30] broadsheet/economia/eco-02 12/07/08 -...

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Data e Ora: 12/07/08 00.32 - Pag: 30 - Pubb: 12/07/2008 - Composite L’esperienza negli anni di confronto sui mercati BRESCIA - Hanno avuto la fortuna di giungere ai capelli bianchi e quella di aver accumu- lato grandi esperienze persona- li e professionali. Sono «i patriarchi » dell’eco- nomia bresciana, quelli che han- no visto una guerra e, i più anziani, addirittura due, ed il Primo conflitto mondiale è sta- to ben peggio del secondo. «I patriarchi» hanno guidato la ricostruzione post bellica, il boom economico degli anni Ses- santa, le crisi (politiche, sinda- cali, economiche) degli anni Settanta ed i grandi cambia- menti tecnologici portati dal- l’elettronica, dalla meccatroni- ca e - infine - dall’informatica. Personaggi in grado di rac- contare quello che hanno pro- vato e quel che hanno visto, ma - soprattutto - fatto. Continuiamo - senza alcuna graduatoria - con Giovanni Dal- la Bona, classe 1931, sposato con la signora Anna Viola, pa- dre di Roberto, Rossella, Paolo e Giorgio e nonno di dieci nipo- ti. È stato presidente dell’Asso- ciazione industriale bresciana, di Isfor, consigliere del Brescia Calcio in anni in cui sulla pan- china del Rigamonti stavano seduti allenatori come Angelil- lo, Bassi, Silvestri. In Aib, chi ha lavorato con Giovanni dalla Bona, lo descri- ve come «persona di grande buon senso e galantuomo» ol- tre che «lavoratore infaticabi- le», qualità traslate all’impresa e da questa alla vita civile. Sotto la sua presidenza è partita una campagna di propa- ganda sulla stampa per quegli anni dirompente, con il viso di alcuni imprenditori accompa- gnato dal messaggio «servo dei padroni», messaggio che aveva come obiettivo quello di far capire che Aib avrebbe voluto esser l’associazione di tutti, grandi e piccoli. E contestualmente era parti- to, sotto la direzione di Italo Fenu, un lavoro di «manuten- zione» dei rapporti con i soci teso ad allargare la base asso- ciativa, lavoro che diede risulta- ti importanti e che fu accompa- gnato da una partecipazione ampia degli iscritti alla vita (ed all’accesso ai servizi) del palaz- zo di Aib. c. f. Camillo Facchini BRESCIA «I patriarchi? Non mi vedo trop- po con quell’abito. Mi piace di più la collocazione tra i «saggi» che l’Associazione industriali bresciana ci assegna ogni volta che gli impren- ditori sono chiamati a rinnovare il presidente: saggezza come accumu- lo di esperienza e di conoscenze, di errori evitati e fatti evitare a chi è più giovane di noi e che, nel mio caso, è il risultato di più di cin- quant’anni trascorsi nel mondo del lavoro». E delle imprese. Giovanni Dalla Bona, classe 1931, si «presenta» così, facendo sintesi di una lunga storia professio- nale, ma anche di un’ampio impe- gno civile, espressione di quella borghesia imprenditoriale e profes- sionale che oggi - purtroppo - con- trariamente a quanto usavano fare i borghesi d’una volta mette sempre meno a di- sposizione della comunità il pro- prio sapere ed il proprio tempo preferendo, come scriveva il sociolo- go Francesco Alberoni, i weekend al mare a quelli trascorsi in città a pensarne sviluppo e trasformazio- ni. Partiamo da qui. Ci sono più fasi che hanno caratterizzato l’impe- gno civile di Giovanni Dalla Bona, una tangente al suo lavoro di im- prenditore, l’altra in politica. Il pri- mo ha visto coinvolto l’imprendito- re nella nascita di Isfor 2000, scuola di formazione immaginata da Aib e poi partecipata anche da altre orga- nizzazioni d’impresa, dopo che le analisi di «Brescia 2000» (incontri con cui il mondo accademico e quello degli imprenditori si erano confrontati per studiare dimensio- ni e struttura delle imprese brescia- ne) avevano fatto emergere un qua- dro della scolarizzazione della pro- vincia poco onorevole, e soprattut- to poco allineato a quello dei Paesi stranieri con cui Brescia avrebbe dovuto competere. NASCE ISFOR - È stato anche per questa ragione - in una provin- cia in cui i capi reparto con alle spalle la scuola dell’obbligo inco- minciavano a confrontarsi con l’elettronica, la meccatronica e l’in- formatica - che le imprese sentiro- no l’esigenza di da- re al sistema qualco- sa che consentisse di aggiungere cono- scenze alle profes- sionalità esistenti, facendo partire Isfor 2000. Era il 1989 quando stava prendendo il via un progetto che aveva le proprie basi nel- l’esperienza della scuola d’impresa di San Felice e nelle sollecitazioni culturali propo- ste da Camillo Bussolati e da Anto- nio Porteri, due docenti universita- ri dell’Ateneo bresciano - allora giovane - e che iniziava ad interfac- ciarsi con il mondo delle imprese. ma c’è stata anche un’altra fase dell’impegno civile di Giovanni Dal- la Bona: quella in Associazione in- dustriale di cui è stato presidente in anni «caldi», succedendo a Luigi Lucchini del quale era stato vice presidente con delega ai rapporti sindacali. PRESIDENTE AIB - Fu la qualità del lavoro svolto sotto la presiden- za di Luigi Lucchini ad aprire la strada alla presidenza di Aib a Dalla