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 R.Rimaboschi - Teoria La Storia del Restauro Fonti Letterarie 

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La Storia del Restauro

Fonti Letterarie 

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Manutenzione nelle Gallerie

Fiorentine• Non vi sono molte notizie circa i restauri dei dipinti granducali di Firenze,

fino alla fine del settecento.

• I documenti relativi agli anni 1724-25 conservati negli archivi, nominanosoltanto alcuni personaggi per dei pagamenti relativi ad operazioni dimanutenzione sui quadri, che per lo più erano condotte da operatori nontroppo tecnici[1].

• Con l'estinguersi della dinastia medicea, il granducato fu assegnato aFrancesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa d'Austria, che

risedette quasi sempre a Vienna e governò la Toscana tramite un consigliodi reggenza. Durante gli anni del suo governo, dal 1737 al 1765 lamanutenzione delle opere delle collezioni medicee venne interrotta, finoall'avvento del successore, suo figlio Pietro Leopoldo, che regnò dal 1765 al1790.

[1]Si trtta degli anni 1724-25, A. S. G. F., GUARD. 1332, n°20, 22, 27, 214,229, pagamenti relativi ai restauratori di galleria: F.M.Salvetti, Carlo VenturaSacconi e Bruno Mangiacani "mesticatore".

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Pietro Leopoldo• In un clima di rinnovamento e di grandi riforme, accompagnato

dall'Illuminismo che in Toscana penetrò rapidamente, Pietro

Leopoldo applicò una politica più decisa ed organica, volta ariformare le strutture politiche e finanziarie dello stato ed a rinnovarel'economia agricola; alla luce di questi progressi, un'attenzioneparticolare venne prestata anche alla salvaguardia del patrimonioartistico, tanto che nel 1769 apparvero delle disposizioni in questamateria.

• Si trattava di ordinanze per la conservazione dei dipinti,accorgimenti per la spolveratura dei quadri nelle gallerie, su comearieggiare le stanze ed innaffiare i pavimenti per ovviare al caldo, ilpeggior nemico dei dipinti su tavola[1].

•[1]A. S. G. F., Filza II, n°9, par. XIII, 1769-70.

 

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Giuseppe Magni• Tra il 1773 ed il 1790, Pietro Leopoldo provvide al riordinamento

della galleria degli Uffizi, dotandola anche di un addetto alla

conservazione delle sue opere, il sign. Giuseppe Magni, che lavorònelle sale dal 1774 al 1787, con l'allora direttore Giuseppe Querci.• Il Magni faceva parte di quel gruppo di disegnatori in penna che

dovevano realizzare l'inventario figurato degli Uffizi.• Fu forse per rendere più leggibili i quadri che dovevano essere

disegnati, che egli iniziò l'opera di revisione di alcuni dipinti come laserie di Uomini Illustri, oppure quella degli Autoritratti; comunquepresto, proprio questa doveva diventare la sua occupazione.

• Dal 1773 infatti, venuto meno quel incarico, pensò di dedicarsiesclusivamente al restauro.

 

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• Non essendogli richiesto di stendere i verbali dei lavorieseguiti, poco si sa dei suoi metodi, tranne che era abilenei ritocchi, che era in grado di intervenire sui supporti edi eseguire le rintelature dei dipinti su tela; inoltre egliadoperava la vernice, che a Firenze era una cosapiuttosto rara.

• Un'altra operazione che eseguì in galleria, fu quella diuniformare le misure degli autoritratti, per adattarli alleesigenze espositive della nuova sala a cui erano

destinati, ma dimostrò anche una grande etica, quandoriportò alle misure originarie la Resurrezione di Lazzaroattribuita a Veronese, che era stata modificata con una"giunta" mal fatta.

 

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Vittorio Sampieri• Così già dal 1791 il Pelli, allora direttore degli Uffizi,

lamentava l'esigenza di un personale più competente,per affrontare quegli interventi più difficili e specifici.

• E fu il suo successore, il direttore Puccini, che soggornòa Roma dal 1775 al 1793, che cominciò a cercare una

persona che potesse occuparsi con competenza, dellaconservazione e del restauro dei dipinti della galleria diFirenze.

