlo leggere spesso. Poiho ripensato all’antica tradizionedella Chiesa, durante la quaresima, di

Bruno Adelco Bordone, Fsclasallianista

Temi lasalliani 17

IL VANGELO PRIMA REGOLADI VITA PER IL LA SALLE

A conclusione del suo discorso sulVangelo, Papa Francesco si chiedecome far crescere la Parola di Gesùdentro di noi. La sua risposta è lapi-daria: non facendone un uso perso-nale ma donandola ai nostri fratelli.Dice: “Quando noi sentiamo la Paroladi Gesù, ascoltiamo la Parola di Gesùe l’abbiamo nelcuore, quella Pa-rola cresce. E sa-pete come cresce?Dandola all’altro! LaParola di Gesù in noicresce quando noi laproclamiamo, quandonoi la diamo agli altri! Equesta è la vita cristiana.E’ una missione per tutta laChiesa, per tutti i battezzati, pertutti noi: ascoltare Gesù e offrirloagli altri. Non dimenticate questasettimana: ascoltare Gesù. E pen-sate a questa proposta del Van-gelo: lo farete? Farete questo? Poidomenica prossima mi direte seavete fatto questo: avere un pic-colo Vangelo in tasca o nella

« «

Il La Salle nei suoi scritti sottolinea continuamentel’importanza della Parola di Dio nella vita del Fratello.Papa Francesco ritorna spessissimo sull’argomento.

lasallianità

consegnare il Vangelo ai catecumeni,a coloro che si preparano al batte-simo. Allora oggi voglio offrire a voiche siete in piazza – ma come segnoper tutti – un Vangelo tascabile [mo-stra il libretto]. Vi sarà distribuito gra-tuitamente. Avvicinatevi ai postipredisposi e prendetelo, portatelo convoi e leggetelo ogni giorno: è proprioGesù che vi parla. (…) Oggi si può leg-gere il Vangelo anche con tanti stru-menti tecnologici. Si può portare consé la Bibbia intera su un telefonino, intablet. L’importante è leggere la Pa-rola di Dio e accoglierla con cuoreaperto. Allora il buon seme portafrutto”.

L’insegnamento del La Salle

La parola e il gesto di Papa Fran-cesco, veramente efficaci, costitui-scono un richiamo palese al pensierodi san Giovanni Battista de La Salle.Egli è altrettanto chiaro nei suoiscritti per sottolineare l’importanzache attribuisce alla Parola di Dio nellavita del Fratello. Leggiamo la sua rac-comandazione nella Regola dei Fra-telli e in altri scritti, soprattutto nelleMeditazioni.

Scrive il La Salle nella Regola: “I

si leggeva in latino e non era faciletrovarne copie stampate in francese.Inoltre è noto come il La Salle predi-liga San Paolo che cita continua-mente nelle sue meditazioni. Egli peròimplicitamente chiede di prediligerela lettura del Vangelo per poterne fareuso in classe con gli alunni.

Il parallelo tra Papa Francesco e ilLa Salle porta a sottolineare tre ele-menti: il Vangelo è Parola di Gesù checi mette direttamente in contatto conlui ogni volta che ne facciamo lettura;il Vangelo deve essere una proprietàpersonale da portare sempre con séper fare una lettura quotidiana; ilVangelo non deve essere acquisitosolo per la propria santificazione per-sonale ma deve essere testimoniato,perché incarnato nella propria vita. IlVangelo diventa così da possessomnemonico a direttiva concreta nellescelte quotidiane di vita: il La Salledice “prima e principale Regola”.

Il Vangelo e l’insegnamentoeducativo

Il Vangelo, come Parola di Gesùche opera nel cuore degli alunni, è uncapitolo tipico nell’insegnamento delLa Salle e costituisce una specificità

Fratelli di questa Società avranno unprofondissimo rispetto per la SacraScrittura e per darne testimonianzaporteranno sempre con sé il NuovoTestamento e ne faranno, ogni giorno,una breve lettura con sentimenti difede, di rispetto e di venerazione perle divine parole che vi sono contenutee che considerano come la loro primae principale Regola”.

Le parole del La Salle sono sinteti-che e chiare ma certamente di grandeimportanza perché le riporta quasi te-stualmente nella ‘Raccolta dei varitrattati brevi’: “Per entrare in questospirito (quello tipico dell’Istituto che èlo Spirito di fede) i Fratelli della Societàdebbono avere un profondissimo ri-spetto per la Sacra Scrittura e, perdarne testimonianza, porteranno sem-pre con sé il Nuovo Testamento e nonlasceranno trascorrere neanche ungiorno senza leggerne qualche paginacon sentimenti di fede, rispetto e di ve-nerazione per le parole divine che visono contenute”.

Come si vede il La Salle non chie-deva ai Fratelli di portare con sé soloil Vangelo, ma il Nuovo Testamentoper una conoscenza più completadella Parola di Dio che allora in chiesa

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lasallianità

lasalliana che è giusto sottolineare acomplemento di questo scritto. Sitratta di raccomandazioni che il LaSalle rivolge ai Fratelli ma che oggipossiamo estendere a tutti gli educa-tori che operano nel nostro mondoeducativo. Ne diamo qualche spuntotratto soprattutto dalle Meditazioni.

Il La Salle insiste sull’esigenza difare propria la Parola di Dio: “Sono ilibri sacri della Scrittura che devonomangiare, per usare l’espressione delProfeta, e di cui debbono essere ri-pieni i servi di Dio se vogliono sve-larne i segreti a coloro che, permissione divina, devono istruire e for-

mare al cristianesimo (M 170, 1). Inquesta maniera il La Salle introducenell’educatore la dimensione dellaParola di Dio come segreto per rea-lizzare il proprio compito di educa-tore. Precisa: “Voi avete la fortuna dileggere ogni giorno la Parola di Dio.Cercate di attingere da essa lascienza della salvezza che è parte es-senziale della vostra missione” (M100, 1). In modo tutto particolare ilLa Salle punta la sua attenzione sulVangelo perché è la parte della Scrit-tura che più facilmente leggiamo. In-segna egli ai primi Fratelli e a noioggi: “Per insegnare siete obbligati a

sapere; ma persuadetevi che viistruite assai più meditando il Van-gelo che sapendolo a memoria (M.170, 2). “Dovete attingere dal Van-gelo le verità che voi insegnate ai vo-stri alunni e questo è il vero modo perdare loro lo spirito cristiano” (M 159,1). “Voi dovete, da parte di Dio,istruire e condurre a vivere il cristia-nesimo gli alunni che vi sono affidati.Per questo leggete con frequenza ilVangelo. Tale lettura vi riempia delloSpirito di Dio in modo tale che pos-siate attendere al vostro ministerocon facilità e con frutto”. (M 171, 3).

Conclusione

Quando si entra nella sfera del Van-gelo si entra nell’ambito dell’amore chene è il motivo dominante. Lo avverteanche il La Salle a proposito del suoideale educativo. Cito come conclu-sione invitando per l’ennesima volta aestendere a tutto il nostro mondo edu-cativo, quanto il La Salle riferisce alrapporto maestro-alunni: “Voi avete lamissione di far conoscere ai vostrialunni le verità del Vangelo, poiché èDio stesso che ve ne affida l’incarico. Ilvostro zelo sia così intenso che, per riu-scire nell’intento, siate disposti anchea dare la vita, tanto vi devono esserecari gli alunni a voi affidati” (M 198,2).

IN VETRINAMarco Camerini, Elementi di retorica e stilistica, Graphisoft 2014, pp. 84, Euro 12,00

Marco Camerini, docente di materie letterarie presso l’Istituto Villa Flaminia di Roma, cipropone un agile manuale pensato non solo per studenti e docenti, ma per chi si trova quo-tidianamente a ricorrere, senza magari saperlo, agli artifici di una antica e affascinante di-sciplina, che consente di scoprire le infinite potenzialità della parola: la retorica. A livellodidattico il libro offre un percorso ricco di citazioni testuali e proposte operative che per-mette di aderire in profondità al testo lirico e coglierne le sfumature più suggestive e na-scoste (con capitoli specialistici di approfondimento – destinati anche ad universitari –sull’uso dei puntini sospensivi in Pascoli, il titolo come “verso aggiunto” ne “L’allegria”di Ungaretti e gli incipit lirici in “medias res”). Questo prezioso opuscolo può costituireper tutti uno strumento utile a (ri)scoprire le suggestioni del nostro linguaggio, troppospesso colpevolmente frettoloso e, insieme, a ricordare versi più o meno conosciuti, co-munque indelebili, di un patrimonio poetico straordinario.

Alberto Tornatora

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... la Parola per te!

INVITO A BETANIA... (Lc.10,38-42; Gv.11,1-46 e 12,1-8)

Invitami a Betania, Signoretu ami questo tempio dell’amicizia sincera, profonda, tenera, generosacasa dove con Marta, Maria e Lazzaro mi abbracci come personapareti di intimità silenziosa, finestre luminose di fede semplice e fortefocolare acceso da sentimenti di vera umanità accogliente e ospitalemensa gioiosa nel godere insieme le cose buone della vitastuoia di riposo sereno per vincere la fatica di giorni mai finitifamiglia in pace che apre il cuore e si dona col sorriso della gratuità.

Invitami a Betania, Signoreper vivere con Marta un amore fatto servizio e dedizione premurosaconcretezza di una fede aperta, dinamica, mani di Dio per il prossimosenza vani misticismi, alibi per l’egoismo del disimpegnoma senza perdersi negli affanni ansiosi di un attivismo snervantesacrificato all’ambizione del successo e lontano dal Signore.Con Maria, donna perdutamente innamorata di Te uomo-Diofammi stare ai tuoi piedi nell’ascolto interiore della tua Parolaper toccare con fede la profondità del mistero dell’uomo nel mistero di Dioed esserti discepolo-testimone con l’anima colma di Graziasenza chiudermi nell’intimismo di una contemplazione sterile e oziosa.La comunione adorante con Te e la fatica nel servizio dei fratellisono il respiro di quell’amore che effonde penetrante il suo profumodi verità, giustizia, speranza, misericordia, perdono, carità.

Invitami a Betania, Signorecon Lazzaro, l’amico che ami, anch’io nutro per te un’amicizia verafatta non solo di sentimenti umani ma vivificata dalla fede in Dio.Non mi accontento di ‘compagni usa e getta’ così di moda oggi.Con Te sto bene, mi sento accolto, perdonato, confortato, guarito.Il tuo amore per me ti fa versare lacrime di dolore cocentesui giorni tragici che mi vedono preda della disperazione e della morte.Con Marta e Maria credo che Tu sei la risurrezione e la Vita. Chi crede in Teanche se muore vivrà. Chi vive e crede in Te non morirà in eterno. (Gv.11,25)Ribalta la pietra ingrata che sigilla il sepolcro delle mie infedeltàliberami dalle bende della paura e delle cattive abitudiniscoprimi il volto di figlio di Dio e chiamami per nome a gran vocela Tua voce, che vince le grida di morte e dà vita nuova al mio cuore.

Invitami alla Betania Celeste, Signoretengo accesa la lampada della speranza nel tuo ritorno gloriosoquando mi chiamerai all’eterna gioiosa intimità con gli amici che ami.

Gabriele Mossi, Fscprofessore di filosofia

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testimoni

contemporaneiRaffaele Norti, Fsc Vicepostulatore

FRATEL TEODORETO

Parlando di Fratel Teodoreto, si èappena accennato al Servo di DioFra Leopoldo Maria Musso, dell’Or-dine dei Frati Minori (OFM), figuracentrale nella creazione di duegrandi opere da parte di Fratel Teo-doreto: l’Istituto Secolare UnioneCatechisti e la Casa di Carità Arti eMestieri.Prima di procedere nel racconto,sono indispensabili alcune pre-messe su Fra Leopoldo, anche perfugare vecchi e mai sopiti pregiu-dizi nei suoi confronti.Nato a Terruggia (AL) nel 1850 emorto a Torino nel 1922, era unumile frate laico, cuciniere di pro-fessione, già da vivo in fama di san-tità. Molti ricorrevano a lui peravere consigli. Anche il Cardinaledi Torino Agostino Richelmy si recòa visitarlo e lo stesso Papa Bene-detto XV se ne interessò. Nel 1912Fratel Teodoreto lo conobbe percaso e ne divenne subito non solol’amico, ma il costante punto di ri-ferimento fino alla di lui morte,scrivendone anche una volumi-nosa biografia, intitolata “Il Segre-tario del Crocifisso”, da qualcunodefinita “la vita di un santo scrittada un altro santo”. Fra Leopoldoasseriva di avere “locuzioni inte-riori”, cioè comunicazioni da partedi Gesù e della Madonna rivoltein buona parte alle opere che Fra-tel Teodoreto andava sviluppando.Questi “detti”, così saranno chia-mati, furono raccolti in quattro vo-lumi più un quinto di scritti vari econservati negli archivi dell’UnioneCatechisti.Fratel Teodoreto credeva cieca-mente alla verità di queste comu-nicazioni, alle quali però prote-stava di attribuire una fedesemplicemente umana, disposto a

sottomettersi totalmente al futurogiudizio della Chiesa. Di fatto nonmuoveva quasi passo senza l’ap-provazione “dall’alto”, tramite lamediazione di Fra Leopoldo.Com’era prevedibile le reazioni, so-prattutto tra i confratelli quandoquesti fatti vennero alla luce, fu-rono diverse: da chi ne fu affasci-nato a chi esternava critiche più omeno aperte, a volte con sorrisi efacili ironie.Il 24 gennaio 1941, a 19 anni dallamorte, fu aperto a Torino il Pro-cesso Diocesano per la Beatifica-zione e Canonizzazione di Fra Leo-poldo. Conclusosi positivamente il4 giugno 1943, gli Atti furono tra-smessi in Vaticano alla Sacra Con-gregazione dei Riti in attesa delProcesso Apostolico, ma qui l’iter

subì una battuta d’arresto, checontinua tuttora a distanza dimolti anni, perché le presunte “ce-lesti comunicazioni” apparvero aigiudici ecclesiastici (Cardinali eTeologi) poco credibili. In seguito,sono sopravvenuti però due impor-tanti fatti che dovrebbero fugare

ogni dubbio su un punto tanto de-licato. A metà degli anni ’80 i Ca-techisti chiesero al Prof. Don EzioRisatti, Ex Allievo dell’Isituto LaSalle di Torino, teologo, psicologo,psicoterapeuta e tuttora Presidedella Facoltà di Psicologia dei Sa-lesiani a Torino-Rebaudengo, di ef-fettuare una perizia psicologica (aoltre 60 anni dalla morte!) su FraLeopoldo, partendo dai famosi“detti” e da quanto era statoscritto di lui: biografie e articolivari. L’ampia perizia di ben 30 pagine siconcludeva con queste parole: “Inconclusione di questo lavoro pos-siamo vedere come Fra Leopoldonon soddisfi nessuna delle condi-zioni richieste per diagnosticare undisturbo psichico che contempli al-lucinazioni uditive. Come psico-logo posso solo concludere che aFra Leopoldo non può essere dia-gnosticato nessun disturbo men-tale tale da generare allucinazionidi voci interiori”. Ma il fatto ancora più importanteche torna a favore di Fra Leopoldoavvenne il 3 marzo 1990 quando,con il Decreto Pontificio sull’Eroi-cità delle Virtù di Fratel Teodoreto,questi venne dichiarato “Venera-bile”. Ora è chiaro che si giunse atale risultato dopo aver esaminatoalla lente d’ingrandimento tutti gliscritti e le opere di Fratel Teodo-reto che conducevano inevitabil-mente alla discussa figura di FraLeopoldo. Questa volta non fu sol-levato alcun problema sulla perso-nalità di Fra Leopoldo, dunque unriconoscimento implicito dell’ori-gine soprannaturale dei “detti” dalui riferiti.Dopo questa necessaria chiarifica-zione, si può riprendere il filo del

Fratel Teodoreto Fratel Gregorio

Fra Leopoldo Maria Musso

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In tutte le nostre necessità materiali e spirituali, ricorriamo all’intercessione dei due nostri Fratelli Venerabili.Per inviare offerte a favore delle Cause di Beatificazione dei due Fratelli Venerabili, servirsi di:

c/c postale N. 1013755416 intestato a Provincia di Torino Fratelli S. C.Bonifico IBAN: IT05B0760101600001013755416

Causale: Causa Beatificazione Fr. Gregorio e/o Fr. TeodoretoPer informazioni e relazioni di grazie, rivolgersi a:

Vicepostulatore Fratel Raffaele Norti - Istituto San GiuseppeVia San G. B. de La Salle, 5 - 20132 Milano - tel. 02/272.077.28 - 338.248.29.34

[email protected]

FRATEL GREGORIO

racconto nella speranza di guar-dare ora alla figura di Fra Leopoldocon un po’ più di fiducia se non disimpatia.Tornato nel 1906 dal corso di aggior-namento a Lembecq-Lez-Hal (Belgio)nella sua scuola di Santa Pelagia a To-rino, Fratel Teodoreto riprese le nor-mali attività scolastiche come Inse-gnante e dal 1910 come Direttoredella Comunità. In seguito diventerà

pure Ispettore e Direttore Didatticoin cinque scuole della R.O.M.I. (RegiaOpera Mendicità Istruita) di cui piùavanti qualcosa si dirà.Dallo stesso anno 1906 circola-vano con discrezione a Torinodelle immaginette con una pre-ghiera intitolata “Devozione aGesù Crocifisso”, attribuita a unfrate di cui non si doveva rivelareil nome. Fratel Teodoreto ne

aveva sentito parlare, ma solo nel1912 una signora gli parlò dell’ef-ficacia di questa preghiera. Dopoqualche giorno, fortuitamente,venne a conoscerne l’autore: FraLeopoldo. Lo volle incontrare alsuo Convento di San Tommaso, alcentro di Torino, e in poche bat-tute entrò subito in sintonia conlui. Fu l’inizio di un’amicizia dairisvolti straordinari.

