58939438 giovanni papini il crepuscolo dei filosofi

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    :4)Jibeiaii^^

    ILCREPUSCOLO DEI FILOSOFI

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    DELLO STESSO AUTORE:La Teoria Psicologica della Premsio7ie (Fi-renze, 1902).Les Ides d' un Psychologue Italien : E,Reglia. (Paris, 1902).Philosophy ili Italy (Chicago, 1902).Les Extrmes de l'AcHvil Thorique (Ge-nve, 1904).Sentire se7iza Agire e Agire senza Sen-tire (Bologna, 1905).

    Di prossima pubblicazione : // Tragico Quotidiano. (Favole e Colloqui). // Pragmatismo. Dall' Uomo a Dio.

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    GIOVANNI PAPINI is5*-o.i(GIAN falco)

    m-n]9sm(Kant, Hegel, Schopenhauer, Comte,

    Spencer, Nietzsche)

    MILANOsociet editrice lombarda

    (A. De Mohr, Antongini e C.)IQO6

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    Stabilimento Tipografico della Biblioteca di cultura liberale

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    NECESSARIO LEGGEREQUESTA PREFAZIONE

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    Questo non e un libro di buonafede. un librodi passione e perci d'ingiustizia un libro7ieguale, parziale, scazza scrupoli, violento, con-tradditorio, insolente come tutti i libri di quelliche amano e odiano e non si vergognano ne deiloro amori ne dei loro odi.

    Posso permettermi questo cinismo 7ttellet-tuale in quaiito credo che il mio libro sia ciche molti altri, pi sapienti e pi garbati,non sono : cio un'opera di vita. Io ton ho volutofare ne una storia della filosofia moderna neuna serie di saggi su filosofi moderni. Il miolibro non ha rijitenzione ne di informare i mieilettori di ci che hanno pensato precisamentei filosofi di cui parlo ne di fare dei co7nm.en-tari dotti o delle interpretazioni rigorose delleloro filosofie.

    Questo libro un pezzo, o un'insieme di pez-zi, di un'azitobiografia intellettuale. tmo deiprodotti della mia liberazione da molte cose dicui ho sofferto il tentativo, in ispecial ?nodo,

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    vili E NECESSARIO LEGGEREdi liberarmi dalla filosofia e daifilosofi. , an-che, il testamento di un'epoca della 7Ha attivitdedicata soprattutto alla pole^nica e all'assalto.Ha un valore, cio, soprattutto personale ; comeuna serie di confessioni indirette, come un se-guito di repulsio7ii e di avversio?ii che si mani-festano a proposito di dati uomini, presi cometipi di cose e d'idee repugnanti e nemiche. AvrUfi valore, dtmque, a seconda di quello che farin seguito: sefar qualcosadi cos iviportafite chevalga la pe7ia di venir demolito, sar un docu-mento prezioso della mia vita spirituale di que-sti toltimi a?ini se invece non arriver acompiere quello che medito sar uno sfogo cheinteresser soltanto qualche compagno di cam-mino qualche dilettante di anime. un libro, insomma, il cui valore sar se-gnato dalfuturo.

    * *

    Al di fuori di questo significato puramenteindividtMle che mi e piaciuto afi^ermare su-bito C071 la pi chiara franchezza questo libropilo averne un altf'o, pi gerterale, e, forse, piiirappresentativo di certe correnti co?itempora-

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    QUESTA PREFA210NE IXnee. , come sarfacile accorgersene 7i fine, unprocesso della filosofia, uno sforzo per dimo-strare tutta la vanit, la vacuit, V iiutilit ela ridicolaggine della filosofia. Ho voluto, in-somma, fare una liquiciazione generale di que-sto equivoco aborto dello spirito uma7io, di que-sto mostro di sesso dubbio che non vuol esser nescienza ne arte, ed e U7i misc?4,glio di iittte e duele cose senza arrivare ad essere uno strumentodi azione e di conquista. Preso in questo se?isoil mio libro potrebbe essere ilprogncm?na di unagenerazione di buona volont: Passassinio di unessere inutile per preparare nuove forme di at-tivit mentali pi degne di animali che si chia-7nano pomposamente i re della creazione.Ma perfare questo processo ho preso la partepiit viva e recente della filosofia, quella che correanche oggi nelle scuole e nei giornali e che vadalla fine del XVIII secolo ai primi del XX.E invece difare il processo alla filosofia in ge-niere, presa in astratto, l'ho voluta giudicare, as-salire, aggredire e giitstiziare 7i persona deisuoi maggiori rappresentanti dell'ultimo se-colo, presi cofue itomini vivi e concreti e deter-minati. E li ho presi a u7io a uno per il petto eli ho sbattuti 7iel muro con tutta la furia di cui

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    X E NECESSARIO LEGGERES0710 stato capace, senza riguardi e senza piet.Ho cercato di guardar bene itegli occhi ciascuno,di scoprire la sua anima nascosta, il suo io picaro e ho messo alla tortura quelle tre oquattro idee che ciascu?to di loro ha inventate oha rese celebri e dopo averle mahnenate ho cer-cato di gettarle via cone inutili carogne.Davanti ognuno di loro mi son sentito co-me ttn nemico insaziabile, come un distruttore

    necessario e mi e parso che sbarazzata la stradadai loro enormi cadaveri e dalle loro freddeombre avrei camminato ?neglio,A questo modo venuto fuori un libro eh' U7tmassacro, un macello, una strage, ^m pubblico

    mattatoio. Mi son mostrato pieno di 7ma volontdi ticcidere, di annientare, di sbranare, di ac-coppare tale da far torcere tutti i musi dei le-gittimi mariti della storia seria, diligente eobiettiva.

    So be?iissijno, senza che me lo ripeta?io gli al-tri, che tutta questa foga ha nociuto alla soliditdel libro. Sarebbe stata necessaria una maggiorepreparazioie, ima maggiore cautela, tma mag-giorefreddezza. Il libro, forse, sarebbe riuscitopi efficace.Ma avrebbeperduto certo quell'odoredi polvere e di giovinezza, qttell'andatura un

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    QUESTA PREFAZIONE XIpo' Spavalda e un po' donquijotesca che io amotanto C071 grande mio danno.

    Cos com' venuto fuori, attraverso tre annidi 'pigrizia meditabonda interrotta solo daqualche serata di lavoro furente, mi se^nbrano7i del tutto indegno di quello che vogliofaree far in seguito. Per qtiesto ini son deciso afarlo stampare e son certo che ad onta dei di-sdegnasi silenzi dei filosofi altolocati e dellesmorfie degli studiosi seri, ci sar qualche scono-sciuto giovine amico che trover in queste af-frettate pagine delle gioie e dei sentieri.

    Firenze, 21 settembre 1905.

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    INDICE necessario leggere questa Prefazione . . pax. viiI. . , Kant IIL. -Hegel 45III . Schopenhaner 95IV . Cornte 131V . . Spencer 183VI . Nietzsche 223VII. Licenzio la Filosofia 263

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    I.

    EMANUELE KANT

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    Kant un filosofo celebre: anzi addiritturail pi celebre dei filosofi moderni. Tutto quelloche la fama poteva dargli 1' ha avuto: dai di-scepoli testardi ai glossatori intorbidanti, daimonumenti sulle piazze alle riviste speciali. Maio non sono egualmente sicuro eh' egli sia ungrande filosofo, e, perfino, ch'egli sia semprefilosofo. Badate che la sua fama stessa . so-spetta : chi potr dire quanto v'ha contribuitola reclame tedesca e l' ignoranza latina ?

    Leggete, ad esempio, l'apologia stupefacentedel Cohen che attribuisce a Kant perfino il me-rito della vittoria di Sedan, e pensate, anche,che qualche maligno ha detto che i Francesileggono Kant unicamente per darsi l'ariadi gente profonda.... E la sua gloria sospettada un altro lato : eh' inverosimilmente mi-tica. Kant non pi il pacifico professore diKonigsberg, fedele suddito di S. M. il Re diPrussia, ma diventato un simbolo, un per-

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    2 KANT

    sonaggio di leggenda. Non pi un filosofo, /a Filosofia. passato nel linguaggio co-mune, sceso quasi al proverbio : nei ro-manzi borghesi chi studia filosofia non puparlar che di Kant. Diciamolo pure : diven-tato un patriarca, un pontefice, un semidio.Se ne parla molto perch pochi lo conoscono : un tempio su una montagna, che tutti veg-gono e nessuno visita.Quando la fama a questo punto non pisicura : pi un'eco che ripete che un amoreche sa.Nel caso di Kant le nebbie del linguaggio

    e l'asprezza delle cime hanno aiutato l'opera.Per giudicarlo, per vederlo in faccia, bisognavarcare le brume, ascendere la montagna egettare in disparte i panegirici : in una pa-rola bisogna scoprirlo.

    I.

    L' UOMO.Confessiamolo liberamente: l'uomo, cos alle

    prime, non simpatico. E impossibile che unprussiano cos perfetto, che un tedesco costipico come Kant possa piacere a un latino.

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    KANT

    Per quanto i contrari si attirino ci son troppemontagne fra loro. So bene che corre voce cher homo logis, il filosofo severo, deve essereobiettivo, spogliarsi di ogni simpatia e anti-patia, dimenticare la propria persona e la pro-pria stirpe. Sarebbe una curiosa esperienzase fosse possibile. So che molti l'han dettoe che molti han tentato. Ma guardate benaddentro nelle loro cose e vedrete che non cison riusciti. La personalit, i sentimenti, larazza son l, nascosti, impliciti, ma presenti.Val meglio confessarli apertamente che na-sconderli con promesse di amputazioni imma-ginarie. Il filosofo oltre che filosofo uomo, el'uomo non si fa mettere alla porta con quellacompiacenza che immaginava il buon Taine.Perci io, latino, concesso liberamente chenon amo e che non posso amare Kant. E daaltra jjarte bisogna che parli di lui, uomo, perla stessa ragione che me lo rende antipa-tico, cio che la filosofia non qualcosa d'in-dipendente dall'uomo tutto intero, ma pre-cisamente l'espressione razionale di ci chel'uomo, come vivente completo, ha di piprofondo.

    Cos necessariamente, anche per il nstro

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    4 KANTprofessore di Konigsberg, Kant sar forse ungrande filosofo, ma certamente un borgheseonesto e ordinato. Tutta la sua filosofia sta qui,in questi tre aggettivi eh' io vi prego di me-ditare. Ricordatevi eh' egli un critico e unmoralista, cio un onesto nella conoscenza enell'azione un regolatore e uno scolastico,cio un uomo d'ordine nella materia e nellaforma della sua dottrina. Come per onest in-tellettuale egli rovescia le prove teologichedell'esistenza d' Iddio e della libert, cos peronest sociale egli ristabilisce la credenza al-l'uno e all'altra. Cosi egli conseguente nelsuo temperamento fin nelle sue contraddizioniapparenti.

