83/2004 del 5 marzo 2004 trimestrale dei fratelli delle ... · castellani, rodolfo meoli, bartolo...

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Trimestrale dei Fratelli delle Scuole Cristiane - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma - Sezione per la Stampa, n. 83/2004 del 5 marzo 2004 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIO CHIARAPINI

Consiglio di redazione:Maurizio Dossena - Lucia GrazianoGabriele Rosario Mossi - Giuseppe NorelliGuido Orsi - Alberto Tornatora

Collaboratori e Corrispondenti:Bruno A. Bordone, Marco Camerini, AlbertoCastellani, Rodolfo Meoli, Bartolo Parisi, Grafica& Interior Designer

Archivio fotografico:Fausto Guarda, Sergio Saini, Iconografialasalliana, Servizio di Comunicazione LaSalle, www.lasalle.org

L’abbonamento annuale alla rivistaè di € 8,00.Utilizzare il conto corrente:

C/c postale n. 52041001

I sostenitori possono usare anche:IBAN IT27A02008 05020000005215702

causale: Lasalliani in Italia

Per il cambio di indirizzo comunicare anche il vecchio

Direzione e redazione:Lasalliani in ItaliaVia Giambattista Pagano, 7100167 [email protected]

Amministrazione e Edizione:Provincia della Congregazionedei Fratelli delle Scuole CristianeViale del Vignola, 56 - 00196 Roma

Rivista associataall’Unione Stampa Periodica Italiana

Stampa e spedizione:Stabilimento TipolitograficoUgo Quintily spa - V.le E. Ortolani, 149/151.Zona Ind. di Acilia, 00125 [email protected]. 06 52169299

Finito di stampare: Novembre 2016

Italia

LASALLIANI in Italia

Dicembre 2016 - Anno XIII • n. 51

SOMMARIO

Non temete! Vi porto una bella notizia! 3di Mario Chiarapini

L’impegno dei cattolici in politica: un dovere, ma come? 4di Maurizio Dossena

La parola per te 7di Gabriele Mossi

Temi lasalliani: Il primato della comunità 8di Bruno Adelco Bordone

Da Calcutta con amore 11di Giuseppe Norelli

Aria di Natale 14di Mario Chiarapini

Natale 17di Gabriele Rosario Mossi

Il Natale fra “Ossi” e “Allegria” 18di Marco Camerini

Lasalliani d’oro sul podio olimpico 20di Alberto Castellani

Prima professione di tre Fratelli novizi, 23 - Incontri di formazione lasalliana, 24

Biblioteca di strada, 24 - Scuola dell’infanzia San Filippo Neri, 25

SPECIALE CANONIZZAZIONE, 26-29 - La Madonna di Pompei alla scuola La Salle, 30

Venticinquesimo dei Fratelli in Romania, 31 - Mostra su Fratel Salomone, 31

Centro Lasalliano africano, 32 - Nuove Madri generali delle Suore Lasalliane, 33

Emergenza uragano, 33 - Laboratorio sulla comunicazione, 34

Promozione vocazionale, 34 - Mostra al Vittoriano, 35 - Curiosando in archivio, 35

Ospedale “De Merode” per la cura del corpo e della mente 36di Lucia Graziano

Primi giorni di scuola 39di Alberto Castellani

Il sisma dell’anima 42di Guido Orsi

Una persona delicata e sensibile: Fratel Elio Prosperini 45Un uomo buono e volitivo: Fratel Vincenzo (Giulio) Menichelli 47Una persona semplice e mite: Carlo Leggeri, affiliato 49

Consigli per la lettura 50a cura di Alberto Tornatora

EDITORIALE

NOTIZIE dall’Italia e dal mondo

RIFLESSIONI

NATALIZIA

OLIMPIADI

DIDATTICA

TEMI EDUCATIVI

L’ULTIMA CAMPANELLA

IN LIBRERIA

STORIA NOSTRA

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Rivista trimestrale della Provincia Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane Organo di stampa dei Lasalliani: Fratelli, Amici, Docenti, Alunni, Ex-alunnihttp://www.Lasalleitalia.net

San Giovanni Battista de La Salle, Fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane

LASALLIANI in Italia

In copertina: Natività

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Il messaggio natalizio, che promette la pace agli uominidi buona volontà, apre il cuore e diffonde ottimismo efiducia a chiunque lo sappia accogliere. Purtroppo peròè solo un attimo, perché volgendo lo sguardo ai terribilieventi della storia, specialmente a quelli nei quali mag-giormente si manifesta la ferocia dell’uomo, un velo ditristezza fa scomparire in dissolvenza questo annuncio,lasciando al suo posto un atteggiamento cinico e la vi-sione di una realtà tutt’altro che rosea. Eppure dalla sto-ria, definita bonariamente magistra vitae, si sarebbepotuto legittimamente auspicare che avremmo imparatoqualcosa e realizzato un mondo nuovo, dove ci sarebbestato il rispetto per tutti. Invece, è triste a dirsi, questonon è avvenuto. L’umanità continua a essere vilipesa eoltraggiata. E la storia si ripete inesorabile e crudele. An-cora in tanti, in troppi, sono costretti a subire umiliazioni,prepotenze e violenze di ogni genere. E ci assale lo scon-forto nel veder lesa e calpestata la dignità di coloro chesi trovano già in situazioni sfavorevoli. Scorrono davanti

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Alla visita di Dio, Maria è stata pronta. Tu sei pronto? (La Salle)

ai nostri occhi le scene di guerra e le stragi del passatoe dei nostri giorni, le migliaia di immigrati che, per rag-giungere un porto sicuro, mettono a repentaglio la vita,ritrovandosi in balia non solo delle onde del mare, masoprattutto della barbarie di chi detiene il potere e nonmuove un dito per aiutarli, anzi innalza muri per tenerlia rispettiva distanza. E ci domandiamo: perché? Pen-siamo agli sfruttati del lavoro nero, in particolare ai bam-bini; a tutti coloro che sono scherniti e discriminati perla loro diversità; a coloro che sono vittime delle mafie,del fanatismo religioso e dei totalitarismi. A questopunto, l’immenso campo dei perché si amplia. E tra letante domande si affaccia quella più estrema, che ricorreogni qual volta ci troviamo di fronte a incomprensibilitragedie e ingiustizie: Dove sei, o Dio? In ogni società, cisono dei poveri, dei deboli, degli indifesi, eppure, non èil loro stato a lederne la dignità, piuttosto, l’indifferenzache tanti provano nei loro confronti. E allora, sorgeun’altra domanda: Dov’è l’uomo?

Il nostro mondo, ma anche quello passato,sembra aver dimenticato la bella notizia di Betlemme.La dignità umana continua a essere calpestata da personeche cercano di colmare il loro vuoto interioreergendosi a dominatori dei più debolie svantaggiati.

Non temete! Vi porto una bella notizia!

Mario Chiarapini, FscDirettore

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lizzati quelli della democrazia, pertrasformarsi in un comitato d’affari,che ha peraltro tradito più di unaforte aspettativa sui grossi impegni.

Or non è più quel tempo e quel-l’età: oggi si rende più che mai neces-sario un impegno trasversale per unaconcezione organica della societàconformemente alla legge naturale,“a misura d’uomo e secondo il piano

di Dio”, l’unica vera linea d’azione chepossono permettersi i cattolici e tutticoloro che hanno a cuore una visioneautenticamente cristiana e autentica-mente umana della società e delloStato.

L’impegno dei cattolici in politicaè certamente doveroso e non è certoimpossibile, ancorché impegnativo: celo insegna l’autorevolezza della stessaciviltà cristiana di cui noi siamo -

consapevoli o meno - comunque figli,una civiltà politica che oggi possiamoe dobbiamo, da cristiani, rinverdire,certo tenendo conto del diverso con-testo nel quale oggi ci troviamo aoperare. Occorre innanzitutto consi-derare che una forza politica nasce dauna cultura diffusa, da un comunesentire che va costruito attingendoalle radici cristiane della nostra storia(con l’occhio ai segni dei tempi, s’in-tende) basandosi sui princìpi evange-lici - che sono princìpi di vita e nonsolo di teoria filosofica - e quindi ri-ferendosi a quel prezioso tesoro di in-dicazioni etico-sociali costituito dallaDottrina Sociale della Chiesa. Quelloche è spesso mancato nella nostrastoria politica è appunto quella sferaintermedia fra l’insegnamento dellaChiesa e l’azione politica, cioè una re-altà culturale e civile che porti ai po-litici e ai partiti la dottrina sociale,fungendo come da corpo intermedio.Vi sono stati, nella storia dell’Italiacontemporanea, esempi assai interes-santi in tal senso, che ci possono es-sere certamente utili pur nellaconsapevolezza dei segni dei tempi:ricordiamo, in particolare, il determi-nante apporto dei Comitati Civici diLuigi Gedda e il loro “miracoloso”esito nelle determinanti elezioni del18 aprile 1948, ove si ebbe - grazieproprio soprattutto ai Comitati - la

Q ualcuno si chiede che cosa siarimasto del convegno di Todidi abbastanza recente memo-

ria, il convegno dei cattolici in poli-tica, che molti hanno indebitamenteinterpretato come “dei cattolici pro-gressisti in politica” e altre cosette delgenere (con tante illusioni, tanta pro-sopopea, tanta supponenza, certo,anche tanta buona volontà, s’in-tende), il che già spiega come taleevento sia andato quasi subito insecca, dopo un tentativo di eclatantee spavalda verbosità che ha dovutoessere ridimensionata anche dallaChiesa. Allo stesso modo ci si po-trebbe chiedere dove sia finito il piùrecente convegno di Firenze (sul-l’umanesimo cristiano), ma questa èun’altra storia, della quale ci siamogià occupati e che saremo lieti di ri-prendere ove la realtà ce ne dia ali-mento.

Torniamo a Todi. Cattolici in poli-tica: come minimo doveroso. Ma at-tenzione: se si tratta - e spesso sitratta - del solito periodico tentativodi ricreare il partito dei cattolici,penso che allora siamo fuori strada,in quanto la Storia ha già detto la suasu queste vicende - la cui deriva, delresto, era già in germe ab ovo -, ovesi sono progressivamente messi daparte sempre più gli impegni valorialicristiani e strumentalizzati e cristal-

Maurizio DossenaL’impegno dei cattolici in politica: un dovere, ma come?

Modalità vecchie e nuoveIl bene comune e la difesa dei valori non negoziabili

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netta vittoria di una scelta di libertà,ove l’esito opposto avrebbe portatol’Italia su scenari assai foschi.

Si tratta dunque di animare in-tensamente il tessuto organico dellasocietà stessa, dal punto di vista cul-turale e sociale, valoriale e di difesa epromozione degli autentici sostegnialla vita e alla valorizzazione di unavera e costruttiva umanità, animandocontemporaneamente il dibattito at-tivo a tutti i livelli e dando vitalità aicorpi intermedi rispetto allo strapo-tere di una concezione statale levia-

tanica: è, in sostanza, il “pre-politico”,da cui verrà poi - al momento giustoe con la dovuta preparazione etica el’adeguata formazione sociale - anchel’impegno specifico. Ma al di fuori diuna dinamica partitica asfittica che ifatti hanno ampiamente sanzionato eridimensionato.

Questo è il vero antidoto al-l’odierna disaffezione verso la politicae richiede di coniugare sinceramenteCostituzione e Vangelo (ancorché ciòsia sgradito a chi ha dimostrato dicercare il potere in sé), una Costitu-zione liberata dai soffocanti orpellidelle ideologie che l’hanno creata eche la Storia ha messo alla corda, unVangelo fonte di quella societas chri-stiana che non è da reinventare, bensìsolo da adattare ai tempi odierni, se-condo i vitali stimoli della DottrinaSociale della Chiesa.

Si potranno così evitare e riparareanche certi disastri morali e politici

che spesso i politici di professione cioffrono e contro i cui misfatti emergeuna risposta dettata, come sempre,dalla “concordia omnium bonorum”.

Mi rifaccio volentieri alle puntualiosservazioni di un acuto osservatoredella vita sociale dei cattolici, se-condo cui “la storia non si ripete madalla storia si può imparare come farenel presente [ben comprendendo] cheuna forza politica ha necessità di unmondo che la sostenga, con princìpiculturali condivisi, proprio per evitareche la forza politica vada per conto

suo, prescindendo dai princìpi che laispirarono e contro gli interessi delsuo elettorato, […]. Di questa realtàche aggreghi il popolo delle famigliesu una cultura politica condivisa ab-biamo anzitutto bisogno. Prima, o al-

meno accanto, all’impegno eletto-rale.”

Quale può essere dunque oggi, neifatti, un autentico impegno dei cat-tolici per la cosa pubblica e il benecomune? Occorre che le forze auten-ticamente contrarie al processo di di-sgregazione sociale e culturale che cista corrodendo, procedano coerenti edecise, unite, certo, ogni volta che èpossibile e doveroso, ma non certo acosto di compromessi, in modo da in-tercettare tutti coloro che – per usareun termine corrente – possono esseredefiniti “moderati”, nel senso etimo-logico del termine, vale a dire dotatidi “modus”, di misura. E, all’atto pra-tico, significa difendere e garantireuna società naturale basata sul crite-rio di “quel tanto di Stato che è ne-cessario, quel tanto di libertà che èpossibile”, costruita sulla persona esulla famiglia naturale (per i cristianicattolici, famiglia cristiana e con-forme alla dottrina cattolica sacra-mentale; per tutti famiglia naturale),sulla forza delle leggi non viste comeidoli bensì come garanzie di vita ci-vile, su un’economia che non schia-vizzi l’uomo ma lo sostenga, nontiranna della politica ma a essa su-bordinata, su un dialogo intercultu-rale e interreligioso che parta daipunti fermi della conoscenza e del ri-spetto dell’altro ma anche di se stessi,fedele al monito di “amare il prossimo

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come se stessi”, dunque senza dimen-ticare la seconda parte; una società incui i valori dello spirito guidino la ra-gione e l’inventiva, ove l’afflato reli-gioso sia risorsa di fondo da parte deicredenti consentendo loro di perme-

arne il vivere civile e la cultura, rispet-tosi di chi non crede ma non succubidi essi. Una società attenta ai giovani,ma dopo averli educati e istruiti concura senza dimenticarsi di loro esenza ingannarli svendendo una

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scuola svuotata di insegnamenti veri.Tutto questo, in un’Italia consapevoledel suo ruolo nella Storia e nell’oggi,realisticamente in cammino sullastrada di un’Europa non dimenticadella sua storia e delle sue radici cri-stiane e di civiltà (come le dodicistelle mariane stanno a significare),capaci di offrire ancora oggi la pro-spettiva – quella delle origini, da cuici si è non poco allontanati - di unaricostituita e vitale realtà di StatiUniti d’Europa.

Difficile? Sì, oggi più di ieri, mapossibile e doveroso. Posso suggerireanche esempi e modelli di santità nellapolitica - come il Beato ImperatoreCarlo d’Asburgo o come il Servo di DioAlcide De Gasperi -, di coerenza costiquel che costi, o come il caso del ReBaldovino dei Belgi, che abdicò per ungiorno pur di non apporre la propriafirma alla legge sull’aborto: sui valorinegoziabili si negozia, sugli altri no. ◆

Te lo racconto per filo e per.. . sogno!Te lo racconto per filo e per.. . sogno!

Si tratta di un sogno che fanno molti, forse tutti, ma alcuni probabilmente lo dimenticano con troppa facilità. E del bel

sogno non resta nulla, rispedito nel mondo delle illusioni e dell’utopia. Il mio alter ego, che si firma the dreamer, lo con-

tinua invece a sognare con una certa frequenza. Si tratta di un sogno particolare, in cui si vede un mondo al contrario,

dove niente ne turba la serenità. Ora ha deciso di raccontarlo per filo e per segno. Il sogno di un mondo capovolto, ap-

punto, dove non ci sono seguaci dell’Isis né terroristi che funestano i giorni sereni e la vita delle nostre città; dove non

ci sono corruzione e polveri sottili che avvelenano l’aria e, naturalmente, neanche un’autorità anticorruzione e una com-

missione che stabilisca lo stop delle auto inquinanti e i giorni a targhe alterne; dove non ci sono politici che pensano

solo a non farsi scivolare la poltrona da sotto il sedere, ma solo quelli che affrontano i problemi della gente; dove non

ci sono orchi cattivi a turbare l’innocenza dei bambini indifesi, per i quali è sacrosanto dovere di tutti garantire la felicità

e l’affetto; dove non ci sono genitori che, dopo aver concepito una nuova creatura, decidono di non farla nascere e ne-

anche genitori che si separano alle prime difficoltà di coppia, lasciando nella tristezza delle povere creature; dove non

ci sono bulli e prepotenti e neppure mafiosi e camorristi che riempiono le pagine della cronaca nera; dove non ci sono

neppure i micragnosi furbetti che operano sempre ai danni degli altri, ignorando le leggi ed evadendo le tasse. In questo

mondo rovesciato, tutto è bello, perché, perfino i più dimenticati, emarginati e indigenti possono sperare in un avvenire

migliore. Sarebbe veramente una cosa meravigliosa se tutti facessimo questo sogno e lo conservassimo nel nostro cuore,

senza dimenticarlo mai. In questo modo, sarebbe molto più facile farlo diventare realtà, infatti, se il sogno è di uno,

resta solo un sogno; se è di tanti, ci sono più probabilità che si realizzi.

The Dreamer

Sestante

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Cerco un uomo, una donnaterra bruna che fiorisce semplicità e umiltà, fronte aperta alla luce del vero e del bene occhi colorati dalla tenerezza del Cielolabbra che lodano le meraviglie della Vitaspalle forti per accogliere la croce di ogni giornocuore ritmato sulla melodia della Graziabraccia libere di offrirsi al dono gratuitomani delicate per curare le piaghe di chi soffrepiedi agili come la gioia di annunciare il Vangelo.

Cerco un uomo, una donnache nobilita la ragione amando Dio e il prossimonon adora idoli di cartone, non si trastulla con l’Eterno onora chi lo ha generato e apprezza la vita  è fedele alla sacralità della famiglia, rispetta i beni altrui testimonia la verità, non cede a cupidigie e a voglie malsanema sorride a ogni creatura la serena armonia del vivere.

Cerco un uomo, una donnaspirito immortale che accogliendo il dono divino della fedesi abbandona con speranza al suo Signorepenetra con i Suoi occhi il mistero delle cosegusta il sapore della Sua presenza silenziosacon l’intimità tonificante della preghierail  nutrimento della Parola, la forza dei sacramenti il conforto dei consigli evangelici, il profumo delle Beatitudini … araldo di giustizia, samaritano di misericordia, operatore di pace.

Cerco un uomo, una donnache vive la sua fede in comunione-comunitànon semplice convivenza (vivere con) ma fraternità (vivere per)e con gli altri sa ridere piangere lavorare amare sognare incarnando virtù umane autentiche come libertà, equilibriocoerenza, serietà, sincerità, rispetto, accoglienza, partecipazione pazienza, sacrificio, altruismo, solidarietà, misericordia, perdono.

