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AISSA Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie Atti del 3° Convegno AISSA IL PIANETA ACQUA NEL CONTINENTE AGRICOLTURA Reggio Emilia, 6-7 Dicembre 2005 A cura di Luisa A. Volpelli e Andrea Pulvirenti FACOLTA’ DI AGRARIA Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

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AISSA

Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie

Atti del

3° Convegno AISSA

IL PIANETA ACQUA

NEL CONTINENTE

AGRICOLTURA

Reggio Emilia, 6-7 Dicembre 2005

A cura di Luisa A. Volpelli e Andrea Pulvirenti

FACOLTA’ DI AGRARIA

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

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Con il Patrocinio dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Con il Contributo di

CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA,

ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI REGGIO EMILIA

DIPARTIMENTO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO

Direzione Generale dello Sviluppo Rurale

Bonifica

Bentivoglio-Enza

CONSORZIO DELLA BONIFICA

PARMIGIANA MOGLIA-SECCHIA

Comune di Reggio Emilia

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L’Associazione Italiana Società Scientifiche Agrarie (AISSA), in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università di Modena e Reggio Emilia, organizza il suo Terzo Convegno Annuale con l’obiettivo di integrare in modo trasversale le competenze scientifiche delle sue 18 Società su un tema di grande interesse

L’ACQUA

Nell’era della specializzazione nel settore della

Ricerca Scientifica, il Convegno ha l’ambizione di mettere insieme i singoli componenti del mondo scientifico agrario, di farli interagire tra di loro e di tentare di affrontare il problema Acqua in modo interdisciplinare. L’avanzamento delle conoscenze sul ruolo dell’acqua nel “Continente Agricoltura” garantirà ricadute di notevole interesse a breve, medio e lungo termine, per migliorare ulteriormente l’interazione “Organismi viventi di interesse agrario e forestale - Terreno – Atmosfera”. L’obiettivo finale è infatti quello di assicurare per il futuro uno sviluppo sostenibile, grazie alla razionale gestione di un fattore ambientale ed economico primario, l’Acqua.

Michele Stanca (Presidente AISSA)

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SOCIETA’SCIENTIFICHE ADERENTI ALL’AISSA

AIAM - Ass. Italiana di Agrometeorologia

AIIA - Ass. Italiana di Ingegneria Agraria

AIPP - Ass. Italiana Protezione Piante

ASPA - Ass. Scientifica di Produzione Animale

Ce.S.E.T. - Centro Studi di Estimo ed Economia Territoriale

SIA - Soc. Italiana di Agronomia

SICA - Soc. Italiana di Chimica Agraria

SIDEA - Soc. Italiana di Economia Agaria

SIEA - Soc. Italiana di Economia Agro-Alimentare

SIGA - Soc. Italiana di Genetica Agraria

SIMTREA - Soc. Italiana di Microbiologia Agroalimentare e

Ambientale

SIPAV - Soc. Italiana di Patologia Vegetale

SIPE - Soc. Italiana di Pedologia

SIRFI - Soc. Italiana per la Ricerca sulla Flora Infestante

SISEF - Soc. Italiana di Selvicoltura ed Ecologia

SISS - Soc. Italiana della Scienza del Suolo

SISTAL - Soc. Italiana di Scienze e Tecnologie Alimentari

SOI - Soc. Orticola Italiana

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Comitato Scientifico del Convegno

A. Michele Stanca Presidente AISSA Antonino Bacarella UniPA

Maurizio Borin UniPD Carmelo Dazzi UniPA

Luca Espen UniMI Vittorio Gallerani UniBO Carlo Giupponi UniMI

Federico Magnani UniBO Nicola Pecchioni UniMORE

Stefano Poni UniCATT Vittorio Rossi UniCATT

Giacomo Zanni UniFG

Comitato Organizzatore del Convegno

Facoltà di Agraria – Università di Modena e Reggio Emilia

Rosanna Scipioni Presidente Andrea M. Pulvirenti Segretario

Luisa A. Volpelli Segretario

Laura Arru Cristina Bignami Angela Conte Emiro Endrighi

Giancarlo Franchini Domenico P. Lo Fiego Giancarlo Manicardi Stefano Orlandini Maurizio Pellegrini Alessandro Ulrici

Segreteria Organizzativa del Convegno

Presidenza Facoltà Agraria – UniMORE tel.0522.522055-522067

Silvia Ceretti Elena Viesi

www.aissa.it www.agraria.unimore.it

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Programma Martedì 6 Dicembre 2005 Ore 10.00 – 11.00 registrazione dei partecipanti e saluti delle

Autorità Ore 11.00 – 12.30 1a sessione “Acqua e qualità alimentare” Ore 12.30 – 14.15 pranzo e visione poster Ore 14.15 – 17.10 2a sessione “Efficienza d’uso dell’acqua nelle

produzioni agricole” Ore 17.10 – 17.30 evento culturale Ore 17.30 – 19.00 3a sessione “Acqua e fattori biotici limitanti le

produzioni agro-forestali” Ore 19.00 aperitivo di benvenuto Mercoledì 7 dicembre 2005 Ore 9.00 – 11.00 4a sessione “Acqua e ambiente agro-forestale” Ore 11.00 – 12.30 discussione poster e premiazioni Ore 12.30 – 14.00 pranzo Ore 14.00 – 15.00 5a sessione “Risposte genetiche e fisiologiche

degli organismi viventi all’acqua” Ore 15.00 – 15.15 premiazione tesi di dottorato Ore 15.15 – 16.00 lettura conclusiva Eventi collaterali Martedì 6 dicembre ore 14.00 -15.00

Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Agraria Mercoledì 7 dicembre dalle ore 16.00

Assemblea AISSA

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Programma Scientifico Martedì 6 Dicembre 2005 Ore 10.00 – 11.00 Registrazione dei partecipanti e saluti delle Autorità - Gian Carlo Pellacani – Rettore dell’Università di Modena e

Reggio Emilia - Graziano Del Rio – Sindaco del Comune di Reggio Emilia - Tiberio Rabboni – Assessore all’Agricoltura Regione Emilia-

Romagna - Roberta Rivi – Assessore all’Agricoltura provincia di Reggio

Emilia - Rosanna Scipioni – Preside della Facoltà di Agraria

dell’Università di Modena e Reggio Emilia - A. Michele Stanca – Presidente AISSA

Ore 11.00 – 12.30 1a sessione “Acqua e qualità alimentare” Presidente: Bruno Biavati – Dipartimento di Scienze e Tecnologie

Agroambientali-Univ. Bologna L’acqua come elemento di differenziazione dei prodotti agro-

alimentari Giacomo Zanni, Gianluca Nardone (Società Italiana di Economia Agro-Alimentare-SIEA)

Le acque di irrigazione e la sicurezza alimentare Paolo Giudici (Società Italiana di Microbiologia Agroalimentare e Ambientale-SIMTREA)

Ruolo dell’acqua nel decadimento della qualità degli alimenti Laura Piazza (Società Italiana di Scienze e Tecnologie Alimentari-SISTAL)

Commento alla sessione: Giovanni Lercker – Dipartimento di Scienze degli Alimenti-Univ. Bologna

Ore 12.30 – 14.15 pranzo e visione poster Ore 14.15 – 17.10 2a sessione “Efficienza d’uso dell’acqua nelle produzioni

agricole” Presidente: Marcello Pagliai – CRA Istituto sperimentale per lo

Studio e la Difesa del Suolo-Firenze Irrigazione e sviluppo agricolo: evoluzione dell’uso dell’acqua

ed effetti sul valore del prodotto Pietro Columba, Luca Altamore (Società Italiana di Economia Agraria-SIDEA)

Acque saline e qualità del suolo Carmelo Dazzi (Società Italiana della Scienza del Suolo-SISS)

Efficienza d’uso dell’acqua: una sfida per le scienze agronomiche in un pianeta che cambia Bruno Basso (Società Italiana di Agronomia-SIA)

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Strategie sostenibili per la gestione delle risorse idriche nel

settore ortoflorofrutticolo Cristos Xiloyannis, Antonio Elia, Enrico Farina (Società Orticola Italiana-SOI)

Il ruolo dell’acqua nell’allevamento animale Giuseppe Enne, Gian Franco Greppi (Associazione Scientifica di Produzione Animale-ASPA)

Nuove tecnologie per l’ammodernamento e la gestione degli impianti irrigui Alessandro Santini (Associazione Italiana di Ingegneria Agraria-AIIA)

Commento alla sessione: Tommaso Maggiore – Dipartimento di Produzione Vegetale, Facoltà di Agraria-Univ. Milano

Ore 17.10 – 17.30 Evento culturale Angelo Caliandro – Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali-Univ. Bari

Ore 17.30 – 19.00 3a sessione “Acqua e fattori biotici limitanti le produzioni agro-

forestali” Presidente: Pietro Luciano – Dipartimento di Protezione delle

Piante-Univ. Sassari Acqua e malerbe: un binomio da gestire per la produttività e

l’ambiente Antonio Berti, Paolo Barberi, Francesco Vidotto, Aldo Ferrero, Giuseppe Zanin (Società Italiana per la Ricerca sulla Flora Infestante-SIRFI)

Acqua e insetti limitanti le produzioni agro-forestali Mario Solinas (Associazione Italiana Protezione Piante-AIPP)

Effetti interattivi dell’acqua e dei patogeni nello sviluppo di malattie in ambito agroforestale Andrea Vannini, AnnaMaria Vettraino (Società Italiana di Patologia Vegetale-SIPAV)

Commento alla sessione Felice Scala – Dipartimento di Arboricoltura, Botanica e Patologia Vegetale-Univ. Napoli

Ore 19.00 Aperitivo di benvenuto

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Mercoledì 7 dicembre 2005 Ore 9.00 – 11.00 4a sessione “Acqua e ambiente agro-forestale” Presidente: Marco Borghetti – Dipartimento di Scienze dei Sistemi

Colturali, Ambientali e Forestali-Univ. Basilicata Il valore dell’acqua per il territorio e l’ambiente rurale

Vittorio Gallerani, Davide Viaggi (Centro Studi di Estimo ed Economia Territoriale-CeSET)

Effetti del cambiamento del regime nivologico sulla temperatura del suolo e sul ciclo dei nutrienti in ambienti forestali alpini Ermanno Zanini, Michele Freppaz (Soc. Italiana Pedologia-SIPE)

L’informazione agrometeorologica per l’ottimizzazione della gestione idrica delle colture Vittorio Marletto, Franco Zinoni (Associazione Italiana di Agrometeorologia-AIAM)

Foreste e uso dell’acqua: fattori di controllo e possibilità di gestione Federico Magnani (Soc. Italiana Selvicoltura ed Ecologia-SISEF)

Commento alla sessione: Paola Rossi Pisa – Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali-Univ. Bologna

Ore 11.00 – 12.30 Discussione poster e premiazioni Ore 12.30 – 14.00 Pranzo Ore 14.00 – 15.00 5a sessione “Risposte genetiche e fisiologiche degli organismi

viventi all’acqua” Presidente: Carlo Lorenzoni – Istituto di Botanica e Genetica

Vegetale-Univ. Piacenza Ruolo dell’acqua nella fisiologia della pianta: aspetti

termodinamici e cinetici Maurizio Cocucci (Società Italiana di Chimica Agraria-SICA)

Risposte genetico molecolari delle piante ad anossia e siccità Antonio Blanco, Luigi Cattivelli, Immacolata Coraggio, Stefania Grillo, Silvio Salvi (Società Italiana di Genetica Agraria-SIGA)

Commento alla sessione: Pierdomenico Perata – Scuola Superiore S.Anna-Pisa

Ore 15.00 – 15.15 Premiazione tesi di dottorato Ore 15.15 – 16.00 Lettura conclusiva: Acqua e cambiamenti climatici

Giampiero Maracchi – CNR-Istituto di Biometeorologia-Firenze Eventi collaterali 6 dicembre ore 14.00-15.00

Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Agraria 7 dicembre dalle ore 16.00 Assemblea AISSA

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I testi delle relazioni presentate nelle cinque sessioni verranno pubblicati a parte e per esteso

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Poster

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POSSIBILITA’ DI RISPARMIO IDRICO A LIVELLO AZIENDALE E TERRITORIALE

Baldicchi Alessandro, Di Braccio Maurizio, Lisi Ivan, Salvatori Riccardo

Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Perugia; e-mail: [email protected]

Introduzione L’uso oculato delle risorse idriche è un obiettivo che deve essere perseguito a tutti i livelli delle filiere produttive, soprattutto in agricoltura. Diminuire gli sprechi, o meglio, ottimizzare l’utilizzo del bene acqua in agricoltura comporta una minore depauperazione di tale risorsa e abbassamento dei costi totali alla produzione. Con il presente lavoro si è inteso valutare le modalità di utilizzo dell’acqua sia a livello di aziende agricole che, più in generale, di comprensorio irriguo. A tal fine si è cercato di ipotizzare strategie volte ad ottimizzare l’irrigazione del mais in un’azienda agricolo-zootecnica (Caso 1), risultando questa coltura abbastanza diffusa in Umbria. Si è voluto inoltre saggiare alcune tecniche di risparmio idrico in un azienda vivaistica (Caso 2) la quale, con le elevate esigenze idriche che la caratterizzano, costituisce un significativo caso studio di ottimizzazione dell’uso dell’acqua. Infine, analizzando le caratteristiche del Consorzio per la Bonificazione Umbra (Caso 3) si è cercato di incrementare le conoscenze relative alle esigenze idriche di una realtà territoriale, sulla quale insistono differenti tipologie di produzioni agricole, al fine di individuarne punti deboli e possibili linee di intervento al fine di migliorare l’uso dell’acqua. Materiali e metodi Caso 1. E’ stato preso in considerazione il problema della gestione dell’irrigazione del mais da insilato analizzando dapprima l’intera tecnica colturale del cereale, individuandone i punti critici per quanto concerne le esigenze idriche, a cui ha fatto seguito una serie di simulazioni con il programma Crop Syst® del Departement of Biological System dell’Università dello Stato di Washington. L’utilizzo di tale programma prevede l’immissione di input relativi alle condizioni pedo-climatiche della zona, alle tecniche colturali praticate; è stata successivamente effettuata una validazione alla realtà operativa modificando opportunamente alcuni parametri colturali specifici della zona. Caso 2. E’ stata portata avanti una breve sperimentazione della durata di 26 giorni, nel corso del mese di maggio, durante il quale sono state confrontate la tecnica irrigua usualmente praticata nell’azienda (manuale, basata sull’esperienza e capacità degli operatori per individuare turni e volumi irrigui) con una metodologia che prevedeva un sistema di irrigazione per aspersione e l’utilizzo di un tensiometro per individuare il momento di intervento irriguo. Nella sperimentazione sono stati utilizzati giovani piante, allevate in vaso, di Cupressus sempervivens L. var. Bolgheri e di Laurus nobilis L. suddivisi entrambi in due campioni di 40 esemplari ciascuno. In fase di avvio e a conclusione del confronto sono stati rilevati, su un campione rappresentativo di piante, peso dei vegetali, altezza e diametro del tronco rilevato al livello del colletto La somministrazione dell’acqua avveniva, nella tesi innovativa, quando il tensiometro faceva rilevare – 0,4 bar nei vasi di alloro e – 0,3 bar in quelli del cipresso. Caso 3. L’analisi del Consorzio per la Bonificazione Umbra ha preso in considerazione le superfici totali del comprensorio irrigate e la loro ripartizione nelle diverse colture. Inoltre sono state analizzate le reti ed i sistemi di irrigazione nonché le modalità di determinazione dei turni e dei volumi irrigui. Questi dati sono stati rilevati direttamente a seguito di visite al Consorzio e di colloqui con i responsabili della struttura. E’ stata infine eseguita un’analisi dei mezzi e degli strumenti disponibili ed individuati quelli mancanti al fine di adottare un sistema di assistenza all’irrigazione assimilabile a quello adottato in l’Emilia Romagna

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denominato Irrinet o al Progetto Demeter, in fase di studio presso l’Università degli Studi “Federico II” di Napoli. Risultati e conclusioni Caso 1. Valutando la possibilità di risparmio idrico nella coltura del mais da insilato sono stati individuati nella semina, nel controllo delle infestanti e nell’irrigazione i punti critici su cui operare, per conseguire il risparmio idrico. In particolare, lo studio ha messo in evidenza che, considerando la temperatura minima di germinazione del mais (12° C), si ravvisa l’opportunità di anticipare di circa 15 giorni l’epoca di semina; ciò consente alla coltura di poter sfruttare al meglio le ultime piogge primaverili. La flora infestante (soprattutto di Abutilon theoprasti Medik e di Sorghum halepense L.) rilevata nell’anno di indagine, dovrebbe essere evitata mediante opportuno avvicendamento colturale ed appropriata rotazione dei principi attivi utilizzati per il controllo delle malerbe; ciò porta ad un significativo risparmio delle risorse idriche rendendole disponibili alla coltura. Per quanto riguarda le simulazioni, stabilendo le epoche di due interventi irrigui in prossimità dei momenti critici per la coltura (rispettivamente all’emissione del pennacchio e delle setole dalla spiga), il programma Crop Syst® ha permesso di individuare altri due interventi irrigui in grado di assicurare un discreto aumento della produttività. In particolare, con semina al 20 di aprile ed una piovosità annua di 902,9 mm sono stati simulati in totale 4 interventi irrigui di 40 mm ciascuno che porterebbero alla raccolta (23 settembre) ad una produzione di circa 27,5 t/ha di biomassa da insilato. Caso 2. Il confronto condotto presso l’azienda vivaistica ha confermato che l’utilizzo di sistemi per monitorare in tempo reale il contenuto idrico nel terreno consente di economizzare il consumo di acqua. Mentre con il sistema irriguo che faceva ricorso all’esperienza degli operatori, si è irrigato, per tutto il periodo di indagine, mediante due interventi giornalieri, in quella che si avvaleva dell’utilizzo del tensiometro, gli interventi sono stati inferiori. Infatti, nel periodo di confronto, i volumi di acqua somministrati alle piante sottoposte a monitoraggio mediante tensiometro, sono risultati pari a 30 mm per l’alloro e a 28 mm per il cipresso mentre l’intervento tradizionale ha comportato un consumo di acqua pari a 139 mm. Tale riduzione nei consumi idrici non ha comportato significative differenze per quanto riguarda l’accrescimento e l’incremento in peso dei vegetali. Caso 3. Il Consorzio per la Bonificazione Umbra copre una superficie circa 128.000 ha di cui 4.181 ha sono irrigati; di questi, 3.108 ha sono irrigati per aspersione e i restanti 1.073 ha per scorrimento. Le ditte consorziate sono oltre 64.000, mentre le colture irrigate più diffuse sono il mais (37 % delle superficie), la bietola (19 %), il tabacco ( 13 %), le foraggere (12 %) e gli ortaggi (10 %). I volumi ed i turni irrigui dei consorziati vengono determinati mediante calendari stilati dal Consorzio ad inizio della stagione irrigua, in base agli ordinamenti colturali presentati dagli stessi agricoltori, senza tener conto dell’effettiva esigenza degli agricoltori e/o della reale necessità idrica durante il corso della stagione irrigua. Dall’analisi delle strutture, degli impianti e delle tecnologie presenti nel Consorzio, nonché da colloqui con i tecnici dello stesso, è fra l’altro emerso che per organizzare un efficiente sistema di assistenza all’irrigazione, è preliminarmente necessario adeguare la strumentazione meteorologica ed il sistema della rete distribuzione, in sostituzione di quello attuale. Inoltre, sarebbe opportuno incentivare la conversione degli impianti irrigui già presenti (scorrimento e aspersione), con sistemi ad elevata efficienza irrigua (goccia e microportata). Lavoro eseguito durante lo stage relativo al Corso di Alta Formazione ASo.R.Id., Misure C3 UM 030333014 e D4 UM 030344006, Regione Umbria Bibliografia Bonciarelli F., Bonciarelli U., 2001. Coltivazioni erbacee. Edagricole, Bologna, 2001. Mannini P., Pirani P., 2003. Le buone pratiche agricole per risparmiare acqua. Supplemento

di Agricoltura n 18, Regione Emilia Romagna.