    Egli un borghese, ho detto, cio un uomomediocre. N il padre sellaio, n la madrepietista, n la piccola citt prussiana possonoavergli dato il senso delle grandi cose. Aldifuori della morale cristiana e della mecca-nica di Newton egli non vide altro scampo. Lasua vita rneschina, ristretta, povera, la vitadi un professore zelante che fa trenta ore dilezione la settimana e riceve 1490 talleril'anno.

    Fuori della filosofia un perfetto filisteo che

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    KANTla sera beve della birra con dei mercanti ri-dendo delle storie del giorno, e calcola quanteoncie deve mangiare e quanti minuti devepasseggiare. Neppure il suo corpo era bello :piccolo e meschino, di aspetto nn po' scim-miesco, non era fatto per la seduzione deicuori o per le pose pittoresche. Tutto glimanc per farne un uomo interessante: per-fino le persecuzioni dei potenti e le avventureconiugali. Dalle prime si liber col silenzio,dalle seconde col celibato. Cos la sua leggen-da biografica raccomandata alla storiella deiborghesi che rimettevan l'orologio sulle suepasseggiate e a quella del bottone dello scolaro.

    Quest'uomo che parla di tutto ha delle lacunestraordinarie e che sono altrettante prove delsuo spirito di piccolo borghese. Parla d'arte ed'estetica e non conosce Shakespeare, non hamai visitato una galleria di quadri e preferiscea ogni altra la musica militare. Fa dei corsidi geografia e non mai uscito fuori di Ko-nigsberg pi di dieci miglia ; tiene in granconto il sentimento e non vuol aver relazioniper molti anni colle sue sorelle povere.Ma in compenso egli rigidamente morale epedantescamente ordinato: nella sua coscienza

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    6 KANTnon c'era un rimorso e nella sua casa non c'erauna cosa fuori di posto. Al di fuori delle suemanie di moralit e di regolarit io non sa-prei trovare in lui di forte che l'orgoglio. Vo-lentieri si paragonava da s a Copernico, aspet-tando che gli ammiratori lo dicessero nuovoCristo e nuovo Socrate, e malvolentieri leg-geva i libri degli altri e ascoltava le obiezioniai suoi. Ed anche questo orgoglio spiega uncarattere della sua dottrina, cio quella tra-sposizione dal divino all' umano eh' statanotata dal Fonsegrive. Dare all' uomo quelche l'uomo ha dato a Dio un bel gesto eKant r ha fatto. Sarei quasi per dire eh' lacosa pi bella della sua vita e della filosofia.

    II.Il sistema.

    Cos' dunque e che vale questa famosa filo-sofia kantiana, che ha servito agli storici perdividere in due periodi il pensiero moderno ?Essa quella che poteva e doveva farla lostrumento che abbiamo visto in iscorcio.Kant un borghese, cio uomo piccolo, me-diocre, prudente, poco amante di avventure e

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    KANTd'estetica. A priori sappiamo dunque eh' eglinon ci dar una di quelle belle metafisiche,una di quelle fantasiose e grandiose cosmo-logie che fecero la gloria dei presocratici edei cartesiani. un uomo che ha qualcosa dasalvare e da limitare : salvare la vita dal malee la scienza dallo scetticismo, separare ilmondo pratico dal conoscitivo, la ragione dal-l' esperienza.Far dunque necessariamente un'etica e una

    gnoseologia, e se questa precede l'altra nel-l'ordine cronologico dei libri siate pur sicuriche la prima la precede, consciamente o no,nell'animo suo. Tutti vivono la vita pratica,solo pochi quella speculativa e Kant era troppofilantropo per non pensare subito all' interessepi vasto.

    L'esposizione naturale dunque, e non la sto-rica, della dottrina kantiana comincia con lamorale. Kant onesto, stato a scuola daipietisti e legge Rousseau. Ci basta per ca-pire che la sua morale sar cristiana, perchKant un uomo onesto del secolo XVIII nel-r occidente cristiano ; individuale e internaperch il pietismo ricondusse alla considera-zione della vita intima il formalismo prote-

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    stante e sentimentale perch il sentimento di moda e il sentimentalismo la malattiadella seconda met del settecento.Kant infatti parafrasa il consiglio di Cri-sto : Non fare agli altri ci che non vorrestifatto a te stesso , e stabilisce che 1' uomoporta in s allo stato di sentimento profondola legge morale, quella che egli esprime coltroppo famoso imperativo categorico. Ma ildovere non basta, ci vuole il potere. Io possoavere, come dice Kant, la buona volont, lagiite Wzlle, ma a che mi serve se non possoseguirla ? Ci vuole dunque il potere, cio lalibert. D' altra parte 1' uomo del dovere hadiritto alla felicit, eh' il sommo bene, equesto, per quanto si faccia, non consegui-bile nella nostra vita, cos breve.Bisogna dunque che l'anima sia immortale

    e per conseguenza che esista un Essere su-premo, dispensatore di beni e di mali, per cuisi giunga al sommo bene. Tutta questa ar-meria metafisica necessaria per una moraledel dovere. Se fosse un' altra, ad es., quelladell'interesse, se ne potrebbe fare a meno, anzise ne dovrebbe fare a meno, ma Kant vuol sta-bilire la sua sulla roccia ferma e dura della

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    KANT 9legge morale, indipendente da tutte le rela-tivit dei motivi umani.Ma questa pretensione gli costa cara. Per-ch tutti codesti appoggi presuppongono unmondo reale, un mondo assoluto, e d'altraparte vorrebbero essere dimostrati. Ed eccoKant trascinato per forza verso il trabocchettodella gnoseologia. Kant, ricordiamolo ancorauna volta, uomo d'ordine, onesto e inoltrescienziato e newtoniano. La sua gnoseologiadovr dunque salvar la scienza e d'altra partesalvare il mondo metafsico. Dovr essere unacosa ben regolata e compiuta con una certalarghezza intellettuale. La Critica della Ra-gion Pura tutto questo, fino all'ultimo.Kant salva la scienza, cio il mondo delrelativo, del fenomeno, del determinismo, macol suo noumeno salva pure il mondo dell'as-soluto, della libert, dove Iddio e l'anima po-tranno dormire i loro sonni tranc^uilli e met-tersi sempre a disposizione dei bisogni mo-rali. E come da borghese prudente egli hasalvata la scienza e la metafisica, cos da con-ciliatore accorto egli riesce a salvare insiemeil sensismo degli empiristi e 1' innatismo deirazionalisti colla sua teoria della forma e della

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    10 KANTmateria del conoscere. Ma non basta. Egli uomo d'ordine ed eccolo ad enumerare tuttele sue distinzioni tra concetti, idee, intelletto,ragione, ecc., ecc., e a costruire la sua tavoladi categorie colla simmetria di un architettometicoloso e colla minuziosit di un cancel-liere diligente.Ma esaminando la conoscenza egli s' av"visto*che tutte le prove razionali che si possonodare d' Iddio, dell' immortalit, della libertnon reggono perch se non e' conoscenzache di fenomeni l'assoluto inafferrabile, im-prendibile, inconoscibile. Quello che e' inKant di galantuomo filosoico lo confessa,ma il Kant borghese, cristiano e prussianoche ha bisogno della morale perch la so-ciet vada avanti non pu fare a meno deivecchi factotum spiritualisti. Se la scienzafenomenale, da persona esigente e sofsticaqual', non li pu riconoscere e li manda inesilio dal suo regno, Kant si ricorda che ac-canto a quello della ragione e' un altro re-gno : quello della fede. Dio non si pu dimo-strare ma si deve crederci. Lo stesso perr immortalit dell' anima e per la libert.

    Cos Ragion Pratica e Ragion Pura concor-

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    KANT 11rono alla stessa opera e giungono a conclu-sioni parallele. Kant ha compiuto quel chedoveva compiere. La morale minacciata dalrelativismo empirista, la scienza minacciatadallo scetticismo, la metafsica minacciata dal-la scienza aveva bisogno di un salvatore. Kantche aveva bisogno di tutte queste cose allavolta stato il sovrano taumaturgo che haoperato il miracolo ed ha salvato tutto o quasitutto senza distrugger niente o quasi niente.Il suo bisogno d'ordine morale ha soccorsola morale e per forza la metafsica e il suobisogno d' ordine razionale ha salvato lascienza e per conseguenza l' ha limitata eanalizzata.

    Questo , nel suo processo spontaneo e nellesue sorgenti personali, lo schema del pensierokantiano, simmetrico e geometrico. Due for-me d' attivit : la pratica e la teorica. Duemondi : il fenomenico e il noumenico. Duefonti di conoscenza : i sensi e la ragione.

    Il monumento par regolare e soprattuttopar solido. Ma noi ne abbiamo fatto la piantasenza saggiarne le fondamenta. Questo siste-ma concilia troppe cose e fa troppe distin-zioni perch possa esser resistente. E troppo

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    comodo per esser forte : ricordiamoci che icastelli sono la negazione del confort.E chiaro che nel sistema tre sono le ideebasali, i pilastri che reggono tutto : 1' impe-rativo categorico, Ya priori, e il fenomeno eil noumeno. Abbattuti questi l'edificio crollae si sfascia alla prima brezza, e del gran ca-stello kantiano, rifugio supremo del bene edel vero, non rimangono che dei frammentidi mura e delle torri mozzate. Allora, se Spen-cer ha ragione, quel giorno, chiss, perfinoKant diverr poetico ! Per oggi un re troppopotente che occorre cacciar dal trono.

    III.

    La moraleKant come uomo civile e come insegnante

    di filosofia aveva bisogno di una morale. Comecristiano e come studioso di meccanica egliaveva bisogno che questa morale fosse all' in-circa d'accordo col Vangelo e che avesse nellostesso tempo tutti i caratteri rassicuranti dellascienza, cio l'autonomia, la razionalit e l'uni-versalit. Il venerabile guardaroba filosofico,

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    KANT 13

    pieno di vesti fuori d'uso, di costumi compro-mettenti e di toghe troppo arcaiche, non glioffriva nulla di simile e Kant fu costretto afabbricarsi la sua morale, colle sue mani e colsuo pensiero.La prima cosa eh' egli dovette rigettare fu

    ogni sorta di morale edonista. Se ammettiamoche le azioni si compiono in vista del pia-cere e dell' interesse, 1' altruismo non ha piuna base solida, la morale non pi n im-perativa n universale. Infatti chi non provapiacere a far del bene agli altri non ob-bligato a farlo e siccome tutti seguono il lorointeresse naturalmente e questi interessi sonopersonali e transitori inutile comandare ed impossibile generalizzare.