• Alla fine trovò il senese Vittorio Sampieri proprio a

Roma, dove in quegli anni si dibatteva sul restauro contematiche più approfondite di quelle fiorentine.

 

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• Sampieri arrivò a Firenze il 30 Aprile 1796 e l'ambienteche trovò non era certo dei più entusiastici, perchè nonera gran che gradito un tecnico venuto da fuori città.

• Per questo egli venne chiamato ad occuparsiesclusivamente dei dipinti di grande interesse ed i suoi

interventi dovevano essere sempre vagliati ed avvaloratidalla commissione accademica di vigilanza, compostada P. Pedroni, G. Piattoli ed A. Meucci.

• Così gli venne assegnata la Madonna delle Arpie di A.

del Sarto ed il Ritratto di Antonio Pantera del Moroni.

 

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• La commissione non osò dare tutte quelle direttive, così come avevainvece fatto con Carlo Magni, ma si raccomandò di non intervenire

che dove fosse davvero necessario e di non fare uso di corrosivi e divernici.• Il Puccini allora difese Sampieri, sostenendo che grazie alla sua

abilità egli era in grado di utilizzare anche i corrosivi, cioè i solventi ele vernici, senza recare danno ai dipinti[1].

• Sampieri portò a Firenze uno stile nuovo nel restauro; egli non sioccupava del risanamento delle tavole, ma si affidava per questo adei falegnami e quel che più importa, bandì l'uso che si faceva aFirenze ormai da tempo, di riempire le lacune con colori ad olio.

[1]I documenti relativi a Sampieri si trovano in:" Affari riguardantil'approvazione sovrana di far venire da Roma l'artefice VittorioSampieri affine di ristaurare diversi quadri danneggiati esistentitanto nella nella R. Galleria che nel Palazzo Pitti", A. S. .G. F., FilzaXXVIII, n°53, 1796-97.

 

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• Già Pietro Edwards nel Settecento aveva difeso l'uso dei colori a vernice eSampieri allo stesso modo sosteneva i vantaggi che potevano essereottenuti stemperando i pigmenti con vernice mastice, per ottenere unamaggior trasparenza dei colori ed una minor alterabilità dei toni nel tempo.

• Vennero così affidati a Sampieri una ventina di quadri tra cui: la Madonnadal collo lungo del Parmigianino, la Madonna dell'Impannata di Raffaello, laMaddalena di Tiziano ed i Ritratti dei due Duchi di Urbino, l'Immacolata diPietro di Cosimo, la Madonna del sacco del Perugino, e la Disputa della SS.

Trinità di A. del Sarto, restaurati secondo i suoi metodi, che possono esseredesunti soltanto dalla lista dei materiali adoperati elencata nei documentid'archivio[1].

•[1]A. S. G. F., da Filza XXXVIII,n°4, 1813-14, a Filza XXXXIV, n°25, 1820; sitratta di solventi tipo spirito di vino ed acqua ragia. Solo nei conti del 1827, è

citato l'acquisto di "acqua maestra", cioè della soda. Più frequente èl'ordinativo di vernice mastice, che adoperò molto spesso sui dipinti dellegallerie, alternandolo alla chiara d'uovo.

 

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• Per quel che riguarda gli ingredienti utilizzati per la rintelatura, egliadoperava una pasta composta da "colla Tedesca", "fiore di farina"

ed il miele per dare maggiore elasticità.• Sampieri dunque usava materiali poco nocivi ai dipinti ed ebbe ilgrande merito di ripulire, alleggerire i dipinti delle gallerie fiorentinedalle molte sovrapposizioni fatte dai precedenti restauratori, manonostante avesse bandito l'uso dell'olio mescolato ai pigmenti

utilizzati per i ritocchi, egli continuò ad utilizzarlo sul retro dellepitture. Dava infatti cera e canfora dietro alle tavole per salvarle daitarli e vernici ad olio essicativo dietro ai dipinti su tela, cheprovocavano terribili scurimenti dei toni cromatici.