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STIMA DEL CONTENUTO IDRICO E CALCOLO DEL KC DINAMICO PER IL CONTROLLO AUTOMATICO DELL’IRRIGAZIONE DI PIANTE IN VASO

Battista Piero, Bacci Laura, Rapi Bernardo

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Biometeorologia, Firenze; e-mail: [email protected]

Introduzione I sistemi produttivi basati sull’agricoltura intensiva, come i vivai e le serre, sono spesso accusati di non prestare sufficiente attenzione ai metodi di razionalizzazione della pratica irrigua, con danno per l’ambiente e le altre attività produttive (Katashima, 1993). La ricerca ha reso disponibili diverse possibili soluzioni. Tra le alternative offerte, i sistemi basati sui sensori d’umidità, come i tensiometri, che consentono di monitorare l’acqua disponibile per le piante e i sistemi software per la valutazione dello stato idrico del suolo si sono mostrati quelli con le maggiore potenzialità (Zazueta, 1993; Rivière et al., 1995). Al fine di realizzare un sistema automatico per il controllo dell’irrigazione, a basso costo, sono stati condotti degli studi specifici, sia in laboratorio sia in campo, simulando le condizioni operative presenti in vivaio. In questo lavoro vengono discusse: 1) la rappresentatività del dato fornito dal tensiometro per la stima dell’acqua contenuta all’interno del vaso e 2) la possibilità di utilizzare i valori tensiometrici per la stima del Kc e il calcolo dell’evapotraspirazione reale. Materiali e metodi Per la sperimentazione sono stati impiegati nove minitensiometri con dimensioni di 10x1.3 cm (SKTM 650, Skye Instruments, UK), intercalibrati e posizionati in un vaso di 9 litri, riempito con un substrato di torba e pomice (1:1). Al fine di verificare le variazioni indotte dalla presenza dell’apparato radicale sul comportamento dell’acqua all’interno del vaso, le prove sono state effettuate in una prima fase con il solo substrato e successivamente con la presenza di un pianta di Cornus alba (radice fascicolata). Cinque sensori sono stati posti a croce a 8 cm dalla superficie e quattro a 15 cm. In superficie è stato posizionato un gocciolatore, equidistante dal centro del vaso e dal lato esterno. Contemporaneamente sono state seguite le modifiche in peso mediante una bilancia di precisione. In accordo con vari autori (Tyler et al., 1996), le prove sono state condotte alternando cicli di adacquamento (1.5 l distribuito in 3 eventi distanziati di 10 min) a cicli di asciugatura, mantenendo l’umidità tra la capacità di campo e 80 hPa. Alla fine della prova sono state applicate analisi della varianza e geostatistiche (Variogramma e Kriging), per valutare le differenze tra le diverse zone e la rappresentatività di ciascun punto. Le informazioni ottenute dall’analisi dei dati di laboratorio, sono state utilizzate per la determinazione della curva tensiometrica, per la stima dell’ETR e del coefficiente colturale (Kc = ETR/ETP) in condizioni operative di pieno campo. Discussione dei risultati Senza le modifiche indotte dall’apparato radicale, il comportamento osservato in tutti i sensori è stato sufficientemente omogeneo (Fig.1), se si eccettua per il tempo di risposta all’adacquamento o all’asciugatura, funzione lineare della distanza dall’irrigatore su uno stesso livello e funzione inversa della profondità (dato che l’acqua tende a ristagnare nei livelli più bassi del vaso). Dalla media dei valori tensiometrici è stata determinata la curva tensiometrica, applicando il modello esponenziale y=exp[a+b/x+c ln(x)], i cui coefficienti sono: a=-0.761, b= 6.562, c= -0.164, con un r=0.993. Tuttavia, questo comportamento viene ad essere modificato dalla presenza di elementi di disturbo, come le radici della pianta, che alterano il normale flusso dell’acqua nel substrato tendendo a isolare in particolare il sensore posto dalla parte opposta dell’irrigatore (dati non mostrati). Posizionando i sensori in maniera corretta (Bacci, 2003), anche in pieno campo è possibile seguire con sufficiente precisione le variazioni di umidità del substrato, controllando il momento dell’attivazione e la quantità

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d’acqua dell’intervento irriguo (Fig.2). Profilo Verticale

Asciutto Profilo Verticale

Umido Livello

Irrigazione Metà ciclo

Fine Ciclo

-8 cm

-15 cm

Fig.1 – Risposta dei minitensiometri all’adacquamento e variabilità spazio/temporale in assenza di radici

0

100

200

300

400

500

600

700

ETR

(g/p

iant

a)

misurata stimata

irr irr

irr

irrirr

y = 1,0622xR2 = 0,8663

0,00

1,00

2,00

3,00

4,00

0,00 1,00 2,00 3,00 4,00

Kcb

Kcm

Fig 2 – Andamento dell’ETR stimata e misurata. Fig. 3 – Relazione tra Kcb e Kcm. La buona relazione riportata in figura 3, tra i coefficienti colturali stimati a partire da “ETR bilancia” (Kcb) e “ETR Minitensiometri” (Kcm), mostra la possibilità di utilizzare il Kcm per calcolare l’acqua evapotraspirata in funzione delle condizioni meteorologiche (ETP). Questo può consentire un controllo incrociato del funzionamento dei tensiometri e un’analisi spaziale dei valori di ETR all’interno della parcella. Conclusioni Il calcolo del Kc a partire dai dati minitensiometrici, consente di valutare con sufficiente precisione i fabbisogni della pianta, fornendo indicazioni utili al controllo incrociato e alla stima della rappresentatività del sistema monitorato (vaso/acqua/pianta), rispetto alle condizioni standard previste per quella determinata varietà in quel determinato periodo e condizioni di crescita. Abbinando quindi misure del contenuto idrico del suolo, basate su tensiometri, a stime dell’ET a partire dalla conoscenza del Kc, è possibile giungere alla realizzazione di sistemi per il controllo automatico dell’irrigazione. Bibliografia Bacci L., Battista P., Rapi B., Sabatini F., Checcacci E. (2003). Irrigation control of container crops by means of tensiometer. Acta Horticulturae 609: 467-474. Kabashima J.N. (1993). Innovative irrigation techniques in nursery production to reduce water usage. HortScience 28 (4): 291-292. Rivière L.M., Sintès G., Madiot S. (1995). Pilotage tensiométrique de l’irrigation des cultures en conteneurs sur substrats organiques. Etude et gestion des sols 2: 135-144. Tyler H.H., Warren S.L., Bilderback T.E. (1996). Cyclic irrigation increases irrigation application efficiency and decreases ammonium losses. J. Environ. Hortic., 14(4): 194-198. Zazueta F.S. (1993). New technologies in the management of microirrigation systems. Acta Horticulturae 335: 305-312.

89

1011

1213

1415

4 5 6 7 8 9 10 11 12

24

18

24

18

02

46

810

1214

1618

0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

74

57

74

57

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CARATTERIZZAZIONE FUNZIONALE DI GENI COINVOLTI NELLA TRASDUZIONE DEI SEGNALI DI STRESS IDRICO IN CEREALI, MEDIANTE

L’USO DI ARABIDOPSIS THALIANA COME SISTEMA MODELLO

Belloni Sara1, Mastrangelo Anna Maria2, Mazzucotelli Elisabetta2, Crosatti Cristina1, Marè Caterina1, Aprile Alessio1, Rizzo Francesco1, Campoli Chiara1 ,

Guerra Davide1, De Leonardis Anna2, Stanca Antonio Michele1, Cattivelli Luigi2

1 CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, 29017 Fiorenzuola d’Arda

e-mail: [email protected] 2 CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, 71100 Foggia

Introduzione Gli stress abiotici, in modo particolare la siccità, limitano drasticamente la produttività e la diffusione delle piante coltivate. Per poterne migliorare la capacità produttiva, particolarmente nelle aree dove le condizioni ambientali sono più difficili, numerosi studi sono in corso al fine di comprendere le basi fisiologiche e molecolari della resistenza ed identificare i geni che presiedono ai processi di percezione / trasduzione dei segnali di stress ed al controllo dei meccanismi capaci di conferire tolleranza allo stress. E’ noto che l’esposizione della pianta a condizioni permissive di stress innesca una complessa serie di meccanismi molecolari di percezione e trasduzione del segnale che a sua volta attiva una risposta di acclimatamento (o hardening), che comprende molti cambiamenti biochimici e molecolari altamente coordinati, i quali nel loro insieme determinano un aumento del livello di tolleranza allo stress. La dissezione genetica e molecolare della tolleranza allo stress ha portato all’identificazione di molti geni ed elementi in cis implicati nella regolazione della trascrizione in risposta allo stress: in particolare in questo lavoro si è scelto di focalizzare l’attenzione su alcuni frammenti genici isolati in orzo (Hordeum vulgare) e frumento duro (Triticum durum) coinvolti nella risposta a fotoinibizione e stress idrico. Il particolare interesse riposto in questi geni della risposta a stress è dovuto al fatto che essi rappresentano potenziali siti target in applicazioni biotecnologiche finalizzate al miglioramento del processo di tolleranza in specie di interesse agrario. In questo lavoro le informazioni genetiche riguardanti geni precocemente indotti durante la risposta a fotoinibizione e carenza idrica nei cereali sono state confrontate con il genoma completamente sequenziato della pianta modello Arabidopsis thaliana in modo da poter caratterizzare funzionalmente queste sequenze mediante l’uso di mutanti inserzionali T-DNA. Risultati Sulle sequenze isolate (vedi tabella n°1) si è scelto si applicare un approccio di genomica funzionale attraverso la ricerca e l’analisi di mutanti inserzionali T-DNA tagged di A. thaliana.

GENE CANDIDATO

GENE OMOLOGO A. thaliana

FUNZIONE PUTATIVA

7H8 At1g19600 ribochinasi 6H8 At4g13590 proteina di membrana 1C1 At4g38580 proteina farnesilata 6G2 At1g75400 proteina RING-FINGER TMC-AP3 At2g28900 proteina di membrana del cloroplasto

Tabella 1_ Sequenze analizzate

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In A. thaliana sono disponibili pubblicamente collezioni di migliaia di genotipi portanti inserzioni di T-DNA ottenute casualmente mediante trasformazione con A. tumefaciens e caratterizzate/indicizzate mediante sequenziamento rapido del punto di inserzione. Si è quindi proceduto alla ricerca di mutanti inserzionali T-DNA tagged (grazie alla consultazione delle banche dati on-line) per i geni di interesse e al recupero dei semi delle linee mutante corrispondenti. I semi così ottenuti sono stati seminati e le piantine parentali sono state selezionate mediante PCR per verificare la posizione dell’inserzione e lo stato di omozigosi. Ad oggi si sta procedendo all’analisi delle piantine omozigoti per l’inserzione del T-DNA (piante knock-out) per tutti i geni: su queste piante si sta procedendo all’analisi del fenotipo. In particolare le piante knock-out per tutti i geni cresciute a 20°C mostrano una aumentata presenza di tricomi su tutte le foglie rispetto sia alle piante wild-type sia alle linee segreganti prive dell’inserzione; queste piante inoltre se sottoposte ad alta luce (600μE) evidenziano una colorazione rossa delle foglie. In letteratura è riportato che lo stesso fenotipo è mostrato dalle piante wild-type in condizioni di altissima luce (2000μE) a causa dell’accumulo di antociani dovuto all’accumulo di specie reattive dell’ossigeno. Per testare il livello di tolleranza allo stress di questi mutanti è stato misurato il valore di Fv/Fm in risposta a fotoinibizione (alta luce+freddo): i mutanti mostrano un valore di Fv/Fm inferiore al wild-type cioè sono maggiormente sensibili allo stress fotoinibitorio. Le piante mutanti mostrano anche un ritardo in fioritura in condizioni di giorno corto rispetto alle piante wild-type. Per testare la capacità di detossificare l’accumulo di ROS di queste piante sono state misurate le attività enzimatiche di alcuni enzimi coinvolti nella risposta allo stress ossidativo (POD, SOD e CAT). E’ stato così possibile evidenziare una variazione significativa dei livelli di questi enzimi, che risulta in un blocco del sistema enzimatico di difesa della pianta mutante contro le specie reattive dell’ossigeno. Conclusioni Le piante knock-out di A.thaliana per tutti i geni, isolati come indotti nella piante wild-type da stress idrico e freddo+luce, hanno mostrato lo stesso fenotipo associato ad un iper-accumulo di ROS. Questi risultati confermano che l’accumulo di ROS rappresenta una componente chiave della risposta a stress abiotico e suggerisce che i geni isolati siano coinvolti nel controllo del livello di ROS nella cellula.

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STUDI PRELIMINARI SULLA REALIZZAZIONE DI UNA METODICA REAL-TIME PCR PER LA RICERCA DI HELICOBACTER PYLORI NELL’AMBIENTE

Beneduce Luciano1, Spano Giuseppe1, Baldassarre Saverio1,

Terzi Valeria2, La Salandra Giovanna3, Massa Salvatore1 1 Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Università di Foggia; e-mail: [email protected]

2 Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Fiorenzuola d’Arda (PC) 3 Istituto Zooprofilattico della Puglia e della Basilicata - Foggia

Introduzione Helicobacter pylori è una specie batterica in grado di causare gastriti ed ulcere duodenali nell’uomo e sembra giocare un ruolo nello sviluppo di alcune forme di cancro allo stomaco (1). Studi condotti negli USA hanno dimostrato una significativa correlazione tra presenza di H. pylori in acque potabili e insorgenza di episodi infettivi (2). Helicobacter pylori è una specie molto difficile da coltivare in vitro a causa della stretta microaerofilia richiesta dal microrganismo e della tendenza ad entrare in stato VBNC. L’uso di metodiche basate sulla PCR ha permesso di individuare H. pylori in campioni acquatici provenienti da diversi Paesi (3, 4, 5, 6). L’avvento della PCR quantitativa (Real-time PCR), ha permesso di migliorare ulteriormente la diagnostica di H. pylori, in particolare in campo clinico (7). Nel presente lavoro è riportato lo studio di una metodica Real-time PCR applicabile a campioni ambientali. Materiali e metodi Nelle nostre prove abbiamo utilizzato un ceppo di collezione: Helicobacter pylori DSM 4867 (DSMZ, GmbH). Tale ceppo è stato coltivato su Columbia Agar (Oxoid, UK) con aggiunta di 4% v/v di sangue di cavallo defibrinato ed incubato in microaerofilia (7% CO2, 6% O2, 87% N2) a 37 °C, in giare per anaerobiosi, con l’ausilio di Campygen bags (Oxoid), per 4-5 giorni. Il DNA batterico è stato estratto utilizzando il bacterial DNA isolation kit (MoBio, USA), quantificato allo spettrofotometro (Gene Quant Pro, Amersham, Sweden) e diluito serialmente (3,8x104-3,8x10-3 pg/µl). In tabella 1 sono riportati i primer utilizzati e le condizioni di amplificazioni applicate. Per la Real-time PCR, condotta su termociclatore iCycler (Bio-Rad, USA), è stato utilizzato il seguente protocollo: 50,0 µl volume finale di reazione, Quantitect SYBR Green PCR mix (Qiagen) 25,0 µl, primer 0,35 µM ciascuno, DNA 3,0 µl, dH2O fino a volume finale. I dati delle curve di amplificazione acquisiti dallo strumento, sono stati elaborati mediante il software Microsft Excel 2003 (Microsoft Co. - USA). Ciascun esperimento è stato condotto in triplo, per valutare la riproducibilità della metodica. Tabella 1: sequenze target e primer utilizzati negli esperimenti PCR e real time PCR

Primer Sequenza 5'-3' Temperatura di melting

Dimensioni amplicone

Gene Reference

UreCF TTATCGGTAAAGACACCAGAAA UreCR ATCACAGCGCATGTCTTC

81 °C 132 bp UreC He et al., 2002

VacA1F GCGGTATCAATCTGTCCAATCA VacA1R TGATATTCCCGGTTAGATTTTCCA

77 °C 70 bp VacA Nostro lavoro

Programma di amplificazione

1X 30X 1X

95°C 15 min. 94° C 20 sec. 60° C 30 sec.

72° C 40 sec.

72° C 1 min.

Risultati e discussione In figura 1 è riportato il risultato ottenuto dalla amplificazione in Real-time PCR di diluizioni decimali standard di H. pylori con primer UreC-F/R. Le rette di regressione riportate in figura 2 evidenziano come, per entrambe le coppie di primer utilizzate, vi sia una relazione quantitativa lineare tra segnale di fluorescenza misurato dallo strumento e concentrazione iniziale di DNA target nel campione (R2>0,99). Utilizzando il set di primer UreCR-F è

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possibile determinare la concentrazione di DNA iniziale di H. pylori in reazione, per un range di 8 Log (7 Log per i primer VacAR-F). E’ possibile stimare la concentrazione equivalente di cellule di H. pylori in un campione assumendo che sia il gene UreC che il gene VacA sono presenti in singola copia nel genoma di H. pylori e che il DNA genomico di H. pylori ha dimensioni medie di 1,6 Mbp, corrispondenti ad un peso medio di 1,73 fg. Da tali assunti si può ricavare la equazione (1): (1) Cellule equivalenti = (N pg/µl DNA / 1,73 fg/cell)* 1000 Tale equazione ci permette, con buona approssimazione, di risalire alla concentrazione iniziale di H. pylori presente in un dato campione. Nella tabella 2 sono riportati i dati quantitativi espressi in pg/µl di DNA iniziali ed in cellule equivalenti per ml. Applicando la (1) ai risultati ottenuti con il primo set di primer (UreC) abbiamo valutato il limite minimo quantitativo, stimato in 2,0x103 cell. eq./ml. Tale risultato è in linea con quanto riportato da He et al. (2002). Utilizzando i primer specifici per il gene VacA (da noi costruiti per identificare ceppi di H. pylori particolarmente virulenti) abbiamo ottenuto risultati comparabili con le precedenti prove, in termini di specificità e di riproducibilità. Il limite di quantificabilità è, in questo caso, di 0,038 pg/µl di DNA iniziale, corrispondenti, applicando la (1), a circa 2,0x104 cell. eq./ml.

Conclusioni

La nostra metodica Real-time PCR, è potenzialmente utile alla ricerca di H. pylori ed alla sua quantificazione, nonché alla individuazione di ceppi particolarmente virulenti (VacA+). Ulteriori studi si rendono necessari per l’applicazione della metodica a matrici ambientali complesse, in cui la eventuale presenza di H. pylori si accompagna ad una elevata microflora totale presente nel campione. Bibliografia 1- Dunn et al., 1997. 2- Baker and Hegarty, 2001. 3- Hulten et al., 1996 4- Hegarty et al., 1999. 5- Mazari-Hiriart et al. 2001. 6- Cellini et al., 2004. 7- He et al., 2002.

0,1

1

10

100

1000

6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40cycle n.

Log

RFU

UreC

VacA

pg/ul DNA cell/ml

pg/ul DNA cell/ml

38000 2,20E+10

38000 2,20E+10

3800 2,20E+09

3800 2,20E+09

380 2,20E+08

380 2,20E+08

38 2,20E+07

38 2,20E+07

3,8 2,20E+06

3,8 2,20E+06

0,38 2,20E+05

0,38 2,20E+05

0,038 2,20E+04

0,038 2,20E+04

0,0038 2,20E+03

0,0038 N/A

UreCy = -3,5177x + 29,002

R2 = 0,9915

VacA y = -3,0018x + 32,933

R2 = 0,9901

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

-3,0 -2,0 -1,0 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0

Lo g st art ing q .t y D N A

UreCVacA

Figura 1: curve di amplificazione Realtime PCR ottenute con il set di primerUreC su diluizioni decimali di DNA di H.pylori Figura 2: rette di regressione linearedeterminate per standardizzare lametodica con i primer UreC-F/R eVacA-F/R Tabella 1: valutazione quantitativa inReal time dei prodotti di amplificazioneottenuti utilizzando i due sistemi diprimer.

Figura 1

Figura 2 Tabella 2

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ESPERIENZE SULL’IRRIGAZIONE DEL NOCCIOLO

Bignami Cristina1, Cristofori Valerio2, Catulli Sergio2, Bertazza Gianpaolo3

1Dip. Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria, Università di Modena e Reggio Emilia; e-mail: [email protected]

2 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università della Tuscia,Viterbo 3 IBIMET- C. N. R., Sezione di Bologna

Introduzione La coltura del nocciolo (Corylus avellana L.) alimenta il vasto mercato dell’industria dolciaria, che esige materia prima di alta qualità (Garrone e Vacchetti, 1994). Tra i fattori ambientali e colturali, la disponibilità idrica, regolando le relazioni tra sviluppo vegetativo e attività riproduttiva, può influenzare sia la produttività della pianta, sia la qualità del seme. Il nocciolo è infatti sensibile alla carenza idrica, che influisce negativamente sull’attività fotosintetica e sull’efficienza fogliare, sulla crescita nei primi anni dell’impianto, sui tempi di entrata in produzione e sulla produttività (Natali et al., 1989; Girona et al., 1994; Mingeau e Rousseau, 1994; Tombesi e Rosati, 1997; Bignami et al., 2000; Bignami e Cammilli, 2002; Dias et al., 2005). Da diversi anni, l’irrigazione è stata quindi introdotta nelle principali aree di produzione caratterizzate da scarsa o irregolare disponibilità idrica naturale. Al fine di potere valutare il ruolo dell’irrigazione su questa specie sono state condotte osservazioni sul comportamento della principale cultivar del Lazio, Tonda Gentile Romana, sottoposta a differenti apporti irrigui durante le fasi critiche di crescita del seme. Materiale e metodi I rilievi sono stati condotti nel triennio 2001-2003 in un’impianto di Tonda Gentile Romana (TGR) realizzato nel 1992 presso l’azienda didattico-sperimentale dell’Università della Tuscia (Viterbo), con Tonda di Giffoni e Nocchione come impollinatori. Le piante erano allevate a vaso cespugliato alla distanza di 4 x 5 m. Dal secondo anno il noccioleto è stato sottoposto a quattro trattamenti: un controllo non irrigato (0% ETc) e tre diversi regimi irrigui corrispondenti alla restituzione giornaliera, mediante impianto a goccia, del 50, 75 e 100% dell’evapotraspirato della coltura, calcolato come: ETc= ET*0.8*Kc, dove ET=evaporato di classe A; 0.8 = coefficiente di posizione; Kc = coefficiente di copertura (= 1, nel periodo delle prove). Le tesi irrigue erano disposte secondo uno schema sperimentale a blocchi randomizzati con due repliche di 16 piante. Ogni anno gli interventi irrigui sono iniziati quando il contenuto di acqua nel terreno aveva raggiunto il 70% dell’acqua disponibile. I rilievi hanno riguardato la crescita vegetativa, le componenti della produzione, l’incidenza dei principali difetti commerciali, il contenuto di olio, zuccheri e acidi organici nel seme ed il loro profilo. Risultati L’irrigazione ha influito in misura rilevante sulla crescita vegetativa, su alcune componenti della produzione, come la resa ad ettaro, la resa commerciale e l’incidenza dei vuoti, e sulle caratteristiche carpologiche, mentre gli effetti sulla composizione della nocciola sono stati più limitati. Le dimensioni della chioma e del tronco sono aumentate linearmente all’aumentare del volume irriguo (fig. 1), mentre la produzione ha presentato un incremento sino alla restituzione del 75% dell’ETc, che si è poi attenuato al volume irriguo più alto in misura diversa a seconda della disponibilità idrica meteorica dell’estate (fig. 1 e tab. 1). La disponibilità idrica ha esercitato una funzione di regolazione dei rapporti tra crescita vegetativa e produttività. Le piante non irrigate sono infatti risultate meno produttive, ma non dotate di minore efficienza produttiva rispetto a quelle in irriguo (tab. 2). Per quanto riguarda gli aspetti compositivi, non sono risultate variazioni significative in risposta ai volumi irrigui per il contenuto ed il profilo di zuccheri ed acidi organici, nonché per il profilo

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degli acidi grassi, con l’eccezione dell’acido linolenico, che è diminuito significativamente all'aumentare dell'acqua apportata (fig. 2). Se pure poco importante sul piano quantitativo, la bassa stabilità nel tempo dell’acido linolenico rende questa modifica non irrilevante dal punto di vista della qualità e della conservabilità della nocciola. L'aumento del contenuto di olio in risposta all'irrigazione (tab. 3) non ha portato la nocciola oltre i limiti ritenuti adeguati ad assicurare una buona stabilità nei confronti dei processi di irrancidimento. L’irrigazione non sembra quindi influire negativamente sulle caratteristiche compositive correlate alla qualità gustativa ed alla conservabilità della nocciola, mentre esercita positivi effetti sulla produttività e su alcuni caratteri carpologici. Restituzioni parziali dell’evapotraspirato della coltura (75%) si sono rivelate ottimali per la cultivar Tonda Gentile Romana, determinando un equilibrato rapporto tra sviluppo vegetativo e produzione e consentendo un risparmio di acqua irrigua.