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Inviandolo nel 1923 non in MedioOriente come avrebbe desiderato maal Noviziato di Albano Laziale in rivaall’omonimo lago, sembrava che al Si-gnore piacesse scompaginare i piani diFratel Gregorio. In una casa così parti-colare avrebbe dovuto essere di sem-plice aiuto al Direttore nell’occuparsidei Novizi, in attesa di una soluzionedefinitiva più confacente alle sue qua-lità. Le cose andranno diversamente,ma intanto Fratel Gregorio, prontosempre a rendersi disponibile contanta gioia perché deciso a corrispon-dere in tutto alla volontà di Dio, nonimmaginava di imboccare una stradadalla quale non sarebbe uscito se non50 anni dopo per un ultimo viaggio…quello verso il Paradiso. Vicedirettoredel Noviziato dal 1928, di anno inanno riscosse la fiducia dei Direttoriche vi si avvicendavano, di Fratel SistoOliveri in particolare che lo ebbe comesuo Vice per ben 21 anni consecutividal 1952 al 1973 quando venne sosti-tuito, a pochi mesi dalla morte di Fra-tel Gregorio, dal nuovo Direttore delNoviziato Fratel Saturnino Ricci. I Su-periori non pensarono più di cam-biarlo da quel delicatissimo compitoperché per le sue manifeste qualità siresero presto conto che egli era adat-tissimo, si direbbe insostituibile, nellaformazione di futuri educatori dellagioventù quali sono i Fratelli delleScuole Cristiane.Unico sarà l’obiettivo che di giorno ingiorno con una costanza eroica FratelGregorio cercherà di perseguire: unagrande santità personale come pre-messa essenziale per avviare alla san-tità i numerosi giovani che gli

sarebbero stati affidati, oltre un mi-gliaio in tanti anni. Egli era convintoche la santità debba essere quel va-lore aggiunto senza il quale l’aposto-lato non potrà dare i copiosi fruttiche ogni buon educatore si aspetta.Per lunghi anni la vita diFratel Gregorio trascor-rerà tranquilla senza lesvariate attività tipiche diogni Istituzione scola-stica; il periodo del Novi-ziato, infatti, in cui igiovani approfondisconola conoscenza dell’Isti-tuto nel quale si sentonochiamati a entrare, non-ché le loro aspirazioni ele loro reali attitudini,dura soltanto un anno,terminato il quale, seconfermati nei propositi,si legano con i voti a Diodiventando religiosi a tuttigli effetti. Una rara opportunità cheverrà a interrompere le abituali occu-pazioni di Fratel Gregorio si presentònel 1929 quando i Superiori lo invita-rono a frequentare il Secondo Novi-ziato a Lembecq-Lez-Hal in Belgiodove nel 1906 lo aveva precedutoanche il suo “maestro spirituale” Fra-tel Teodoreto. Vi rimase nove mesi dametà agosto 1929 a metà maggio1930 per un’esperienza, come giàspiegato, riservata ai Fratelli che i Su-periori si ripromettevano in genere diutilizzare in un prossimo futuro incompiti di responsabilità. Dagli ap-punti lasciati risulta che per FratelGregorio si trattò di una magnifica“full immersion” nel mondo dello

spirito. Entratovi già agguerrito dalpunto di vista spirituale, ne uscì ancorpiù determinato a realizzare il suac-cennato duplice obiettivo: una san-tità a tutta prova per sé e la santità,almeno come invito - perché non era

facile tenere il passo con un similecondottiero - per i Novizi della cuibuona formazione si sentiva alta-mente responsabile. Un’altra impor-tante novità, ma solo da un punto divista logistico e che interesserà FratelGregorio, come del resto tutta la co-munità di Albano, si verificò nel 1935quando il Noviziato fu trasferito aTorre del Greco in una nuova e piùconfortevole sede. In questa bella lo-calità balneare, al centro del Golfo diNapoli, Fratel Gregorio dimorerà finoal termine dei suoi giorni superandoalcune prove personali e anche dram-matici momenti per la guerra incorso, di cui parleremo una prossimavolta.

Fratel Gregorio a Torre del Greco

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intervista esclusiva al superiore generale

✧ Se non sono indiscreto, qual èstato il suo primo pensiero ap-pena è stato eletto come 27°successore di san Giovanni Bat-tista de La Salle?

La mia prima reazione è stataun’enorme sorpresa. Arrivando aRoma per il Capitolo non mi aspet-tavo che potesse capitarmi unacosa del genere. C’erano molti de-legati al Capitolo, inclusi i membridel Consiglio Generale, che io con-sideravo degli eccellenti candidatia ricoprire il ruolo di Superiore Ge-nerale. Il secondo pensiero è statodi rivolgere una preghiera perchiedere a Dio il suo aiuto e la suaguida per conoscere e attuare lasua volontà.

✧ Secondo lei, quali sono le piùimportanti sfide cui andrà in-contro l’Istituto nei prossimianni?

Prima di rispondere alla domandacredo che sia importante ricono-scere che nell’Istituto vi è unagrande diversità di situazioni. C’è

anche da prendere atto dei nume-rosi validi impegni a favore dei po-veri già esistenti in più partidell’Istituto, insieme a programmiformativi di qualità per Fratelli eCollaboratori. A proposito dellenostre differenze, un esempio è lanostra realtà demografica. Nel-l’emisfero Nord, molti Fratelli sonoavanzati in età e in pensione;nell’emisfero Sud, i Fratelli sonopiù giovani e in alcuni settori vi èanche un risveglio vocazionale. Lacura pastorale verso i nostri Fra-telli anziani nei Distretti che in-vecchiano è oggi una sfida perl’Istituto. Una seconda sfida è con-tinuare a preparare una nuova ge-nerazione di formatori chepossano promuovere la nostra ere-dità lasalliana tra i nostri Collabo-ratori e i Fratelli, infatti, moltieducatori - uomini e donne - tro-vano il nostro carisma molto signi-ficativo per la loro vocazioned’insegnanti. Una terza sfida èscoprire un modo nuovo e creativoper promuovere la vocazione delFratello. Incoraggio ognuno deinostri Distretti ad approfittaredell’Anno della Vita Consacrata,

promosso da Papa Francesco, perlanciare programmi che attrag-gano i giovani a considerare lapossibilità di una vita come Fratellidelle Scuole Cristiane, perché que-st’Istituto e la sua missione riman-gono molto necessari per i poverie la gioventù del mondo di oggi.

✧ Durante il Capitolo è stata riba-dita la volontà di voler crearenuove opere nelle periferie delmondo, come del resto invitaspesso papa Francesco. C’è giàqualche progetto che si intenderealizzare?

Ogni Regione è invitata a ricercarecome realizzare le deliberazioni delCapitolo e io attendo con grandeaspettativa di conoscere i loropiani. È evidente che già esistonoprogetti specifici. L’importante ini-ziativa in Sud Sudan è un buonesempio, frutto di uno sforzo dicooperazione tra molte Congrega-zioni religiose maschili e femmi-nili. Nei prossimi anni, abbiamobisogno di Fratelli per questa mis-sione. Pur non essendo una “fron-

A pochi giorni dalla sua elezione, abbiamo incontrato il Superiore Generale Fratel Robert Schieler

che gentilmente ci ha rilasciato un’intervista.

A quattr’occhi con il Superiore

Generale

intervista esclusiva al superiore generale

tiera” in sé, anche la nostra pre-senza in Terra Santa deve esseremantenuta e fortificata.

✧ Come rendere più incisiva la pa-storale vocazionale? quali sonole prospettive nell’Istituto?

La Circolare dell’Istituto, “Si chia-meranno Fratelli” (n. 466), pubbli-cata nel 2012, ha offerto esempigenerali per la promozione voca-zionale oggi: vocazione alla vitadei Fratelli e alla vocazione Lasal-liana. Un importante elemento diqualsiasi programma di promo-zione vocazionale deve includere igenitori e i responsabili dei giovaniquando si parla della vita del Fra-tello. Abbiamo bisogno che essicooperino con noi nella promo-zione della vocazione del Fratellotra i loro ragazzi.

Tuttavia il Centro dell’Istituto e leRegioni hanno, già da anni, of-ferto programmi per preparareformatori. Io conosco meglio iprogrammi degli Stati Uniti, dovemolti Fratelli e Collaboratorihanno completato studi dottoraliin studi lasalliani. Alcuni di lorooggi fanno parte del team degli

✧ Mi pare di aver letto che i Ca-pitolari abbiano chiesto per iprossimi anni un grande impe-gno per la formazione dei for-matori, Fratelli e Laici, a tutti ilivelli e per tutti i membri dellamissione Lasalliana. Mi pare chequesto sia un bel modo per ri-tornare alle origini dell’Istituto,quando il Fondatore si impe-gnava in prima persona a for-mare i maestri e poi i Fratelli.Cosa si intende fare in propo-sito?

Come ho accennato sopra par-lando delle sfide, il Capitolo Gene-rale ha demandato a ogni Regionelo sviluppo di programmi per lapreparazione di una nuova gene-razione di formatori alla missionelasalliana. Dobbiamo attendere pervedere ciò che ogni Regione svi-lupperà durante il prossimo anno.

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intervista esclusiva al superiore generale

istruttori di questi programmi. Soche esempi simili esistono anchein altre Regioni. In collaborazionecon le nostre Università e le loroAssociazioni Internazionali, iospero che potremo ampliare i no-stri sforzi in quest’area.

✧ Che il carisma lasalliano del mi-nistero educativo coinvolga nonsolo i Fratelli (cioè dei consa-crati) ma anche i laici è unacosa buona ed è secondo l’ori-ginaria intuizione del La Salle.In questo modo, i laici occupe-rebbero un posto che spettaloro di diritto, ma anche perloro la missione dovrà essere in-tesa come la risposta a una vo-cazione e non un sempliceincarico lavorativo (in Italia inparticolare per il tipo di rap-porto contrattuale). A questopunto, non pensa che ci tro-viamo di fronte a una rifonda-zione?

Io credo che una grande iniziativadell’Istituto, nei decenni passati,sia stata quella di condividere ilnostro carisma con i nostri Colla-boratori. Questo carisma inizial-mente dato dallo Spirito Santo aSan Giovanni Battista de La Sallee ai primi Fratelli, a beneficiodella Chiesa e della società, è oggi

abbracciato da molti insegnantinelle nostre scuole e nei centri intutto il mondo. Vi sono eccellentiprogrammi di formazione in diffe-renti Regioni e Distretti dell’Isti-tuto. Alcune migliaia di nostriCollaboratori hanno già parteci-pato a questi programmi di for-mazione. Il Capitolo Generaleriafferma il nostro impegno acontinuare questi programmi e asvilupparne altri per aiutare i no-stri Collaboratori a vivere la lorovocazione come educatori Lasal-liani. Quindi sì, io penso che, inquesto momento, la promozionedell’associazione Lasalliana nel-l’Istituto sia un segno dei tempi eun’azione dello Spirito Santo.Grazie a un gran numero di donnee uomini che serve la missione La-salliana, noi adesso abbiamo piùscuole e raggiungiamo un numeromaggiore di giovani che in qual-siasi altro momento nella storiadel nostro Istituto. RingraziamoDio per questa grazia nei nostrigiorni.

Non c’è vita e non può esserci azione educativa se non c’è comunicazione. E la più alta forma di comunicazioneè l’amore. Ogni persona ha bisogno di comunicare, altrimenti impazzisce e non riesce a crescere. I giovani, inmodo particolare, terrorizzati dalla solitudine, sentono impellente questo bisogno. Solo comunicando si sentonovivi e inseriti nel mondo dei coetanei. L’esperienza quotidiana ci insegna che spesso alcuni di loro vivono unacondizione di disagio, che si manifesta proprio nei problemi della comunicazione. Se un giovane, in alcune si-tuazioni difficili, non riesce a comunicare, rischia di perdersi e di disperare. Alcuni anni fa si parlava dei giovanidel muretto come luogo di incontro, ma da allora sembra che siano passati una miriade di anni. Ora i giovanicomunicano con i social network e hanno a disposizione apparecchi di ultima generazione. Non hanno più bi-sogno di ritrovarsi sul muretto, si incontrano con Facebook, Twitter, Linkedin, WhatsApp… Con i loro contatti,definiti "amici", si scambiano messaggi privati o pubblici (quelli in bacheca) e accedere alla chat per inviare ericevere messaggi in tempo reale. Purtroppo, questo invio di messaggi da una solitudine all’altra risulta soloun surrogato dell’autentica vita di relazione; e non permette di comunicare nulla, perché sono messaggi auto-referenziali con i quali ognuno parla di sé senza ascoltare l’altro. È il trionfo dell’individualismo di massacapace solo di isolare le persone, perché ciò che unisce e stabilisce un contatto vero non sono i monologhi, maun’ideale e un progetto di vita. Mancando questi, la comunicazione resta a livello epidermico, per cui non sisperimenta né la solidarietà, né l’amicizia, né nessun altro autentico valore umano. Le persone continuano aessere delle isole chiuse nella loro incomunicabilità. È ciò che si prova quando, all’uscita delle metropolitane,si vede una folla anonima che viene vomitata dal sottosuolo per essere sparsa come onda oleosa in tutte le di-rezioni della città. Si ha l’impressione che, pur sgomitandosi gli uni con gli altri, restino degli estranei e soli.

The dreamer

SestanteIncomunicabilità e solitudine

considerazioni

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Lorenzo Filippi, Fscopinionista

Ci preoccupiamodi dare ai figli

quello chenon abbiamo avuto,

mentre dovremmo darloro soprattutto ciò

che avevamo: il silenzio,il sacrificio, lo stupore,

il risparmio…

La PUBBLICITÀ,un pifferaio magico

Luis Suarez, non immaginavacerto, quando ha morso Chiellinidi diventare testimonial involon-

tario di marchi famosi che hanno de-ciso di utilizzare “il morso” perpromuovere i loro prodotti. La Barilla,per esempio, ha dato il bentornato aicalciatori della Nazionale con 11 ri-gatoni messi in fila: uno di loro avevaun piccolo morso con la scritta: “Tuttivogliono mangiare italiano”. In Cina,addirittura, si sono inventati l’apri-bottiglie a forma di Suarez. La comu-nicazione è questa, pronta a coglierele occasioni. Globale e in grado dimordere sul “reale” elevandosi a sur-reale. L’incanto è questo. Una depu-tata del PD ha lanciato la suacampagna elettorale per le europeecon un manifesto che ha messo inmostra i glutei, in biancheria intima,di una modella. Le proteste di moltedonne hanno indotto gli ideatori dellapubblicità a ritirare “l’oggetto” daimuri e a fornire fiere spiegazioni. E innome dell’uguaglianza dei sessihanno escogitato una par condiciodelle natiche. Per bilanciare quelledella ragazza, le hanno affiancate conil fondoschiena di un uomo. È natu-rale che il bello attiri. Da quando l’im-magine è diventata la sostanza vera,hanno cominciato a lucidare frutta everdura per renderle sempre più similialle veline. E tutto è diventato un pro-lungato amplesso oftalmico: è la pub-blicità! Il rischio è di diventare semprepiù ciechi dentro. Come sono lontanii tempi del teatrino di Carosello, unaserie dei siparietti che tenevano alzatii bambini fino alle nove. Lo spartiac-que della giornata era prima o dopoCarosello. Fra il pulcino Calimero,

Carmencita e Caballero, Capitan Trin-chetto e Caio Gregorio arriva e dà unadecisiva svolta Mina: 100 secondi dicanzone e 30 di pubblicità, secondole ferree regole imposte, negli annisessanta, a tutela degli utenti dellaRAI. La cantante, da subito, buca loschermo e buca anche il cervello degliadulti. Con la teatralità dei gesti, conla suggestione della voce inchiodaalla visione anche i genitori. È la divache fa degli spaghetti un prodottoaristocratico, trasferendoli dalla ba-nalità della cucina, su uno sfondo im-maginario e allusivo. Così anche i“rigatoni” diventano “in”. La persua-sione della lusinga. Ha detto unamamma: “Di solito i miei figli rifiutanodi mangiare qualsiasi cosa, che primanon abbia ballato in televisione”. L’ap-parizione di Mina farà ricca l’aziendaper cui lavora che passerà, di volta involta, dal tegame di terracotta, alforno di campagna e inventerà il Mu-lino Bianco con Banderas che parlacon le galline sullo sfondo di un ate-lier color oro zecchino. Non c’è dameravigliarsi. Amleto parlava con unteschio e c’era chi temeva che fossematto perché parlava con una cosa.

