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METE URBANEPAESAGGI UMANI

RETI E SISTEMI DI INTEGRAZIONEDEI RIFUGIATI A ROMA

a cura di

Folco CimagalliMaurizio Saggion

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Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–3100–1

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: febbraio 2010

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Sommario

PRESENTAZIONE ............................................................................................7

INTRODUZIONE...............................................................................................9

MIGRAZIONI FORZATE E SGUARDO SOCIOLOGICO .............................................9 LO SPECIFICO DI RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO............................................13 LA RICERCA: IPOTESI E METODO......................................................................16

1. IL CONTESTO NORMATIVO...................................................................23

1.1. EVOLUZIONE NORMATIVA ........................................................................23 1.2. LA PROCEDURA PER LA RICHIESTA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE ......25 1.3. DALLA LEGGE ALLE STORIE......................................................................30

2. LO SCENARIO: FLUSSI E PRESENZE ...................................................41

2.1. I NUMERI DEI RIFUGIATI IN ITALIA............................................................41 2.2. I NUMERI DEI RIFUGIATI A ROMA..............................................................42 2.3. CONCLUSIONI ...........................................................................................46

3. LE STORIE DI VITA...................................................................................47

3.1. IL QUADRO TEORICO.................................................................................47 3.2. LA DESTINAZIONE ....................................................................................51 3.3. LA RICHIESTA DI ASILO.............................................................................60

4. L’INCONTRO CON LA CITTÀ.................................................................83

4.1. DINAMICHE DI ATTIVAZIONE ....................................................................83 4.3. ASPETTATIVE, PERCEZIONI E PROSPETTIVE...............................................95

5. RETI RELAZIONALI E MIGRAZIONI .................................................105

5. 1. MUTAMENTO SOCIALE E IMMIGRAZIONE ...............................................105 5.2. MULTICULTURALISMO E INTEGRAZIONE ................................................106 5.3. LE COORDINATE RELAZIONALI E LA DEFINIZIONE DEI SOCIAL NETWORK107 5.4. LE RETI: UN APPROCCIO TEORICO ALLO STUDIO DELLE MIGRAZIONI.......111 5.5. RIFUGIATI: UNA SFIDA PER LE SOCIETÀ MODERNE..................................113 5.6. RICHIEDENTI ASILO E RIFUGIATI A ROMA. IL SOCIAL NETWORK DEI

MIGRANTI ...........................................................................................................115

6. ALCUNE IMPLICAZIONI OPERATIVE...............................................121

6.1. DALLE STORIE ALLE POLITICHE ..............................................................121 6.2. UNA LETTURA DI SINTESI: DUE CONFIGURAZIONI-TIPO...........................122

CONCLUSIONI ..............................................................................................131

VERSO IL SISTEMA RESILIENTE......................................................................131

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BIBLIOGRAFIA.............................................................................................145

APPENDICE 1. LA SCHEDA DI RILEVAZIONE.....................................149

APPENDICE 2. LA NORMATIVA ..............................................................155

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1. Il contesto normativo

di Valentina Fabbri1

1.1. Evoluzione normativa Fino al 1990 non esistevano disposizioni che regolamentassero la

procedura di asilo, e lo status di rifugiato veniva riconosciuto da una Commissione paritetica di eleggibilità, istituita nel 1953 con uno scambio di note fra il Governo italiano e l’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees)2. L’articolo 1 della legge 39/1990 sull’immigrazione – la cosiddetta legge Martelli – disciplina per la prima volta la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato, e stabilisce la cessazione della limitazione geografica presente nella Convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato del 1951. Con il successivo regolamento – D.P.R. 136/1990 – viene istituita la “Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato”, con il compito di esaminare le richieste di asilo.

Sebbene poi la legge Martelli sia stata abrogata nella quasi totalità del suo impianto3, l’articolo 1 ha rappresentato l’unico strumento nor-mativo per la materia di asilo fino all’aprile del 2005, quando è entrato in vigore il regolamento attuativo – D.P.R. 303/2004 – della legge Bossi Fini, legge 189/2002, che ha modificato e integrato la legge 39/19904. La nuova legge ha istituito i Centri di identificazione, previ-sto il trattenimento obbligatorio dei richiedenti asilo, implementato sette Commissioni territoriali in luogo della Commissione centrale,

1 Valentina Fabbri è referente per l’area socio-legale di Programma Integra. 2 Istituita con uno scambio di note il 22 luglio del 1952 e formalmente sancita da

un decreto ministeriale del 24 novembre 1953. 3 Abrogata dalla legge 40/1998 (Turco-Napolitano), confluita poi nel d.lgs.

286/1998 ( Testo Unico immigrazione). 4 Sebbene la legge 189 sia del luglio del 2002, fino all’entrata in vigore del rego-

lamento attuativo delle disposizioni sull’asilo, D.P.R. 303/2004, nell’aprile 2005, si è continuato ad applicare la “vecchia procedura”.

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previsto la coesistenza di due procedure – ordinaria e semplificata – e costituito il “Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati”, SPRAR5. Il Sistema di protezione capitalizza l’esperienza del Piano Nazionale Asilo (PNA), finalizzato alla costituzione di una rete di ac-coglienza in favore dei richiedenti asilo e di interventi a sostegno dell’integrazione dei rifugiati. Nel 2005, con il d.lgs. 140/2005 – che ha recepito una direttiva comunitaria – è stata disciplinata l’accoglien-za dei richiedenti asilo in Italia, regolando il funzionamento dei centri destinati ad ospitare richiedenti asilo, rifugiati, protetti sussidiari e umanitari6.