Cerco un uomo, una donnache offre la vita come missione e servizio generoso al prossimocon cuore libero e fedeltà gioiosa al Dio fedeleper promuovere valori esistenziali esaltati dal Vangelocon l’educazione integrale secondo la dignità della personasfidando le tragedie di povertà antiche e nuovedi miserie materiali morali e spirituali, ferite sanguinantidi giovani e uomini soli, senza lavoro, vittime dell’alcol e della drogadi rifugiati senza patria, senza casa, affamati, malati, sfruttati, disperati …

Ecco, io sto alla porta e busso ...Cerco un cristiano vero, una cristiana vera

… cerco te!

...la Parola per te!

Gabriele Mossi, Fsc

...la Parola per te!

«Ecco, io sto alla porta e busso...». (Apocalisse 3, 20)

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L’esperienza con i primimaestriQuesto avverrà nella sua vita quandoGiovanni Battista meno se lo aspetta.Egli è canonico e proiettato alla for-mazione dei nuovi sacerdoti comefrutto della sua esperienza di Saint-Sulpice. Sarà l’incontro con il maestroAdriano Nyel, inviato a Reims daRouen ad aprire una scuola per fan-ciulli poveri a determinare le sue pro-spettive di vita. Nyel è tutto protesoad aprire scuole servendosi di maestriimprovvisati che nulla avevano delladignità che è propria di un insegnanteeducatore. Sarà il canonico La Salle

ad avvertire questa grave lacuna e aintervenire cercando innanzitutto didare omogeneità al loro metodo di in-segnamento. I maestri nelle primescuole erano poche unità ed egli po-teva curarli personalmente, certo diottenere buoni frutti. Ma non saràquesta la sua prima scelta. Inizial-mente egli affitta una casa per racco-gliere assieme i maestri affidandoli alNyel loro direttore. Ma questi non sirivela adatto al ruolo di educatore deimaestri e il La Salle è costretto a in-

F in da fanciullo, Giovanni Batti-sta de La Salle ha ricevutoun’educazione comunitaria. In

famiglia, il padre si era preso l’inca-rico di formare i propri figli scegliendoa questo scopo un momento partico-lare della giornata, quando tutti eranoriuniti prima dei pasti. I primi biografinon ci dicono quali fossero gli argo-menti che egli trattava ma presumi-bilmente parlava dei temi principalidella vita cristiana. Era come una pre-ghiera prima dei pasti che davaun’impronta alla giornata e quindialla crescita nella vita.A nove anni Giovanni Battista fre-quenta la scuola dei Bons Enfants eanche lì riceve una formazione collet-tiva come era desiderio di suo padre.A sedici anni entra tra i canonici dellacattedrale di Reims e la sua diventauna preghiera comunitaria con la re-cita delle Ore canoniche. A diciottoanni si iscrive al seminario di Saint-Sulpice a Parigi dove la maggior partedella giornata veniva vissuta comuni-tariamente e dove impara l’Orazione,che poi diventerà la preghiera uffi-ciale dei Fratelli quando Dio lo chia-merà a questa nuova missione nellasua vita.

Il primatodella comunità

Temi lasalliani 26

Bruno Adelco Bordone, Fsc

A un Fratello il La Salle

raccomandava:

Fa’ in modoche nella tua comunitàregni molto amore.Vedete di fare tuttoin modo convenientee con gentilezza,come tra fratelliche devono amarsi

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caricarsene personalmente. La solu-zione che egli sceglie è sempre comu-nitaria per dare loro una formazionecomune che sia alla base della lorovita di maestri delle scuole che il Nyelcontinua ad aprire. Il La Salle si sente direttamente im-pegnato con i maestri e non trova so-luzione migliore per formarli cheinvitarli ai pasti in casa sua per se-guire la formazione che egli dona aisuoi fratelli minori, come tradizionedi famiglia. I risultati sono buoni manon soddisfacenti, quindi pensa a unasoluzione ben più impegnativa: ospi-tare i maestri a casa sua. I risultati

sono certo migliori e i maestri comin-ciano ad assumere quel tono educa-tivo che egli desidera. Ormai i maestrisono suoi figli spirituali, perciò notacon dolore che non è bene che i po-veri entrino a vivere in una casa no-biliare. La conclusione è stata drasticae carica di conseguenze. Se non èbene che i poveri convivano con i ric-chi sarà egli stesso a lasciare il suomondo nobiliare e seguire i maestrinel loro mondo di povertà. Così. dopoun anno di riflessione, il giorno del

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suo onomastico del 1682, lascia lasua casa e va a costituire la prima co-munità con i maestri in Rue Neuve,nel rione popolare di Reims.

Da comunità di maestria comunità di FratelliIl gruppo di maestri, seguendo le di-rettive del La Salle, comincia ad assu-mere il tono di una vera e propriacomunità. Il La Salle dona ai maestriun orario che diventa un autenticoregolamento di comunità. Esso com-prende l’alzata comune, la preghiera,i pasti, il lavoro scolastico. Alla basedi tutto c’è l’amore vicendevole chedeve dare il tono alla vita comune.

Non tutti i maestri lo seguono in que-sta impostazione di vita, ma quanti loaccettano percorrono lentamente uncammino verso una vera comunità re-ligiosa. Ai fedeli che lo seguono, il LaSalle propone di darsi un nome: “Fra-telli” ed essi accettano perché la lorovita è veramente fraterna, impostatasull’amore vicendevole. Nascono cosìi “Fratelli delle Scuole Cristiane” per-ché la scuola è il loro principale im-pegno durante la giornata. Il La Sallepropone anche un abito comune cheli distingua sia dai laici sia dai sacer-doti perché essi sono una comunità dilaici e devono mantenere stretta-mente questa loro condizione di vita

per essere totalmente insegnantitutto il giorno. Per il La Salle fondamento della co-munità è soprattutto l’amore delprossimo (il La Salle dice ‘carità’). Egliinsegna ai primi Fratelli: “La virtù chedeve brillare maggiormente in unacomunità è la carità che unisce icuori. Tutti devono quindi impegnarsiassiduamente per portarsi a Dio gliuni gli altri ed essere uniti in Dio, eavere tra loro un cuor solo eun’anima sola come era proprio deiprimi cristiani” (M 113,2).A uno dei primi Fratelli scriverà quelloche era il fondamento della sua for-mazione iniziale: “Tu hai bisogno di

molta carità per mantenertinella pace. Nella carità cer-cate assieme di conservare lapace e il Dio della pace saràcon voi” (L 67). Man mano che la comunitàdei Fratelli cresce in unitàfraterna l’insegnamento delLa Salle si fa più particolareg-giato e diventa più incisivo.Ne diamo alcuni esempi chesono un’eco dell’amore predi-cato da San Paolo nella primalettera ai Corinti. “La caritàsuppone una pazienza a tuttaprova. Ognuno ha i suoi di-fetti e li porta ovunque. Solosopportandosi vicendevol-mente si può mantenere lapace e l’unione nelle società

meglio formate. Se volete vivere incomunità e non volete soffrire i di-fetti dei vostri Fratelli vi sbagliate”(M 74,2). E dopo avere enumerato idisordini di una comunità disunita(mormorazioni, lamentele. maldi-cenze…), conclude: “Il solo rimedio èl’amore, infatti, dice san Paolo,l’amore è paziente” (M 65, 2). Comesi vede il linguaggio del Fondatore ètagliente e vuole convertire anche iFratelli più renitenti a una vita fon-data sull’amore reciproco.Sempre seguendo san Paolo il La Salleè perentorio anche sulla sopporta-zione: “Non è possibile che diversepersone vivano assieme senza avere

qualcosa da soffrire le une dalle altre.Il mezzo per mantenere l’unione mal-grado tanti differenti caratteri, èquello di sopportare i difetti diognuno” (M 74,1). “Pensiamo bene aquesto verbo sopportare che com-porta il segno della sofferenza pre-sente in ogni vita comune. Dice sanPaolo: ‘Portate i pesi gli uni deglialtri’” (M 91,2). “Non siate così pocoragionevoli da pretendere di nonavere nulla da soffrire dai vostri Fra-telli: voi chiedereste un miracolo”(M 73,2). Il La Salle è preciso e si-curo nell’educare i Fratelli, però saanche toccare aspetti che impostanoal positivo. Cito la dolcezza e la te-nerezza. La dolcezza: “Ah! che grande vantag-gio porta praticare ciò che dice Gesù:’Imparate da me che sono dolce eumile di cuore’” (M 11,29). “Il princi-pale frutto della dolcezza consiste nelportare all’acquisto delle più sublimivirtù e tra queste l’unità con i Fratelli.Rivolgiamoci dunque sempre a lorocon dolcezza ed evitiamo di parlare seriteniamo di non riuscirci” (M 65,2).“Sant’Anselmo, essendo superioredella sua comunità, si prodigò a diri-gere i suoi religiosi con tanta dolcezzache conquistava tutti i cuori. Egliprese a cuore un religioso infermo cheera in difficoltà ad accettarlo comesuperiore; lo conquistò con dolcezzae lo condusse a compiere tutti i suoidoveri” (M 115,3). La tenerezza : “Francesco di Salesebbe una tale tenerezza verso il pros-simo che, a una persona che lo inci-tava all’impazienza, chiese se volevafargli perdere in un momento ciò cheaveva impegnato tutta la vita ad ac-quistare. Con la sua tenera dolcezzaegli convertì molte anime a Dio; con-quistava i cuori e orientava l’affettodelle persone verso di lui come mezzoper portarle a Dio” (M 101,2).Ma l’unione fraterna è l’aspetto del-l’amore su cui il La Salle insiste di più:“Una comunità senza carità e senzaunione è un inferno” (M 65,1). Affer-mazione coraggiosa ma verissima. Percontro: “L’unione in una comunità è

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lasallianità

una pietra preziosa; è per questo cheGesù l’ha raccomandata agli apostoliprima di morire. Se la si perde si perdetutto. Dunque conservatela con curase volete che la vostra comunità pro-gredisca” (M 91,1). Nel suo testa-mento raccomanda ai Fratelli “diavere un’intima unione tra di loro”, edessendo parole di un testamentohanno un’importanza superiore aqualsiasi altra raccomandazione.

Il camminodella comunitàFinché la comunità dei Fratelli era af-fidata al La Salle in persona nella sededi Rue Neuve era strettamente unitasoprattutto per la sua presenza cheesercitava un fascino irresi-stibile. Il momento culmi-nante di questo periodo èstato il ritiro spirituale del1686 quando il La Sallepropose ai Fratelli di legarsicomunitariamente convoto. I Fratelli, nel loro slan-cio generoso, proposero diemettere subito i voti di po-vertà, castità e obbedienzama il La Salle prudente-mente propose il solo votodi obbedienza che li legavaa lui come formatore primache a Dio con l’impegno deldono totale. Le cose cambiarono quandola prima comunità si sciolsein tante piccole comunitàsia per il numero dellescuole che si venivanoaprendo attorno a Reims,sia in seguito per il trasferimento delFondatore a Parigi. Molti Fratelli,senza la presenza fisica del La Salleandarono in crisi ed egli trovò l’espe-rienza di radunarli nella quiete dellacasa di Vaugirard fuori Parigi che di-venne come un momento di rifonda-zione sui principi fondamentali dellaloro vocazione. Da quell’incontro sistabilì l’uso dei Fratelli di scrivere alloro padre spirituale una volta almese. Ne nacque un epistolario che inpratica era improntato alla direzione

spirituale per formare dei soggetti checostituissero una comunità unita.Un discorso particolare merita il com-portamento dei parroci di campagna.Essi, venuti a conoscenza del beneche producevano le scuole dei Fratellichiesero al La Salle di inviare un Fra-tello come maestro parrocchiale, mail La Salle rifiutò categoricamentequesta proposta perché nella vita delFratello era per lui essenziale la di-mensione comunitaria. I parroci allorainviarono al La Salle i loro maestriperché fossero istruiti ed educaticome i Fratelli. Si verificò così una cir-costanza che ebbe conseguenze inno-vative in seno all’Istituto e alla Chiesa.Il La Salle in questo modo si trovò ad

affrontare contemporaneamente dueambiti formativi: il noviziato che pre-parava i Fratelli e la Scuola per i Mae-stri dei Campagna che preparava laiciseguendo gli stessi principi dei Fra-telli. Bernard, il primo biografo del LaSalle, dice che i maestri erano più nu-merosi dei novizi e quando ritorna-rono nelle loro parrocchie sempre siconsiderarono figli spirituali del LaSalle.L’ultima tappa del cammino del LaSalle e dei suoi Fratelli verso una

vita comunitaria è quella della primaemissione di voti del 6 giugno 1694.I Fratelli premevano con il loro fon-datore per emettere la consacra-zione con voti, ma egli era restioperché non li vedeva ancora prepa-rati. Finalmente alla fine di un ritirospirituale scelse dodici di loro che glisembravano pronti e con loro emiseil voto di “tenere insieme e in asso-ciazione le scuole gratuite a benefi-cio dei poveri” unendolo al voto distabilità e rinnovando quello di ob-bedienza. In quel giorno nasceva uf-ficialmente l’Istituto dei Fratellidelle Scuola Cristiane con quel votodi “associazione” che ancora oggicostituisce il primo voto che precede

quelli di povertà, castità eobbedienza, voti che i Fra-telli hanno cominciato aemettere ufficialmente inseguito alla Bolla di ap-provazione dell’Istituto.

ConclusionePossiamo sentire rivolto anoi il brano di lettera del LaSalle a un anonimo Fratellodirettore che sintetizzaquanto abbiamo meditatosulla comunità lasalliana:“Caro Fratello, cerca di con-servare la stima che hai perla tua vocazione, e fa’ inmodo che nella tua comu-nità regni molto amore perprocurare la salvezza delprossimo. Insieme vedetepoi di fare tutto in modo

conveniente e con gentilezza, cometra fratelli che devono amarsi vicen-devolmente; questo attirerà le gra-zie e le benedizioni di Dio su di voi.Domanda insistentemente a Dioquesta pace e questa unione deicuori” (L 67, 3-4-5).Ancora oggi questo pensiero del Fon-datore ha tutta la sua importanza:vale per le comunità dei Fratelli maanche per tutte le comunità laicaliche vogliono vivere unite secondo lospirito lasalliano. ◆

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N on erano ancora le otto, maa piazza San Pietro postisolo in piedi. Del resto qual-

cuno l’ha definita la donna più po-tente della terra. Lei riderebbe, anzisorriderebbe. Di sangue e origini al-banesi - nata nel 1910 a Skopje, oggicapitale della Macedonia, allora an-cora sotto l’Impero Ottomano - ma dicittadinanza indiana, ha sempre di-chiarato di appartenere al mondo in-tero. Precisando però di appartenerenel cuore interamente al cuore diGesù. Madre Teresa di Calcutta, al se-colo Gonxha Agnes Bojaxhiu, forse èla donna più conosciuta al mondo. Disicuro è stata una santa vivente. Lodicevano già prima della sua canoniz-zazione. Lo dicevano quando era invita, ammesso che la data della suamorte (5 settembre 1997) significhiqualcosa: i santi non muoiono mai. EMadre Teresa santa lo era già; e dal 4settembre 2016 lo è anche ufficial-mente. Santa nell’Anno Santo dellamisericordia, lei che della misericordia

ha fatto, più che uno stile di vita, lasua vocazione.

A 18 anni è già in India, a Cal-cutta, dopo essere entrata nella Con-gregazione delle suore missionarie diNostra Signora di Loreto. Insegnantee poi anche direttrice, apprezzata perla sua carità, per il duro lavoro e perla sua naturale attitudine all’organiz-zazione, ha la sua “seconda chiamata”il 10 settembre del 1946. Sul treno -diretta a Darjeeling per gli esercizispirituali - mentre pregava in silenziouna voce le rimbomba nel cuore pertutto il viaggio, è il grido dolente diGesù sulla croce: “Ho sete”. Gesù lechiedeva di placare la sua sete attra-verso i poveri. Doveva lasciare il con-vento e fondare una congregazioneper i più poveri dei poveri.

Due anni dopo inizia la nuova mis-sione: sola, cinque rupie in tasca e ilsari bordato di azzurro, l’abito delleindiane più povere. È sulle strade diCalcutta per soccorrere i moribondi,gli anziani, gli abbandonati. Persone

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ignorate, non viste, intoccabili e invi-sibili per chi ha fretta di passare oltreper non essere coinvolto o - peggio -per abitudine. Da allora la missione diMadre Teresa sono i poveri. Poveri chelei va a cercare. Disse una volta chesarebbe andata per loro anche sullaluna. Altro che muri, sia pure quelli diun convento! Lei non aspetta che bus-sino. Li va a cercare. Anche perchémolti non ce la fanno più a bussare,altri non ne sono più capaci, lebbrosi,persone abbandonate in strada, rac-colte anche dalle fogne, ricoperte dipiaghe, divorate dai topi… Sembra unamissione impossibile eppure la fami-glia di Madre Teresa è cresciuta. Lasua congregazione - le Missionariedella Carità - continua la sua opera intutto il mondo. Anche in Vaticano, a20 metri dal portone del Sant’Uffizio.Alla sua morte (1997) le suore eranoquasi 4000 sparse in poco più di120 nazioni, oggi sono presenti in140 nazioni. Di strada le sue reli-giose ne hanno fatta tanta. L’aveva

Madre Teresa è santa:Madre Teresa è santa:il rito diil rito di

canonizzazionecanonizzazioneil 4 settembre 2016.il 4 settembre 2016.

“La chiamata“La chiamatanella chiamata”. nella chiamata”. La sua vita spesaLa sua vita spesa

nel soccorsonel soccorsodegli ultimi,degli ultimi,

in condizioniin condizioniinimmaginabili. inimmaginabili.

La povertà più grandeLa povertà più grandee la sua concezionee la sua concezione

del tempo.del tempo.Il messaggioIl messaggio

per l’uomo di oggi.per l’uomo di oggi.

Giuseppe Norelli

vita della chiesa

DA CALCUTTA

CON AMORE

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detto Madre Teresa: la fedeltà allavocazione assicura la protezione delSignore. “Se è opera di Dio ci pen-serà Lui”.

In tutta la sua vita la Madre èstata un’instancabile dispensatricedella misericordia divina, nell’acco-glienza e nella difesa della vita, a par-tire da quella non nata. “Chi non èancora nato è il più debole, il più pic-colo, il più misero”. E nascere è ilprimo diritto, tutto il resto vienedopo. Ha predicato senza far predi-che, con la forza dell’azione. Chinan-dosi sulle persone agonizzanti,lasciate morire ai margini delle strade,riconoscendo la dignità che Dio avevaloro dato. “La misericordia è stata perlei il sale che dava sapore a ogni suaopera, e la luce che rischiarava le te-nebre di quanti non avevano più nep-pure lacrime per piangere la loropovertà e sofferenza” ha detto papaFrancesco nella Messa per la canoniz-zazione.

