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Il Libro Prigioniero

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Il Libro Prigioniero

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Progetto editoriale: Marcella Drago, Alice Fornasetti, Chiara PulliciProgetto grafico: Laura Zuccotti

I Edizione 2007

© 2007 - EDIZIONI PIEMME Spa15033 Casale Monferrato (AL) - Via G. del Carretto, 10Tel. 0142/3361 - Telefax 0142/74223www.edizpiemme.it

Stampato in Cina da Leopaper Products

È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di questo libro, cosìcome l’inserimento in circuiti informatici, la trasmissione sotto qualsiasi for-ma e con qualunque mezzo elettronico, meccanico, attraverso fotocopie, regi-strazione o altri metodi, senza il permesso scritto dei titolari del copyright.

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Miki Monticelli

Il Libro Prigioniero

Illustrazioni di

Silvia Fusetti

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Legno e Argento

Alcuni Insoliti Eventi - Cornelia e Corrado L’Inseguimento - Bagliori

l signor Gaspari emise un profondo so-spiro. Un anello di fumo grigio verdo-gnolo piroettò intorno alla sua testa, salìgalleggiando tra le strette pareti del Vi-colo delle Panche e si dissolse versoPiazza dell’Armeria, dove il vento faceva

cigolare l’antiquata insegna metallica della Lan-terna Verde.

Il signor Gaspari era un uomo alto, sulla set-tantina, un po’ curvo, magro come un chiodo econ due foltissime sopracciglia disordinate, simi-li a cespugli di ginestre. Come lui stesso avevasempre dichiarato con orgoglio, aveva due solivizi: fumare il sigaro, ragione per cui discuteva

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sempre con sua moglie, e mangiare dolci, ragione percui riteneva d’essere nel giusto quando dichiarava chela Lanterna Verde era la miglior pasticceria della città.

Quel giorno, mentre già cominciava a fiutare il deli-zioso profumo del negozio, lo schianto di un fulminelo fece sobbalzare. E sì che gli era parso che fosse unabella giornata, quando era uscito di casa! Guardò in al-to e la striscia azzurra del cielo gli restituì lo sguardo.

Il signor Gaspari borbottò, scuotendo la testa: – Que-sta poi!

Un istante dopo era già sprofondato di nuovo neisuoi pensieri tempestati di millefoglie, crostate alla frut-ta, biscotti e pasticcini d’ogni tipo. Soffiò un altro anel-lo di fumo e ancora una volta il vento lo fece precipi-tare in avanti; il signor Gaspari strizzò gli occhi,spalancò la bocca e il sigaro ruzzolò in terra. Un picco-lo gruppo di lucciole era comparso in fondo al vicolo!

«Lucciole» pensò stupefatto. Da quanto tempo nonne vedeva… e poi lontano da un corso d’acqua, a quel-l’ora del pomeriggio, era davvero una stranezza.

Proprio in quell’istante, un altro schianto secco lofece trasalire. Le lucciole fremettero, ondeggiarono inun fulmineo mulinello e si spensero una a una comecandele. Solo una gli svolazzò incontro, tanto in frettada fargli pensare che non fosse affatto una lucciola. Sichinò e tese la mano per acchiapparla, ma la luce sva-

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nì prima di toccare le sue dita con un insolito e sono-ro popp.

«Davvero curioso! Lucciole in città» pensò il signorGaspari guardando con espressione stizzita il sigaroandato sprecato. Dandosi del vecchio sciocco riprese acamminare, e si guardò intorno come se si aspettassedi vedere qualche altra sorpresa ma, quando arrivò al-la fine del vicolo, Piazza dell’Armeria gli parve assolu-tamente normale. Niente sciocche stranezze. Nientelucciole. Il signor Gaspari batté il suo bastone da pas-seggio a terra e raggiunse la Lanterna Verde. Aprì laporta con uno scampanellio e si avvicinò al largo ban-cone dal piano di marmo dov’erano disposte bilance elucenti pinze. Le pareti intonacate di bianco erano co-perte da scaffalature ricolme, vecchie locandine delTeatro dei Semplici e da una pianta della città dipintasu un antico panno, che faceva bella mostra di sé inuna cornice dorata.

– Buonasera Guendalina! – disse; e lo pensava dav-vero.

– Oh, buonasera a lei, Leonello! – sorrise la ragazzaal banco, ripulendosi le mani nel grembiule immacola-to. – Come sta?