La procedura della legge Bossi Fini ha disciplinato il diritto d’asilo fino al 2008, quando sono entrati in vigore il d.lgs. 251/2007, sulle qualifiche per il riconoscimento dello status di rifugiato, e il d.lgs. 25/2008, sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato7. Entrambi i decreti hanno recepito direttive comunitarie, nell’ambito del processo di armonizzazione delle procedure in materia di asilo all’interno dei 27 Stati membri Ue.

Fra le novità più importanti introdotte nell’ordinamento italiano dai due decreti si possono ricordare: la qualifica di protetto sussidiario come forma di protezione internazionale accanto allo status di rifugia-to; la sostituzione dei Centri di identificazione con i Centri di Acco-glienza per Richiedenti Asilo (CARA), l’istituzione di tre nuove Commissioni territoriali, una maggiore durata dei permessi di soggior-no, il ritorno ad una unica procedura per la richiesta di protezione in-

5 I progetti dello SPRAR finanziati nel 2008 sono stati 114 per un totale di 4.388

posti disponibili. Di questi, 501 posti sono stati finanziati con l’ordinanza di prote-zione civile 3620 del 12 ottobre 2007 (fonte: Servizio centrale del Sistema di Prote-zione per Richiedenti Asilo e Rifugiati).

6 D.lgs. 140/2005, “Attuazione della direttiva 2003/9/CE, che stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri”.

7 D.lgs 251/2007 “Attuazione della direttiva 2004/83/CE, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta”, in vigore dal 19 gennaio 2008, e d.lgs. 25/2008 “Attuazione della direttiva 2005/85/CE, recante norme minime per le pro-cedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato”.

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ternazionale, l’effetto sospensivo dei ricorsi avverso il diniego dello status di rifugiato. Il “decreto qualifiche” fornisce inoltre puntuali in-dicazioni alle Commissioni per individuare i responsabili della perse-cuzione o del danno grave, alla base rispettivamente del riconoscimen-to dello status di rifugiato e dello status di protetto sussidiario, e i sog-getti che possono fornire protezione. Nello stesso decreto, norme più puntuali vengono impartite in merito alla cessazione, all’esclusione e alla revoca dello status di rifugiato e di protetto sussidiario.

Recentemente il cosiddetto “decreto procedure” è stato modificato dal d.lgs. 159/2008, che ha previsto nuovamente il trattenimento ob-bligatorio in un CIE8 – Centro di Identificazione ed Espulsione – per i richiedenti asilo colpiti da precedente espulsione, ha abolito l’effetto sospensivo automatico del ricorso avverso il diniego della protezione internazionale, e ha ridotto i termini per l’impugnazione del diniego9. 1.2. La procedura per la richiesta di protezione internazionale

La richiesta di protezione internazionale è presentata presso l’uffi-cio di polizia di frontiera al momento dell’ingresso o presso l’ufficio della questura competente in base alla dimora del richiedente.

Non è previsto un termine perentorio per la presentazione della domanda e una domanda non può essere respinta per il solo fatto di non essere stata presentata tempestivamente. Al momento della rice-

8 I CIE sono i Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza – CPTA – che

hanno assunto una nuova denominazione a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 92/2008, convertito nella legge 195/2008, e continuano a essere regolamentati dall’art. 14 del d.lgs. 286/98. Nei CIE sono trattenuti anche i richiedenti la protezio-ne internazionale che hanno presentato la domanda di asilo a seguito di provvedi-mento di espulsione.

9 Il ricorso avverso la decisione della Commissione deve essere presentato entro 15 giorni dalla data di notifica del provvedimento. Il termine di presentazione diven-ta di 30 giorni per i richiedenti asilo che non sono stati né accolti in un CARA né trattenuti in un CIE. Il ricorso non ha effetto sospensivo immediato, ma deve conte-stualmente essere richiesta al giudice apposita autorizzazione a permanere sul terri-torio nazionale al fine di poter attendere in Italia l’esito dell’opposizione. Fanno eccezione i casi che si trovano in un CARA per verificare l’identità e la nazionalità e i richiedenti non soggetti a trattenimento o accoglienza.

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zione della domanda, l’ufficio di polizia redige il verbale delle dichia-razioni e avvia la procedura per determinare lo Stato competente per l’esame della domanda di asilo, come previsto dal regolamento Dubli-no10. A seguito della presentazione dell’istanza, colui che richiede la protezione internazionale può essere accolto all’interno di un CARA – Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo – fino ad un massimo di 20 giorni, qualora si debba verificare l’identità o la nazionalità della persona, o fino a 35 giorni, quando il richiedente sia stato fermato do-po avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera o sia stato fermato in posizione di soggiorno irregolare. Il richiedente la prote-zione internazionale deve essere trattenuto all’interno di un CIE – Centro di Identificazione ed Espulsione – nel caso sia già stato colpito da un provvedimento di espulsione o di respingimento e nei casi in cui la domanda di protezione internazionale sia stata presentata a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dall’art. 380 commi 1 e 2 del codice di procedura penale, o per reati inerenti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento dell’immigrazione e dell’emigra-zione clandestina, o per reati diretti al reclutamento di persone da de-stinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecita. Devono inoltre essere trattenuti nei CIE coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’articolo 1 paragrafo F della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato. La permanenza in tale struttura non può essere superiore ai 30 giorni, prorogabili fino ad un massimo di ulteriori 30 giorni dietro convalida del giudice di pace11. Agli stranieri accolti o sottoposti a trattenimento la questura rilascerà un attestato nominativo. Allo scadere del periodo di trattenimento o di accoglien-

10 Il reg.343/2003, relativo ai “criteri e ai meccanismi di determinazione dello

Stato membro competente all’esame della domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee”. Il regolamento Dublino prevede che a segui-to della presentazione della domanda di asilo le questure inoltrino la richiesta all’U-nità Dublino, ufficio istituito presso il Ministero dell’Interno. Qualora dai riscontri risulti che l’Italia non sia il primo Paese UE dove il richiedente la protezione sia passato, l’Unità Dublino interesserà il primo Stato membro di transito per la richie-sta della ripresa in carico del richiedente.

