50 vetri, ceramiche e cmc: tipologie e tecnologie · compattazione e sinterizzazione di polveri con...

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI Ver. 01 CAP. 50 - VETRI, CERAMICHE E CMC: TIPOLOGIE E TECNOLOGIE Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini present i nel testo senza autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano CAPITOLO 50 50 VETRI, CERAMICHE E CMC: TIPOLOGIE E TECNOLOGIE Sinossi materiali ceramici e i vetri sono caratterizzati da legami forti di tipo ionico o covalente, che legano elementi metallici e non-metallici in strutture cristalline solitamente complesse. La restrizione al movimento relativo degli atomi all’interno di queste strutture rende conto delle caratteristiche di elevata durezza e rigidezza che accomunano i materiali appartenenti a questa classe. I materiali ceramici tradizionali sono impiegati in innumerevoli applicazioni anche grazie alle loro proprietà di rigidezza oltre che di resistenza meccanica, all’usura, alle alte temperature e agli agenti aggressivi; d’altra parte la loro intrinseca fragilità non consente il loro utilizzo in applicazioni strutturali avanzate quali quelle di tipo aerospaziale. La necessità di migliorare le caratteristiche di resistenza alla frattura dei materiali ceramici ha spinto la ricerca allo studio di vetri e ceramici tenacizzati e di compositi a matrice ceramica (CMC), che hanno visto il loro massimo sviluppo a partire dagli anni ’80. Parallelamente, sono stati sviluppati ceramici avanzati funzionali, nei quali vengono sfruttate principalmente particolari caratteristiche elettriche, ottiche, termiche, magnetiche, ecc. ottenute mediante un accurato controllo della microstruttura e/o della composizione. Il principale vantaggio ricercato nello sviluppo di ceramici avanzati strutturali è quindi l’incremento della tenacità e dell’energia assorbita durane la frattura. Nella pratica, il miglioramento della tenacità si traduce solitamente anche in un incremento della resistenza, poiché viene ritardato o annullato il cedimento prematuro di tipo fragile. L’aggiunta di fibre o particelle di rinforzo nei CMC, inoltre, può comportare anche un incremento del modulo elastico, anche se tale risultato è sensibilmente più ridotto rispetto ai compositi a matrice polimerica e metallica. Nel caso dei vetri, la necessità di migliorare la tenacità, mantenendo le caratteristiche di trasparenza, ha fortemente limitato la possibilità di operare a livello di composizione e/o microstruttura. In questo caso, il miglioramento della tenacità può essere ottenuto a seguito di trattamenti termici (tempra) o per accoppiamento di materiali diversi (multistrato). In questo capitolo vengono prese in esame le principali ceramiche tecniche, i vetri, i materiali vetroceramici e, soprattutto, i compositi a matrice ceramica, che già attualmente rivestono una grande importanza in ambito aerospaziale, ma che assicurano uno sviluppo ancora più promettente nel prossimo futuro. I

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TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 50 - VETRI, CERAMICHE E CMC: TIPOLOGIE E TECNOLOGIE

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini present i nel testo senza

autorizzazione. Copyright Dipartimento Ingegneria Aerospaziale - Legge Italiana sul Copyright 22.04.1941 n. 633.

G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale – Politecnico di Milano

CAPITOLO

50

50 VETRI, CERAMICHE E CMC:

TIPOLOGIE E TECNOLOGIE

Sinossi

materiali ceramici e i vetri sono caratterizzati da

legami forti di tipo ionico o covalente, che legano

elementi metallici e non-metallici in strutture

cristalline solitamente complesse. La restrizione al

movimento relativo degli atomi all’interno di queste

strutture rende conto delle caratteristiche di elevata

durezza e rigidezza che accomunano i materiali

appartenenti a questa classe. I materiali ceramici

tradizionali sono impiegati in innumerevoli

applicazioni anche grazie alle loro proprietà di

rigidezza oltre che di resistenza meccanica, all’usura,

alle alte temperature e agli agenti aggressivi; d’altra

parte la loro intrinseca fragilità non consente il loro

utilizzo in applicazioni strutturali avanzate quali quelle

di tipo aerospaziale.

La necessità di migliorare le caratteristiche di

resistenza alla frattura dei materiali ceramici ha spinto

la ricerca allo studio di vetri e ceramici tenacizzati e di

compositi a matrice ceramica (CMC), che hanno visto

il loro massimo sviluppo a partire dagli anni ’80.

Parallelamente, sono stati sviluppati ceramici avanzati

funzionali, nei quali vengono sfruttate principalmente

particolari caratteristiche elettriche, ottiche, termiche,

magnetiche, ecc. ottenute mediante un accurato

controllo della microstruttura e/o della composizione.

Il principale vantaggio ricercato nello sviluppo di ceramici

avanzati strutturali è quindi l’incremento della tenacità e

dell’energia assorbita durane la frattura. Nella pratica, il

miglioramento della tenacità si traduce solitamente anche

in un incremento della resistenza, poiché viene ritardato o

annullato il cedimento prematuro di tipo fragile.

L’aggiunta di fibre o particelle di rinforzo nei CMC,

inoltre, può comportare anche un incremento del modulo

elastico, anche se tale risultato è sensibilmente più ridotto

rispetto ai compositi a matrice polimerica e metallica.

Nel caso dei vetri, la necessità di migliorare la tenacità,

mantenendo le caratteristiche di trasparenza, ha

fortemente limitato la possibilità di operare a livello di

composizione e/o microstruttura. In questo caso, il

miglioramento della tenacità può essere ottenuto a seguito

di trattamenti termici (tempra) o per accoppiamento di

materiali diversi (multistrato).