Tab. 1. Evapotraspirato di classe A (Aprile-Settembre), piogge, volumi irrigui e durata della stagione irrigua (Ir).

Pioggia (mm) Volume irriguo (mm) Anno ET A-S (mm) A – S Ir Durata Ir (giorni) Etc 0% Etc 50% Etc 75% Etc 100%

2001 989,5 204 15, 6 11/6 - 21/8 (72) 0 149 224 298 2002 931,7 573 66,2 02/6 - 29/7 (57) 0 113 170 227 2003 883,9 89 15,4 06/6 - 19/8 (74) 0 157 236 315

.

Fig. 1. Sviluppo vegetativo e produzione di TGR in risposta all’irrigazione.

Bibliografia Bignami C., Cammilli C., Moretti G., Romoli F., 2000. Irrigation of Corylus avellana L.: effects on canopy

development and production of young plants. Acta Horticulturae 537: 903-910. Bignami C., Cammilli C., 2002. Fattori ambientali e colturali e funzionalità fogliare del nocciolo. Giornate

Scientifiche S.O.I., 163-164. Dias R., Silva A.P., Carvalho J.L., Goncalves B., Moutinho-Pereira J., 2005. Effect of irrigation on physiological

and biochemical traits of hazelnuts. Acta Horticulturae 686: 201-206. Garrone W., Vacchetti M., 1994. La qualità delle nocciole in rapporto alle esigenze dell’industria dolciaria

utilizzatrice. Acta Horticulturae 351: 641-656. Girona J., Cohen M., Mata M., Marsal J., Miravate C., 1994. Physiological, growth and yield responses of

hazelnut (Corylus avellana L.) to different irrigation regimes. Acta Horticulturae 351: 463-472. Mingeau M., Rousseau P., 1994. Water use of hazelnut trees as measured with lisimeters. Acta Horticulturae

351: 315-322. Natali S., Bignami C., Gonzales M. J., 1989. Effetti dello stress idrico sul potenziale idrico fogliare, sulla

traspirazione e sulla fotosintesi in Corylus avellana L. Rivista di Irrigazione e drenaggio, 3: 118-123. Tombesi A., Rosati A., 1997. Hazelnut response to water levels in relation to productive cycle. Acta

Horticulturae 445: 269-278.

Etc % E. 1 E. 2 0 0,033 0,96

50 0,040 1,01 75 0,035 0,90 100 0,036 0,88

Anno ETc % Olio Zuccheri totali saccarosio fruttosio glucosio

64.8 4,16 3,44 0,073 0,061 66.5 4,11 3,36 0,077 0,059 67.4 4,13 3,38 0,075 0,058 2001-02

0 50 75

100 65.7 4,15 3,40 0,076 0,060 ** ** n.s. n.s. n.s. ** n.s. n.s. n.s. n.s.

Effetti: anno % Etc anno* % ETc n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

ac. linolenico

y = -0,01x + 0,1R2 = 0,59

0.00

0.03

0.06

0.09

0 50 75 100ETc %

%

volume chioma

y = 1,86x + 2,05R2 = 0,91

0

2

4

6

8

10

0 50 75 100

ETc %

m3sezione tronco

(AST)

y = 41,72x + 69,92R2 = 0,93

0

50

100

150

200

250

0 50 75 100

ETc %

cm2

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

0 50 75 100ETc %

t ha-1

2001

2002

2003produzione

Tab. 3. Contenuto di olio e zuccheri solubili nel seme (mg 100 mg ss-1).

Tab. 2. Efficienza produttiva in risposta all’irrigazione. E.1= Σ produzione 2001-03/AST (kg cm2-1); E.2= Σ produzione 2001-03/volume chioma (kg m3-1)

Fig. 2. Percentuale di acido linolenico in funzione della dose irrigua.

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PRODUZIONE, QUALITÀ ED EFFICIENZA D’USO DELL’ACQUA NEL POMODORO DA INDUSTRIA IN RELAZIONE ALLE VARIABILI IRRIGUE

Candido Vincenzo, Lovelli Stella, Favati Fabio, Miccolis Vito

Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università della Basilicata, Potenza.

e-mail: [email protected] Introduzione Una corretta gestione della pratica irrigua assume importanza strategica sia nell’ottica del risparmio idrico, data la limitata disponibilità e rinnovabilità dell’acqua, sia nella competizione per tale risorsa tra settore agricolo, industriale e civile. La coltura di pomodoro risulta sensibile alla carenza idrica particolarmente durante la fase fioritura-allegagione, quando la limitata disponibilità di acqua nel terreno può comportare riduzioni di produzione, di qualità e scalarità nella maturazione. Per contro, abbondanti apporti irrigui pur favorendo la produzione, possono agevolare l'instaurarsi di fitopatie e peggiorare la qualità delle bacche con l’allungamento del processo di maturazione, con la riduzione del loro residuo secco ed ottico e dell’acidità del succo; inoltre, determinano inutili sprechi di acqua, dilavamento di elementi nutritivi con riduzione dell’efficienza della fertilizzazione. Leggeri stress idrici durante la fase di maturazione migliorano le caratteristiche qualitative del pomodoro aumentandone il residuo ottico dei frutti, il residuo secco e l’uniformità della colorazione (Mitchell et al., 1991) con un aumento della concentrazione delle sostanze antiossidanti. Considerata l’importanza strategica della tecnica irrigua nella coltivazione del pomodoro da industria, particolarmente nei comprensori orticoli dell’Italia meridionale dove la risorsa idrica è sempre più limitata e preziosa, si è voluto dare un contributo allo studio dei fabbisogni irrigui della coltura, fornendo informazioni sulla corretta programmazione irrigua attraverso il dimensionamento delle variabili irrigue, turno e volume d’adacquamento.

Materiali e metodi L’attività sperimentale ha avuto luogo nel 2002 e 2003 a Gaudiano di Lavello (PZ) (41°03’ N; 15°42’ E, 180 m s.l.m.) sul pomodoro da industria (cv Ability F1) trapiantato il 17/05/2002 ed il 09/06/2003 su file binate realizzando una densità di 2,94 piante/m2. È stato adottato il metodo irriguo a microportata di erogazione con ali gocciolanti posizionate all’interno della bina, provviste di erogatori autocompensanti ogni 20 cm e della portata di 2 l/h ciascuno. Gli interventi irrigui sono stati programmati su base evapotraspirometrica, considerando 3 limiti d’intervento irriguo, cioè si irrigava quando l’ETc cumulata a partire dall’ultima adacquata, al netto della pioggia utile, era pari a 20 - 40 e 60 mm. I limiti d’intervento irriguo sono stati combinati fattorialmente con 4 regimi irrigui ottenuti considerando 3 livelli di restituzione dell’ETC (evapotraspirazione massima della coltura) per tutto il ciclo colturale, pari a 0%, 50% e 100% (tesi “0”, 50-50” e “100-100”) e una tesi sottoposta a regime “variabile” irrigata restituendo tutta l’ETc fino all’invaiatura e successivamente riducendola del 50 % (tesi “100-50”). Le raccolte sono avvenute il 28/08/2002 ed il 25/09/2003. È stata calcolata l’efficienza d’uso dell’acqua (YWUE = ss bacche commerciabili/ET, kg m-3). Le bacche di pomodoro sono state sottoposte ad analisi morfologica, chimico-fisica e strumentale. Tutti i dati rilevati sono stati elaborati mediante l’analisi della varianza (ANOVA), ed è stata calcolata la regressione lineare semplice (Y = aX + b) dei caratteri delle bacche vs il volume stagionale d’irrigazione. Risultati L’adozione del limite d’intervento irriguo più ridotto (20 mm), corrispondente ad un turno medio di 4 giorni (tab. 1), ha determinato una diminuzione della produzione areica pari a 4,5 t ha-1 rispetto al limite intermedio (40 mm) e massimo (60 mm). Tale calo è spiegabile col fatto

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Fig. 1 - Regressione lineare del peso medio dei frutti e del residuo ottico vs ilvolume stagionale di irrigazione nel pomodoro da industria.

che gli interventi irrigui più numerosi e più ravvicinati, se da un lato hanno fatto aumentare il peso unitario delle bacche, dall’altro, hanno favorito lo sviluppo delle fitopatie riducendo notevolmente il numero dei frutti commerciabili a causa dell’elevata incidenza di quelli di scarto (dati non riportati); a livello di coltura si è osservata una riduzione dell’efficienza d’uso dell’acqua. Inoltre, il prolungamento del turno irriguo a 8,5 e 12 giorni ha comportato un significativo miglioramento della qualità delle bacche, che sono risultate più ricche di residuo secco e ottico, di acidità e di vitamina C, mentre, non ha subito variazioni la concentrazione degli altri antiossidanti (licopene e β-carotene). Tab. 1 - Influenza del limite d’intervento e del regime irriguo su alcuni caratteri produttivi e qualitativi del

pomodoro da industria. LIMITI D’INTERVENTO

IRRIGUO (mm ETc) REGIMI IRRIGUI (% restituzione ETc)

20 40 60 0 50-50 100-100 100-50Turno irriguo medio (gg)(2) Volume stagion. medio d’irrigaz. (m3 ha-1)(2)

CARATTERI(1)

4,2 8,5 12,3 300 2295 4439 3849Produzione commerciabile (t ha-1) 42,1 B 46,6 A 46,6 A 13,4 D 37,4 C 67,9 A 62,0 B “ “ s.s. (t ha-1) 2,2 B 2,5 A 2,6 A 1,1 D 2,2 B 3,2 A 3,3 AFrutti: peso medio (g) 65,6 A 61,6 AB 57,1 B 41,3 c 63,9 b 73,1 a 67,5 b “ sostanza secca (%) 5,9 B 6,2 A 6,2 A 7,9 A 6,0 B 5,1 D 5,5 C “ solidi solubili (°Brix) 5,2 B 5,5 A 5,5 A 7,0 A 5,4 b 4,3 D 4,8 C “ acidità totale (%) 0,34 B 0,39 A 0,39 A 0,52 a 0,33 bc 0,30 c 0,36 b “ vitamina C (mg 100 g-1) 24,1 A 23,1 A 23,5 A 23,2 A 24,5 A 21,8 B 24,7 A “ licopene (mg 100 g-1) 12,2 B 13,3 A 13,3 A 17,5 a 12,3 b 10,2 d 11,7 c “ ß-carotene (mg 100 g-1) 0,67 A 0,69 A 0,70 A 0,66 B 0,69 AB 0,65 B 0,73 AYWUE (kg m-3) 0,69 B 0,76 A 0,78 A 0,98 A 0,68 B 0,60 C 0,71 B (1) I valori di ciascun carattere non aventi in comune alcuna lettera sono staticamente differenti allo 0,05 P (lettere minuscole) ed

allo 0,01 P (lettere maiuscole). (2) Valori medi dei due anni.

Considerando gli effetti dei regimi irrigui, la restituzione della metà e di tutta l’ETc per l’intero ciclo colturale ha incrementato, rispettivamente, del 179 e del 407 % la produzione commerciabile rispetto al testimone irrigato solo al trapianto; gli incrementi produttivi del peso secco delle bacche sono risultati più contenuti (100 % e 191 %). Tutto ciò è stato accompagnato da un aumento del peso medio delle bacche, mentre, per la gran parte dei caratteri qualitativi è stato osservato un generale peggioramento all’aumentare degli apporti irrigui; simile andamento si osserva anche per la YWUE. Rispetto al regime più elevato, la riduzione del 50 % dell’apporto irriguo a partire dall’invaiatura, ha ridotto di appena il 9 % la

produzione areica delle bacche e non ha influito sul peso secco delle stesse; inoltre, si registra un miglioramento di tutti i caratteri qualitativi e della YWUE i cui valori hanno, in qualche caso, eguagliato quelli della tesi 50-50. Dall’analisi dei risultati della regressione lineare semplice è emerso che, per entrambi gli anni di prova (fig. 1), il peso medio delle bacche è associato positivamente all’apporto irriguo

stagionale al contrario dei solidi solubili che sono legati alla variabile dipendente in modo inversamente proporzionale. Ciò spiega l’aumento del peso medio dei frutti con la maggiore disponibilità idrica e la capacità di esaltarne i caratteri organolettici e il contenuto di antiossidanti con i regimi più carenzati. Bibliografia Mitchell J.P., Shennan C., Grattan S.R., May D.M., 1991. Tomato fruit yeld and quality under water deficit and salinity. J. Am. Soc. Hort. Sci., 116 (2), 215-221.

Volume stagionale d'irrigazione (m3 ha-1)

0 1000 2000 3000 4000 5000

Peso

med

io (g

)

20

40

60

80

100

1202002r2=0,5 ** a = 6 x 10-3+1,1 x 10-3

2003r2=0,8** a =8 x 10-3+7 x 10-4

Volume stagionale di irrigazione (m3 ha-1)

0 1000 2000 3000 4000 500

° Brix

3

4

5

6

7

8

9

2002r2= 0,8 ** a = -7 x 10-4+1 x 10-4

2003r2= 0,9** a = -6 x 10-4 + 1 x 10-5

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UN MODELLO PER LA STIMA DEL FABBISOGNO IDRICO DEL POMODORO COLTIVATO IN SERRA

Carmassi Giulia, Maggini Rita, Incrocci Luca, Malorgio Fernando, Tognoni Franco, Pardossi Alberto

Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa; e-mail: [email protected]

Introduzione La serricoltura, come del resto l’agricoltura in generale, deve far fronte ad una ridotta disponibilità idrica e ad un peggioramento della qualità dell’acqua, per l’aumento, ad esempio, della salinità delle acque di falda, fenomeno sempre più diffuso nel bacino mediterraneo. I sistemi di coltivazione idroponici a ciclo chiuso (in altre parole sistemi in cui le piante sono coltivate fuori terra e in cui si ha il recupero del drenato) sono da considerarsi sistemi produttivi ecocompatibili, in grado di incrementare l’efficienza dell’uso dell’acqua e dei nutrienti e di ridurre l’impatto ambientale dovuto al runoff. Nei sistemi a ciclo chiuso la salinità dell’acqua di irrigazione rappresenta un ostacolo alla gestione della soluzione ricircolante. Infatti, quando l’acqua di irrigazione contiene ioni, come sodio o cloro, a concentrazioni più alte della concentrazione di assorbimento (rapporto tra nutrienti e acqua assorbiti) si verifica un accumulo di sali nella zona radicale. In queste condizioni la soluzione nutritiva è ricircolata fino a quando la salinità, indicata dalla misura della conducibilità elettrica (EC), e/o dalla concentrazione di ioni, raggiunge un valore massimo, quando viene sostituita, almeno parzialmente, con conseguente spreco di acqua e nutrienti. Questi sistemi, con scarico periodico della soluzione nutritiva ricircolante, sono definiti sistemi semi-chiusi. Il lavoro ha riguardato lo sviluppo di un modello per la simulazione del fabbisogno idrico di una coltura di pomodoro coltivato in idroponica, che è rappresentato dalla quantità di acqua necessaria alle esigenze traspiratorie della coltura e dalla quantità di runoff conseguenza dello scarico periodico della soluzione ricircolante. Materiali e metodi Nel modello per la stima del fabbisogno idrico sono stati considerati due modelli diversi, uno per la stima della traspirazione della coltura (E) ed uno per la stima del fabbisogno di lisciviazione (LR), il quale determina il runoff di acqua e nutrienti. Il primo modello è empirico e considera la radiazione e lo sviluppo dell’area fogliare. Il secondo, meccanicistico, si basa sull’equazione del bilancio minerale di una coltura idroponica a ciclo chiuso e considera diversi fattori, come la qualità dell’acqua di irrigazione, il volume di soluzione ricircolante, l’assorbimento di acqua e le caratteristiche fisiologiche della coltura rappresentate dalla concentrazione di assorbimento. I due modelli sono stati calibrati e validati con serie di dati indipendenti, derivati da esperimenti condotti in tre anni successivi (2000-2001-2002) su pomodoro coltivato usando acqua di irrigazione con diversa concentrazione di NaCl. Risultati Il sistema proposto è in grado di simulare la traspirazione e la variazione del contenuto di nutrienti e di conducibilità elettrica della soluzione nutritiva ricircolante di un sistema idroponico, a partire dai valori iniziali dell’acqua irrigua, dalle caratteristiche della coltura e dalle condizioni microclimatiche. Il modello permette una buona simulazione del fabbisogno idrico della coltura (figura 1; tabella 1) e potrebbe essere implementato in un sistema di supporto decisionale ed usato per la gestione di sistemi idroponici semi-chiusi.

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Primavera 10 meq L-1

20 30 40 50 60 70 80 90012345678

giorni

E (m

m)

Primavera 20 meq L-1

20 30 40 50 60 70 80 90012345678

giorni

E (m

m)

Autunno 10 meq L-1

10 20 30 40 50 60 70 80 90 1000

1

2

3

4

5

giorni

E (m

m)

Autunno 20 meq L-1

10 20 30 40 50 60 70 80 90 1000

1

2

3

4

giorni

E (m

m)

Figura 1. Confronto tra i valori di traspirazione giornaliera (E) misurati (simboli) e stimati (linee) in una coltura di pomodoro coltivata in due stagioni (primavera ed autunno dell’anno 2002) e con due livelli di salinità dell’acqua di irrigazione (10 e 20 meq L-1 NaCl). Esperimento E (mm) LR R (mm) W (mm) M S M S M S M S

1 283 273 0.25 0.19 71 52 354 325 2 269 273 0.32 0.25 86 68 355 341 3 274 272 0.18 0.25 49 68 323 340 4 264 272 0.19 0.33 50 90 314 362 5 231 227 0.27 0.26 62 59 293 286 6 267 250 0.21 0.26 56 65 323 315 7 257 250 0.27 0.28 69 70 326 320 8 136 109 0.26 0.26 35 28 171 137 9 127 109 0.33 0.33 42 36 169 145

Tabella 1. Confronto tra i valori misurati (M) e stimati (S) di traspirazione (E), frazione di lisciviazione (LR), runoff (R), e fabbisogno idrico totale (W=E+R). I valori si riferiscono a diversi esperimenti condotti su pomodoro in anni diversi (dal 2000 al 2002), in primavera e in autunno, e con due livelli di salinità dell’acqua di irrigazione (10 e 20 meq L-1 NaCl).