Bona «in quanto - racconta l’imprenditore - i problemi sindaca- li da risolvere erano molti e difficili. E poiché ero stato il delfino di quello che sarebbe poi diventato il presidente della Confindustria, fu quasi una logica conseguenza l’indi- cazione del mio nome. Già nel 1983 mi avevano domandato se sarei stato disponibile ad assumere l’in- carico, ma poiché c’era una verten- za aperta in azienda, rinunciai. Nel 1985, risolto il confronto sindacale, ho così deciso di accettare una nomina che ho sempre ritenuto importante e prestigiosa». Giovanni Dalla Bona giudica quell’esperienza «molto più gratifi- cante di quanto mi attendessi. Il ruolo gode di prestigio elevato, sia nelle imprese che nella città e que- sto lo si deve all’economia brescia- na di cui l’associazione è la bandie- ra. Posso dire che abbiamo lavora- to in più direzioni: per allargare la base associativa e per rafforzare il con- senso che proveniva dal mondo istituzio- nale». In quest’ultima di- rezione l’imprendito- re decise così di im- pegnare Aib in quel- li che si chiamavano «Incontri con la cit- tà», una specie di tomografia di Bre- scia «in cui furono coinvolti partiti, istituzioni, amministratori pubbli- ci, associazioni di categoria e l’Uni- versità». Erano gli anni della campa- gna di propaganda degli imprendi- tori bresciani in cui gli stessi si proponevano con il messaggio dal titolo «Servo dei padroni», che ac- compagnava l’immagine del testi- monial, messaggio su cui puntò l’attenzione anche la stampa nazio- nale. «Era un modo nuovo - raccon- ta Giovanni Dalla Bona - di presen- tare i rapporti tra imprese, politica e sindacato ma anche di far capire che Aib era al servizio degli associa- ti». È in questo contesto, in cui la città usciva da anni di congiuntura impegnativi, che l’imprenditore me- tallurgico decide di mettere sul tavolo del proprio lavoro «la gesta- zione di Isfor 2000, idea che si è poi sviluppata in modo estremamente positivo» e della quale Giovanni Dalla Bona è stato presidente per dodici anni. LA POLITICA - Ma c’è anche la fase della politica. Siamo alla fine degli anni Novanta, a Milano c’è l’esperienza di Gabriele Albertini, che era stato presidente di Fe- dermeccanica «ed io - racconta Gio- vanni Dalla Bona - vengo contattato per il rinnovo del sindaco di Brescia da un mio ex capo reparto impegnato in politica», Mario Scotti, oggi asses- sore in Regione. Perché accettò? «Devo dire che pri- ma di accettare presi tempo, poi al- la fine diedi la mia disponibilità. Le ragioni? Ma perché sono sempre stato incline a dare il mio contribu- to alla comunità; non si può ragio- nare solamente in termini di profit- to, di impresa, di mercato. Occorre farsi carico, per quanto possibile, dei problemi della società civile. E poi perché quella del confronto politico era una sfida stimolante, senza tralasciare l’ambizione perso- nale che è sempre la condizione per arrivare a qualsiasi risultato». Paura di perdere? «Guardi, l’uni- co confronto che si perde è quello che non viene combattuto ed io mi sono battuto. Quindi nessuna pau- ra. Ho perso per 5.956 voti. Sconfit- ta onorevole, ma sconfitta». Anche perché - va ricordato - Giovanni Dalla Bona non era iscritto a nes- sun partito, correva da solo contro un candidato forte come Paolo Cor- sini con una struttura alle spalle che lo sosteneva. Finì 50.442 per Corsini, 44.486 voti per Dalla Bona. Che esperienza è stata? «Sicura- mente arricchente. Certo, in politi- ca servono le mediazioni ed io non dico sì, oppure no, se non lo credo. Posso aggiungere due considerazioni?» CORSINI E PAROLI - Prego. «Mol- ti si chiedono se Paolo Corsini è stato un buon sindaco: lo è stato. La metropolitana non va guardata oggi, va vista in prospettiva, così come va guardato oggi il teleriscal- damento ripensando alle polemi- che ed alle perplessità degli anni in cui venne pensato e realizzato. Cer- to i cantieri aperti sono un prezzo che alcune aree commerciali hanno pagato e così anche la circolazione ma credo sarà un prezzo che ci ricompenserà». E Paroli? «Lo stimo, è preparato e serio ed ha esperienza. E poi deve fare il sindaco non il questore che c’è chi già los a far bene». Per Giovanni Dalla Bona, c’è sta- ta anche la passione per il calcio ed il posto in consiglio d’amministra- zione del Brescia Calcio quando Aldo Lupi ne era il presidente. «Era la fine degli anni Sessanta: fu - racconta - il mio primo incontro con il mondo cittadino che conta- va. Lupi - e Bruno Boni - avevano aggregato attorno a sè i migliori imprenditori. Io ero un tifoso ed è stata l’occasione per entrare nella vita civile. Un secondo passo, certa- mente più importante, fu l’Associa- zione industriale bresciana, dove venni chiamato da Franco Gnutti che nutriva grande considerazione - peraltro ricambiata dal sottoscrit- to verso quello che ho sempre rite- nuto un grande imprenditore - nei miei confronti. In Aib dovevo segui- re i problemi degli associati, i rap- porti con la città, quelli con le istituzioni e gli ordini professionali. Era faticoso ma di grande soddisfa- zione. A questo impegno ne