In questo capitolo vengono prese in esame le principali

ceramiche tecniche, i vetri, i materiali vetroceramici e,

soprattutto, i compositi a matrice ceramica, che già

attualmente rivestono una grande importanza in ambito

aerospaziale, ma che assicurano uno sviluppo ancora più

promettente nel prossimo futuro.

I

TECNOLOGIE E MATERIALI AEROSPAZIALI – Ver. 01 CAP. 50 - VETRI, CERAMICHE E CMC: TIPOLOGIE E TECNOLOGIE

Materiale didattico per uso personale degli studenti. Non è consentito l’uso di questo materiale a scopo di lucro. E’ vietato utilizzare dati, informazioni e immagini present i nel testo senza

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50.1 Ceramiche avanzate, vetri,

vetroceramici

i è accennato al fatto che la principale ragione per

cui i materiali ceramici, pur presentando buone

potenzialità per applicazioni avanzate in condizioni di

alte temperature come per componenti di turbine

aeronautiche o parti di motori a combustione interna,

non hanno trovato nel passato estese applicazioni è

legata alla loro fragilità, espressa mediante il fattore di

intensificazione degli sforzi K1c. Si può, infatti,

osservare che i valori di K1c dei ceramici tradizionali è

circa 1/50 rispetto a quello di metalli comuni. Questo è

legato al fatto che, nei metalli, la deformazione

plastica che avviene in corrispondenza dell’apice di

un’eventuale cricca consente un elevato assorbimento

di energia di deformazione. Diversamente, nei

ceramici e nei vetri, la propagazione di cricche o difetti

avviene senza apprezzabile plasticità, con

assorbimento di energia estremamente ridotto. Lo

sviluppo di materiali tenacizzati e CMC ha consentito

di raggiungere e superare valori di K1c pari a 15 MPa

*m0,5

(K1c di leghe Al 20÷50 MPa *m0,5

).

I meccanismi di tenacizzazione sfruttati nel casi dei

diversi ceramici sono sostanzialmente riconducibili a

tenacizzazione per trasformazione, generazione di

microcricche, deviazione del percorso della cricca. La

Figura 50.1 mostra i diversi meccanismi di

tenacizzazione.

Figura 50.1 – Meccanismi di tenacizzazione nei ceramici

La tenacizzazione per trasformazione prevede la

modifica della struttura cristallina del materiale a

seguito di sollecitazione in una nuova struttura

cristallina con volume maggiore. La concentrazione di

sforzo all’apice di una cricca provoca, quindi,

l’espansione e la tendenza a chiusura della stessa

cricca durante la sua propagazione. Nell’allumina

tenacizzata con zirconia (ZTA) è presente una struttura

bifasica costituita da zirconia tetragonale in una matrice

continua di allumina. ZTA contiene tipicamente 10-20 %

di particelle di zirconia (Zr02) disperse in allumina (Figura

50.2). La zirconia subisce una trasformazione martensitica

indotta da sforzo che genera un aumento di volume del 4-

5% e che consente l’arresto della propagazione della

frattura.

Figura 50.2 – Immagine TEM di allumina con 15 % di

zirconia (scura). Si nota la presenza di microcricche (mc).

Analogo meccanismo opera nella zirconia parzialmente

stabilizzata (PSZ), costituita da una microstruttura formata

da fasi tetragonale e cubica (Figura 50.3). La fase

tetragonale, metastabile, si trasforma in monoclina sotto

sforzo, con aumento di volume e chiusura della cricca.

Figura 50.3 – Zirconia parzialmente stabilizzata (PSZ)

È ben noto che l’attivazione di una cricca porta in genere

alla rottura prematura a causa della concentrazione di

sforzo che si genera all’apice della stessa. La formazione e

la propagazione di una singola cricca comporta

dissipazione di energia meccanica che, per materiali

fragili come i ceramici, è normalmente piuttosto piccola.

La generazione di numerose microcricche consente invece

di moltiplicare l’energia meccanica necessaria per il

processo di frattura, incrementando così la tenacità del

materiale. La presenza di fasi disperse, particelle o fibre

permette di attivare la formazione di microcricche diffuse

aumentando l’energia di deformazione necessaria a

S

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portare a frattura il materiale. Un simile meccanismo

avviene nel caso della tenacizzazione con gomma di

polimeri fragili (Cap.26).

La presenza di fasi disperse o di un’adeguata

microstruttura può attivare un processo di deviazione

della cricca (o delle cricche) che, seguendo un

percorso irregolare, richiede un’energia superiore per

la sua propagazione. La propagazione lungo

l’interfaccia tra i grani o tra fasi diverse, la deviazione

del percorso di propagazione lungo la superficie di

fibre in compositi rappresentano modi di deviazione

delle cricche che possono incrementare in modo

significativo la tenacità di materiali altrimenti fragili.

Spesso, questi diversi meccanismi operano

contemporaneamente e in sinergia producendo effetti

di tenacizzazione particolarmente significativi.

Nei materiali ceramici, gli atomi sono organizzati in

strutture cristalline, ordinate a lungo raggio e

solitamente complesse. I vetri possiedono una struttura

più disordinata, con arrangiamento ordinato a corto

raggio.

Si prenda ad esempio la silice (SiO2) (Figura 50.4),

sostanza alla base della più diffusa classe di vetri, che

può presentare diversi stati di aggregazione. Se la

silice viene fusa e raffreddata lentamente, solidifica

alla temperatura di fusione in una delle sue possibili

forme cristalline, tutte basate sull’arrangiamento

regolare della struttura tetraedrica della silice. Quando

viene raffreddata velocemente dallo stato fuso non c’è

sufficiente tempo per la formazione di un

arrangiamento regolare, cristallino; le strutture

tetraedriche della silice formano un reticolo amorfo,

vetroso (Figura 50.5).