11 E’ stato recentemente approvato in Parlamento il ddl in materia di pubblica si-curezza contenente una norma che, in modifica dell’art. 14 del d.lgs. 286/1998, pre-vede il prolungamento del periodo di trattenimento nei CIE fino a 6 mesi.

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za, prima che sia intervenuta la decisione della Commissione, al ri-chiedente asilo sarà rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale valido tre mesi. Ai richiedenti asilo per i quali non è stato necessario predisporre misure di accoglienza o tratte-nimento verrà rilasciato, fin da subito, un permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale di tre mesi. Tale permesso di soggiorno è un permesso temporaneo valido fino alla definizione dello status del richiedente in Italia, è rinnovabile fino al termine della pro-cedura di riconoscimento della protezione internazionale, non è con-vertibile in altro permesso di soggiorno e non consente l’allontana-mento dal territorio nazionale. Qualora la decisione sulla richiesta di protezione internazionale non venga adottata entro sei mesi dalla pre-sentazione della domanda e il ritardo non possa essere attribuito al ri-chiedente, il permesso di soggiorno viene rinnovato per ulteriori sei mesi e consente alla persona di svolgere attività lavorativa fino alla conclusione della procedura.

Qualora il richiedente asilo (esclusi i casi soggetti ad accoglienza in un CARA o a trattenimento in un CIE), il rifugiato, il protetto sussi-diario o il titolare di protezione umanitaria – a seguito di intervista in-nanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della prote-zione internazionale competente – risulti privo dei mezzi di sussisten-za, può essere inserito in uno dei centri gestiti dallo SPRAR.

A decidere sulla richiesta di protezione sono le Commissioni terri-toriali per il riconoscimento della protezione internazionale. La Com-missione provvede al colloquio con i richiedenti la protezione interna-zionale tramite la questura competente entro trenta giorni e decide en-tro i tre giorni feriali successivi. In caso di domanda palesemente in-fondata, domanda presentata da un richiedente appartenente a catego-rie vulnerabili o da un richiedente in accoglienza o trattenimento (ec-cetto i richiedenti accolti per verificare la propria nazionalità o identi-tà), è previsto un esame prioritario: l’intervista deve avvenire entro sette giorni ed entro due la Commissione deve decidere. Il richiedente asilo ha diritto a farsi assistere da un avvocato nel corso dell’intervista.

Le decisioni della Commissione possono essere le seguenti: il rico-noscimento dello status di rifugiato; il riconoscimento della protezione sussidiaria; il diniego della protezione internazionale con raccomanda-zione per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari

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(ai sensi dell’articolo 5 comma 6 del d.lgs.286/199812). In caso, infine, di esito negativo dell’esame, al richiedente verrà consegnato un prov-vedimento di diniego della domanda di protezione con indicati i mezzi di impugnazione. Il ricorso verso la decisione della Commissione deve essere presentato entro quindici giorni dalla data di notifica del prov-vedimento innanzi al Tribunale del capoluogo di distretto di Corte di Appello dove ha sede il CARA o il CIE. Il termine di presentazione diventa di 30 giorni per i richiedenti asilo che non sono stati né accolti in un CARA né trattenuti in un CIE, e il ricorso deve essere presentato innanzi al Tribunale del capoluogo di distretto di Corte di Appello do-ve ha sede la Commissione territoriale. Il ricorso non ha effetto so-spensivo immediato, ma deve contestualmente essere richiesta al giu-dice apposita autorizzazione a permanere sul territorio nazionale, al fine di poter attendere in Italia l’esito dell’opposizione. Fanno ecce-zione i casi che si trovano in un CARA per verificare l’identità e la nazionalità e i richiedenti non soggetti a trattenimento o accoglienza: per loro la presentazione del ricorso ha effetto sospensivo immediato.

Il giudice accoglie o rifiuta con ordinanza la richiesta di permanen-za in Italia in attesa di giudizio nei cinque giorni successivi; nel frat-tempo, il richiedente attende ospitato all’interno del CARA o del CIE. In caso di accoglimento dell’istanza, al richiedente verrà rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo di tre mesi e potrà beneficia-re delle misure di accoglienza. Il Tribunale decide nel merito entro tre mesi con sentenza. I diritti dei titolari di protezione

Al rifugiato verrà consegnato un permesso di soggiorno per asilo di

durata quinquennale e un documento di viaggio di pari durata. Il rifu-giato beneficia di disposizioni più favorevoli per alcune procedure: può chiedere la cittadinanza dopo cinque anni di residenza legale;

12 L’art. 5 comma 6 del d.lgs. 286/1998 stabilisce che “Il rifiuto o la revoca del

permesso di soggiorno possono essere altresì adottati sulla base di accordi interna-zionali (…) salvo che non ricorrano seri motivi in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”.