    Allora Kant inventa la sua buona volont,der gicte Wille. Cio.la volont non buonariguardo ai fini particolari ma buona in sin quanto segue un principio interno e razio-nale. Questo principio, non considerando i finiparticolari degli uomini, non pi ipotetico,non pi un consiglio o una regola, ma un ordine, un imperativo categorico, e sic-come deriva dalla ragione universale. Cosio non debbo fare ci che a me, oggi, in que-

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    14 KANTSto istante, mi conviene, ma debbo fare ciche tutti e sempre debbon fare secondo lalegge. Tolto ogni motivo interessato, tolta laconsiderazione degli scopi, stabilita la razio-nalit e universalit della legge, ecco resala morale tanto autonoma e tanto scientificache si pu desiderare. Ed ecco l' imperativocategorico al quale tutto converge : Agisciin tal modo che la massima della tua volontpossa sempre valere nello stesso tempo comeprincipio d' una legislazione universale. La formula celebre, chiara e ben sonantema non egualmente profonda. Kant ha vo-luto fare della morale scientifica e ha fattodella morale sentimentale, e nel momento incui vuol comandare appunto allora che ob-bedisce. Contraddizione e illusione sono i duevizi nascosti ma fatali della sua dottrina.

    Questa dottrina evidentemente altruistica,perch pone il dovere di compiere ci chegli altri tutti posson compiere, e per conse-guenza di non fare agli altri ci che fattodagli altri potrebbe nuocere a noi. L'impera-tivo di Kant un consiglio di Cristo pas-sato attraverso alla mente di un newtonianotedesco.

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    KANT 15Ora questa morale che vuol sgorgare dalla

    ragione, che vuol essere al disopra dell'inte-resse ha proprio per sostrato qualcosa che laragione non pu dare, ma che viene invecefornito dal sentimento e dall' utilit. L'altrui-smo un fatto sentimentale e non razionale, un motivo utilitario e non disinteressato.Noi facciamo il bene agli altri non perch laragione ci possa dimostrare la necessit di farloma perch l'abitudine, la paura, la piet ciportano a farlo. Oppure noi facciamo il benenon perch una legge astratta ce lo impongama perch proviamo piacere a farlo e perchsperiamo di ricevere in cambio altro bene, incondizioni inverse. L'altruismo dunque unsentimento spontaneo o un calcolo interessatoe non un postulato della ragione e un princi-pio universale.Kant ha in s stesso, per infinite ragioni,questo istinto sentimentale e calcolatore del-l'altruismo e tenta dargli una consacrazionescientifica, ma il motivo stesso che lo spingea razionalizzare qualcosa di non razionale.Egli cos affezionato all'altruismo che fadella ragione per sentimento.Ma la scienza la scorza, la formula : il

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    16 KANT

    contenuto, la cosa viva il fenomeno affet-tivo e vitale ch'egli porta in se e che vuoleaffermare. E non questo il solo contenutosentimentale della morale kantiana. L'altrui-smo intimamente legato coli' idea egualita-ria. Si deve far bene agli altri perch tuttihanno i nostri stessi bisogni e i nostri stessidiritti. Anche la preoccupazione scientificadi Kant esigeva, per ottenere l'universale, ilpostulato dell'eguaglianza degli uomini L'im-perativo per essere razionale deve adattarsia tutti, il che significa che pu adattarsi atutti, cio che gli uomini sono eguali. Oraquesto principio la ragione non lo d n pudarlo, anzi essa forzata a dire il contrario.

    Osservando gli uomini essa ne scopre leinnumerevoli e profonde diversit date daltemperamento, dall'et, dalla razza, dal luogo,dal tempo, dalla cultura. Essa costretta ariconoscere che gli uomini sono simili inquello che hanno di pi basso, di pi comune,di meno personale, cio nelle funzioni ani-mali. Ma anche in quelle son simili in quantose ne fanno dei concetti, cio in quanto cisi stacca dal reale. Ad esempio tanto un vil-lano che il Petrarca sono simili nel fatto di

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    avere un bisogno sessuale, ma soltanto sontali rispetto al fatto genesiaco elementarein generale. Se scendiamo al reale vediamoche, il villano non cerca che l'accoppiamentocon una villana mentre messer Francesco vain cerca di g^entildonne e oltre che accop-piarsi scrive dei soletti e delle canzoni. Ogniuomo dunque qualcosa di diverso, di nuovo,d'ineffabile, di assolutamente personale, e l'e-guaglianza umana non che una illusioneintellettualista generata da un bisogno senti-mentale.

    Perch ci che la ragione non d n pudare, il sentimento lo d ; il sentimento chespinge a semplificare le cose per vederle conminor fatica e che ha bisogno di sentir deifratelli per paura della solitudine. Rousseau,l'uomo del sentimento, ha dato a Kant, l'uomodella ragione a.pparente, il postulato dell'egua-glianza, e cosi la morale che voleva essere lavoce astratta della Vermiift si trova ad esserela seconda volta la serva del Geftihl. E non ancora 1' ultima ; il sentimento entra ancorada un'altra porta, da quella della libert. Kantsa benissimo che nel mondo dei fenomeni ildeterminismo assoluto, che non si pu far

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    18 KANTdella scienza senza credere alla necessit. Mad'altra parte egli ha bisogno per fondare so-lida.mente la sua morale che la volont siaautonoma, sia un fine assoluto, cio sia li-bera. Nel mondo kantiano la libert esistema cacciata nel noumeno e non facileaccordare i due mondi sul terreno dell'azionepratica. Infatti Kant non ci riesce e colla suatrovata dell'anima come carattere intelligibile,cio al di fuori del tempo, cio noumeno, nonfa che precipitarsi nella contraddizione e aprirla via a quel subiettivismo fichtiano del qualepoi non vuol sapere. Invece di fare una con-ciliazione, osserva il Ruyssen, egli non fa chemostrarne 1' impossibilit. La giustificazione,dunque, della libert dell'io non pu esserrazionale. Essa infatti sentimentale.

    Il bisogno della responsabilit, la necessitvitale di stabilire l'autonomia, il senso interno,che si mostra soprattutto col rimorso, sono leragioni sentimentali per cui, a dispetto dellalogica e della chiarezza, Kant introduce biz-zarramente la libert trascendentale nel de-terminismo naturale e costante.

    Cos questa morale kantiana che aveva l'a-ria di librarsi al di sopra di tutte le contin-

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    genze del sentimento per attingere i picchiimmutabili della ragione tutta impregnata,materiata e riempita di fatti sentimentali. Percolmo di contraddizione perfino lo stesso de-siderio di farne una cosa razionale d'ori-gine affettiva.Non per nulla Kant apparizione al secolo del-VAu/kldncng e legge gli enciclopedisti. An-ch'egli ha il culto e il fanatismo della ra-gione. In quel tempo la ragione la divinitpi adorata negli ambienti colti, e Vamoree la confidenza in essa non hanno limiti. C'non solo il sentimento della ragione ma ad-dirittura la passione della ragione. AncheKant, appassionato per la bella sicurezza dellafisica e della matematica, ha seguito la cor-rente comune e per istinto, per amore ha vo-luto fare della morale una scienza. Ma questomovimento affettivo 1' ha portato all' ultimaillusione, a quella che i principii astratti pos-sono avere influenza sulle azioni degli uomini,al pregiudizio intellettualista secondo il qualei saggi guidano il mondo. Pregiudizio sette-centesco al quale il Kant nonch reagire haobbedito pi degli altri. Egli ha dimenticatoche se la vita di un sedentario filosofo pu

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    20 KANTavere un' apparenza di regolarit e di razio-nalit, gli uomini non agiscono e non possonoagire che in forza del sentimento. Gli istintiprofondi della vita non si lasciano menareda dieci formule, ma piuttosto son capaci dicrearne cento per giustificarsi. Un imperativorazionale riguarda alla condotta umana unnon senso: superfluo o ingenuo.O l'imperativo d'accordo col sentimento ecomanda di fare ci che gli uomini fanno na-turalmente e allora perfettamente inutile oppure, come nel caso di Kant, contrarioagli istinti umani, e ordina di non curarsidegli interessi e dei piaceri personali e allora sterile, illusorio, pu esser detto, ripetuto,insegnato, commentato ma non seguito nagito. Kant dunque fallito completamentenell'affare che gli premeva di pi. Volevafare una morale scientifica e ne ha fatta unasentimentale; voleva farla universale e non s'accorto che 1' ineguaglianza umana la rendeinconcepibile ; voleva farla indipendente e l'hafatta schiava dell' istinto ; la voleva domina-trice ed ha finito col renderla ingenua. Sidirebbe quasi che la morale porti sfortuna atutti, anche ai moralisti. Kant per non sol

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    KANT 21tanto un moralista ma anche un gnoseologo,anzi, per alcuni, sopratutto un gnoseologo. Ve-diamo dunque se gli si posson render gli onoridelle armi attraverso ai laberinti ideologicidella Critica della Ragion pura.

    IV.\JA PRIORI.

    Anche in gnoseologia Kant comincia colfare il disdegnoso : nessuna delle teorie inpresenza verso la met del sec. XVIII sullanatura della conoscenza serve abbastanza aisuoi scopi. N l'empirismo inglese n il car-tesianismo franco-germanico lo contentano.Tutte e due queste correnti hanno il gravetorto, secondo lui, di condurre allo scettici,smo e non e' cosa che spaventi di pi unprudente filisteo che il sentirsi mancare sottoi piedi la terra ferma della certezza.Egli ha s una certa stima per quel buon gen-tiluomo scozzese che si chiama David Hume,perch i suoi libri, confessa egli stesso, l'hannosvegliato dal sonno dogmatico, ma appenadesto si affretta a combatter contro di lui.La morale sta troppo a cuore al cittadino di

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    22 KANTKonigsberg : per essa bisogna che la scienzasia certa, che il mondo sia vero, che la co-noscenza sia possibile. Perci egli si ripro-pone il problema che da Campanella e daLocke era divenuto il rompicapo favorito deifilosofi cio : Com' che si conosce ? Che va-lore ha il nostro conoscere ? Kant, dopo averpensato, meditato, ietto, classificato e scrittoper circa venti anni, pubblic per la fiera diLipsia del 1781 un libro impresso a Riga daGiov. Fed. Hartknoch, che portava il titoloun po' sibillino di Critica della Ragion pura,e che risolveva con un elegante giuoco diprestigio il tormentato problema. Che cosaaveva immaginato di bello il nostro filosofo ?Qualcosa di molto semplice e di molto co-modo : una conciliazione e un rovesciamento.Hume diceva : tutte le conoscenze vengondai sensi. Cartesio invece aveva sostenuto :la vera conoscenza data dalla ragione. Etutti pensavano da tanti secoli : La mentedeve adattarsi alle cose.Arriva Kant, cambia scena e annunzia la

    gran novella : la conoscenza vien data insiemedai sensi e dalla ragione e son le cose chesi adattano al pensiero.

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    Tutto ci era molto utile, ed aveva un aria dioriginalit che piacque e sedusse, quando il li-bro, dopo qualche anno, fu capito. Ma disgraziavuole che non tutto ci ch' comodo e nuovosia egualmente concepibile e coerente e taleprecisamente il caso deir priori Kantiano.