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considerazioni

Oggi parliamo tutto il giorno con lecose: telefonini, i Pod, Pc e nessunosospetta di noi. Siamo tutti matti? No,siamo solo schiavi della pubblicità. LaTV ci ha dato anche il telecomandoper poterci dare ordini con più libertàe programmarci meglio le scelte.Anche la TV ha un’anima: si chiamadenaro. Prendiamo i cartelloni dellaCoca Cola. Bella gente, sul bordo diazzurre piscine o sulla tolda di mega-galattici yacht, beve Coca Cola. Lalattina con il logo è sempre bene invista da qualche parte. Uno magari lapiscina non ce l’ha e nemmeno loyacht, ma la Coca Cola “come quellache hanno loro” se la può permettereanche lui, magari anche in confezionegrande. Pensate all’effetto di persua-sione vellutata che ha la pubblicità.Cerca di addolcire tutto. Il caffè è de-caffeinato, il tonno è così tenero chesi taglia con un grissino, i sofficinitrionfano e l’auto è “comodosa” e leluci di posizione non avranno mai lacataratta anzi avranno anche gli“occhi di dietro”! È nato anche il na-vigatore pensato per sole donne. Que-sto navigatore non dà indicazioni allaconducente, ma le riceve; guida lui;non conosce le strade, ma dispensaconsigli per le scarpe; subito dopol’avviamento ricorda alla gentile si-gnora alla guida di togliere il freno amano; ma soprattutto le porta in luo-ghi comuni, cioè da nessuna parte! Ei frutti si vedono, gente friabile con lagrinta di un pesce bollito che vive neltriangolo: frigorifero, sofà, televisione.

la mente in modo da farci dire “La vo-glio!”. La pubblicità è l’apostrofo rosatra le parole “Quanto costa”. La gente,che tanto ha fatto per la civiltà mon-diale e per lo sviluppo delle arti e dellescienze, oggi ha scoperto uno dei piùincredibili segreti: se i soldi li spenditutti, finiscono. Tutti stringono la cin-ghia e piangono; d’accordo anche iricchi piangono; loro, però, si asciu-gano con il cachemire. Ci stiamo pre-occupando per dare ai figli quello chenon abbiamo avuto. Perché non pen-sare anche ciò che avevamo? Il silen-zio, il sacrificio, lo stupore, ilrisparmio… Questa è un’epoca di ma-terie di tipo nuovo. L’epoca della pla-stica. Memoria di plastica, classe diplastica, raccomandato di plastica.Sembra pesante ma è leggera, sembracedevole è resistentissima. Insommaè un’epoca di tutto ciò che sembra manon è. Similpelle, vinilpelle. Vivere èla cosa più banale del mondo; esi-stere, la più esaltante. L’uomo è natoper esistere. Ogni tanto mi esiliereivolentieri dalle cronache di questotempo così piene di parole e cosìvuote di ideali così affollate di falsimiti incantatori. Un letargo, il cuore eil respiro al minimo, per fare sognistupefacenti. Credendo nei fiori, so-vente si fanno sbocciare. E se guar-dassimo sempre le stelle, finiremmoper avere le ali!

Una volta i salmoni erano rosa perchémangiando i gamberetti ne assume-vano la tinta. Ma da tempo il loro rosanon era più abbastanza rosa per stareal passo di quello di un chewing-gumo di una minigonna di Versace. Così èstato inserito nei mangimi. Ora laCommissione europea ne ha proibitol’uso. Ironia sublime, creava problemialla vista, cioè all’organo per la cuibeatitudine era stato pensato. Lagente ha scoperto che bevendo unacerta acqua si diventa puliti dentro ebelli fuori. Allora tutti a bere quell’ac-qua lì. La gente non è diventata bel-lissima, ma sicuramente molto…incontinente. E noi, zitti ad ascoltare,incantati voyeur degli slogan pubbli-citari. Il benessere ci ha frullati e ine-betiti. Le aspirazioni che abbiamosono più o meno soddisfatte, eppurenon siamo contenti. Non riusciamo agodere il già conquistato. Un’ansiaesistenziale sposta sempre più avantigli obiettivi da raggiungere. È la pub-blicità che ci mette quest’ansia? Be-nestanti e frustrati, benvestiti einquieti, rampanti e cupi. Siamo fe-lici? A parte il fatto che è difficile sta-bilire che cosa sia la felicità (forseconsiste nel non desiderarla), siamocircondati da un’abbondanza con laquale bisogna saper convivere. Lungidal rimpiangere le braghe rotte e legiacche rivoltate. Ma, oggi, abbiamodei gusti semplicissimi, ci acconten-tiamo sempre del meglio. L’Italiano hasempre saputo accontentarsi dellostretto superfluo perché, oggi, tutto…non basta. Il boom dei prodotti firmatiè arrivato al parossismo. Manca soloche alcuni stilisti firmino i pomodori.L’architetto, per esempio, è una per-sona che disegna progetti sulla vostracasa e progetta disegni sul vostro de-naro. Anche in politica gli sloganfanno effetto. Ma tutto resterà comeprima, perché anche Renzi, al contra-rio di certi mobilieri che spacciano pervecchio un trumeau nuovo, gabellaper nuovo un governo vecchio. Lapubblicità è la scienza di fermare l’in-telligenza umana per il tempo neces-sario a spillarle i quattrini. Ci incanta

I pellegrini che domenica 11maggio 2014 si sono recati inpullman da Torino a Vinchiod’Asti (84 km) per ricordare,presso la sua casa natale, i 60anni dalla morte del VenerabileFratel Teodoreto, hanno ammi-rato, a mano a mano che si avvi-cinavano al paese, le dolciondulazioni delle colline delMonferrato, rivestite come afesta di verdi vigneti: uno spetta-colo che sempre eleva l’animoappesantito dai fumi e dal ritmofrenetico della vita in città. Tantevolte Fratel Teodoreto, conmezzi di trasporto assai menoconfortevoli, ma con l’animo ri-volto all’Autore di tante meravi-

glie, ha percorso lo stessoitinerario recandosi “dalla suacasa tra i vigneti alla città cinta difabbriche”, come si canta all’ini-zio dell’Inno a Fratel Teodoretodel Dott. Vito Moccia, Presidenteemerito della Casa di Carità, ese-guito in pullman con l’altro innopiù recente A Fratel Teodoreto diFratel Mario Chiarapini, Diret-tore della Scuola La Salle diRoma, alternati entrambi a pre-ghiere e a quattro chiacchiere fraantiche e nuove conoscenze.Dopo la consueta visita alla Casa

natale-Museo di Fratel Teodo-reto, la cerimonia ha avuto iniziocon la presentazione, da partedel Vice-postulatore, del messag-gio inviato dal Postulatore Gene-rale Fratel Rodolfo Meoli(trattenuto a Roma da impegni),che sottolineava due aspettinella vita del Venerabile: unasantità personale e coerente ri-cercata fin dalla giovinezza peressere strumento docile nellemani di Dio, come premessa sinequa non per portare a buon ter-mine le opere apostoliche che ilSignore gli avrebbe ispirato, inparticolare la fondazione del-l’Unione Catechisti di Gesù Croci-fisso e di Maria Immacolata e la

Casa di Carità Arti e Mestieri,opera questa attualmente fun-zionante in ben 26 Centri in Italiae uno in Perù. Ricorrendo l’11maggio la 51a Giornata Mondialeper le Vocazioni, il Parroco diVinchio, Don Aldo Rosso, hasviluppato nella sua appas-sionata omelia il tema delbuon pastore con frequentiriferimenti al VenerabileFratel Teodoreto, magnificoesempio di come si debbaavere cura delle proprie pe-corelle. Dopo la Santa

Messa che ha visto la partecipa-zione di circa 150 persone conuna nutrita rappresentanza diCatechisti, delle Case di Carità, didue Fratelli e di qualche ex-al-lievo dell’Istituto La Salle di To-rino, l’incontro si è concluso conun generoso rinfresco offerto atutti, come sempre, dagli abi-tanti di Vinchio. Il prossimo ap-puntamento fra un anno perricordare i 25 anni del DecretoPontificio che nel 1990 dichia-rava “Venerabile” Fratel Teodo-reto. Nel frattempo, ricorrerealla sua intercessione - e a quelladel Venerabile Fratel Gregorioanche lui in “lista d’attesa” - perottenere la richiesta grazia diqualche guarigione miracolosa econcludere così il lungo iter cheporterà alla Beatificazione delprimo Fratello italiano.

Raffaele Norti, Fsc

VINCHIO D’ASTI (TO)

Pellegrinaggio alla casa natale di Fratel Teodoreto

nel 60° della morte

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notizie

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Il giorno 16 maggio2014, a conclusionedella settimana de-dicata al Fondatoresan Giovanni Batti-sta de LaSalle, si sonochiusi i fe-steggiamentiin occasionedel 150° difondazione

della Scuola La Salle di Gru-gliasco. Iniziati nel 2012 conl’inaugurazione dei nuovilocali, un nuovo plesso sco-lastico per la scuola Primariacon ampio spazio ricreativocoperto e l’anfiteatro, si sono

completati con i lavori di adatta-mento e ristrutturazione com-prendenti la nuova segreteria el’ufficio di amministrazione/ eco-nomato con adiacente bar; maanche nuove aule speciali per l’in-formatica, l’educazione musicale,l’educazione artistica e soprattuttol’aula magna dotata di tutti i mo-derni mezzi audiovisivi. La scuolagode di ampi spazi esterni checonsentono di offrire ai giovani at-tività ricreative e sportive sempremolto richieste nel territorio.In questo clima di impegno, si èrealizzata l’ultima iniziativa che

ha voluto degnamente conclu-dere le nostre celebrazioni. Laproposta di documentare con unlibro la storia della Scuola La Salleha trovato consensi e incoraggia-

menti. È stato un lungo lavoro diricerche di archivio, di reperi-mento di documenti, di contatticon persone a conoscenza di fattilontani e recenti che potessero of-frire materiale per la redazionedel volume. A questo lavoro, fati-coso ma indubbiamente entusia-smante, si sono dedicati gli autoridel volume, Beppe Baricada e Ot-tavia Bersano (entrambi ex-al-lievi), coadiuvati da FratelUlderico Cremonesi. Il libro, dalleorigini, quando il “La Salle” eral’unica scuola Elementare ma-schile di Grugliasco, documentagli sviluppi che ne seguirono, conparticolare interesse per le scuoleserali e con un’attenzione deltutto speciale al mondo ope-raio che si andava ampliandocon l’avvento dell’industrializ-zazione della città. Sono am-piamente messe in evidenza ledifficoltà del primo Nove-cento, gli eventi bellici dellaPrima e Seconda Guerra Mon-diale, la ripresa nel dopo-guerra e il coinvolgimento

della scuola nel contesto dellevarie attività cittadine. Risultaevidente che molte attività e ini-ziative che coinvolgono oggi lacittà sono nate nell’ambiente

della scuola La Salle: la for-mazione professionale, leassociazioni sportive, l’as-sociazione ex allievi, l’asso-ciazione Scout, laFilodrammatica, la Boccio-fila, il Carnevale gruglia-schese, il Palio della Gruecc. Gli autori in due annidi impegnativo lavorohanno raccolto una serie dinotizie interessanti, di cro-nache e di ricordi che testi-

moniano “la presenza dei Fratellia Grugliasco tra storia e cronaca”,come appunto recita il sottotitolodel volume. Il lavoro, terminato inoccasione dell’annuale festa delSanto Fondatore e a conclusionedelle celebrazioni del 150°, èstato presentato nel vasto anfi-teatro colmo all’inverosimile.La serata è stata rallegrata dallacorale “La Fonte” di Grugliasco edal coro degli allievi della scuolache ha eseguito un curioso altiso-nante “Inno della Scuola”, sco-vato tra tanti documenti inediti erisalente al lontano 1936. Nume-rosa e qualificata la presenzadelle autorità civili e religiose.

GRUGLIASCO (TO)Alla Scuola “La Salle”, la presentazione del libro“Una scuola, una città” conclude i festeggiamentiper il 150° di fondazione

notizie

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Finale d’anno scoppiettante all’isti-tuto La Marmora di Biella dove fratelGabriele Dalle Nogare con la presideNicoletta Nani e le associazioni della

scuola hanno messo a punto un pro-gramma di festeggiamenti, incontri eriflessioni per ricordare ai biellesi, nel170° di fondazione, i tre punti cardi-nali dello spirito lasalliano: fede, fra-ternità, servizio. “Abbiamo pensatodi cambiare la routine di fine annoper due motivi: confermare il nostrospirito di innovazione e rendereomaggio ai 170 anni di fondazionedella scuola lasalliana a Biella”, haspiegato fratel Gabriele. I1 numero170, non è di quelli a tutto tondo, maè comunque così significativo da giu-stificare il dispiegamento di forze.Nella grande festa sono stati tutticoinvolti, alunni e genitori, inse-gnanti e dirigenti, associazioni in-terne e mondo cattolico. “L’obiettivo, ancora fratel Gabriele,è stato quello di far parteciparetutta la comunità biellese, e alcunieventi hanno avuto proprio questosapore”. Il primo appuntamento, èstato per la mostra storica all’audito-rium San Filippo. A curarla sono statigli ex-allievi: una ricerca accurata dimateriale che ha messo insieme più

di mille foto, libri, quaderni e diari dialmeno 150 anni fa. Tra i promotoripiù attivi dell’allestimento è stato l’exallievo Maurizio Sormani. “Gli scatti

più antichi, ha detto,risalgono alla fine del1800. Non è stato fa-cile, ma alla fine cre-diamo che il lavororacconti non solo lastoria della nostrascuola, ma quella piùgenerale del Biellese”.Una mostra molto ap-prezzata che ha vistoin prima fila, al-l’inaugurazione, ilpiù anziano ex al-lievo, Silvio Bia-setti, 101 anni, la“memoria” dellascuola. Un altroevento degno di

nota, che ha riguardato tutto ilterritorio, è stato Son et Lumièredel 22 maggio nella chiesa di San Fi-lippo: un’ora e mezza di luci, colori,musica e proiezioni. Un messaggio disperanza, perché la bellezza salverà ilmondo. Ben tre Cori si sono esibiti:quello dei bambini più piccoli, deiloro fratelli maggiori e dei giovani exallievi ora iscritti nelle scuole superioridi Biella, a dimostrazione che il “Pro-getto Musica”, promosso dalla scuola,sta offrendo delle grandi soddisfa-zioni agli insegnanti del La Marmora.

Granderilievo nei festeggia-menti dei 170 anni l’hanno avutoanche gli ex-allievi che il 24 maggiohanno avuto il loro raduno in Istitutocon Messa e cena conviviale. A Biella i Fratelli hanno aperto lascuola nel lontano 2 novembre 1844.Da allora, decine di migliaia i bambiniche sono passati nella scuola La Mar-mora.

Donata Belossi

BIELLA

L’Istituto La Marmora compie 170 anni... ben portati

Un mese di festeggiamenti con mostre, spettacoli,

celebrazioni liturgiche, concorsi e tanto altro

notizie

Ogni anno, alla Bethlehem Uni-versity si ripete il rito delle “Gra-duations”, ma quest’anno è statopiù solenne del solito, a motivo

del 40° anniversario della fonda-zione del prestigioso ateneo, vo-luto da S. Santità Paolo VI e affi-dato ai Fratelli delle ScuoleCristiane. Le “Graduations” 2014di oltre 600 studenti hanno avuto

luogo il 12 e il 13 giugno. Nel corso della cerimonia di ve-nerdì 13 giugno, è stato ancheconferito il “Doctorate honoris

causa in Humanities” alPostulatore Generale del-l’Istituto Fratel RodolfoCosimo Meoli. Nella mo-tivazione, proclamata so-lennemente dalla dotto-ressa Irene Hazou, PhD,Vice President for Acade-mic Affairs e riportatasulla pergamena conse-gnata all’interessato, siriconosceva l’importanteed efficace lavoro svolto

da Fratel Rodolfo, in qualità diPostulatore, nel proporre all’at-tenzione di tutti i lasalliani unamoltitudine di santi Fratelli (4 di-chiarati Venerabili, 138 Beati, 9Santi). C’è da ricordare che, nel

2011, Fratel Rodolfo è stato no-minato Membro corrispondenteper l’Italia dell’Accademia Inter-nazionale di Agiografia e nel 2012ha avuto l’onore di essere sceltodai suoi colleghi come Presidentedell’Associazione Internazionaledei Postulatori. Per tutti questi ri-conoscimenti, giungano a FratelRodolfo i più vivi rallegramentida tutti i Fratelli e i lasalliani.