Aprendo gli occhi su quella soffe-renza - che la corrente non vede enon segue - è andata controcorrente.Anche oltre l’immaginabile. “Non lofarei nemmeno per un milione di dol-lari!”, le disse una volta un giornalistaimpressionato dal fetore dei corpi indisfacimento durante la medicazione.“Nemmeno noi – rispose pronta

Madre Teresa – ma lo facciamo peramore di Gesù”. Servendo Gesù neipoveri è giunta dove altri non vanno,sobbarcandosi pesi che noi scari-chiamo. Quando ce ne rendiamoconto. Abbiamo perso la nostra iden-tità. A volte la nostra umanità. Spessoè il benessere la nostra carta d’iden-tità: le nostre case scoppiano. Lei ri-fiuta quello che non gli serve. “Ciòche non mi serve, mi pesa”. Più hai piùti preoccupi, meno possiedi più sei li-bero. La libertà è inversamente pro-

porzionale alle esigenze. Accettò ilNobel per la pace (1979) in nome deisuoi poveri. “Sono loro che vengonoriconosciuti nella mia persona” erasolita dire e destinò la cifra ai poveridi Calcutta. Ricordando che le ricom-pense terrene sono importanti solo seutilizzate per aiutare i bisognosi delmondo.

Certo la povertà estrema dell’Indiadi Madre Teresa è tremenda, fa male:lì un poco di zucchero non manda giùla pillola ma può far la differenza -quel giorno - tra la vita e la morte. Percapire questa povertà bisogna cono-scerla e quindi viverla. Se vogliamoessere accettati dai poveri dobbiamovivere come loro. La povertà per le suesuore è libertà e credibilità. Come po-trebbero i poveri credere in noi se vi-viamo una vita diversa? La radicalitàpuò essere sconvolgente ma anche lapovertà che la circonda lo è. E ri-chiede il confronto con la tua vita:ignorare i poveri è ignorare Cristo.

Un confronto però che non cono-sce confini: se hai occhi per vederepuoi trovare Calcutta dovunque. Purenelle nostre città: Gesù ha sete ancheda noi. “Come il Signore mi è venutoincontro e si è chinato su di me nelmomento del bisogno, così anche iovado incontro a Lui e mi chino su

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quanti hanno perso la fede o vivonocome se Dio non esistesse, sui giovanisenza valori e ideali, sulle famiglie incrisi, sugli ammalati e i carcerati, suiprofughi e immigrati, sui deboli e in-difesi nel corpo e nello spirito, sui mi-nori abbandonati a se stessi, cosìcome sugli anziani lasciati soli”, haprecisato il Papa nella seconda partedell’omelia nella Messa per la cano-nizzazione di Madre Teresa.

E proprio la solitudine è la lebbradell’Occidente, avvertiva la suora diCalcutta. Non c’è povertà più grandedi quelli che vivono nella solitudine,che non hanno nessuno che li ami.Una povertà più tagliente, una po-vertà che prescinde dalla povertà. Inquesto caso le possibilità e i mezzinon mancano, ma non risolvono. Nonriempiono il vuoto di vite percepitesenza significato. È Lui il significato.Dimenticando Dio si ha la sensazionedi essere dimenticati e di non servirea nessuno. La povertà materiale puòessere terribile, ma è più difficile pla-care la fame d’amore che quella dipane.

Il mondo cambierà se cambie-remo, intanto è necessario soccor-rerlo. Oggi. Per Madre Teresa c’è solo

il presente, i miglioramenti dimedio e lungo periodo le in-teressano relativamente. Perlei c’è solo oggi; ieri è giàpassato e domani non è an-cora venuto: abbiamo solooggi per amare, per servireGesù nei poveri. Spesso di-ciamo: “basta che lo fai”. No,per Madre Teresa non basta.Non importa quanto fac-ciamo, ma come; quantoamore ci mettiamo. ”Se il la-voro non è intessuto d’amore,è inutile”. Ricordando che èfacile amare coloro che vi-vono molto lontani, non al-trettanto quelli che ci sonovicini. Ai miracoli fatti consgarbo preferiva gli sbagli, macon gentilezza. E poi sempreil sorriso, quel sorriso che sti-mola a essere migliori e puòtrasformare la vita. Perché è il modoin cui vivi la vita che mostra se appar-tieni a Dio.

Madre Teresa non ha giovato sol-tanto ai suoi poveri, ma a tutti. Cala-mitandoci con la straordinarietà e, altempo stesso, con la semplicità dellasua vita, ci ha portato dalla dimen-

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sione della domanda - e chi è il mioprossimo? - alla dimensione della ri-sposta: farsi prossimo.

La grande risposta della suora diCalcutta ci spinge a non distrarcidalla nostra. Che è quella del tempopresente. E allora sentiremo nel cuoreuna Voce: “Lo avete fatto a me”. ◆

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T ra le feste religiose, il Na-tale è sicuramente la piùricca di simboli e di tradi-

zioni e, per questo, più coinvolgentee più in sintonia con il sentimentopopolare. “Il Natale non è un sempliceanniversario della nascita di Gesù, èanche questo, ma è di più, è celebrareun mistero che ha segnato e continuaa segnare la storia dell’uomo”, ha af-fermato Benedetto XVI. La celebra-zione del Natale, però, non si fermaal fatto storico; da questo risale alsuo vero fondamento, al misterodell’Incarnazione.

Sarà dunque per questo incontrodel divino con l’umano che questafesta sia sentita tanto vicina allagente e così congeniale al cuoresemplice e puro dei bambini, tantoda rischiare di banalizzarla?

Il fatto incredibile è che Dio si siafatto uno di noi e sia venuto ad abi-tare in mezzo a noi.

Il Natale ci narra questa dupliceavventura: quella del Figlio di Dioche s’immerge nella storia dell’uma-nità e quella dell’uomo che vieneassorbito nell’orbita divina.

Nella Messa della notte di Na-tale, il salmo responsoriale fa ripe-tere al popolo cristiano il ritornello:“Oggi è nato per noi il Salvatore”.L’avverbio di tempo, riferito al-l’evento della nascita di Gesù e allasalvezza che l’incarnazione viene a

portare nel mondo, indica chetale avvenimento supera i li-miti dello spazio e del tempoed è sempre attuale, permeatutta la storia e rimane unarealtà anche oggi.

Il Natale è il mistero dellaluce, che splende fra le tenebree della speranza, ritrovata dalpopolo di Dio che camminavain terra tenebrosa. Con il Na-tale si apre il tempo del cantoe della gioia, della festa e dellegioie famigliari.

L’esperienza del buio e delfreddo dei giorni invernali(come coincide nel nostro emi-sfero) invita al calore del foco-lare domestico, al ritrovarsi infamiglia (non per nullal’espressione Natale con ituoi…), a vivere gli affetti piùcari e i valori più genuini, pas-sando naturalmente dalla con-templazione del divinoBambino a quella di tutti ibambini.

Da queste brevi premesse, è fa-cile comprendere gli elementi e isimboli che richiamano la nascitadel Figlio di Dio.

Ma il Natale non è una festa perbambini, quasi fosse una fiaba mie-losa e romantica, è la manifesta-zione dell’infinito amore di Dio perl’uomo fino al Calvario.

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Il presepioÈ evidente che il segno caratte-

ristico del tempo natalizio sia il pre-sepio, ricco di simboli, dei quali lamaggior parte provengono dal rac-conto evangelico dell’evangelistaLuca: la mangiatoia, l’adorazionedei pastori, la presenza degli angeliin cielo che lanciano il primo mes-

Notti stellate, musiche accattivanti e canti melodiosi,zampognari e pastori.Il Natale e’ una ricorrenza ancora for temente legataalle tradizioni e ai simboli.Ma qual e’ la loro origine e il loro significato?

Mario Chiarapini, Fsc

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saggio di pace, di speranza e digioia. Altri particolari scenograficitraggono invece ispirazione daivangeli apocrifi e da altre tradizioni.Il presepio ha avuto origine con sanFrancesco (Greccio 1223), tornatodalla Terrasanta, che volle far rivi-vere in uno scenario naturale la na-scita a Betlemme.

La stalla o la grotta, in cui Mariadiede alla luce il Messia, non si trovanel vangelo canonico ma negli apo-crifi, anche se Luca parla di mangia-toia e di pastori.

Per il bue e l’asinello bisogna ri-farsi a una profezia di Isaia (Il bueconosce il proprietario e l’asino lagreppia del padrone, ma Israele nonconosce e il mio popolo non com-prende. Is 1,3), anche se il profeta inquesto caso non si riferiva alla na-scita del Cristo, ma intendeva sim-boleggiare con il bue gli ebrei e conl’asino i pagani.

La stella, che viene ricordata dal-l’evangelista Matteo (2,1–2; 7-10),guidò i Magi a fare visita al neonatoRe d’Israele. Secondo alcuni calcoliastronomici questa stella po-trebbe essere la cometa di Halleyche risulta visibile dalla terra ogni70 anni. È la stessa che Giotto di-pinse nell’affresco “Adorazione deiMagi” nella Cappella degli Scrove-gni a Padova e fu il primo a rap-

presentarla con la coda luminosae non come stella normale.

I Magi, comunemente chiamatire, erano in realtà degli astrologi,dei sapienti o dei sacerdoti persiani.Un vangelo apocrifo (armeno) ri-porta anche i loro nomi: Melkon,Gaspar, Balthasar.

I pastori li troviamo nella narra-zione di Luca. Ricevono l’annunciodi un angelo che, dopo averli tran-quillizzati, dice loro che a Betlemmeè nato il Salvatore e lo troverannoavvolto in fasce e adagiato in unamangiatoia.

Subito dopo l’annuncio, com-pare un gruppo di Angeli che can-tano: “Gloria a Dio nell’alto dei cielie pace in terra agli uomini che egliama” (Lc 2,14).

Il presepio rappresenta labellezza del mistero di Dio,che ha posto la sua tenda inmezzo a noi e ha deciso dicondividere la nostra condi-zione umana, nella povertà enella semplicità. Come hadetto Paolo VI, “Dietro lascena del presepio, c’è l’infi-nita tenerezza del Creatoreche ama. In una parola: c’è labontà infinita”.

Gli zampognari, cioè queimusicisti o figuranti che conl’inizio della Novena dell’Im-

macolata e di Natale percorrono levie cittadine, in abiti tipici, suo-nando motivi natalizi tradizionali,simboleggiano i pastori che perprimi ricevettero l’annunzio degliAngeli e che, a loro volta, diven-nero annunziatori del mistero. Ge-neralmente gli zampognarisuonano in coppia, uno la zampo-gna vera e propria, l’altro la ciara-mella o altri strumenti a fiato. Sitratta di pastori o contadini che sitrasferiscono temporaneamente incittà per il periodo natalizio.

L’albero di NataleA parte gli antichissimi usi,

presso varie culture, di decorare glialberi con nastri e oggetti colorati efiaccole a significare una presenzaviva di anime, nel Medioevo, l’alberodivenne simbolo di Gesù Cristo, in-teso come linfa vitale. Invece, persimboleggiare l’albero della cono-scenza del bene e del male, di cui siparla nel libro della Genesi, nel nordEuropa, durante l’Avvento si ricor-reva a un abete sul quale venivanoappesi dei frutti. Da quell’antica tra-dizione, si è giunti all’attuale alberodi Natale. L’abete di Natale, grada-tamente, venne a simboleggiare lafigura di Gesù, il Salvatore che hasconfitto le tenebre del peccato, perquesto motivo si cominciò ad ador-narlo di luci.

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PanettoneNel Natale del 1495, apparve per

la prima volta a Milano sulla tavoladi Ludovico il Moro. Altermine del pranzo, fuservito in tavola un dolceideato dal cuoco AntonioToni. Si trattava di “paneconfezionato con acinid’uva” (panis quidam aci-nis uvae confectus). Alduca piacque tanto chevolle farlo assaggiare atutti i milanesi. Ordinòche la ricetta fosse data atutti i cuochi di Milano,così il “pan de Toni” venne chiamatoil “panettone”.

TombolaIl gioco da tavolo della tombola

è nato a Napoli, verso la metà del1700, come alternativa casalinga algioco del lotto, spesso accompa-gnato da un sistema di associazionetra numeri e significati (La Smorfia),di solito scherzosi.

Esattamente, entrò in vigore nel

1734, in seguito a una discussionetra il re Carlo di Borbone e il fratedomenicano Gregorio Maria Roccocirca il gioco del lotto, consideratoimmorale. I due trovarono un com-promesso: fu vietato durante lefeste natalizie sostituito dalla ver-sione casalinga della tombola. Così,questa consuetudine è rimastacome una caratteristica del periodonatalizio.

RegaliL’usanza di scambiarsi i regali tra

adulti sembra chesia nata addirittura700 anni prima dellanascita di Gesù. Se-condo la leggenda, ilre dei Sabini TitoTazio chiedeva aisudditi, ogni capo-danno, il dono di unramoscello d’alloro odi ulivo colto nelbosco sacro della

dea Strenia, da cui la parola strennache divenne sinonimo di regalo diNatale.

Dalla prima metà del XVI secolo,è San Nicola a portare i regali aibambini buoni nella notte tra il 5 eil 6 dicembre. In genere, portavanoci, nocciole, mele e figure in pandi spezie. Lutero abolisce questatradizione e la sostituisce con ilChristkindl, per cui non è san Nicolama Gesù Bambino a portare i regali.A noi piace pensare che l’usanza difare i regali derivi dal fatto che è

stato proprio Dio a farci ilregalo più bello, donan-doci suo Figlio Gesù.

Babbo NataleLa figura di Babbo Na-

tale si impone nel XIX se-colo e deriva dalpersonaggio storico, vis-suto nel IV secolo, di sanNicola (Santa Claus).

Secondo una leggenda, il santoVescovo aiutò una famiglia povera,donando dei sacchetti di moneted’oro lasciati cadere dal caminodella loro casa. Da questo fatto,nacque la figura immaginaria diBabbo Natale che porta i regalisorvolando i tetti delle abitazionicon il suo carro trainato dallerenne volanti. ◆

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L’insofferenza per la dimensione consumistica

e puramente edonistica del Natale

emerge anche nella produzione

di due autorevoli esponenti della lirica

europea novecentesca, Ungaretti e Montale.

anzi, per un misterioso sortilegio dellapoesia e dell’arte, le certezze appagaterisultano a volte meno intensamentefeconde delle struggenti nostalgie,delle vane ricerche o del penoso sen sodi esclusione”.

Così ben scriveva G. Gamberininella prefazione di una riuscita rac-colta edita dalle ed. Paoline nel 1997,Le poesie del Natale, che ancora cisentiamo di consigliare. Figurava nellasilloge Ungaretti1, non Montale2: au-tori assai diversi - con buona pace

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“È giusto anzitutto riconoscere chela ricorrenza più celebrata dell’annoha un suo pathos primordiale che inlarga misura prescinde dalla creativitàdegli uomini. C’è un incanto del Nataleche sovrasta la dimensione umana enasce certamente dai riferimenti teo-logici, che ci propongono la straordi-naria follia di un Dio che si fa carneper condividere la condizione umanae sollevarla alle latitudini celesti.L’eterno conflitto tra spirito e materia,amore e odio, vita e morte, eternità etempo trova finalmente la sua compo-

sizione in Cristo, Uomo e Dio. Ma c’èun involucro esteriore che concorre afare di questa festa una sorgente diispirazione, mette le ali alla fantasiadi poeti ed artisti e, più di qualunquealtro evento della storia, ne ha toccatoil cuore ben oltre i confini della fede. Enon è detto che le cose migliori sianouscite dalla penna o dal pennello diquanti, fra loro, sono stati (o si sonoproclamati) di stretta osservanza,

delle diadi/triadi (Quasimodo), per lopiù manualistiche e divulgative, chetroppo frettolosamente li affiancano- comunque, alla fine, più vicini diquanto non appaia da una prima let-tura dei testi che proponiamo. Li ab-biamo scelti perché comune adentrambi ci è parsa l’insofferenza perla dimensione consumistica e pura-mente edonistica del Natale (oggitroppo spesso prevalente), espressanel personalissimo e originale codicepoetico di due straordinari esponentidella lirica europea novecentesca.

natalizia

Il Natalefra “Ossi” e “Allegria”

“Non ho vogliadi tuffarmiin un gomitolodi stradeHo tantastanchezzasulle spalle

Lasciatemi cosìcome unacosaposatain un angoloe dimenticata

Quinon si sentealtroche il caldo buono

Stocon le quattrocaprioledi fumodel focolare

(Giuseppe Ungarettida “L’allegria”)

Natale

1 Giuseppe Ungaretti 1888-1970

2 Eugenio Montale 1896-1981

Marco Camerini

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Nel 1916 il poeta è in licenza aNapoli, non disposto o drammatica-mente incapace di dimenticare l’or-rore di un conflitto che ha mutilato lanatura e gli uomini, avvilito gli idealidella solidarietà e della tolleranza,imposto i disvalori della violenza,della sopraffazione, della cieca vo-lontà di potenza delle nazioni. Alfante Ungaretti - che preso fra cosemortali e sudicio di guerra pure bramaDio, ansiosamente cercandolo nelsole, nell’acqua rigenerante (cfr. “Ifiumi”), in una rinnovata armonia conl’Universo - rimangono il senso smar-rente di una precaria labilità (di docilefibra…fragile foglia), la tragica imma-gine di mani congestionate dal “rigormortis”, il ricordo di notti violentate e

veglie cariche di assai poco dannun-ziana paura. Nessun tuffo in un go-mitolo di strade affollate e festantipuò (né, forse, deve) consolare il suocuore straziato e pietrificato da undolore indicibile. Il reduce vuole soloessere posato come una cosa (signi-ficativo il ricorso al termine “atono”,privo di ogni connotato vitale e stra-tegicamente collocato al decimo “ver-sicolo” in sede isolata, a formare, coni termini precedenti e seguenti, unastruttura “a clessidra”) davanti ad unfrancescano fuoco amico e buono,con le quattro capriole di fumo che ri-chiamano l’immagine circense del-l’acrobata ne “I fiumi”.

Una puntualizzazione stilistica:che la poesia sia dedicata al Natale losappiamo dal titolo, nulla del testo vifa esplicito riferimento e, del resto, il

focolare – immagine chiave dellalirica - non è direttamen-te/esclusivamente riferibile al-

l’evento. Siamo di fronte ad unprocedimento tipico della raccoltaungarettiana per cui il titolo del com-ponimento non è sintesi o anticipa-zione del suo contenuto – si pensi a“Zacinto” o a “Silvia” - né il primoverso - come consuetudine nella tra-dizione pre-ottocentesca - ma un au-tonomo “verso aggiunto”, in un certosenso il vero incipit che fornisce indiziessenziali alla sua comprensione, locompleta e non è, comunque, da essodirettamente deducibile.