• Nel 1799, Sampieri si era occupato di controllare l'incassatura deidipinti della galleria Palatina, che dovevano essere spediti a Parigi acaua delle requisizioni napoleoniche; se Puccini non si fosseopposto con ogni mezzo, lo spoglio di capolavori si sarebbesenz'altro esteso anche agli Uffizi

 

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• Nel 1800 Sampieri fu un prezioso aiuto del direttore perle operazioni che precedettero la spedizione delle opere

d'arte per la Sicilia. Puccini rimase là per qualche annoed il restauratore non vide rinnovarsi l'incarico che gli erastato assegnato per quattro anni.

• Solo al suo ritorno a Firenze e grazie al suo personale

interessamento, Sampieri ricevette un nuovo incarico:era il 1808 ed al suo fianco, come aiuto, Carlo Magni,che veniva a completare l'organico dei restauratori digalleria.

• Il team di operatori, era composto dal PrimoRestauratore che era addetto ai dipinti di Palazzo Pitti edalle collezioni granducali, il Secondo restauratore chedoveva invece occuparsi degli Uffizi e l'Aiuto del Primo.

 

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LA SITUAZIONE FIORENTINA ALLA

SECONDA META' DELL'OTTOCENTO

MANUTENZIONE NELLE GALLERIE

• Vittorio Sampieri fu il primo restauratore regolarmenteassunto dalle autorità, per fare parte della formazionedel personale di restauratori delle gallerie fiorentine.

• Nel 1803 infatti, egli fu riassunto stabilmente e nel 1804

il giovane Tommaso Gotti gli venne affiancato perchèimparasse quell'arte, ma a causa dello scarsorendimento, venne licenziato nel 1809.

• Qualche anno più tardi, nel 1821 venne chiamato un

altro allievo, Angiolo Volpini, che purtroppo però morì nel1827.

 

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Ulisse Forni• Il vero continuatore della tradizione di Sampieri fu

Domenico del Podestà, assunto come SecondoRestauratore nel 1823 e divenuto Primo Restauratorenel 1827, ricoprì questa carica fino al 1862.

• In quegli anni, operarono insieme a lui come Secondo

Restauratore ed Aiuto, Fedele e Francesco Acciai, eUlisse Forni.

• Il primo, assunto nel 1827, era molto conosciuto per lasua attività di commerciante d'arte, tanto che a causa

dell'incompatibilità tra la professione in galleria ed il suointeresse più commerciale, venne licenziato nel 1833.

 

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• Il lavoro di manutenzione da lui svolto presso la galleria degli Uffizi,si risolveva in verniciature, leggere puliture e rintelature.

• Venne sostituito dal figlio Francesco, che ebbe la qualifica diSecondo Restauratore nel 1843 e che lavorò agli Uffizi fino al 1865,data della sua morte. Anche se i suoi metodi erano molto simili aquelli impartitigli dal maestro.

• Il direttore della galleria, Antonio Ramirez di Montalvo, lo descrisse

come onesto, puntuale e capace restauratore[1], ma anche luieseguiva prevalentemente operazioni di controllo, spolveratura everniciatura delle pitture.

•[1]A. S. G. F., Filza LXVII, 1843, n°28.

 

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Ulisse Forni• Nato a Siena nel 1814, di umili origini attivo presso le Gallerie

fiorentine tra il 1854 e il 1867, anno della morte.

• L'arrivo di Ulisse Forni nel 1845 con la qualifica di Aiuto, vennesalutato con grande entusiasmo e lodi da parte di tutti, compreso ilnuovo direttore degli Uffizi Luca Bourbon del Monte.

• Forni aveva una buona preparazione artistica ed era particolarmentedotato nell'utilizzo dei colori. Durante un suo soggiorno di studio a

Roma apprese delle tecnologie diverse da quelle che da annivenivano adoperate a Firenze, che si basavano sugli insegnamentiimpartiti dal Sampieri ai suoi eredi.

• Tra le liste dei materiali, si trovano elencate sostanze mai usate inpassato, anche se in realtà Forni per molti anni collaborò con gli altri

restauratori della galleria uniformandosi alle regole di tradizionefiorentina, che davano la priorità alla manutenzione rispetto alrestauro.