Lo scorso 18 giugno, FratelRaffaele Lievore è stato pre-miato con la MEDAGLIAD’ARGENTO DI BENEME-RENZA CIVICA conferitaglidall’associazione VIGILE delFUOCO “CARLO LA CA-TENA”, della città di Napoli,con le seguenti motivazioni:“Il camper di “Arrevutam-moce” di Fratel Raffaele haportato, attraverso il sorriso,la gioia francescana (sic!), labattuta pronta, l’umorismodell’intelligenza e la cultura,un forte messaggio d’amoreper il prossimo nel quartiere

di Scampia e soprattutto neicampi Rom di Napoli. È quiche Fratel Raffaele svolge lasua missione volta a istruiree educare con il sorriso glisvantaggiati e gli emargi-nati, allontanandoli da com-portamenti scorretti natispesso dalla disperazione.Persona davvero degna e co-raggiosa, ricca di valori mo-rali ed elette virtù civiche”.La cerimonia di consegnadella medaglia si è svolta nellachiesa Santa Caterina a For-miello vicino a Porta Capuana.Oltre che i Fratelli e i nume-

rosi amici della co-munità di Scampia,hanno presenziatola cerimonia anche iFratelli della comu-nità di Pompei.Le più vive con-gratulazioni daparte di tutti i La-salliani al caroFratel Raffaeleper questo larga-mente meritatoriconoscimento.

Bruno Alpago, Fsc

NAPOLI - SCAMPIABenemerenza civica a Fratel RAFFAELE LIEVORE

Fratel Raffaele Lievore

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BETLEMMELaurea honoris causa a Fratel RODOLFO MEOLI

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La buona riuscita delle scuole del LaSalle attira l’odio dei “Maestri scri-vani” che danno inizio a una vera epropria persecuzione. Assaltano edistruggono le scuole dei Fratelli eportano il La Salle in tribunale.

Il La Salle non si dà per vinto eapre scuole anche in altre parti dellaFrancia. A Saint-Yon apre il Novi-ziato e vi porta il centro direttivodell’Istituto.

Ma le difficoltà per il La Salle sor-gono anche all’interno dell’Istituto:alcuni Fratelli lo abbandonano. Ilsanto con pochi Fratelli rimasti sireca in ritiro spirituale in una casapovera, a Vaugirard, dove apre il no-viziato per formare i futuri fratelli.

Sembra il momento della rinascita:nuovi giovani accorrono nella comu-nità che vive in estrema povertà, so-stenendosi con il proprio lavoro.

LA SALLE, IL PIONIERE DELLA SCUOLA MODERNAdisegni di Carla Pollastri testi di Mario Chiarapini

seconda parteseconda parte

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Nei momenti più tranquilli il La Sallesi dedica alla scrittura: redige le Re-gole del suo Istituto e comincia a de-finire il metodo educativo delle suescuole.

Nel 1702, invia due Fratelli (Gabriel eGérard Drolin) a Roma per aprirviuna scuola, per Confermare la suafedeltà al Papa e per chiedere l’appro-vazione del suo Istituto.

L’arcivescovo di Parigi solleva il LaSalle dalla carica di superiore. IFratelli rifiutano la decisione. L’ar-civescovo verrà a un compromesso.

Il La Salle vive un momento disconforto e decide di imbarcarsi perRoma, dove intende incontrare FratelGabriel che nel frattempo è riuscitoad aprire una scuola. Ma al mo-mento dell’imbarco viene richiamatodal Vescovo di Marsiglia. Viaggiorimandato.

Dopo tante peripezie e amarezze, LaSalle ha bisogno di serenità e di ri-flessione. Si ritira in alcuni eremi emonasteri (Sainte-Baume, GrandeChartreuse...) e prega con i monaci.

Nel 1714, sale sulla collina di Par-ménie e incontra soeur Louise,un’eremita, che lo invita a completarela sua opera. E’ la volontà di Dio.

Dopo aver ricevuto una lettera daiFratelli del nord, in cui gli veniva or-dinato per obbedienza di riprendere laguida dell’Istituto, La Salle rientraa Parigi.

In seguito, si stabilisce nel convitto diSaint-Yon e si dedica alla formazione deiFratelli e alle sue pubblicazioni.

Oggi l’opera del La Salle continuain tutto il mondo, diffusa in tuttii Continenti. San Giovanni Batti-sta de La Salle è stato proclamatodal Papa “Patrono di tutti gli edu-catori”.

Un giorno, per sbadataggine di ungiovane Fratello, La Salle cadeall’indietro e batte violentemente latesta. Da quel giorno soffre sem-pre di forti emicranie,

Intanto, nel 1717, raduna i prin-cipali Fratelli e li persuade a eleg-gere un nuovo superiore. Vieneeletto Fratel Barthélemy

Nel 1719, il La Salle ha 68 anni e senteche le forze gli vengono meno. Per lafesta di san Giuseppe riesce per mira-colo a recuperarle e celebra la Messa,ma dopo qualche settimana, il 7 aprile,venerdì santo, muore.

28 Fine

Nei giorni 3-4-5 giugno 2014, prima che il 45° Capitolo Generale giungessea termine, nell’auditorium del Pio Collegio Brasiliano di Roma, è stato rap-presentato per tre serate il musical IL VENTO DEI POVERI sulla vita di sanGiovanni Battista de La Salle. L’opera, composta da Fratel Mario Chiarapini,con la collaborazione di Monia Ruggeri ex-alunna e docente della scuola“La Salle” e Fabio Giorgi genitore, ha inteso sottolineare in modo partico-

lare la capacità del nostro Fondatore dileggere nei segni dei tempi, nel ventodei poveri appunto, la volontà di Dio.Il musical, che ha avuto una prepara-zione di circa due anni, era stato pen-sato per i Fratelli delegati al 45°Capitolo, nonché come omaggio augu-rale al nuovo Superiore Generale FratelRobert Schieler e come saluto ricono-scente al Superiore Generale emeritoFratel Alvaro Rodriguez Echeverria, chehanno presenziato la prima serata,complimentandosi per la bella realizza-zione e rallegrandosi con i numerosi interpreti, più di cinquanta tra attori, can-tanti e corpo di ballo. Le tre repliche hanno visto sempre il tutto esaurito eraccolto tanti applausi a scena aperta. Nel prossimo autunno, si pensa di ri-proporlo ai genitori e ai giovani delle scuole e a quanti lo vorranno richiedere.

In seguito al rapimento delle 234 studentesse nige-riane rivendicato dal gruppo integralista islamicoBoko Haram, il Superiore Generale Fratel Alvaro, anome dei Fratelli Capitolari, per la festa di san Gio-vanni Battista de La Salle, il 15 maggio u. s., ha in-viato una lettera al Presidente della Nigeria,Goodluck Ebele Jonathan, per esprimere la piùferma condanna al sequestro. Con la lettera si riba-diva il rifiuto di “ogni ideologia e credo religioso cherendano gli esseri umani, e in particolare i fanciulli,vittime di abusi di ogni tipo”, affermando al tempostesso l’impegno della Congregazione “a continuaread offrire, nei nostri centri educativi in Nigeria e nelmondo, un modello di educazione che faccia delmondo un mondo migliore in cui gli esseri umaninascono liberi e uguali in dignità e diritti e in cui vi-vono gli uni con gli altri in spirito di fraternità, nellospirito dell’articolo 1 della Dichiarazione universaledei diritti dell’uomo”. Al Presidente, si ricordavaanche che “come ex ispettore dell’educazione, Voisapete molto bene che nulla cambia un paese comel’educazione e che educare una donna significa edu-care tutta una famiglia”.

Manifestazione delle madri delle studentesse rapite

NIGERIALettera di Fratel Alvaro e dei Fratelli Capitolarial Presidente della Nigeria

ROMA

L’avventura umana e spirituale del La Salle nel musical

“Il vento dei poveri”, in occasione del 45° Capitolo Generale

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notizie

problemi attuali

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Maurizio Dossena,Ex-allievo

La CRISI è soprattuttoantropologica ed estetica

La concreta consapevolezza dellagravità della crisi che sta cospi-cuamente interessando - ancor-

ché con modalità diversificate danazione a nazione - il nostro mondo(occidentale? probabilmente nonsolo) richiede a noi tutti sempre piùun atto di coraggioso disincanto, perrenderci conto - in parte in misura,diciamo, intuitiva, in parte dotandoci,doverosamente, di tutti gli strumentidi studio della questione, che esi-stono, seppur offuscati dagli “stril-loni” dei poteri forti - del fatto che lepur fortemente eclatanti evidenzeeconomiche e finanziarie della crisistessa, sono, di fatto, una conse-guenza di una ben più profonda crisietica ed antropologica, le cui cause ele cui tappe evolutive è possibile - e,ripetiamo, doveroso - rintracciare eanalizzare, anche - e soprattutto - pertenerne conto nel graduale processodi ricostruzione dell’uomo, della so-cietà, delle società, della cultura edelle culture, dell’economia e dellasua capacità di incidere sulla vita.

“La maggior parte degli uomini edelle donne del nostro tempo, ci am-monisce il Papa nell’Esortazione Apo-stolica “Evangelii gaudium”, vivonouna quotidiana precarietà, con con-seguenze funeste. Aumentano alcunepatologie. Il timore e la disperazionesi impadroniscono del cuore di nume-rose persone, persino nei cosiddettipaesi ricchi. La gioia di vivere fre-quentemente si spegne, crescono lamancanza di rispetto e la violenza,l’inequità diventa sempre più evi-dente. Bisogna lottare per vivere e,spesso, per vivere con poca dignità.Questo cambiamento epocale è statocausato dai balzi enormi che, per

qualità, quantità, velocità e accumu-lazione, si verificano nel progressoscientifico, nelle innovazioni tecnolo-giche e nelle loro rapide applicazioniin diversi ambiti della natura e dellavita. Siamo nell’era della conoscenzae dell’informazione, fonte di nuoveforme di un potere molto spesso ano-nimo” (n. 52).

La ricerca delle cause impegnafronti diversificati. E allora da uncerto contesto di economisti emergela teoria delle tre “D”, delocalizza-zione-deficit-debito, che innesca inimmediato la tentazione di automa-tismi saggiamente ancora una voltasanzionati dalla lucida affermazionedi Papa Francesco secondo cui “que-sta opinione, che non è mai stataconfermata dai fatti, esprime una fi-

ducia grossolana e ingenua nellabontà di coloro che detengono il po-tere economico e nei meccanismi sa-cralizzati del sistema economicoimperante” (ibid., n. 54): l’ammoni-zione è certo forte e autorevole, ca-pace sicuramente di farci usciredall’ubriacatura che stiamo subendo,capace di produrre un autentico ser-vilismo culturale delle priorità econo-miche, ma potremmo anche provaread affidarci alla rivalutazione di unsaggio uso della ricchezza, comeviene effettuato dal mio concittadinoEttore Gotti Tedeschi, noto per le suetraversie giudiziarie (da cui è statocompletamente scagionato) al tempodella sua attività al vertice dello Ior eautore di opere quali Denaro e Para-diso e la più recente Amare Dio e fare

La crisi economico-finanziariache interessa tutto il mondotradisce in realtà una più profonda crisidella visione dell’uomo e della famiglia.

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quale processo complesso di azionedisgregatrice per l’individuo, in tuttele sue dimensioni, e per le società, intutte le loro configurazioni; gli ultimitempi hanno visto, tuttavia, al ri-guardo un’accelerazione, a vari livelli,che lascia intendere e prevedere ef-fetti devastanti di particolare vio-lenza: ci sovviene allora la lezione diBenedetto XVI nella Caritas in veri-tate, ove si evidenziano le radici ormaidifficili da cogliere, soprattuttoquando è la pseudocultura relativi-stica, materialistica e nihilistica a sof-focare la dimensione umana, sin daquando Malthus forzava proditoria-mente i dati dell’impatto economicosulla società, ispirando persino la vi-sione evoluzionista di Darwin, finoall’attuale deleteria confusione deglistrumenti con i fini e del rifiuto, insostanza, il dialogo con chi vorrebbecompetentemente e motivatamentespostare l’indagine sulla centralitàdell’uomo: lezioni a senso unico qualioggi sono veicolate in tutta forza daipoteri e dagli organi cosiddetti forti edalle voci dei Rodotà, dei Sartori,degli Zagrebelsky.

problemi attuali

economista piacentino ci ricorda chedal 2008, anno nel quale la crisi, dopoun’incubazione ben configurabileanche negli anni precedenti, esplose,i diversi governi tentano di attuare ri-forme correttive e risolutive, le qualiperò risulteranno sempre non solodifficili, se approcciate sulla base divisioni limitate sull’uomo, ma prati-camente impossibili, in quanto inne-state su una società che si staautodistruggendo a causa sia di vi-sioni distorte dell’uomo stesso e deisuoi rapporti con la società, il denaro,il lavoro, il capitale, la produzione, siadi quella pericolosa china che sta as-sumendo la decrescita demografica(in Italia particolarmente accentuata:e, se non cresce la popolazione, noncrescono i consumi, non cresce il PIL;senza contare la soffocante pressionefiscale, che nel nostro Paese ha vistopraticamente un raddoppio dal 1975a oggi).

Qui entra dunque il discorso dellacrisi della visione dell’uomo e dellafamiglia, la quale, come nucleo fon-damentale e centrale della società,“seminarium reipublicae”, corpo in-termedio preesistente allo stato e nonda esso dipendente né determinata, lafamiglia nella sua connotazione na-turale e ordinaria, formata da unuomo e da una donna e dai figli na-turalmente nati da loro, è da tempooggetto di un fuoco concentrato diattacchi demolitori, sia attinenti allaconcezione cristiana di essa – basatasul sacramento del matrimonio – ocomunque religiosa, sia alla sua con-sistenza di istituto naturale e sociale,fondamentale e insostituibile per ilmantenimento delle società mede-sime; attacchi che sono iniziati datempo e si configurano certo comestrumento privilegiato dell’azionedella Rivoluzione nella storia, intesa

soldi, il quale ben sostiene che “senzaaumento delle nascite il Pil – di fattoe senza retorica accademica – nelmondo cresce solo se si fanno cre-scere i consumi individuali. Per creareuna cultura di consumismo si devonoinstallare nella cervice umana con-cetti di soddisfazione materialistica alposto di quelli di soddisfazione intel-lettuale e spirituale. In pratica persentirsi soddisfatti, materialmente, cisi deve sentire animali intelligenti. Seciò non fosse non ci si contenterebbedei beni materiali, ma [tale altera-zione economico-sociale] crea vulne-rabilità di produzione e occupazione…In pratica crea la situazione cui siamoarrivati” (da “La meravigliosa lezionedi Papa Francesco sulla crescita ba-sata sulla famiglia”, in “Formiche” del18/10/2013).

La densa lezione del banchiere ed

Ettore Gotti Tedeschi,

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problemi attuali

“Negli ultimi secoli vi è stata unalenta trasformazione - così ci ricordaErmanno Pavesi (in “Cristianità” n.319 /2003) - e agl’inizi è stata messain dubbio la capacità della teologiadi dare risposte certe a questioni eti-che fondamentali. Per un certo pe-riodo la cultura moderna ha speratodi ottenere risposte valide a tali que-siti dalla filosofia, fino a quando, inun clima di crescente relativismo,sono state messe in discussioneanche le certezze filosofiche incampo etico […]. Contemporanea-mente si è modificato il rapportodell’antropologia con la teologia e lescienze naturali […]”: e allora il pas-saggio fondamentale è ancora Hegel,sino ad arrivare al filosofo anglosas-sone MacIntyre, il quale interpreta lacrisi della società moderna come unacrisi morale e sottolinea come questasi differenzi nettamente da quellatanto dell’antichità classica quantodel Medioevo. Un filone di studioassai fruttuoso, che vogliamo com-pletare seguendo la lezione di dueautorevoli studiosi contemporanei. Ilprimo è il sociologo Massimo Intro-vigne, il quale, a proposito dellenuove povertà e dei loro travolgentieffetti, raccomanda motivatamente(in “Cristianità” n. 372/2014) un de-calogo sulla cui base riusciamo a re-cuperare efficacemente il filone diriflessione sin qui portato avanti: piùrealismo, più solidarietà, più so-brietà, più economia, più politica, piùreligione, più morale, più radici, piùsperanza, più famiglia.

La seconda traccia consigliata ècostituita dalla magistrale lezioneche Oscar Sanguinetti ci rivolge an-dando (è appunto il tema della no-stra riflessione) “al cuore della crisiattuale” per ripercorrere le tappe ele cause della “rivoluzione antropo-

logica” (ancora in “Cristianità” n.372/2014) e concludendo nella con-figurazione, per l’Italia e anche pergli altri Paesi dell’Occidente, di una“vecchiaia” assai avanzata e in unafase “estrema e fatale”, un triste epi-logo a cui si possono e si devono op-porre i fondamentali strumenti della

preghiera e del combattimento ri-volto a un disincantato pensiero deldomani, “cercando di intercettare isegnali di rinascita”, verso una ci-viltà autenticamente - come ci ad-ditava il santo Pontefice GiovanniPaolo II - “a misura d’uomo e se-condo il piano di Dio”.