    Il ragionamento di Kant, quando sia libe-rato da tutti gli inutili pruneti della sua ter-minologia, molto semplice. I sensi soli nonposson dar conoscenza perch non ci dannola necessit e l'universalit che pure le scienzefisiche e matema,tiche posseggono e d'altraparte neppure i concetti della ragione ci pos-sono insegnar nulla poich non sono che formevuote, prive di significato. Perci per otte-nere la conoscenza reale necessaria la coo-perazione di ambedue gli elementi. C' dunqueuna materia della conoscenza che vien for-nita dai sensi e una forina che vien fornitadalla ragione. U priori, che nello spiritoin potenza, fornisce ai dati caotici dell'espe-rienza i suoi modelli, e per mezzo dei giu-dizi e delle categorie rende possibile la scienza.Dunque la realt ch' costretta a modellarsinella mente e non questa che deve abbassarsifino all'altra.

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    24 KANTU priori salva tatto : scaccia il fantasmadello scetticismo, mette d'accordo della brava

    gente e d la soddisfazione di sentirsi colla-boratori del Creatore.

    Salva tutto a condizione d'esser compreso,almeno per coloro che non si appagano deiJlatus vocis. Cerchiamo dmique d' intenderecosa pu essere questo a priori. Si escludesubito che sia qualcosa di simile alle ideeinnate dei cartesiani: infatti queste sono so-stanziali e quello formale. Bisogna pureescludere che sia lo spirito in generale, per-ch lo spirito non concepibile che comecomplesso di idee e queste, per esser formate,hanno bisogno della cooperazione del datoesterno. Non ci rimane dunque che ad am-mettere che si tratti di una occulta poten-zialit soggettiva che appare ed opera proprionel preciso istante in cui i sensi fornisconoi materiali della conoscenza.E badate che questa non una definizionee non neppure sicura. Poich Kant ha avutala prudenza, o piuttosto la necessit, di affer-mare Va priori senza provarlo. Egli descrivecom' che Va priori concorre alla conoscenzama non s' mai occupato di rivelarci di propo-

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    KANT 25sito come se ne dimostra la presenza. Il farlosarebbe, confessiamolo, parecchio difficile e ilnostro filosofo s' risparmiato il disturbo. Mase Kant fosse ancora vivo e verde e facesseancora la sua passeggiata quotidiana nei vialidi Knigsberg io vorrei prendermi il gustodi fargli qualche domanda insidiosa : Voiaffermate, gli direi con tutto il rispetto di cuison capace, che la conoscenza deriva da duefattori, la materia eia forma, i sensi e Va priori.Ma voi riconoscete che questi due elementisono indissolubili, che tutti e due concorrononecessariamente e nello stesso tempo a darciil fenomeno. Ora per quale divina rivelazioneo per quale misterioso procedimento voi, Ema-nuele Kant, uomo di carne e d'ossa, avetepotuto scoprire e concepire isolato uno diquesti elementi ? Prendiamo, per maggioresemplicit, le forme a priori dell' intuizionesensibile : il tempo e lo spazio. Queste forme,a quanto sostenete, sono necessarie e costanti,e noi non possiamo avere esperienza che inloro e per loro. Esse sono cio inseparabilinel nostro spirito in ogni fatto di conoscenza.Come va allora che voi, Kant, le abbiate po-tute concepire separate e staccate ? Come

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    26" KANTavete potuto parlare di tempo e di spaziocome forma se questa forma legata, fusa,uiiita^ sempre e in ogni luogo, alla materia ?Come mai se lo spazio e il tempo sono dellemuraglie sempre presenti e invarcabili voiavete trovato il modo di uscirne e di rac-contarci quello che avverrebbe se non ci fos-sero ? Se Va priori una prigione perpetuacon quale magica chiave ne siete uscito ? Sela conoscenza una sintesi continua e non che sintesi come avete potuto disciorglierla?Se non avete che dei fenomeni, cio dei pro-dotti, come avete potuto isolare i produttori?

    Se la vostra teoria vera inconcepibilee s' concepibile falsa. Se noi possiamopensare Va priori per conto suo significa chela conoscenza non sempre sintetica come voiaffermate e che si pu pensare senza la ma-teria, e se diciamo che 1' a priori adatta emodifica le cose esterne significa che noi co-nosciamo le cose come sono avanti di essermodificate, altrimenti non potremmo dire chevengon cambiate, e allora conosciamo senza apriori. O noi non ne possiamo fare a meno eallora non possiamo dire se le cose vengonos o no adattate da lui, perch affermiam-o im-

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    KANT 27plicitamente di non conoscerle, o noi le co-nosciamo e allora Va priori non pi neces-sario e universale e prende tutte le apparenzedi una formazione a posteriori.

    Infatti r a priori kantiano non escluder ipotesi di una origine empirica. Kant, ve-nuto avanti 1' evoluzione, non ha voluto faredella psicogenesi e neppure della psicologia.Egli ha preso la mente del tedesco adulto epensante eh' stato a scuola di Wolff e credealla ragione e cerca di scoprire il meccanismodi quel fatto che si chiama conoscenza. Eglinon si chiede: cos' questo a priori? comeviene ? ma lo d come fatto d' esperienza, delquale egli si occupa di determinare l'operasenza dimostrarne l'esistenza. Se l'avesse fattoegli si sarebbe trovato in un curioso imbarazzo.

    Com', caro professore Kant, gli avreichiesto qualche sera all'ombra dei tigli diKnigsberg che noi conosciamo Va priori fNon certo a priori perch una conoscenza a-prioristica deir priori non avrebbe senso nper voi n per me. Ma poich voi avete fatta,dietro il vostro illustre compatriotta GoffredoLeibniz, la sua scoperta, bisogna che l'abbiateottenuta per mezzo di quella bassa esperienza.

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    28 KANTinterna o esterna, psicologica o scientifica, allaquale nel vostro sdegno anti-empirista avetenegato i titoli di nobilt della scienza, cio lanecessit e 1' universalit. Cos noi possiamodedurne la piacevole conseguenza che slamgiunti a conoscere ci che d 1' universale eil necessario per mezzo di ci che non nuniversale n necessario ! E il buon Kant, se fosse stato uomo dispirito m'avrebbe risposto: Caro e diligentediscepolo, non andate per carit a rintrac-ciare la genealogia di un concetto cos co-modo come questo. Quando Sua Maest ilRe di Prussia trova un bel granatiere, dallespalle quadrate e dalle braccia forti, che glisar utile nelle sue guerre gloriose, non pen-sate che gli chieda i documenti della sua ge-nerazione e che lo cacci dal suo esercito se figlio spurio invece che legittimo.

    U -priori non dimostrabile, non con-cepibile, tutto ci che volete, ma trovatemi,di grazia, qualcosa che abbia tanto 1' aria diessere una spiegazione e che serva cos benea finger di superare il pericoloso scetticismodei sensisti come il vuoto dogmatismo deirazionalisti.

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    E infatti r a priori, in Kant, piuttostoun articolo di fede che una teoria critica, e ildevoto kantiano dovrebbe aggiungerlo allecose che bisogna credere senza poterle dimo-strare.Una dimostrazione dell'a: priori impliche-rebbe tre contraddizioni e tre inconcepibilit.La prima l'ho gi accennata : come si possonoottenere gli elementi primitivi e dire gli ef-fetti reciproci quando non abbiamo n pos-siamo avere che composti inscindibili ?

    L'altra, non meno grave, si riconnette allaquestione del noumeno. Se il tempo e lo spa-zio, ad esempio, sono forme del me, del sog-getto, si afferma che non esistono nel non-me,nell'oggetto. Ma questo oggetto dichiaratoinconoscibile, e inaccessibile dallo stesso filo-sofo, in modo che egli dichiara possibile, inpratica, ci che afferma impossibile in teo-ria, cio dare delle determinazioni dell'asso-luto. La terza stata messa in rilievo daStuart Mill, in una sua risposta al Mansel,nipote di Kant attraverso il figliastro Ha-milton. Affermare che si pu determinarenella conoscenza qual' la parte eh' dovutaal soggetto e quella dovuta alle cose, lo

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    30 KANTStesso che dire che certi attributi apparten-gono al primo e certi altri alle seconde, cioche la loretesa fusione sintetica di cui i kan-tiani avevan menato vanto non sarebbe cheuna giusta posizione meccanica, inferiore per-fino alla combinazione chimica, dove assurdochiedere la parte di un acido e di un alcalinella formazione di un sale neutro (i).Ed curioso notare come tutte queste in-signi inconseguenze e incoerenze della dottrinadeVa priori derivino da un solo ed unico equi-voco primordiale.

    Egli ha imposto Ya priori perch lo credevaindispensabile e lo credeva tale perch nonaveva saputo analizzare abbastanza profonda-mente le condizioni del pensiero scientifico.Egli ha creduto cio che la scienza avessebisogno della necessit e dell' universalit eche l'esperienza non potesse dare n 1' unan l'altra. Doppio equivoco che gli ha fattoinvocare l'aiuto di un alleato pericoloso eche r ha condotto alla disfatta piuttosto che

    (i) Stuart Mill. An Examination of Sir W. Hamil-ton, Philosophy. London, Longmans, Green, etc 1872,(4'* ediz.) pp. 33-34.

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    alla vittoria. U priori che doveva essere unsalvatore stato il suo traditore.Si dice che Kant era uno spirito sottile. Io

    direi piuttosto ch'egli fosse uno spirito clas-sificatore, il che par lo stesso. Ma creare unaterminologia abbondante e complicata non si-gnifica vedere a fondo le cose. E infatti eglicomincia la sua critica con una analisi insuf-ficiente e superficiale dei caratteri del pen-siero scientifico.

    L'esperienza, afferma egli (i), e' insegnache le cose sono in questa o quella manierama non ci dice che possano essere altrimenti.In primo luogo, dunque, ogni proposizioneche non possa esser concepita che come ne-cessaria, e un giudizio a priori. Se inoltrequesta proposizione non derivata ed ha diper s stessa un valore necessario allora assolutamente a priori. In secondo luogo l'e-sperienza non d i suoi giudizi come essen-zialmente e strettamente universali. Essi hannosoltanto, per mezzo dell' induzione, una gene-ralit supposta e comparativa, il che signi-fica soltanto che finora non s' trovata ecce-

    (i) Kritik der Reinen Vernunft. Introduzione. II, 6.