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chiedere il ricongiungimento familiare a condizioni più favorevoli di quelle previste per i cittadini stranieri con regolare soggiorno ad altro titolo13; chiedere per i figli minori l’estensione dello status di rifugia-to; sposarsi in Italia senza rivolgersi alla propria ambasciata per il cer-tificato di stato libero; beneficiare dell’assistenza sociale al pari del cittadino italiano.

Il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria ha durata trien-nale, e può essere contestualmente rilasciato il titolo di viaggio sosti-tutivo del passaporto nel caso in cui il titolare non possa recarsi presso l’ambasciata del suo paese. Il titolare di protezione sussidiaria gode di disposizioni più favorevoli per il ricongiungimento familiare14 e può beneficiare dell’assistenza sociale al pari del cittadino italiano.

Il protetto umanitario, infine, ha diritto a un permesso di soggiorno per motivi umanitari, generalmente di durata annuale, che consente di svolgere attività lavorativa ed è convertibile in permesso di soggiorno per lavoro. A seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 25/2008 e del-l’introduzione della protezione sussidiaria, tutti i permessi per motivi umanitari rilasciati, al momento del rinnovo, verranno convertiti in permessi di soggiorno per protezione sussidiaria, previa emanazione di un nuovo provvedimento di riconoscimento dello status di protetto sussidiario da parte della Commissione che si era espressa sulla prima domanda. Il titolare di permesso umanitario non può richiedere il ri-congiungimento familiare, a meno che non sia titolare di un permesso per motivi umanitari rilasciato prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 251/2007, e che al momento del rinnovo dovrà essere con-

13 Non ha l’obbligo di soddisfare i requisiti di reddito e di alloggio prescritti per

gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, ma basterà indicare i parenti o il coniuge con il quale intende ricongiungersi e mostrare la documentazione attestante i legami di parentela al momento della richiesta del visto al consolato italiano com-petente per il rilascio.

14 Al pari del migrante, deve dimostrare di possedere il requisito dell'alloggio i-doneo e del reddito, che però dovrà essere sempre pari al doppio dell’importo del-l’assegno sociale indifferentemente dal numero di familiari per i quali chiede il ri-congiungimento

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vertito in protezione sussidiaria. Egli inoltre non può usufruire delle prestazioni sociali15.

1.3. Dalla legge alle storie

Di seguito alcune esperienze “tipo” di richiedenti asilo che arrivano in Italia e i percorsi normativi da essi seguiti16. Mohamed, Sudanese, richiedente asilo, sbarcato a Lampedusa, ospi-

tato in un CARA e riconosciuto rifugiato.

Mohamed è sbarcato in Italia il 24 gennaio 2008. Era una notte fredda, ma dopo poco più di 24 ore in mare la guardia costiera italiana, a largo di Lampedusa, ha salvato lui e i suoi compagni di viaggio partiti da El Zuara, in Libia. Mohamed ha lasciato la sua casa in Sudan un anno fa con un’idea: chiedere protezione in Europa. Dopo le operazioni di salvataggio è stato ospitato nel Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa dove è stato foto-segnalato17. Ha espresso l’intenzione di presentare richiesta di asilo e per questo è stato trasferito nel CARA di Crotone, dove gli è stato consegnato un attestato nominativo con la sua foto. Gli sono stati dati dei vestiti, assegnato un posto e gli è stato detto di attendere di essere convocato per l’esame in Commissione. Non sa bene di che cosa si tratti; chiede informazioni ad altri ragazzi nel centro e poi a un operatore dell’ente gestore, che gli spiega cosa avverrà. Mohammed è stato ospitato nel centro di accoglienza per richieden-

ti asilo in quanto ha eluso i controlli di frontiera e, ai sensi dell’arti-colo 20 del d.lgs. 25/2008, resterà nel centro per 35 giorni. Dopo la verbalizzazione della domanda di asilo, redatta su appositi moduli dal-

15 A seguito della legge finanziaria del 2001 (l. 388/2000 art. 80), le prestazioni

assistenziali possono essere corrisposte ai cittadini stranieri solo se titolari di carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno per lungo-soggiornanti). I rifugiati e i protetti sussidiari sono però equiparati ai cittadini italiani per quanto riguarda il beneficio delle prestazioni socio-sanitarie. Con una sentenza del 23 gennaio 2009 l’articolo 80 della legge finanziaria è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale.

16 Le storie non si riferiscono a persone reali, ma intendono ricostruire diverse ti-pologie di percorso dei richiedenti la protezione internazionale in Italia, con riferi-mento all’applicazione della normativa.

17 La polizia prende le impronte digitali e scatta fotografie segnaletiche.

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la polizia, a Mohammed è stato consegnato un attestato nominativo con la sua foto che certifica il suo status di richiedente asilo. Ogni giorno può uscire dal CARA, ma non può allontanarsi per più giorni senza un’apposita autorizzazione. L’accesso al CARA è consentito ai rappresentanti dell’UNHCR, agli avvocati e agli organismi di tutela dei rifugiati. Mohammed è in attesa che la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Crotone, terri-torialmente competente rispetto al centro di accoglienza, lo convochi per l’intervista personale.