segui- rono altri, fino alla presidenza che fu per me motivo di grande orgo- glio». L’IMPRESA - E l’impresa? Come nasce Giovanni Dalla Bona imprenditore? «Da una laurea in chimica. Mi ero laureato - già padre di una bimba di due anni - a Bolo- gna. Non mi chieda per quali ragio- ni scelsi chimica: non lo so neppure io. Il mio obiettivo, dopo gli studi, era unicamente quello di andare a lavorare in un’azienda: mi appassio- nava ed incuriosiva la vita dell’im- presa». L’INCONTRO CON FRANCO GNUTTI - Giovanni Dalla Bona en- tra in contatto con Franco Gnutti e Giacinto Becchetti che erano in Eredi Gnutti a Lumezzane «e Fran- co Gnutti rimase sorpreso del fatto - racconta l’imprenditore - che fossi riuscito a laurearmi pur con una figliola da crescere. Fu là che impa- rai cosa rappresentava il mondo dell’impresa e fu quell’esperienza a spingermi a mettermi da solo. A Brescia non c’era chi produceva particolari leghe di bronzo che arri- vavano da un’azienda milanese. Mi misi in proprio e, solo dopo un anno di sacrifici, e rimpiangendo talvolta il posto fisso, raggiunsi l’au- tosufficienza». È qui che la chimica studiata a Bologna dal giovane stu- dente carpenedolese torna buona «perché il nostro laboratorio con- sentiva di valutare - spiega Giovan- ni Dalla Bona - e garantire la quali- tà delle leghe. Eravamo due titola- ri, ma lavoravamo duro come due operai dalla mattina presto alla sera tardi». Un aneddoto, ma spec- chio di un sano orgoglio che molti ragazzi dovrebbero far proprio. «Un giorno - racconta Giovanni Dalla Bona - venne in azienda un assicuratore per una polizza. Cerca- va il dottor Giovanni Dalla Bona che ovviamente ero io. Ma ero tal- mente impolverato per il lavoro in officina che non ebbi il coraggio di dichiarami e dissi che il dottor Giovanni Dalla Bona, al momento, era assente e che io ero il... fratello». Quella del futuro presidente di Aib, nei primi anni della vita d’im- prenditore, è una storia di lavoro intenso «ma animato da fiducia incrollabile. All’inizio degli anni Ses- santa, a Sarezzo, prendiamo in affit- to un capannone che dopo due anni saremmo riusciti ad acquista- re e nel ’63 entrai in società con Mario Cervati, dove misi nuova- mente in pratica quanto avevo im- parato a Bologna. In quella Facol- tà, chimica proponeva due corsi di studio di base, uno in chimica pura ed uno in chimica industriale, all’in- terno di chimica industriale trovai un corso di chimica metallurgica nel quale mi buttai a capo fitto». E qui ritorna il giovane Giovanni Dalla Bona, quello che quando lavo- rava in Eredi non s’accontentava di quanto aveva davanti e da sè stes- so esigeva di più. Racconta infatti che «nacque là la mia idea che era giusto diversificare, che per far na- scere la grossa azienda occorreva concentrare risorse finanziarie ed impegno. E poi, siccome avevo quattro figli, il mio progetto era quello di creare un’azienda per cia- scuno di essi. Alla base c’era soprat- tutto il desiderio di nuove esperien- ze, le sfide mi piacevano. Con Ma- rio Cervati, un anno e mezzo dopo l’avvio della società, arrivarono i risultati e quindi mi sentivo pronto per giocare una nuova partita. Inco- minciai a guardarmi in giro». 1963, LA SVOLTA - Non sono anni semplici quelli in cui Giovanni Dalla Bona compie i primi passi della sua storia imprenditoriale che va contestualizzata: il 1963 è l’anno in cui la crescita dell’economia rag- giunge il culmine (tasso di accumu- lazione al 25 % del Pil), ma al tempo stesso si inceppa il meccani- smo che aveva consentito al Paese di mantenere un elevato tasso di sviluppo rafforzando contempora- neamente la propria posizione nei pagamenti verso l’estero. La dina- mica salariale provoca un muta- mento profondo delle attese degli imprenditori che si riflette in una caduta degli investimenti. Per la prima volta dal 1955, a inizio anni Sessanta l’occupazione frena; di fronte all’improvviso deterioramen- to dei rapporti con l’estero le autori- tà monetarie, che per tutto il 1962 hanno fornito liquidità al sistema per contrastare con l’espansione del credito il rallentamento degli investimenti e sostenere l’econo- mia, decidono nella seconda metà del 1963 una brusca manovra di contrazione del credito bancario. Non bastasse la scomparsa dei tito- li elettrici fa cadere il Mercato borsi- stico e fa volare quello dei titoli di Stato. È in questo scenario che l’imprenditore compie i suoi passi decisivi, interprete di quella «picco- la e media impresa» che, proprio partendo dagli anni Cinquanta/Sessanta, pezzo su pez- zo è diventata la spina dorsale dell’economia bresciana dentro la quale si presenteranno realtà im- portanti. GiovanniDallaBona: tra chimica dei metalli e società civile Dalla laurea a Bologna alle leghe speciali, dal vertice in Aib a Isfor e alla corsa in Loggia Fonderie ed elettromeccanica e occhio agli... occhiali BRESCIA - Comprate e vendute. Molte sono rimaste, qualcuna è stata ceduta ed ora il gruppo creato da Giovanni Dalla Bona ha due spine dorsali: la metallurgia, settore nel quale l’imprenditore si è formato ed è cre- sciuto negli anni della