LASALLIANI IN ITALIA ringrazia gli amici sostenitori

Marco Menegatti - Rosina Socciarelli Arduini - Izzo Giovanni - Pugliese

Anna - Andreacchio Massimiliano - Malvestuto Lucio - Gasperoni Enrico

Fam. Bertoni Peri - Pesce Andrea - Guglielmi Giovanni - Calandra Mario

Deodati Fratel Silvestro - Chirieleison Valter - Giamporcaro Ottavio

Granchelli Edoardo - Avv. Fogliano Ugo - Pettinelli Giorgio - Balduini

Gilberto - Tottoli Gina e Pessina Ferruccio - Berghenti Maria Teresa

Mastrecchia Adriano - Gaglia Pasquale e Foscolo Teresa - Di Lillo

Gaetano - Cetrini Angelo - Brizi Luigia - Carnevale Domenico - Famiglia

Zolla - Velleca Giuseppe - Scacco Fulvio

eventi ecclesiali

Giuseppe Norelligiornalista ex-alunno

Per la Messa delle dieci siamo par-titi sei ore prima. Da Termini. Ora-rio insolito per una celebrazione

insolita. Quattro papi in piazza San Pie-tro: due, Giovanni XXIII e Giovanni PaoloII, sugli altari e due, Francesco e l’eme-rito Benedetto XVI, all’altare, concele-branti. Ragionevole, quindi, la tabella dimarcia; anche per i giornalisti accredi-tati: per loro sì un varco particolare, magarantito solo dalle 4:30 alle 6. La lungamarcia di avvicinamentocomincia con l’assaltonotturno al mezzo pub-blico, mai così affollato aquell’ora, nonostante loschieramento. E per unacorsa ridotta. I bus scari-cano tutti a Largo Argen-tina, poi a piedi fino altraguardo… Inizia la ma-ratona. Anzi prosegue:numerosi i pellegrini di-rettamente dalle veglie dipreghiera nelle chiese delcentro. Quelli della mo-vida, agli ultimi fuochi neibar della notte di corso Vittorio, ci guar-dano con stupore. Birra o altro? Chissà?Sembra un cambio della guardia: lanotte brava cede il posto; ore piccole oalzataccia, le quattro sono già passate

San Giovanni XXIIIe San Giovanni Paolo II,la domenica della lorocanonizzazione,nel racconto del nostrocollega che ha seguitola cerimonia a San Pietro.

Quando i Santiscendono in piazza

da un pezzo e il sonno reclama la suaparte.

Dopo il Ponte, a Santo Spirito, la follaè già evidente alle transenne. Del restoper la canonizzazione le previsioni nonavevano escluso il milione di fedeli. L’ac-credito qui fa miracoli: oltre il varco siapre – si fa per dire – una strada; perterra persone dormienti rimaste nellazona fin dalla sera. Resti di bivacchi, sac-chi a pelo, poi la deviazione: per noi

giornalisti la meta, cioè il varco, è dopola galleria. Il tunnel, normalmente inta-sato da pullman e vetture, ora contieneil flusso incessante dei pellegrini.

A Porta Cavalleggeri prima delle

transenne c’è un vero muro umano.L’accesso per la stampa, il primo perchéce ne saranno altri, sembra irraggiungi-bile. Qui il pass fa quello che può, l’im-penetrabilità dei corpi ne limital’efficacia. La transenna deve essere vi-cina, e invece è lontanissima, pratica-mente invisibile. Risucchiati e respinti,siamo parte di una muraglia magmaticain cerca del varco possibile; alla fine riu-sciamo. Le vie del Signore sono infinite:

a due passi dal Sant’Uf-fizio, perlomeno, si tirail fiato. E’ un attimo, poile file riprendono, file digiornalisti - e non - siintersecano, direzionemetal detector; siamoal Colonnato, Braccio diCarlo Magno, quandoarrivi qui pensi di avertrovato il tuo passaggioa Nord Ovest, ma non ècosì: per noi, cioè per ilnostro pass, c’è lapiazza. Una piazza an-cora vuota, ma in piedi.

Con un collega, ancor più datato di chiscrive, condividiamo il destino di un per-corso segnato: il settore sarà ancheprima dell’obelisco, ma di sedersi non sene parla.

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eventi ecclesiali

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Non sono ancora le sette; siamo inpiazza e secondo le previsioni non neusciremo prima di sei- sette ore. In piedinon sarà facile. Il collega è rassegnato,io no; penso che c’è tutto il tempo pertrovare una soluzione, una strada. Maquale? Le immagini di Giovanni XXIII edi Giovanni Paolo II sulla facciata dellabasilica hanno uno sguardo rassicurante.Un sorriso… ma ritorniamo in piazza. Lagendarmeria e il “sanpietrino” ci spie-gano che il pass non garantisce il postoa sedere; il collega, che ha un’età, èsempre più rassegnato. Io no. Si ricomin-cia. Guardia Svizzera,pass, altro settore, altrogendarme, altro stop. Iltempo passa, ma i settoricon le sedie sono off li-mits.

Si pendola, si osserva,il movimento in piazza èsempre più frenetico, iltempo passa, di qui nonsi passa; lo sguardo corresulle facce dei prossimicontrollori, uno sguardoai prossimi santi, sorridono… La piazzasi riempie, anche i posti in piedi ora sonoscarsi. Tra me e il collega c’è intesa, eanche un po’ di stanchezza: comunquenon demordiamo. Finalmente un voltoamico, mi sorride, gli sorrido, ci cono-sciamo per via di uno dei figli. “Dammiuna mano…”, mi guida verso un nuovovarco in avanti, parla con un altro con-trollore. Di più non può fare, siamo inun'altra zona, proviamo ad entrare, postia sedere, tanti e ancora quasi tutti vuoti.Ma il gendarme è inflessibile, poi consi-derando l’anzianità del collega lasciauno spiraglio. “Aspettate, più tardi forse;non prometto niente”. Aspettiamo defi-lati, come possono essere defilati due neicorridoi pieni di gendarmi, sanpietrini,guardie svizzere…

Intanto il tempo passa, il gendarmedi prima dice che forse è meglio se ri-torniamo…, tra poco i corridoi dovrannoessere sgombri. Ancora uno sguardo sulsorriso dei due papi. “Sotto il Monte,Sotto il Monte!”, grida la guida dei pel-legrini bergamaschi col berretto rosso.“Acqua, acqua!”, e afferrano le botti-

gliette. Il gruppo è numeroso, all’in-gresso sono parzialmente sorpresi, vedoil mio collega che - trasportato dall’en-tusiasmo di quei fedeli - è già entrato. Eora? Guardo le bottigliette, “Acqua!. . .Sotto il Monte!”, il fiume dei berrettirossi mi trascina, con la bottigliettadell’acqua sono dentro. Finalmente cisediamo. Gendarmi, sanpietrini e con-trollori vari, tutti alle spalle. Poi arrive-ranno i polacchi. E qui il collega miracconta un po’ della sua vita. Le diffi-coltà della professione, le ingiustizie; maanche le bellezze di Cracovia, e uno

splendido viaggio in Iran. Che tempi! Epoi una notte di Agosto solo in casa aRoma, un malore, un sogno, GiovanniPaolo II… Al risveglio appena la forza diandare al Gemelli. Un principio d’infarto.Ancora poco e non l’avrebbe raccon-tata…Tempo dopo a un festival un arti-sta, per ringraziarlo di una suaattenzione, gli regala un quadro, raffi-gurante Giovanni Paolo II…

Pensieri interrotti da un applauso,papa Francesco abbraccia il papa eme-rito Benedetto XVI. Alle 10,15 il rito dellasantificazione: “...Beatos Ioannem XXIIIet Ioannem Paulum II Sanctos esse de-cernimus et definimus, ac SanctorumCatalogo adscribimus, statuentes eos inuniversa Ecclesia inter Sanctos pia de-votione recoli debere”. È la festa di ber-gamaschi e polacchi, ma non solo.Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sonoandati oltre i confini di fedeli e credenti.

Wojtyla mi ha accompagnato perquasi metà della vita, Roncalli alla sogliadell’infanzia. Del primo tante le imma-gini nel mio album. Il “non abbiatepaura, aprite le porte a Cristo”, l’atten-

tato, la sofferenza, il giubileo straordi-nario dell’1983 con l’incontro nella gior-nata per i giornalisti, il dinamismoincredibile, i viaggi, la Gmg a Tor Ver-gata, cinque ore di fila per l’ultimo sa-luto nella basilica. Del papa bergamascola memoria è più sfumata, però ognivolta che ascolto “il discorso alla luna”mi vengono i brividi: ripenso a miamadre, a quando ero bambino. E c’era ilpapa buono. Che, intendiamoci, è statoun gigante. Se Wojtyla ha condotto laChiesa in questo millennio, GiovanniXXIII ce l’ha proiettata con l’apertura del

Concilio. Docile allo Spiritoha saputo parlare ai potenti(crisi di Cuba) come ai po-veri (visita a Regina Coeli).

Mentre ricordo, rie-cheggiano in piazza le pa-role di papa Francesco.“San Giovanni XXIII e SanGiovanni Paolo II hannoavuto il coraggio di guar-dare le ferite di Gesù, ditoccare le sue mani piagatee il suo costato trafitto.

Non hanno avuto vergogna della carnedi Cristo, non si sono scandalizzati di Lui,della sua croce; non hanno avuto ver-gogna della carne del fratello, perché inogni persona sofferente vedevano Gesù”.

Guardiamo il cielo che regge, lapioggia prevista non mantiene la suapromessa, gli ombrelli in piazza sono“soltanto” (centinaia) quelli gialli e bian-chi dei sacerdoti per la comunione. Lacelebrazione finisce, c’è aria di festa trala gente, ma prima papa Francesco deveaffrontare sul sagrato le delegazioni. Poisulla papamobile si tuffa tra i fedeli. Inpiazza c’è la percezione di una gioia fi-sica. Al suo passaggio la piazza ondeg-gia. Sento le carezze di mia madre ,“date una carezza ai vostri bambini edite: Questa è la carezza del Papa!”. Ri-penso all’ultima preghiera davanti alcorpo di Wojtyla. Pregai per la famigliae sfilai. Mi fermai un attimo più avantinella basilica, guardai a terra e vidi ilTotus Tuus. Voleva essere ricordato comepapa della famiglia, ha detto nell’omeliapapa Francesco. E io così lo ricordo.Commosso.

testimonianze

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Un medico piacentino èattualmente impe-gnato in alcuni mera-

vigliosi progetti di generosaattuazione della professiona-lità medica, unita all’umanasolidarietà, al servizio dellepopolazioni povere e sprov-vedute del mondo: si trattadel Dott. Giovanni Calza, chela “Storica Associazione Ex-Allievi del Collegio San Vin-cenzo di Piacenza dei Fratellidelle Scuole Cristiane 1843“ha l’onore di annoverare fra isuoi amici ex-allievi. È evi-dente che il Dott. Calza – pe-diatra, Premio “la Salle” 2013,attualmente residente a Ge-

nova, ma spesso nella suacittà d’origine - ha ben respi-rato il clima di profonda uma-nità che San Giovanni Batti-sta de la Salle ha trasmessonelle sue scuole.Il dott. Calza insieme ad altrimedici è impegnato in diverseassociazioni umanitarie.L’Associazione “Bambini nelMondo-Children in theWorld”, creata nel 2010 dapersonale appartenente al-l’Istituto Gaslini di Genova,persegue, in stretta collabo-razione con lo stesso, finiesclusivi di solidarietà so-ciale, umana, civile e cultu-rale, per i quali si impegna a

Un medico lasalliano

impegnato nelle

periferie del mondo

Il prezioso lavorodel piacentinoDott. Giovanni Calzain India, Palestinae Congo

Storica AssociazioneEx- Allievi Collegio San Vincenzodi PiacenzaFratelli delle Scuole Cristiane

1843

realizzare in ambito nazio-nale e in Paesi esteri a risorselimitate progetti di coopera-zione nei settori della forma-zione, dell’assistenza sanita-ria e dell’assistenza socialeper la cura dei pazienti in etàpediatrica in condizioni eco-nomiche disagiate, a cui nonè consentita la disponibilitàdi cure mediche di base, im-pegnandosi perché i profes-sionisti di questi Paesi pos-sano essere artefici del lorofuturo e, in un tempo ragio-nevole, completamente au-tonomi nel campo della pre-venzione e cura dellepatologie pediatriche.

Giovanni Calza con Papa Benedetto XVI

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testimonianze

cioculturale, offrendo i suoiservizi ai bambini malati, in-digenti, abbandonati e han-dicappati, alle persone vul-nerabili, alle popolazionidella banlieue di Kinshasa edelle province circostanti esvolgendo la propria attivitàsecondo il settore sanitario,il settore dell’accoglienza,quello dell’istruzione scola-stica, oltre a un polo agri-colo destinato a contribuireal sostentamento di tutte lestrutture. Il progetto Kimbondo prevedeanche la formazione socio-sa-nitaria del personale medico einfermieristico congolese, rea-lizzata, oltre che attraverso lapresenza di équipe specialisti-che sul posto, mediante periodidi stage programmati all’Isti-tuto Gaslini di Genova e in altriospedali italiani sulla base dellesingole specificità.

Attraverso questo generoso eimpegnativo progetto si atten-dono risultati di una certa si-gnificatività, quali l’estensionedi una cultura socio-sanitariamediante formazione del per-sonale medico e infermieristicocongolese, il quale fungerà datramite per la divulgazione deimoderni concetti di preven-zione e cura delle comuni pa-tologie locali e dei classici prin-cipi di igiene della gravidanzanella zona; inoltre, l’emanci-pazione socio culturale delladonna, che diverrà protagoni-sta del suo futuro, e la ridu-zione della mortalità infantilelegata alle patologie chirurgi-che e anche al parto.

Gli Ex- Allievi del ‘CollegioSan Vincenzo di Piacenza’so-stiene con orgoglio il progettolegato all’amico GiovanniCalza.

Calza con la responsabile del Caritas Baby Hospital di Betlemme e il DG del Gaslini

Gli obiettivi più rilevanti finoad ora raggiunti dall’Associa-zione sono stati la realizza-zione a Mumbai, India (conl’aiuto della CEI) di un Centrodi Cardiochirurgia e di Riani-mazione Pediatrici, direttodalle Suore Orsoline di MariaImmacolata e ora regolar-mente gestito da cardiochi-rurghi e rianimatori indiani,adeguatamente formati daicolleghi italiani. C’è da ricordare inoltre la rea-lizzazione di un accordo dicooperazione con il Baby Ho-spital di Betlemme per la im-plementazione di un Centrodi Terapia Intensiva Pediatricae di una sezione per la curadei neonati a rischio per ibambini palestinesi, con suc-cessivo scambio di personalemedico ed infermieristico vo-lontario, sotto la direzioneospedaliera delle Suore Ter-ziarie Francescane Elisabet-tine di Padova. Dal 2013 l’Associazione“Bambini nel Mondo - Chil-dren in the World” fa partedell’associazione di 2° livello“HUB for Kimbondo”, creataal fine di garantire, raziona-lizzare e coordinare gli aiutiprovenienti dalle organizza-zioni italiane ed europee afavore della Fondazione Pe-diatria di Kimbondo, nellaRepubblica Democratica delCongo, la quale ha per fina-lità di accogliere benevol-mente i bambini malati, ab-bandonati e orfani, privi dimezzi, e garantire loroun’assistenza medica e so-

agorà dei genitori

Aiuto mio figlio a capire quanto sia importante investire nello studio e nella professionalità, mostrando l’esperienzafallimentare di alcuni ragazzi che a 30 anni non sanno né cosa fare né come pensare di mantenere dignitosamenteuna famiglia; tutto ciò perché a tempo debito non si sono impegnati nello studio. Passato il momento giusto è diffi-cilissimo rimettersi sui libri, quindi conviene impegnarsi proficuamente quando è ora. C.T.

Banalmente si potrebbe dire che la conoscenza rende liberi... che “unbambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare ilmondo”, purché serva a comprendere che al posto del peso del “doverstudiare” si debba lasciare spazio alla crescita del proprio discernimentoossia alla “capacità di scegliere”. Scegliere di allenare la mente e la propriavolontà per la conquista di un obiettivo che, una volta raggiunto, appar-terrà solo ed esclusivamente a noi stessi. Autocontrollo e autogestionedel proprio tempo e impegno per poter, domani, essere liberi di sceglieredel proprio destino senza dover dipendere da condizionamenti o limita-zioni. Questo rende i ragazzi liberi, fieri di se stessi e creativi, capaci di ge-stire il tempo e non subirlo, di essere piccoli “eroi” del quotidiano impegno.La propria strada si trova percorrendola con curiosità e con gioia, ancheper i traguardi più piccoli.