Figura 50.4 – Cella unitaria della silice (SiO2)

Figura 50.5 – Rappresentazione schematica della

struttura di silice cristallina (a), silice amorfa, vetrosa

(b), vetro siliceo con soda (c)

Anche il vetro siliceo, come i polimeri amorfi, è

caratterizzato da una temperatura di transizione vetrosa

(Tg), a cui avviene il rammollimento graduale del

materiale fino a diventare un fluido viscoso, lavorabile

(Figura 50.6). La presenza di additivi, come ad esempio il

sodio, favorisce il mantenimento di una struttura amorfa

(formatori di vetro e modificanti), anche con velocità di

raffreddamento basse.

Figura 50.6 – Viscosità del vetro siliceo in funzione della

temperatura

Il ciclo di raffreddamento del vetro dopo la formatura

comporta la generazione di tensioni residue che ne

aumentano la fragilità. Trattamenti di ricottura che

consistono nel riscaldamento al di sotto della temperatura

di rammollimento, seguito da raffreddamento lento,

permettono di ridurre l’entità delle tensioni residue,

migliorando la resistenza a shock termici.

Viceversa, un comune trattamento termico di vetri ad alte

prestazioni è la tempra. La tempra termale consiste nel

riscaldamento del vetro a temperatura superiore a Tg e

successivo raffreddamento rapido in getto d’aria o in olio.

Questo genera tensioni residue di compressione sulla

superficie e trazione nel cuore (Figura 50.7). Lo stato di

compressione favorisce la chiusura di eventuali cricche o

difetti superficiali aumentando in modo significativo la

tenacità.

Figura 50.7 – Stato tensionale conseguente ad un processo di

tempra del vetro

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Nella tempra chimica, lo stato di compressione

superficiale viene ottenuto a temperature inferiori per

effetto delle diffusione di atomi di grandi dimensioni

(ad esempio potassio) che vanno a sostituire atomi di

dimensioni inferiori (ad esempio sodio). Questa

tecnica produce una minore profondità dello stato

tensionale e ridotte distorsioni ottiche.

In certe condizioni è possibile promuovere la

cristallizzazione parziale del vetro (devetrificazione)

per ottenere un materiale vetro-ceramico. I vetro-

ceramici sono anche definiti come materiali

policristallini a grani fini ottenuti per trattamento

termico e cristallizzazione controllata di vetri di

composizione opportuna. Naturalmente non tutti i vetri

possono produrre vetro-ceramici: alcuni non

cristallizzano, altri cristallizzano in modo non

controllato.

Un vetro-ceramico è costituito tipicamente da una

frazione dal 50 al 98% di fase cristallizzata e le sue

proprietà dipendono dalle caratteristiche delle singole

fasi e dalla quantità di fase cristallina. In genere un

vetro-ceramico presenta proprietà meccaniche

superiori al corrispondente vetro e può mostrare

caratteristiche particolari; ad esempio, alcuni vetro-

ceramici LAS (Li2O-Al2O3-SiO2) hanno coefficiente di

dilatazione termica estremamente basso. Uno degli

importanti vantaggi dei vetro-ceramici è che possono

essere lavorati con le comuni tecniche dei vetri e

portati a cristallizzazione successivamente. La Figura

50.8 mostra lo schema di un processo di formatura e

cristallizzazione in due fasi di un vetro-ceramico LAS.

In altre situazioni la lavorazione richiede la formatura,

compattazione e sinterizzazione di polveri con metodi

simili a quelli delle ceramiche tecniche. In generale la

sinterizzazione porta a materiali con migliori

prestazioni meccaniche.

Figura 50.8 – Ciclo termico di formatura e

cristallizzazione di un vetro-ceramico LAS

I materiali ceramici e i vetri di maggiore interesse

ingegneristico, molti dei quali costituiscono anche matrici

per CMC, sono classificati in Tabella 50.1.

Tabella 50.1 – Classificazione di ceramici ingegneristici

Durezza

Vickers

Impieghi (*)

Ossidi

Silice (vetro) 650 S O C

Silicati LAS (vetroceramici) 600 S

Allumina 2000 S E O C

Zirconia 1150 S

Carburi metallici

Ti, V, Cr, Y, Zr, Mo, Hf, Ta, W 2000-3000 S

Carburi non metallici

Si, B 2000-3000 S

Nitruri metallici

Ti, V, Cr, Y, Zr, Mo, 2000+ S, C

Nitruri non metallici

Al, B, Si S, E, C

Boruri

Ti, V, Cr, Zr, Mo, Ta, W, C 2000+ S, C

Siliciuri

Mo, elem. transiz. 1000-1500 E

Carbonio

Pirolitico <20 S, C

Diamante 5500-7000 S

(*) S-strutturali, O-ottici, E-elettrici, C-compositi

50.2 Meccanismi di tenacizzazione nei

compositi a matrice ceramica

entre nei compositi a matrice polimerica o metallica

rinforzi come fibre, whiskers o particelle vengono

usati per aumentare la resistenza e la rigidezza, nei

compositi a matrice ceramica questi sono impiegati

primariamente per migliorare la tenacità, così da potere

disporre di materiali con adeguate prestazioni in un ampio

range di temperatura.

Figura 50.9 – Confronto tra le resistenze specifiche di

diverse classi di compositi in funzione della temperatura.

M

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Figura 50.10 – Confronto tra il comportamento a

trazione di ceramici monolitici CMC.