giovinezza, e l’elet- tromeccanica, con alcune varianti che hanno guardato al termalismo ed alla sanità, perché l’obiettivo iniziale (che è stato superato) era di arrivare «ad un’azienda per ciascuno dei quattro figli» che sono Roberto, Rossella, Paolo e Giorgio, dietro i quali ci sono i dieci nipoti. Con una metafora calcistica si potrebbe dire che gli imprenditori sono un poco come i giocatori di calcio di qualità che, proprio perché sono di qualità, talvolta vogliono il «numero», ovvero la fuga dall’ordinarietà, e così provano sfide difficili, diverse da ciò che abitualmente sanno fare. E per Giovanni Dalla Bona le sfide sono state numerose e positive. Tutto inizia a Sarezzo in un capannone nei primissimi anni Sessanta quando nasce «Fon- derie leghe speciali». Il 1961 è l’anno in cui il marco viene rivalutato del 4,75% rispetto al dollaro ed alle altre monete europee. È l’anno del primo dibattito sulla programma- zione, della nascita dell’Italsider - nata dalla fusione tra Cornigliano e Ilva - della politica Cee a sostegno dei prezzi agricoli, ma anche del censimento e del decollo della cosiddetta «Terza Italia», quella dei distretti industriali, in cui Brescia con il valvolame e la calzette- ria, per le imprese sul confine con il Mantova- no, riesce a ben collocarsi. Nel 1963 Giovanni Dalla Bona diventa socio di Mario Cervati, sodalizio tra fonditori che proseguirà per molti anni. L’attività-cuo- re dell’imprenditore bresciano si sviluppa così nella metallurgia per più di dieci anni di fila, fino al 1973, quando viene rilevata la ferriera Aurora di Travagliato, che tuttavia «venderò - racconta - l’anno successivo». È nel 1974 che Giovanni Dalla Bona gioca la carta della diversificazione, acquistando la Grotta Giusti, in Toscana, che dopo investi- menti importanti e dopo un processo di valorizzazione verranno cedute nel 2000 «per- ché - spiega l’imprenditore - nessuno voleva andare là e le aziende vanno seguite da vicino». Ma è su ciò che uno sa fare meglio che si concentrano le risorse: è così che Giovanni Dalla Bona nel 1980 entra nell’azionariato delle Fonderie Glisenti (di cui più avanti verrà rilevato l’intero capitale) che produco- no getti da 1 a 60 chili a Villa Carcina, mentre a Caldarola, nel Maceratese, la Lead Time realizza dal 2003 getti da 40 a 200 chili, con l’auto come mercato di riferimento: partner al 50% è Enzo Speziani «un nostro ex diretto- re generale ed ora nostro socio a Caldarola». Metallurgia affare da old economy? Gio- vanni Dalla Bona sorride e dice: «Non è questione di new o di old: dipende tutto solamente da come sai fare il tuo lavoro. E noi lo sappiamo fare bene. Non è facile inventarsi i processi ed il personale che li sappia gestire e così non sono pochi gli imprenditori che rientrano da esperienze di delocalizzazione». A inizio degli anni Ottanta nella galassia della Goletto, la finanziaria di famiglia, entra così l’Elettroplastica di Cellatica, che sei anni più tardi acquista dalla famiglia emilia- na Marchesi il 90% di Olimpia Splendid di Gualtieri. Il 1983 è l’anno in cui l’economia bresciana supera la recessione del biennio 1981-1982 e la crescita del Pil si rianima: c’è un allenta- mento delle restrizioni al credito, decolla la legge sulla trasparenza dei fondi comuni e vengono introdotti i fondi comuni mobiliari. Contestualmente c’è l’avvio di un program- ma di privatizzazione di parte delle aziende dell’Iri e decolla la legge per le piccole e medie imprese il cui obiettivo è l’incentivazio- ne dell’innovazione. Elettroplastica verrà assorbita da Olimpia, società che produce condizionatori e dalle cui linee è uscito «Unico» ( il condizionatore senza unità esterna i cui spot sono «passati» durante i gran premi di formula uno) nume- ro 150.000. Elettroplastica lascerà i piccoli elettrodomestici per concentrarsi con Olim- pia nel condizionamento con stabilimenti a Brescia, Gualtieri ed in Cina. Le sfide attirano Giovanni Dalla Bona che nel 1994 entra nella sanità «ma qui - ricorda l’imprenditore - devo registrare una sconfit- ta»; tocca quindi alla Alison di Volta Manto- vana, azienda che produce occhiali «in cui entriamo prima in compartecipazione quindi interamente e che più tardi - conclude l’im- prenditore - cederemo». (c. fa.) I VECCHI IMPRENDITORI Ha sfidato Corsini per diventare sindaco Quel singolare incontro col... broker I patriarchi / 4 DA GLISENTI A OLIMPIA PASSANDO PER LA GROTTA GIUSTI IN TOSCANA Giovanni Dalla Bona, ex presidente di Aib e di Isfor 2000 Un reparto della Glisenti di Villa Carcina, società del gruppo di Giovanni Dalla Bona A sinistra Giovanni Dalla Bona con Silvio Berlusconi. Dalla Bona è stato candidato sindaco a Brescia concorrendo per la poltrona di Palazzo Loggia contro Paolo Corsini. Nell’immagine centrale l’ex presidente di Aib con il figlio Roberto, ingegnere, che guida le Fonderie Glisenti di Villa Carcina di cui la famiglia Dalla Bona detiene il controllo. Nell’immagine di destra lo stabilimento Olimpia Splendid di Shanghai dove l’azienda elettromeccanica lavora ECONOMI A 30 SABATO 12 LUGLIO 2008 Giornale di Brescia