L.A.

Cercherei di porre mia figlia a contatto con la “bellezza” intesa come arte econ il “giusto” inteso come solidarietà e aiuto per gli altri, per il “vivente” in

generale e per il suo rispetto.La scuola, come un dovere imprescindibile verso se stessi e verso gli altri,è l’unica possibilità che ci viene data per scegliere quale strada intrapren-dere nella propria vita.

A.C.

È necessario far capire ai ragazzi che la cultura, acquisita attraverso lostudio e il sacrificio costante, arricchisce la persona, la rende più sicurae le permette di affrontare con coraggio la vita.

M.C.

La motivazione allo studioCome aiutare i figli a immaginare il loro

futuro attraverso il proprio presente?

Sull’argomento, si rileva una buona concordanza dei genitori su un punto.Solo una buona formazione, fatta di impegno costante e di studio serio, puòassicurare un futuro dignitoso dove sia possibile realizzare i propri sogni.

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NEL PROSSIMO NUMERO, SI RICHIEDE UN PARERE SUL

RENDIMENTO SCOLASTICO EANSIA DA PRESTAZIONE

Come vivono i nostri figli lo stresslegato alle loro prestazioni scolastiche?

E voi genitori, come lo vivete?

In Germania quasi tutte le uni-versità prevedono lo svolgi-mento obbligatorio di un

periodo di stage al termine dellalaurea triennale especialistica, magarida attuare in qual-che tranquilla istitu-zione, con qualchemansione noiosa. Perquesto quando hodetto ai miei amici eal mio relatore distage, un professoredell’Italia del nord,che avevo deciso disvolgere il mio stagea Scampia, pressoun’istituzione dalnome stranamente armonico perun tedesco – CasArcobaleno –sono rimasti tutti un po’ meravi-gliati. Personalmente io, RoxanaLepadus, studio italianistica e“Deutsch als Fremdsprache”, chepuò essere inteso come insegna-mento della lingua tedesca agli

stranieri e ho un certo interesseper le realtà sociali complesse.Grazie a Enrico Muller, legale rap-presentante di Occhi Aperti, che miha offerto prima un incontro perintrodurmi nel tipo di lavoro enella realtà territoriale, mi sonodecisa a imbarcarmi in questa av-ventura.Scampia in Germania non è moltoconosciuta e quando lo è non godecerto della migliore fama: è laterra dei fuochi, la roccaforte dellacriminalità organizzata, il quar-tiere del narcotraffico internazio-nale e così via. A causa dellenotizie, dei libri e documentari ci-nematografici e grazie alla mia

esperienza universitaria attraversoil programma ERASMUS all’Uni-versità di Studi di Napoli - L’orien-tale per 10 mesi ero già aconoscenza di che zona di Napolisi trattasse, ma in fondo non sa-pevo niente perché ciò che ho vis-suto poi sul posto non me lo sareimai immaginato di farne parte, al-

Le esperienze di una

“crucca” a Scampia

meno per un periodo di 6 setti-mane. Le mie mansioni principaliconsistevano di mattina nell’assi-stenza e nel supporto agli educa-tori, e nel pomeriggio in attività didoposcuola e tempo libero. In quelperiodo, oltre al laboratorio di fo-tografia, abbiamo preparato le fa-mose Uova di Pasqua che per metedesca erano del tutto nuovevisto che noi per Pasqua prepa-riamo solo le uova sode e dipinte.Durante il mio tirocinio ho trovatoun’equipe molto paziente e moti-vata, piena di speranza e energia.Mi sono resa conto che i ragazziche frequentano il posto non sonoragazzi che devono essere giudi-

cati per i loro compor-tamenti e che inognuno di essi c’è untalento da scoprire. Avolte purtroppo nonsono le famiglie aporsi questo obiettivo,bensì è CasArcobalenoa scoprirli e a dare airagazzi il sentimentodi valere, di esseresemi da fiorire e dicomporre l’insieme diun’identità ben colo-

rata. Ho avuto la possibilità di co-noscere meglio soprattutto leragazze attraverso alcuni dialoghipersonali e di scoprire i loro inte-ressi e pensieri, che a volte mi stu-pivano e a volte mi davano dapensare. In una città tedesca,come la mia amata Jena, dovetutto sembra essere calmo, tran-

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Sei settimanealla scopertadi un mondo,in cui il mosaicodei colori esprimevitalità, confrontosociale e futuro.

testimonianze

Roxana Lepadus, stagista tedesca

posti più “sinistri” del quartiere. Inquesto senso, il carnevale organiz-zato dall’associazione GRIDAS miha aiutato ad andare oltre il per-corso quotidiano e mi ha mostratouna dimensione nuova. Quellasensazione durante la manifesta-zione di un solo grande movi-mento, per un giorno tutti liberi,tutti uniti, sia giovani sia anziani,disoccupati o lavoratori insieme alritmo della musica, ha fatto cre-scere in me - e penso proprio chenon solo in me - una grande gioia.Vedere nel mezzo dello spettacologli orti mobili fatti dai ragazzi di“Io valgo!” in collaborazione con iragazzini, la maestra e le suoredella ludoteca mi ha fatto impres-sione. Tutti, anche i più “dimenti-cati” erano stati utili, anzifondamentali per quel giorno difesta. Il corteo di carnevale, nelsuo insieme, non solo era moltoartistico con maschere fatte amano, ma anche pieno di criticasociale; devo ammettere che que-sto attivismo mi ha fatto pensarecon un po’ di imbarazzo ai carne-vali spensierati che ho passato inGermania vestita da CappuccettoRosso, tigre o panettiere. Questoappropriarsi del quartiere, dimo-stra secondo me un forte movi-mento contro il generaleabbandono sociale e testimoniacome la gente si voglia riappro-priare, delle proprie strade e degliedifici così tanto noti in tutto ilmondo e rimasti ancora “terra dinessuno”. In tutta questa espe-rienza ho potuto vedere tante per-sone con la voglia di entrare incontatto e non voler chiudere gliocchi davanti a ciò che attraversoi media viene sempre presentatocon una sola e solita faccia.Tirando le somme posso dire chedurante il mio soggiorno a Scam-pia ho preso parte, in varie situa-

zioni, alla vitalità del quartiere e ilcarnevale del GRIDAS ne è unesempio. Ma esempi quotidianisono anche i piccoli che frequen-tano la ludoteca Il giardino daimille colori insieme a bambini dietnia rom e anche i ragazzi piùgrandi dell’istituzione CasArcoba-leno. Non a caso i nomi di questeassociazioni e di questi luoghihanno significati che indicano im-plicitamente o esplicitamente i co-lori. Colori che in una manieracaratterizzano tutto il quartiere eche costituiscono un’identità e unsenso di collettività. Quando al ri-torno i miei amici e soprattutto ilrelatore italiano mi hanno chiestodella mia esperienza, ho rispostoconcentrandomi su alcune parolechiavi come vitalità, confronto so-ciale e futuro. Ma soprattutto hodetto loro che per un periodo e unimpiego che fosse veramente for-mativo non avrei potuto fare unascelta migliore!Vorrei alla fine ringraziare dinuovo non solo gli educatori e iprofessori di CasArcobaleno, maanche tutti i ragazzi che con laloro apertura verso di me e il loromodo di pensare ed esprimersihanno davvero cambiato qualcosain me!

quillo – per non dire addormentatorispetto a Scampia – tutto sembracosì spensierato e protetto e nonsi pone il problema della crimina-lità giovanile o dell’abbandonoscolastico per scelte personali. Hoavuto la sensazione che la realtàper i ragazzi del quartiere è moltodiversa dalla mia che vivo con imiei 23 anni e che ho vissuto fi-nora. In questa loro realtà, se-condo me, CasArcobaleno èarrivata a un compromesso che fasì che i giovani di solo 13-17 anniprima o poi si possano orientarenell’altra realtà quella oltre lemura dell’istituzione e soprattuttooltre le mura delle vele che sem-brano togliere l’orizzonte e la vistadel resto della città.Durante il mio tirocinio ho provatomolte emozioni alle quali nonposso pensare senza un sorriso.Le tante occasioni, soprattutto al-l’inizio, in cui non ho compreso iragazzi a causa del napoletano, idialoghi sulla bellezza dell’Italia ri-spetto a quella della Germania, eancora le tante attività manualie i concetti alternativi come gliorti mobili, l’orto sinergico, lo scet-ticismo da parte dei ragazzi e laloro paura tremenda di sporcarsi.E infine tutta l’equipe solare, af-fettuosa e paziente il cui spirito sipuò descrivere con le parole chiavi,come speranza, ottimismo e re-sponsabilità personale e alla qualevorrei esprimere un grazie affet-tuoso per la fiducia e l’aiuto inmomenti di incomprensione lin-guistica e culturale. Un’altra bel-lissima scoperta è stato ilquartiere. Facendo ogni giorno lastrada per arrivare a CasArcoba-leno, quasi sempre “scortata” dalmio ragazzo napoletano proprio diScampia, è cresciuta sempre di piùin me la curiosità di conoscere me-glio la gente, le strade e perfino i

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testimonianze

Alberto Castellani, Fscinsegnante

didattica

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Anche i maestri fanno i loro buoni propositi, dopo

tanti anni di esperienza vissuti a contatto con i

bambini che, con il loro disarmante candore,

diventano a loro volta degli straordinari maestri.

V ado per i sessantacinque.Nella passata stagione hoinsegnato in classe Terza

Primaria come docente prevalente.Sono riuscito a ottenere la promo-zione in quarta. Andando di questopasso, fra due anni terminerò ilciclo elementare per la decimavolta. A mandare in pensione i Fra-telli di La Salle non è la cartad’identità, ma il buon senso e ladignità professionale di chi decidedi proseguire oltre le primavere giàvissute. La voglia non manca, mabisognerà vedere se sarò in gradodi tenere vivo il sorriso sul voltodei bimbi in quel luogo, la scuola,“dove lo studio delle cose del

mondo e di Dio diventa il mezzoper crescere”.

Se sarò promosso in Prima Pri-maria, prometto di fare il bravo.Ecco i miei propositi:

AMARE I BAMBINI

Senza amore non si costruiscenulla. “Gagner le coeur”, conqui-stare il cuore, non disconnetteremai, dare al piccolo la certezza chein aula c’è una persona che glivuole bene, al di là dei successi odegli insuccessi. Non è un nonno,né un amico, ma un Fratello mag-giore, che lo guarda ogni giorno

negli occhi e ogni giorno lo prendeper mano per mostrargli la via “delbene, del vero, del bello”, parlandotre lingue importanti, quelle “dellamente, del cuore e delle mani”,come vuole papa Francesco.

FARE SQUADRA

Sin dai primi giorni farò sentiregli alunni parte di una nuovasquadra. È in aula che matura ilsenso di appartenenza. Soprat-tutto se ci sono bambini DSA oBES che vanno prima amati e poicertificati, senza fretta, da perso-nale qualificato. Mai accantonatio addirittura allontanati dallascuola. Che ognuno racconti il suopassato scolastico, le sue amicizie,se stesso. Perché in aula si dicetutto, si chiarisce ogni cosa, si per-dona, si presta aiuto, si è rimpro-verati e lodati, si sceglie insieme einsieme si opera, si rafforzano iconcetti di bene e di male, si co-struiscono rapporti di amicizia cheper molti dureranno tutta la vita.Non c’è posto per la competizionené per il podio delle medaglie.Serve comprensione che fa rimacon condivisione che si coniuga

Se saròpromosso

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con aiuto scambievole. “Non è maitroppo tardi” per nessuno e il giu-dizio finale per ognuno, anche secamuffato dai voti, sarà quello delmaestro televisivo Alberto Manzi:“Quello che ha potuto fare hafatto e quello che non ha potutofare non ha fatto”. Lo farà l’annodopo.

INSEGNARE ADASCOLTARE E A PARLARE

Personalmente “perdo” moltotempo nel dialogo e nella conver-sazione. Interviene ogni bambino.Non si tratta di risposte date allemie domande, ma di impressioni,emozioni, pareri. Saper esprimereil proprio pensiero in modo chiaroe preciso, nei modi e nei tempigiusti, offre grandissimi vantagginon solo sul piano comunicativo,ma anche su quello emozionale,logico, dell’autonomia di giudizio.

INSEGNARE A LEGGEREE A SCRIVERE

Faccio tifo per il metodo glo-bale misto. Globale perché partoda una parola di senso compiutoisolata da una breve frase, mistoperché il momento analitico equello sintetico coesistono nelpensiero cognitivo del bambino.Seguo il testo, però condisco iltutto con fantasia: la presenta-zione della lettera è un cine ognimattina. Richiamo un’esperienzadei bambini, proietto una clip, na-scondo la lettera nella cartella diqualcuno… Creo l’attesa e quindil’interesse.

Non ho fretta di far impugnarela matita: arrivano prima “basti-menti carichi di…”, vagonate di

didattica

mincio con lo stampatello maiu-scolo sul manuale e sul quadernoa righe. Prendono vita le lettere ele parole dell’alfabetiere, le espres-sioni belle (buongiorno, grazie…),le nomenclature, i titoli di storie, icopiati, i dettati, le strisce che rac-contano la fiaba, i propri vissuti il-lustrati con il disegno, le primedescrizioni. Risuonano i primibrani, la favola del giorno letta dame a voce alta, la batteria di do-mande per la comprensione deltesto, il primo libro di lettura, poiil secondo…

Alcuni docenti si vantano chealla fine di novembre, nella loroclasse, quasi tutti leggono e scri-vono autonomamente. Io non cisono mai riuscito a ottenere que-sto e m’è passata definitivamentela voglia di provarci da quandoMariapaola, in una festa natalizia,“lesse“ una letterina rivolta ai ge-nitori tenendo il foglio al contra-rio. Nel processo di apprendimentodel leggere e dello scrivere prefe-risco sollecitare tutte le facoltà delbambino: memoria, riflessione, ra-gionamento, intuito, fantasia…

compitazioni in omaggio al me-todo fonematico, canzoncine, fila-strocche, giochi (ma tanti) con lelettere mobili e soprattutto colle-gamenti internet per divertentis-simi esercizi. Uno spasso.

(Digita “Giochi per imparare aleggere e a contare”, per esempio).

Occhio, comunque, perché l’in-dice di attenzione e di resistenzadei piccoli è molto limitato: la vo-glia di fare e quella di impararenon sono inesauribili. Propongo ungruppo di lettere (tre o quattro) lasettimana, un paio di giorni diesercizi d’insieme e via con unaltro gruppo. Modello ape operaia.Non metto il turbo, ma per gen-naio febbraio ho presentato tuttele lettere, i digrammi e i trigrammi.Non tutti leggono, non tutti scri-vono: non importa. Chi riesceprima, fa da “aiuto-maestro”. Laprima è la classe dei fiori chesbocciano di notte. L’indomani al-cuni bambini sanno fare quelloche il giorno precedente sembravaimpossibile. Abbasso l’ansia, viva lacostanza.

Si dice, si scrive e si legge. Co-

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didattica

Non do il becchime ai polli (perdo-nate il paragone) pur di ottenerecerti risultati e piantare al più pre-sto la bandiera sul tetto della casain costruzione. Prima i bambini,poi il resto…

NON STRESSARE

Se c’è il tempo pieno, s’im-para a leggere e a scrivere ascuola. La cartella si lascia inaula. Riempire pagine di lette-rine a casa, rileggere cinquevolte la paginetta non serve amolto. Si stressano i piccoli e… igrandi che sono già stressati perconto loro. I compiti si eseguonoa scuola. Che il piccolo a casafaccia altro e torni l’indomanicon la mente libera e riposata.Anche questo favorisce l’attac-camento alla scuola, cioè il pia-cere di frequentarla, la gioia distare bene insieme ai docenti eai compagni, il desiderio di ap-prendere, insomma l’amore perla cultura. Nella serenità. Laqualità non si baratta con laquantità, né il fine giustifica ilmezzo.

COINVOLGEREI GENITORI

Soprattutto perché oggi lamappa delle priorità e dei valori èalquanto diversificata. Si tratta difar conoscere quella della scuola eprendere atto di quella delle muradomestiche. I genitori vanno avvi-cinati e coinvolti. Dal buongiornodel mattino, all’arrivederci del po-meriggio. Colloqui formali e infor-mali, assemblee nelle qualiillustrare il lavoro da svolgere equello già svolto, spiegare la di-

dattica seguita, gli obiettivi e lemete da raggiungere che non sononecessariamente quelle di quandoloro erano bambini. È bene affi-dare ai genitori l’organizzazioned’iniziative culturali e non, portarliin aula per loro specifiche compe-tenze… Si sentiranno parte vivadel processo educativo. Si chiari-ranno i ruoli di ognuno. Cominceràa nascere la famiglia-classe. I ge-nitori non sono un male necessarioo incurabile della scuola, ma unbene insostituibile. Casi clinici aparte.