 

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• Ma ciò che lo rese noto e che anche oggi lo

mette in primo piano rispetto ai suoi colleghifiorentini, è l'aver scritto il suo ben noto manuale

di restauro, consegnato all'editore Le Monnier

nel 1864, ma pubblicato nel 1866.• Sempre nel 1864, il conte Giovanni Secco

Suardo, venuto da Bergamo, tenne un corso a

Firenze sul trasporto dei dipinti e nel 1866 uscìanche il suo manuale.

 

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XIX secolo:

2 manuali, 2 pensieri• L'operatività legata alla conservazione dei beni artistici si è

arricchita, nel corso dei secoli e fin dal tempo della loro esecuzione,

di una ininterrotta serie di atti che ne hanno permesso, bene o male,la loro trasmissione fino a noi.

• Nel nostro paese le problematiche tecniche, storiche e ideologicheconnesse alla conservazione sono state più direttamente affrontate

dal secolo XIX; tematiche confluite nei due manuali di restauro:

• Ulisse Forni, Manuale del Pittore Restauratore , Firenze, 1866

• Giovanni Secco Suardo, Manuale ragionato per la parte meccanica dell'arte del ristauratore dei dipinti, Milano, 1866.

 

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U. Forni e di G. Secco Suardo• I manuali di U. Forni e di G. Secco Suardo si collocano

criticamente al seguito, e in contrapposizione, con altreattività di restauro affermatesi in Francia e in Germania,portando in campo quella operatività italiana che nelcorso dei secoli si era ancorata ai precetti del fareartistico.

• Nei due manuali si riportavano e si chiarivano quegliinterventi che, alla luce dell'esperienza, risultavano più

idonei, rispettosi dell'opera e capaci di superarel'empirismo e le tecniche dell'artigiano e dell'artista -restauratore.

 

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Giovanni Secco Suardo• Il conte Giovanni Secco Suardo visse a Milano tra il 1831 ed

il 1857.

• Dopo il 1851, abbandonati gli impegni diplomatici, si dedicòagli studi sul restauro.• I primi lavori in questo campo si collocano tra il 1850 ed il

1863.• Risale, infatti, al 1850 il restauro di due dipinti di Bartolomeo

Bettera all'Accademia Carrara di Bergamo, appartenuti allaquadreria della famiglia Suardo: Strumenti musicali conastrolabio, e Strumenti musicali, risarciti e sui quali eseguìdegli interventi di integrazione[1].

[1]F. ROSSI, Accademia Carrara, Catalogo dipinti, Bergamo,1979, pp. 295-296.

 

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• Erano gli anni in cui collaborava con il Brison; insieme si impegnarono allo studio edall'applicazione del trasporto di colore dai dipinti su tavola, cercando soluzioni alternative a quelleadottate in Italia settentrionale, che si basavano sulle tecniche largamente utilizzate in Franciasuccessivamente alle requisizioni napoleoniche di opere d’arte in Italia.[1]

• Da quel momento abbandonerà i lavori, limitandosi a dirigere lo Zanchi, per dedicarsi invece aiproblemi di tutela del patrimonio artistico.

• 1] Nel 1851, Brison e Secco Suardo eseguirono il trasporto di un dipinto di Cima da ConeglianoSan Pietro in trono con i Santi Giovanni Battista e Paolo che si trova all'Accademia di Brera, chedalla tavola misero sulla tela, e che verrà nuovamente trasportato nel 1857.

• Nel 1861, quello della Madonna e Santi di Marco D'Oggiono, che si trova nella chiesa diSant'Eufemia a Milano.

• Il dipinto, situato sul lato sinistro che guarda l'altare maggiore è attualmente in cattivo stato diconservazione in quanto è molto scurito e dunque difficilmente leggibile; la tela, inoltre, diventata ilsuo nuovo supporto, in molti punti si è staccata dal colore provocando la comparsa di numerose‘sbollature’ sparse su tutta la superficie.