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Data e Ora: 12/07/08 00.32 - Pag: 30 - Pubb: 12/07/2008 - Composite

L’esperienza negli annidi confronto sui mercati

BRESCIA - Hanno avuto lafortuna di giungere ai capellibianchi e quella di aver accumu-lato grandi esperienze persona-li e professionali.

Sono «i patriarchi » dell’eco-nomia bresciana, quelli che han-no visto una guerra e, i piùanziani, addirittura due, ed ilPrimo conflitto mondiale è sta-to ben peggio del secondo. «Ipatriarchi» hanno guidato laricostruzione post bellica, ilboom economico degli anni Ses-santa, le crisi (politiche, sinda-cali, economiche) degli anniSettanta ed i grandi cambia-menti tecnologici portati dal-l’elettronica, dalla meccatroni-ca e - infine - dall’informatica.

Personaggi in grado di rac-contare quello che hanno pro-vato e quel che hanno visto, ma- soprattutto - fatto.

Continuiamo - senza alcunagraduatoria - con Giovanni Dal-la Bona, classe 1931, sposatocon la signora Anna Viola, pa-dre di Roberto, Rossella, Paoloe Giorgio e nonno di dieci nipo-ti.

È stato presidente dell’Asso-ciazione industriale bresciana,di Isfor, consigliere del Brescia

Calcio in anni in cui sulla pan-china del Rigamonti stavanoseduti allenatori come Angelil-lo, Bassi, Silvestri.

In Aib, chi ha lavorato conGiovanni dalla Bona, lo descri-ve come «persona di grandebuon senso e galantuomo» ol-tre che «lavoratore infaticabi-le», qualità traslate all’impresae da questa alla vita civile.

Sotto la sua presidenza èpartita una campagna di propa-ganda sulla stampa per queglianni dirompente, con il viso dialcuni imprenditori accompa-gnato dal messaggio «servo deipadroni», messaggio che avevacome obiettivo quello di farcapire che Aib avrebbe volutoesser l’associazione di tutti,grandi e piccoli.

E contestualmente era parti-to, sotto la direzione di ItaloFenu, un lavoro di «manuten-zione» dei rapporti con i sociteso ad allargare la base asso-ciativa, lavoro che diede risulta-ti importanti e che fu accompa-gnato da una partecipazioneampia degli iscritti alla vita (edall’accesso ai servizi) del palaz-zo di Aib.

c. f.

Camillo FacchiniBRESCIA

«I patriarchi? Non mi vedo trop-po con quell’abito. Mi piace di piùla collocazione tra i «saggi» chel’Associazione industriali brescianaci assegna ogni volta che gli impren-ditori sono chiamati a rinnovare ilpresidente: saggezza come accumu-lo di esperienza e di conoscenze, dierrori evitati e fatti evitare a chi èpiù giovane di noi e che, nel miocaso, è il risultato di più di cin-quant’anni trascorsi nel mondo dellavoro». E delle imprese.

Giovanni Dalla Bona, classe1931, si «presenta» così, facendosintesi di una lunga storia professio-nale, ma anche di un’ampio impe-gno civile, espressione di quellaborghesia imprenditoriale e profes-sionale che oggi -purtroppo - con-trariamente aquanto usavanofare i borghesid’una volta mettesempre meno a di-sposizione dellacomunità il pro-prio sapere ed ilproprio tempopreferendo, comescriveva il sociolo-go Francesco Alberoni, i weekendal mare a quelli trascorsi in città apensarne sviluppo e trasformazio-ni.

Partiamo da qui. Ci sono più fasiche hanno caratterizzato l’impe-gno civile di Giovanni Dalla Bona,una tangente al suo lavoro di im-prenditore, l’altra in politica. Il pri-mo ha visto coinvolto l’imprendito-re nella nascita di Isfor 2000, scuoladi formazione immaginata da Aib epoi partecipata anche da altre orga-nizzazioni d’impresa, dopo che leanalisi di «Brescia 2000» (incontricon cui il mondo accademico equello degli imprenditori si eranoconfrontati per studiare dimensio-ni e struttura delle imprese brescia-ne) avevano fatto emergere un qua-dro della scolarizzazione della pro-vincia poco onorevole, e soprattut-to poco allineato a quello dei Paesistranieri con cui Brescia avrebbedovuto competere.

NASCE ISFOR - È stato ancheper questa ragione - in una provin-cia in cui i capi reparto con allespalle la scuola dell’obbligo inco-minciavano a confrontarsi conl’elettronica, la meccatronica e l’in-formatica - che le imprese sentiro-no l’esigenza di da-re al sistema qualco-sa che consentissedi aggiungere cono-scenze alle profes-sionalità esistenti,facendo partireIsfor 2000. Era il1989 quando stavaprendendo il via unprogetto che avevale proprie basi nel-l’esperienza dellascuola d’impresa di San Felice enelle sollecitazioni culturali propo-ste da Camillo Bussolati e da Anto-nio Porteri, due docenti universita-ri dell’Ateneo bresciano - alloragiovane - e che iniziava ad interfac-ciarsi con il mondo delle imprese.

ma c’è stata anche un’altra fasedell’impegno civile di Giovanni Dal-la Bona: quella in Associazione in-dustriale di cui è stato presidentein anni «caldi», succedendo a LuigiLucchini del quale era stato vicepresidente con delega ai rapportisindacali.

PRESIDENTE AIB - Fu la qualitàdel lavoro svolto sotto la presiden-za di Luigi Lucchini ad aprire lastrada alla presidenza di Aib aDalla Bona «in quanto - raccontal’imprenditore - i problemi sindaca-li da risolvere erano molti e difficili.