Montale vive certamente in mododiverso il rito natalizio, quantomenopartecipandovi (in una località dellasua Liguria, anche qui rivelataci solodal titolo) e rimanendone, magari perun attimo, attratto, più per la tenacevolontà di ricordare il carissimo amico

Camillo Sbarbaro che per una realecondivisione del clima festivo. Allosfarzo ostentato e seducente di mo-derne ma non meno insidiose Sirene,che si muovono avvolte in abbagliantiscrezi di sete e sfavillanti gioielli, sicontrappone l’innocuo apparato distatuine, dolciumi, lampioni e candeleche coinvolge i bimbi, gnomi festantifelicemente storditi dallo strepitio edai colori rutilanti di una festa che livuole – e da sempre li vede – sponta-nei e innocenti protagonisti. Alla fine,comunque, tutto si riduce a una follaindistinta che passa come zampantegreggia: il grande frastuono può(forse) incantare gli animi dubbiosi diquanti non si voltano e vivono l’im-mediato presente senza curarsi del-l’ombra che la canicola/ stampa soprauno scalcinato muro, ma non l’animadel poeta cui la desolata consapevo-lezza del “male di vivere” sembra im-pedire slanci e illusioni. ◆

natalizia

Natale nel tepidariolustrante, truccato dai fumiche svolgono tazze, velato

tremore di lumi oltre i chiusicristalli, profili di femmine

nel grigio, tra lampi di gemmee screzi di sete…

Son giuntea queste native tue spiagge,

le nuove Sirene!; e qui manchiCamillo, amico, tu storico di cupidige e di brividi.

S’ode grande frastuono nella via.

È passata di fuoril’indicibile musica

delle trombe di lamae dei piattini arguti dei fanciulli:è passata la musica innocente.

Un mondo gnomo ne andavacon strepere di muletti e di carriole,

tra un lagno di montonidi cartapesta e un bagliare

di sciabole fasciate di stagnole.Passarono i Generali

con le feluche di cartonee impugnavano aste di torroni;

poi furono i gregaricon moccoli e lampioni,

e le tinnanti scatolech’ànno il suono più trito,

tenue rivo che incantal’animo dubitoso:

(meraviglioso udivo).

L’orda passò col rumored’una zampante greggia

che il tuono recente impaura.L’accolse la pastura

che per noi più non verdeggia.

(Eugenio Montaleda “Ossi di seppia”)

Caffè a Rapallo

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alunno della maestra Patrizia DiMaria, Enrico l’ho avuto in classe ioper cinque indimenticabili anni.

Quando l’ho visto in pedana a Rio,Daniele mi è riapparso il bambino diallora, smilzo come un’acciuga, occhifurbi e vispi, presente e reattivo,anche se talvolta assorbito dai suoipensieri.

“Danielino - ricorda la maestra -era il leader della classe; riusciva acoagulare intorno a sé l’attenzione dimolti compagni e soprattutto compa-gne; era una testa d’ariete come quelleche abbattevano i portoni dei castellimedievali: non si fermava finché nonraggiungeva l’obbiettivo che si eraprefissato; sembrava più grande dellasua età”.

Enrico era dolce, pacioccone, po-sato, un po’ sornione, benvoluto datutti, studioso della serie “massimorendimento col minimo sforzo”, unpizzico attaccato alla gonna dellamamma: non andava ai compleannidegli amici; poi la vita l’ha costrettoa girare il mondo.

Ricordo che quando venni a sa-pere che i fratellini Garozzo frequen-tavano il calcio e non il minibasketnella palestra della scuola… masticaiamaro. Poi giunse la notizia che sierano dati alla scherma. Rimasi al-

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A tendermi la mano per salire sulcarro dei vincitori è statamamma Giuliana. Al Corriere

della Sera, nel parlare dei figli Daniele eEnrico, ha dichiarato: “… Il resto l’ha fattola scuola cattolica lasalliana fondata dasan Giovanni Battista de La Salle”.

Questa scuola è l’istituto san Luigidi Acireale dei Fratelli delle ScuoleCristiane, presenti nella città etnea,da oltre cento anni. Daniele è stato

quanto disorientato: ero all’oscuro deitrascorsi gloriosi della scherma nellacittà di Galatea.

Nel 1996, papà Sebastiano Man-zoni, attuale Presidente del ComitatoRegionale Sicilia e Presidente del Co-mitato Organizzatore dei Mondiali diCatania 2011, venne a chiedere il cor-tile per una dimostrazione di futurimoschettieri: nonno Raffaele, illustrecaposcuola della scherma italiana,che negli oltre sessant’anni di inse-gnamento ha creato grandi campioni,aveva voglia di “passare” i segretidella nobile disciplina ai suoi nipotiRaffaele e Giovanni, quest’ultimocompagno di scuola di Enrico. Engarde. Prêt. Allez! Fu in quella circo-stanza che ebbi la felice sorpresa divedere i piccoli Enrico, Daniele, MarcoFichera ed altri scendere in pedana eduellare nella classica tenuta di garabianca col volto celato dalla ma-schera. Le dimostrazioni per tutti glialunni della scuola si ripeterono,come le notizie dei primi successi pro-vinciali, regionali e nazionali del ClubScherma Acireale allenato da MimmoPatti.

La scuola lasalliana sanluigina nonha insegnato la scherma a “Garoz-zone” (Enrico) e a “Garozzino” (Da-niele). Il “resto” di cui parla mamma

olimpiadi

Alberto Castellani, Fsc

Dai banchi di una scuola lasalliana (San Luigi di Acireale)al podio olimpico di Rio de Janeiro.Abituati al rispetto delle regole e a stare con dignitàsulla pedana della vita.Voglia di vincere. Capacità di digerire la sconfitta.Coraggio di arrivare comunque al traguardo.

Lasalliani d’orosul podio olimpico

Mamma Giuliana con Enrico e Daniele

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Giuliana riguarda, certamente altro. Per esempio, il valore di stare bene in-sieme, come in una squadra. Scuola come felice convivenza. La classe di Enricoera effervescente come l’Etna in eruzione e monolitica come il basalto lavico:genitori, nonni, bambini, insegnanti, un’unica grande famiglia. Il san Luigi nonera e non è una scuola soltanto; per moltissimi è ed era una seconda casa conle finestre spalancate sul mondo.

Ancora: l’entusiasmo di ideare e portare a termine i progetti in una scuoladove l’insegnamento non si limitava alle discipline scolastiche trascritte neitesti, ma abbracciava lo scibile e il vivibile, con al polso orologi senza lancettee alle pareti calendari senza mesi. Cultura, laboratori, incontri, solidarietà,spettacoli, arrampicate sull’Etna in eruzione, concorsi in maschera per le viedella città del più bel carnevale di Sicilia…

Sicuramente, il San Luigi, ha instillato nell’animo dei piccoli, il valore dellosport, del rispetto delle regole, il gusto di gareggiare, la voglia di vincere e lacapacità di digerire la sconfitta, il coraggio di arrivare comunque al traguardo.Annualmente venivano celebrate le miniolimpiadi (oggi sono alla 28a edi-zione) con gare di velocità, salto, lancio, resistenza, medaglie, evviva, musiche,festa, foto… Indimenticabile la partecipazione ai Giochi lasalliani del 2000,svoltisi nella Capitale, raggiunta in aereo, per molti della classe battesimodell’aria.

Senza dimenticare che nell’immensa e invidiata palestra si svolgevano icampionati federali di basket dell’unione sportiva San Luigi, maschili e fem-minili, giovanili e seniores, e quelli di ginnastica artistica del La Salle gymoltre gli allenamenti. Ad Acireale, chi dice San Luigi dice anche sport da ge-nerazioni. Intanto è nato come oratorio, ma poi si sono succedute le ere spor-tive: scherma, judo, atletica, calcio, pallavolo, basket…

Di Daniele, oltre al suo smisurato talento, ho apprezzato il suo gran cuore.Ha vinto 150 mila euro messi in palio dalla Fondazione Agnelli in collabora-zione con il Coni e la Gazzetta dello Sport per la medaglia “più emozionante”.Ha donato 75 mila euro a Medici senza frontiere e i restanti alla Tenda di Cri-sto, associazione di volontariato che in Acireale offre il suo aiuto umano, psi-cologico e spirituale a ragazze madri. Ha poi messo all’asta la divisa indossatain occasione della finale per sostenere la Croce Rossa Italiana impegnata nel-l’aiuto ai terremotati d’Abruzzo e del Lazio.

Enrico non mi ha sorpreso per la sua bravura, conosco il suo valore, ero si-curo che avrebbe conquistato l’oro nell’individuale e nella squadra. Quello cheho ammirato durante le gare oltre il suo grande talento di spadaccino, è

olimpiadi

Daniele Garozzo

schermidore, vincitore nelfioretto della medaglia d’oroai Giochi olimpici di Rio de Ja-neiro 2016 e dell’argento alcampionato europeo di Mon-treux 2015. È un ex-alunnodell’Istituto “San Luigi” diAcireale. Ora frequenta la fa-coltà di Medicina a Tor Ver-gata. Ha vinto una medagliad’argento nel 2011 e nel 2012al Campionato mondiale Ju-nior. Nella Coppa del Mondo2014-2015 ha ottenuto unamedaglia d’argento nel Chal-lenge International deParis. Ha conquistato la me-daglia d’argento al Campio-nato europeo 2015 battuto infinale dal connazionale An-drea Cassarà. Ai Mondiali diMosca 2015 vince la medagliad’Oro nel fioretto a squadre.Nel 2016 a Rio vince un orobattendo in finale l’ameri-cano Alexander Massialas.

Enrico Garozzo

è il fratello maggiore di Da-niele e anche lui ex-alunnodell’Istituto lasalliano di Aci-reale. È uno spadista. In am-bito internazionale, haconquistato un argento indi-viduale ai Campionati delmondo Cadetti di Taebaeknel 2006 e un oro individualeai Campionati del mondoGiovani nel 2008. Ai mon-diali del 2014, ha vinto ilbronzo nella spada indivi-duale. Nel 2016 vince l’ar-gento nella spada a squadreai Giochi olimpici di Rio.

I fratelli Daniele (fiorettista) ed Enrico (spadista)

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olimpiadi

stato il dichiarare spontaneamentequando colpiva la pedana e non ilcorpo dell’avversario.

Mamma Giuliana è stata sintroppo generosa nei confronti del SanLuigi: “Il resto l’ha fatto la scuola cat-tolica lasalliana fondata da san Gio-vanni Battista de La Salle”. Halte: isuoi due gioielli, Zorro e D’Artagnan,come li chiama affettuosamente,sono dei giganti alla cui crescita avràsì contribuito l’insegnamento ricevutotra i banchi di scuola, ma sono, primadi tutto, il frutto di un papà, Salvo, edi una mamma che hanno vissuto evivono la loro vita in funzione dei

figli, dai quali, tra l’altro vivono lon-tani. Per motivi sportivi Daniele ri-siede a Frascati ed è iscritto amedicina a Tor Vergata, Enrico abitaa Milano ed è prossimo alla laurea inscienze motorie.

Il merito è soprattutto il loro: lihanno abituati a stare con classe e di-gnità sulla pedana della vita. Li hannopreparati a muoversi con eleganza,rapidità, efficacia. Li hanno forgiati adaffrontare la realtà senza indietreg-giare oltre la striscia del buon gustoe del buon senso. Parata-risposta.Allez!

Ora posso scendere dal carro. Peròmi rimane dentro una voglia matta diabbracciare i due schermidori. Magariil desiderio pressante di invitarli peruna dimostrazione nella scuola dovemi trovo ora, a Massa, scuola San Fi-lippo Neri: non si sa mai, dovesserouscire anche da qui campioni olimpicie della vita! ◆

Daniele con papà Salvo

Daniele Garozzo sul podio olimpico, oro di fioretto

LASALLIANI IN ITALIALASALLIANI IN ITALIA ringrazia gli amici sostenitori

Berghenti Maria Teresa - Angelucci Amilcare - Caldesi VincenzoAndreacchio Massimiliano - Andreoni Marzocco Sandra

Pipitone Giorgio - Pietropaolo Piredda - Di Crosta VincenzoTottoli Gina - Marenda Fabio - Dalvecchio Gregorina - Ianniccari Maurizio

Fr. Gabriele Rosario Mossi - Boarelli Guido Giulio - Mastrecchia Adriano - Lazzaroni Giuseppe

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notizie

Tre novizi del Distretto Lwanga dell’Africahanno fatto la loro prima professione reli-giosa come Fratelli delle Scuole Cristiane sa-bato 9 luglio 2016 presso ilNoviziato internazionaleLa Salle, a Nairobi, inKenya.I Fratelli neoprofessi sonoSamuel Onyango, Tito Yi-naga e Rezene Endale ri-spettivamente del Kenya,Nigeria ed Etiopia. I votisono stati ricevuti da FratelGhebreyesus, Visitatore delDistretto Lwanga del-l’Africa, per conto del Su-periore Generale.Fratel Ghebreyesus nel suodiscorso ha incoraggiato iFratelli neoprofessi a essere

uomini di preghiera: “Non smettete mai di pre-gare, miei cari Fratelli” ha detto. Egli ha anchericordato ai Fratelli le enormi responsabilità

che hanno davanti, comequella di istruire igiovani  indirizzandoli versola salvezza.Nel corso degli anni canonicidel Noviziato, i tre sono statiintrodotti a diversi corsi tra iquali la Regola, la Dichiara-zione dei Fratelli, un corsosulla vita consacrata, corsi dilingua inglese e francese, lastoria del Fondatore, maanche corsi teologici con no-vizi di altre congregazioni re-ligiose. Hanno anche vissutoun’esperienza in altre comu-nità durata quattro mesi.

Celebrazione della prima professione di tre Fratelli Novizi

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KENYA

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notizie

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Due eventi di formazione per i Lasalliani del Distrettohanno avuto luogo a Cochabamba, in Bolivia, tra il 4 eil 14 luglio 2016. Entrambi sono stati guidati da FratelDiego Muñoz. Il primo, una sessione sulla spiritualitàlasalliana, ha riunito 48 docenti. La sessione si è con-clusa con un ‘Desert Day’ di incontro con Dio. Il se-condo evento, un seminario sulla pedagogia lasalliana,ha visto la presenza di 54 partecipanti in rappresen-tanza di vari Centri del Distretto.È stato un momento di analisi e di riflessione criticasull’educazione. Partendo dalla situazione globale inmateria di istruzione oggi, si sono potuti identificarele sfide della pedagogia lasalliana nel contesto dellaBolivia e del Perù.La condivisione fraterna che si è creata, attraverso ses-sioni di studio e gruppi di lavoro, ha consentito a tuttii partecipanti un grande arricchimento. Come si evincedalla storia dell’Istituto, la pedagogia lasal-liana è sempre stata l’espressione di unosforzo comunitario, costantemente riadat-tato alle esigenze del tempo. Questo è il per-corso che i partecipanti intendono seguirecon fedeltà creativa.

Incontri di Formazione Lasalliana

BOLIVIA

Biblioteca di strada

EGITTO

A Bayadeya, un gruppo dai cinqueai dodici volontari, ciascuno dotatodi un libro, va ogni venerdì per unastrada della città scelta a caso. Inbreve tempo, attorno a una dellepanchine di cemento che costeg-giano le facciate delle case, si uni-scono tra i 25 e i 50 bambini. Se ivolontari sono numerosi, rapida-mente si procede a formare piccoligruppi, altre volte i bambini vo-gliono restare nel grande gruppo.La “Biblioteca di strada” si svolge inun ambiente allegro e ha comeobiettivo quello di dare ai bambiniil gusto per il libro, non solo comestrumento scolastico, ma anchecome fonte inesauribile di piacere.I bambini si appassionano a talpunto alle storie che vengono lette,che non vorrebbero smettere mai.Ed è difficile interrompere. A volte,viene anche improvvisato un pic-colo sketch sulla storia raccontata.I volontari hanno anche deciso diprendere una trentina di libri e spe-dirli a casa oppure distribuirli aibambini nella loro strada o quar-tiere, provando a farli circolare, conl’accortezza di registrare semprel’uscita e il ritorno del libro. Il lororuolo di leader è molto elastico: in-coraggiano tutti i membri della fa-miglia, per la maggior parte ancoraanalfabeti o “principianti”, a leg-gere, nel qual caso, essi stessi si im-provvisano “lettori pubblici” distrada.Infine, si è pensato di creare una“cassetta postale dei libri” sulla fac-ciata della casa dei responsabili.

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notizie

“Sono lieto di ogni gesto di futuro, soprattutto inquesti tempi in cui ogni iniziativa sembra destinataa chiudere. Come Chiesa guardiamo al domani, e met-terci al servizio della società dedicando attenzione allenuove generazioni, è una scelta vincente”.Questo l’augurio che S. E. Mons. Giovanni San-tucci, vescovo di Massa Carrara-Pontremoli, haespresso in occasione dell’inaugurazione dellascuola paritaria dell’Infanzia San Filippo Neri diMassa, la cui realizzazione è stata possibile gra-zie all’eredità di Felice Radici, Fratello delleScuole Cristiane poi diventato sacerdote, che hatrascorso gli ultimi anni della sua vita con i Fra-telli della città dei Malaspina. Felice era unuomo semplice e schivo, dal cuore generoso edalla fede incrollabile, paziente, affascinato dalmondo dell’educazione e ancor più dai bambinicon i quali in Italia e in Libia aveva trascorsoanni della sua vita come educatore lasalliano econ i quali amava intrattenersi allegramente finnegli ultimi giorni della sua vita terrÈ stata unacerimonia semplice, ma suggestiva: acco-glienza degli invitati sulle note di Ultrasper La Salle, composto dal cantautoreGiosy Cento, inno di Mameli e alzaban-diera, saluto del direttore fratel GiorgioRe, taglio del nastro con lancio di pallon-cini e benedizione dei locali alla presenzadei primi diciotto alunni con le loro mae-stre Eleonora e Stefania, e quella degli

alunni della scuola primaria, della co-ordinatrice Giuliana Oresi con i docentidel corso primario, dei genitori, delpresidente degli ex alunni Silvio Giu-lianelli e dei Fratelli della comunità re-ligiosa. La nuova realtà è una delle piùfelici realizzazioni del territorio mas-sese dove non mancano certo le scuoledell’infanzia, ma quella di viale Euge-nio Chiesa s’impone per l’orario conti-nuato, l’insegnamento della linguainglese, l’ampiezza e l’eleganza dei lo-cali, l’abbondanza delle attrezzature, lacucina interna a base di cibi biologici,gli spazi adibiti al gioco nel parco La

Salle, il parcheggio interno in pieno centro sto-rico e soprattutto per lo spessore educativo cheaffonda le sue radici nella trazione pedagogicalasalliana. La felice realizzazione ottenuta in duemesi di febbrili lavori, va a completare e alimen-tare il corso primario presente a Massa dal 1859e strizza l’occhio all’apertura della sezione Pri-mavera per bambini dai due ai tre anni che po-trebbe rappresentare la classica ciliegina sullatorta. Scommettere sul futuro è un gesto di spe-ranza e di ottimismo, proprio dei figli di sanGiovanni Battista de La Salle, fondatore dei Fra-telli, il quale in tempi di grave difficoltà era ca-pace di operare scelte coraggiose che aglisguardi dei contemporanei potevano apparireinadeguate come l’acquisto della tenuta di Vau-girard quando il nascente istituto sembrava de-stinato al fallimento.