– Molto bene, grazie.– E sua moglie? Andrete al Corteggio, domani? – tril-

lò Guendalina.

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Il signor Gaspari sorrise bonariamente. – Non me loperderei per nulla al mondo!

– Allora, che cosa le posso dare?Il signor Gaspari aveva appena cominciato a dedi-

carsi alla laboriosa scelta, quando fuori rimbombò unimprovviso chiasso di passi di corsa. L’ombra di un uo-mo che correva come un matto, con la testa rannic-chiata tra le spalle, passò davanti alla vetrina della Lan-terna Verde e Guendalina alzò gli occhi appena intempo per vedere lo sventolare di una cappa grigioscuro. Poi un’indefinibile ombra balenò per un istantesul vicolo e scomparve subito.

– Oh, che noia star qui mentre loro si divertono tan-to alle prove dei costumi! – cinguettò la ragazza, men-tre prendeva con le pinze una colombina e l’appoggia-va sul vassoio. – Sa, quest’anno sono terribilmenteeccitata… sarà una festa particolarmente grande, e poifarò parte anch’io della sfilata… impersonerò la signo-ra Morgana degli Astoldi – disse arrossendo e facendola ruota come un tacchino.

– Prima che le tagliassero la testa, spero – osservòil signor Gaspari con aria beffarda.

Guendalina scoppiò a ridere, ma in quel momentoci fu un altro schianto e i due sobbalzarono scambian-dosi un’occhiata curiosa.

– Non è strano? Oggi è già il secondo o il terzo che

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sento – accennò la ragazza con aria interrogativa. – Nonpaiono proprio i soliti petardi…

– Troppo forti, sì – rifletté il signor Gaspari. Guendalina gli piantò in viso i due piccoli occhi ne-

ri e annuì. – Uhm, sembrano tuoni. Sarebbe proprio unpeccato se piovesse! Stamattina mio fratello è andato adare una mano per sistemare gli addobbi e ha dettoche nel Parco è venuto un lavoro stupendo: festoni,lanterne colorate, e tutti gli stemmi della città sullebandiere; sono proprio curiosa di vederlo, sa? Proprio.E poi ci saranno le gare di tiro con l’arco e tutto il re-sto… Per di più Marta, mia cognata, che lavora giù alPrincipe Giglio, dice che l’albergo è strapieno di turi-sti. Sarebbe proprio un peccato se piovesse – ripeté,mentre sistemava nel vassoio millefoglie e tortine conla frutta, bignè misti, qualche biscotto e grossi cubettidi torta al cioccolato con le noci. Poi fece un graziosopacchetto e accompagnò il signor Gaspari alla porta,tanto per dare un’altra sbirciatina fuori.

Tutto sembrava tranquillo, ma lui se ne andò conuna insolita sensazione ed era già in via del Pan Secco,quando alzò gli occhi al cielo e corrugò la fronte. Unagrossa forma alata volteggiava in cerchio sopra la città.Di sicuro si trattava di uno dei falchi addestrati che sisarebbero esibiti l’indomani, oppure di un’aquila, ma ilsignor Gaspari dovette ammettere di non aver mai vi-

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sto un’aquila dalle ali così grandi e tanto sfavillanti. Ela cosa gli dette da pensare tanto che quando rientrò acasa aveva un’espressione terribilmente assorta.

Sua moglie, una donnina minuscola avvolta in unanuvola di capelli bianchi e vestita di un abito a fiorisgargianti, cominciò a prenderlo in giro bonariamentee lui borbottò, battendo il bastone da passeggio sullaparete: – Di’ quel che ti pare, Antonia; stanotte sonocontento di dormire tra queste quattro vecchie mura.C’è un’aria strana là fuori, come se stessero per acca-dere cose straordinarie e terribili. Mio nonno lo dice-va: a volte pare che le cose siano differenti da quel chesi crede, in questa città… quasi fosse viva sotto i nostripiedi.

– Oh, piantala, vecchio matto! – brontolò spazienti-ta sua moglie. E se ne andò a mettere al sicuro il vas-soio dei dolci.

Gli ospiti arrivarono poco dopo. L’unica figlia deiGaspari, Rossella, e suo marito Daniele si erano presiqualche giorno per portare i loro bambini alla festadella città; Giulio, che aveva da poco compiuto quat-tro anni, e la bambina nuova, come la chiamava lui,Cornelia.