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    zione a questa o quella legge di natura. Cosun giudizio concepito con rigorosa universa-lit, cio in modo che nessuna eccezione siapossibile non deriva dall'esperienza, ma as-solutamente valido a p-ior L' universalitempirica non dunque che un'estensione ar-bitraria di valore che conclude da un valoredato nella maggioranza dei casi, a un valoreper tutti i casi, come, ad esempio, in questaproposizione : tutti i corpi son pesanti ; al con-trario, nel caso in cui una stretta universalitappartiene essenzialmente a un giudizio alloraquesta universalit indica una fonte partico-lare di questo giudizio, cio la facolt di co-noscere a priori. La necessit e 1' universa-lit assoluta son dunque i caratteri certi diuna conoscenza a priori, e questi caratterisono strettamente uniti fra loro. E comeesempio della reale esistenza di questi giu-dizi assolutamente necessari e universali Kantcita, com' naturale, i principii matematici.Qual', dunque, riguardo alla necessit, l'at-titudine del suo pensiero ? Questa e non altra :io posso pensare il diverso e l'opposto di unfatto d'esperienza, mentre non posso farlo diun principio matematico. Prendiamo dunque un

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    caso particolare : il sole. Il sole, come sem-plice dato sensoriale, anteriore a ogni de-finizione e complicazione scientifica, e un di-sco luminoso che ha un certo colore, produceuna data temperatura e compie certi movi-menti. Si pu immaginare l'opposto e il di-verso ? Certamente : noi possiamo pensare undisco pi grande o pi piccolo, oun pentagonoin luogo di un disco, di un colore verde inluogo di giallo, con degli effetti frigorificipiuttosto che calorifici. Tutto ci perfetta-mente pensabile e immaginabile. Soltanto,mio caro Kant, bisogna riflettere che tuttequeste nuove immagini sono le trasforma-zioni del dato primitivo, non sono il cambia-mento in opposto o diverso del fatto speri-mentale che dopo chiameremo e definiremosole. Il disco luminoso e ardente che noiavevamo non viene n cambiato n distrutto :soltanto acquista un compagno. Tutta la no-stra operazione consistita nell'aggiungerenel nostro mondo mentale al fenomeno imme-diato un'altro fenomeno non immediato, maimmaginato e costruito evocando antichi fe-nomeni immediati. Cio non si pu dire cheil fenomeno si possa pensare opposto e diverso

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    ma che se ne possono pensare insieme altri o"^-posti e diversi, rimanendo il primo immobile,indistruttibile, incancellabile, cio ncessarw.E gli altri opposti e diversi, aggiunte e nonmetamorfosi, derivano, si guardi bene, da altridati reali, pure necessari e incangiabili. Quan-do io penso il pentagono verde e freddo io nondimostro la indeterminatezza del primo maaggiungo a quell'insieme di presentazioni unaltro insieme di rappresentazioni. Ma per ilfatto ch'io posso immaginare un corpo diversonon si pu dedurre che il primo possa sparireper dar luogo al secondo o che il secondopoteva benissimo mostrarsi invece del primo.Il primo , e ormai nessuno pu togliergli ilfatto della sua esistenza, i caratteri del suoaspetto e far s che non sia stato : tutte leimmaginazioni che gli si porranno accantonon potranno togliergli il suo carattere diaccaduto, di fatto, cio di necessario. Ma co-m' dunque, pu chiedere un kantiano, cheio non posso pensare il contrario di un prin-pio matematico? Ch'io non posso pensare, peresempio, che una retta sia il pi lungo cam-mino fra due punti o che un triangolo abbiapi di tre lati o meno di tre angoli ?

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    Certamente, ma com', che ci accade? Perla ragione molto semplice che le matematichepoggiano su definizioni, cio su convenzioni dilinguaggio, e che per definizione si chiamaappunto retta quella linea eh' il pi brevecammino fra due punti e triangolo quella fi-gura che ha tre angoli e tre lati. Date certe de-finizioni un ente geometrico cessa d'esser rettoo triangolo quando si affermi il contrario dici che tali parole appunto significano. Eun'assurdit di vocabolario e non di pensiero.Ma se voi togliete le definizioni niente viimpedir d' immaginare una linea che non siail pi breve cammino, e una. figura che abbiaquattro angoli e quattro lati, soltanto alloraper indicare questi nuovi enti dovremo mutarle parole e chiameremo curva la prima e qua-drata la seconda e dovremo concludere chela tanto vantata necessit matematica datadalla convenzione e non daVa priori.

    Perch se voi trasportate la definizionenel campo della pura esperienza e definitechiaramente il sole come un disco luminosoe caldo non potrete dire di poter immagi-nare qualcosa di diverso dal sole perch ilsole sole in quanto possiede appunto quei

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    36 KANTdati caratteri e mutando i caratteri sar tuttoci che volete ma non sar pi il sole.

    Se per necessario intendiamo dunque ciche non pu avvenire altrimenti ogni datodell'esperienza ha il carattere di necessit peril fatto solo eh' accaduto e che noi possiamoimmag'inare il contrario solo come pura operadi fantasia appoggiata su ricordi reali, fantasiache non pu distruggere il dato presente e im-mediato ne provare la sua possibilit in luogodi questo ultimo. Se per necessario intendiamoinvece ci di cui non si pu affermare il con-trario senza assurdit abbiamo visto che talenecessit non deriva da una misteriosa atti-vit a friori ma dai bisogni sociali della co-municazione scientifica che hanno fissato ilvocabolario e le definizioni in modo da nonpoter affermare di un nome se non ci eh' contenuto in esso per convenzione.

    La conoscenza umana dunque necessariadi per s stessa in quanto esperienza, ed necessaria per convenzione in quanto ela-borazione dello spirito.

    Passiamo all'altra questione : la scienza dl'assoluta universalit? Non pare. O noi in-tendiamo l'universalit dei fatti d'esperienza.

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    KANT 37cio un principio che si affermi per tutti ifatti osservati o sperimentati e allora non universale assoluto e deriva dall' esperienza,oppure intendiamo l'universalit dei fatti esi-stenti ma non tutti sperimentati e allora ve-diamo che la scienza, con un giudizio di ana-logia e similarit, estende ai fatti non cono-sciuti ma supposti simili il principio trovatoe s'accontenta cos di una semplice universalitpresuntiva. Ma il giudizio di analogia non Va priori, anzi ricavato dall'esperienza e sipu esprimere cos: A b, e, e d, se avremoun A che sar b e e, sar anche d. Le leggiuniversali che s' incontrano nelle scienze sondunque di una universalit supposta quantoa contenuto ma sono, e qui forse l'originedell'equivoco di Kant, di una assoluta univer-salit riguardo alla forma in cui sono espressee ci, come abbiamo visto per la necessit, inforza delle definizioni.Quando noi diciamo : Tutti i corpi sonopesanti noi abbiamo gi incluso nella de-finizione del corpo il carattere del peso, inmodo che un ente il quale non avesse que-sto carattere non potrebbe necessariamentechiamarsi corpo. E Kant non potrebbe nep-

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    38 KANTpure invocare in difesa la sua famosa di-stinzione dei giudizi sintetici e giudizi ana-litici perch i sintetici son tali solo provvi-soriamente e e' dagli uni agli altri uncontinuo passaggio che distrugge ogni diffe-renza.

    Cos in tutti e due casi Kant ha vistomale : ha negato ci che esisteva, ha sco-perto quel che non c'era, ha dato alVa prioriquel eh' del linguaggio. Egli non potevacominciare in modo meno critico la. sua Cri-tica. Volendo mettere in chiaro le coseha cominciato col non vederle e ha finitocoir imbrogliarle. Desideroso di liberarsi datante tradizioni, di superare tante vedute, diema.nciparsi da tanti legami s' trascinatodietro allegramente il pi antico pleonasmo,la pi vecchia contraddizione, la pi ridicolasuperstizione che abbia mai fatto strage infilosofia. Il mondo vero, il cosa in s, il nou-meno rappresenta 1' ultima e pi clamorosasconfitta del pensiero kantiano che ci restia vedere.

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    V.Il noumeno.

    Noi abbiamo gi visto cosa il noumenosia per Kant : l'albergo misterioso ove hafatto nascondere i fuggiaschi della metafi-sica. Poich questi potevano ancora essereutili occorreva che avessero un domicilioqualunque nella citt del pensiero e che que-sto domicilio fosse sicuro contro ogni indi-screzione razionalista,-^Kant allora prende inprestito il mondo della reale realt, dell'as-solutamente assoluto, chiede un nome al vec-chio Piatone e dietro 1' immobile paraventodel fenomeno pone 1' inaccessibile, 1' incom-prensibile e compiacente noumeno. Ma ilcolpo non riuscito e l'astuzia stata sco-perta. E per scoprirla non stata necessariasoverchia finezza : il noumeno come l'azzurrodell'aria che scompare quando ci si avvicina.Quando si va per definirlo, per analizzarlo,per afferrarlo sparisce com.e un demonio dileggenda, lasciando un suono invece di fumo.

    Il dilemma ben chiaro : o noi parliamodi noumeno e allora tutto l'opposto da quel

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    40 KANTche si dice ed accessibile, conoscibile edeterminabile o il noumeno veramente nou-meno e allora non si capisce cosa sia, e nonse ne pu assolutamente parlare^ neppureper affermarlo.Ma di questo noumeno il Kant ci parla inpi luoghi, e ci dice che esiste e che al dil dei fenomeni, ed causa di questi e po-trebbe esser conosciuto da un'intelletto supe-riore.Ma se esiste gli si pu applicare la catego-ria di realt mentre egli stesso afferma che lecategorie si possono applicare solo ai fenomeni ma se Kant sa dov' significa eh' egli penetrato fino a lui per intercessione sopran-naturale poich afferma eh' inaccessibile ma se ce lo rappresenta come causa egli loconosce come attivit formatrice, e fa scaval-care al principio di causalit quel campo dellaconoscenza fenomenica da cui tratto e incui solo si applica e si pu applicare se losuppone come contenuto di pensiero, perquanto superiore, egli lo pensa come suscet-tibile di entrare in relazione, poich ogni co-noscenza relazione, e gli fa perdere il picaro requisito dell'assoluto, cio l'indipendenza.