Figura 50.11– Meccanismi di debonding e pull-out. La

micrografia mostra l’estrazione delle fibre (pull-out)

durante l’apertura di una cricca.

La Figura 50.9 mostra un confronto tra le

caratteristiche di resistenza specifica di diverse classi

di compositi in funzione della temperatura. I

miglioramenti di tenacità ottenuti nei compositi a matrice

ceramica sono dovuti a meccanismi di dissipazione di

energia come distacco dell’interfaccia fibra/matrice

(debonding), deviazione della cricca (crack deflection),

azione di legame delle fibre (fiber bridging), estrazione

delle fibre (pull-out); questi meccanismi avvengono

progressivamente durante la frattura del materiale. Il

diverso comportamento di ceramici monolitici e compositi

è illustrato in Figura 50.10; si osserva l’importante

aumento dell’energia necessaria per portare a completa

rottura il composito.

Gran parte di questa energia viene dissipata attraverso i

meccanismi di deviazione del percorso della cricca,

debonding e pull-out, questi ultimi illustrati in Figura

50.11 Perché questi meccanismi siano efficienti è

necessario che le interazioni all’interfaccia fibra/matrice

siano relativamente deboli: se l’interfaccia è resistente, la

cricca può attraversare indisturbata il materiale tagliando

le fibre e con scarsa dissipazione di energia. Il controllo

dell’interfaccia è quindi cruciale; in genere vengono

utilizzate fibre con rivestimenti con funzione protettiva e

che forniscono un’interfaccia fibra/matrice debole.

Deviazione della cricca

L’interazione tra il rinforzo e il fronte della cricca può

modificarne la propagazione, rendendola non planare,

generando stati di sforzo misti con componenti di apertura

e di taglio combinate e percorsi di propagazione deviati.

In tutti i casi la propagazione della cricca richiede un

contributo di energia superiore. Molti diversi fattori

possono contribuire alla deviazione del percorso di

propagazione, come ad esempio interazioni tra cricca e

campi di sforzi residui derivanti da diversi coefficienti di

dilatazione o di proprietà elastiche. Nei sistemi rinforzati

con particelle o fibre corte il contenuto e le dimensioni del

rinforzo (lunghezza/diametro, aspect ratio) hanno un

importante influenza sul meccanismo e sull’energia di

deviazione, come schematizzato in Figura 50.12, anche se

per contenuti superiori al 20 % in volume la tenacità

approssima un valore limite (Figura 50.13).

Figura 50.12 – Schema del meccanismo di tenacizzazione

per deviazione della cricca (R=aspect ratio)

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Figura 50.13 – Tenacità teorica del composito in

funzione del contenuto di fibre corte per diversi valori

del rapporto lunghezza/diametro.

Debonding

Il distacco dell’interfaccia fibra/matrice crea nuove

superfici e quindi richiede energia. Sebbene l’energia

specifica, per unità di area, sia piuttosto piccola, la

superficie totale generata può essere notevole e

l’energia totale ad essa associata molto significativa.

Al debonding sono inoltre correlati altri processi

dissipativi, poiché sperimentalmente si osserva che

l’energia assorbita risulta sensibilmente superiore a

quella valutabile semplicemente sulla base delle nuove

superfici generate. Il debonding sarà poi seguito dallo

sfilamento delle fibre (pull-out) a cui è associato un

ulteriore contributo energetico.

Considerando una fibra immersa in una matrice

sottoposta a trazione, si definisce come lunghezza

critica lc la lunghezza minima di fibra per la quale la

resistenza a trazione f viene raggiunta prima del

cedimento dell’interfaccia. Una fibra di lunghezza

inferiore a lc, immersa in una matrice e sottoposta a

trazione arriverà a sfilarsi da quest’ultima senza

rompersi a causa del cedimento dell’interfaccia;

viceversa una fibra di lunghezza superiore a lc

raggiungerà il suo carico di rottura in un tratto centrale

della sua lunghezza ed arriverà quindi a cedimento.

Una semplice relazione di equilibrio correla la

lunghezza critica con la resistenza a trazione delle

fibre e con la resistenza taglio dell’interfaccia

assunta costante:

2

dl fc

Si nota quindi che la lunghezza critica è un indice

dell’efficienza dell’adesione: ad una scarsa adesione

(basso ) corrisponde elevata lc e viceversa. È possibile

stimare l’energia di debonding per ciascuna fibra (WD)

considerando il distacco per una lunghezza l di una fibra

di diametro d e modulo elastico Ef:

dld

l4

E8

dW

l

0

2

f

2

D

Considerando una cricca che attraversa un composito

unidirezionale a fibra lunga (Figura 50.11), si osserva che

il debonding interessa principalmente quei tratti di fibra in

prossimità del piano di avanzamento della frattura ad una

distanza inferiore a lc/2. Il lavoro massimo per una fibra

viene quindi raggiunto per una lunghezza di debonding

pari a lc/2, da cui:

f

cf2

maxDE48

ldW

Si osserva anche che per massimizzare il contributo di

debonding è necessario avere un alto contenuto di fibre

resistenti con un’interfaccia debole, poiché a lc elevato,

corrisponde una resistenza dell’interfaccia bassa.

Pull-out

Lo sfilamento delle fibre o pull-out segue il debonding ed

è illustrato nella Figura 50.14. Come si può osservare, nel

caso di compositi a fibra continua, il pull-out è anche

anticipato dalla frattura delle fibre; nel caso di fibre

ceramiche, fragili, l’energia di frattura di queste è

proporzionale al contenuto di fibre, ma è solitamente

piuttosto limitato e rappresenta una piccola frazione

dell’energia totale dissipata.