SCRIVERE UN LIBRO

Vorrò trovare un editore e pub-blicare le frasi esilaranti, gli aned-doti che accadranno in auladurante il primo anno di scuolanel quale i piccoli sono moltospontanei e disinibiti. Due anni fastavo parlando del segno dellacroce e spiegavo chi è il Padre, chiil Figlio, chi lo Spirito Santo. Fran-cesco alza di colpo la mano echiede: “E Amen chi è?”.

Ha proprio ragione RobertoPiumini, quando scrive:

Ogni classe è una bimboteca. Se vuoi ridere leggi un bimbo allegro.

Se vuoi piangere leggi un bimbo triste. Se vuoi sapere leggi un bimbo saggio.

Se vuoi indagare leggi un bimbo segreto. Se vuoi sognare leggi un bimbo poeta.

Se vuoi cantare leggi un bimbo di musica. E se invece ti vuoi annoiare non leggere i bimbi.

Lasciali chiusi e muti seduti in bimboteca.continua...

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tudini, i nostri progetti, la nostrarealizzazione umana e professionalesono la sintesi perfetta fra l’esempioche abbiamo ricevuto dai nostri ge-nitori, la valida formazione dei nostrieducatori e infine la solidità di prin-cipi e la purezza di sentimenti di co-loro che fanno parte della nostracerchia di amici.

In realtà, la nostra prima finestrasul mondo è rappresentata propriodal cosiddetto “gruppo”. Ognuno dinoi soddisfa la sua naturale esigenzadi entrare in contatto con il mondoesterno costruendosi una rete di re-lazioni che finiscono per creare unapiccola comunità in cui si realizza uncontinuo scambio culturale, di sen-timenti, di interessi e, purtroppo,spesso anche di cattive abitudini.Accade di frequente che la presenzadi un “leader” per la sua capacità disfidare i propri limiti o per il suo es-sere al di fuori delle regole, catturitutta l’attenzione degli altri i quali sitrovano ad apprezzare e a fare propridei comportamenti che, oltre a nonarricchire nessuno, risultano certa-mente dannosi.

A chi non è mai capitato di con-frontarsi con la realtà del gruppoche, a volte, diventa branco? Il no-stro essere fili d’erba al vento ci tra-scina verso chi ci appare più forte erende difficile anche l’affermazionedel nostro desiderio di non seguirecerti esempi, perché ciò ci espone alrischio dell’isolamento. Anch’io mi

riflessioni adolescenziali

Federica Trapani alunna La Salle - Roma

Giovanni Battista De La Salle perchévivo quotidianamente la fragilitàdella mia adolescenza: in questa fasedell’esistenza io e i miei coetanei cisentiamo spesso come dei minuscolifili d’erba che si affacciano timida-mente sul prato della vita. Nessunodi questi minuscoli arbusti sa se di-venterà una rigogliosa pianta oun’erbaccia; la bellezza del suoaspetto e il vigore dei suoi frutti di-penderà dal contesto in cui vivrà, dalsole o dal vento che riceverà, da chila curerà.

Allo stesso modo il nostro desi-derio di crescita e di condivisione ciporta a cercare una collocazione eun’identità. In questa ricerca, nonabbiamo gusti, idee e principi bendefiniti, ma impariamo ciò che civiene insegnato, apprezziamo ciòche ci viene mostrato e, in definitiva,diventiamo ciò che quotidianamenteviviamo e respiriamo. Le nostre abi-

Scrive il La Salle: “Le cattivecompagnie sono una delle prin-cipali cause dello sbandamento

della gioventù perché pochi si perver-tono per la malizia del loro cuore,mentre la maggior parte si corrompeper il cattivo esempio e le occasioniche si presentano”.

In questa essenziale e incisiva ci-tazione è racchiusa la fonte ispira-trice e il senso profondo dellamissione intrapresa da San GiovanniBattista de La Salle. Con essa il fon-datore dei lasalliani ha fotografatola realtà della condizione giovanileindicando la strada che è necessariopercorrere per rendere sane le nuovegenerazioni e contribuire così allacostruzione di un’umanità migliore.

Mi sono immediatamente ricono-sciuta nel pensiero espresso da San

Essere condizionati dalgruppo o affermarela propria identità?

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riflessioni adolescenziali

sono trovata in un contesto similee ho vissuto in prima persona ildrammatico contrasto che Pirandelloha elaborato come tema centraledelle sue opere fra l’esigenza del-l’uomo di essere se stesso e l’insop-portabile costrizione in cui viene atrovarsi quando cerca di liberarsidell’immagine che gli altri hanno dilui. Con sgomento ho trovato laforza di parlarne con mia madre cheanzitutto ha compreso il mio disagioe la mia difficoltà di scegliere fra ciòche sono, con il rischio di essere iso-lata totalmente dal gruppo, e la ten-tazione di indossare ipocritamente lamaschera cucitami addosso daglialtri pur di non essere destinata auna terribile solitudine.

Senza il suo supporto sarei stataprobabilmente catturata dal gruppoche, per chi non ha altri punti di ri-ferimento, rappresenta l’unicafonte di ispirazione dei propricomportamenti. Mi sono convintanon solo che la vera felicità sta nelpoter scegliere ciò che è giusto perse stessi, ma ho cominciato a con-testare all’interno del gruppo la cor-rettezza di certi comportamenti.Insomma ho imparato a dire la mia.Il risultato immediato è stato l’as-salto del branco nei miei confronti.

Ho certamente sofferto, ma dopoil periodo più difficile, mi sono sen-tita fiera di me stessa non solo peressere rimasta ferma sulle mie giuste

prese di posizione, masoprattutto perché una delle ragazzedel mio gruppo ha capito il mio mes-saggio e ha deciso di seguire i mieiconsigli.

È stata questa la mia vittoria piùgrande: non mi sono limitata a sal-vaguardare me stessa ma, regalandouna nuova consapevolezza alla miaamica, l’ho sottratta da un percorsoprobabilmente senza ritorno.

E che cos’è la vita nel suo signi-ficato più profondo se non un dareoltre che un ricevere continuo, in cuitutti siamo chiamati a dare il nostrocontributo nell’affermazione dei va-lori in cui crediamo? Non possiamodunque limitarci a indossare la ma-schera. Abbiamo il dovere di “met-terci la faccia”, se occorre, di“sporcarci le mani” per rendere lanostra società più pulita e autentica.

È questo l’insegnamento che ci

ha lasciato S. Giovanni Battista DeLa Salle che, dell’analisi della condi-zione giovanile, ha fatto la sua unicaragione di vita dedicandosi intera-mente alla realizzazione del progettodi salvezza delle giovani generazioni.

Quante volte abbiamo sentitoche il futuro è nei giovani, nell’esem-pio che gli adulti sono in grado didare loro. Purtroppo spesso le parolenon sono seguite da modelli con-creti di comportamento ispirati aprincipi sani e costruttivi.

San Giovanni Battista De LaSalle, invece, ispirandosi a questosuo messaggio d’amore verso i gio-vani ha posto la sua vita al serviziodi un sogno bellissimo: coltivare lospirito e la mente dei ragazzi affin-ché possano scegliere consapevol-mente il loro futuro. Un esempiomirabile il suo che risulta più chemai attuale e costituisce un meravi-glioso modello di vita da mostrare aquanti, genitori, educatori e ragazzivogliano contribuire al migliora-mento della nostra società.

Mi sento davvero fortunata che ilmio cammino sia stato illuminatodal pensiero e dall’esempio di SanGiovanni Battista De La Salle. La suafigura la porterò sempre scolpita nelcuore e nella mente e la conserveròcon me come un tesoro da coltivaree condividere con quanti incontrerònella mia vita.

P roseguiamo il nostro cam-mino sulla strada del “cam-biamento” affrontando un

tema che dal titolo può sembrarenuovo ma che probabilmente giàconosciamo anche se spesso inmodo inconsapevole: la resilienza.

Nel gergo tradizionale molti laassociano, in modo naturale, al si-gnificato di resistenza e, in realtà, idue concetti hanno molti punti incomune. Non a caso il termine èstato utilizzato per la prima voltanel campo della meccanica e dellametallurgia per indicare “la capacitàdi un metallo di resistere alle forzeche vi sono applicate”.

In un certo senso, la resilienzaper un metallo rappresenta il con-trario della fragilità e proprio questosarà il nostro punto di partenza eanche di arrivo.

Dal punto di vista etimologico, lamaggioranza degli studiosi ricon-duce il termine resilienza al verbolatino “resilio” ossia “saltare indie-tro, restringersi, rimbalzare”. Un’esi-gua minoranza la associa invece altermine “resalio” (iterativo del verbolatino “salio”) per rappresentare, adesempio, l’azione di risalita in barcadopo che la stessa si è rivoltata inacqua. Ma a prescindere dalle varieaccezioni o metafore, il concetto di

Guido Orsi,psicologo ex-alunno

resilienza oggi è comunemente in-teso come “la capacità umana di farfronte in maniera positiva ad eventitraumatici della vita”.

Altri ancora la definiscono, inmodo forse più empirico, come lacapacità individuale di “resettarsi”ossia di saper azzerare la negativitàlegata a un particolare evento spia-cevole per poi affrontarlo con spiritocostruttivo e finalizzato a risolverloin tempi rapidi. Inoltre, oggi si parlasempre più di resilienza come unodegli antidoti nella gestione dellostress. Ma per capire meglio in cosaconsiste la resilienza dobbiamo pre-mettere che essa può essere tantoun’attitudine innata quanto una ca-pacità appresa attraverso determi-nate strategie.

Le principali componenti in-nate della resilienza sono le se-guenti:• Autoefficacia (convinzione per-

sonale di saper affrontare glieventi)

• Impegno (autocoinvolgimento edeterminazione verso un obiet-tivo)

• Passione per le sfide (aperturaverso il cambiamento)

• LOC - Locus of control interno(vedi di seguito)

• Empatia (capacità di riconosceree condividere le emozioni)

• Abilità sociali (capacità comuni-cative e relazionali)

• Ottimismo (saper cogliere un’op-portunità dietro un problema)

• Creatività (favorire lo sviluppo

temi educativi

TUTTI A SCUOLADI RESILIENZA!

Propendi per un LOC interno o per un LOC esterno? Come far fronte in modopositivo a eventi traumatici e a fallimenti? Senza dimenticare che il suc-cesso passa inevitabilmente per il sacrificio.

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temi educativi

delle nostre potenzialità ine-spresse)Certamente tra tutti questi fat-

tori ce n’è uno che sfugge alla mag-gior parte di noi perché è uncostrutto tipico della sfera psicolo-gica: il Locus of Control (LOC).

Gli psicologi lo definiscono come“l’attitudine soggettiva a valutare ifattori causali di eventi, fenomeni,risultati o azioni in genere”.

Questo può avere due variantidistinte:

1. LOC interno: quando attri-buiamo a noi stessi le cause di undeterminato evento (ed è il casodella resilienza);

2. LOC esterno: quando ciconvinciamo che quanto accaduto èsolo legato a fattori esterni ossiaagli altri, alla sfortuna, al destino,ecc. Della serie: piove, governoladro!

Per fare un esempio nel nostromondo scolastico, la tipica metaforadel LOC la troviamo nel consueto fe-nomeno del brutto voto che lo stu-dente (e purtroppo molto spessoanche il genitore...) può interpretarein due modi opposti.

Uno studente con LOC esterno fo-calizzerà tutte le colpe del voto basso

sul Professore “X” (“ce l’ha con me!”)o sulla Scuola (“fanno preferenze!”),eleggendo, all’occorrenza, il genitoreal ruolo di “avvocato” nella causa perottenere la giusta sufficienza che“non si nega a nessuno…”.

Viceversa, uno studente con LOCinterno, a fronte di un voto insoddi-sfacente, si rimbocca le maniche esi mette a studiare in modo ancorapiù intenso ed efficace.

Questo studente, probabilmente,sarà quello che in futuro all’univer-sità potrà permettersi il lusso di ri-fiutare un 27 per conseguire il 30 ealzare la media che gli consentirà diaccedere a un Erasmus o a unaborsa di studio. Ma la resilienza puòessere anche una competenza daapprendere a patto, però, che la siconosca bene.

Certamente un primo passo èquello di aumentare la propria con-sapevolezza sui suddetti fattori in-nati della resilienza cercando dilavorare in particolare sul LOC in-terno, sull’impegno, sulla passioneper le sfide e sulla creatività.

Oltre a ciò, esistono altre com-ponenti che si possono apprendereal fine di sviluppare un’adeguata re-silienza:

• Narrazioni emozionali della pro-pria vita (condivisione delleesperienze)

• Capacità di cambiare la prospet-tiva delle cose (gestire il cambia-mento)

• Costruire e mantenere relazionistabili (esercitare l’empatia)

• Mettersi in discussione (autocri-tica)

• Praticare il volontariato (mutuo-aiuto)

• Gestire il proprio tempo conequilibrio (dare priorità solo a ciòche merita)

• Darsi degli obiettivi raggiungibili(adeguare le sfide ai propri limiti)

• Accettare le sconfitte (coglierel’opportunità dietro il problema)

Ma come applicare in modo attivola resilienza alla nostra vita e in parti-colare al nostro mondo scolastico?

Cerchiamo di arrivarci per gradiattraverso qualche altro esempio.

Mentre scrivo queste righe sonoin pieno svolgimento le prove perl’esame di Stato e, specialmente alliceo, fervono le tensioni legate alvoto di ammissione, all’incertezzadelle prove scritte oppure alle “for-che caudine” della prova orale.

temi educativi

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Tutte queste tensioni sono acco-munate dalla consueta paura delfallimento o, ancora meglio, dallanon accettazione di un risultato che,a parte i finti alibi, è quasi semprelo specchio fedele del nostro rendi-mento.

Ecco, la resilienza ha molto a chefare con il rendimento, con il falli-mento, con la motivazione a supe-rarlo e, per alcuni aspetti, anche conil coaching di cui abbiamo parlatonello scorso numero di giugno 2014.

Prendiamo ad esempio il falli-mento per renderci conto comespesso questo termine viene vistosolo ed esclusivamente in termininegativi. Ma, paradossalmente, èproprio nel come interpretiamo ilfallimento che troviamo la soluzioneai nostri problemi.

L’esperienza insegna che si im-para molto più dagli errori che daisuccessi per cui senza fallimento

non ci può essere una sana crescitache ci porta ad accettare tanto levittorie quanto le sconfitte.

Diceva il filosofo Epitteto: “Nonsono le cose in sé a preoccuparci,quanto l’opinione che di esse ci fac-ciamo”.

La resilienza entra in gioco pro-prio quando ci troviamo di fronte auna difficoltà che pensiamo di nonpoter superare o, peggio, di subirepassivamente.

Per tornare al nostro esempionell’ambito scolastico, un atteggia-mento resiliente fa vedere un bassovoto di ammissione come una fortespinta interiore a puntare tutte leproprie energie sulle prove scritte eorali per sovvertire quello che, in ap-parenza, sembrava un cattivo inizio.

Gli esempi evidenziati non sonostorielle inventate ma esperienzeche rilevo nella mia attività quoti-diana nelle scuole in cui spesso i no-

stri ragazzi non percepiscono beneche il successo passa inevitabil-mente per il sacrificio.

Non converrebbe, quindi, iniziaread allenare la resilienza a scuolavisto che la vita, in genere, non ci fasconti?

Quest’anno all’Istituto De Me-rode di Roma abbiamo fatto unaprima breve esperienza di coachingscolastico con alcuni studenti e i ri-sultati sono stati nella maggiorparte dei casi molto positivi cosìcome riportato spontaneamente dairagazzi stessi.

Probabilmente, da oggi, quei ra-gazzi saranno più resilienti persfruttare le proprie debolezze e farlediventare dei punti di forza.

Alla luce di queste considera-zioni appare evidente come la resi-lienza sia un utile alleato in tutte lesituazioni di difficoltà, proprio per-ché aiuta l’essere umano a vivereeventi apparentemente disastrosicome vere e proprie opportunità pervalorizzare le proprie risorse e con-vertire l’energia negativa in energiapositiva.

Un recente libro dello scrittoreTaleb ha introdotto il nuovo con-cetto di “antifragile” che tende a ri-voluzionare il significato stesso deltermine da cui deriva. Oggi si defi-nisce “fragile” qualcosa che si fran-tuma di fronte a traumi anchemolto piccoli mentre si definisce“robusto” qualcosa che resiste difronte a traumi anche molto grandi.

L’antifragile è un qualcosa chenon solo resiste al trauma ma addi-rittura lo sfrutta per rafforzarsi an-cora di più.

Seguendo questo paradigma siscoprirà come il cambiamento sem-pre più può essere recepito comeuna grande opportunità invece checome un pericoloso rischio.