• Un anno dopo (1862), sempre in collaborazione con Brison, mise dalla tavola sulla tela Cristo e laMaddalena di Palma il Giovane, che attualmente si trova all'Accademia di Belle Arti di Milano.

• Al 1863 risale, invece, il trasporto della Madonna con Bambino di Antonio Maria Carpi, già

restaurato dal Brison nel 1835.• Prima del 1865 eseguì invece la rintelatura del Ritratto del conte Bartolomeo Secco Suardo,

dipinto dal Ghislandi della collezione privata Suardino e sempre del Ghislandi, nel 1864, lapulitura del Ritratto del conte Secco Suardo col servitore, dell'Accademia Carrara di Bergamo.

 

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• Nel 1500 la famiglia Secco Suardo aveva

acquistato una proprietà presso Lurano.• Giovanni si dedicò da autodidatta allo studio

della Storia dell'Arte e al Restauro.

• Nelle stanze terrene si trovava la biblioteca,dove ancora si conservano i suoi appunti e gli

attrezzi da lui adoperati.

 

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•Frequentò anche l'Ambrosiana di Milano e la biblioteca del marchese Girolamod'Adda, cominciando dallo studio degli antichi maestri fino ad approdare alle

opere di Mary P. Merrifield[1] ed a quella dell'Eastlake[2].

•Non ebbe una sua bottega, ma si avvalse di quella del Brison a Milano e diquella del Fumagalli a Bergamo, dove si trasferì all'inizio degli anni sessanta.

•Da qui nel 1864 si spostò per un breve periodo di tempo per recarsi a Firenze,dove tenne un corso sullo stacco del colore dai dipinti.•[1]M. P. MERRIFIELD, The art of the fresco painting as practised by the old Italian and Spanish

Masters, London, 1864.•[2]C. L. EASTLAKE, Materials for a history of oil painting, London, 1874.

 

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Giovanni Secco Suardo

Il Manuale•Durante il periodo bergamasco, strinse amicizia con il Morelli, il quale si

dimostrò un valido aiuto quando intervenne personalmente perchè il corso di

restauro di Firenze avesse luogo.

•Per questo motivo Secco Suardo scrisse una dedica al Morelli, sulla paginad'apertura della prima edizione del suo Manuale ragionato per la parte

meccanica dell'arte del ristauratore dei dipinti, del 1866.

•Il secondo volume, una seconda edizione del primo, venne portato atermine nel 1873 e pubblicato nel 1927 con il titolo Il restauratore dei dipinti.

 

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Il Manuale• Nella prima parte, al primo capitolo, troviamo tutte le

notizie inerenti al risarcimento delle tavole:

• Il raddrizzamento delle tavole 

• La riunione delle tavole 

• Infine del risarcimento delle lastre 

• Nel secondo capitolo, parla invece del delicato problemadel trasporto di colore dai dipinti non murali:

• Nozioni preliminari 

 

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• Riferisce che l'inventore di questa tecnica fosse

un ignoto, ma cita il Michelini come il primo di cuiabbia avuto notizia, il Picault, l'Hacquin e tra i

belgi M. Kiewert[1], soffermandosi poi sui più

importanti testi scritti fino a quel momento sullaconservazione.

•[1]Tenne un corso sul trasporto del colore in Belgio.

 

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• Del distacco: operazioni preparatorie alle tavole: 

• "Il maggior numero dei dipinti in tavola che sottopongonsi alla operazione del trasporto sono quelli eseguiti sopra imprimitura di gesso, il di cui colore sollevasi formando una specie di vesciche,talvolta minutissime, tal'altra grandi, e che quindi si stacca del tutto e cade ora da solo, ed ora traendo seco anche la corrispondente 

imprimitura. Quindi..., per primissima cosa darai mano ad assicurare ed appianare il colore acciò non cada nel decorso della operazione,ed affinchè la superficie sua, allorchè il trasporto sarà compiuto possa riuscire perfettamente piana e levigata" [1] .

•[1] GIOVANNI SECCO SUARDO, op. cit., pp. 118-119 

• .