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STIMA DEI FABBISOGNI IDRICI DELLA VITE NEL TAVOLIERE PUGLIESE

Carpino Claudia, Uricchio Vito Felice

CNR - IRSA Via F. De Blasio 5 - 70100 Bari. E-mail: [email protected]

Introduzione Le nuove politiche di gestione delle risorse idriche, ispirate dal principio di sviluppo sostenibile, puntano verso la salvaguardia della risorsa nella accezione più ampia del termine comprendendo aspetti qualitativi e quantitativi ed i concetti della sostenibilità ecologica, economica e sociale. In tal senso la stima dei fabbisogni dei vari comparti ed in particolare delle produzioni agricole, che rappresentano la componente con più elevati valori di consumo, assume particolare rilievo nella pianificazione degli utilizzi, specie in aree caratterizzate da scarsità della risorsa. Per una corretta pianificazione della risorsa acqua è necessario conoscere la relativa domanda ed eventualmente incidere su di essa limitandola all’effettiva convenienza nell’uso in relazione alla qualità ed alla quantità delle produzioni. Il presente lavoro, nell’ottica di un utilizzo equilibrato dell’acqua, ha voluto approfondire gli aspetti inerenti i reali fabbisogni idrici della vite. Caratteristiche del comprensorio Il Tavoliere costituisce un’estesa pianura, dal fiume Ofanto al lago di Lesina, ed è caratterizzato da una serie di ripiani degradanti. L’area, eterogenea dal punto di vista morfologico e pedologico, può essere distinta in due sottosistemi di paesaggio: alto e basso tavoliere. Il primo, con orientamento sud-ovest nord-est, comprende aree caratterizzate da piccole dorsali dove prevalgono pascoli e superficie boscata, ma vi sono concentrati anche il maggior numero di oliveti ed un discreto quantitativo di vigneti e coltivazioni di pomodoro. Il basso Tavoliere, con aree a morfologia pianeggiante e subpianeggiante, viceversa, è caratterizzato da seminativi ed orticole, nonché da colture di barbabietola, olivi e vigneti. Il tavoliere ha un clima di tipo continentale, caratterizzato da una forte escursione termica. La piovosità è la più bassa della regione, 500 mm di pioggia annui, con precipitazioni concentrate nel periodo da febbraio a maggio, quasi del tutto assenti nel periodo estivo. L’analisi dei dati di pioggia e di temperatura degli ultimi 40 anni hanno rivelato rispettivamente una diminuzione delle piogge ed un aumento della temperatura di circa 0.50C. Le condizioni climatiche appena descritte hanno una forte ricaduta sulla qualità e disponibilità delle riserve idriche; senza considerare le crescenti richieste di acqua a scopi irrigui. Un bilancio idrogeologico del Tavoliere riporta che circa il 55% dell’acqua di pioggia evapora, il 28% si perde per deflusso superficiale e solamente il 17% va ad alimentare la falda (De Girolamo et al., 2002). Tenuto conto dei volumi di acqua che si disperdono in mare e di quelli che vengono prelevati dal sottosuolo, si ricava un Deficit totale annuo di 67 milioni di m3

(Vurro et al., 2002); deficit che tende ad aumentare in corrispondenza di annate siccitose, anche per via degli emungimenti sempre più frequenti, legati alla necessità di soddisfare i fabbisogni d’acqua di quelle colture idroesigenti che vanno diffondendosi nel comprensorio in questione. In tale contesto, allo scopo di far fronte alle crescenti esigenze irrigue, occorre definire misure destinate a ridurre gli sprechi, favorendo la razionalizzazione degli utilizzi di acque in funzione delle reali esigenze irrigue. Materiali e metodi Nel presente lavoro sono stati analizzati i volumi totali di acqua erogati dal Consorzio di Bonifica per la Capitanata, nell’arco temporale 1990 – 2000, per la coltivazione della vite, operando delle integrazioni di dati derivanti da situazioni con caratteristiche analoghe, laddove non erano disponibili le letture dei volumi erogati. I relativi fabbisogni idrici sono stati stimati attraverso bilancio giornaliero; in particolare sono stati compilati i bilanci

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sottraendo alla ET0 x Kc le piogge utili per ciascuna fase fenologica. L’ ET0 è stata calcolata mediante la formula Penman – Monteith, utilizzando i dati meteorologici delle stazioni della Capitanata, ubicate nell’area in esame. E’ stata elaborata una curva di deficit idrico per i dieci anni considerati. Il fabbisogno irriguo è stato confrontato con i volumi erogati nei vari anni. Sono stati utilizzati i coefficienti colturali riportati nel Quaderno n. 33 della FAO (Doorenbos e Kassam, 1979). Risultati Dall’analisi dei dati emerge chiaramente come i volumi erogati siano stati sensibilmente condizionati dalle effettive disponibilità della risorsa idrica; di fatti si è passati da un volume stagionale di 7400 m3/ha, somministrato in condizioni di normalità della risorsa, a 4100 m3/ha negli anni siccitosi. La drastica riduzione dei volumi erogati, secondo il rapporto INEA aggiornato al 2002, non ha però danneggiato l’economia della coltura, dal momento che non sono state riscontrate diminuzioni nelle rese tra le due tipologie di gestione irrigua. In figura 1 è stato ricostruito l’andamento dei volumi irrigui somministrati in condizioni di normalità e di siccità. Si noti che negli anni di carente disponibilità di acqua, il picco dei massimi consumi si raggiunge nel mese di giugno, dopodichè si assiste ad un rapido esaurimento della riserva proprio nel periodo di maggiore sensibilità per l'uva, in corrispondenza della crescente domanda di acqua nella fase di ingrossamento e maturazione degli acini. Si consideri infatti che per l'uva da tavola la produzione di grappoli con acini di limitate dimensioni determina la scarsa commerciabilità del prodotto. Le curve dei volumi somministrati e calcolati quasi si sovrappongono (fig. 2), fatta eccezione per il mese di luglio, dove troviamo un esubero di 50 mm rispetto ai fabbisogni stimati.

Fig.2 - media deficit idrico 1990-2000

050

100150200

aprile

giugn

o

agos

to

ottob

re

mm

V.somministratiV. calco lati

Conclusioni In un panorama come quello attuale, dove è massima la necessità di tutelare la risorsa idrica anche sul piano quantitativo, appare quanto mai necessario acquisire le informazioni utili per ottimizzare l’utilizzo dell’ acqua nel settore agricolo; a tale scopo risulta proficuo indagare circa le reali esigenze delle colture nelle loro diverse fasi fenologiche, così da evitare eventuali sprechi, salvaguardando gli aspetti produttivi ed economici.

Bibliografia De Girolamo A. M., Limoni P. P., Portoghese I., Vurro M. (2002) - Il bilancio idrogeologico delle idrostrutture pugliesi: sovrasfruttamento e criteri di gestione. L’acqua, 3, 33 – 45. Doorenbos J., Kassam A. H. (1979) – Yield response to water, FAO Irrigation and Drainage Paper N. 33, Rome. Vurro M., Portoghese I., De Girolamo A. M. (2002) – Il bilancio idrogeologico come strumento per una gestione sostenibile delle idrostrutture pugliesi. Atti del convegno: Uso e tutela dei corpi idrici sotterranei pugliesi – Bari, 21 giugno 2002.

Fig.1-volumi irrigui somministrati

0500

100015002000

aprile

giugno

agosto

ottobre

mc/

ha

carenza

normalità

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LE PICCOLE ZONE UMIDE NEL BOLOGNESE

Checchi Antonio

Dipartimento di Economia ed Ingegneria Agrarie Sezione di Ingegneria del territorio, costruzioni e fisica, Università di Bologna.

E-mail: [email protected] Il lavoro propone un modello di catalogazione dettagliata delle piccole zone umide presenti nella provincia di Bologna. Tale modello si basa sull’analisi del territorio, sulla valutazione quantitativa dell’avifauna acquatica e sullo stato ecologico - ambientale dell’area. Per l’analisi del territorio si è redatto un inventario dove sono riportate l’ubicazione della zona umida, l’estensione, l’altezza e la provenienza dell’acqua ed i dati concernenti l’avifauna. Per la valutazione dell’avifauna si sono consultate le schede dei prelievi effettuati per l’attività venatoria nel periodo 1999 – 2004 determinandone le specie, la quantità e la distribuzione sulle superfici indagate. Lo studio ecologico - ambientale di tali zone ha mostrato numerosissime ed importanti specie vegetali ed animali anche d’interesse internazionale.

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PRODUZIONI AGRICOLE ED INQUINAMENTO DELL’ACQUA: UN MODELLO INPUT – OUTPUT CON SETTORI VERTICALMENTE INTEGRATI

Endrighi Emiro, Ferretti Fabrizio

Dip. Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria, Univ. Modena e Reggio Emilia; e-mail: [email protected] 1. Introduzione L’analisi dell’attività economica intesa come un processo circolare che, collegando produzione e consumo, descrive un sistema chiuso è un tratto comune a molti modelli teorici ed applicati di stampo neoclassico che si basano sullo schema walrasiano dell’equilibrio economico generale (Zamagni, 1992) L’estensione di questi modelli all’analisi delle interazioni economia – ambiente, offre il fianco a numerose critiche, concettuali ed operative (Goodwin, 1995). Allo scopo di superare i limiti ambientali dei tradizionali modelli neoclassici, la ricerca si è diretta verso nuovi sentieri, tra i quali l’impiego di un approccio input – output, basato sull’apertura alle relazioni tra il sistema economico e l’ecosistema della tavola di Leontief (1941) delle transazioni intersettoriali. È lo stesso Leontief (1970) ad inaugurare quest’area di ricerca che, nel corso degli ultimi anni, si è sviluppata, a livello teorico ed applicato, utilizzando due categorie tipiche della moderna ripresa dell’impostazione classica: la produzione congiunta (Faber, 2001) ed i settori verticalmente integrati (Sanchez, 2003). Scopo di questo contributo è illustrare l’uso della nozione di settore verticalmente integrato, introdotta da Pasinetti nell’ambito di un modello multi-settoriale di crescita (1984), come metodologia per l’analisi dei flussi fisici delle emissioni inquinanti tra il sistema economico e l’ecosistema, con particolare attenzione al caso dell’inquinamento dell’acqua prodotto dal settore agricolo.

2. Interazioni economia – ambiente nell’approccio input – output L’approccio input – output ha lo scopo di ricostruire l’insieme delle relazioni intersettoriali, di un dato sistema economico in un dato istante nel tempo, attraverso una matrice delle immissioni e delle erogazioni di ciascun settore produttivo. Questa matrice può essere agevolmente estesa all’analisi dei flussi fisici che legano il sistema economico con il sistema ambientale: cioè, il prelievo di risorse e l’emissione di residui (McGilvray, 1998). Di seguito, seguendo Sanchez (2003), indichiamo con: qij le erogazioni del settore i al settore j, qi l’output del settore i, q = (qi) il vettore dell’output dei settori produttivi che compongono l’economia, A = (aij) la matrice dei coefficienti tecnici della produzione, che riassume le tecniche in uso nell’economia, (I – A) -1 = (αij) la matrice inversa di Leontief, ed y = (yi) il vettore delle domande finali. Pre-moltiplicando la matrice inversa di Leontief per il vettore dei coefficienti tecnici del lavoro, si ottiene ciò che Pasinetti (1977) definisce i coefficienti tecnici del lavoro verticalmente integrati, cioè dei coefficienti che misurano la quantità di lavoro (diretto ed indiretto) necessaria ad ottenere un’unità di merce per gli usi finali. Se si scompone la matrice in modo da individuare all’interno del settore agricolo dei sotto-settori, relativi alle singole coltivazioni erbacee o produzioni zootecniche, quest’operazione permette di calcolare la quantità di lavoro (diretta ed indiretta) incorporata, ad esempio, in un’unità di patate o di latte, disponibile per il consumo finale. Allo stesso modo, se dopo aver indicato con ckj la k-esima emissione inquinante direttamente incorporata nella produzione di un’unità della merce j e quindi con ck = (ckj) il vettore dei coefficienti tecnici relativi all’inquinamento prodotto dalla k-esima emissione, pre-moltiplicando la matrice inversa di Leontief (I – A) –1 per ck, si ottiene: wk = ck(I – A) –1, cioè il vettore dei coefficienti tecnici dell’inquinamento verticalmente integrati, i quali __________ Endrighi, paragrafi 1, 2 e 3, Ferretti paragrafo 2.1.

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indicano la quantità della k-esima emissione inquinante legata (in modo diretto ed indiretto) alla disponibilità di un unità di merce per gli usi finali. Infine, moltiplicando wk per y si ottiene l’ammontare totale della k-esima emissione inquinante e, di conseguenza, per ogni j compreso tra 1 ed n, la sommatoria vki = Σ ckjαjiyi indica la quantità della k-esima emissione inquinante che si genera nel sistema economico se, date le tecniche in uso, si desidera ottenere un ammontare yi di domanda finale. 2.1. Scomposizione dei flussi fisici ed inquinamento dell’acqua La quantità totale, diretta ed indiretta, dell’inquinamento che si genera nel sistema economico a seguito della produzione di una qualsiasi merce, può essere scomposta in modo da mettere in evidenza il contributo fornito da ogni singola attività produttiva che, in qualsiasi punto del sistema, viene attivata dalla domanda finale della merce in esame. Si consideri, ad esempio, il caso dell’inquinamento dell’acqua causato dall’agricoltura ed, in particolare, l’inquinamento delle risorse idriche che spesso si osserva in presenza di grandi concentrazioni di allevamenti zootecnici (si pensi al caso dei suini nella pianura padana). Se si dispone di una matrice input – output regionale, è possibile misurare, l’inquinamento prodotto da tutti gli altri settori del sistema economico a causa della produzione da parte di questi settori degli input (mangimi, energia…) utilizzati dal settore zootecnico per la produzione di un’unità merce; oppure l’inquinamento prodotto dal settore zootecnico per produrre gli input impiegati dal settore stesso ed, infine, l’inquinamento prodotto direttamente dal settore zootecnico (i reflui degli allevamenti) per produrre un’unità di merce destinata alla domanda finale. 3. Conclusioni Con il solo limite della disponibilità dei dati relativi allo stato della tecnica ed alla domanda finale, con un’opportuna scomposizione dell’economia in settori sempre più disaggregati, la nozione di settori verticalmente integrati permette di misurare e di suddividere in base alla fonte inquinante l’ammontare di ogni singola emissione nociva generata – in modo diretto ed indiretto – dalla quantità di output necessaria a mettere a disposizione della società ogni unità di una qualsiasi merce per gli usi finali. Inserita in un modello input – output, esteso alle interazioni economia – ambiente, questa metodologia mette a disposizione delle politiche ambientali l’insieme delle relazioni che legano, dal punto di vista fisico, il sistema economico con l’ecosistema ed, all’interno del sistema economico permette, da un lato, di evidenziare i punti del sistema dove si genera ogni singola emissione inquinante e, dall’altro, di monitorare il livello di queste emissioni, superando i limiti del tradizionale approccio basato sull’analisi di equilibrio parziale allo studio dei problemi ambientali Bibliografia Faber M (2001) The concept of joint production and the ecological economics, Ecological Economics, 36, p. 365-72. Goodwin R. (1995) A survey of ecological economics, Island Press, Washington. Leontief W. (1941) The structure of American economy, Harvard Univ. Press, Cambridge. Leontief W. (1970) Environmental repercussions, and the economic structure: input – output approach, Review of economics and statistics, 3, p. 262-9. McGilvray D. (1998) Environmental and resource economics, Logman, London. Pasinetti L. (1977) Contributi alla teoria della produzione congiunta, Il Mulino, Bologna. Pasinetti L. (1984) Dinamica strutturale e sviluppo economico, UTET, Torino. Sanches C. (2003) Analysing pollution by way of vertically integrated coefficient, Cambridge Journal of Economics, 27, p. 433-48. Zamagni S. (1992) Economia Politica, NIS, Roma.

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ISOLAMENTO ED ESPRESSIONE GENETICA DI ACQUAPORINE IN FAGIOLO DURANTE STRESS DA FREDDO

Ferrante Antonio1, Aroca Ricardo2, Vernieri Paolo3, Pardossi Alberto3

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano; e-mail: [email protected]

2 Departamento de Microbiología del Suelo y Sistemas Simbióticos, Estación Experimental del Zaidín (CSIC), Granada, Spain

3 Dipartimento Biologia delle Piante Agrarie, Università di Pisa

Introduzione Le aquaporine sono proteine di membrana che appartengono alle Major Intrinsic Protein (MIP), tra le principali ricordiamo le Plasma membrane Intrinsic Protein (PIP) e le Tonoplast Intrinsic Protein (TIP). Le aquaporine sono proteine caratterizzate dalla presenza di una sequenza di tre amminoacidi NPA (Asn-Pro-Ala) che formano il canale attraverso cui passano le molecole di acqua (Park e Saier, 1996). È da sottolineare che questi canali sono trasportatori passivi, dove l’acqua si muove seguendo il gradiente di potenziale idrico interno alla pianta. Le proteine che costituiscono le acquaporine hanno un peso molecolare fra i 26 e 34 kDa. Dopo la scoperta di una TIP in Arabidopsis che aveva la funzione di acquaporina sono stati isolati diversi altri geni che codificano per i canali dell’acqua nei vegetali. Lo studio della loro funzionalità ha permesso di capire meglio l’interazione acqua pianta e le scoperte effettuate hanno permesso di rivedere le relazioni idriche nelle piante (Kjellbom et al. 1999; Maurel e Chrispeels 2001). Tuttavia, poche sono le informazioni disponibili sul ruolo di queste proteine durante lo stress da freddo, probabilmente l’attivazione del promotore di questa acquaporina potrebbe essere regolata dall’acido abscissico (Kaldenhoff et al.,1996). Materiale e metodi Le piantine di fagiolo (Phaseolus vulgaris L.) sono state allevate in idroponica, dopo due settimane sono state sottoposte a stress termico (4°C). Per studiare il ruolo dei canali per l’acqua durante l’adattamento al freddo sono stati isolati, mediante primer degenerati, diversi frammenti di cDNA che codificano per le acquaporine. Il contenuto di ABA è stato misurato su circa 40-50 mg di foglia (mediante immunoassay) quando le piante erano sottoposte a stress da freddo (Vernieri et al., 1991). La conduttanza stomatica è stata determinata con un misuratore di scambi gassosi (CMS 400, Heinz Walz, Effeltrich, Germania). Risultati Il fagiolo sottoposto a trattamento di stress termico causato da basse temperature (4°C) ha subito una perdita di acqua e ha mostrato sintomi di appassimento durante le prime 24 ore, per poi recuperare dopo 48 ore. Questo recupero è associato ad una riduzione della conduttanza stomatica e ad un contemporaneo aumento di ABA a livello fogliare. Durante le prime ore di stress termico la biosintesi dell’ABA è risultata essere rallentata (prime 20-30 ore), dopodichè si è assistito a un adattamento fisiologico alle condizioni ambientali avverse e le piante hanno risposto con aumento dell’ABA endogeno. Mediante RT-PCR usando primer degenerati sono stati isolati cDNA che codificano per le acquaporine. Il confronto con le sequenze di acquaporine già isolate e disponibili nelle banche dati (GenBank) ha evidenziato una elevata omologia con le Pip1 e Pip2 di arabidopsis. Questi frammenti di cDNA sono stati utilizzati come sonda per effettuare un’analisi preliminare di espressione genica. I risultati ottenuti evidenziano che i trascritti della Pip1 e Pip2 sono aumenti dopo 24 ore nelle radici di fagiolo sottoposto a stress da freddo. L’aumento dell’espressione genica coincide con l’incremento dell’ABA endogeno. Pertanto, l’ABA potrebbe aver attibvato l’espressione dell’acquaporine a livello radicale e recuperare lo stato idrico della pianta.

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In conclusione, i risultati mostrano che la ripresa dello stato idrico è dipendente dal miglior flusso dell'acqua all’interno della pianta, che è correlato con l’aumento dell’espressione genica delle acquaporine, ma anche dal controllo stomatico, che si "riattiva" in seguito (o contemporaneamente) alla sintesi di ABA (dopo 30-40 ore di freddo). Bibliografia Kaldenhoff R., Kolling A., Richter G., (1996) Regulation of the Arabidopsis thaliana aquaporin gene AtH2 (PIP1b), J. Photochem. Photobiol. B: Biol. 36, 351-354. Kjellbom P., Larsson C., Johansson I., Karlsson M. & Johanson U. (1999) Aquaporins and water homeostasis in pianta. Trends in Plant Science 4,308-314. Maurel, C. e Chrispeels, M.J. (2001). Aquaporins: A molecular entry into plant water relations. Plant Physiol. 125, 135–138. Park J.H., Saier Jr M.H.., (1996) Phylogenetic characterization of the MIP family of transmembrane channel proteins, J. Membr. Biol. 53 (3) Pardossi A., Vernieri P., Tognoni F. (1992). Involvement of abscisic acid in regulating water status in Phaseolus vulgaris L. during chilling. Plant Physiology, 100: 1243-1250. Vernieri P., Pardossi A., Tognoni F. 1991. Influence of chilling and drought on water relations and abscisic acid accumulation in bean. Australian Journal of Plant Physiology, 18: 25-35. Tabella 1. Contenuto di ABA e conduttanza stomatica di fagiolo sottoposto a stress termico per 48 ore. I valori sono medie, i dati sono stati sottoposti all’analisi della varianza. Lettere significa che le medie sono statisticamente diverse per P≤0,05.

Trattamento termico (h)

ABA fogliare (ng g-1 DW)

Conduttanza stomatica (mmol m-1 sec-1)

0 1.8 a 0.28 a 24 2.1 a 0.16 b 36 8.2 b 0.09 c 48 9.5 c 0.04 d

0 10 24

Pip1-3 511

Pip2-1 516

0 10 24

Pip1-3 511

Pip2-1 516

Figura 1. Espressione genica di una Pip2-1 e Pip1-3 nella radice di fagiolo sottoposta a stress termico (4°C) per 10 e 24 ore. In basso è riportato l’rRNA per conformare l’uniformità di caricamento. Per ogni campioni sono stati caricati 10 μg di RNA totale.