E poiché ero stato il delfino diquello che sarebbe poi diventato ilpresidente della Confindustria, fuquasi una logica conseguenza l’indi-cazione del mio nome. Già nel 1983mi avevano domandato se sareistato disponibile ad assumere l’in-carico, ma poiché c’era una verten-za aperta in azienda, rinunciai. Nel1985, risolto il confronto sindacale,ho così deciso di accettare unanomina che ho sempre ritenutoimportante e prestigiosa».

Giovanni Dalla Bona giudicaquell’esperienza «molto più gratifi-cante di quanto mi attendessi. Ilruolo gode di prestigio elevato, sianelle imprese che nella città e que-sto lo si deve all’economia brescia-na di cui l’associazione è la bandie-ra. Posso dire che abbiamo lavora-to in più direzioni: per allargare la

base associativa eper rafforzare il con-senso che provenivadal mondo istituzio-nale».

In quest’ultima di-rezione l’imprendito-re decise così di im-pegnare Aib in quel-li che si chiamavano«Incontri con la cit-tà», una specie ditomografia di Bre-

scia «in cui furono coinvolti partiti,istituzioni, amministratori pubbli-ci, associazioni di categoria e l’Uni-versità». Erano gli anni della campa-gna di propaganda degli imprendi-tori bresciani in cui gli stessi siproponevano con il messaggio daltitolo «Servo dei padroni», che ac-compagnava l’immagine del testi-monial, messaggio su cui puntòl’attenzione anche la stampa nazio-nale. «Era un modo nuovo - raccon-ta Giovanni Dalla Bona - di presen-tare i rapporti tra imprese, politicae sindacato ma anche di far capireche Aib era al servizio degli associa-ti». È in questo contesto, in cui lacittà usciva da anni di congiunturaimpegnativi, che l’imprenditore me-tallurgico decide di mettere sultavolo del proprio lavoro «la gesta-zione di Isfor 2000, idea che si è poisviluppata in modo estremamentepositivo» e della quale GiovanniDalla Bona è stato presidente perdodici anni.

LA POLITICA - Ma c’è anche lafase della politica. Siamo alla finedegli anni Novanta, a Milano c’èl’esperienza di Gabriele Albertini,che era stato presidente di Fe-dermeccanica «ed io - racconta Gio-

vanni Dalla Bona -vengo contattatoper il rinnovo delsindaco di Bresciada un mio ex caporeparto impegnatoin politica», MarioScotti, oggi asses-sore in Regione.

Perché accettò?«Devo dire che pri-ma di accettarepresi tempo, poi al-

la fine diedi la mia disponibilità. Leragioni? Ma perché sono semprestato incline a dare il mio contribu-to alla comunità; non si può ragio-nare solamente in termini di profit-to, di impresa, di mercato. Occorrefarsi carico, per quanto possibile,dei problemi della società civile. Epoi perché quella del confrontopolitico era una sfida stimolante,senza tralasciare l’ambizione perso-nale che è sempre la condizione perarrivare a qualsiasi risultato».

Paura di perdere? «Guardi, l’uni-co confronto che si perde è quelloche non viene combattuto ed io misono battuto. Quindi nessuna pau-ra. Ho perso per 5.956 voti. Sconfit-ta onorevole, ma sconfitta». Ancheperché - va ricordato - GiovanniDalla Bona non era iscritto a nes-sun partito, correva da solo contro

un candidato forte come Paolo Cor-sini con una struttura alle spalleche lo sosteneva. Finì 50.442 perCorsini, 44.486 voti per Dalla Bona.

Che esperienza è stata? «Sicura-mente arricchente. Certo, in politi-ca servono le mediazioni ed io nondico sì, oppure no, se non lo credo.Posso aggiungere dueconsiderazioni?»

CORSINI E PAROLI - Prego. «Mol-ti si chiedono se Paolo Corsini èstato un buon sindaco: lo è stato.La metropolitana non va guardataoggi, va vista in prospettiva, cosìcome va guardato oggi il teleriscal-damento ripensando alle polemi-che ed alle perplessità degli anni incui venne pensato e realizzato. Cer-to i cantieri aperti sono un prezzoche alcune aree commerciali hannopagato e così anche la circolazionema credo sarà un prezzo che ciricompenserà».

E Paroli? «Lo stimo, è preparatoe serio ed ha esperienza. E poi devefare il sindaco non il questore chec’è chi già los a far bene».

Per Giovanni Dalla Bona, c’è sta-ta anche la passione per il calcio edil posto in consiglio d’amministra-zione del Brescia Calcio quandoAldo Lupi ne era il presidente. «Erala fine degli anni Sessanta: fu -racconta - il mio primo incontrocon il mondo cittadino che conta-va. Lupi - e Bruno Boni - avevano

aggregato attorno a sè i miglioriimprenditori. Io ero un tifoso ed èstata l’occasione per entrare nellavita civile. Un secondo passo, certa-mente più importante, fu l’Associa-zione industriale bresciana, dovevenni chiamato da Franco Gnuttiche nutriva grande considerazione- peraltro ricambiata dal sottoscrit-to verso quello che ho sempre rite-nuto un grande imprenditore - neimiei confronti. In Aib dovevo segui-re i problemi degli associati, i rap-porti con la città, quelli con leistituzioni e gli ordini professionali.Era faticoso ma di grande soddisfa-zione. A questo impegno ne segui-rono altri, fino alla presidenza chefu per me motivo di grande orgo-glio».