 

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Formula finale• "...attaccare la mussolina con colla composta di fior di farina di frumento e latte, cui 

sia stata aggiunta una piccolissima dose di zucchero, e di sovrapporvi, allorchè essa è ben secca, la tela, assicurandovela con buona colla forte non troppo densa, entro 

la quale sia stata disciolta una piccola dose di miele, onde mantenerle un certo grado di pieghevolezza. (...) Con un intelaggio fatto in questo modo ho eseguito il trasporto dalla tavola alla tela del bel dipinto di Giovanni Cima da Conegliano di proprietà dell'Accademia Carrara di Bergamo, e contemporaneamente di uno, di mano di Andrea del Sarto, posseduto dal mio coltissimo amico Dott. Givanni Morelli Deputato al Parlamento Italiano, e posteriormente di tutti quelli, che mi vennero dati per ammaestrare gli alunni durante il corso di lezioni teorico-pratiche sull'arte di 

trasportare gli antichi dipinti dalla tavola, dalla tela, e dal muro, che ebbi l'onore di dare in Firenze nell'estate 1864 per incarico governativo.• Ma per ottenere un intelaggio, il quale si presti a tutti i bisogni della operazione cui 

deve servire, non basta sapere di quali materie sia composto: è d'uopo conoscere eziandio il modo di eseguirlo" [1].

• [1]GIOVANNI SECCO SUARDO, op. cit. , pp. 124-26.

 

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• Quando l'operazione di rintelatura era terminata, unavolta eliminata anche la tela protettiva sul colore, prima

di fissare il dipinto al telaio stabile il conte consigliava dipassare una mano di vernice di gomma, per daremaggior risalto alla pittura.

• La ricetta di questa vernice era composta da sei parti di

acqua ragia ed una di gomma tagliuzzata molto fine, chemessa al sole pian piano si scioglieva e primadell'utilizzo doveva essere filtrata[1].

• Per la prima volta venne proposta da Secco Suardoanche per il trasporto degli affreschi.

•[1]SECCO SUARDO, op. cit., pp. 292-293, ricetta n°3.

 

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• Il 12 maggio fu indetto un processo verbale che

si tenne alle ore dieci presso il Casino Mediceo,in una sala terrena, dove fu discusso lo stato

delle tavole messe a disposizione dalla

Direzione delle RR. Gallerie, con la verifica fattada Ulisse Forni, Ettore Franchi e Giovanni Secco

Suardo che vi apportarono le loro firme.

• Il giorno 11 maggio 1864 ebbe inizio il corso cheterminò dopo otto settimane, cioè il 20 giugno.

 

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R.Rimaboschi - Teoria

• Dal canto suo Ulisse Forni, nell'introduzione al suo manuale, teneva a specificare dinon aver nulla da imparare dal Secco Suardo, visto che da più di vent’anni era ilrestauratore ufficiale delle gallerie fiorentine e che venne incaricato d'assistere alle

lezioni non come allievo, ma per relazionare sul corso.• "Per norma del lettore giova avvertire: • 1 Il Cavalier Giovanni Secco Suardo da Bergamo in un foglietto aggiunto al 

frontespizio del suo manuale ragionato per la parte meccanica... pubblicato in Milano nel dicembre 1866 registra tra i suoi allievi Ulisse Forni, autore del manuale presente mandato fuori nel luglio del 1866.

• 2 Che questa asserzione è contraria in tutto alla verità, in quanto che Forni fu presente alle lezioni date in Firenze dal nominato signor conte non come suo allievo,ma come incaricato di osservare le sue pratiche ed i metodi usati da lui nelle operazioni del distacco delle pitture, e di farne poi rapporto come di fatto fece, alla commissione eletta a questo effetto dal Marchese Paolo Feroni, allora direttore delle RR. Gallerie di Firenze.

• 3 Che essendo il Forni già da venti anni nell'ufficio del restauratore delle RR. Gallerie 

di Firenze doveva aver acquistato tanta pratica conoscenza dell'arte sua (e nel rimette il giudizio a chi legge questo manuale), che niente poteva egli apprendere dal signor conte, ma piuttosto insegnargli qualche cosa" [1].

•[1]ULISSE FORNI, op. cit., introduziione al manuale.