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GESTIONE DELL’ACQUA NEI SISTEMI DI COLTIVAZIONE IN SERRA

Ferrante Antonio, Maggiore Tommaso

Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano e-mail: [email protected]

Introduzione I sistemi idroponici che prevedono il recupero e il riutilizzo della soluzione nutritiva (ciclo chiuso) permettono un limitato uso dell’acqua e degli elementi nutritivi (Pardossi et al., 1994). La diffusione dell’idroponica, come sistema di coltivazione, ha determinato una forte innovazione di processo che ha condotto ad una elevata automazione gestionale, dove l’acqua e gli elementi nutritivi sono distribuiti in funzione delle reali esigenze colturali. Questo è possibile mediante l’integrazione delle conoscenze eco-fisiologiche con i parametri ambientali interni alla serra (correlazione dell’evapotraspirazione, con la radiazione globale e il tasso di accrescimento della coltura). L’impiego dei modelli matematici e dell’informatica permette di aumentare l’efficienza dell’uso dell’acqua (Water Use Efficiency, WUE) durante l’intero ciclo colturale. In particolare, i sistemi di coltivazione fuori suolo a ciclo chiuso, sia su substrato e sia su coltura liquida (floating e/o NFT), consentono di ridurre fortemente il consumo di acqua, mediante il recupero e la riutilizzazione della soluzione nutritiva fino a quando non diventa esausta e perde le caratteristiche chimico-fisiche per poter essere nuovamente somministrata alle colture. Materiali e metodi Le piante di pomodoro (Lycopersicon esculentum Mill.) e gerbera (Gerbera jamesonii H. Bolus) sono state allevate in vaso su lana di roccia (pomodoro) e pomice con torba (gerbera) con o senza riciclo della soluzione nutritiva. La soluzione recuperata è stata sottoposta trattamenti di sterilizzazione mediante filtrazione a sabbia. Le soluzioni nutritive sono state definite sulla base bibliografica per il pomodoro (Baille, 1997). e su base sperimentale per la gerbera (Ferrante et al., 2000) Risultati e Conclusione Prove sperimentali di confronto tra i sistemi a ciclo chiuso e a ciclo aperto (dove la soluzione nutritiva non viene recuperate e le colture sono fertirrigate continuamente con una soluzione nutritiva ex-novo) hanno evidenziato, che nei primi il consumo di acqua può essere ridotto del 20-30%. In particolare, nel pomodoro coltivato su lana di roccia con recupero della soluzione nutritiva, il consumo idrico è ridotto del 25% (Baille et al., 1988), mentre prove analoghe effettuate su gerbera coltivata su torba e pomice hanno registrato una riduzione del 20% (Ferrante et al., 2000) del consumo di acqua (Fig. 1). Oltre al risparmio idrico, nei sistemi a ciclo chiuso è da menzionare anche la riduzione del consumo degli elementi nutritivi che in alcune colture può essere dimezzato (Tab. 1). Nel ciclo aperto la perdita di acqua e di elementi minerali è aggravata dalla necessità di garantire una percentuale di drenaggio variabile da 20-50% al fine di evitare un eccessivo accumulo di sali. In conclusione, possiamo affermare che l’impiego dei sistemi a ciclo chiuso e una corretta gestione della coltivazione in serra consentono di aumentare l’WUE e di ridurre l’impatto ambientale, evitando che l’acqua e gli elementi nutritivi non utilizzanti dalle piante vengano scaricati nell’ambiente inquinando le acque superficiali e le falde idriche sotterranee.

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Bibliografia BAILLE A., 1994. Irrigation management strategy of greenhouse crops in Mediterranean countries. Acta Horticulturae 361: 105-122. FERRANTE A., MALORGIO F., PARDOSSI A., SERRA G., TOGNONI F., 2000. Growth, flower production and mineral nutrition in gerbera (Gerbera jamesonii H. Bolus) plants grown in substrate culture with and without nutrient solution recycling. - Adv. Hort. Sci., 14 (2000): 99-106 PARDOSSI A., CECCATELLI M., MALORGIO F., TOGNONI F., 1994. La gestione della soluzione nutritiva in colture senza suolo a ciclo chiuso. - L’Informatore Agrario, 44: 43-56. Tabella 1. Consumo degli elementi nutritivi in sistemi a ciclo aperto e chiuso in pomodoro e gerbera.

Azoto (N) Fosforo (P) Potassio (K) Calcio (Ca)

Magnesio (Mg)

Pomodoro

Kg ha-1 Ciclo aperto 848 246 1377 217 89 Ciclo chiuso 1897 457 2932 575 212 Risparmio (%) 55 46 33 62 58

Azoto (N) Fosforo (P) Potassio (K) Calcio (Ca)

Magnesio (Mg)

Gerbera

Kg ha-1 Ciclo aperto 404 49 605 245 - Ciclo chiuso 323 35 470 150 - Risparmio (%) 20 39 22 39

Acqua - Pomodoro

0200040006000

8000100001200014000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Acqua - Gerbera

0500

1000150020002500300035004000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

25% 20%

Acqua - Pomodoro

0200040006000

8000100001200014000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Acqua - Gerbera

0500

1000150020002500300035004000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

Acqua - Pomodoro

0200040006000

8000100001200014000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Acqua - Pomodoro

0200040006000

8000100001200014000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Acqua - Gerbera

0500

1000150020002500300035004000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

Con

sum

o id

rico

(m3

h-1)

Acqua - Gerbera

0500

1000150020002500300035004000

Ciclo aperto Ciclo chiuso

25% 20%

Figura 1. Consumo medio di acqua (m3 ha-1) in un sistema a ciclo aperto e a ciclo chiuso in pomodoro e gerbera.

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COEFFICIENTE DI RISPOSTA PRODUTTIVA (Ky) E PROGRAMMAZIONE IRRIGUA DELLA MELANZANA PER OTTIMIZZARE L’USO DELL’ACQUA

Ferrara Alessandro, Lovelli Stella, Caponio Tommaso, Perniola Michele

Dipartimento di Scienze dei Sistemi Colturali, Forestali e dell’Ambiente, Università della Basilicata; e-mail: [email protected]

Introduzione La conoscenza della risposta produttiva delle colture all’acqua, ha rappresentato da sempre un’informazione indispensabile per disciplinare nel migliore dei modi la pratica irrigua. Nel passato, quando non sussistevano limitazioni nell’utilizzo irriguo della risorsa idrica, tali studi erano indirizzati ad individuare il volume irriguo ottimale per raggiungere i massimi livelli produttivi. Attualmente, in uno scenario in cui si impone un uso parsimonioso, efficiente e sostenibile dell’acqua, le suddette informazioni risultano altrettanto utili per individuare i criteri di gestione dell’irrigazione che permettano di ridurre al massimo gli apporti irrigui, contenendo entro limiti convenienti gli inevitabili decrementi di produzione. Il coefficiente di risposta produttiva all’acqua (Ky) proposto nel 1979 dalla FAO (FAO, 1979) fornisce una indicazione quantitativa del livello di tolleranza di una determinata coltura allo stress idrico. Kirda (2002) ha inoltre evidenziato che questo coefficiente è direttamente correlato con l’efficienza d’uso dell’acqua calcolata rispetto alla produzione commerciabile (YWUE). Un Ky superiore ad uno, tipico delle specie sensibili allo stress idrico, indica che il possibile decremento di produzione, conseguente ad un decremento di evapotraspirazione imposto mediante un regime irriguo sub ottimale, risulta essere più che proporzionale al decremento di evapotraspirazione; le specie che presentano questo comportamento riducono inoltre la YWUE quando vengono sottoposte a criteri di intervento irriguo deficitari. Al contrario, le specie con Ky inferiore ad uno, non soltanto riescono a mantenere soddisfacenti livelli produttivi anche in condizioni idriche non ottimali, ma, in queste circostanze, manifestano anche un incremento di YWUE; per queste specie risulterebbe quindi praticabile e conveniente l’adozione di criteri irrigui deficitari per conseguire un risparmio idrico. In considerazione,quindi, dei numerosi risvolti applicativi che questo coefficiente può assumere nella gestione della risorsa idrica, è stata condotta una ricerca in pieno campo finalizzata alla sua determinazione su coltura di melanzana, specie di rilevante interesse economico negli ambienti dell’Italia meridionale e su cui le informazioni in merito sono del tutto carenti.

Materiali e metodi La ricerca è stata effettuata nell’estate 2005 in pieno campo nell’azienda “Pugliese” in agro di Matera (40,00°N, 16,00°E, 397 m s.l.m), su coltura di melanzana (Solanum melongena L., cv “Black Beauty”). Al fine di poter calcolare il coefficiente di risposta produttiva all’acqua (Ky=[1-ET/ETc]/[1-Y/Ym]), durante l’intero ciclo colturale sono stati imposti alla coltura 5 regimi irrigui attraverso i quali, si è restituito con l’irrigazione il 100%, il 75%, il 50% il 25% e lo 0% dei consumi idrici persi per evapotraspirazione (rispettivamente tesi V100, V75, V50, V25, V0). Mediante il computo del bilancio idrico del suolo è stata quindi calcolata l’evapotraspirazione totale a fine ciclo dei singoli trattamenti sperimentali (ET) per il calcolo del decremento relativo di evapotraspirazione (nella tesi V100 si era in condizioni di evapotraspirazione massima, ETc). Nei singoli trattamenti sperimentali, è stata misurata la produzione totale, commerciabile (Y) e la sostanza secca accumulata dalla coltura a fine ciclo (SS), al fine del calcolo dei decrementi relativi di produzione, dell’efficienza d’uso dell’acqua (WUE = SS totale epigea/ET, Kg m-3) e della WUE calcolata rispetto alla produzione commerciabile (YWUE = produzione commerciabile/ET, Kg m-3). Il Ky è stato, infine, calcolato come

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coefficiente angolare della retta passante per l’origine che regredisce il decremento relativo di produzione rispetto al decremento relativo di evapotraspirazione.

Risultati In figura 1 è riportato il coefficiente di risposta all’acqua calcolato sia rispetto alla produzione commerciabile (Ky) che alla sostanza secca totale epigea prodotta sino alla raccolta (Kss). Il

valore superiore ad uno assunto dal coefficiente di risposta produttiva (Ky=1,38) è indicativo di una certa sensibilità di questa specie orticola alle condizioni di carenza idrica del suolo. Come si può, infatti, osservare dalla figura 2, il decremento della produzione commerciabile conseguente allo stress idrico è risultato molto marcato e più che proporzionale rispetto al decremento di evapotraspirazione imposto con il regime irriguo adottato. Sempre dalla figura 2 è interessante notare che il decremento di sostanza secca totale epigea conseguente sempre allo stress idrico, è risultato di gran lunga più contenuto rispetto a quanto osservato per la produzione commerciabile; ciò giustifica il valore più basso del coefficiente di risposta all’acqua calcolato in funzione del decremento di sostanza secca (Kss=0,94, fig. 1). Ciò è

comprensibile se si considera che per questa specie, mentre la fase vegetativa si svolge durante un periodo (Maggio-Giugno) non ancora del tutto sfavorevole da un punto di vista idrico all’accrescimento, la fase riproduttiva cade invece proprio in concomitanza con il periodo (Luglio-Settembre) di massimo stress idrico ambientale (elevata domanda evapotraspirativa associata a basse disponibilità idriche del suolo). Ciò spiega la maggiore sensibilità allo stress idrico osservata sulla produzione commerciabile rispetto a quanto misurato sulla sostanza secca totale epigea, e spiega il significativo calo della

YWUE che si contrappone ad un tendenziale incremento della WUE (fig. 2). I risultati conseguiti in questa ricerca, oltre che

confermare le ipotesi di Kirda (l.c.) circa la stretta relazione tra Ky e YWUE, indicano, da un punto di vista applicativo, la convenienza, per un uso efficiente dell’acqua e per la sostenibilità economica di questa coltura, ad adottare regimi irrigui ottimali che prevedano la totale restituzione del consumo idrico durante l’intero

ciclo colturale.

Bibliografia FAO, 1979. Yield response to water. Doorenbos and Kassam ed., Irrigation and drainage paper # 33, FAO, Rome. Kirda, C., 2002. Deficit irrigation scheduling based on plant growth stages showing water stress tolerance. In: Deficit Irrigation Practice. FAO ed. Roma, 3-10.

Fig. 1 Coefficiente di risposta produttiva calcolato rispetto alla produzione

commerciabile (Ky) e alla sostanza secca t t l i (K ) l ti i i t lli di

Fig. 2 Effetto del regime idrico sull’ET, SS, produzione commerciabile, WUE e

Decremento relativo di evapotraspirazione (1-ET/ETc)

D

ecre

men

to re

lativ

o di

resa

(1-y

a-ym

)D

ecre

men

to re

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sost

anza

secc

a to

tale

(1-S

Sa/S

Sm)

1-Ya/Ym Ky=1,321-SSa/SSm Kss=0,83

00,51,0

0,5

1,0

ET (m3ha-1), SS totale (Kg ha-1)0 1000 2000 3000 4000 5000

ET

SS

produzione

WUE

YWUE

V100V75V50V25V0

2,0 4,0 6,0produzione commerciabile (t ha-1x10),WUE, YWUE (Kg m-3)

8,0 10,00

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INDAGINI SULL’IMPATTO DI CENTRALI IDROELETTRICHE SU CENOSI DI MACROINVERTEBRATI BENTONICI IN AMBIENTE ALPINO

(VAL CHISONE, TORINO)

Ferrazzi Paola1, Berger Federica1, Ferrero Roberta1, Piton Piero2

1 Di.Va.P.R.A. – Entomologia e Zoologia applicate all’ambiente “Carlo Vidano”, Università di Torino;

e-mail:[email protected] 2 Dottore agronomo libero professionista

Introduzione L’attuale interesse per le fonti energetiche naturali e rinnovabili ha dato impulso alla costruzione e al recupero delle centrali idroelettriche in ambiente alpino, sulla base del D.lgs. 79/1999. Il possibile impatto di questi impianti sulle cenosi dei corpi idrici, e quindi sulla qualità ambientale, è comunque in discussione. Le captazioni delle centrali potrebbero alterare le comunità acquatiche in seguito alla diminuzione di portata, che può dare origine a riduzioni dell’ambiente idrico e della superficie di fondo, della turbolenza e dell’ossigenazione dell’acqua. Per recare un puntuale contributo circa l’effettiva incidenza delle problematiche indotte dagli impianti summenzionati sono stati valutati i possibili effetti sulle comunità di macroinvertebrati presenti a monte e a valle di due centrali idroelettriche site in Val Chisone, nel comune di Roure, a 850 m s.l.m.: la centrale Idropadana sul torrente Chisone e la centrale Piton sul Rio della Roussa, rispettivamente di 1550 kW e 20 kW di potenza.

Materiali e Metodi Per valutare l’impatto delle due centrali idroelettriche sulle comunità di macroinvertebrati sono state effettuate due campagne di campionamento, rispettivamente a luglio e a dicembre 2004, in relazione a periodi di portata ordinaria e di magra, a monte dell’opera di presa e a valle della restituzione delle due centrali. Poiché a valle della centrale Idropadana l’acqua appena restituita dallo scarico viene immediatamente captata da un canale che alimenta un altro impianto idroelettrico (CIO), il punto di campionamento è stato forzatamente fissato a valle di quest’ultimo, valutando così l’effetto combinato delle due opere. Per un quadro più completo della situazione presente sul torrente Chisone si è anche presa in considerazione una stazione a valle del bacino di Villaretto, localizzata a 1500 m a monte della Centrale Idropadana. Nelle due stagioni si sono prelevati, in ciascun punto di rilievo, su transetti obliqui con prelievi semiquantitativi, seguendo la metodologia dell’IBE (Ghetti, 1997), campioni su substrati diversi (sabbia, ciottoli e massi), per un totale di 30 prelievi specifici. Gli organismi così catturati sono stati estratti dal substrato, classificati in laboratorio attraverso analisi microscopiche e conteggiati. La determinazione dei macroinvertebrati è stata effettuata fino all’unità sistematica (U.S.) richiesta per il calcolo dell’IBE (famiglia o genere), mentre per gli individui appartenenti agli ordini Ephemeroptera, Plecoptera e Trichoptera, più sensibili alle alterazioni ambientali, si è giunti fino alla determinazione della specie. L’identificazione e la valutazione dell’abbondanza degli organismi rinvenuti nei diversi campioni ha consentito il confronto delle comunità di macroinvertebrati delle diverse stazioni attraverso il calcolo dell’IBE e l’elaborazione di alcuni indici biotici di ricchezza in specie, diversità e dominanza: Menhinick, Margalef, Shannon-Wiener e Simpson. Questi ultimi sono stati calcolati per tre livelli tassonomici: taxa, famiglie e specie, quest’ultimo in merito ai tre ordini più sensibili (E,P,T) precedentemente citati. L’abbondanza delle diverse famiglie riscontrate nei due corsi d’acqua, i luoghi dei prelievi e la loro posizione (monte e valle) rispetto alle centrali sono stati sottoposti all’analisi statistica MANOVA.

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Risultati e conclusioni Attraverso quest’indagine si sono raccolti complessivamente 2931 macroinvertebrati. In ogni stazione hanno dominato gli Efemerotteri con Baetis rhodani, Ephemerella ignita e Rhithrogena gr. semicolorata. Nel periodo invernale, in quattro delle cinque stazioni esaminate si è riscontrata una prima classe di qualità (C.Q.) delle acque; in estate, lo sfarfallamento degli insetti ha determinato la riduzione di un punto della C.Q. calcolata per i prelievi invernali. Nei rilievi effettuati a monte della centrale Idropadana, invece, si è rilevata una II C.Q. in entrambe le stagioni, probabilmente per la presenza di uno scarico fognario poco a monte del punto di prelievo. Analizzando i valori dell’IBE e degli indici di biodiversità, la qualità delle acque del Rio della Roussa risulta migliore rispetto a quella del torrente Chisone, per la presenza di un numero maggiore di U.S. (32 contro 28) e di taxa particolarmente sensibili alle alterazioni ambientali. Esclusivo di questo rio è stato il ritrovamento dei tricotteri Philopotamus ludificatus, Wormaldia mediana, Diplectrona felix e Halesus radiatus. Nel torrente Chisone le tre stazioni analizzate non hanno presentato particolari differenze: la rilevante presenza di alcune specie rispetto ad altre è indice di un ambiente con moderati sintomi di inquinamento. Sono comunque risultate sempre presenti specie indicatrici di buona qualità ambientale, come Isoperla carbonaria. La comunità di macroinvertebrati apparsa più disomogenea è quella della stazione a monte della centrale Idropadana, dove si è riscontrato il valore più elevato dell’indice di Simpson e il più basso dell’indice di Shannon-Wiener; in tale punto le U.S. si riducono a 17 e abbondano specie non molto sensibili all’inquinamento, come l’efemerottero Baetis rhodani. Specifiche delle tre stazioni di quest’asta fluviale sono state le specie Baetis lutheri e B. fuscatus. Gli indici di Menhinick e Margalef hanno rilevato la maggior ricchezza in specie nella stazione a monte della centrale sul Rio della Roussa rispetto a quella a valle; tale situazione non si è verificata sul torrente Chisone. Gli stessi indici risultano invece bassi nella stazione a valle del bacino di Villaretto. Nelle cinque stazioni di campionamento gli indici di Margalef edi Simpson hanno fornito, per i diversi livelli di determinazione tassonomica, le medesime conclusioni: il grado di approfondimento tassonomico non ha quindi avuto influenza. Dalla MANOVA risulta significativa la differenza tra i due corpi idrici esaminati in relazione al maggior numero di macroinvertebrati rilevato nel Chisone (p<0,05); tale risultato è da imputare alla maggiore portata e alla più elevata disponibilità di nutrienti del torrente, derivante dall’antropizzazione del corso d’acqua, che acquisisce a monte gli scarichi fognari di quattro comuni. I dati dell’IBE riportati nella Carta Ittica della Regione Piemonte (1992) per le stazioni di Usseaux e Perosa Argentina, comuni rispettivamente a monte e a valle della centrale Idropadana, indicano per entrambi i casi una I C.Q. delle acque, con 17 e 23 U.S.; se ne deduce quindi che la qualità delle acque rilevata nel 1992 corrisponde a quella rilevata nel periodo invernale da questo studio, ma non corrisponde a quella del periodo estivo, che risulta più bassa. Le indagini effettuate confermano che i macroinvertebrati costituiscono degli ottimi indicatori della qualità delle acque e che il prelievo idrico a fini idroelettrici, se in regola con la normativa attuale, non pregiudica le comunità bentoniche del corpo idrico. I risultati delle diverse analisi ecologiche dimostrano che l’impatto della centrale Piton sulle comunità di macroinvertebrati del Rio della Roussa è praticamente inesistente; la C.Q. riscontrata appare ottima, tipica di un piccolo corpo idrico di montagna esente da influenze antropiche. La qualità più bassa delle acque del torrente Chisone è correlata con il maggior grado di antropizzazione del corso d’acqua e con le molteplici captazioni idriche subite.