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    KANT 41Cio Kant conosce magnificamente quello chechiama inconoscibile, entra a sua voglia nel-l'impenetrabile, ed ha libero accesso nell'inac-cessibile. Ma il sublime prestigiatore non fache compiere un suicidio : dal momento cheil noumeno un oggetto del pensiero e invari modi e da vari lati non pi noumeno ebisogna sbattezzarlo o cacciarlo.O entra a far parte dei fenomeni e questosarebbe il colmo della contraddizione, o vienmandato fuori e allora una parola inutile,una comparsa che non comparisce mai. O ilnoumeno prende sul serio la sua parte e si tieneveramente nascosto a ogni sguardo umano eallora una di quelle parole superflue chehanno corso in filosofia, alle quali nulla corri-sponde e nulla pu corrispondere, e per lequali occorre non una confutazione^ che sa-rebbe contraddittoria, ma una affermazioned'inconcepibilit o il noumeno consente afarci vedere per quanto da lontano e la suaveste e il suo alloggio e il suo ufficio e allorad le dimissioni da noumeno e non che unconcetto della realt, pi vago, pi inutile epi confuso di tanti altri.N vale il dire che per Kant il noumeno

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    42 KANT un puro concetto limite, che determina findove pu giungere la sensibilit ed ha cosun valore solo negativo. Un limite presup-pone un di qua e un d l : l'infinito per de-finizione non ha limite. Ora se il di qua esi-ste ed il fenomeno^ il di l esiste ed ilnoumeno. Il Kant ne afferma dunque impli-citamente Yesistenza, cio la conoscibilit, ebasta questo per mantenere il dilemma e met-terlo in contraddizione. E quando si ostinassea dire ch' un concetto puramente negativogli si pu rispondere che il negativo non hanessun valore quando si riferisce ad affer-mazioni universali e che perci rientra nellanumerosa compagnia delle espressioni chenon hanno senso.Quando mi si dice non-rosso io posso in-

    tendere un' altro colore, il verde, l'azzurro oil violetto, ma quando a un idealista, che credeche tutto sia pensiero, si dice non-psiche eglirisponde tranquillamente di non capir nulla.Ora Kant ammette che noi conosciamo sol-tanto fenomeni e nient' altro che fenomeni,perci quando egli parla di 7ion-/enomemo, dinoumeno, nessuno lo comprende o pu com-prenderlo. Il Kantismo riesce dunque, nelle

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    KANT 43sue vedute pi fondamentali, a un sempliceapparato verbale, che fa credere a un pensieroprofondo come lo spauracchio di cenci fa cre-dere i passeri a un villano minacciante.Se Amleto tornasse al mondo e riandasse

    a quella universit di Wittenberg ove bevvetroppa birra e troppa filosofia, potrebbe ripe-tere ancora la sua ironica conclusione : WordslWords l Words !

    L' albergo che il pietoso e morale Kantaveva preparato a Dio, allo Spirito immortale,alla Libert e ad altri nobili personaggi s' dissolto come un castello incantato. Lo strat-tagemma che doveva salvare la scienza e lametafisica, che doveva far scampare dall'em-pirismo e dallo scetticismo, s' dimostrato ungrimaldello inadatto, suscitatore di contrad-dizioni e di confusioni.E non gli resta neppure la consolazionedella morale, di quella morale alla quale avevaappuntato tutti i suoi desideri e rivolte tuttele sue cure. Anche la Ragion Pratica ,come abbiamo visto, s' risolta in un falli-mento e in una rovina, e non pu attendereaiuto dai suoi sostegni caduti. Il massiccioedificio Konigsbergiano, eretto con s lungo

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    44 KANTStudio, dunque crollato al primo avvicinarsi.Kant ha fatto un sistema da piccolo borghesee il filisteismo ha ucciso la grande filosofia.

    Egli ha regolato, ha ordinato, ha classifi-cato, ha voluto circondarsi di palizzate, ha vo-luto separare i compagni nemici ed ha con-cluso col fare della filosofia niente pi di unaguida.Ma tanta e sistematica prudenza non gli bastata a salvarsi ; trascinato dalle necessitmorali, imbarazzato dalle vecchie parole su-perstiti, deviato da problemi immaginari, eglis' sperduto in quella vana selva del contrad-ditorio e dell' inconcepibile ove tanti filosofihanno trovata la morte e Kant stato unaguida che s' smarrita, un confusionario for-nito di metodo che s' ingannato con gravite s' suicidato per vivere.

    Sulla sua tomba perduta tra le nebbie prus-siane un ironico epigrafista potrebbe scrivere:Qui dorme un architetto senza fortuna, cheuccise coloro che doveva difendere.

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    IL

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    Hanno paragonato Hegel a Cristo, ad Ales-sandro, a Dante, a Napoleone ed egli apparveveramente nella sua vita un messia, un poeta,un conquistatore. Per non pochi anni egli stato creduto un Dio, stato circondato didiscepoli intenti, ha vista sottomessa ai suoipiedi la Germania spirituale. Ma nessuno hapensato a paragonarlo piuttosto al mago Mer-lino, col quale egli ha pure tante e cos pro-fonde affinit. Non vi pare che la sua potrebbechiamarsi una filosofia da negromante o unadottrina da incantatore ?Ad ogni pagina egli fa dei prodigi di lo-gica e dei miracoli di pensiero e per compierel'illusione non gli mancano neppure le for-mule magiche e i circoli e i triangoli caba-listici. La sua dialettica rassomiglia perfetta-mente a un' alchimia e la ricerca dell' Idea

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    48 HEGEL

    assoluta ricorda in qualche momento quelladella pietra flosofa,le.Parlando male, scrivendo peggio, non fa-

    cendosi capire e dicendo di non esser capito,egli riuscito a compiere lo strano portentodi essere il re del pensiero del suo tempo edel suo paese ed a serbarsi fino ad ora deifedeli. Se intorno alla met del secolo scorsoparve morto, oggi par che accenni a uscir dalsepolcro, e dopo lo strido dei sarcasm^i scho-penhaueriani che pareva l'avesser cacciato daivivi, si odono riecheggiare i timidi salmi deidiscepoli dell'ultima ora. Anch'egli, come quelBonaparte che ammir tanto, vuol forse ten-tare i suoi cento giorni ?

    I.

    L'uomo.Hegel non un uomo ma piuttosto due uo-

    mini : come nel petto di Goethe in lui alber-gano due anime. C un Hegel borghese e unHegel poeta un professore filisteo e un filo-sofo romantico. Non , come Kant, l' uomodell'unit, Yhomo sinpiex, ma invece l'uomo

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    HEGEL 49dell'antitesi, della contraddizione, 7iomo du-plex. In Kant e' era un borghese e nient'altroche un borghese, in Hegel e' un borghesema e' anche un ronT^ntico. Tutta la sua vita una battaglia o una conciliazione tra il suoio di buon pa.dre di famiglia e il suo io di ro-mantico immaginoso.Questa duplicit era nella razza da cui usciva:Hegel, nato a Stoccarda, un Tedesco del Sud,

    uno Svevo e i tedeschi ci rappresentano glisvevi come nature semplici, timide, pesantie d' altra parte profonde e atte alla poesiaed all'arte e li contrappongono ai tedeschi delnord, che sono uomini pi disinvolti, pi ac-corti e pi avidi, fatti per la diplomazia egli affari piuttosto che per il pensiero. He-gel, ci assicura il suo biografo Haym, im-personava assai bene il tipo svevo ed eranello stesso tempo lento, timido, inabile al-la vita pratica ed Inclinato d'altra parte allagrande vita del pensiero e dell' immagina-zione.L'Hegel borghese non era davvero n gran-

    de n simpatico ma contribu all'hegelianismoquanto il suo compagno di corpo. Gli amicidella giovinezza ce lo rappresentano come

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    un buon diavolo, un po' ghiotto, un po' sen-suale, bevitore di birra, scolaro poco precoce,lento, tardo e inoffensivo come un ruminante,pigro, ingenuo e non troppo inclinato allafilosofia. Aveva fin d' allora delle abitudinisenili : a venti anni prendeva tabacco e pen-sava alla morale. Va nella Svizzera e leAlpi non lo colpiscono, e sulle cime del-l'Oberland si occupa pi della fabbricazionedei formaggi che dei laghi e delle monta-gne. Pi tardi fa il direttore di un ginnasio,r insegnante, il maestro che sar tutta la vita,ed severo e scrupoloso nella disciplina.Buon sposo e buon padre scrive., quand'

    fuori di casa, tutti i giorni alla moglie e mandalettere minuziose, notarili, dove segna tuttoci che ha fatto e tutto ci che ha visto. Non eloquente e scrive in modo orribile tanto cheper molti anni ha pochi uditori e pochi lettori.Opportunista sempre fa prima l'adulatore diNapoleone e poi fa l'apologia della Prussiavittoriosa dell'Impero; da giovine, nel 1805,espone ai suoi scolari un franco panteismoma a Berlino cerca in tutti i modi di nascon-derlo o d'attenuarlo per non crearsi degli im-barazzi colla religione ufficiale e col governo

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    HEGEL 51riconosciuto. Alla fine della sua carriera, versoil 1830, era diventato addirittura un' autoritburocratica, una istituzione prussiana : ai suoinatalizi gli studenti gli presentavano omaggi epoesie ; i discepoli gli coniarono una meda-glia ; gli ammiratori facevano feste ove i prin-cipi della sua dottrina venivano esposti comecose di fede, e finalmente, nel 183 1, l'annostesso della sua morte, fu decorato dal Re diPrussia. Nulla gli mancava per farne un di-screto consigliere aulico o un sicuro ministrodella Corona. Egli doveva avere, in s, ne-cessariamente, qualcosa del capo-ufficio e delrond de cuir : impossibile ch'egli sia dive-nuto cos gradito al mondo ufficiale soltantocolle sue idee favorevoli alla monarchia de-spotica. Non per nulla era figlio di un impie-gato del fisco e aveva diretta una gazzettaufficiosa.

    Egli raccoglieva la sua cultura come l'ar-chivista di un ministero mette insieme i do-cumenti : a forza di ritagli, di estratti, dischede che accomodava in bell'ordine alfabe-tico fin da giovinetto.Era borghese perfino nell'amore per l'abbon-

    danza delle cose ; nei suoi libri mette di tutto,

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    52 HEGELparla di tutto, spiega tutto, come un parvenudella cultura che mostri i suoi tesori.Le sue ammirazioni son quelle del suo tempoe si converti a Rossini e a Scribe perch videche eran di moda a Vienna e a Parigi.

    Ci che lo salva l'Hegel secondo, l'Hegeldel romanticismo e del pensiero il quale,verso trent'anni, quando sta per formare ilsuo sistema, entra in comunione pi profondacol mondo spirituale germanico.La morte del padre (1799) dal quale ere-dit 3154 gulden, g-li aveva data un po' diindipendenza e nel gennaio del 1801 Hegel sistabilisce a Jena, ch'era allora il centro intel-lettuale della Germania, dov'erano i romanticidella prima generazione, Tieck, Novalis, Schle-gel e dove ritrov l'amicissimo Schelling. Fu lche scrisse il suo parallelo tra Fichte e Schel-ling, la sua memoria sull'orbita dei pianeti,che cominci le sue lezioni come docente pri_vato, che inizi con Schelling il Giornale Cri-tico di Filosofa e dette addosso con violenzaa Kant, a Krug, a Reinhold, a Jacob, a Sol-ger, ad Hamann, a Grres. E in questo tempo^che va dal 1801 al 1806, ch'egli forma le sueprime idee personali, che ela,bora il suo si-

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    Stema, che l'espone all'universo, che descrivela sua scoperta nella Fejiomenologia dello Spi-rito. Ora egli fa tutto questo in una citt ro-mantica, in un'atmosfera romantica, tra amiciromantici, avendo per m-assimo amico filosoficoun uomo come Schelling, eh' per lo menoaltrettanto poeta che pensatore, e non c' dastupirsi che abbia rispecchiato il suo tempo.