Chi volesse consultare i numeri precedenti di “Lasalliani in Italia”può entrare nel sito: www.lasalleitalia.net cliccando Pubblicazioni

I libri sono pericolosi. In mano alle donne, sono pericolosissimi. Perciòbruciano i libri. E talvolta, bollate come streghe, anche le donne, perchéquelli che bruciano i libri hanno sempre qualche problema con ledonne: essi sanno che i lettori più pericolosi sono le lettrici. Una mostraparigina di qualche anno fa si presentava con questo titolo: Les femmesqui lisent sont dangereuses, «Le donne che leggono sono pericolose».Per i censori, i pedagoghi, gli addetti all’ordine sociale e mentale, i cu-stodi del bene comune e della tradizione, questo vuol dire solo unacosa: che i libri sono doppiamente pericolosi, perché nella mente enell’immaginazione affrancano le donne dalla loro «estrazione sociale»,e addirittura dall’universo stabilito dall’uomo. Scrive Pierluigi Battista,giornalista e autore di saggi :“E infatti, quando le donne comincianoad avere tra le mani i libri, scatta il grande allarme. A partire dal Sette-

cento, nei decenni in cui si sono forgiati gli strumenti dell’industria culturale di massa e del mercato del libro come noi li co-nosciamo, il panico ha cominciato a propagarsi, e i nemici del libro hanno ripreso prudenzialmente ad accendere i roghi. Omeglio, hanno attivato la censura che, secondo la brillante definizione di George Steiner, è equivalente ai roghi dei libri. Però«a fuoco lento».” Con l’industria culturale di massa, che allarga a dismisura il pubblico di chi consuma prodotti culturali, nasceanche il romanzo moderno. Con il romanzo moderno fiorisce anche una nuova sensibilità. E con la nuova sensibilità si affacciail pubblico delle nuove lettrici, che poi continueranno a essere fino ai nostri giorni le più avide consumatrici di romanzi (hascritto Mario Vargas Losa «È solo merito delle lettrici se oggi si continua ancora a pubblicare e vendere libri»).

Al fuoco!Pierluigi Battista

I libri sonopericolosi

Rizzoli 2014,pp. 154, Euro 11,00

“A causa dell’impazienza gli uomini sono stati cacciati dal paradiso”. L’aforismadi Franz Kafka è l’epigrafe del volumetto di Gabriella Caramore, saggista efilosofa, dal titolo Pazienza, il quarto della nuova collana Parole Controtempoedita da il Mulino. In un tempo segnato dalla velocità e dalla fretta la pazienzaè una «qualità della durata». Anche se – osserva acutamente l’autrice – bi-sogna «reagire alla seduzione malinconica del compianto sulla velocità checi impedisce la quiete». Come dire, non lasciarsi sopraffare da un nostalgicospleen, ma nemmeno lasciarsi andare rassegnati e indolenti se non persinoun po’ compiaciuti. Sarebbe un errore confondere la pazienza con l’inerzia.Niente di più sbagliato. La pazienza è una giusta via di mezzo tra l’impazienzae l’apatia, è l’esigenza di “creare un tempo separato dal tempo ordinario”per costruire qualcosa, di “attendere che il vissuto venga accolto dentro ilpensiero, prima di essere partorito dalla mano; venga elaborato, fantasticato,reinventato dentro l’anima, se ce ne è una”. Homo sapiens, homo patiens. La pazienza è una dote che si esercita in solitudineper poi applicarla quando si è in mezzo agli altri. Certo, è anche vero che la pazienza ha i suoi “confini” che spesso scopriamoall’improvviso, come recita il proverbio che, spiritosamente, Totò storpiava così : “Ogni limite ha la sua pazienza”.

“La società, scrive Giorgio Zagrebelsky, non è la mera somma di molti rap-porti bilaterali concreti, di persone che si conoscono reciprocamente. È uninsieme di rapporti astratti di persone che si riconoscono come facenti parted’una medesima cerchia umana, senza che gli uni nemmeno sappiano chigli altri siano. Come può esserci vita comune, cioè società, tra perfetti scono-sciuti? Qui entra in gioco la cultura. Consideriamo l’espressione: io mi rico-nosco in… Quando sono numerosi coloro che non si conosconoreciprocamente, ma si riconoscono nella stessa cosa, quale che sia, ecco for-mata una società. Questo “qualche cosa” di comune è “un terzo” che sta aldi sopra di ogni uno e di ogni altro e questo “terzo” è condizione sine quanon d’ogni tipo di società, non necessariamente società politica. Il terzo è ciòche consente una “triangolazione”: tutti e ciascuno si riconoscono in un puntoche li sovrasta e, da questo riconoscimento, discende il senso di un’apparte-nenza e di un’esistenza che va al di là della semplice vita biologica individuale

e dei rapporti interindividuali. «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento », dice l’art. 33, primo comma, dellaCostituzione. Questa norma di principio è da considerare la base della “costituzione culturale”, così come esiste una “costitu-zione politica” e una “costituzione economica”, ciascuna delle quali contribuisce, per la sua parte, alla costruzione della “tri-funzionalità” su cui si regge la società”.

Leggere un libroè alla base dellademocraziaGustavo Zagrebelsky

Fondata sullacultura Arte,scienza eCostituzioneEinaudi, 2014pp. 120, Euro 10,00

La virtù dei forti

Gabriella Caramore

PazienzaIl Mulino 2014,pp. 136, Euro 12,00

Consigli per la letturaa cura di Alberto Tornatora docente lasalliano

in libreria

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La lettera mai scritta

racconti

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Carissimo Fratel Gabriel, da tanto tempo avrei

voluto scrivere questalettera per esprimerti imiei devoti sentimenti echiarire alcuni malin-tesi che in passatosono sorti fra noi.

Sono sempre statomolto orgoglioso diavere un discepolofedele e devoto come te,anche quando mi sono ri-volto a te con parole di rimprovero o disfiducia, determinate esclusivamente dallascarsa conoscenza che avevo dell’am-biente romano e della tua difficile situazione.

Il viaggio a Roma, che avevo programmato eardentemente desiderato e che per volontà di Dionon ho potuto realizzare, aveva tra l’altro lo scopodi riabbracciarti e di esprimerti tutta la mia am-mirazione per la fedeltà dimostrata, per la tenacianel perseguire il compito che ti era stato asse-gnato, per lo spirito di sacrificio che hai avutonell’affrontare disagi e umiliazioni di ogni genere.

Sei stato come il chicco di frumento di cuiparla Gesù che, solo morendo, ha potuto darefrutto. È un requisito questo che vale sempre:ogni nostra scuola, perché sia ricca di frutti, habisogno di qualche Fratello che, come il chiccodi grano, sia disposto a macerare e a scomparirenella terra.

Ti assicuro che ho provato sempre grande te-nerezza e affetto per te e ho pregato moltospesso Dio perché ti potesse assistere nella tuadifficile missione.

... i racconti improbabili

Mario Chiarapini, Fsc

La distanza che ci hatenuti lontani e la dif-ficoltà di comunicare,con la perdita tra l’al-tro di molte lettere,

sono state spesso lacausa delle incompren-

sioni che ci sono statetra noi. Con la pre-sente, intendo porgerti

le mie scuse per le sof-ferenze che involontaria-mente ti ho arrecato. Tichiedo perdono per nonaver compreso la situa-zione particolarmente

delicata e difficile in cui ti sei trovato. So chemolte volte hai dovuto perfino metterti in filacon i poveri di Roma per elemosinare una ciotoladi minestra calda. Ricordi quando insieme a Ni-colas Vuyart, quel 21 novembre del 1691, fa-cemmo voto alla Santissima Trinità di restarefedeli al nostro ideale, anche se “fossimo stati co-stretti a chiedere l’elemosina e a vivere di solopane”? Tu, mio caro Fratel Gabriel, hai avutomodo di provare sulla tua pelle quell’eroica pro-messa.

La tua scuola, la nostra scuola, grazie a te e aquesta tua generosa fedeltà, ora è finalmenteaperta e farà da battistrada a molte altre che sor-geranno in Italia e nel mondo. È sorta grazie aituoi sacrifici e alla stima che hai saputo conqui-starti nell’ambiente romano e nella curia ponti-ficia.

Il Fratello che verrà ad aiutarti e gli altri chein seguito ti sostituiranno, vogliono essere la

... a Fratel Gabriel Drolin

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racconti

prova di quanto io e tutti gli altri Fratelli abbiamoapprezzato ciò che hai realizzato con l’aiuto delCielo nella città del Papa.

Mio carissimo Fratello, la volontà di Dio nonci permetterà di incontrarci sulla terra; ma in pa-radiso, sarà una grande gioia poterti riabbrac-ciare e insieme pregare per i nostri confratelli chea Roma, in Italia e nel mondo continueranno lanostra opera, l’opera di Dio.

Benedico Dio di averti concesso la graziadella perseveranza e di essere stato come undono del Cielo per il nostro Istituto. Da partetua, continua a pregare Dio di benedire tutta lanostra Società.

Mi dichiaro, carissimo Fratello, il tuo devotis-simo in Nostro Signore,

Nel 1702, Fratel Gabriel Drolin era stato inviato a Roma da Jean-Baptiste de La Salle con l’incarico di aprirvi una scuola. Vi riuscìnel 1709, dopo tanti sacrifici. Rimase nella Città eterna fino al1728. L’anno precedente, lo avevano raggiunto per affiancarlo epoi sostituirlo i Fratelli Fiacre e Thomas. Ritornato in Francia, morìnel 1733. Sulla casa che lo ospitò, in Via dei Cappuccini 27, nel2004, è stata posta una targa in memoria.

lettere al direttore lettere al direttore lettere al direttoreLa festa di San GiovanniBattista de La Salle:7 aprile o 15 maggio?

Caro Direttore, vorrei un chiarimentosu un mio dubbio, forse causato daun ricordo impreciso dei miei annigiovanili. Ho studiato al San Giu-seppe - Istituto De Merode di Romanegli anni Trenta e Quaranta. Ai mieitempi la ricorrenza in onore di sanGiovanni Battista de La Salle era il15 maggio, mentre leggo ora, sul ca-lendario edito da “Voce di PadrePio”, che tale ricorrenza è il 7 aprile.Io credo di ricordare molto bene,anche perché il 15 maggio lo atten-devamo sempre con tanta gioia, siaper l’assenza di lezioni sia per unatavola da pranzo molto più imban-dita e appetitosa del solito, ma oraguardando certi calendari mi sorge ildubbio. La ringrazio e la saluto conaffetto.

Giorgio Pettinelli, ex-alunno

Carissimo Giorgio, devi sapere che li-turgicamente la festa di un santo ri-corre il giorno della sua morte che, pernoi cristiani, è il Dies Natalis, cioè ilgiorno della nascita, la nascita al Cieloe all’eternità. Ora, san Giovanni Batti-

sta de La Salle è morto proprio il 7aprile 1719 (e quell’anno era VenerdìSanto), ecco perché i calendari ripor-tano la festa il 7 aprile (festa liturgica).Ma c’è da dire che noi Fratelli delleScuole Cristiane, in Italia e in tutto ilmondo, quindi in tutte le nostre scuole,il nostro Santo lo festeggiamo il 15Maggio (giorno della sua Canonizza-zione), dal momento che il 7 aprile ca-pita sempre in Quaresima o nelperiodo pasquale, tempo in cui non èpossibile venerare i Santi, perché la li-turgia del periodo è preminente. Potercelebrare la festa del nostro Fondatoreil 15 maggio, che in molte parti delmondo è chiamato LA SALLE DAY, èun privilegio che ci è stato concessodal Papa già nel 1900, quando fu di-chiarato Santo. Addirittura, in molte na-zioni, il 15 maggio è anche festa dellascuola, perché san Giovanni Battistade La Salle è stato dichiarato da PapaPio XII, nel 1950, PATRONO UNIVER-SALE DI TUTTI GLI EDUCATORI. Iltuo ricordo di alunno è dunque moltoesatto, complimenti! Ma ora sai anche

lettere al direttore

il motivo della discordanza con i calen-dari comuni.

M. Ch.

Ancora grazie,Fratel Michel!Caro Fratel Mario, Direttore di Lasal-liani in Italia, sento il dovere di inviarleuna breve testimonianza che ho scrittoin occasione della morte di Fratel Mi-chel Bianchi (nella foto) impegnato perotto anni al Centro Don Gnocchi diParma, dove, con amore e dedizione,divenne presto, oltre che referente delreparto femminile, anche principaleamico e sostegno per la ventina di ra-gazze ivi ricoverate e per i loro studi.

Discretamente, ma con determina-zione e costanza, lo si vedeva semprein giro per Parma intento a spingerequalche carrozzina o a bordo di un pul-mino a portare avanti e indietro dal-l’università le varie ragazze ospiti delCentro. Per le stesse e per il gruppodei ragazzi si prodigava per otteneredai superiori e dalle autorità ciò di cuiavevano bisogno. Ben presto divenneuna figura determinante sia per gliospiti del Centro sia per i tanti volontariche frequentavano il Don Gnocchi.Non ricordo di averlo mai visto scorag-giato, ma sempre con una contagiosacarica di ottimismo che si alimentavaalla luce della fede. Malgrado l’età, erasempre disponibile al dialogo con i gio-vani del Centro, assumendo all’occor-renza le vesti del padre e quelle delsuperiore. In silenzio pregava e in si-lenzio soffriva con i ragazzi e per i ra-gazzi, risultando spesso complicedelle loro richieste. Non lo abbiamomai visto con l’abito del Fratello, macon la sua vita lasciava trasparire lafede e il timbro del Fratello delle

fessore di italiano, Teofilo Mauri, pro-fessore di latino e greco, TeobaldoRoncaccia, il Preside. Cordialmente.

Ing. Gennaro Sica,ex alunno “Lasalliano”

Grazie per la RivistaCaro Direttore Fratel Mario, le scrivosolo per esprimere il mio compiaci-mento e il mio grazie più sincero per larivista LASALLIANI IN ITALIA che di-rige con competenza e tanto amore.Un amore che trapela da ogni pagina,da ogni argomento che viene presen-tato, dagli interessanti e sempre pun-tuali articoli, dalle notizie lasalliane checi regalano un respiro internazionale efamigliare al tempo stesso. Attendosempre con particolare gioia l’arrivodella rivista, la leggo con interesse; mifa compagnia in tanti momenti in cuisono solo nella mia stanza e mi fa sen-tire in comunione con i nostri confra-telli, con i miei ex-alunni che hannoormai anch’essi una certa età, con lenostre famiglie e con i nostri bravi do-centi. Nel pensare che arriva in tantecittà d’Italia e in tutte le nostre scuole,nel leggerla, si alleggerisce il peso deimiei anni e mi sento ancora proiettatoin mezzo ai ragazzi per i quali ho datola mia parte migliore. Grazie dunque,Fratel Mario, a lei e ai suoi bravi colla-boratori per questo dono che, pur-troppo è solo trimestrale. Non scriva ilmio nome. Mi firmo semplicemente unsuo confratello e un fedele lettore.

Lettera firmata

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Causale: Lasalliani in Italia

Scuole Cristiane, un educatore a ser-vizio dei giovani più deboli nel corpo enello spirito. E oggi, come tutti i Fratelliche sono stati tanto amati da donCarlo, ci manca tanto, anche se siamosicuri che dal Cielo ci guarda e ci stavicino. Grazie Michel! Grazie Gesù peravercelo prestato per un po’.

Marco Menegatti,ex-alunno del Don Gnocchi di Parma

L’altro GrottanelliStimatissimo Direttore, leggendo larubrica “In Vetrina”, a pag. 30, pubbli-cata sul numero di Giugno 2014 di“Lasalliani in Italia”, dove veniva pre-sentato un libro su Fratel Mario Grot-tanelli, ho avuto la piacevoleopportunità di ricordarmi di un altroFratel Grottanelli, non così famosocome il fratello che operò a Roma nelCollegio San Giuseppe – Istituto DeMerode, ma, in egual maniera, degnodi ricordo. Parlo di Fratel Nicola (nellafoto), educatore e maestro nel glo-rioso Istituto “San Giovanni Battistade La Salle” di Materdei, tranquillorione di Napoli. Fratel Nicola inse-gnava Religione e Scienze a noi ra-gazzi del Liceo. Entrava in classecome una furia; in pochi secondi fa-ceva l’appello, poi subito iniziava aspiegare la lezione del giorno in unmodo che non consentiva distrazionida parte di noi studenti. Volava dauna parte all’altra dell’aula, faceva do-mande per verificare l’apprendimentoe spesso ci strattonava o ci colpivacon uno scapaccione. Ma Fratel Ni-cola non era temuto per questo, anziera apprezzato da tutti noi suoi allievi.Noi studiavamo su un suo testo e an-davamo fieri di avere un siffatto per-sonaggio come professore. Era dibattuta pronta e sapida. Spesso si ri-deva insieme. A fine anno era quasisempre nominato come Commissarioagli Esami di Stato in qualche scuolapubblica e questo riconoscimento cheveniva da fuori era per noi un altromotivo di vanto. Fratel Nicola era at-torniato da altri indimenticabili Fratelli:Nicolino Anzini, professore di mate-matica e fisica, Ugolino Ferranti, pro-

I libri che raccontano di noiI libri che raccontano di noi

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GIORGIO PROIETTI

I FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANEA BENEVENTO

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