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CENOSI ACQUATICHE IN AMBIENTE FORESTALE: STUDIO DEL BACINO DEL TORRENTE S. BERNARDINO (VAL GRANDE)

Ferrazzi Paola1, Elia Emanuela1, Bianchi Alessandro2

1 Di.Va.P.R.A.-Entomologia e Zoologia applicate all’Ambiente “Carlo Vidano”, Università di Torino e-mail: [email protected]

2 ERSAF - Ente Regionale per i Servizi all'Agricoltura e alle Foreste, Regione Lombardia

Introduzione Un corso d’acqua può essere considerato come una successione di ecosistemi, che sfumano gradualmente l’uno nell’altro: dalla sorgente alla foce variano i parametri morfologici, idrodinamici, fisici e chimici e, in relazione ad essi, i popolamenti biologici. L’attività di monitoraggio dei corpi idrici si basa sull’uso di variabili e parametri con funzione di indicatori. I macroinvertebrati bentonici rappresentano anelli fondamentali delle reti alimentari, in quanto alimenti preferenziali della fauna ittica e organismi essenziali per la degradazione della sostanza organica. Ben si prestano, inoltre, all’utilizzo come indicatori ambientali, tramite l’applicazione di vari indici di biodiversità, tra cui l’Indice Biotico Esteso (IBE), reso obbligatorio dalla legislazione italiana. Considerando l’importanza degli ambienti acquatici e dell’applicazione degli indici di biodiversità, si è intrapresa una ricerca sui macroinvertebrati del bacino del torrente San Bernardino, che nasce nel Parco Nazionale della Val Grande, ritenuto attualmente l’area wilderness più vasta d’Italia. Il torrente, nel suo tratto terminale verso il Lago Maggiore, è soggetto a un degrado ambientale crescente, dovuto a scarichi civili e industriali; ben si presta quindi ad un’indagine, mediante indicatori ambientali, di un gradiente di ambienti caratterizzati da risorse forestali incontaminate e quindi via via più degradati, in relazione ad impatti antropici di vario genere. Le cenosi di macroinvertebrati bentonici sono state considerate sia come chiave di lettura della qualità delle acque, sia come indicatori di caratteristiche idrologiche ed ecologiche. Sono state inoltre effettuate catture dell’ittiofauna (specie Salmo trutta trutta L.) per rilevare, dal contenuto stomacale, il ruolo trofico dei macroinvertebrati nella dieta dei pesci. Materiali e Metodi Al fine di caratterizzare opportunamente la componente biotica del bacino, i campionamenti sono stati effettuati, nel periodo giugno 2001 - luglio 2003, durante le quattro stagioni climatiche, ad eccezione, nelle stazioni interne al parco, della stagione invernale, data l’effettiva inaccessibilità dei corpi idrici in tale periodo. I punti di rilevamento nel bacino del torrente San Bernardino sono stati individuati sul Rio Pogallo (400 m s.l.m.), sul Rio Valgrande (395 m s.l.m.), a Rovegro (320 m s.l.m.), Santino (230 m s.l.m.) ed Intra (205 m s.l.m.). Il Rio Valgrande e il Rio Pogallo all’interno del parco, a monte di due dighe dell’Enel, e confluiscono a costituire il torrente in esame. La terza stazione, all’infuori dei confini del parco e a monte dell’abitato di Rovegro, si trova sempre in ambiente forestale ma a valle degli sbarramenti artificiali. Si sono inoltre campionate due stazioni situate nel tratto planiziale del corso d’acqua, a valle dello scarico urbano di Santino e dello scarico di emergenza di uno stabilimento industriale, poche decine di metri prima dell’immissione nel Lago Maggiore. I campionamenti sono stati eseguiti, lungo il corso d’acqua, in senso trasversale, utilizzando la tecnica del “kick-net” e un retino rettangolare immanicato. Le pietre e i vegetali presenti nella zona di prelievo sono stati esaminati, rimuovendo manualmente gli organismi dal substrato. Le raccolte sono state integrate ricercando microhabitat particolari esclusi dal transetto e campionando il materiale presente per meglio caratterizzare l’ambiente acquatico. I campioni prelevati sono quindi stati analizzati in laboratorio, arrivando ad identificare le unità sistematiche richieste per la determinazione dell’IBE e, in alcuni casi, le specie. La biodiversità delle zoocenosi acquatiche campionate è quindi stata valutata attraverso l’utilizzo

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di vari indici biotici: IBE, Menhinick, Margalef, Simpson, Shannon-Weaver. I risultati ottenuti sono stati analizzati mediante ANOVA e PCA. Sui rii Pogallo e Valgrande si sono inoltre effettuati prelievi della fauna ittica, utilizzando una canna con mulinello ed esca naturale. I contenuti stomacali dei pesci pescati sono stati analizzati e determinati fino a dove possibile. Risultati e Discussione Nell’ambito dello studio sono stati rilevati e determinati 9199 macroinvertebrati e, sulla base del ruolo ecologico dei diversi taxa, é stato possibile analizzare comunità adattate ad ambienti forestali e planiziali sottoposti a diverse modalità d’uso del territorio. Nelle tre stazioni di campionamento più in quota è stata riscontrata una prima classe di qualità IBE, con comunità composte da un elevato numero di Plecotteri ed Heptageniidae, indicatori di elevata naturalità e di acque fredde e ben ossigenate, oltre a comunità stabili e ben strutturate di Efemerotteri, Tricotteri, Coleotteri, Ditteri e Tricladi. Nella stazione sul Rio Valgrande è stato riscontrato il valore più alto di IBE (12) con un massimo di 27 unità sistematiche determinate. Nelle stazioni interne al parco sono sempre risultate abbondanti larve di Chironomidae, Baetidae (Baetis fuscatus, B. gr. rhodani, B. alpinus) ed Epeorus (Epeorus alpicola, E. sylvicola). Altre specie rinvenute stabilmente sono state Perla marginata, Perla grandis, Isoperla grammatica, Perlodes microcephala, Odontocerum albicorne, Ancylus fluviatilis. Tra i taxa predominanti rilevati a Rovegro erano costantemente presenti i generi della famiglia Heptageniidae, Baetis ed i Plecotteri Leuctra, Perla marginata, Isoperla grammatica e Amphinemura. La stazione di Santino ha presentato valori IBE tra la prima e la seconda classe, con una parziale scomparsa, rispetto alle stazioni in ambiente forestale, dei taxa più sensibili all’inquinamento. Questa situazione è stata probabilmente influenzata dalla presenza dello scarico civile del Comune di San Bernardino. Nella quinta ed ultima stazione (Intra), a valle dello scarico industriale, si è rilevata sia una bassa ricchezza in taxa che una bassa densità di organismi durante tutti i prelievi. Il valore costante di IBE (7) e la risultante terza classe di qualità indicano un ambiente inquinato e sensibilmente alterato. I taxa tolleranti o discretamente tolleranti verso l’inquinamento organico (Chironomidae, Lumbricidae, Baetis, Hydropsychidae, Simuliidae) si sono rivelati preponderanti, mentre la pressoché totale assenza di Plecotteri, Tricladi e Coleotteri ha indicato un ecosistema fortemente alterato. E’ stata rilevata la presenza stabile di sole quattro unità sistematiche: Chironomidae, Lumbricidae, Baetis ed Ecdyonurus. L’analisi dei valori dell’indice IBE ha evidenziato una differenza rilevante tra le stazioni Rio Valgrande e Intra, e tra Rio Valgrande e Santino. L’analisi degli altri indici biotici ha sempre indicato, con differenti livelli di sensibilità, una differenza statisticamente significativa tra la stazione di Intra e ciascuna delle altre. Tra le stazioni di Rio Valgrande e Santino si sono inoltre rilevate differenze significative per quanto riguarda gli indici di Menhinick, Margalef e Shannon-Weaver. I risultati ottenuti mediante PCA hanno sottolineato la stretta correlazione esistente tra il taxon Chironomidae e la stazione di Intra, a conferma dello stato di alterazione di questa zona. I prelievi dell’ittiofauna hanno consentito la cattura di 22 trote, di cui 13 presentavano contenuti stomacali determinabili: la loro analisi ha rivelato la presenza unicamente di insetti. I Tricotteri sono stati l’ordine più rappresentato, differentemente da quanto espresso dalle abbondanze rilevate nei prelievi dei macroinvertebrati, indicando una selezione da parte delle trote; tra di essi è prevalsa la famiglia Hydropsychidae (17,2%). Sono stati rilevati inoltre 12 esemplari di Odontocerum albicorne, Thricoptera Odontoceridae (13,8%), nonché un certo numero di insetti non appartenenti alla fauna bentonica (19,5%), in maggioranza coleotteri terrestri. L’elevato numero di unità sistematiche e di taxa di macroinvertebrati rilevato nelle stazioni non antropizzate della Val Grande attesta l’integrità del parco e degli ambienti forestali limitrofi sulla base di un’elevata biodiversità.

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PRODUZIONE DI GRANELLA E QUALITA’ MALTARIA IN LINEE DOPPIO-APLOIDI DI ORZO ALLEVATE IN CONDIZIONI CONTRASTANTI DEL

MEDITERRANEO

Francia Enrico1,Laidò Giovanni1, Pecchioni Nicola2, Gianinetti Alberto1, Mastrangelo Anna3, Li Destri Nicosia Orazio 3, Di Fonzo Natale3, Rizza Fulvia1, Stanca Michele Antonio1

1 CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Fiorenzuola d’Arda (PC);

2 Dip. Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria, Università di Modena e Reggio Emilia; [email protected] 3 CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Foggia.

Introduzione Il malto d'orzo, ottenuto attraverso un processo di germinazione controllata della cariosside, è usato in molteplici preparazioni alimentari e per produrre birra e whisky. La semina primaverile dell'orzo da birra rappresenta la norma nei paesi del Centro e Nord Europa. Per questo motivo le varietà primaverili sono state selezionate più a lungo in tali paesi e attualmente possiedono le migliori caratteristiche maltarie [1] mentre in genere i tipi invernali sono ritenuti inferiori non raggiungendo i livelli di qualità di quelli primaverili. Disporre di varietà da malto invernali dotate di elevati standard qualitativi consentirebbe di unire tali caratteristiche al maggior potenziale produttivo degli orzi invernali a semina autunnale. La qualità maltaria è un carattere genetico complesso multi-fattoriale [2] fortemente influenzato dalle fluttuazioni ambientali di temperatura e disponibilità idrica, oltre che dalla concimazione azotata [3]. In questo lavoro abbiamo utilizzato una popolazione di 129 linee (NT) doppio-aploidi, derivate dall’incrocio tra una varietà da zootecnia invernale (‘Nure’), adattata anche agli ambienti moderatamente siccitosi, e una da malto primaverile (‘Tremois’), adattata agli ambienti fertili, per verificare se i tipi invernali possedessero sufficiente qualità maltaria, quale fosse l'effetto dell'ambiente sui parametri di qualità, e per verificare la produzione di granella dei tipi invernali e primaverili. Per aggiungere questi obiettivi sono state condotte quattro prove agronomiche in ambienti contrastanti: in condizioni moderatamente siccitose in ambiente mediterraneo con una disponibilità idrica, durante il ciclo colturale dell’orzo in semina autunnale, pari a 120-220 mm di acqua (Foggia) e in condizioni di buona fertilità della Pianura Padana (Fiorenzuola d’Arda - PC). Materiali e Metodi Le 129 linee doppio-aploidi (NT, ‘Nure’ x ‘Tremois’) in prova erano state ottenute in precedenza [4], presentano le caratteristiche di omogeneità di varietà in purezza e sono state valutate per produzione di granella e per attitudine maltaria nel 2001/02 a Fiorenzuola, e nel 2002/03 a Fiorenzuola e Foggia. Per due anni il seme delle linee è stato maltato utilizzando una micromaltatrice e sono stati valutati sei caratteri di qualità: proteine, malto estratto, viscosità, friabilità, sviluppo del coleottile; inoltre sono stati calcolati i valori dello ‘Score’, un indice sintetico di qualità maltaria, che prende in considerazione la viscosità, la lunghezza del coleoptile e la percentuale in estratto di malto [5]. Risultati Diverse linee superiori al parentale Tremois (Tab.2 e Tab.3) per attitudine maltaria sono state selezionate, ma nessuna è risultata essere superiore al parentale Nure per produzione. Queste linee sono mediamente tolleranti al freddo, essendo in qualche caso comparabili al parentale tollerante ‘Nure’, inoltre, si tratta di linee in maggioranza invernali, o alternative (il test di invernalità è stato eseguito in condizioni controllate ed in campo per più anni). Tra le linee superiori abbiamo individuato quattro linee NT (NT 140, 135, 141, 80) che sono migliori del parentale di riferimento per la qualità maltaria e prossime a Nure per invernalità e

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produzione. Per i parametri di qualità maltaria non sono stati osservati significativi effetti di interazioni genotipo ambiente. Per la produzione è confermata l’interazione del genotipo con la località e con l’epoca di semina. Questo studio dimostra che è possibile ottenere orzi invernali da malto dotati di buona qualità maltaria, che possono essere coltivati in entrambi gli ambienti del Nord e Sud Italia (Fig. 1).

Tra le 129 linee NT sono state osservate quattro con un ampio spettro di adattabilità in termini di produzione: NT135, NT141, NT2 e NT116 riportate in Tabella 4. Queste linee sono produttive sia in condizioni moderatamente siccitose in ambiente mediterraneo (Foggia) e sia in condizioni di buona fertilità della Pianura Padana (Fiorenzuola d’Arda – PC). Le linee NT 135 e 141, oltre ad avere una buona adattabilità produttiva, hanno anche un’ottima attitudine maltaria. Bibliografia [1] Pecchioni N., Cattivelli L., Delogu G., Faccioli P., Terzi V., Valè G. e Stanca A. M. 2002. In: Evolution and Adaption of Cereal Crops, Chopra V.L. and Prakash S. eds., Science Pub. Inc., Enfield NH USA. pp. 135-211. [2] Thomas W.T.B., Powell W., Swanston J.S., Ellis R.P., Chalmers K.J., Barua U.M., Jack P., Lea V., Forster B.P., Waugh R., Smith D.B., 1996. Crop Sci 36: 265-273. [3] Molina-Cano J.-L., Francesch M., Perez-Vendrell A.M., Ramo T., Voltas J., Brufau J., 1997. J. Cer. Sc. 25: 37-471993. [4] Francia E., Rizza F., Cattivelli L., Stanca A.M., Galiba G., Tòth B., Hayes P.M., Skinner J.S., Pecchioni N. (2004). Two Loci on Chromosome 5H determine low-temperature tolerance in a ‘Nure’ (winter) x ‘Tremois’ (spring) barley map. Theor. Appl. Genet., 108: 670-680. [5] Gianinetti A., Toffoli F., Cavallero A., Delogu G., Stanca A.M., 2005. Field Crops Res. In Press

Fig. 1 Distribuzioni delle linee NT e dei parentali in funzione dello score di Qualità

maltaria

Tab. 4 Valori dell’indice sintetico di qualità maltaria, dell’Habitus di crescita e di produzionedelle linee NT con un ampio spettro di adattabilità produttiva

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STRUTTURA DEL SUOLO: VALUTAZIONE ATTRAVERSO L’INDICE DI STABILITÀ DEGLI AGGREGATI IN ACQUA

Frigeni Sergio, Bocchi Stefano, Maggiore Tommaso

Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano; e-mail: [email protected]

Introduzione L’acqua, elemento fondamentale per la vita delle colture agrarie, può avere anche effetti degradativi sul substrato per eccellenza, il suolo. L’erosione e la formazione della crosta superficiale nei suoli coltivati è il risultato della disgregazione delle zolle e della separazione dei frammenti di suolo sotto l’azione della pioggia. La suscettibilità del suolo a questi processi viene misurata attraverso la stabilità degli aggregati. Questa proprietà della struttura è ormai largamente riconosciuta come un indicatore chiave della qualità di un suolo (Arshad e Coen 1992) e della sostenibilità ambientale (Lal 1991; Amézketa 1999). Non è quindi solamente connessa ai processi sopraccitati ma anche allo stato di salute della risorsa in relazione alla fisica, chimica e biologia dell’ecosistema suolo. I metodi per la valutazione della stabilità degli aggregati sono vari e la ragione va ricercata: (a) nell’esistenza di diversi meccanismi che producono una disaggregazione; (b) nella determinazione della stabilità a diverse scale e (c) in ragioni puramente metodologiche. Essendo la struttura una caratteristica dinamica (Patruno et al. 1992; Bronick e Lal 2005) e influenzata da innumerevoli fattori, sarebbe necessario standardizzare una metodologia che consideri tutte le fasi che portano alla formulazione di un giudizio. In questo lavoro si propone una metodologia concordata con tre laboratori di fisica del suolo (UniMi, UniPD e UniBO) che sarà oggetto di validazione attraverso un ring test e applicata su un suolo della pianura Padana sottoposto a diversi livelli di intensificazione. Materiali e metodi La sperimentazione, in atto da 19 anni, presso l’Istituto Sperimentale delle Colture Foraggere di Lodi (Onofrii et al. 1993) riguarda cinque ordinamenti colturali sottoposti a due livelli di intensificazione agronomica, uno ottimale (input A) ed uno sub-ottimale del 30% (input B) collocati all’interno di un disegno sperimentale a split-plot con tre ripetizioni ed in totale sono state campionate 36 parcella delle dimensioni di 60 m2. In autunno 2004, sono stati prelevati con una vanga i campioni di suolo per ogni sistema colturale. Durante l’essiccamento all’aria si è suddivisa la zolla in zollette e successivamentesi è setacciato il campione tra 1 e 2 mm. La stabilità degli aggregati viene valutata con lo strumento proposto da Cavazza e Linsalata (1969) modificato dal Di.Pro.Ve – sez. di Agronomia (Fig. 1). Sette grammi di aggregati così ottenuti sono stati posti in beker per essere sottoposti ad eventuale pretrattamento in alcool (Hénin et al., 1958) e successivo inumi-dimento con acqua deminera-lizzata. Dopo 30 minuti si trasferiscono quantitativamente gli aggregati su setacci con maglia di 200 µm preventivamente immersi Fig. 1. Strumento per l’analisi della stabilità degli aggregati.

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Fig.2. ISS nei sistemi colturali.

0%10%20%30%40%50%60%70%80%90%

100%

LM LMa OM/LM/M M Pa Pp

Indi

ce d

i sta

bilit

à st

ruttu

rale

input A Alcool input B Alcool input A Aria input B Aria

in acqua per sottoporli a oscillazione verticale (30 al minuto) per la durata di 30 minuti. Trascorso tale periodo vengono essiccati gli aggregati risultanti stabili all’azione disgregante dell’acqua da cui viene sottratta la frazione di sabbia grossa ottenuta attraverso la successiva dispersione del campione per mezzo di soluzione di sodio esametafosfato e carbonato di sodio. Viene così ricavato l’indice di stabilità strutturale dato dalla seguente formula:

100grossa sabbiantosetacciame prima aggregati pesogrossa sabbiantosetacciamedopoaggregati pesoISS ×

−−

=

I dati ottenuti dell’indice di stabilità sono stati sottoposti all’analisi statistica (ANOVA). Risultati Gli ordinamenti colturali sono risultati fonte significativa di variazione, mentre non si sono riscontrate differenze tra i due input.

Il pretrattamento con alcool produce un indice notevolmente elevato, tra il 75 e

l’85%, in quanto riduce fortemente l’effetto scoppio degli aggregati a seguito del rapido inumidimento (Le Bissonais 1996) raggruppando i sistemi colturali in un range ridotto. Al contrario l’indice senza pretrattamento mostra un maggiore intervallo di variabilità tra i sistemi colturali che ci consente di costruire una scala di bontà dell’indice (Fig.3) in cui la maggiore stabilità è rappresentata dal Prato permanente (69,59%), mentre la peggiore dal Prato avvicendato (38,70%). Il Pa e LMa sono inseriti in una rotazione sessennale che prevede tre anni dell’una e dell’altra coltura sulla medesima parcella. È pertanto l’effetto della precedente coltura che determina bassi valori in un caso e più alti nell’altro (LMa – 52,84%). Conclusioni La metodologia applicata ha permesso di valutare la stabilità della struttura del suolo in condizioni di diversa intensificazione, in termini di qualità e sostenibilità, fornendo indicazioni utili circa l’adozione di tecniche di gestione in grado di contrastare i processi di degradazione delle caratteristiche fisiche ad opera dell’acqua. Bibliografia Amézketa E. 1999. Soil aggregate stability: a review. Journal of Sustainable agriculture. Vol 14 (2/3), 83-151 Arshad M.A. e Coen G.M. 1992. characterization of soil quality: physical and chemical criteria. American Journal of alternative agriculture. 7, 25-31 Bronick C.J., Lal R. 2005. Soil structure and management: a review. Geoderma 124, 3-22 Cavazza L., Linsalata D. 1969. Misura di stabilità di struttura del terreno. Rivista agronomia, 3, 50 Lal R. 1991. Soil structure and sustainability. Journal of Sustainable agriculture. Vol 1(4), 67-92 Onofrii M., Tomasoni C., Borrelli L. 1993. Confronto tra ordinamenti cerealicolo-foraggeri, sottoposti a due livelli di input agrotecnico, nella pianura irrigua lombarda. Rivista di Agronomia 27 3 160-172 Patruno A., Cavazza L. e Vicari A. 1992. Variabilità temporale della stabilità di struttura in relazione al decorso meteorico, coltura e lavorazione. Rivista di Ingegneria Agraria 1, 16-26

Rotazione Sistema colturale ISS aria (%) Giudizio

Annuale Loiessa-Mais (LM) 40 - 65 Medio

Sessennale Loiessa-Mais (LMa) 40 - 65 Medio

Triennale Orzo-Mais/Loiessa-Mais/Mais (OM/LM/M) 40 - 65 Medio

Omosucc. Mais (M) 40 - 65 Medio

Sessennale Prato avvicendato (Pa) <40 Scarso

Permanente Prato permanente (Pp) >65 Buono Fig. 3. Appartenenza dei sistemi colt. alle classi di bontà.

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LA CULTURA DELLA FERTIRRIGAZIONE… PER LA FERTIRRIGAZIONE DELLE COLTURE

www.fertirrigazione.it

il portale italiano per la comunicazione e divulgazione nel mondo della fertirrigazione.