Alberto Castellani, Fsc

MASSA: Inaugurazione della scuola dell’Infanzia San Filippo Neri

ITALIA

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ROMA: Canonizzazione di Fratel Salomone Leclercq

SS P E C I A L EP E C I A L E

Piazza San Pietro, 16 ottobre 2016. Piazza gremita,sole splendente, cielo azzurro. I quadri dei settebeati, che di lì a poco papa Francesco avrebbe di-chiarato santi, inondati dal sole, sembravano sor-ridere, condividendo la gioia con la moltitudine deifedeli accorsi da tutte le parti del mondo.

Al centro Fratel Salomone Leclercq, martire deiFratelli delle Scuole Cristiane durante la Rivo-luzione Francese, e poi gli altri sei: Giuseppe San-chez del Rio, laico martire, Manuel GonzálezGarcía, vescovo di Palencia, fondatore del-l’Unione Eucaristica Riparatrice e della Congre-gazione delle Suore Missionarie Eucaristiche diNazareth, i sacerdoti Lodovico Pavoni, fondatoredella Congregazione dei Figli di Maria Immaco-lata, e Alfonso Maria Fusco, fondatore della Con-gregazione delle Suore di San Giovanni Battista,e la religiosa Elisabetta della Santissima Trinità,monaca professa dell’Ordine dei CarmelitaniScalzi, Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero, sa-cerdote. “La Chiesa arricchisce enormemente la sto-ria dell’umanità con la celebrazione di uomini edonne, grandi e piccoli, che non solo sono testimonicredibili del Vangelo, ma sono anche autentici ed ef-

ficaci benefattori dell’umanità”, ha detto il cardi-nale Angelo Amato, prefetto della Congrega-zione delle cause dei santi.Importanti le delegazioni ufficiali presenti inpiazza San Pietro: il presidente dell’ArgentinaMauricio Macri, dalla Spagna il ministro dell’In-terno Jorge Fernandez Diaz, dalla Francia il mini-stro dell’Ambiente Ségolène Royal, per il governoitaliano Maria Elena Boschi ministro per le Ri-forme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.Grande emozione, un respiro di Chiesa univer-sale, in una giornata indimenticabile in cui sisono incontrati il Cielo e la terra.La vigilia, in preparazione al grande evento, siè svolta una veglia di riflessione e di preghierapresso la chiesa di San Luigi dei Francesi, du-rante la quale, intramezzati da mottetti, brillan-temente eseguiti dal Coro della Basilica di SanPietro, diretto dal m° Temistocle Capone, si sonopotute ascoltare alcune relazioni riguardanti ilcontesto politico e religioso francese ai tempi diFratel Salomone, il suo itinerario umano e apo-stolico con la lettura di alcuni passi del suo epi-stolario. Presente il card. Jorge Urosa Savino,arcivescovo di Caracas.

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CC A N O N I Z Z A Z I O N EA N O N I Z Z A Z I O N E

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Presentazione delle offerte

Presentazione delle reliquieLa prima è Maria Alejandra, miracolata da Fratel Salomone

La folla dei fedeli accorsi per le sette canonizzazioni

San Fratel Salomone

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Te Deum di ringraziamento

La “Tre giorni” in onore di SanSalomone si è conclusa con laS. Messa e il Te Deum di rin-graziamento alla Casa Genera-lizia di Via Aurelia. Ha presie-duto la celebrazione il cardinalePietro Parolin, Segretario diStato di Sua Santità Papa Fran-cesco. Con lui concelebravanoil cardinale Jorge Urosa Savino,arcivescovo di Caracas, Sua Ec-cellenza Piero Marini, Presi-dente del Comitato per i Con-gressi Eucaristici Internazionali,Sua Eccellenza Pierluigi Celata,membro della Congregazioneper l’Evangelizzazione dei po-poli e 16 sacerdoti. La Schola“Canticorum Jubilo” dell’IstitutoPio IX, diretta dal M° MaurizioScarfò, ha magistralmente in-terpretato alcuni mottetti e l’in-tera Missa III De Angelis pervoci virili, cantus e organo, al-ternata al Canto Gregoriano,eseguito dall’assemblea. Il san-tuario di San Giovanni Battista

de La Salle era colmo di Fratellie Lasalliani provenienti da ogniparte del mondo; tra di essi sinotavano in particolare i gruppiprovenienti dal Libano, dallaPolonia e dalla Francia. Eranogiunti dal Venezuela per accom-pagnare María Alejandra Her-nández, la giovane favorita dal“miracolo” operato da San Sa-lomone, tra gli altri, Suor Fa-tima, Superiora Generale e SuorRosa, della Congregazione delleAdoratrici del SS.mo Sacra-mento, l’Ammiraglio SantiagoUsón, Vice Postulatore, la Dot-toressa María Elena Febres Cor-dero, sorella di Mons. Rafael Fe-bres Cordero e molti altri. Danotare infine la presenza di S.Ecc. Philippe Zeller, ambascia-tore di Francia presso la SantaSede, accompagnato dalla si-gnora e da Mons. Michel Ca-caud, Consigliere Ecclesiastico,del Colonnello dei Carabinieri,Dott. Antonio Zaccaria, del Ma-

resciallo Dott. Mario Di Pietran-toni, Comandante della ScuolaAllievi Ufficiali Carabinieri edel Maresciallo Dott. SalvatoreTurco, Comandante della sta-zione dei Carabinieri Madonnadel Riposo, in Via Aurelia. Aconclusione della manifesta-zione, tutti hanno potuto acco-modarsi per un gradito rinfre-sco, culminato con l’inattesasorpresa di una “pizza napole-tana” sfornata al momento daiforni “mobili” della pizzeria O’Zi’ Aniello, del simpatico e ge-neroso proprietario VincenzoStaiano.

SS P E C I A L EP E C I A L E

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CC A N O N I Z Z A Z I O N EA N O N I Z Z A Z I O N E

Benedizione della statua di Fratel Salomone

nell'atrio della Casa Generalizia

Parole di saluto del Superiore GeneraleFratel Robert Schieler

Omelia del cardinale Pietro Parolinsegretario di Stato del Papa

Dopo il rito liturgico, O' zi' Aniello e pronto a sfornare le ottime pizze

Il taglio della torta

San Fratel Salomone

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notizie

7 Ottobre 2016: Festa della Madonna del Rosario.Per tutta la mattinata c’è il diluvio: la pioggiasembra cadere a secchi e, in poco tempo, impre-gna il terreno, gli alberi e tutte le cose. Ogni de-pressione del terreno si trasforma in un laghetto.Anche l’aria si fa più frizzante, tipica giornata au-tunnale. Che fare? Dove andare a recitare la sup-plica come è tradizione nella nostra scuola? Restala chance del santuario di san Giovanni Battistade La Salle, ma come arrivarci con quella piog-gia? Il Cielo in ascolto presto risolve ogni cosatanto che, non appena l’autocappella con il qua-dro della Madonna del Rosario di Pompei comin-cia a percorrere Via Aurelia, le nubi come perincanto si dileguano e il sole comincia a dardeg-giare in tutto il suo splendore. In un battibalenosi asciuga ogni cosa e sulle gradinate del grandecortile della scuola La Salle di via Pagano, glialunni più grandi, che nel frattempo sono uscitidalle aule, si possono sedere tranquilli in attesa.Ma… ecco la Madonna! Tutti in piedi. Un frago-roso applauso invade ogni angolo e il quartierecircostante. Don Franco Soprano, uno dei sacer-doti accompagnatori, ex-alunno dei Fratelli, preso il microfono ricorda per sommi capi la storia delbeato Bartolo Longo e del santuario di Pompei con le opere annesse, nonché l’ottimo rapporto cheil beato aveva con i Fratelli, da lui chiamati a dirigere e a educare i ragazzi orfani e abbandonati.Ormai il clima necessario per pregare la supplica è stato creato: uno sguardo al foglietto e uno al

volto della Madonna,mentre la preghiera salein Cielo, intercedendoper la pace, per laChiesa, per l’umanitàsmarrita. Un canto dol-cissimo, eseguito da sr.Maria Neve Cuomo,conclude l’incontrodella Vergine con i suoifigli della scuola LaSalle, dopo di che, ilquadro della Madonnaprosegue per Piazza SanPietro per il giubileomariano voluto da PapaFrancesco.

ROMA: La Madonna di Pompei alla scuola La Salle

ITALIA

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La mostra, de-dicata a FratelSalomone Le-clercq e alle-stita presso laCasa Genera-lizia, è statapensata e or-ganizzata daFratel DiegoMunoz, segre-tario coordinatore del Servizio Ricerca e Risorse Lasalliane.  At-traverso immagini, riproduzioni fotografiche, cenni storicie brani tratti dagli scritti di Fratel Salomone, Rousseau, Vol-taire e La Chalotais (Procuratore generale del Parlamentodi Bretagna, avversario delle scuole popolari e gratuite,come quelle dei Fratelli delle Scuole Cristiane), ci proponeun breve viaggio verso la conoscenza di un personaggio si-curamente poco noto che cerchiamo di approfondire e ap-prezzare attraverso le lettere ai familiari, il suo grande zeloper l’insegnamento ai bambini, arrivando ad averne ben130 in una sola classe. Subì il martirio per non avere accet-tato la Costituzione civile del clero che lo avrebbe allonta-nato dalla fedeltà alla Chiesa Cattolica e al Papa.Nato da una famiglia benestante il 15 novembre 1745, Salo-mone, al secolo Guillaume-Nicolas-Louis Leclercq, entrò nelnoviziato il 25 marzo 1767. Fu insegnante, direttore, economoe infine, allo scoppio della rivoluzione francese, segretario diFratel Agatone, Superiore Generale dell’epoca.“Non sono degno di soffrire per Lui, perché ancora non ho speri-mentato alcuna pena, mentre ci sono tanti confessori di Gesù Cristoche soffrono”, nelle parole tratte da una lettera scritta da FratelSalomone a una delle sue sorelle il giorno della cattura, il 15agosto 1792, comprendiamo il pensiero di un uomo, martiredella fede, nel contesto della rivoluzione francese.

Il Servizio di Comunicazioni e Tecnologia mette a disposizione itesti (in italiano, francese, spagnolo e inglese), le fotografie e leincisioni dell’esposizione in formato digitale. Chi fosse interessatoa riprodurre la mostra può contattare Ilaria Iadeluca (direttricedella comunicazione) all’indirizzo [email protected].

ROMA - Casa Generalizia Inaugurazione della mostra dedicata

a Fratel Salomone

Il 25 ° anniversariodella ripresa delle attività

pastorali ed educativedei Fratelli

delle Scuole Cristiane

ITALIA

Il 2 e 3 settembre 2016 la FamigliaLasalliana rumena ha celebrato il25° anno dalla ripresa delle attivitàpastorali ed educative dell’Istitutodei Fratelli delle Scuole Cristiane inRomania. Venticinque anni cherappresentano un capitolo impor-tante nella storia della congrega-zione in queste terre, ma la storia èpiù antica, incominciata 155 annifa, nel 1861, l’anno in cui sono arri-vati i primi Fratelli a Bucarest.La caduta del regime comunistanel 1989, il ripristino della demo-crazia e l’istituzione delle libertà ci-vili garantiti dalla nuovaCostituzione del 1991 ha reso pos-sibile la ripresa dopo la brutale in-terruzione dovuta ai decreti diabolizione degli istituti scolasticireligiosi e privati. Con l’aiuto deiFratelli della Regione ARLEP (Spa-gna e Portogallo), che sono venutiin Romania nel settembre 1991, econ il sostegno incondizionato delDistretto di Austria-Ungheria, chesarà chiamato dal 1994 Europa cen-trale, sono nate nuove speranze eprospettive per la Congregazione.Allo stato attuale, i Fratelli hannodue comunità nella diocesi di Iasi edue opere socio-educative: una inPildesti e l’altra nella città di Iasi.Per sottolineare l’importanza diquesto evento sono state organiz-zate attività significative, culturalie religiose.

ROMANIA

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Il Centro Lasalliano Africano(CLAF) per la preparazione aivoti perpetui ha avuto luogodal 3 al 28 Agosto 2016 a Tous-siana in Burkina Faso. Il temacentrale era: “Vivere come fra-telli la gioia della nostra voca-zione”. Quattordici Fratelliprovenienti da 14 Paesi hannopartecipato a questa sessione.La cerimonia di apertura haavuto luogo venerdì, 5 agosto.Secondo la tradizione locale, iFratelli Clafisti sono stati ra-dunati dal suono del tam-tam.  Arrivato sul posto, il Fra-

tello Visitatore del Distretto dell’Africa occidentale, Julien Diarra, “maestro di cerimonia” ha datoil benvenuto ai Fratelli. Durante le prime tre settimane, i Fratelli hanno ricevuto lezioni sui seguenti argomenti:• “Consacrato alla Santissima Trinità per rendere visibile l’immagine di Fratello /Gesù” • “La fraternità, un dono di comunione”.• “La missione, luogo di esercizio della fraternità di Gesù /Fratello“.• “Il metodo di pianificazione applicato al progetto di vita personale”.Nell’ultima settimana, ha avuto luogo il ritiro in silenzio, durante il quale è stato approfondito iltema “Essere Fratelli oggi, profeti per il nostro tempo”, sviluppato in tre punti: la fedeltà alla consacra-zione, fedeltà alla comunione e fedeltà alla missione. Il tempo di silenzio, di meditazione e le cele-brazioni liturgiche hanno aiutato i Fratelli a vivere correttamente il momento del raccoglimento. Ilritiro si è concluso con la celebrazione eucaristica del 27 agosto, durante la quale il Fratello PierreBako ha rinnovato i suoi voti, circondato dalla gioia dei Fratelli clafisti e i Fratelli della comunitàdi Toussiana.

Centro Lasalliano Africano 2016

BURKINA FASO

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Lasalliani in Italia è di € 8,00

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Le Suore Guadalupane de La Salle inMessico nel loro 70° anno di fonda-zione e le Suore Lasalliane in Vietnamnel loro 50° si sono riunite nei rispet-tivi Capitoli Generali. In un clima dipreghiera e di discernimento sonostate elette le nuove Madri Generali,nelle persone di Sr. María CervantesHeredia e  Sr. Mary Ann SunanthaJeeranaikul, e le rispettive Consi-gliere Generali.Tutti i Lasalliani esprimono le loropiù vive felicitazioni e auguranoun proficuo lavoro alle nuove Su-periore e alle loro Consigliere, ren-dendo grazie al Signore per ilprezioso apostolato che svolgonoentrambe le congregazioni.

SUORE LASALLIANE Nuove Madri Generali

L’Istituto delle Suore Guadalupane de La Salle(H.G.S. = Hermanas Guadalupanas de La Salle)fondato da un Fratello delle Scuole Cristianeè di diritto pontificio dal 1976. Le suore si de-dicano all’istruzione e all’educazione cristianadella gioventù, all’apostolato parrocchiale e alservizio domestico in seminari e collegi eccle-siastici.Sono presenti nelle Americhe (Bolivia, Brasile,Colombia, Ecuador, Messico, Perù, Stati Uniti,in Europa (Francia, Italia), nelle Filippine e inMadagascar. La sede generalizia è a Città delMessico.

La Congregazione delle Suore Lasal-liane (La Salle Sisters) è stata fon-data nel 1966 dai Fratelli delleScuole Cristiane del Vietnam peroccuparsi, secondo il carisma lasal-liano, delle bambine e dei bambinipoveri e abbandonati dai loro ge-nitori a causa della guerra civileche regnava nel paese.

SUORE

Emergenza uraganoHAITI

L’uragano Matthew ha col-pito in modo devastanteHaiti, già provata da altretragedie. Le conseguenzesono state disastrose: 750mila persone necessitano diaiuti umanitari;  più di 60mila persone evacuate;oltre l’80% delle coltiva-zioni perse; 2,1 milioni dipersone colpite, di cui circa900 mila sono bambini.Le notizie che ci arrivanoda fonti lasalliane, presentisull’Isola della Tortue, rife-riscono che la tempesta ha

distrutto le abitazioni più povere e ha affondato molte delle imbarcazioni che fornivano un impor-tante servizio di collegamento con le altre isole e con la terraferma.Nel corso degli ultimi due anni abbiamo costruito case in grado di resistere alle tempeste, desti-nandole alle madri single che vivono con la propria famiglia sull’isola.

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L’Ufficio Comunicazione del Distretto di San Francisco aNew Orleans (SFNO) ha tenuto il suo primo workshopsulla comunicazione per dirigenti scolastici 9-11 ottobre aMont La Salle. Al workshop hanno partecipato i responsa-bili della comunicazione, gli amministratori, i webmaster,e di direttori di marketing di 10 scuole.Il seminario ha avuto per tema “Il ruolo della comunicazionenelle nostre istituzioni”, e si è concentrato sulle aree di comu-nicazione a scuola, nel distretto, nella Regione e nell’Isti-tuto, con apprezzamenti sulle relative strutture e il lorofunzionamento. I partecipanti sono stati introdotti agli ar-chivi distrettuali da Jennifer Sturm, direttore degli Archivi,e da Fratel Emmet Sinitiere, FSC, archivista.Sono stati anche offerti una serie di risorse relative alla co-municazione: glossari del Distretto La Salle, guide allo stiledelle pubblicazioni, calendari di eventi del Distretto e dellaRegione, i collegamenti di comunicazione, e il calendariotascabile sempre più popolare Christian Brothers Confe-rence e il direttorio delle istituzioni. Coerentemente conaltre riunioni e lavori simili nel Distretto, ilworkshop è stato l’occasione per la formazionelasalliana, networking professionale, e la co-struzione di relazioni personali. I partecipantihanno condiviso la preghiera, i pasti e il tempodi relax, oltre alle sessioni di lavoro. Hannoinoltre partecipato a una visita guidata delMont La Salle con Fratel Mark Murphy, Fsc, ealcuni hanno potuto visitare il vicino Liceo Ju-stin-Siena.

Laboratorio sulla Comunicazionenella scuola La Salle

USA

PromozioneVocazionale

HONG KONG

Il team vocazionale interna-zionale (ICVT) di HongKong ha iniziato la suaprima campagna di pasto-rale vocazionale che haavuto luogo dall’1 al 16 otto-bre 2016, in 5 scuole lasal-liane.Il gruppo, composto da treFratelli, ha visitato tutte lescuole secondarie lasallianedi Hong Kong. In ogniscuola si sono svolte visite inclasse, Q&A, e si è interagitocon i giovani in piccoligruppi. I Fratelli hannoanche incontrato durante lacena, alcuni studenti dispo-sti per possibili futuri con-tatti. Durante la campagna,l’équipe dei Fratelli ha ancheincontrato docenti e perso-nale di ogni scuola al fine diottenerne il sostegno perpromuovere presso gli stu-denti la vocazione del Fra-tello. Il gruppo era compostoda Fr. Sockie de la Rosa(Hong Kong), Fr. RanierGuillergan (Team leader - Fi-lippine), Fr. John Niran(Thailandia).