– Ecco la mia Corneliuccia! Non sei contenta di es-sere venuta a trovarci? – l’accolse la signora Antonia,

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sollevandola dalla carrozzina per farle due coccole.Nonostante avesse solo un paio di mesi, Cornelia eragià bella rotondetta e fissò la nonna con due occhienormi, come se la stesse rimproverando.

– Per l’amor del cielo, Antonia, ci credo che ti guar-da a quel modo, se la chiami Corneliuccia… Cornelina,Cornelietta! Avrà già il suo bel da fare col nome che siritrova senza che glielo storpi senza ragione! – borbot-tò il signor Gaspari, che non aveva per nulla approva-to l’idea di chiamare Cornelia la sua unica nipote.

– Io lo trovo un bel nome, babbo. Vuoi piantarla dibrontolare? – si intromise Rossella un po’ risentita,guardando beata la sua bambina. – È un nome di an-tiche origini romane – disse grattandole il mento. Cor-nelia rise.

– Oh, sì, lo so. Lo so. Per chi mi hai preso! Un pom-poso nome di origine romana. Cornelia, nientemenoche la madre dei Gracchi! – bofonchiò il signor Gaspa-ri, facendo un mezzo inchino. – E vuoi che da grande,quando avrà dei figli suoi, se ne vada in giro dicendo«Ecco i miei gioielli»?

– Non fare lo sciocco, babbo!In quel momento il campanello di casa suonò; la si-

gnora Gaspari affidò Cornelia alle cure di sua figlia ecorse ad aprire la porta.

– Oh! Che bellissima sorpresa! Il mio Corrado! Che

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piacere vederti! Non sapevamo che fossi tornato, ra-gazzo mio, altrimenti ti avremmo invitato a cena!

Un giovanotto sulla trentina, alto e magro, con lafaccia ossuta e gli occhi di un grigio felino fece il suoingresso nella stanza salutando tutti con un sorriso cor-diale.

– Che vuoi, zia… m’è venuta l’idea di tornare così,di punto in bianco, e non ho avuto il tempo di avver-tire nessuno. Però mi sono invitato da solo! Sono un ti-po pieno di risorse, io.

Corrado era l’unico cugino di Rossella, ed era ancheil migliore amico che lei ricordasse d’aver mai avuto.Fu inondato prima di abbracci e baci poi, durante lacena, di domande circa il suo ultimo viaggio, e lui nonlesinò risposte. Per qualche ora fu l’anima della sera-ta, poi, improvvisamente, ci fu una tale sequela dischianti e boati che la tavola si ridusse al silenzio.

Il sole era ormai tramontato e le stelle facevano ap-pena capolino; tutti si scambiarono occhiate sbalordi-te e il volto di Corrado si contrasse in un’espressionetempestosa. Si alzò in piedi, raggiunse la finestra e uscìsulla piccola terrazza, quasi annusando l’aria col lun-go naso ricurvo. I suoi occhi brillarono di un rapido efreddo lampo.

– L’aria è strana, stasera… – mormorò a mezza voce.– Oh, non cominciare anche tu, ora! – sbottò impa-

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ziente la signora Gaspari, balzando in piedi e strofi-nando le mani sul grembiule a fiori.

Il giovanotto le lanciò un’occhiata divertita. – Perché?– Nulla, nulla – disse il signor Gaspari, con un sor-

risetto che la diceva lunga. Corrado richiuse la portafinestra e si affacciò sulla car-

rozzina. – È davvero bellissima, ragazzi. Avete fatto unottimo lavoro – esclamò alzando gli occhi su Rossella,che era accanto a lui e sorrideva raggiante. – Cornelia…

– Ho mantenuto la mia parola, no? – gli fece l’oc-chiolino sua cugina.

Corrado scoppiò in una sonora risata. – Sì, poveret-ta… Un nome così impegnativo senza aver nessunacolpa… A pensarci bene, però, – aggiunse scrutandolacon maggior attenzione – ha del fascino. Forse è il no-me giusto per lei –. E ricambiò l’occhiolino di Rossella.

La bambina si mosse piano e aprì gli occhi, sbatten-doli un paio di volte e fissandoli curiosa sul volto ap-puntito che era ancora affacciato sulla carrozzina. Cor-rado ridacchiò, la prese in braccio e Cornelia sembrògradire molto.

– Questa poi… – disse sua madre, fissando Corradocon gli occhi spalancati. – E pensare che non le piac-ciono gli estranei.