    L'orgoglio di se stesso e dell' umanit a cuiapparteneva; l'ammirazione per i grandi in-dividui, per gli eroi volontari, per Richelieu,per Napoleone anima del mondo , per l'e-nergico Federico di Wurtenberg, il suo en-tusiasmo tolto alla Grecia primitiva coll'aiutodi Hlderlin, il suo spirito paradossale, il suoumore critico e battagliero, il suo istinto nega-tore, il suo cosmopolitismo intellettuale, i suoiviaggi, il suo interesse per 1' arte son tanticaratteri che gli danno un' aria di famigliacoi romantici di Germania e di fuori. E in-fatti a Francoforte, fin dal 1797, insieme conHlderlin e Sinclair, egli prendeva delle at-titudini alla Chateaubriand, faceva dei versimelanconici e desolati, e pi tardi il Cousinche and a trovarlo, lo trov colla fronte pie-na di nubi, avaro di parole, immobile e triste

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    54 HEGEL

    come un Manfredo o un Fausto di un dram-ma filosofico e romantico.Ora da un romantico foderato di borghese

    non poteva uscire che una filosofa contrad-dittoria, agitata, preoccupata e la grandepreoccupazione di un impiegato che si sentatrascinato nel romanticismo quella di vo-lersene liberare. Infatti Hegel , avanti tutto,un roinantco che vuol uscire dal roma?iHcmo.La sua filosofia il prodotto di questo tenta-tivo e di questo sforzo. Il suo sistema unafuga fatta colle cavalcature del nemico.

    IL.L'ANTIROMANTICISMO DI UN ROMANTICOIo so tutto quello che c' di artificiale, di

    vago, d'impreciso, di relativo nella parola Ro-manticismo. Ma appunto per questo l'adopro.Quando si tratti di grandi fenomeni, di movi-menti vasti non c' niente di pi preciso di unaparola indeterminata. Usandone una ben defi-nita si esclude tutta la complessit e la varietdella cosa. Tutti i grandi movimenti sono con-fusi, contradittori, indefiniti ; volerli determi-nare lo stesso che mozzarli e sfigurarli.

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    Romanticismo, nella sua amplissima zonadi significato, esprime dopo tutto qualcosa diben reale, di cui sentiamo l'unit pi che nonpossiamo dimostrarla. E un insieme di statid'anima che son vicini per quanto diano ori-gine a opere e formule diverse.

    Quella che un hegeliano chiamerebbe l'i-dea del Romanticismo l'adorazione dell'io.L' io che si vuol liberare letterariamenteproduce la battaglia contro la poetica d'Ari-stotile, i precetti di Boileau, i limiti dellerettoriche, le classificazioni dei generi e in-voca con Novalis la poesia indefinita e infi-nita l'io che si vuol liberare dai modelliantichi ricorre a quelli meno sfruttati del me-dioevo l'io che vuol liberarsi dalla realtvolgare e immediata si rifugia nella legg-enda,nella favola, nel passato 1' io che vuol li-berarsi dai confini delle piccole patrie sivolge alle fonti lontane, all' estetiche stra-niere e apre la strada alla letteratura compa-rata r io che vuol abbracciare tutto intutto, il cielo e 1' inferno, il pianto e il riso,le feste e il sangue, produce l'accozzo, ilmiscuglio dei generi, cio il dra,mma roman-tico, e finalmente l'io che vuol affermare

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    56 HEGELs Stesso, farsi il centro del mondo, la metadelle ammirazioni, si descrive, si notomizza,si canta, si espone, produce cio quel sommodell'arte romantica eh' il lirismo.E poich l'io trova ostacoli da ogni parte,nemici per' ogni dove, e le guardie del corpodella tradizione lo combattono, la realt pic-cola e angusta lo circonda e lo preme, e ilgenio non abbastanza potente per dar vitaduratura al gran sogno cos il romantico melanconico, pessimista, Ren ed Ober-mann, Byron e Novalis. L'essenza del ro-manticismo dunque il culto dell' io, cior individualismo ; la liberazione deli' io, ciolo spirito di ribellione ; il contrasto fra 1' ioe le cose cio la contraddizione continua e do-lorosa. Traduciamo tutto questo in lingua spe-culativa ed avremo il soggettivismo, il cultodegli eroi e dell' umanit, lo spirito di movi-mento e di rinnovamento, il senso del contrad-dittorio permanente e necessario. E tuttociappare, pi o meno velato, nell'hegelianismo.

    Orgoglioso, individualista, ammiratore deigrandi Hegel fa della sua filosofia un soggetti-vismo pi profondo di quello di Fichte, met-tendo non l'io astratto, ma ci che e' di pi

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    HEGEL 57interno, di pi profondo, cio l'idea, il pen-siero in atto, come radice del mondo. Il nou-meno kantiano, l'assoluto indefinito delloSchel-ling non erano umani, non erano nostri, erandei concetti misteriosi senza un contatto in-timo coll'anima nostra. L' idea invece umanae trova la sua espressione pi grande nellaumanit, nel pensiero umano.Dell'uomo egli fa una manifestazione di-

    vina, fa un Dio o un creatore di Dei. Del-l'umanit egli fa il centro e il tabernacolodel suo sistema ; di s stesso fa il punto pialto del pensiero assoluto. Facendo l'epopeadell' idea egli canta s stesso. Anch'egli partito dalla logica, dal pensiero, e dopo, conSchelling-, andato alla natura, per ritornarepoi in s, per creare lo spirito assoluto efinire coli' apoteosi dell' idealismo assoluto,cio del suo pensiero, cio di s stesso. In-vece di esaltare i suoi amori egli ha esaltatola sua metafisica. Per Byron una donna o uncavallo erano le cose pi degne di canto,per Hegel sono le scoperte dialettiche e leidee universali: ambedue soggettivi, ambeduecantano le proprie conquiste.

    Il rom.anticismo rivoluzione ed Hegel

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    58 HEGELStato ribelle a suo tempo, da giovine. Manon lo pi dopo : il borghese entra in iscena.Hegel tormentato dal bisogno della verit,della certezza, della stabilit ; si vede circon-dato dal dubbio, dall'errore, dall' incertezza.E insieme un romantico pessimista che siaddolora non de' mali del mondo ma d quellidel pensiero ed un precettore maturo e pru-dente che vuole uscire dalla confusione e dallaguerra, che desidera una filosofia definitiva,assoluta, che contenga tutto, spieghi tutto, esia certa e completa.Ma per far questo, per far diventare la fi-losofia assoluta e universale non c'era che dametterci dentro anche 1' errore, e da trasfor-mare il mondo in qualcosa di sicuro .e diprossimo. Cos 1' errore diviene un momentodella verit o un elemento della verit. Maper conciliare il vero e il falso c' un osta-colo : la contraddizione. Hegel la salta coldivenire, un cavallo incantato che conosce benaltri ostacoli. D'altra parte Hegel si ricorda delbuon razionalismo wolfiano e sa che la ragioneessendo uno strumento nostro, essendo cosa in-terna, chiara e rigorosa, quello che ci vuoleper poter manipolare comodamente l'universo.

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    Non c' che da trasformare 1' Essere in Pen-siero, il reale in razionale e viceversa, met-tere la ragione a fondo di tutto e potremofar del mondo ogni nostra voglia.Per uscire dal turbino romantico bisognava

    far qualcosa di definitivo, cio che non trascu-rasse niente e fosse maneggevole. Ora il dive-nire ci fa entrare perfin l'errore e la razionalitdel mondo rende le cose agevoli e chiarecome non mai.

    Il curioso che in questo tentativo di fug-gire dal romanticismo per trovare la dottrinaferma, dogmatica, apodittica, definitiva, Hegelha usato dei mezzi romantici e s' mostratoromantico.

    Il Romanticismo che sostituisce alle calmetragedie classiche il tumultuoso dramma deltempo di Elisabetta e dello SHirm zcnd Drang,che ride delle immobili pose accademiche epopola le sue tele di uomini che s'agitano,di cavalli che corrono, la dottrina del mo-vimento contrapposta alla tradizione della cal-ma ellenica. UEnhvickelzmg hegeliano, questom.oto eterno che anima le cose e le sospingedall' Idea alla natura, dalla natura allo spirito,dallo spirito oggettivo allo spirito assoluto

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    60 HEGEL dunque, piuttosto che un'idea, un istinto ro-mantico.Ed romantica la conciliazione dei con-tradditori, romantica per quel sentimento dicontrasto che ho gi notato tra l' io ed ilmondo, tra 1' uomo e il fato, tra il genio e leleggi, e romantica ancor pi esteriormenteperch corrisponde a quel miscuglio di generiletterari, a quella mistura di tragedia e difarsa, di lirica e d' epopea, che forma unadelle caratteristiche del dramma romantico.Come l'azione, la vita, ch' triste e gaia, epicae lirica, davano 1' unit drammatica alle tiratedell'eroe ed ai lazzi del buffone di corte, alleconfidenze dell'amorosa e al tumulto dell'armi,cosi il moto dialettico, il divenire concili nelsistema di Hegel tutte le antinomie del pen-siero in una superiore unit metafisica. InfattiHegel ha avuto un solo successore egualmentegrande e famoso : il consacratore del drammaromantico, Victor Hugo. Anche Hegel, comeil poeta francese, ha. fatto la lirica, l'epica eil dramma, ma 1' ha fatte della filosofia. Lasua marcia trionfale dell' Idea ha dell'enorme,del grandioso, ha dell' omerico e del milto-niano, mentre i suoi imbrogli dialettici ap-

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    HEGEL 61paiono dei qui pr quo, degli intrighi da com-media dell'arte, e la lirica appare in ultimo,neir esaltazione della sua opera, della suascoperta, del suo pensiero.

    Cos i caratteri romantici appaiono, si mo-strano, si affollano da ogni parte. Lo scoprirlidiviene un giuoco. I suoi libri non sono forsedelle grandi avventure metafisiche, dei poemicavallereschi dello spirito, dove l'Assoluto,r eroe invisibile, appare e scompare, vieneucciso e risorge, come un cavaliere fatato o unmago oltrepossente ? La sua filosofia non haforse degli aspetti medioevali, non preva-lentemente logica come la scolastica, unitariacome il cattolicismo, assolutista come il feuda-lismo? I suoi libri non rassomigliano piuttostoa delle cattedrali gotiche, profonde, buie, alte,complicate, piuttosto che a templi pagani, sem-plici e aperti al sole ?La sua rivolta contro la vecchia logica ari-stotelica immobile e ristretta parallela a

    quella dei romantici contro la rettorica pseudo-aristotelica, pure immobile e ristretta. Comei romantici combatterono contro le famoseunit drammatiche, cos Hegel contro le ca-tegorie fisse, e come quelli fecero il dramma

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    62 HEGELromantico e al di l di Racine risalirono aShakespeare e a Calderon, cos Hegel fece ildramma dell'assoluto, e al di l di Aristotilee di Kant risal a Eraclito e a Platone.