Fritegotto Silvio, Della Rovere Lorenzo

PROF.i s.r.l., Poggibonsi (SI). E.mail: [email protected] Quella della fertirrigazione è una vera e propria “cultura“ da seguire scrupolosamente se da tale tecnica si vogliono ottenere risultati di rilievo. Gli argomenti, i suggerimenti, le sfaccettature di questo mondo sono tanti e, soprattutto, provengono da fonti molto diverse tra loro: la ricerca scientifica, le prove sperimentali, i prodotti ed i sistemi delle aziende produttrici di mezzi tecnici. Da ognuna di tali fonti provengono indicazioni innovative ed utili all’utilizzatore finale. Ma, come capita all’acquirente di fronte ad un’offerta di prodotti simili o analoghi, c’è spesso l’imbarazzo della scelta. Con il portale www.fertirrigazione.it lo staff della PROF.i intende dare al visitatore interessato l’opportunità di cercare le informazioni tecniche e di fare le proprie scelte con maggiore competenza e tranquillità, fornendogli indicazioni tecniche ormai consolidate sulle colture e sui processi produttivi ma anche, e soprattutto, presentandogli una scelta selezionata sia delle soluzioni innovative sia dei prodotti che permettono di applicarle. Il continuo aggiornamento delle sezioni del sito viene evidenziato in Home Page e sulla Newsletter quindicinale che viene inviata agli iscritti e agli “amici di Fertirrigazione.it”. In tal modo il navigatore necessita solo del tempo per aprire la pagina interessata. Il fulcro del portale restano le due pagine delle “Colture” e della “Tecnica” in cui sono contenuti gli argomenti più ricercati da chi è interessato alla fertirrigazione. In ogni scheda colturale o di prodotto c’è uno spazio dedicato alle esperienze innovative provenienti dalla ricerca a tutti i livelli, selezionate e rese fruibili per coloro che intendono poi farne uso nella pratica della fertirrigazione. Attraverso il sito web vengono gestite altre due attività di elevata efficacia nel mondo della fertirrigazione: i “Fertigation tour” e i “Corsi di formazione”. I primi sono manifestazioni itineranti a tappe sul territorio nazionale a cui partecipano docenti universitari, aziende produttrici di mezzi tecnici ed operatori del settore. Hanno lo scopo di mostrare agli interessati i metodi ed i prodotti di ultima generazione suggeriti per la fertirrigazione. I secondi sono momenti di formazione che oltre a permettere ad illustri docenti di fare il “punto della situazione” creano occasioni di confronto tra i partecipanti. Il portale www.fertirrigazione.it cerca in pratica di coinvolgere gli interessati alla fertirrigazione in una partecipazione attiva alla sua vita al fine di creare utili vantaggi per tutti. Quello che sembrava un esperimento è una realtà: 7.800 visitatori, 31.000 visite e 75.500 pagine visitate nei primi sei mesi. Siamo sulla strada giusta?

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IL RISPARMIO IDRICO E L’AGRICOLTURA BIOLOGICA

Gambini Marta, Baldetti Daniele

Facoltà di Agraria, Università di Perugia; e-mail: [email protected] Introduzione Sempre più sentita è l’esigenza del risparmio e della salvaguardia della risorsa idrica: da alcuni anni, del resto, si ha piena consapevolezza che l’acqua rappresenta un bene limitato; risparmio idrico non significa esclusivamente la riduzione del suo consumo in quanto sottintende anche un suo impiego razionale ed efficiente. In tale ottica, la gestione biologica delle colture costituisce uno dei molteplici mezzi che in agricoltura permettono di conseguire il risparmio idrico. L’agricoltura biologica consente infatti di ridurre il consumo di acqua senza penalizzare i redditi agricoli e di soddisfare le esigenze connesse con il rispetto dell’ambiente, mantenendo potenzialmente inalterate le sistemazioni naturali del territorio, limitando rischi di smottamenti, di ruscellamento e di erosione superficiale del suolo. Sulla base di tali premesse, ciò che segue rappresenta i risultati di una ricerca mediante la quale si è inteso approfondire le relazioni, in ambito locale, fra risparmio idrico ed agricoltura biologica. Più precisamente, una parte del lavoro (Caso A) ha inteso mettere in evidenza l’eventuale esistenza di sinergismi e/o veri e propri rapporti di collaborazione fra gli Enti/Istituzioni che gestiscono le aree protette e le aziende agrarie biologiche presenti all’interno delle stesse. Con il secondo caso (B) ci si è prefissi di valutare la possibilità, parziale o totale, di sostituire una coltura ortiva irrigua a ciclo primaverile-estivo, con una non irrigua a ciclo autunno-vernino, in un’azienda biologica situata nei pressi del Parco del Lago Trasimeno. Materiali e metodi Caso A. Per conseguire il primo obiettivo è stata effettuata un’indagine territoriale a livello delle Associazioni di settore (AIAB – Associazione Italiana Agricoltura Biologica) e a livello degli Enti Parco afferenti ad un determinato territorio. A tal fine, presso l’ufficio “Parchi e Sviluppo Sostenibile” della Provincia di Perugia, sono stati individuati i Parchi ed i relativi territori che ne fanno parte, utilizzando il materiale esistente nella struttura. A tale proposito si è lavorato sui seguenti territori: il Parco del Monte Subasio (7.442 ha), il Parco del Monte Cucco (10.480 ha) e il Parco dei Monti Sibillini (70.000 ha). Successivamente si è passati alla fase di ricerca vera e propria, interrogando le Associazioni di settore1 per quanto riguarda la presenza o meno di aziende biologiche nelle zone sopra delimitate. In una seconda fase si è provveduto a verificare, con l’aiuto dei responsabili di settore degli Enti Parco2, l’esistenza di particolari progetti che vedessero la collaborazione tra gli agricoltori e le strutture del Parco. Caso B. Mediante il caso in esame, si è cercato di conciliare le necessità proprie dell’azienda di trovare una coltura tradizionale che si adattasse quanto più possibile al regime biologico, e in grado di garantire risparmio idrico e salvaguardia dell’ambiente. Il primo passo della ricerca ha riguardato l’esame della struttura aziendale, le colture presenti, l’ambiente pedo-climatico (anche circostante) e l’attuale piano colturale. Si è poi passati alla individuazione della possibile coltura autunno-vernina, prendendo in esame l’eventuale suo inserimento nella rotazione aziendale. Dall’analisi critica di tali parametri e sulla base degli elementi nonché delle diverse specie vegetali consigliabili si è ritenuto ridurre il confronto tra il Triticum monococcum L. o farro piccolo, il Triticum dicoccum L. o farro medio ed il Triticum spelta L.

1 Dott. Vincenzo Vizioli, Presidente dell’Associazione Italiana Aziende Biologiche. 2 Dott. Alfredo Virgili, Sindaco di Preci e rappresentante del Consiglio Direttivo dell’ Ente Parco; Dott. Tiberio

Roscioni, agronomo, e Dott. Tomassino Gabrielli.

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o granfarro. Di ciascuna specie sono stati valutati, in modo particolare, i fabbisogni nutritivi, la tecnica colturale e l’adattamento all’ambiente pedo-climatico dell’azienda3. Risultati e Conclusioni Caso A. Dall’indagine è emerso come nella realtà monitorata esistano poche aziende prettamente biologiche site all’interno di Aree Protette e come ancor meno vi sia sinergismo e/o collaborazione tra queste e gli Enti Parco. Nel Parco del Monte Subasio le aziende biologiche sono appena 204 mentre nel Parco del Monte Cucco non ve n’è nessuna. All’interno del territorio del Parco dei Monti Sibillini è in fase di attuazione una nuova iniziativa dell’Ente, finanziata con il Piano Triennale delle Aree Protette, denominata “Progetto Agricoltura Sostenibile”. Con questo progetto il Parco intende attuare una rete di servizi rivolti agli imprenditori agricoli dell’Area Protetta: questi servizi mirano allo sviluppo di pratiche e di metodi agricoli e zootecnici ecocompatibili, all’ottenimento di prodotti di qualità certificata, all’aumento del valore aggiunto degli stessi (anche attraverso la trasformazione e la commercializzazione in azienda), allo sviluppo della multi-funzionalità aziendale e, nel contempo, alla definizione e all’attuazione di opportune politiche di marketing nonché, infine, all’integrazione degli attori sociali e delle loro politiche territoriali5. Caso B. Valutando in modo organico ed integrato i dati e le informazioni raccolte, è stato possibile indicare nel Triticum dicoccum L. (farro medio) la specie suggerita in quanto risulta essere quella che meglio risponde ai requisiti sia aziendali che ambientali. Il suo inserimento porterebbe ai seguenti vantaggi:

- risparmio idrico, dovuto alla sostituzione della coltura ortiva irrigua; - risparmio economico in quanto non necessita di irrigazione e ha minori esigenze

nutrizionali; - differenziazione dei prodotti aziendali; - limitazione degli effetti dannosi delle piogge invernali su terreni “nudi”.

Il possibile svantaggio può essere di natura economica attribuibile al minor reddito che attualmente offre il cereale rispetto alle colture ortive. Gli effetti ambientali derivanti da tale eventuale sostituzione colturale vanno ben oltre il risparmio idrico in quanto il cereale offre un’ottima copertura del suolo durante il periodo invernale e primaverile, limitando i fenomeni di lisciviazione, che portano all’inquinamento delle falde freatiche da parte dei nitrati, e di ruscellamento delle acque in superficie con conseguenti rischi di inquinamento dovuti al trasporto, nel loro passaggio, di particelle solide (tra cui fosfati e metalli pesanti).

Lavoro eseguito durante lo stage relativo al Corso di Alta Formazione, Misure C3 UM 030333014 e D4 UM 030344006, Regione Umbria 3 “Coltivazioni erbacee” e “Agronomia”, Bonciarelli 4 Dott. Colasurdo, responsabile del Parco Subasio, comunicazioni personali. 5 Dallo Statuto dell’Ente Nazionale Monti Sibillini.

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UTILIZZAZIONE DI DATI IPERSPETTRALI TELERILEVATI PER LA STIMA DEL CONTENUTO IDRICO DEI SUOLI

Gardi Ciro

Dipartimento di Scienze Ambientali, Università di Parma; e-mail: [email protected]

Introduzione Le applicazioni del telerilevamento al settore agricolo sono ormai estremamente numerose e spaziano dalla stima della biomassa al riconoscimento delle colture, dalla identificazione di attacchi parassitari, alla caratterizzazione dei suoli. Uno dei limiti all’impiego del telerilevamento in agricoltura era rappresentato, fino ad alcuni anni addietro, dalla bassa risoluzione spaziale e spettrale, che ne restringevano di fatto l’impiego a studi a scala regionale. Attualmente la disponibilità di sensori, su satellite o aeromobile, con risoluzione spaziale dell’ordine del metro, ne estende la possibilità d’impiego fino alla scala aziendale. Inoltre la disponibilità di sensori iperspettrali consente di utilizzare tali dati per la stima di parametri fisici del suolo, tra i quali il contenuto idrico. Materiali e metodi Il sensore iperspettrale utilizzato nel presente lavoro è il MIVIS (Multispectral Infrared and Visible Imaging Spectrometer) prodotto dalla ditta statunitense Daedalus e, dal 1994, di proprietà del consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Il MIVIS (Multispectral Infrared and Visible Imaging Spectrometer) è un sistema a scansione che opera con un’elevata risoluzione spaziale e spettrale. É uno strumento modulare, costituito da quattro spettrometri che riprendono simultaneamente la radiazione proveniente dalla superficie terrestre nel visibile (20 bande tra 0,43 e 0,83 μm), nell’infrarosso vicino (8 bande tra1,15 e 1,55 μm), nell’infrarosso medio (64 bande tra 2,0 e 2,5 μm) e nell’infrarosso termico (10 bande tra 8,2 e 12,7 μm) per un totale di 102 canali (tab. 1). Tabella 1– Caratteristiche degli spettrometri MIVIS (Bianchi et al., 1995).

SPETTROMETRO BANDE LIMITE INFERIORE (nm)

LIMITE SUPERIORE (nm)

LARGHEZZA BANDA (nm)

1 1-20 430 830 20

2 21-28 1150 1550 50

3 29-92 1983 2478 9

4 93-102 8180 12700 340÷540

Lo studio presentato si basa sull’impiego di una ripresa MIVIS del luglio 2003, relativa alla valle del Taro nella zona compresa tra Fornivo e Collecchio (PR). Il trattamento dei dati MIVIS è stato possibile grazie all’utilizzo del software ENVI 3.5. Non essendo stata effettuata la correzione atmosferica dei dati MIVIS, si è provveduto alla loro calibrazione e georeferenziazione. Quando si studia il contenuto idrico del suolo con tecniche di telerilevamento è opportuno distinguere tra umidità di superficie e umidità di massa; la prima viene valutata essenzialmente utilizzando bande in cui prevale la riflessione, mentre la seconda viene stimata attraverso la capacità termica e l’andamento dei gradienti in superficie. La capacità termica di un corpo durante la fase di riscaldamento sotto l’irraggiamento solare è possibile anche quando sia disponibile un’unica misura di temperatura al momento della ripresa (Tt2) grazie alla seguente equazione:

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cm = Q/(Tt2-Tt1) = k coalb/(Tt2-Tt0) dove: cm = capacità termica Q = calore assorbito tra gli istanti t1 (termine della notte) e t2 (momento del rilievo nella fase di riscaldamento della mattina) Tt2 = temperatura sul punto generico della superficie al momento della ripresa Tt1 = Tt0= temperatura iniziale assunta quale costante k = costante coalb = coalbedo Applicando i concetti sopraesposti e la formula proposta dal Tonelli (1998 ) è stato possibile calcolare la capacità termica. Risultati e discussione L’immagine di figura 1 rappresenta la stima della capacità termica dei suoli, ottenuta sulla base della equazione del Tonelli (l.c.) impiegando le bande 1 e 13 e le bande del termico per la stima della temperatura della superficie del suolo. Nell’immagine sono indicati con la tonalità più scura le aree a maggiore capacità termica e quindi caratterizzate da un contenuto idrico più elevato. Questo approccio alla stima del contenuto idrico del suolo ne consente l’applicazione solo alle superfici che presentano suoli nudi e cioè non coperti da colture o altre coperture vegetali. Le variazioni di contenuto idrico quindi sono osservabili solo in alcune aree, che nell’immagine appaiono con marcate variazioni delle tonalità di grigio all’interno dello stesso appezzamento. E’ possibile osservare in modo molto netto l’effetto prodotto da un irrigatore ad aspersione, semovente, che nella scena riportata in figura ha prodotto la tipica forma a semicerchio.

Bibliografia Bianchi R., Cavalli R.M., Marino C.M., Pignatti S., 1995, “MIVIS Airborne Hyperspectral Remote Sensing in Europe”, CNR progetto LARA, Pomezia (Roma).

Tonelli A.M., 1998. Complementi di telerilevamento – Museo civico di Rovereto – Associazione Italiana di Telerilevamento – Luni editrice.

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RISORSE IDRICHE NELLE ZONE COSTIERE DEL MEDITERRANEO: ANALISI COMPARATIVA DEI CASI DI STUDIO DEL PROGETTO SMART

Giupponi Carlo1,2 Crimi Jacopo2, Jaroslav Mysiak2

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Universita' di Milano; email: [email protected], 2 Fondazione Eni Enrico Mattei

Introduzione Il progetto SMART (Sustainable Management of Scarce Resources in the Coastal Zones - Gestione sostenibile delle risorse scarse nelle zone costiere), iniziato il 1° Settembre 2002 e conclusosi il 30 Agosto 2005, è stato finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del Quinto Programma Quadro. Il principale obiettivo del progetto consisteva nello sviluppare una metodologia condivisa e dalle solide basi scientifiche per la pianificazione e la gestione delle risorse scarse in ambito costiero al fine di risolvere i potenziali conflitti fra i diversi utenti delle risorse. Il partenariato era formato da otto centri di ricerca coinvolti a vario titolo nel progetto: il partner austriaco Environmental Software Services (ESS) coordinatore del progetto e responsabile dello sviluppo di modelli WaterWare e LUC, il centro studi francese Société Grenobloise d'Etudes et d'Applications Hydrauliques (SOGREAH) che ha fornito il modello Telemac di cui si dirà in seguito, l’Università Atlantica portoghese responsabile delle analisi socio-economiche, cinque istituti di ricerca6 appartenenti a paesi dell’area orientale del Mediterraneo (Egitto, Libano, Giordania, Tunisia e Turchia) che avevano il compito di sviluppare altrettanti casi studio, ed infine la Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) responsabile di alcune analisi specifiche fra cui l’ analisi comparativa dei casi di studio che è sinteticamente illustrata nel presente documento. Metodologia L’obiettivo principale dell’analisi intrapresa da FEEM era la valutazione comparativa dei risultati dei casi di studio. I due modelli WaterWare e Telemac precedentemente citati sono stati infatti applicati nei cinque casi di studio per stimare la quantità e la qualità delle acque risultanti da tre diverse politiche di gestione considerate (gestione della domanda, gestione dell’offerta, gestione della qualità) per tre scenari diversi (Business As Usual, Ottimistico e Pessimistico). In particolare, il modello idrologico WaterWare, grazie a serie storiche climatiche e demografiche, ha permesso di identificare domanda, offerta e criticità del sistema idrico locale. Il modello Telemac ha consentito invece di simulare la dispersione di inquinanti processando dati relativi al carico inquinante e alla batimetria, alla direzione e all’intensità dei venti e delle correnti nella zona costiera. Le diverse politiche di gestione dell’acqua considerate sono composte da una serie di attributi che modificano infine le variabili in entrata nei sopra citati modelli idrologici. I diversi scenari considerati sono stati definiti a loro volta grazie al modello LUC che, supportato da un Sistema Informativo Territoriale, simula i cambiamenti futuri nell’ uso del suolo: queste informazioni vanno anche loro a modificare le variabili in entrata nei due modelli idrologici citati. Inoltre, durante l’implementazione del progetto sono stati coinvolti in ogni caso studio diversi portatori di interesse per raccogliere le loro indicazioni su quale fossero gli elementi da tenere in considerazione per l’analisi comparativa delle politiche. La grande quantità di informazione disponibile necessitava di essere inquadrata in una struttura coerente in grado di rappresentare le relazioni causa-effetto fra le diverse variabili considerate. Il modello DPSIR7 (Determinanti, Pressioni, Stati, Impatti, Risposte) è stato

6 SUMER - Turchia (Hydrology and Water Resources Division, Dokuz Eylul University); NCRS - Lebanon (National Centre for Remote Sensing); UJO – Giordania (Faculty of Agriculture, University of Jordan); CEDARE - Egitto (Centre for Environment & Development for Arab Region and Europe); CNT – Tunisia (Centre National de Teledetection) 7 Sviluppato dalla European Environmental Agency: www.eea.eu.int/

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usato a questo scopo integrando gli aspetti scientifici e politici considerati nel progetto. Le variabili in entrata ai modelli sono state concettualizzate come Determinanti e Pressioni, le variabili in uscita come Stati dell’ambiente, la loro aggregazione è stata rappresentata dagli Impatti (sui qual si basa l’analisi comparativa), le politiche di gestione dell’acqua sono state indicate come Risposte che possono influenzare a loro volta D, P, S, o I, come mostra la figura seguente.

Figura 1: Applicazione del modello DPSIR al progetto SMART

Risultati Grazie a questa struttura concettuale è stato possibile individuare sette criteri di valutazione delle politiche giudicati rilevanti dai portatori d’interesse coinvolti. Questi criteri sono stati scelti in modo da essere significativi, reciprocamente indipendenti, e in grado di coprire i tre pilastri della sostenibilità (ambientale, economico e sociale). Ad ognuno di questi criteri è stato poi necessario assegnare un peso specifico relativo che ne indicasse l’importanza; anche questa operazione si è svolta in modo partecipato grazie al giudizio di esperti coinvolti in un incontro organizzato ad hoc. Il passo successivo consisteva nell’assegnare ad ognuno dei criteri individuati una funzione di valore che permettesse di passare dalla matrice di analisi alla matrice di valutazione, trasformando così i valori originali in valori tra 0 e 1 che ne indicano la relativa prestazione. Tutte queste informazioni sono infine state caricate in mDss, uno strumento informatico sviluppato nel quadro del progetto europeo MULINO (MULtisectoral, Integrated and Operational Decision Support System for sustainable use of water resource at the catchment scale). Il software, tramite un’Analisi Multi – Criterio, ha permesso di classificare le diverse opzioni considerate dalla più sostenibile alla meno sostenibile, segnalando gli elementi critici della valutazione grazie ad un’ analisi di sensitività. I risultati, paragonati a loro volta attraverso i casi di studio, sono stati rappresentati in modo da essere comprensibili anche ai non esperti (figura 2).

Figura 2: Classifica finale da 1° a 18° delle diverse opzioni di gestione per 3 casi di studio

La metodologia illustrata e sviluppata nel corso del progetto SMART ha dimostrato di essere pienamente operativa, permettendo di realizzare un efficace ponte tra ricerca e pianificazione, attraverso il coinvolgimento nelle diversi fasi di portatori di interesse anche non esperti e permettendo di collocare l’allocazione delle risorse idriche per usi agricoli nell’ambito del contesto generale della gestione integrata della risorsa.