Figura 50.14 – Pull-out di fibre SiC in matrice

vetroceramica (Silceram).

È possibile effettuare una stima del lavoro WPO necessario

per lo sfilamento di una fibra da una matrice per una

lunghezza l (Figura 50.15). La forza di sfilamento può

essere considerata risultato dell’attrito tra fibra e matrice;

questo è conseguente alla presenza di sforzi normali

dovuti al diverso coefficiente di dilatazione termica e al

rapporto di Poisson della fibra che, rompendosi, si

“espande” nella matrice. Assumendo in prima

approssimazione uno sforzo costante durante lo

sfilamento:

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WPO = forza media di sfilamento * lunghezza =

l)l

(*2

d

=

2

d 2l

Figura 50.15 – Curva di debonding e sfilamento di una

fibra.

Come già discusso, se la lunghezza del tratto di fibra

da sfilare è più lungo di lc/2, lo sforzo nella fibra

raggiungerà il limite di rottura e questa si fratturerà. La

massima lunghezza di sfilamento sarà quindi pari a lc/2

e il lavoro di sfilamento massimo per una fibra sarà:

WPO max = 16

d

8

d cf2

c ll 2

In generale l’effettiva lunghezza media di sfilamento,

sia nel caso di fibre continue che nel caso di fibre

corte, risulta una frazione della lunghezza critica e

l’energia di pull-out mediata su ciascuna fibra sarà

inferiore rispetto al valore massimo indicato.

Si osserva in ogni caso che l’energia di debonding e di

pull-out aumentano all’aumentare della lunghezza

critica, cioè al diminuire della resistenza

dell’interfaccia. Una scarsa adesione, quindi, è

necessaria per avere un’elevata dissipazione di

energia. Nella realtà, a seguito della riduzione della

resistenza delle fibre con la lunghezza (vedi Cap. 34),

ne risulta un valore ottimale di adesione, comunque

basso, che consente di massimizzare l’energia di frattura.

50.3 Tecnologie di produzione di CMC

Miscelazione convenzionale e compattazione

Questa è una semplice estensione dei metodi di

produzione di ceramiche tecniche e alcuni vetroceramici a

partire da polveri. La polvere della matrice viene

miscelata con il rinforzo in forma di particelle o whiskers

e con un legante. La miscela viene quindi compattata e

portata a cottura o pressata a caldo. La tecnica presenta

problemi legati soprattutto alla difficoltà di ottenere una

miscelazione omogenea e ad evitare la formazione di

aggregati, in particolare nel caso di whiskers.

Dispersione e compattazione di sospensioni

A causa della difficoltà di miscelare omogeneamente per

via convenzionale, sono a volte preferiti processi a umido,

che trattano sospensioni (slurry). La Figura 50.16 mostra

uno schema delle fasi di processo. La dispersione delle

fasi solide nella sospensione viene ottenuta mediante un

controllo del pH della soluzione acquosa e mediante

agitazione, solitamente tramite ultrasuoni.

Figura 50.16 – Schema del processo slurry di produzione di

CMC.

I metodi che coinvolgono slurry sono particolarmente

idonei per compositi con rinforzi particellari, whiskers o

fibre corte. Una tecnica per la produzione di compositi a

fibra lunga e matrice vetrosa o vetroceramica, tramite

slurry, prevede il passaggio di fibre attraverso una

sospensione a base acquosa. Le fibre impregnate vengono

avvolte su un tamburo rotante a formare un nastro a

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singola lamina. Il nastro viene quindi tagliato a misura

e le lamine sono sovrapposte a formare un laminato

prima della compattazione, essicazione e pressatura a

caldo (Figura 50.17). Nel caso di vetroceramica è

previsto un trattamento termico successivo di

devetrificazione. La tecnica consente di raggiungere un

elevato contenuto di fibre con buon allineamento (Figura

50.18).

Figura 50.17 – Fasi del processo slurry di produzione di CMC.

Figura 50.18 – Sezione di un laminato CMC cross-ply

ottenuto via slurry.

Processi in fase liquida

Tecniche di infiltrazione di matrice liquida attraverso

una preforma di fibre, in modo simile ai compositi a

matrice metallica, sono in linea di principio possibili

anche nel caso di matrici ceramiche. Tuttavia le

reazioni di interfaccia alle alte temperature richieste

limitano fortemente tale possibilità. Solo nel caso di

vetri e vetroceramica sono state adottate tecniche di

infiltrazione (matrix transfer molding) per la

produzione di componenti finiti come tubi a parete

sottile, difficilmente ottenibili per altre vie. La tecnica

(Figura 50.19) prevede il posizionamento di una preforma

di rinforzo secco all’interno di uno stampo e l’infiltrazione

della matrice vetrosa fusa per effetto di calore e pressione.

Figura 50.19 – Produzione di CMC tramite infiltrazione di

matrice vetrosa (matrix transfer molding).

Alcuni materiali ceramici, come carburo di silicio (SiC) o

carbonio (grafite), possono essere ottenuti per pirolisi

(PIP – polymer impregnation and pyrolysis) di un

precursore polimerico (carbosilani nel caso di SiC; resine

fenoliche, pece, resine epossidiche nel caso di

carbonio/grafite). La Figura 50.20 mostra lo schema del

processo. I processi per la produzione di compositi

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ceramici a matrice carbonio e SiC saranno descritti

successivamente.

Figura 50.20 – Produzione di CMC tramite impregnazione e pirolisi di polimero precursore.

Tecniche sol-gel

Un sol è una sospensione di particelle nanometriche (<

100 nm) solitamente ottenute per precipitazione a

seguito di reazione in soluzione. La condensazione a

seguito di eliminazione del solvente, solitamente

acqua, e/o di reazione chimica determina la

trasformazione in uno stato colloidale di alta viscosità

(gel); la successiva essiccazione e cottura porta alla

formazione del materiale ceramico.