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UN’INTERESSANTE MOSTRAAL VITTORIANO

È in corso, a Roma, presso il complesso del Vittoriano,una mostra del tutto particolare, dal titolo: Patria eReligione. 1915-1918: religiosi e religiose italiani du-rante la Grande Guerra.

Diverse volte, in pas-sato, è stato analiz-zato il ruolo avuto daisacerdoti che hannoprestato servizio alfronte nel corso dellaPrima Guerra Mon-diale. Molto più sfu-mato è stato invece ilruolo avuto, nelcorso della GrandeGuerra, dai religiosiche non avevano ri-cevuto l’ordinazionesacerdotale, e chequindi non gode-vano dei “privilegi” ri-servati a chi potevaprestare serviziocome cappellano mi-litare. Costretti a ser-vire la Patria come

soldati a tutti gli effetti, questi uomini di fede si tro-varono di fronte a scenari del tutto inediti, costrettia imbracciare il fucile, uccidere – e, potenzialmente,uccidere persino i loro stessi confratelli. Alla guerra hanno partecipato circa 9.400 religiosiprovenienti da oltre 40 diversi ordini; 572 divenneroufficiali, 362 furono feriti, 320 caddero in battaglia,376 furono decorati. Più di 300 Fratelli delle ScuoleCristiane furono chiamati alle armi e inviati al fronte.La mostra analizza la vita quotidiana di un religiosoal fronte, soffermandosi sugli sforzi operati per con-tinuare a seguire la propria Regola in uno scenariodel tutto inedito. Interessantissime sono le indica-zioni pastorali con cui i superiori generali cercavanodi confortare i confratelli in guerra; struggenti e im-pressionanti sono le lettere e i diari scritti dai reli-giosi, come il diario di guerra composto da FratelProspero Giuliani. Nella mostra si renderà conto an-che delle tante case di religiosi adibite a uso militare:è il caso, ad esempio, dell’ospedale che, dal 1915 al1918, fu allestito nei locali dell’Istituto De Merode(si veda, a tal proposito, l’articolo a p. 36-38 di que-sto numero).L’esposizione, cui gli archivi storici lasalliani di Torinoe Roma hanno partecipato con l’invio di ampia do-cumentazione, è stata inaugurata il 3 novembre 2016;resterà aperta al pubblico fino al 5 febbraio 2017.

Curiosando in archivio

Un nuovo sito Internet dedicato alla Storia lasalliana. Da al-cuni mesi è attiva una pagina Facebook dedicata alla Storiadella nostra Congregazione in Italia. Consigliata a tutti i no-stalgici che vogliono ricordare i vecchi tempi... ma anche atutti i curiosi che vogliono scoprire piccole chicche inedite.

È opinione comune tra gli addetti ai lavori che, sesolo gli utenti sapessero quante curiosità si annidanotra le polverose carte di un archivio, gli archivi sa-rebbero luoghi molto più frequentati. E in effetti,sarebbe proprio da abbandonare la convinzioneper cui i faldoni polverosi raccolgono solo vecchiecartacce che interessano solo gli accademici. Inrealtà, a saperli leggere, gli archivi sono in gradodi restituire un’immagine vibrante, viva, vera,spesso inedita della Storia. Talvolta, anche dellaStoria più minuta (della Storia quotidiana), quellache non abbiamo mai studiato sui libri di scuo-la… e che, forse proprio per questo, ci appassionaparticolarmente.E allora, i due ar-chivi storici deiFratelli delleScuole Cristiane(nelle due sedi diRoma e di Torino)hanno pensatodi farsi conoscereper quello chesono: un piccoloricettacolo di cu-riosità, con le car-te in regola perfar appassionarechiunque. Da qualchemese, gli archivistorici dei Fratellisono presenti suFacebook: conuno spazio titola-to “Pagine di Sto-ria lasalliana”.Ogni giorno, lapagina pubblicauna fotografia d’epoca e un breve approfondi-mento su questo o quell’aspetto di Storia lasalliana.Tenendo viva la tradizione lasalliana di iniziare lelezioni con la famosa “riflessione del mattino”, lapagina pubblica anche – ogni giorno alle 7:45 –una citazione spirituale con cui dare il buongiornoai suoi lettori.Un modo come un altro per far la conoscenzadei nostri archivi… e soprattutto, per scoprirecosa e quanto possono offrirci.

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storia nostra

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Aleggere la (vasta) rassegnastampa dell’epoca, la primareazione è di garbato stupore:

ci si sente infiammare il cuore, al pen-siero dell’abnegazione con cui questigenerosi frati, sprezzando il loro in-teresse personale, si sacrificavano peril bene della madrepatria, mettendolea disposizione quei locali di cui avevacosì disperatamente bisogno…

Diamo a Cesare quel che è di Ce-sare: se la madrepatria ha bisogno dilocali, se li prende anche da sola. Nonera cosa infrequente che, in tempo diguerra, lo Stato requisisse edifici inposizione strategica, per adibirli a usomilitare. Collegi, scuole, palazzi si-gnorili erano spesso oggetto di con-fisca a scopo bellico… e così, i Fratellidelle Scuole Cristiane ‘si erano fattifurbi’.

Invece di star lì ad aspettare chel’esercito valutasse se, e quando, e aqual scopo, requisire una delle loroscuole, avevano deciso di giocare inattacco: sarebbero stati loro ad offrire,spontaneamente, uno dei loro locali.E non solo: nel dare la loro di-sponibilità, avrebbero fornitoall’esercito non solo una pian-tina dell’edificio, ma anche unprogetto coerente su come uti-lizzarlo, offrendosi persino dicoordinare le operazioni (…ov-vero: mantenendo, di fatto, ladirezione).

E infatti così fu, con un van-taggio non da poco: il fatto chel’Istituto Tecnico De Merode sitrasformasse in un ospedale perla riabilitazione dei soldati feritial fronte, fu anche occasionedi crescita e riflessione per inumerosi studenti che, in unmodo o nell’altro, si trovaronoa confrontarsi con la situa-zione.

1915: l’Italia entra in guerra…e il “DE MERODE” di Piazza di Spagna

si trasforma in un ospedaleper i soldati feriti al fronte

Ospedale “DE MERODE”per la cura del corpo e della mente

Le carte d’archivio descrivono conparticolare entusiasmo la cronaca diquei giorni così significativi. E allora,lasciamo che a raccontare questabella pagina di Storia siano gli stessiFratelli che l’hanno vissuta da prota-gonisti, così come la descrivevano al-l’epoca dei fatti: “La Direzione di Sa-nità accetta lietamente l’offerta; entroil giugno 1915 viene firmato il con-tratto con cui l’Autorità Militare si ob-bliga a fornire il personale medico, imilitari di sanità necessari all’assi-stenza tecnica, i medicinali. Il solidoedificio, pur se organicamente dispo-sto secondo le esigenze dell’insegna-mento, si rivela mirabilmente adatto

al nuovo ufficio di ospedale: i soldati,centocinquanta, saranno alloggiatinelle aule; gli ufficiali, cinquanta, al-loggeranno invece nelle stanzette deiconvittori.

I giovani, intanto, si mettono al-l’opera. Sono gli alunni dell’Istituto,che hanno rinunciato ai loro locali pervivere una vita un po’ più disagiata inun angolo del Collegio S. Giuseppe: iprofessori Guzzoni e Gualdi tengonoloro delle lezioni teorico-pratiche sulmassaggio e sulla ginnastica medica,riassumendo poi in un elegante volu-metto le nozioni anatomiche e tera-peutiche più importanti. E i primi feriti,sui primi di settembre, trovano con loro

Foto di gruppo sulla scalinata del De Merode

Lucia Graziano

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a scattare piccoli ritratti artistici.Viene allestita nella scuola una pic-cola legatoria, che si specializza nellacreazione di borse di carta per laspesa; i soldati col pallino del fai-da-te frequentano le lezioni di un mastroebanista. L’ampio giardino del De Me-rode, con affaccio sulle colline delPincio, diventa un laboratorio a cieloaperto: “molti che non potranno piùspingere il vomero nelle zolle po-tranno ben attendere alle più agevolifatiche della floricoltura; e quelli chenon potranno più seguire le rudi operedei cavalli e dei buoi, potranno certa-mente aver cura di conigli e polli”.

Là dove, fino a qualche tempoprima, facevano bella mostra di sé ro-seti e aiuole, i Fratelli impiantano ar-nie e… porcili (di cui i giornalisti del-l’epoca danno descrizioni stupefatteed esilaranti, sottolineando la straor-dinaria cura messa dall’Istituto: “Ogniporco, più pulito di molti cristiani, hala sua vasca da bagno accanto a unavera materassa di paglia, su cui posale sue pingue carni”.

Ma l’opera dei Fratelli va oltre:siamo nel 1915, e l’analfabetismo èancora una piaga che colpisce moltefasce della popolazione. Quando i Fra-

tuzione e assorbimento”.Ma non finisce qui: i Fratelli delle

Scuole Cristiane, come dice il nomestesso, sono – per l’appunto – votatiall’insegnamento… e come non ap-profittare di questa straordinaria oc-casione per mettere il loro carisma adisposizione di questa nuova, incon-sueta tipologia di… convittori?

Fratel Alessandro Alessandrini, di-rettore dell’Istituto De Merode, co-mincia a tenere discorsi settimanalicon spunti di riflessione per i soldatiricoverati, senza peraltro imporne lafrequenza. Ma l’impronta ‘lasalliana’data all’ospedale militare non si fermaqui!

Partendo dalla dolorosa, ma ovvia,considerazione che molti dei pazientisarebbero difficilmente tornati “comeprima”, i Fratelli avviano all’internodell’Istituto alcuni laboratori di av-viamento professionale. Chi, a causadelle mutilazioni subite in guerra,fosse stato costretto ad abbandonarela sua precedente professione, avrebbeavuto al De Merode la chance di im-parare un nuovo mestiere.

Si organizza un corso di dattilo-grafia; una dozzina di soldati diven-tano apprendisti fotografi, imparando

grande meraviglia dei piccoli espertimasseurs.

La meraviglia aumenta quando ve-dono che gli stessi masseurs spazzanoi corridoi, rifanno i letti, portano loro ipiatti, e raggiunge il colmo quandosanno che uno di questi masseurs è ilfiglio del generale X, e che l’altro è ilprincipe del generale Y…

Nei primi giorni giungono alla ri-fusa feriti e malati; si ottiene poi diavere solo i feriti e, in seguito – sortialtri ospedali – l’Istituto De Merode sitrasforma in un centro neurologico pertutte le neuropatie organiche. Afflui-scono perciò tutti i lesi nei nervi peri-ferici e tutti gli affetti da lesioni delcervello e della colonna.

È un po’ difficile parlare dei risultatidi un’opera che si svolge per brevetempo – in media, tre mesi - su lesioniimportanti, che colpiscono organi cosìdelicati e così difficilmente ricostrui-bili. È certo che tutti quanti i feriti, co-stretti ad abbandonare stampelle estecche come giungono al De Merode,riacquistano d’un tratto la confidenzacoi loro arti e la fiducia nella loro gua-rigione. È certo anche che molte pa-ralisi si sono risolte, e che le curehanno accelerato i processi di ricosti-

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La Regina Madre, Margherita di Savoia, visita l'Ospedale De Merode e distribuisce regali ai soldati ricoverati (23/12/1915)

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storia nostra

telli si rendono conto che molti deisoldati ricoverati non hanno mai con-seguito la licenza elementare, orga-nizzano in quattro e quattr’otto unascuola apposta per loro. Quando, nelluglio 1917, un primo gruppo di sol-dati sostiene e supera l’esame di li-cenza media, la consegna dei diplomi,nel cortile del De Merode, diventa unafesta pubblica a cui partecipano au-torità e giornalisti provenienti da ogniparte d’Italia. Del resto, come osser-vava Il Fronte Interno, “Questo è unfatto che va oltre il suo limite ed ac-quista valore di simbolo, di rieduca-zione morale che si unisce a quellamateriale”: “il ferito, più di un’esi-stenza materiale, più della mano chegli porga le bevande o gli spiani le col-tri, ha bisogno di sentirsi vicino l’assi-stenza di una anima buona che vigili

colla sua fraternità”. L’Ospedale De

Merode iniziò le sueattività nel settem-bre 1915, a pochis-simi mesi dall’en-trata in guerradell’Italia, e restò at-tivo fino a tutto il1918, salutando gliultimi pazienti conuna nostalgica, so-lenne, affettuosa fe-sta di Natale. I gior-nali dell’epocaannunciarono la

chiusura dell’Ospedale con quellapunta di malinconia di chi rimpiangeil concludersi di un’esperienzacosì positiva - e, in tal senso,ci sembra affettuosamenteelegiaca una paginetta com-posta dallo scrittore ArnaldoFratelli per il quotidiano L’IdeaNazionale: “Sono tornato alDe Merode in una delle ultimemattine dell’anno passato. […] Una vettura si portava vial’ultimo ospite, che era uno deipiù antichi dell’ospedale e cheaveva le gambe perdute.

- Ciao. Dove Vai?- A continuare le cure in

un altro ospedale. Qui si chiude. Gli si leggeva negli occhi la tri-

stezza di lasciar quel luogo cordiale[…], e si voltava a guardare, fino al-l’angolo della strada. Anche l’edificiomi parve mortificato, ora che l’ultimo

ospite se n’era an-dato via. […] Ci ri-trovavo la malinco-nia d’una spiaggiaa fine stagione,quando il ventoscuote gli scheletridei capanni e lapioggia di settem-bre ha bagnato larena che era cosìcalda di chiasso e disole. [...]

Le mura di que-sto edificio, venute

su per raccogliere la vita semplice euguale di una scuola, non avevanocerto pensato che sarebbe toccato aloro di conoscere una così complessavicenda umana. Le pareti delle came-rate avrebbero storie inesauribili daraccontare, tanta e diversa gente èpassata tra loro: gente che bisognavarimettere a contatto con la vita nor-male senza che ne risultassero scosse,o pentimenti, o disillusioni affrettate.[…] La più bella ricompensa alla faticadi tre anni si ha nel ricordo buono checentinaia di soldati d’Italia hanno deltempo trascorso al De Merode, […] tri-sti della partenza come avessero la-sciato casa loro”.

Eppure, come osservava ad aprile

1919 un giornalista de Il Paese, “Ora,le sale, le aule, i gabinetti raccolgonoi giovani intorno alle vecchie disciplineche furono e saranno la croce di tuttigli studenti (ah, quei disgraziati chedovran studiare la storia di questo pe-riodo!); e i cortili che furono la gioiadei feriti di guerra risuonano oggi digrida festose durante le ricreazioni. Èl’adolescenza, sfiorata appena dallagrande tragedia che si sta ora svol-gendo sotto forme nuove e forse piùterribili; è l’adolescenza sanamenteegoista che vuole vivere a dispetto ditutto. I giardini del Collegio e gli alberidel Pincio, a quell’adolescenza sorri-dono direi quasi rumorosamente, conbocca di primavera, immemore an-ch’essa del recente inverno trava-glioso”. ◆

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Laboratori di avviamento al lavoro

Gli studenti del Collegio si improvvisano infermieri

Terapie mediche

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didattica

Ho ricevuto un premio. Anzi no,un regalo. Un premio si merita.Un regalo è dono.

La realtà è più felice che quellasognata (La prima che vorrei apparsoin Lasalliani in Italia, settembre 2016).La classe prima della scuola san Fi-lippo Neri di Massa in cui sono mae-stro prevalente è composta di 12bambine e 7 bambini. La mattina sonoentusiasti di incontrarsi e di incon-trare me e gli altri docenti, anche sequalcuno, complice la mamma, ancorafatica a sganciarsi dalla mano rassi-curante. Prima o poi succederà. È ungruppo che è già entrato nell’elencodelle mie persone care.

Sembra una classe ”ideale” anchese non ne esistono, la classe ideale è

Alberto Castellani, Fsc

quella che ti è affidata. Si tratta ditrentotto splendidi occhi birichini cheti guardano curiosi. Probabilmente laprevalenza di bambine fa l’effettodell’olio di vasellina in una damigianadi vino o quello della panna su uncono di gelato. Rispondono in pienoalle proposte. Non sono tutti nipotidi Einstein, qualcuno prova a far sal-tare le regole del gioco, qualche altro

ha bisogno del sostegno, ma la primaimpressione è positiva: livello medio-alto. Bisognerà alzare l’asticella.

Sono perfettamente scolarizzatipur provenendo da dodici scuole del-l’infanzia diverse. Le maestre hannosvolto un buon lavoro. Rispetto aqualche tempo fa, c’è un salto di qua-lità oltre alla felice constatazione chetutti hanno frequentato la scuola ma-

PRIMI GIORNIPRIMI GIORNI

DI SCUOLADI SCUOLA

La classe ideale è quella che ti viene affidata.Con essa devi creare un feeling per educarla.

È la comunità dei piccoli che cresce all’internodella comunità dei grandi rispettosi dei propri ruoli.

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didattica

giorni, diventano simpatiche com-pagne di banco.

Con Google traduttore do voce alleparole e invito a scoprire quante a e io u sono risuonate nell’aula; poi conlettere mobili scriviamo la parola delgiorno desunta da un testo del videoo da un disegno e la si legge “più ve-loci della luce” (ape), poi “con le mani”(a-pe), quindi “come parlano i neo-nati” (a – p - e), infine di nuovo “conle mani” e finalmente “più veloci dellaluce”. Compaiono dei foglietti sulbanco, le matite tentano di scriverela parola icona. Non è poi così difficile.Metodo misto e tanto tempo “perso”con il fonematico. Intanto non c’èfretta, la coordinatrice Giuliana nonci ha imposto la letterina di Natale,neppure il dottore, anche se BabboNatale la pretende.

Si gioca a etichettare di tutto e dipiù con il gesso colorato fissato conlacca per capelli sul cartoncino: lava-gna, muro, porta, bacheca, banco, se-dia, orologio, SGB de La Salle… le pa-role diventano scritte, tutto ha unnome. Ricompensa per l’attenzioneprestata, una spruzzatina di lacca perciascuno.

Cari nonni di R. Sabatini è il primotesto poetico analizzato, arricchito didisegni, mandato a memoria, dram-matizzato e offerto in dono con ilcanto di Tu sarai di Walter Bassani ai

terna. Giovani generazioni cresconoin un’atmosfera di stimoli di ogni ge-nere, in un mondo, per certi versi, piùattento all’Infanzia, anche se si regi-strano indigeribili fenomeni negativi.

Il più… anziano degli alunni è natonel gennaio del 2010, il più giovanenel marzo del 2011, nell’insieme sem-brano più grandi di quanto dica il cer-tificato di nascita. Riescono ad ascol-tare per un tempo abbastanzasostenuto, quasi tutti sanno restarein argomento e dire la loro in un lin-guaggio abbastanza articolato e ab-bastanza ricco come la buccia dellemele non si mangia perché è piena dianticrittogamici di Loredana Pennisi,alunna di una prima di qualche de-cennio fa. Abitualmenteeseguono (bene) quanto in-dicato, sono fatalmente at-tratti dai video didattici eincantati dalle Favole al te-lefono di Gianni Rodari cheho cominciato a leggere,una al giorno, e nelle qualiriescono a rintracciare confacilità il chi, il che cosa, ildove, il quando, il come e ilperché.