La convocazione non tarda ad arrivare e, il 20 febbraio, Mohammed sostiene l’intervista con un interprete di lingua araba, come indicato al momento della presentazione della domanda di protezione. L’intervista viene verbalizzata e gli viene consegnata copia del verbale. La Commissione vuole sapere se appartiene ad etnie, gruppi politici, cosa faceva nel paese di origine, per quali motivi non può tornarvi. La decisione dipende dalla sua storia personale e dagli eventuali modi con i quali può provarla (documenti, tesserini, certificati medici). Dopo l’intervista, durata circa un’ora, Mohammed è sfinito. Ora dovrà attendere che la Questura gli notifichi la decisione. Le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione

internazionale sono nominate – ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 25/2008, modificato dal d.lgs. 159/2008 – con decreto del Ministro dell’Interno e composte da un funzionario della carriera prefettizia con funzioni di presidente, da un funzionario della polizia di stato, da un rappresen-tante di un Ente territoriale designato dalla Conferenza Stato, città ed autonomie locali e da un rappresentante dell’UNHCR. Le Commis-sioni In Italia sono dieci (Torino, Milano, Gorizia, Roma, Caserta, Ba-ri, Foggia, Crotone, Trapani, Siracusa), con competenza a decidere sulle domande presentate in determinate aree geografiche; la Commis-sione di Crotone, ad esempio, è competente all’esame delle domande di protezione internazionale presentate in Calabria e Basilicata.

Dopo circa una settimana, Mohamed ha la sua risposta: è stato riconosciuto rifugiato. Dopo il rilascio di un certificato che attesta il suo status di rifugiato può richiedere il permesso di soggiorno per asilo. Il permesso è valido per 5 anni e dà diritto anche a un documento di viaggio per stranieri che, al pari del passaporto ordinario, gli consentirà di viaggiare in tutti i paesi tranne il Sudan, dal quale ha chiesto protezione.

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I commissari hanno riconosciuto che Mohammed è scappato dal Sudan perché è stato perseguitato per motivi di razza, religione, politi-ca, appartenenza ad un gruppo sociale o nazionalità, e hanno concesso lo status di rifugiato ai sensi della Convezione di Ginevra del 1951. Il riconoscimento dello status di rifugiato consente di beneficiare di un permesso di soggiorno con validità quinquennale automaticamente rinnovabile alla scadenza, e di un documento di viaggio per rifugiato di pari validità equipollente al passaporto ordinario. Il rifugiato può svolgere attività lavorativa, viaggiare nei paesi Schengen per periodi inferiori a tre mesi senza richiedere il visto, chiedere la cittadinanza italiana dopo cinque anni. Gode inoltre di alcune agevolazioni per il ricongiungimento familiare.

Ora deve uscire dal centro e, non sapendo dove andare, ha chiesto di poter beneficiare di un posto in accoglienza. La prefettura ha inoltrato la domanda al Servizio centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati e, verificata la disponibilità, egli sta per partire per il Nord Italia, destinazione Trento, dove avrà una casa per alcuni mesi. Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati è stato isti-

tuito dalla legge Bossi Fini 189/1990, ed è coordinato da un Servizio centrale che monitora la presenza sul territorio dei richiedenti asilo e dei rifugiati, crea e mantiene in costante aggiornamento una banca dati degli interventi realizzati a livello locale, fornisce assistenza tecnica agli Enti locali, anche nella predisposizione dei servizi di accoglienza, promuove e attua, d’intesa con il Ministero degli Affari Esteri, pro-grammi di rimpatrio. I richiedenti asilo e i titolari di qualche forma di protezione possono restare in genere nei centri per un periodo di sei mesi prorogabili per altri sei.

Consuelo, colombiana, richiedente asilo, arrivata in Italia all’aero-

porto di Fiumicino, riconosciuta protetta sussidiaria

Consuelo è arrivata a Fiumicino dalla Colombia il 10 marzo 2007. Il suo volo era diretto a Tel Aviv, ma allo scalo aeroportuale ha chiesto alle autorità di frontiera italiane protezione perché scappava dal suo paese. Aveva con sé il passaporto. Dall’aeroporto le hanno dato un documento di invito per presentarsi all’Ufficio immigrazione della Questura di Roma per formalizzare la richiesta di asilo e l’hanno inviata in un centro di accoglienza. Qualche giorno dopo si

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presenta alla Questura di Roma per presentare istanza di asilo. Allega le motivazioni che la spingono a chiedere protezione in Italia: la guerriglia fra Farc e paramilitari le impedisce di costruirsi una vita. E’ costantemente in pericolo e suo marito è già stato ucciso dai guerriglieri dopo essere stato rapito e nelle loro mani per diversi mesi. La Questura di Roma la fotosegnala18, le ritira il passaporto e la invita per un successivo appuntamento per la verbalizzazione della sua domanda. Potrà continuare a restare nel centro di accoglienza messole a disposizione dall’amministrazione locale. Dopo la verbalizzazione a Consuelo viene consegnato un permesso di soggiorno per richiesta asilo di tre mesi. Consuelo non è stata ospitata in un centro di accoglienza per ri-

chiedenti asilo perché, ai sensi dell’art. 20 del d.lgs 25/2008, non ha eluso i controlli di frontiera, né è stata fermata in posizione di sog-giorno irregolare, né c’è stato bisogno di verificare la sua identità o nazionalità, essendo in possesso di passaporto.

Inizia a frequentare un corso di italiano e un corso per collaboratrice familiare perché le hanno detto che non può lavorare, anche se lei, seppur laureata in medicina e specializzata in ginecologia, sarebbe disposta a fare di tutto pur di raccogliere dei soldi da inviare a suo figlio, ancora a casa con la nonna. Nel centro di accoglienza messole a disposizione dal Comune si trova bene, ha fatto amicizie e studia per costruirsi un futuro. Consuelo non può lavorare perché, come previsto dall’articolo 11

del d.lgs. 140/2005, è consentito lo svolgimento di attività lavorativa al richiedente asilo solo qualora siano trascorsi sei mesi dalla data di presentazione della richiesta.