La bassa viscosità del sol consente l’impregnazione di

preforme di fibre a bassa temperatura e l’ottenimento

di componenti a geometria complessa. Tuttavia

l’essicazione comporta generalmente elevati ritiri

volumetrici e, di conseguenza, la necessità di fasi di

impregnazione ripetute per aumentare la densità della

matrice. In molti casi, per ottenere il materiale

ceramico desiderato, sono necessari trattamenti di

calcinazione e/o sinterizzazione a temperature

superiori a quelle richieste per la sola essicazione. La

Figura 50.21 mostra le possibili sequenze operative.

La miscelazione del sol o del gel con rinforzi

particellari o whiskers conduce ad una buona

dispersione, solitamente migliore rispetto a quella

ottenuta con tecniche convenzionali.

Matrici e fibre ceramiche sono ottenute per via sol-gel

a partire da soluzioni colloidali di composti (spesso

metallo-organici) a base di alluminio, boro, silicio,

titanio, zirconio, etc. Esempi di fibre ceramiche per

applicazioni avanzate ottenute per via sol-gel sono le

fibre Nextel (a base di silice e zirconia) e le fibre Saffil

(allumina e silice).

La zirconia (ZrO2), può essere ottenuta per calcinazione di

particelle di idrossido di zirconio (Zr(OH)4), a loro volta

ottenute per via sol-gel a seguito di precipitazione per

reazione di una soluzione di ZrOCl2 in ammoniaca:

ZrOCl2 + NH3 + H2O 2NH4Cl + Zr(OH)4

Figura 50.21 – Schema del processo sol-gel di produzione di

CMC.

Deposizione da vapore

Diversi metodi di produzione di CMC coinvolgono la

deposizione della matrice da vapore; questi metodi

includono la deposizione chimica da vapore (CVD),

l’evaporazione e i processi assistiti da plasma come il

bombardamento ionico e lo sputtering. Tra queste, CVD

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consente in generale un migliore controllo della

composizione e della velocità di deposizione anche se

richiede temperature di processo normalmente più

elevate. Nella CVD, reazioni chimiche in fase vapore

producono del solido che si deposita sulla superficie di

un substrato riscaldato. Tecniche CVD consentono di

produrre fibre ceramiche, rivestimenti (coating) o di

infiltrare preforme di rinforzo e generarne la matrice.

In quest’ultimo caso il processo viene denominato

infiltrazione chimica di vapore (CVI). I gas reattivi che

si evolvono per riscaldamento di una fase liquida o

solida sono diluiti in un gas inerte, il carrier gas, che li

trasporta nel reattore. I gas infiltrano il substrato

riscaldato posizionato nel reattore; una reazione

chimica avviene allo stato gassoso generando un

prodotto solido che si deposita come matrice (Figura

50.22).

Figura 50.22 – Schema di produzione di composito a

matrice ceramica mediante CVI.

Tabella 50.2 – Gas reagenti e relative temperature di

reazione per la deposizione CVI .

Pur essendo la velocità di deposizione superiore a

quelle della maggior parte delle altre tecniche di

deposizione, questa resta tuttavia piuttosto limitata,

restando inferiore ai 2,5 mm/ora. I gas in uscita, che

consistono del carrier, di reagenti parzialmente

decomposti e alcuni prodotti di reazione, vengono

continuamente rimossi. Tecniche CVI sono impiegate per

la produzione di compositi carbonio/carbonio, CMC con

matrici di carburi, nitruri, boruri e allumina. Ad esempio,

la reazione che porta alla formazione di una matrice

ceramica SiC è la seguente:

SiCl4 (gas) + CH4 (gas) SiC (solido) + 4HCl (gas).

La Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.

riporta i gas reagenti e le relative temperature di reazione.

50.4 Caratteristiche di alcuni compositi a

matrice ceramica per applicazioni

avanzate

n generale, grazie alle particolari caratteristiche di

resistenza termica, tenacità, rigidezza, durezza, ecc. tutti

i compositi a matrice ceramica trovano applicazioni in

settori avanzati, quali quello aerospaziale, nucleare, dei

trasporti, elettronico, biomedico. Di seguito vengono

descritte le caratteristiche di alcuni di questi materiali di

particolare rilievo.

Compositi carbonio/carbonio e carbonio/carburo di

silicio

La disponibilità di diverse tecniche di produzione, anche

relativamente economiche, e le loro caratteristiche,

rendono questi compositi di grande interesse in impieghi

diversi. Le loro applicazioni includono dischi di freni di

autoveicoli di alta gamma, veicoli industriali e aeromobili,

componenti di turbine a gas sollecitati ad alta temperatura,

protezioni termiche e bordi di attacco di missili e veicoli

spaziali, componenti di reattori nucleari, impianti

biomedici, elementi di forni industriali e attrezzature per

la lavorazione dei metalli.

Compositi C/C e C/SiC vengono impiegati sia con rinforzi

a fibra corta che con fibre continue e tessuti. Inoltre,

compositi a bassa densità, solitamente con fibre corte e

contenenti un alto grado di vuoto (da 70 a 90 %), trovano

applicazione come isolanti termici per alte temperature.

Due sono i principali processi adottati nella produzione di

C/C densi: l’infiltrazione in fase liquida seguita da pirolisi

(PIP) e l’infiltrazione chimica da vapore (CVI).