    In lui abbiamo l'uso dei simboli, cos caroai romantici, abbiamo il gusto dell' infinito,la mescolanza di tutte le civilt, di tutte lefilosofie, r abbondanza delle apparenze, 1' usodelle immagini.Poich Hegel per (guanto gridi contro Schel-

    ling per aver introdotto nella filosofia il fra-sario poetico, qualche volta poeta e fa usodi immagini. Arriva anzi all' esagerazioneenfatica come quando per indicare l'arrivo su-premo dello spirito foggia questa frase quasisecentista : Entrambi i ricordi fusi insieme,cio la storia concezionale, formano il ri-cordo e il calvario dello spirito assoluto,la realt, verit e certezza del suo trono,senza del quale ci sarebbe l'inanimato soli-tario ; solo dalla coppa di questo regnoegli spumeggia nella sua infinit. Ma 1' he-gelianismo ch' romantico in tanti lati an-che, come abbiamo visto, uno sforzo per to-gliersi dal romanticismo. L' Hegel un pessi-mista del pensiero nei primi tempi ma vuol

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    HEGEL 63

    arrivare all'ottimismo universale. Hegel fa ilrivoluzionario e il ribelle ma per stabilire unadottrina che sar chiusa, dogmatica, fermacome la scolastica medioevale, Hegel parte dalsubbiettivismo, celebra l'uomo, ma per arriva-re all' umanit e da quella all' Idea che serrain s tante cose da perdere sempre pi il ricor-do delle sue origini interne e personali ; Hegelmette dappertutto la contraddizione ma pergiungere alla conciliazione definitiva ; fa unsistema di movimento ma di un moto che fi-nisce per ritornare a s stesso, chiudersi inun cerchio, e riposarsi nell' identit ultima ;pone il progresso e la liberazione come leit-moH'V e arriva alla dottrina pi strettamenteconservatrice e assolutista che s' abbia dellostato.E romantico, stato romantico e non se nepu liberare del tutto, ma fa servire il ro-manticismo stesso come strumento di. fuga.Vorrebbe far s che il romanticismo si suici-dasse, si facesse il proprio carnefice. unincantatore che vorrebbe cacciare il demoniocol demonio.Ma non ci riesce : la sua idea del progresso,della liberazione, servir ai rivoluzionari del

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    64 HEGEL48, arriver fino all' anarchismo logico delloStirner ; la sua estetica servir di testo evan-gelico ai romantici posteriori ; il suo sistemaconciliativo e unitario accontenter gli animiper qualche anno ma dopo sar gettato in di-sparte come un arnese inservibile.Ai ribelli autentici apparve troppo borghese,ai conservatori sedentari sembr troppo agi-

    tatore. Il suo romanticismo non lo salv dallepreoccupazioni ordinatrici e dalle paure scet-tiche, e d'altra parte il suo filisteismo non gliimped di essere un poeta dei concetti e unavventuriero d' immaginazione. Per avere vo-luto abbracciar tutti fu scacciato da ognuno.Aggiungiamo ancora una cosa e la pi grave :per aver voluto spiegare ogni cosa, non spiegnulla. Non solo non riusc a liberare ma nonriesci neppure a illuminare. quello che cirimane a vedere.

    III.Il capolavoro dell' Inconcepibile.Kant aveva insegnata la modestia alla filo-

    sofia e l'aveva sconsigliata dalle grandi gesta.Nelle vsue piccole mani era diventata niente

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    pi di una descrizione di processi conoscitivie di una imposizione di precetti etici unagnoseologia prudente e una morale infles-sibile.

    Hegel, dopo Fichte e Schelling, la riportadi nuovo ai grandi orizzonti, le ispira gli an-tichi desideri, la fa salire ancora sulle cimee sulle nubi.

    Egli capisce che la filosofia se vuol esseretale, dev' essere assoluta, cio definitiva e uni-versale. Se non assoluta significa che di-pende da qualche altra cosa, che qualcosa lesfugge, che non sa far suo tutto il reale, nonsa racchiudere nelle sue formule tutto il pen-sabile. La filosofia dev'essere dunque una meta-fisica e una metafsica monistica. Bisogna chenon lasci dei misteri altrimenti dichiara la suaimpotenza e la sua incompletezza, ed neces-sario che sia unitaria altrimenti sfugge allasintesi della coscienza e col pluralismo lasciail regno suo proprio eh' l'universale.La filosofia di Hegel quella che soddisfapi completamente queste esigenze. Essa assoluta, universalista e monistica fino alpunto di essere inintelligibile.

    Infatti il carattere pi saliente del sistema

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    HEGEL 67permettetemi il bisticcio ha idea dell'Idea.Quando Hegel mi avverte ch'essa la leggee l'essenza del mondo, quando m'assicura che r assoluto che diviene, quando mi rappre-senta le sue passeggiate attraverso l'universoio resto ammirato, colpito, stordito ma finiscocol non capir nulla. Ha troppi connotati peresser riconosciuta e finisce per ci col nonaverne nessuno.

    Infatti quello che capisco che 1' Idea etutto, il che, naturalmente m' impedisce dicomprendere tutto il resto. Finch mi parlatedi ragione, cio di una forma di attivit ch'propria di certi esseri chiamati uomini e chesi distingue da certe altre loro attivit e dacerte cose a cui si applica, io comprendo quasicompletamente e non posso far che delle ri-serve sulla sua estensione e sul suo valore.Se mi parlate di un' idea, ad esempio dellaidea di legge o dell'idea sociale, io posso arri-vare, a capire con una certa approssimazione,ci che mi volete dire. Ma quando mi buttatel, sul viso, /' Idea, l'Idea unica, universale, as-soluta, io mi d senz'altro per vinto. Perch sel'Idea hegeliana veramente tale essa deveessere assoluta, cio assolutamente unica e uni-

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    68 HEGELcamente assoluta. Al di fuori di lei non cidev'esser nulla, assolutamente nulla, neppureil pensiero che la pensa. Ora voi sapete checonoscenza distinzione, relazione, compara-zione e che non si conosce ci che non di-stinto e separato. Noi non conosciamo cheper contrapposizione.Ora se l'Idea tutto, se tutto Idea dovemai dovr ricorrere per ricavare un terminedi confronto, di divisione, cio, insomma, perintendere cos' l'Idea ? Se l'essere diverso daqualche altra cosa la condizione necessariaper l'intelligibilit come potr intendere l'Ideala quale non pu essere da nulla diversa poi-ch essa tutto e tutto lei ? Io distinguevol'idea per mezzo di quello che non era idea,colla natura, supponevo che i loro caratterifossero opposti e irriducibili. Trovavo, peresempio^ nella natura la variet e la mobilitmentre nella ragione notavo la tendenza al-l' unitario e all' uniforme. Ma Hegpl mi af-ferma che io m' inganno, che quei caratterieh' io attribuisco alla natura son dell' Idea,cio che l'Idea natura e pensiero nello stessotempo, che la natura ha i caratteri del pen-siero e il pensiero ha i caratteri della natura,

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    HEGEL 69cio ndistinzione completa, caos primordiale,inintelligibilit definitiva,Hegel qui la vittima del suo grande so-

    gno di assoluto. L'assoluto il solo, l'unico, il libero. Bisogna perci^ finirla col duali-smo cartesiano che c'impone una sostanza pen-sante e una sostanza estesa. Bisogna unificare,fondere, identificare, arrivare all'assoluto conun segno d'eguaglianza. Ed Hegel fa il ma-gico segno, impugna la sua bacchetta^ e pro-nunzia la formula famosa : l'Essere il Pen-siero, il Pensiero l'Essere, Allora l'incon-cepibilit si complica. Si creano dei sinonimidi termini inintelligibili. Non pi l'Idea as-soluta soltanto eh' identica al tutto, ma, aquanto pare, anche il pensiero umano, poichsi dice che le categorie non sono solo modinostri di pensare le cose ma sono anche modidi essere delle cose stesse. Ma se il Pensierovien fatto l'eguale dell'Essere, cio dell' uni-versale e dell' assoluto, chiaro che non sitratta pi del pensiero che io e voi conosciamo,ma di un altro astratto universale, del quale,come per l' Idea, noi non riusciamo a com-prender nulla.Per l'Essere, poi, il caso ancor pi curioso.

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    70 HEGELHegel nella sua logica ammette che l'Essere un astratto. Ora, per quel che sappiamo, unastratto presuppone delle cose e qualcuno chel'astrae, cio quello che si chiama pensiero. Oraper, secondo Hegel, il pensiero una for-mazione posteriore, un prodotto che si hasoltanto nella terza sfera del mondo della na-tura, e che anzi, nelle forme in cui lo cono-sciamo, non appare che nella prima del mondodello spirito.

    In una parola il pensiero una delle ul-time manifestazioni del divenire. Ma come vaallora che l'Essere quello che precede il dive-nire, il quale poi forma il pensiero, il qualea sua volta il creatore dell'Essere ? Non vipare che sarebbe lo stesso che dire che untale (il pensiero) il padre del proprio nonno(essere) ?Ma questi non sono che piccoli incidenti :e' del pi e del meglio.Torniamo alla celebre identit del Pensiero

    e dell'Essere. Cominciamo dall'osservare che,affermare l'identit di due cose riconoscereun pleonasmo, poich se sono una medesimaed unica cosa, un solo nome dovrebbe bastaree invece di fare una formula non ci sarebbe

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    HEGEL 71che da fare una scelta. E strano per che pertanto tempo si siano imposte- e conservate dueparole per indicare un unico oggetto. Bisognao che quei due nomi abbiano indicato dueconcezioni diverse o due lati diversi di unastessa concezione. Ma n questo n quello ac-comoda Hegel.La prima ipotesi sarebbe contraria alla suaipotetica identit, e la seconda non pu am-metterla perch la natura una ragione chesi fa e la ragione una natura che si conosce,e non pu esserci dunque chi guardi al difuori della natura e della ragione, dell'esseree del pensiero*

    Il dualismo non molto intelligibile, d'ac-cordo, ma insomma 1' unico mezzo per arri-vare al massimo di universalit, conservandoil minimo di comprensibilit. Quando i car-tesiani parlavano di cose, estese, inanimate,passive e di esseri spirituali, attivi, ordina-tori essi facevano le due pi grandi genera-lit possibili e si facevano relativamente capire.Spinoza e Schelling che vollero riportare

    i due generalissimi a un unico assoluto inde-finito non fecero in fin dei conti che obbe-dire all'istinto dell'unificazione completa, ma

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    72 HEGKLsiccome si riferirono a qualcosa che non eradeterminabile, non scossero gran che le ne-cessit del dualismo cosmologico. Hegel, per,non si accontenta di considerare le cose comedue lati visibili di un ignoto, ma vuole sta-bilire fra di essi addirittura un'equazione so-stanziale. Cio rende ambedue i termini uni-versali, cio incomprensibili, e arriva all'e-guaglianza di due inconcepibili, ossia di duegruppetti di suoni e di segni senza conte-nuto. La sua identicazione un annienta-mento.Hegel invece aveva credu