Dopo tre mesi si reca alla Questura di Roma per il rinnovo del permesso di soggiorno. Contestualmente le viene consegnata la convocazione per l’esame della sua domanda di protezione internazionale. Si presenta alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma ,competente all’esame della sua domanda. L’intervista dura quasi un’ora. Descrive la sua attività in Colombia, la morte di suo marito, la nostalgia per il suo paese e la preoccupazione per suo figlio. A volte si interrompe, piange, ricorda la sua città, la sua famiglia che forzatamente non può più rivedere. Terminata l’intervista, le viene detto di recarsi dopo circa un mese alla Questura di Roma per la risposta. Attende. Il tempo passa, si presenta. La Commissione le ha riconosciuto la protezione sussidiaria.

18 Come sopra evidenziato, la polizia svolge le prime operazioni di riconosci-

mento.

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La protezione sussidiaria, ai sensi dell’articolo 14 del d.lgs. 251/-

2007, viene riconosciuta a chi ha subito un danno grave, dove per danno grave si intende: la condanna a morte o all’esecuzione della pe-na di morte; la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; la minac-cia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Consuelo può richiedere un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria di tre anni e la restituzione del suo passaporto. Inizia subito a lavorare e intanto si rivolge al Ministero degli Affari Esteri per la dichiarazione di valore dei suoi titoli di studio. Trova un lavoro presso una cooperativa che si occupa di disabili e, appena messi da parte un po’ di soldi, trova una casa. Presenta domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare per Oscar, suo figlio di 12 anni che non vede l’ora di riabbracciare la mamma. I protetti sussidiari, come stabilito dal d.lgs. 251/2007 all’art. 22,

hanno diritto al ricongiungimento familiare a parità di condizioni con i cittadini migranti, provando il requisito di un alloggio idoneo – dimo-strabile con il certificato di idoneità alloggiativa o il certificato di ido-neità igienico-sanitaria – e quello di possedere un reddito pari al dop-pio dell’importo annuo dell’assegno sociale indipendentemente dal numero dei familiari con i quali intende ricongiungersi, ai sensi del d.lgs 5/2007, modificato dal d.lgs 160/200819. La domanda va inoltra-ta per via telematica allo Sportello Unico Immigrazione competente per il luogo di residenza che, verificati i requisiti, rilascerà il nulla o-sta.

Pal, kossovaro, arrivato in Italia nascosto a bordo di un autocarro,

destinatario di diniego della protezione internazionale.

Pal è cattolico di etnia albanese, ormai ha superato i 50 anni, ha vissuto

19 D.lgs. 5/2007 “Attuazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto di ri-

congiungimento familiare” del d.lgs. 160/2007 “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, recante “Attuazione della direttiva 2003/86/CE rela-tiva al diritto di ricongiungimento familiare”.

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cercando di sopravvivere alle guerre che dagli anni ‘90 hanno funestato la sua regione, il Kossovo. Dopo un primo periodo trascorso in Germania da irregolare è rientrato in Kossovo, da sua moglie Neta, ma la situazione, seppure la guerra fosse finita, non era poi tanto diversa: discriminazioni contro i cattolici, poliziotti corrotti e mancanza di una qualsiasi forma di tutela. Ha messo da parte un po’ di soldi e con Neta, nel febbraio del 2008, è partito per l’Italia dove ci sono tanti cattolici come lui. Hanno attraversato la frontiera a Gorizia e poi sono venuti a Roma per presentare la richiesta di protezione. La sua speranza era quella di trovare un lavoro da muratore, come quello che faceva a Giakova, di ricostruirsi una vita nonostante la sua età. Si presentano spontaneamente alla Questura di Roma che riceve la domanda. I poliziotti prendono le loro impronte, ritirano i loro documenti e li invitano per la verbalizzazione. Non viene disposto alcun trattenimento e trovano accoglienza in un centro per nuclei familiari messo a disposizione dal Comune di Roma. Ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs 25/2008, coloro che sono stati

fermati per aver eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera devo-no essere accolti all’interno di un centro di accoglienza per richiedenti asilo. Sebbene la coppia abbia eluso i controlli di frontiera, si è pre-sentata spontaneamente agli sportelli della questura; quindi, anche in virtù di un telegramma del Ministero dell’Interno del 31 ottobre 2005, mancando il requisito del fermo da parte delle autorità di pubblica si-curezza, non deve essere predisposta l’accoglienza obbligatoria in un centro.

A Pal e Neta viene consegnato un permesso di soggiorno per richiesta asilo della durata di tre mesi ed essi attendono che la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma li convochi per l’inter-vista. Il permesso, allo scadere dei tre mesi, viene rinnovato per altri tre e, al momento del secondo rinnovo, a Pal e alla moglie viene consegnato un permes-so di soggiorno di sei mesi che consente di svolgere attività lavorativa. Pal trova subito un lavoro regolare come magazziniere. Ai sensi dell’articolo 11 del d.lgs. 140/2005, è consentito lo svol-

gimento di attività lavorativa al richiedente asilo, qualora siano tra-scorsi sei mesi dalla data di presentazione della richiesta di protezione internazionale.