Per l’infiltrazione in fase liquida vengono impiegati

precursori diversi; i più comuni sono resine

termoindurenti (fenoliche, furaniche, poliimmidiche,

epossidiche) e pece. Un vantaggio delle resine

termoindurenti consiste nel fatto che la produzione inizia

con la formazione di un composito a matrice polimerica

tradizionale e possono essere pertanto impiegate diverse

tecniche ampiamente sviluppate. Il composito ottenuto

dalla reticolazione della resina a temperatura

relativamente bassa (200 - 250 °C) viene sottoposto a

pirolisi e carbonizzazione sotto vuoto o ambiente inerte a

temperatura dell’ordine di 1000 °C. Il polimero si

trasforma in una matrice di carbonio amorfo con rese

I

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variabili da 45 a 80 %. Per ottenere un composito

denso sono quindi necessarie più fasi di impregnazione

e carbonizzazione ripetute. Per evitare rotture e

microcricche il processo viene condotto lentamente

così da consentire l’evoluzione dei gas di reazione; un

ciclo completo può richiedere diversi giorni. La

trasformazione della matrice in carbonio cristallino

(grafitizzazione) richiede trattamento a temperature

superiori a 2500 °C.

Elementi di protezione termica in C/C dello Space

Shuttle sono stati prodotti a partire da tessuti in

carbonio impregnati con resina fenolica Figura 50.23).

Figura 50.23 – Protezioni termiche in C/C dello Space

Shuttle e schema di produzione.

Figura 50.24 – Densità di compositi C/C in funzione

della temperatura di trattamento termico, ottenuti da

diversi precursori.

L’impregnazione con pece viene condotta in modo

simile. La pece, tuttavia, possiede proprietà liquido-

cristalline, così che la sua struttura allo stato solido

risulta parzialmente orientata (mesofase). Questa struttura

e l’impiego di processi ad alta pressione (fino a 1000 bar)

favoriscono la grafitizzazione ad alta temperatura e la

formazione di matrice a densità superiore, riducendo la

necessità di cicli successivi (Figura 50.24).

Compositi C/SiC possono essere prodotti con una tecnica

di pirolisi della matrice polimerica (PIP), seguita da

infiltrazione di silicio metallico fuso (melt infiltration –

MI o liquid silicon infiltration LSI). Dischi di freno per

veicoli e aeromobili vengono prodotti a partire da

compositi a fibra corta o laminati con tessuti di carbonio e

matrice polimerica, spesso fenolica, prodotti nella forma

del componente finale. La successiva pirolisi e

carbonizzazione a 900 - 1000 °C produce una matrice di

carbonio altamente porosa. Il componente cosi ottenuto

viene messo a contatto in forno sotto vuoto con silicio

fuso (a circa 1500 °C) che si infiltra nelle porosità,

reagisce con il carbonio amorfo a formare SiC e riduce la

porosità del manufatto. La reazione di Si con il carbonio

grafitico delle fibre di rinforzo, pur possibile, degrada in

modo limitato le caratteristiche del rinforzo. Il materiale

risultante è costituito da fibre di carbonio in matrice

complessa di SiC, carbonio e silicio non reagiti. Rispetto a

C/C, i compositi C/SiC possiedono superiore resistenza ad

ossidazione alle alte temperature (Figura 50.25).

Figura 50.25 – Disco freno di automobile in C/SiC ottenuto

mediante PIP-MI.

Compositi C/C possono essere ottenuti mediante CVI, che

implica la decomposizione termica di idrocarburi.

Tradizionalmente viene impiegato metano che si

decompone a carbonio, liberando idrogeno. La struttura

(amorfa o cristallina fine) del carbonio prodotto dipende

dalle condizioni di temperatura e pressione a cui viene

condotto il processo e dalle caratteristiche del substrato

(rugosità, porosità) che promuove la nucleazione della

struttura grafitica. La Figura 50.26 mostra le condizioni di

temperatura e pressione idonee alla formazione di grafite

pirolitica.

I processi CVI per la produzione di carbonio sono

essenzialmente tre: il metodo isotermo, in cui

l’infiltrazione del gas avviene a temperatura costante di

circa 1100 °C e bassa pressione (0,6-6 kPa); il metodo a

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gradiente termico, in cui il substrato alla superficie del

componente è a temperatura inferiore rispetto al cuore

e la deposizione avviene a partire dal centro, evitando

così la formazione di “croste” superficiali; il metodo a

gradiente di pressione, meno usato, in cui il gas è

infiltrato in pressione (Figura 50.27).

Figura 50.26 – Effetto della pressione e della

temperatura sulla struttura del carbonio nella CVD.

Figura 50.27 – Metodi di infiltrazione chimica di vapore

CVI: (a) isotermo, (b) gradiente termico, (c) gradiente

di pressione.

La temperatura di grafitizzazione influenza le

caratteristiche meccaniche poiché all’aumentare della

grafitizzazione si riduce l’adesione tra matrice

carboniosa e fibre di rinforzo e si incrementa la

tenacità del composito per effetto di debonding e pull-

out. La Figura 50.28 mostra l’influenza della

temperatura di trattamento termico sulla curva sforzo

deformazione del materiale. I compositi C/C

mantengono le loro caratteristiche meccaniche fino a

temperature estreme (Figura 50.29), purché in assenza

di ossigeno. Al fine di garantire resistenza ad

ossidazione fino ad oltre 1400 °C possono essere

impiegati rivestimenti protettivi, ad esempio a base di

carburo o nitruro di silicio, che, avendo coefficiente di

dilatazione molto basso, riducono la possibilità di

rotture nel rivestimento di protezione superficiale.