L’IMPRESA - E l’impresa? Comenasce Giovanni Dalla Bona

imprenditore? «Da una laurea inchimica. Mi ero laureato - già padredi una bimba di due anni - a Bolo-gna. Non mi chieda per quali ragio-ni scelsi chimica: non lo so neppureio. Il mio obiettivo, dopo gli studi,era unicamente quello di andare alavorare in un’azienda: mi appassio-nava ed incuriosiva la vita dell’im-presa».

L’INCONTRO CON FRANCOGNUTTI - Giovanni Dalla Bona en-tra in contatto con Franco Gnutti eGiacinto Becchetti che erano inEredi Gnutti a Lumezzane «e Fran-co Gnutti rimase sorpreso del fatto- racconta l’imprenditore - che fossiriuscito a laurearmi pur con unafigliola da crescere. Fu là che impa-rai cosa rappresentava il mondodell’impresa e fu quell’esperienza aspingermi a mettermi da solo. A

Brescia non c’era chi producevaparticolari leghe di bronzo che arri-vavano da un’azienda milanese. Mimisi in proprio e, solo dopo unanno di sacrifici, e rimpiangendotalvolta il posto fisso, raggiunsi l’au-tosufficienza». È qui che la chimicastudiata a Bologna dal giovane stu-dente carpenedolese torna buona«perché il nostro laboratorio con-sentiva di valutare - spiega Giovan-ni Dalla Bona - e garantire la quali-tà delle leghe. Eravamo due titola-ri, ma lavoravamo duro come dueoperai dalla mattina presto allasera tardi». Un aneddoto, ma spec-chio di un sano orgoglio che moltiragazzi dovrebbero far proprio.«Un giorno - racconta GiovanniDalla Bona - venne in azienda unassicuratore per una polizza. Cerca-va il dottor Giovanni Dalla Bona

che ovviamente ero io. Ma ero tal-mente impolverato per il lavoro inofficina che non ebbi il coraggio didichiarami e dissi che il dottorGiovanni Dalla Bona, al momento,era assente e che io ero il... fratello».

Quella del futuro presidente diAib, nei primi anni della vita d’im-prenditore, è una storia di lavorointenso «ma animato da fiduciaincrollabile. All’inizio degli anni Ses-santa, a Sarezzo, prendiamo in affit-to un capannone che dopo dueanni saremmo riusciti ad acquista-re e nel ’63 entrai in società conMario Cervati, dove misi nuova-mente in pratica quanto avevo im-parato a Bologna. In quella Facol-tà, chimica proponeva due corsi distudio di base, uno in chimica puraed uno in chimica industriale, all’in-terno di chimica industriale trovaiun corso di chimica metallurgicanel quale mi buttai a capo fitto».

E qui ritorna il giovane GiovanniDalla Bona, quello che quando lavo-rava in Eredi non s’accontentava diquanto aveva davanti e da sè stes-so esigeva di più. Racconta infattiche «nacque là la mia idea che eragiusto diversificare, che per far na-scere la grossa azienda occorrevaconcentrare risorse finanziarie edimpegno. E poi, siccome avevoquattro figli, il mio progetto eraquello di creare un’azienda per cia-scuno di essi. Alla base c’era soprat-tutto il desiderio di nuove esperien-ze, le sfide mi piacevano. Con Ma-rio Cervati, un anno e mezzo dopol’avvio della società, arrivarono irisultati e quindi mi sentivo prontoper giocare una nuova partita. Inco-minciai a guardarmi in giro».

1963, LA SVOLTA - Non sonoanni semplici quelli in cui GiovanniDalla Bona compie i primi passidella sua storia imprenditoriale cheva contestualizzata: il 1963 è l’annoin cui la crescita dell’economia rag-giunge il culmine (tasso di accumu-lazione al 25 % del Pil), ma altempo stesso si inceppa il meccani-smo che aveva consentito al Paesedi mantenere un elevato tasso disviluppo rafforzando contempora-neamente la propria posizione neipagamenti verso l’estero. La dina-mica salariale provoca un muta-mento profondo delle attese degliimprenditori che si riflette in unacaduta degli investimenti. Per laprima volta dal 1955, a inizio anniSessanta l’occupazione frena; difronte all’improvviso deterioramen-to dei rapporti con l’estero le autori-tà monetarie, che per tutto il 1962hanno fornito liquidità al sistemaper contrastare con l’espansionedel credito il rallentamento degliinvestimenti e sostenere l’econo-mia, decidono nella seconda metàdel 1963 una brusca manovra dicontrazione del credito bancario.Non bastasse la scomparsa dei tito-li elettrici fa cadere il Mercato borsi-stico e fa volare quello dei titoli diStato. È in questo scenario chel’imprenditore compie i suoi passidecisivi, interprete di quella «picco-la e media impresa» che, propriopartendo dagli anniCinquanta/Sessanta, pezzo su pez-zo è diventata la spina dorsaledell’economia bresciana dentro laquale si presenteranno realtà im-portanti.

GiovanniDallaBona:tra chimica dei metalliesocietàcivile

Dalla laurea a Bologna alle leghe speciali,dal vertice in Aib a Isfor e alla corsa in Loggia

Fonderie ed elettromeccanica e occhio agli... occhialiBRESCIA - Comprate e vendute. Molte

sono rimaste, qualcuna è stata ceduta ed orail gruppo creato da Giovanni Dalla Bona hadue spine dorsali: la metallurgia, settore nelquale l’imprenditore si è formato ed è cre-sciuto negli anni della giovinezza, e l’elet-tromeccanica, con alcune varianti che hannoguardato al termalismo ed alla sanità, perchél’obiettivo iniziale (che è stato superato) eradi arrivare «ad un’azienda per ciascuno deiquattro figli» che sono Roberto, Rossella,Paolo e Giorgio, dietro i quali ci sono i diecinipoti.