Finalmente arriva la convocazione presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Roma. L’intervista dura molto, Pal è sincero e parla della sua povertà, della miseria del suo paese, della

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corruzione della polizia e della sua certezza che sarebbe ingiustamente discriminato se tornasse in Kossovo. Finita l’intervista tornano al centro, riprendono la loro vita e dopo circa un mese si recano alla questura per la risposta. La decisione è negativa: la Commissione non ha riconosciuto alcuna forma di protezione. Non sanno cosa fare: non possono tornare in Kossovo. Si rivolgono ad un avvocato che, valutato il caso e esaminati i documenti, profila loro la possibilità di presentare ricorso avverso il diniego. E’ un percorso lungo, può durare degli anni ma non c’è altra scelta. All’articolo 35 del d.lgs. 25/2008, come modificato dal d.lgs.

159/2009, è previsto che il ricorso avverso il diniego della protezione debba essere presentato al Tribunale del capoluogo di distretto della Corte di Appello dove ha sede la Commissione territoriale o il Centro nei casi di trattenimento o accoglienza. Nel caso di Pal e Neta, il ter-mine per la presentazione è di 30 giorni e il ricorso ha effetto sospen-sivo immediato poiché non sono stati né ospitati né trattenuti. Nei casi di trattenimento in un CIE o accoglienza in un CARA, invece, il ter-mine per la presentazione del ricorso è di 15 giorni, il Tribunale com-petente ha sede nel capoluogo di distretto di Corte di Appello dove ha sede il CIE o il CARA; l’effetto sospensivo non è immediato – salvo per i richiedenti ospitati in un CARA per verificare la nazionalità o l’identità – ma deve essere presentata apposita istanza al giudice. Pal può essere inoltre ammesso al gratuito patrocinio, come previsto dall’articolo 16 del d.lgs. 25/2008.

Pal e Neta accettano, firmano il mandato all’avvocato che istruisce la causa e, con il biglietto di cancelleria che attesta che la causa è pendente, possono chiedere in questura un permesso di soggiorno per richiesta asilo rinnovabile fino alla fine del procedimento. Pal continua a lavorare. Non sanno cosa pensare del loro futuro e cosa dire alla loro famiglia a casa.

Kalid, 19 anni, afgano, ha chiesto asilo in Italia dopo aver attraversa-

to l’Adriatico dalla Grecia

Quella mattina, quando ha lasciato la sua casa in un villaggio vicino a Ghazni, era ancora buio. I genitori lo hanno affidato a un uomo al quale avevano pagato tanti soldi; i loro risparmi per la vita e il futuro di quel figlio, l’unico maschio. Kalid non aveva ancora compiuto 17 anni. E’ stato in Iran per alcuni mesi e poi in Turchia dove ha tentato, senza successo, di trovare un lavoro. Dopo circa 7 mesi è andato in Grecia. Il gommone sul quale viaggiava con dei compagni è

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stato intercettato dalla polizia greca, che li ha portati in una stazione delle forze dell’ordine e preso le impronte digitali. Kalid ricorda ancora la durezza di quei poliziotti, i modi concitati, le parole violente e offensive. Non capiva, aveva paura, temeva di essere rimandato in Turchia. Dopo 4 giorni lo fanno uscire. Ora è espulso, che fare? Va a Patrasso, dove si unisce a tanti altri ragazzi, cercando di arrangiarsi fino a mettere da parte la somma per arrivare in Italia; lì gli avevano detto che si viveva bene e che avrebbe avuto i documenti. Finalmente, dopo 8 mesi Kalid parte, sotto un camion che si imbarca su un traghetto e arriva ad Ancona. Gli hanno detto di non scendere subito dal camion, altrimenti lo avrebbero imbarcato di nuovo per la Grecia. Scende solo dopo qualche ora, alla prima sosta del camion. C’è una strada molto grande, ma riesce ad arrivare alla più vicina stazione e a ritrovarsi a Milano. Gli indicano dov’è la questura. Presenta richiesta di asilo. Le sue impronte vengono immediatamente trovate nel sistema informatico e gli viene consegnato un permesso di soggiorno della durata di un mese con scritto “Dublino”. La “Convenzione” stilata a Dublino il 15 giugno 1990 e applicata

in Italia con la legge 523 del 1992, e poi il regolamento Dublino “sulla determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda di asilo presentata in uno degli stati membri”, regolamento CE 343/2003, prevedono che a seguito della presentazione della domanda di asilo le questure inoltrino richiesta all’Unità Dublino, ufficio istituito presso il Ministero dell’Interno, che provvederà a verificare se il richiedente asilo non abbia soggiornato, abbia presentato istanza di asilo o sia transitato illegalmente in altri paesi UE. Qualora dai riscontri risulti che l’Italia non sia il primo paese dove il richiedente la protezione sia passato, l’Unità Dublino interesserà il primo paese di transito per la richiesta della ripresa in carico del richiedente. Il paese ha l’obbligo di rispondere entro due mesi; se non risponde comunque, per il silenzio-assenso, verrà definita la sua competenza. Decisa la competenza, il richiedente deve essere trasferito nel paese UE che ha l’obbligo di ri-prenderlo in carico, anche quando la decisione in merito alla sua ri-chiesta di protezione sia già stata definita negativamente. Avverso le decisioni dell’Unità Dublino può essere presentato ricorso, entro 60 giorni, al TAR Lazio. In deroga a quanto previsto, ciascuno Stato può scegliere di esaminare una domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo anche se tale esame non gli compete, dandone in-formazione allo Stato competente.