Lui annuì, senza staccare i suoi enigmatici occhi gri-gi da quelli della bambina. – Ma io non sono un estra-

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neo… no? –. Poi l’adagiò sulle ginocchia e frugò nelletasche dei pantaloni.

– Che stai facendo?– Non crederai che avessi pensato solo a Giulio, ve-

ro? Ho una cosa anche per lei, ma a quanto pare nonriesco a trovarla.

Mentre cercava, un nuovo rombo brusco e improv-viso gli fece alzare gli occhi e un balenio di inquietu-dine attraversò quel grigio polare.

– Non farti strane idee, non è nulla di speciale –continuò rivolto a Rossella. – Si tratta solo di una spil-la di legno e argento… artigianato caratteristico di unpaesino sperduto… è molto carina, a forma di stella.Mi hanno detto che è usanza regalarla ai bambini chenascono, così ne ho presa una per lei –. Con un gestorapido estrasse la spilla dalla tasca.

– Non avresti dovuto! – esclamò Daniele, scuotendola testa e osservando la stellina meravigliato. Sembra-va un oggetto d’altri tempi; i frammenti montati tra lestriature di argento erano di un legno bianco, tanto sot-tile e così finemente intarsiato da sembrare una fogliaseccata al sole.

La spilla fu subito appuntata sul bavaglio di Corne-lia. Corrado le sorrise e la bambina restituì lo sguardocon curiosità; gli prese un dito e abbozzò un sorriso,ma in quell’istante ci fu un altro schianto secco e Cor-

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rado ebbe un moto d’impazienza. La bambina mugo-lò, indecisa se piangere o ridere, e infine scoppiò in unpianto dirotto.

Il giovane si alzò con il viso contratto in una stranaespressione, depositò la bambina in braccio a sua ma-dre e raggiunse d’un balzo la finestra. – Questi petardila agitano – dichiarò, fissando gli occhi tempestosi fuo-ri dalla finestra.

Rossella cercò di rabbonire la bambina, ormai rossain viso come il filamento di una lampadina, e poco do-po Corrado annunciò che era stanco del viaggio e sa-rebbe andato a casa a riposare.

La zia lo accompagnò alla porta e lo baciò sullafronte, come faceva da sempre. – Sono davvero con-tenta che tu sia tornato – gli disse. Poi prese la sciarpadi seta gialla e nera con lo stemma del quartiere e glie-la arrotolò intorno al collo, annodandogliela con unpo’ troppo brio. – Ma… va tutto bene, ragazzo mio? –chiese fissandolo dritto dritto negli occhi.

– Non preoccuparti, zia – mormorò lui, con un sor-riso sincero. – L’unico pericolo è che tu mi strangolicon la tua sciarpa.

La zia scoppiò a ridere. – Allora a domani – disse.– A domani! – rispose lui, e sgusciò fuori con una

buffa risata. La strada nera lo inghiottì e Corrado rima-se lì, a scrutare il cielo con espressione pungente, sen-

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za più l’ombra di un sorriso sul volto magro e aguzzo.Improvvisamente sembrò più vecchio e più stanco; ab-bassò lo sguardo e scorse un gatto bianco nascostodietro un vaso, gli occhi che brillavano come freddefiammelle nell’oscurità.

In quell’istante ci fu un altro schianto e il gattoscomparve con un balzo.

Dal cielo nero senza luna le stelle scrutavano lestrette strade deserte. Qualcosa, sulla sommità di unantiquato lampione, si mosse e il gatto bianco drizzò ilpelo, soffiò e scivolò via lungo la strada. Le falene fug-girono nell’oscurità e la strada rimase vuota finché l’or-lo di quello che aveva tutto l’aspetto di un vecchio pa-strano ondeggiò sotto la debole luce. L’uomo che loindossava scivolò di lato e si guardò indietro scansan-dosi i capelli dagli occhi incavati e febbrili; il suo vol-to pallido e quasi evanescente scintillava nell’oscurità.

In quell’istante una freccia dalle piume nere fischiòe si conficcò nelle imposte di legno alle sue spalle,mancandolo di un soffio. L’uomo gettò un’occhiata in-dietro e scivolò nuovamente nell’ombra, rapido comeun fulmine; attraversò a rotta di collo la Volta del Pa-lazzo e scomparve nell’ombra lasciandosi dietro unadebole scia di scintille dorate. – Non ora – mormorò.– Ancora qualche istante… qualche istante soltanto…

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