Con una metafora calcistica si potrebbedire che gli imprenditori sono un poco come igiocatori di calcio di qualità che, proprioperché sono di qualità, talvolta vogliono il«numero», ovvero la fuga dall’ordinarietà, ecosì provano sfide difficili, diverse da ciò cheabitualmente sanno fare. E per GiovanniDalla Bona le sfide sono state numerose epositive.

Tutto inizia a Sarezzo in un capannone neiprimissimi anni Sessanta quando nasce «Fon-derie leghe speciali». Il 1961 è l’anno in cui ilmarco viene rivalutato del 4,75% rispetto aldollaro ed alle altre monete europee. Èl’anno del primo dibattito sulla programma-zione, della nascita dell’Italsider - nata dallafusione tra Cornigliano e Ilva - della politicaCee a sostegno dei prezzi agricoli, ma anchedel censimento e del decollo della cosiddetta«Terza Italia», quella dei distretti industriali,in cui Brescia con il valvolame e la calzette-ria, per le imprese sul confine con il Mantova-no, riesce a ben collocarsi.

Nel 1963 Giovanni Dalla Bona diventasocio di Mario Cervati, sodalizio tra fonditoriche proseguirà per molti anni. L’attività-cuo-re dell’imprenditore bresciano si sviluppacosì nella metallurgia per più di dieci anni difila, fino al 1973, quando viene rilevata laferriera Aurora di Travagliato, che tuttavia«venderò - racconta - l’anno successivo».

È nel 1974 che Giovanni Dalla Bona giocala carta della diversificazione, acquistando laGrotta Giusti, in Toscana, che dopo investi-menti importanti e dopo un processo divalorizzazione verranno cedute nel 2000 «per-ché - spiega l’imprenditore - nessuno volevaandare là e le aziende vanno seguite davicino».

Ma è su ciò che uno sa fare meglio che siconcentrano le risorse: è così che GiovanniDalla Bona nel 1980 entra nell’azionariato

delle Fonderie Glisenti (di cui più avantiverrà rilevato l’intero capitale) che produco-no getti da 1 a 60 chili a Villa Carcina, mentrea Caldarola, nel Maceratese, la Lead Timerealizza dal 2003 getti da 40 a 200 chili, conl’auto come mercato di riferimento: partneral 50% è Enzo Speziani «un nostro ex diretto-re generale ed ora nostro socio a Caldarola».

Metallurgia affare da old economy? Gio-vanni Dalla Bona sorride e dice: «Non èquestione di new o di old: dipende tuttosolamente da come sai fare il tuo lavoro. Enoi lo sappiamo fare bene. Non è facileinventarsi i processi ed il personale che lisappia gestire e così non sono pochi gliimprenditori che rientrano da esperienze didelocalizzazione».

A inizio degli anni Ottanta nella galassiadella Goletto, la finanziaria di famiglia, entracosì l’Elettroplastica di Cellatica, che seianni più tardi acquista dalla famiglia emilia-na Marchesi il 90% di Olimpia Splendid diGualtieri.

Il 1983 è l’anno in cui l’economia brescianasupera la recessione del biennio 1981-1982 e

la crescita del Pil si rianima: c’è un allenta-mento delle restrizioni al credito, decolla lalegge sulla trasparenza dei fondi comuni evengono introdotti i fondi comuni mobiliari.Contestualmente c’è l’avvio di un program-ma di privatizzazione di parte delle aziendedell’Iri e decolla la legge per le piccole emedie imprese il cui obiettivo è l’incentivazio-ne dell’innovazione.

Elettroplastica verrà assorbita da Olimpia,società che produce condizionatori e dallecui linee è uscito «Unico» ( il condizionatoresenza unità esterna i cui spot sono «passati»durante i gran premi di formula uno) nume-ro 150.000. Elettroplastica lascerà i piccolielettrodomestici per concentrarsi con Olim-pia nel condizionamento con stabilimenti aBrescia, Gualtieri ed in Cina.

Le sfide attirano Giovanni Dalla Bona chenel 1994 entra nella sanità «ma qui - ricordal’imprenditore - devo registrare una sconfit-ta»; tocca quindi alla Alison di Volta Manto-vana, azienda che produce occhiali «in cuientriamo prima in compartecipazione quindiinteramente e che più tardi - conclude l’im-prenditore - cederemo». (c. fa.)

I VECCHI IMPRENDITORI

Ha sfidatoCorsini

per diventaresindaco

Quelsingolareincontro

col... broker

I pat

riarc

hi / 4

DA GLISENTI A OLIMPIA PASSANDO PER LA GROTTA GIUSTI IN TOSCANA

Giovanni Dalla Bona, ex presidente di Aib e di Isfor 2000

Un reparto della Glisenti di Villa Carcina, società del gruppo di Giovanni Dalla Bona

A sinistra Giovanni DallaBona con Silvio Berlusconi.Dalla Bona è stato candidatosindaco a Bresciaconcorrendo per la poltronadi Palazzo Loggia controPaolo Corsini. Nell’immaginecentrale l’ex presidente diAib con il figlio Roberto,ingegnere, che guida leFonderie Glisenti di VillaCarcina di cui la famigliaDalla Bona detiene ilcontrollo. Nell’immagine didestra lo stabilimentoOlimpia Splendid di Shanghaidove l’aziendaelettromeccanica lavora

ECONOMIA30 SABATO 12 LUGLIO 2008 Giornale di Brescia