Trascorso il periodo, Kalid si presenta in questura, dove gli viene consegnata la

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decisione dell’Unità Dublino di trasferimento in Grecia. Chiede aiuto ad un avvocato che presenta ricorso al Tar Lazio. Dopo alcuni mesi il Tar accoglie il ricorso. Con la sentenza Kalid si presenta in questura per riattivare la procedura di asilo e richiedere un nuovo permesso di soggiorno. Ora deve solo attendere che la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano lo convochi per l’intervista.

John, nigeriano, richiedente asilo, colpito da precedente espulsione

John ha 30 anni ed è arrivato in Italia il 25 luglio del 2007. E’ sbarcato sulle coste della Sicilia orientale e non è stato fermato. Ha vissuto per più di un anno in Campania, nella zona del casertano, dove gli avevano detto che c’era lavoro come bracciante agricolo. Faceva molta fatica, John, in quanto è claudicante a causa di un pestaggio subito in Nigeria nel corso del quale gli hanno spezzato la gamba destra. Ha cominciato faticosamente a lavorare, poi un giorno ha tentato di spostarsi al Nord Italia: lì sì che il lavoro sarebbe stato meglio pagato. Dopo pochi giorni a Bergamo la polizia lo ha fermato per un controllo. E’ irregolare: viene espulso. John viene portato nel CIE - Centro di identificazione ed espulsione - di Via Corelli a Milano, in attesa di essere rimpatriato in Nigeria. CIE è l’acronimo di Centro di Identificazione ed Espulsione ed è la

nuova denominazione del Centro di permanenza temporanea e assi-stenza a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 92/2008, con-vertito in legge 195/2008. I CIE continuano a essere regolamentati dall’art. 14 del d.lgs. 286/98. Nei CIE vengono trattenuti gli stranieri destinatari di un provvedimento di espulsione non eseguibile con im-mediatezza poiché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti in merito alla sua identità o nazionalità, e acquisire do-cumenti di viaggio ove non vi sia un vettore disponibile. Il tratteni-mento deve essere convalidato dal giudice di pace entro quarantott’o-re. Lo straniero può essere trattenuto per 30 giorni, prorogabili dietro convalida del giudice di pace per altri 30. Nei Cie, a seguito del-l’entrata in vigore del d.lgs 159/2008 che modifica il d.lgs. 25/2008, possono essere trattenuti anche i richiedenti la protezione internazio-nale che hanno presentato la domanda di asilo a seguito di provvedi-mento di espulsione20.

20 Al momento della chiusura del testo, è stato appena approvato in Parlamento il

ddl in materia di pubblica sicurezza che contiene una norma che, a modifica dell’art.

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John non può tornare in Nigeria, sarebbe sicuramente vittima di violenza da parte della tribù da sempre in lotta contro la sua. Hanno già ucciso sua madre e lo hanno ferito alla gamba. Ha paura, in Nigeria non può chiedere aiuto a nessuno, non ci sono garanzie e la vita vale poco. Viene informato, considerata la sua storia personale, sulla possibilità di presentare richiesta di protezione in-ternazionale. Le autorità di polizia dentro il centro verbalizzano la sua domanda e la trasmettono alla Commissione territoriale per il riconoscimento della prote-zione internazionale di Milano. Ai sensi del d.lgs. 25/2008 sulle procedure per il riconoscimento e

la revoca dello status di rifugiato e del successivo d.lgs. 159/2008 pos-sono essere trattenuti all’interno di un CIE: i richiedenti asilo che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 1 della Convenzione di Gi-nevra del 1951; i condannati per uno dei delitti indicati dall’articolo 380 comma 1 e 2 del Codice di procedura penale, ovvero per reati ine-renti agli stupefacenti, alla libertà sessuale, al favoreggiamento del-l’immigrazione clandestina o per reati diretti al reclutamento di perso-ne da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite; i destinatari di un provvedimento di espulsione. Se la doman-da viene presentata quando è già in corso il trattenimento, il questore chiede al Tribunale in composizione monocratica la proroga per con-sentire l’espletamento della procedura, che avverrà con esame priorita-rio.

Dopo circa 9 giorni viene condotto presso la Commissione territoriale per sostenere l’intervista. I Commissari esaminano dettagliatamente la sua storia, le sua condizioni di salute, i motivi per i quali non può tornare in Nigeria. Gli chiedono della sua gamba e John mostra loro i certificati medici. Torna nel CIE e attende l’esito. La Commissione non gli riconosce alcuna forma di protezione, ma raccomanda il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari alla questura. Il permesso di cui John beneficerà dura un anno, ma può lavorare in regola. Chiama a casa sua sorella, piange, ora non deve più mentire fingendo di star bene. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari è disciplinato dal-

l’art. 5 comma 6 del Testo Unico sull’immigrazione, ha durata annua-

14 del d.lgs. 286/98, prevede il prolungamento del periodo di trattenimento nei CIE fino a sei mesi.

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le, consente di svolgere attività lavorativa e può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro - al di fuori delle quote - in presenza dei requisiti previsti per legge. La protezione umanitaria era l’unica forma di protezione alternativa allo status di rifugiato prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 251/2007, e l’introduzione della prote-zione sussidiaria. La raccomandazione del rilascio di un permesso per motivi umanitari continua comunque ad essere uno dei possibili esiti dell’intervista innanzi alla Commissione. Ai sensi dell’articolo 34 del d.lgs. 251/2007 tutti i permessi di soggiorno per motivi umanitari rila-sciati prima dell’entrata in vigore del decreto qualifiche al momento del rinnovo saranno convertiti in permesso per protezione sussidiaria.