Reggono tranquilla-mente alla fatica dellagiornata scolastica che ini-zia alle 8.15 e termina alle16.00 per cinque giorni lasettimana; in premio la-sciano gli zaini a scuola,

tranne il venerdì quando portanotutto a casa per mostrare a mammae papà i Bene, grandi o piccoli, chehanno meritato sui quaderni e suilibri.

Cerco di non annoiarli, anzi fac-cio del tutto per farli divertire. Cam-bio disco ogni quindici-venti minuti.Dopo la riflessione e la preghiera du-rante le quali propongo sentimentie atteggiamenti più che formule econtenuti, la parete si anima di APIche svolazzano sull’ERBA dove si na-sconde un’ISTRICE che spaventaun’OCA tra i filari dell’UVA matura.Parte la base musicale di A E I O U lalezione non so più di CristinaD’Avena e le vocali, una ogni due tre

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didattica

nonni-angeli presenti all’uscita, in oc-casione della loro festa celebrata intutto il mondo il 2 ottobre, ideatadall’americana Mc Quade, mamma di15 figli e nonna di 40 nipoti. Educa-zione del cuore.

Nell’ambito dei prerequisiti fannola loro comparsa matrioske, bottigliepiene di acqua, di farina, di carta, disassolini, di… aria, sgonfiate dell’aria(chi pesa di più?), la strega che- co-manda-i-colori, le cornicette di formee colori diversi, la carta vetrata equella patinata, le spugne e le pietre,tappi di plastica di ogni colore e gran-dezza… il tutto come aperitivo primadi scoprire i blocchi logici del Dienescon le gare in cortile a chi riesce atrovare, tra i quarantottopezzi, tutti gli spessi e giallio i non-rossi e sottili.

Preceduti da semi dizucca, castagne, conchiglie,centesimi fanno il loro so-lenne ingresso in aula i re-goli o numeri in colore chedir si voglia e… che la me-ravigliosa avventura tra inumeri abbia inizio!

Sul tavolo centrale fio-riscono ciclamini; si apronoricci di castagne; compa-iono funghi porcini e fun-ghi manine (strano mavero, sono funghi!), zucchedi Mantova, muschio, felci,foglie di ogni tipo, forma e

colore; si portano in serra le piantinedi lantana... Poi il botto finale: messaa dimora di una pianticella di ulivonel parco, in onore di san Francesco;via via la buca si riempie di terra af-ferrata con le mani e con qualche ti-more di troppo:

- Ci sporchiamo! - E poi vi lavate, alle mamme non

lo dico. La natura in presa diretta.I giorni passano veloci e felici. Lo

testimonia il calendario murale sulquale sono segnalate le stagioni, imesi, i giorni della settimana, chetempo che fa, la temperatura internaraffrontata con quella esterna. Il climacambia, le giornate si accorciano, il

tempo scorre, noi cresciamo… e icompleanni festeggiati in aula sonolì a confermarlo.

Racconto il tutto ai genitori indue assemblee, ispirato dalla filosofiadella Scuola di Barbiana: “La scuolaè un concentrato di esperienze, unagrande avventura che può essere vis-suta come se fosse: un viaggio, un li-bro da scrivere insieme, uno spetta-colo teatrale, un orto da coltivare, unsogno da colorare…” nel rispetto del-l’Infanzia che non è un tempo dicompetizione tra piccoli (o tragrandi), ma attesa fiduciosa e rispet-tosa dei tempi di ogni alunno, affa-scinato dal piacere della scoperta diciò che è bello, buono, vero per dirlacon papa Francesco.

Insomma una comunità di piccoli– la classe - che cresce all’interno diuna comunità di grandi – i genitori, inonni, i docenti – presenti, collabo-rativi, rispettosi dei ruoli, contrari afirmare cambiali in bianco sull’edu-cazione e la formazione dei loro figli.

Tra alcuni mesi, quando forse qual-cuno avrà letto queste righe, saremoa Natale, alla fine del primo trimestre.Sono fiducioso che il dono di unaclasse che in fase di avvio sembra es-sere di là da ogni più rosea attesa,sarà diventato dono immenso pertutti: i docenti, i genitori, le bambinee i bambini stessi, soprattutto. ◆

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temi educativi

Guido Orsi

IL SISMA DELL’ANIMA

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Un sisma non è solo uno scossoneal territorio e agli edifici,è soprattutto un profondo turbamento dell’animadelle persone che vanno tutelate.

I l terremoto dello scorso 24 agostoche ha colpito il centro-Italia, ol-tre all’immensa tragicità legata

alla perdita di vite umane, ripresentaper l’ennesima volta l’eterno dualismotra prevenzione e ricostruzione comefasi che rispettivamente precedono eseguono l’evento disastroso.

Tali fasi, in genere, sono tra esseinversamente proporzionali per cuiquanto più s’investe nella prima tantomeno sarà necessario investire nellaseconda, senza parlare della notevoleriduzione del numero delle vittime edei traumi psico-fisici conseguenti.

Ma questi sono solo gli aspetti fi-sici e biologici del fenomeno accantoai quali troviamo immancabilmenteanche quelli psico-sociali che, guardacaso, rispecchiano esattamente lostesso dualismo sopra citato.

Ciò che non facciamo in ambitopsicologico per accrescere la nostraresilienza (vedi Lasalliani in Italia n.42) e per prevenire eventuali traumi,diventa solo una piccola parte dellosforzo da compiere per gestire gli im-patti psicologici che rappresentanosempre delle cicatrici indelebili.

Pensiamo, ad esempio, a un feno-meno molto frequente in questi casi,rappresentato dall’insorgenza in di-verse persone del cosiddetto disturbopost-traumatico da stress ossia un di-sagio psicologico permanente causatoproprio dall’evento calamitoso.

Questo genera problemi impor-tanti sul funzionamento dell’individuocome disturbi del sonno, sentimentidi angoscia, appiattimento affettivo,iper-vigilanza e altri sintomi che ora,

per ragioni di spazio, non possiamoapprofondire.

Da qui il famoso detto “prevenireè meglio che curare”.

Ma partiamo dall’analisi della pre-venzione per fare qualche approfon-dimento che ci aiuterà a capire questoconcetto.

Nella Psicologia delle Emergenze,disciplina che si occupa dei processie delle dinamiche psicologiche cheintervengono nei momenti di crisi e

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di grandi disastri, si parla spesso diprevenzione come preparazione dellepopolazioni a fronteggiare potenzialieventi catastrofici o calamità naturalicome sismi, alluvioni, contaminazioni,invasioni, ecc.

Un esempio di eccellenza nellaprevenzione è rappresentato dal Giap-pone che, come è noto, combatte dasempre con il fenomeno sismico e contutti gli eventi ad esso correlati (veditsunami 2011).

Tutta la popolazione giapponeseviene formata, fin dalla scuola prima-ria, a capire e fronteggiare le calamitànaturali sia da un punto di vista fisicoche psicologico.

Convivere con una minaccia co-stante, che spesso porta vittimee distruzione, è possibile ma apatto che le persone venganopreparate in anticipo per poiessere sostenute nel momentodel bisogno.

La coesione sociale e ilsenso di cooperazione civicasono elementi fondamentaliper vivere in simili contesti,dove solo una rete integrata traistituzioni, enti dedicati e po-polazione può garantire unadeguato livello di qualità dellavita.

Per chi non lo sapesse, iltanto inflazionato termine “so-cial network” (rete sociale)usato nell’era digitale per evi-denziare applicazioni che connettonoin chat milioni di individui, nasce de-cine di anni fa nell’ambito della Psi-cologia di Comunità per indicarequell’insieme di risorse umane e so-ciali a cui le persone o le popolazionipossono attingere in caso di calamità.

Accanto alla preparazione preven-tiva e alla rete sociale, troviamo unaserie di processi e strumenti materialiche aiutano a gestire il fenomeno ca-lamitoso nel momento che irrompecon la sua violenza.

Parliamo di sistemi di segnalazioneacustico-visivi, di kit di primo soc-corso, di gruppi specializzati, di in-terventi multidisciplinari che vanno

dalla messa in sicurezza delle personee degli edifici fino al ripristino di unprimo livello di operatività che attenuil’effetto psicologico del trauma.

In sostanza, si tratta di pianificareper tempo tutte le azioni mirate acontenere le possibili conseguenze os-servate nel corso degli eventi prece-denti, affinché nel momento del di-sastro si sia quanto più possibilepreparati a gestire gli impatti ridu-cendo il cosiddetto “effetto sorpresa”.

Come si usa dire in ambito mana-geriale: “Chi fallisce nella pianifica-zione, pianifica il fallimento”.

Ma veniamo ora ad analizzare ilsecondo aspetto citato nella premessaossia la ricostruzione.

Partiamo dalla premessa che in uninsieme di persone, che vivono o col-laborano tra loro, si genera facilmentequello che si chiama lo “spirito” digruppo; è come se tale insieme, unavolta consolidato e coeso, diventasseun’entità sovraordinata dotata di unasua personalità/identità e di una suaanima.

Oggi se ne parla tanto proprio per-ché si è capito, finalmente, che l’iden-tità di una comunità, di una frazione,di un paese o di una città non puòprescindere dai luoghi in cui questihanno avuto origine per cui una de-localizzazione in posti più sicuri com-porterebbe inevitabilmente una messa

in discussione della stessa identità deiloro abitanti.

Se pensiamo solo per un attimo alfatto che pochi secondi possono si-gnificare una ferita indelebile in mi-gliaia di persone, ci rendiamo contoche il fenomeno non può essere trat-tato con l’attenzione mediatica di po-che settimane per poi essere dimen-ticato progressivamente negli annisuccessivi in cui tale identità rischiadi sparire definitivamente.

Purtroppo l’esperienza di decine dieventi disastrosi accaduti in Italia(solo nell’ultimo secolo…) ci insegnache l’insieme di aiuti iniziali, sia ditipo materiale che psicologico, spessoè addirittura sovradimensionato ri-

spetto alle reali necessità del mo-mento.

Viceversa, quando finisce la fasedi stordimento iniziale, subito dopocomincia la presa di coscienza diquanti tipi di perdite si nascondonodietro simili eventi; ogni perdita, comesappiamo, genera inevitabilmente unlutto che purtroppo si va ad aggiun-gere a quelli legati alla perdita di viteumane.

Proprio la Psicologia delle Emer-genze identifica quattro fasi distinteche percorrono longitudinalmentel’evento disastroso e le vite dei so-pravvissuti:1. fase eroica (ore/giorni post-

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temi educativi

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evento): è quella immediatamentesuccessiva all’evento in cui i superstitisi prodigano oltre ogni limite umanoper garantire la propria e l’altrui so-pravvivenza e incolumità;2. fase della luna di miele (da 1 set-timana a 2 anni post-evento): è quellain cui le persone sentono la necessitàdi costituirsi in una nuova comunitàche guardi il più possibile a ristabiliredelle condizioni di vita accettabili evicine alla precedente normalità for-temente compromessa dal disastro;3. fase della disillusione (da 2 mesi a2 anni post-evento ‘89): in questafase, a causa del perdurare della si-tuazione di precarietà, scompare pro-gressivamente l’aspettativa che talenormalità possa ristabilirsi lasciandoil posto ad un sentimento di angosciae di rassegnazione che “nulla più saràcome prima”;4. fase della ricostruzione (da 2 annipost-evento in poi): inizia la fase diaccettazione della nuova situazionecon l’attenzione più rivolta all’oppor-tunità di rinascita che al ricordo dellasituazione antecedente il disastro.

È utile aggiungere che le popola-zioni colpite vanno aiutate, anche se

con modalità differenti, in ciascunadi queste fasi accompagnando le varietransizioni in modo sostenibile per lacomunità, ma al tempo stesso rispet-toso delle dinamiche individuali legateall’elaborazione del trauma.

Come si accennava in precedenzaè molto comune il fatto che nelleprime due fasi ci sia una forte solida-rietà e vicinanza da parte di numeroseistituzioni e associazioni spontaneefinalizzate all’erogazione degli aiutiprimari.

Viceversa la fase più critica è pro-prio quella della disillusione in quantospesso genera un’involuzione psico-logica progressiva che mette a rischiola tenuta di tutta la nuova comunitàe le sue prospettive di rinascita in uncontesto rinnovato.

In questa fase è fondamentale chetutta la popolazione a livello nazio-nale sia consapevole che quell’angolodel paese dove spesso la gente si re-cava per vacanza o per gite domeni-cali, rischia di scomparire per semprese non si lavora tutti insieme per farlorinascere come e, perché no, megliodi prima.

L’alternativa a ciò è il rischio di un

consumismo selvaggio che travolge lepersone, la cultura, le tradizioni etutto quanto ci circonda che forma ilnostro patrimonio più importante.

È come se venendo a Roma nontrovassimo più il Colosseo e quindidecidessimo di cambiare meta soloperché, sparita una delle maggiori at-trazioni caratterizzanti del luogo, cene occorrerebbe subito un’altra.

Avere uno splendido territorio davisitare e utilizzare per il nostro be-nessere, non significa solo poterne di-sporre, ma anche impegnarsi a tute-larlo e mantenerlo.

Quanti posti in Italia ci hannoemozionato subito a prima vista?

L’emozione è un moto dell’animaper cui è come se ogni luogo che cicolpisce avesse a sua volta un’animacon cui ci mettiamo in risonanza emo-zionale.

Il sisma quindi non è solo unoscossone a un territorio e a degliedifici, ma è soprattutto un pro-fondo turbamento dell’anima di per-sone e luoghi che vanno tutelati,aiutati e conservati per come eranoe non per come ci fa comodo gestirlia posteriori. ◆

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l’ultima campanella

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Della cittadina lacu-stre di Capodimonte,che si riflette nellelimpide acque dellago di Bolsena, Elioha assimilato la dol-

cezza e l’animo poetico. La lasciò a dodici anni, nel1932, per entrare all’aspirantato dei Fratelli delleScuole Cristiane e iniziare il suo cammino di for-mazione che l’avrebbe condotto ad abbracciare lavita religiosa di Fratello educatore. Dotato di una particolare sensibilità, negli annidella maturità e della vecchiaia, ha colto ogni oc-casione per esprimere con la poesia i suoi senti-menti di gratitudine, di gioia, di amicizia, distupore per le cose belle che viveva giorno dopogiorno e che il Signore gli concedeva. Ha inteso so-lennizzare momenti di vita comunitaria, raduni,compleanni, onomastici, ricorrenze giubilari, maanche l’incanto di un bel paesaggio. Era il suomodo di esprimere l‘affetto e la stima nei confrontidei suoi confratelli, il forte attaccamento al suo Isti-tuto e la gratitudine a Dio che gli donava genero-samente tanti momenti di serenità. Lo ricordavaanche il Visitatore Fratel Achille Buccella nel darglil’estremo saluto durante il funerale: “In Fratel Elioho visto un uomo amante del mondo che lo cir-conda e del bello. Con i suoi scritti voleva esaltarela bellezza e l’amore per gli altri. In ogni festa e oc-casione particolare desiderava scriverequalcosa per il festeggiato o la festività.Ho letto sempre questo suo desiderio eimpegno come un atteggiamento di ri-conoscimento e lode per l’amore che locircondava”. Le sue fonti ispiratricierano, in genere, l’anno liturgico, la pa-rola di Dio, la tradizione lasalliana, maanche il ricordo per il suo paese natio,la sua famiglia e tanti momenti di vita,come recita il titolo di una sua raccoltadi poesie. Il regalo più bello che si po-teva fare a Fratel Elio era una parola diapprezzamento e di gratitudine perquanto aveva cercato di esprimere conla sua lirica. E lui, pur schernendosi, macon il cuore colmo di gioia, declamava:

Ho visto fiori,caro amico,

uscir dalle tue labbrae volteggiar festosi,mentre tu proferivi

quel ‘grazie’ gentile.Il suon della tua voce

modulato sì benem’è giunto gradito,quasi motivo dolce

d’un canto a me noto.Nel mio cuor soprattutto

vaghi fiori son nati,quante nel mondo sono le persone

che un amore sincero in cambio dannoa chi fu generoso.

Ad esse corre tutto il mio pensiero:ed altro allor non vedo che giardini

fiorire nell’incantod’eterna primavera.

(Elio Prosperini, Grazie, agosto 1992)

Non tutti giudicavano degni della musa i suoicomponimenti, ma a Elio quei versi risuonavanonell’animo come una dolce melodia, anche se liproclamava con tanta modestia, quasi vergognan-dosi. Certamente le sue composizioni di circo-stanza grondano di tanta retorica e pocaispirazione, risultano più una prosa ritmica che

Una persona delicata e sensibile: Fratel ELIO PROSPERINICapodimonte (VT) 13/05/1920 - Roma 11/09/2016

Fratel Elio mentre declama una poesia durante una festa

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una poesia, maquelle più intime e fami-liari conservano la fre-schezza e la dolcezza deitorrenti di montagna edelle pratoline appenasbocciate. Era chiaro chenel proporre la sua com-posizione Fratel Elio nonera spinto dalla vanità eneppure dalla presun-zione di essere un grandepoeta, ma semplicementedal desiderio di ralle-grare i confratelli. Nonfacendolo, gli sarebbesembrato di aver man-cato a un suo dovere e dinon aver dato il giustoapporto alla festa. Co-munque sia, anche senon ne faceva mai cenno,nel suo palmares potevavantare diversi premi letterari, tra cui il PremioMarco Aurelio per la poesia. Ma tra le beneme-renze di Fratel Elio è anche doveroso ricordare lacollaborazione che diede, insieme a Fratel Italo Ca-rugno, alla traduzione e versione metrica dei Cantireligiosi di Jean-Baptiste de La Salle, uno dei vo-lumi che fa parte dell’Opera Omnia curata da Fra-tel Serafino Barbaglia.Fratel Elio, dopo la formazione iniziale trascorsa traAlbano Laziale e Torre del Greco, avvenuta dal 1932al 1939, ha svolto il suo apostolato come insegnantein diverse istituzioni lasalliane, quali il Mastai diRoma in due riprese, per complessivi undici anni,l’Istituto Bartolo Longo di Pompei, il San Luigi di

Acireale, il Leonardo daVinci di Catania, il Colle-gio La Salle di Bene-vento, il Pio XII di Roma;infine, negli anni di ri-poso, presso la Scuola LaSalle di Roma, quindinella comunità dellaSacra Famiglia del Colle.Il direttore Fratel BartoloParisi che è stato suo pre-side all’Istituto Pio XII,ha dichiarato: “Era am-mirevole per l’impegnoscrupoloso che mettevanel preparare le lezioniquotidiane e lo zelo concui esercitava il suo mi-nistero educativo se-guendo i suoi alunni concostanza e dedizione sia

durante le lezioni sia al difuori delle aule scolasti-

che. In certi casi la sua attenzione poteva sembrareun po’ eccessiva ma i suoi alunni la accettavano per-ché era il suo modo di mostrare il suo affetto perloro. Mi fu impossibile convincerlo a ridurre il suocarico di lavoro, come richiedeva la sua età non piùgiovanile. Un giorno venne a portarmi un libro disue poesie mettendomi al corrente dei riconosci-menti ufficiali avuti per aver partecipato ad alcunicertami poetici e per chiedermi il permesso di conti-nuare a farlo. Coglieva tutte le occasioni per mani-festare ai confratelli e agli amici le sue attenzionipoetiche. Il suo animo delicato e sensibile si manife-stava anche nella cura e nell’attenzione verso gli ani-mali e verso le piante del giardino”.