Ulteriore protezione da ossidazione è ottenuta con

l’aggiunta di formatori di vetro, in grado di sigillare

eventuali cricche nel rivestimento superficiale. La

Figura 50.30 mostra i valori di dilatazione termica di

possibili materiali di protezione da ossidazione

superficiale.

Figura 50.28 – Effetto della temperatura di grafitizzazione

sul comportamento a flessione di compositi C/C prodotti da

precursore polimerico.

Figura 50.29 – Resistenza specifica in funzione della

temperatura di compositi C/C in assenza di ossigeno.

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Figura 50.30 – Dilatazione termica di ceramici e vetri

per possibili impieghi in rivestimenti protettivi.

Compositi a matrice di allumina

L’allumina (Al2O3) è impiegata come materiale

ceramico in molte applicazioni di rilievo, in campo

elettrico ed elettronico, biomedico, industriale.

Allumina rinforzata con whiskers di SiC fino al 25%

viene ottenuta mediante il metodo slurry. L’aggiunta di

whiskers incrementa in modo rilevante il modulo

elastico (fino a 400 circa GPa), ma soprattutto la

resistenza e la tenacità. La Tabella 50.3 riporta le

caratteristiche meccaniche di compositi con diversi

contenuti di whiskers. Tali caratteristiche sono

mantenute fino a temperature di circa 1200 °C (Figura

50.31). La riduzione del coefficiente di dilatazione

termica che segue all’aggiunta di whiskers ne aumenta

significativamente la resistenza a shock termici.

L’allumina rinforzata con whiskers trova impieghi in

componenti che richiedono grande resistenza ad

erosione ed utensili per la lavorazione di materiali

duri.

Tabella 50.3 – Caratteristiche meccaniche di compositi

allumina/SiC (whiskers) per utensili da taglio.

SiC (%) 0 7 15 25

Densità (g/cm3) 3,9 3,8 3,8 3,7

Modulo elastico (GPa) 340 340 350 390

Modulo specifico (GPa/(g/cm3)) 87 89 92 105

Resistenza a flessione (MPa) 300 650 700 900

Tenacità (MPa*m0,5) 4,5 5,5 6 8

Coeff. Esp. Termica (106 * °C-1) 8 8 7 6

Figura 50.31 – Tenacità di compositi allumina/SiC a diversi

contenuti di whiskers in funzione della temperatura.

L’allumina si presta ad essere rinforzata per aggiunta di

zirconia; la ZTA (zirconia toughened alumina) contiene

fino al 20% di particelle fini di zirconia (ZrO2).

L’aumento di volume (circa 3%) che accompagna la

trasformazione di fase della zirconia da tetragonale a

monoclina durante il raffreddamento dalle condizioni di

processo genera microfratture nella matrice di allumina

che determinano un aumento di tenacità per formazione di

microcricche; questo è tuttavia accompagnato da

riduzione della resistenza (Figura 50.32).

Figura 50.32 – Tenacità e resistenza di compositi ZTA

allumina/zirconia non stabilizzata.

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Figura 50.33 – Tenacità e resistenza di compositi ZTA

allumina/zirconia parzialmente stabilizzata.

Nel caso di aggiunta di particelle fini di zirconia

parzialmente stabilizzata, la trasformazione tm è

soppressa durante il raffreddamento, anche a seguito

del vincolo imposto dalla matrice circostante. La

trasformazione avviene, con aumento di volume, per

effetto di sollecitazione durante il passaggio di una

cricca. Una opportuna combinazione di stabilizzazione

e dimensioni delle particelle permette quindi la

tenacizzazione dell’allumina per trasformazione di

fase. In questo caso l’aumento di tenacità è

accompagnato anche da aumento della resistenza

(Figura 50.33).

Compositi a matrice vetroceramica

Una classe di compositi a matrice vetroceramica di

rilevante interesse è basata su sistemi litio-allumino-

silicati (LAS) rinforzati con fibre di SiC. In questo caso

la matrice possiede deformazione a rottura inferiore

alle fibre; l’aggiunta di fibre continue unidirezionali o

lamine multidirezionali consente quindi di ottenere

elevati valori di tenacità e capacità di sostenere carichi

anche oltre la rottura della sola matrice. La Figura

50.34 mostra le curve sforzo-deformazione di

compositi LAS che evidenziano come la rottura della

matrice, indicata in figura al punto M, non comporti il

totale cedimento del materiale, che avviene, invece, in

corrispondenza della rottura e sfilamento delle fibre

(oltre il punto F).

Figura 50.34 – Curve sforzo-deformazione di compositi a

matrice vetroceramica LAS e fibre SiC.

Figura 50.35 – Rottura a trazione di un composito a fibra

continua SiC in matrice vetroceramica LAS. Si osserva

l’evidente pull-out delle fibre indicativo della scarsa

adesione all’interfaccia.

In questi, come in altri compositi vetroceramici rinforzati

con SiC, gran parte dell’effetto di tenacizzazione è dovuto

a debonding e pull-out, come risulta evidente dall’elevata

lunghezza delle fibre sfilate in corrispondenza della

superficie di frattura (Figura 50.35). La ridotta adesione

fibra-matrice, che garantisce buona tenacità, è in parte

controllata da reazioni di interfaccia durante il processo.

Mentre in ambiente inerte le caratteristiche di resistenza,

rigidezza e tenacità sono conservate anche ad alta

temperatura (fino a oltre 1000 °C), in presenza di ossigeno

anche in bassa concentrazione, la formazione di

microcricche determina la penetrazione dell’ossidazione e

la degradazione del materiale a partire da 800 °C (Figura

50.36).

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Figura 50.36 – Resistenza di compositi vetroceramici

LAS/SiC in funzione della temperatura in ambiente

inerte e in presenza di aria.

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