La delicatezza e la sensibilità di FratelElio erano qualità che si rivelavanonella ferialità e nello scorrere dellegiornate apparentemente sempreuguali, nel vivere la sua consacra-zione, con la consapevolezza dei suoilimiti, connaturali a ogni uomo (ungranello di sabbia/ son io,/ che il pas-segger calpesta/ e il vento sperde. /Son lo stelo appassito/in terra riarsa,/che implora al ciel lontano/ la sospi-rata pioggia…)1, ma anche con la fidu-cia che c’è un Dio, Padre amorevole emisericordioso.

l’ultima campanella

In gita scolastica con la classe

Con il vescovo Cesare Nosiglia per l’assegnazionedi una benemerenza della FIDAE

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1 Elio Prosperini, Tristezza, da Momenti di vita, Roma1994

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l’ultima campanella

La sua attitudine all’ascolto e all’interpretazionedei sentimenti più profondi ci rinvia all’idea diaver voluto stabilire un contatto con l’altro, nel ten-tativo di capire per accogliere, di incontrare ogniuomo per avviare con lui un dialogo autentico, inuna fusione di orizzonti e di aspettative, resa pos-sibile dal reciproco ascolto, nel silenzio. E nella quiete della casa di riposo del Colle La Salleha trascorso gli ultimi dodici anni della sua vitasempre animato da tanti interessi (l’ultima voltache l’ho visto, pochi giorni prima di morire, era in-tento a leggere e a sottolineare la pagina culturale

di un giornale), finché una domenica mattina, eral’undici settembre, serenamente “… ecco final-mente/la sospirata meta./ Eppure, mio malgrado,malinconia mi prende,/ e un desiderio strano/ dipresto ritornare ai quieti lidi/ acuisce nel cuore/ lanoia logorante dell’attesa./ Sembra la vitaumana,/ un flusso inarrestabile di mare,/ un an-dare e tornare/ sull’onda del mistero./ E infinl’estremo passo/ e il mesto addio”2.

Mario Chiarapini, Fsc

Da bambino ha fre-quentato la scuola ele-mentare comunaledel paese natio, di-retta dai Fratelli delleScuole Cristiane ed èlì e per il loro esempioche è sbocciato il desi-derio di seguire la vitareligiosa e la missione

educativa. Il 25 agosto del 1945 entrò dunque alPiccolo Noviziato dei Fratelli delle Scuole Cristianeche, a causa dei danni provocati dal bombarda-mento della casa di Albano Laziale, era stato tra-sferito temporaneamente a Roma presso la casaGeneralizia. Dopo un anno, Giulio e i suoi compa-gni di avventura continuarono la loro formazionepresso il collegio Sant’Arcangelo di Fano, per solicinque mesi, quindi finalmente ad Albano Lazialeresa, nel frattempo, nuovamente abitabile. Il 14 ot-tobre 1948 Giulio si recò a Torre del Greco per il Po-stulantato e per il Noviziato e, il giorno dellaVestizione religiosa, insieme alla livrea dei Fratelliassunse il nome di Fratel Vincenzo. L’anno di No-viziato lo concluse con l’emissione dei primi votireligiosi che, pur essendo annuali, furono sentitidal suo cuore generoso come una definitiva consa-crazione al Signore, ratificata di lì a qualche annocon la Professione perpetua il 25 agosto del 1958.Il giovane Fratel Vincenzo iniziò la sua attività apo-stolica a Napoli come insegnante di scuola elemen-tare dove restò per tre anni dal 1951 al 1954.

Seguirono: un anno all’Istituto Bartolo Longo diPompei, due anni come formatore al Piccolo Novi-ziato di Santa Venerina, in Sicilia, e tre anni (dal1957 al 1960) all’Istituto San Luigi di Acireale. Du-rante gli anni passati in Sicilia, come studente la-voratore, frequentò l’Università di Catania pressola quale conseguì la laurea in Materie Letterarie.Nell’anno 1960/61 insegnò nella Scuola Media del-l’Istituto Pio XII di Roma. Dal 1961 al 1963 venneinviato in Sardegna, a Olzai, di nuovo in qualità diformatore al Piccolo Noviziato, e col ruolo di inse-gnante nella Scuola Media statale annessa alla casadi formazione. Dal 1963 al 1965 fu insegnante diLettere alla Scuola Media e al Liceo scientifico delCollegio Sant’Arcangelo di Fano. Nel settembre del1965, concluse questo cammino piuttosto movi-mentato, durato 24 anni, approdando all’IstitutoPio XII di Roma, in via Casilina, dove rimase per26 anni come docente di Lettere al Liceo Scientifico.Schiere di confratelli, colleghi, alunni e famigliaridegli alunni lo ricordano ancora con affetto, sim-patia e ammirazione per la sua competenza, per lasua generosità e per l’entusiasmo con cui svolgevaogni incombenza. Né si può dimenticare quanto siaccalorasse, per usare un eufemismo, al seguitodella sua squadra di calcio in occasione di torneiinterni ed esterni all’istituto e specialmente in oc-casione dei Giochi Lasalliani. Ma la foga che met-teva nel sostenere i suoi ragazzi nel campo sportivoha radici antiche, come ricorda un suo coetaneo:“Che Fratel Vincenzo fosse un tipo generoso e fa-cile all’entusiasmo non è un mistero, ma negli anni

Un uomo buono e volitivo: Fratel VINCENZO (Giulio) MENICHELLIBolsena (Vt) 01/01/1933 - Roma 19/10/2016

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1 Elio Prosperini, Partire, ibidem

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l’ultima campanella

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giovanili si accompagnò, a questa notazione carat-teriale, un fervore agonistico convertitosi, poi, inpassione per il successo delle squadre da lui ac-compagnate ai Giochi Lasalliani. In tal modo, con-sapevole o meno, lui si riappropriava di attitudinibiografiche, che vorrei recuperare con due flash.Nel 1950 Vincenzo stava allo scolasticato di Torredel Greco e il direttore era un giovanissimo FratelTeobaldo, amante dell’arte e dello sport; egli riuscì

a ottenere uno spazio in quell’ampia masseria, su-bito trasformato in rustico campo di calcio; perinaugurarlo ci fu uno scontro ‘stracittadino’ con latemibile squadra dei Fratelli pompeiani, i quali (in-credibile dictu!) furono sconfitti con un goal di Teo-baldo e una deflagrante rasoiata di Vincenzo.Sempre in quel torno di anni si andava a Padernoper il Lasallianum (un lungo stage di aggiorna-mento didattico-religioso) al quale parteciparono igiovani Fratelli del nord e quelli del sud; i pro-grammi comportavano anche varie discipline spor-tive, tra cui le gare in vasca. Ricordo che noi delsud collezionammo un record di disfatte da stordi-mento, e riuscimmo a minimizzare i danni solonella staffetta in piscina, proprio grazie alle frazionida pesce… siluro di Vincenzo, che in quel modotornava a essere quel ragazzo vivacissimo e sba-razzino, abituato a contendere ai compagni le vit-torie nelle acque del nativo lago di Bolsena” (Fr.Remo L. Guidi).Nel settembre del 1991, venendo incontro a un suodesiderio di ulteriore formazione personale, i Supe-riori lo inviarono al CIL (Centro Internazionale La-salliano) presso la Casa Generalizia per un corso diaggiornamento della durata di tre mesi e, al termine,come aiuto al Direttore del Postulantato a Castel-gandolfo. Col nuovo anno scolastico fu inviato al-l’Istituto Pio IX di Roma dove restò dal 1992 al 1997come insegnante di lettere alla Scuola Media e alLiceo Scientifico. In quegli anni continuò ad appro-

In udienza dal Papa Giovanni Paolo II

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l’ultima campanella

fondire la sua formazione spirituale e teologicapresso l’Università Gregoriana di Roma conse-guendo anche la Laurea in Magistero di Scienze Re-ligiose nel giugno 1996 e il Diploma di Post-Masterdi Specializzazione nel giugno del 1999. Dal 1997 al2008 fece parte della Comunità della Casa Genera-lizia con le mansioni di infermiere e sacrista, incaricoche ha espletato con disponibilità, impegno e com-petenza manifestando molta sensibilità nella curadelle persone e delle cose di Dio. Dopo questo pe-riodo, fu di nuovo nella comunità dell’Istituto PioIX rendendosi utile in diversi servizi. Nel 2010, ag-gravatisi le sue condizioni di salute, dopo tre mesidi riabilitazione a causa di un ictus, il 27 febbraio del2011, fu portato nella comunità della Sacra Famigliadel Colle La Salle. Il 29 settembre del 2016, ricove-rato all’ospedale San Camillo per una brutta caduta,per la quale fu operato. Aspettando di essere di-messo, il 19 ottobre ebbe un arresto cardiocircolato-rio che gli ha causato la morte.Coloro che hanno conosciuto Fratel Vincenzo con-cordano nel ritenerlo un uomo buono, socievole ecordiale con tutti; di molteplici interessi e pronto adialogare su qualsiasi argomento; ma anche unapersona dal carattere forte e volitivo capace di su-perare tutte le barriere che il suo male gli provo-

cava; un educatore zelante, attento alle necessità diciascuno, senza mai risparmiarsi pur di raggiun-gere i suoi obiettivi; un religioso di grande fede, digrande devozione e di costante fedeltà agli impe-gni presi con la Consacrazione religiosa.Anche Fratel Osvaldo Tafaro ribadisce questiaspetti della figura di Fratel Vincenzo: “Era un con-vinto e perseverante assertore dell'amore di Dio che loaveva scelto, fin da ragazzo, quando frequentava lascuola elementare diretta dai Fratelli delle Scuole Cri-stiane nella sua natia e diletta Bolsena. Nel suo rapportocon Dio, era rimasto evangelicamente un "fanciullo"anche a dispetto della sua imponenza fisica. Si è fattoammirare come docente colto, disponibile, sempre prontoa venire incontro ai suoi alunni, disposti, a loro volta, aperdonargli qualche "scatto" di impazienza, dovuta allafoga della sua generosità. Ma Fratel Vincenzo avevaanche capito che i campi sportivi sono aule all'ariaaperta, perché lo sport contribuisce alla crescita integraledegli alunni. Anche in questo settore comunque è stato"passionale" come il suo carattere: non voleva mai per-dere! Ma poi sapeva anche dire ai suoi atleti che l'im-portante era impegnarsi e che nello sport, come nellavita, si può vincere e bisogna saper accettare anche lasconfitta per essere pronti a rialzarsi".

Bartolo Parisi, Fsc

Una persona semplice e mite: CARLO LEGGERI, affiliatoRoma 12/09/1924 - 08/03/2016

È stato un Signum Fidei della prima ora, insieme a Paolo Pantanetti e apochi altri, anche lui ex-alunno del Collegio San Giuseppe-De Merode. Èrimasto sempre molto legato e affezionato ai Fratelli, condividendo, comeuno di famiglia, momenti di preghiera, di lavoro e di festa, tanto da ricevereimportanti riconoscimenti, quali l’Affiliazione all’Istituto e la Stella d’oroal merito lasalliano.Per diversi anni ha svolto il servizio divolontario presso l’Angelo Mai, quandoper dodici anni è stato centro di acco-glienza e scuola per Immigrati, luogo cheraggiungeva sempre in bicicletta, unavecchia bici alla quale era molto legato. In occasione di incontri e di ritiri spiri-tuali, anche in qualità per un periodo dicoordinatore provinciale dei Signum

Fidei, con i suoi interventi pacati e dettati da saggezza evangelica, era in gradodi creare sempre serenità e comunione nel gruppo. Persona schiva, semplicee molto umile, generosa nel lavoro, zelante nell’apostolato.Il Signum Fidei Armando Piaggesi lo ricorda come “un uomo solido nellafede, capace di comunicarla agli altri nella carità; sempre impegnato a viverecome Signum Fidei il suo stile di vita”.

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Carlo Leggeri con il Superiore GeneraleFr. John Johnston per l’affiliazione

Carlo Leggeri con il Visitatore Fr. Mario Presciuttini

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Come mai in un’epoca caratterizzata dalla proliferazione dei mezzi di co-municazione, la reciproca comprensione è più difficile? Come mai ci osti-niamo a credere che il presente si riduca alla novità e che la novità siidentifichi con la verità? Come mai le parole di Lucrezio sull’universo, diCicerone sulla politica, di Seneca sull’uomo colpiscono la mente e curanol’anima più e meglio dei trattati specialistici? Ivano Dionigi, latinista, giàrettore dell’Università di Bologna, con Il presente non basta affronta talidomande volgendo lo sguardo alla lingua che l’Europa ha parlato inin-terrottamente per secoli, attraverso la politica, la religione, la scienza. Illatino evoca un lascito non solo storico, culturale e linguistico ma anchesimbolico: si scrive “latino”, ma si legge “italiano, storia, filosofia, saperescientifico e umanistico, tradizione e ricchezza culturale”. Non è un re-perto archeologico, uno status symbol o un mestiere per sopravvissuti; èil tramite che - oltre Roma - ci collega a Gerusalemme e ad Atene, l’ere-dità che ci possiamo spartire, la memoria che ci allunga la vita. È un’an-tenna che ci aiuta a captare tre dimensioni ed esperienze fondamentali:il primato della parola, la centralità del tempo, la nobiltà della politica.Come mater certa, anzi certissima dell’italiano, il latino - lingua mortaeppure resistente nell’uso comune, dal lessico economico a quello poli-tico, medico e mediatico - ci restituisce il volto autentico delle parole.

Rosa, rosae, rosae…

Ivano Dionigi

Il presente non bastaLa lezione del latino

Mondadori 2016, pp.112Euro 16,00

Consigli per la letturaa cura di Alberto Tornatora

Rileggere la Grande Guerra

Maurizio Dossena - Ivo Musajo Somma

L’utile ideologicodell’inutile strage

Edizioni Ellade 2015, pp. 188Euro 12,00

La vita è un immenso oceano che ci contiene e ci scuote con il continuomovimento delle sue onde, sempre inafferrabile, impossibile da fissare.Ma da dove viene, e quale logica la muove? Vito Mancuso risale alle ori-gini della nascita e dell’evoluzione di questa vita sulla Terra, proponendouna visione della natura che non procede solo per mutazioni casuali eper egoistiche selezioni competitive, ma è soprattutto il frutto di unacontinua armoniosa aggregazione il cui senso intrinseco è il bene. Daquesta visione «drammaticamente ottimista» in cui la nostra esistenzapuò sussistere solo in relazione con quella degli altri viventi, Mancuso re-cupera magistralmente la possibilità di una rinnovata analogia tra uomoe mondo. Ne nasce un’etica della nutrizione e dell’ecologia capace di pu-rificare il nostro corpo, meglio proteggere e custodire il pianeta, offrircicriteri per un consapevole esercizio della libertà. In questa prospettiva ilvalore di un essere umano non dipende da ciò che ha o che sa, ma daquanto riesce a mettersi al servizio di qualcosa di più grande di sé: dallasua capacità di aprirsi all’altro, di abbracciare, di amare. È la nuova visionedel mondo di cui questa vita ha urgente bisogno per tornare a fiorire.

Il senso dell’esistenza

Vito Mancuso

Questa vita

Garzanti 2016, pp.144Euro 10,00

“Pietà mi giunse, e fui quasi smarrito”. La pena e il turbamento che as-salgono Dante davanti all’apparizione infernale degli amanti, dannati ineterno, pulsano in ogni moto di compassione. Al cospetto del dolore al-trui, si instaura una prossimità che è risonanza empatica, percezione - ecognizione della comune appartenenza al fragile dominio del senziente,umano e animale. Sono lampi di fraternità di cui la letteratura universalerestituisce il più sottile riverbero, o compianti ai quali le arti figurativeprestano gesti e posture. Ma sulla natura virtuosa del “com-patire” nontutti concordano. Eccepiscono perlopiù i filosofi, insospettiti dal compia-cimento della misericordia, o inclini a catalogarla tra le passioni deboli,oppure persuasi che certe forme di magnanimità caritatevole si riducanoa surrogati ipocriti della giustizia sociale. Della compassione AntonioPrete segue i tragitti diretti e obliqui, esplora le ambiguità, rilegge le mi-tografie, in un saggio che è una vera e propria perizia di questo senti-mento, condotta con l’infinita discrezione di chi sa lasciare la parola agliautori che studia da una vita, Baudelaire e Leopardi, accordandola ma-gnificamente alla sinfonia delle altre voci.

Vivere la misericordia

Antonio Prete

CompassioneStoria di un sentimento

Bollati Boringhieri 2013, pp. 189 Euro 17,00

ATTI del CONVEGNO di STUDI dello stesso titolo a cura della GebetsligaCarlo d’Asburgo – Delegazione di Piacenza, 2014

La presente raccolta di atti costituisce il primo prodotto permanente dellaDelegazione piacentina della Gebetsliga (Unione di preghiera BeatoCarlo d’Asburgo per la pace e la fratellanza tra i popoli) ed è attinentealle comunicazioni scientifiche tenute in occasione di quello che ha, a suavolta, costituito il primo evento convegnistico, in assoluto, a Piacenzasulla Prima Guerra Mondiale nel secolo anniversario (2014-2018). Un con-tributo che può rivelarsi utile sia per gli studiosi dell’argomento, sia perle persone di scuola desiderose di un tratto alternativo al tema dellaGrande Guerra rispetto ai cliché spesso caratteristici dei libri di testo. S’in-tende che tale tipo di approccio si diversifica da altri di carattere descrit-tivo, rievocativo, celebrativo o tecnicamente legati a taluni aspetti (adesempio, la storia militare), senza certamente porsi in alternativa a questiné, tanto meno, in contrapposizione, ma presentandosi come una neces-saria lettura completiva, ponendo solo i pur necessari paletti di chiari-mento su inevitabili questioni di carattere concettuale, ma, comunque,in uno spirito di armonia e riconciliazione quale caratteristico della “Ge-betsliga Carlo d’Asburgo per la pace e la concordia fra i popoli”.

in libreria

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Rivista trimestrale della Provincia Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane Organo di stampa dei Lasalliani: Fratelli, Amici, Docenti, Alunni, Ex-alunnihttp://www.Lasalleitalia.net

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