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INSTITUTIONAL AND SOCIAL INNOVATIONS IN IRRIGATION MEDITERRANEAN MANAGEMENT (ISIIMM): IL CASO STUDIO ITALIANO

Giupponi Carlo 1,2, Fassio Anita 2

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Universita' di Milano; e-mail: [email protected]

2 Fondazione Eni Enrico Mattei Introduzione Il progetto “Institutional and Social Innovations in Irrigation Meditterranean Management“ (ISIIMM) è finanziato dalla Commissione Europea (programma indicativo regionale MEDA) e coordinato dall’Istituto di ricerca Agropolis di Montpellier (Francia). La Fondazione Eni Enrico Mattei è il coordinatore nazionale e si occupa della ricerca, mentre l’Autorità di Bacino Alto Adriatico rappresenta l’istituzione locale che si occupa di gestire i rapporti con tutti gli interessati all’uso della risorsa idrica nell’area del caso di studio. Il caso di studio italiano ha consentito di realizzare uno studio multisettoriale di una problematica interessante quale è quella relativa al complesso e conflittuale sistema di utilizzi delle acque del fiume Piave. Il regime delle portate del Piave infatti risente in misura significativa degli effetti delle utilizzazioni, particolarmente di quelle irrigue che hanno comportato un progressivo incremento delle portate derivate a scapito di quelle fluenti in alveo. In questo contesto, le finalità del caso italiano sono lo studio e la realizzazione di un piano per la riorganizzazione del sistema di gestione delle acque. In particolare, il caso di studio prevede un progetto integrato - chiamato Progetto Idrico Integrato - di riorganizzazione del sistema irriguo da scorrimento a pioggia e della rete di adduzione basato sull’approccio duale, coinvolgendo il Consorzio di Bonifica Destra Piave e il Consorzio Acquedotto e Fognature Schievenin Alto Trevigiano. Un altro obiettivo del progetto italiano è quello di realizzare il coinvolgimento dei principali attori interessati nella fase di valutazione di varie alternative progettuali secondo uno specifico modello di valutazione. L’obiettivo di questo poster è quello di presentare metodologia, risultati preliminari e attesi delle analisi delle varie problematiche che si affiancano alle questioni meramente tecniche e progettuali, funzionali all’impostazione del modello di valutazione. Metodologia Uno degli obiettivi del caso di studio italiano è quello di realizzare un modello di valutazione basato su un approccio partecipato. Dopo una prima fase di identificazione degli attori è iniziato il loro coinvolgimento tramite una serie di incontri individuali, di interviste e seminari locali per informarli e per registrare le esigenze di ogni gruppo in relazione all’uso delle risorse idriche. Un’analisi socio economica dell’impatto della riorganizzazione irrigua ha permesso di raccogliere sia informazioni sull’area del caso di studio che le opinioni degli agricoltori sul progetto idrico integrato. Questa analisi è il frutto di un indagine sul campo condotta su un campione di aziende rappresentative che si è svolta su due livelli ed ha focalizzato su: A livello aziendale:

− la valutazione in termini quantitativi e qualitativi dell’impatto di cambiamenti derivanti dalla riorganizzazione irrigua sull’azienda agricola, attraverso un approccio multicriteriale

− la simulazione delle scelte produttive degli agricoltori in funzione della riorganizzazione irrigua e dei nuovi aspetti della Politica Agricola Comunitaria (Riforma Fischler)

− valutazione della convenienza economica in funzione dei cambiamenti proposti A livello territoriale aggregato:

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− la valutazione dell’impatto dei cambiamenti previsti sulle differenti tipologie aziendali − valutazione degli scenari futuri aziendali nelle scelte produttive − la valutazione e le propensioni al cambiamento delle differenti classi dimensionali

aziendale − la valutazione di futuri andamenti nel reddito e il livello occupazionale del settore,

domanda idrica e pressione sull’ambiente Risultati preliminari e attesi Con la stakeholder analysis sono state identificate due categorie di attori: gli attori principali e gli attori secondari. Gli attori principali sono tutti quelli direttamente coinvolti nel progetto e che avranno delle conseguenze dirette dalla realizzazione del progetto. Sono invece definiti attori secondari tutti coloro che per motivi istituzionali o per altre ragioni sono indirettamente interessati al progetto. Si sono tutti trovati concordi nel rilevare uno stato di fatto non adeguato per quanto concerne gli usi e consumi idrici nel territorio. I risultati preliminari dell’analisi socioeconomica a livello aziendale si possono così riassumere:

− Le aziende di piccola scala sono la maggioranza con prevalente attività familiare e part-time. Hanno quasi esclusivamente un indirizzo produttivo cerealicolo

− Le aziende di grande scala sono esclusivamente zootecniche miste e praticano l’attività agricola full-time

− La propensione all’adozione del nuovo sistema irriguo aumenta con l’aumentare delle dimensioni aziendali

− Modalità: sfavorevoli alla condivisione del materiale irriguo o i comizi irrigui troppo ampi o le aziende grandi acquisteranno il proprio o disposti a pagare di più per avere degli impianti sotterranei fissi

molto favorevoli all’istallazione di un rubinetto aziendale (aziende zootecniche soprattutto)

favorevoli alla distribuzione dell’acqua tutto l’anno Un aspetto molto importante che emerge dall’analisi, sono le differenti attitudini verso il cambiamento delle aziende di piccola e quelle di grande scala. La riorganizzazione irrigua potrebbe sì fortemente favorire l’attività delle aziende grandi, ma allo stesso tempo danneggiare l’agricoltura di piccola scala, prevalentemente attività familiare e part-time, che rappresenta l’assoluta maggioranza nella zona in termini di occupazione, fino addirittura a farla abbandonare per altre attività economiche. Questi risultati saranno discussi in un workshop a dicembre 2005 che ha l’obiettivo di svolgere la fase cruciale del processo di coinvolgimento degli attori locali in tema di gestione delle risorse idriche per l’irrigazione. Questa fase consiste nell’applicazione di una metodologia ad hoc (NetSyMod) che mira a raccogliere le opinioni, e permettere che queste opinioni siano tenute in considerazione nella fase di pianificazione del progetto idrico integrato. In questa occasione, infatti, si prevede l’elaborazione di scenari condivisi relativi ai possibili usi futuri del territorio e delle risorse idriche nella zona e una conseguente valutazione partecipata di alternative progettuali mediante un Sistema di supporto alle Decisioni (DSS).

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MODELLISTICA PARTECIPATA PER LA GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE: APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA NETSYMOD

ALL’AGRICOLTURA DEL BACINO SCOLANTE IN LAGUNA DI VENEZIA

Giupponi Carlo1,2, Camera Roberta2, Fassio Anita2, Jaroslav Mysiak2, Sgobbi Alessandra2

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Universita' di Milano; e-mail: [email protected] 2 Fondazione Eni Enrico Mattei

Introduzione La metodologia NetSyMod (Network Analysis – Creative System Modelling – Decision Support) è il risultato di diversi anni di ricerca nel campo della valutazione ambientale e dell’analisi dei processi decisionali condotta all’interno del programma di ricerca Natural Resources Management della Fondazione Eni Enrico Mattei. Tale approccio metodologico è costituito da un insieme di strumenti volti a favorire il coinvolgimento dei portatori di interesse/esperti nello sviluppo e nella formalizzazione di modelli integrati che facilitino il processo decisionale legato alla gestione delle risorse naturali. In tale contesto il processo decisionale è inteso in senso lato, includendo qualsiasi processo nel quale una scelta deve essere effettuata sulla base dell’informazione disponibile. Utilizzando la metodologia proposta, la definizione del problema, l’acquisizione dell’informazione necessaria per prendere la decisione in esame, e la fase di scelta fra le varie opzioni possibili avvengono tramite il contributo di diversi attori. L’applicazione di NetSyMod consente di coinvolgere sia gruppi di esperti in processi decisionali per la valutazione di una problema ambientale in cui sono richieste diverse competenze; sia portatori di interesse in processi decisionali partecipati che riguardano la gestione delle risorse ambientali. Attualmente l’approccio NetSyMod è stato adottato nell’ambito di diversi progetti europei8 in differenti contesti: Pianificazione partecipata e processi decisionali per una gestione integrata delle risorse

idriche; Negoziazioni in merito alla gestione transfrontaliera delle risorse naturali; Contributo degli esperti per la formalizzazione condivisa delle problematiche legate alla

gestione delle risorse idriche e per la costruzione di modelli integrati.

Principali componenti metodologiche L’approccio proposto integra diverse metodologie consolidate nel campo della modellistica: dai più tradizionali modelli di simulazione agli approcci cognitivi più innovativi. In particolare le principali componenti che costituiscono l’approccio metodologico NetSyMod sono: • Identificazione degli attori: per individuare tutti i potenziali portatori di interesse/o

esperti in merito alla decisione in esame. Il metodo proposto per raggiungere questo obiettivo è un approccio semplificato che si basa sull’organizzazione di incontri di brainstorming con un gruppo limitato di soggetti, che hanno una conoscenza approfondita del problema in esame, e che quindi in base alla loro esperienza indicano gli attori più adatti da coinvolgere nel processo partecipato.

8 ISIIMM (Institutional and Social Innovation in Irrigation Mediterranean Management), ITAES (Integrated Tools to design and implement Agro Environmental Schemes), MULINO (MULti-sectoral, Integrated and Operational decision support system for sustainable use of water resources at the catchment scale), NOSTRUM-DSS (Network on Governance, Science and Technology for water Resources management, for a Sustainable Mediterranean) e TRANSCAT (Integrated water management of transboundary catchments).

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• Analisi delle reti sociali: per rappresentare le relazioni fra gli attori identificati all’interno delle reti sociali di appartenenza. L’analisi delle reti sociali, tramite l’utilizzo di questionari e strumenti informatici ad hoc, consente l’individuazione dei ruoli, delle responsabilità e delle relazioni di ogni attore nella rete sociale considerata. Ciò permette di assicurare che il processo partecipato non sia compromesso dall’influenza di alcuni gruppi di potere ma sia invece realmente rappresentativo dell’intero insieme dei portatori di interesse della decisione presa in esame.

• Creazione di modelli condivisi: per rappresentare in modo corretto le conoscenze, le opinioni e le preferenze dei soggetti coinvolti. Gli attori chiave identificati nella prima fase sono successivamente coinvolti in un incontro durante il quale saranno costruite delle mappe cognitive che permettono di concettualizzare il problema in esame e di rappresentare le varie percezioni del sistema tramite l’adozione delle tecniche cognitive più adatte al caso specifico in esame. Durante questa fase, a secondo del contesto di applicazione, si prevede la costruzione condivisa di catene causa-effetto, applicando il modello concettuale DPSIR9 (Determinanti, Pressioni, Stato, Impatti e Risposte), oppure l’elaborazione di scenari futuri in relazione al problema in esame.

• Analisi delle opzioni: per applicare avanzati Sistemi di Supporto alle Decisioni, costruiti sulla base delle informazioni derivanti dalla fasi precedenti, che possano supportare i decisori finali nell’analisi delle diverse opzioni decisionali. L’uso di questi Sistemi di Supporto alle Decisioni consente di valutare le conseguenze che tali scelte avranno sui vari portatori di interesse. Il poster presenterà nel dettaglio le varie componenti metodologiche di NetSyMod che sono rappresentate nella Figura 1 e riferirà di un caso di studio relativo alla gestione dell’inquinamento diffuso di origine agricola.

Figura 3 Principali componenti metodologiche dell’approccio NetSyMod

9 Sviluppato dall’Agenzia Ambientale Europea: www.eea.eu.int

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GLI STRUMENTI DI SUPPORTO ALLE DECISIONI NELLA GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE NEL MEDITERRANEO: IL PROGETTO NOSTRUM-DSS

Giupponi Carlo1,2, Camera Roberta2, Crimi Jacopo2, Sgobbi Alessandra2

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Universita' di Milano; e-mail: [email protected] 2 Fondazione Eni Enrico Mattei

Introduzione Il progetto NOSTRUM-DSS (Network on Governance, Science and Technology for Sustainable Water Resource Management in the Mediterranean-The role of Dss tools) è un’azione coordinata finanziata dalla Commissione Europea nell’ambito del Sesto Programma Quadro. Il progetto, iniziato nell’Agosto 2004, ha durata triennale ed è coordinato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei. Il partenariato è costituito da diciotto enti, tra istituti di ricerca e Università, appartenenti alle sponde nord e sud del Mediterraneo. I principali obiettivi del progetto sono i seguenti: i) contribuire a migliorare la conoscenza scientifica nel settore della gestione integrata delle risorse idrichei; ii) promuovere lo sviluppo di efficaci sistemi di supporto alle decisioniii (SSD) nell’area Mediterranea; iii) diminuire il divario fra la sfera scientifica e quella politica, promuovendo un dialogo effettivo fra le parti e favorendo il coinvolgimento dei diversi portatori di interesseiii; iv) creare relazioni durevoli tra enti di ricerca, istituzioni pubbliche, ONG, piccole e medie imprese nell’area Mediterranea; v) migliorare la consapevolezza pubblica in relazione alla gestione delle risorse idriche. Il progetto è finalizzato all’elaborazione di linee guida volte a fornire delle indicazioni per l’adeguato sviluppo e la corretta applicazione di sistemi di supporto alle decisioni che possano costituire un valido strumento per il raggiungimento della gestione integrata delle risorse idriche nell’area Mediterranea. Ci si propone di redigere tali linee guida tramite l’attivo coinvolgimento dei principali portatori di interesse identificati. Struttura logica del progetto

Il progetto NOSTRUM-DSS si articola intorno a sei gruppi di attività [Work-Packages (WP)] come rappresentato nella figura a lato. Il primo gruppo si occupa delle ordinarie attività di gestione e coordinamento del progetto. Il secondo, terzo e quarto gruppo affrontano invece i principali aspetti scientifici legati allo sviluppo dei sistemi di supporto alle decisioni e alla loro effettiva o mancata applicazione. In particolare, l’uso potenziale di tali sistemi è analizzato sia in relazione ai principali settori che utilizzano le risorse idriche nel Mediterraneo (WP2: agricoltura, settore urbano, turismo e

industria) che con riferimento ai principali fattori che incidono sull’uso e la gestione delle acque (WP3: ambiente, società ed economia). Inoltre sono presi in considerazione tutti gli aspetti legati alla gestione e alla raccolta dei dati statistici e ai Sistemi Informativi Territoriali (WP4). Il quinto gruppo di attività (WP5) si occupa, invece, di integrare tutte le informazioni

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scientifiche raccolte in precedenza e di analizzarle nel contesto di una gestione sostenibile delle risorse idriche. Infine, l’ultimo gruppo di attività (WP6) non solo si concentra sugli aspetti politico-istituzionali legati alla gestione delle acque ma si propone anche di integrare questa dimensione con quella tecnico-scientifica, al fine di ridurre il divario fra queste due sfere e di contribuire al raggiungimento di una pianificazione integrata delle risorse idriche. I primi risultati Il primo risultato tangibile del progetto consiste nella raccolta dei rapporti nazionali (Aprile 2005) per ognuno dei paesi del Mediterraneo coinvolti nell’azione coordinata: questi documenti costituiscono la principale base di informazione per le analisi che saranno intraprese successivamente. Ogni rapporto è costituito da due macrosezioni: la prima contiene informazioni qualitative e quantitative sui vari settori e le varie discipline inerenti l’uso e la gestione delle risorse idriche nel paese in esame; mentre la seconda sezione presenta lo stato dell’arte rispetto all’effettiva applicazione dei SSD, il sistema istituzionale e normativo vigente ed un caso di studio specifico (ultimato o in corso d’opera) in merito ad un processo decisionale legato alla gestione delle risorse idriche. Ogni rapporto include inoltre una serie di questionari rivolti ai portatori di interesse identificati in relazione al caso di studio in esame: l’analisi di questi questionari permetterà di comprenderne il ruolo e le responsabilità nonché le relazioni con gli altri attori considerati. La Fondazione Eni Enrico Mattei ha svolto un’analisi di questi rapporti che ha permesso di evidenziarne i temi comuni come quello della presenza di conflitti per gli usi competitivi delle risorse idriche, segnalato in quasi tutti i casi di studio. Tale analisi ha permesso inoltre di evidenziare che i SSD sono attualmente poco applicati nel campo della gestione delle risorse idriche nell’area Mediterranea. Per quanto riguarda infine gli aspetti normativi, nei vari paesi in esame generalmente è risultato difficile comprendere l’effettiva applicazione della legislazione in materia di acque. Allo scopo di consolidare il processo di coinvolgimento dei portatori di interesse, già iniziato con la raccolta dei rapporti nazionali, queste ed altre tematiche verranno discusse nel corso del progetto tramite l’uso del forum sul sito web e la partecipazione di alcuni soggetti rappresentativi nei vari incontri del progetto. Ulteriori informazioni sul progetto, inclusi i principali riferimenti bibliograficiiv, sono disponibili al seguente sito internet: http://www.feem-web.it/nostrum/. 1 Gestione integrata delle risorse idriche: si indica un processo che promuove lo sviluppo e la gestione coordinata delle risorse idriche, della terra e di tutte le risorse connesse, al fine di massimizzare il conseguente benessere economico e sociale in maniera equa e senza compromettere la sostenibilità degli ecosistemi (Global Water Partnership 2000). 1 Sistemi di supporto alle decisioni: si intendono metodi/tecniche, generalmente strumenti informatici, che hanno lo scopo comune di gestire e facilitare i processi decisionali in un determinato contesto istituzionale. Nel contesto del progetto NOSTRUM-DSS si intende porre l’enfasi sull’intero processo che conduce allo sviluppo e all’applicazione di sistemi di supporto alle decisioni più che sugli strumenti informatici di per sé. 1 Portatori di interesse: in questo contesto si intendono tutti quei soggetti (associazioni ambientaliste, gruppi di utenti, istituzioni pubbliche, ecc) che rappresentano i diversi interessi legati all’uso e alla gestione delle risorse idriche nel Mediterraneo. 1 European Water Initiative - Water for Life (Unione Europea): Iniziativa lanciata dall’Unione Europea durante il World Summit on Sustainable Development a Johannesburg nel 2002. Obiettivo principale è dimezzare il numero delle persone che al momento non hanno accesso all’acqua potabile (1 milione di persone) e ai servizi igienici e fognari (2 milioni di persone) Inoltre l’iniziativa volge a favorire l’adozione di approcci di gestione e pianificazione delle risorse idriche a scala di bacino, soprattutto per quanto riguarda i bacini transfrontalieri. Questo approccio in Europa è stato introdotto dalla Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60. Millennium Development Goals (Nazioni Unite): Una lista di 10 obiettivi che mirano a ridurre la povertà, la fame, l’analfabetismo, le malattie, la discriminazione contro le donne ed il degrado ambientale entro il 2015. Questi obiettivi sono stati adottati dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

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UNA PROCEDURA PER LA STIMA DEL GRUPPO IDROLOGICO (CN) E DELL’ERODIBILITÀ (RUSLE) DEI SUOLI AGRO-FORESTALI

Gregori Enrico, Andrenelli M. Costanza, Zorn Giovanni

C.R.A. Istituto Studio e Difesa del Suolo, Firenze; e-mail: [email protected]

Introduzione Nell’ottica di migliorare l’efficienza di sfruttamento della risorsa idrica negli ecosistemi agricoli e forestali, contenendo le perdite per ruscellamento, e di ridurre l’erosione idrica del suolo è necessario disporre di metodologie che consentano di valutare le conseguenze ambientali di diverse alternative nella destinazione d’uso del suolo e nella gestione degli ordinamenti colturali. Molto utilizzati e collaudati sono i metodi del Curve Number (CN) (Soil Conservation Service, 1972) e della Universal Soil Loss Equation (USLE) (Wischmeier e Smith, 1978), anche nella sua versione aggiornata (RUSLE) proposta da Renard e collaboratori (1997). Uno dei principali problemi applicativi di tali metodologie è rendere la procedura univoca e riproducibile, eliminando gli elementi di soggettività nell’attribuzione di valori appropriati alle variabili (Calzolari et Al., 2001). In questo contesto, gli aspetti che presentano maggiori difficoltà di determinazione sono il comportamento idraulico del profilo edafico (gruppo idrologico), che riveste primaria importanza nella previsione dei deflussi diretti, e la resistenza meccanica degli orizzonti superficiali nei confronti dell’azione erosiva dell’acqua. Metodologie e risultati Per la definizione del gruppo idrologico del suolo (HSG) il Soil Conservation Service americano ha proposto una procedura a punteggio basata sull’incrocio di 2 tabelle: la prima considera il gruppo tessiturale e la struttura, la seconda l’infiltrabilità dell’orizzonte superficiale e l’entità e profondità di eventuali riduzioni di permeabilità all’interno del profilo. La procedura qui presentata tenta di ovviare principalmente alla soggettività nell’attribuzione degli input relativi alla seconda tabella ed alla eccessiva discretizzazione del punteggio in output. Su 40 profili tratti dal database USDA10 dei quali era disponibile la classificazione in termini di HSG, è stata stimata la conducibilità idraulica a saturazione (Ksat) dei singoli orizzonti mediante la pedo-funzione proposta da Bloemen (1980) applicata ad 8 classi tessiturali; l’eventuale riduzione di permeabilità con la profondità (H) è stata calcolata attraverso il rapporto tra la conducibilità idraulica degli orizzonti sottostanti (Ksat,i) e quella dell’orizzonte superficiale (Ksat,sup). A partire da questi valori è stata implementata una formula che restituisce il punteggio (P) di tabella 2 del CN per ogni orizzonte:

HKKKP satisatsat ⋅−⋅−⋅−= 02.0)/(89.443.065.11 sup,,sup, . Per ottenere il gruppo idrologico del profilo viene considerato il massimo valore di P, da sommarsi al punteggio della tabella 1 del CN. Dato che tale stima è risultata attendibile solo per il gruppo A, l’accuratezza predittiva è stata migliorata tramite una regressione lineare multipla che considera le seguenti variabili: i punteggi tabellari descritti sopra, la profondità e l’entità della massima riduzione di permeabilità, la media ponderata (in funzione dello spessore) di Ksat dei singoli orizzonti, il diametro medio geometrico della terra fine (Torri et Al., 1997) e la categoria di struttura secondo la USLE. I risultati di tale processo, che producono un non error rate (NER) medio dell’80%, sono riportati in tabella A; si può notare tuttavia che permangono incertezze nella classificazione del gruppo D, forse in relazione a suoli in condizioni di idromorfia. 10 USDA, Natural Resources Conservation Service. http://ssldata.nrcs.usda.gov

Tabella A: Test di accuratezza diattribuzione di HSG

A B C DA 11 1B 2 8C 1 9 4D 4

85 80 100 50theta =0.26 K=0.73

NER%

Gruppo idrologico SCS

Stim

e

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La RUSLE definisce il fattore erodibilità del suolo (K) in maniera empirica sulla base di variabili qualitative ordinali (struttura e permeabilità), e di altre quantitative come le percentuali di sabbia, di sostanza organica (SO) e di limo più sabbia molto fine (Smf+L). Le incertezze nella stima di K sono riconducibili alla determinazione delle variabili qualitative ed alla presenza di soglie massime per SO (4%) e per Smf+L (70%), oltre le quali l’equazione originaria di Wischmeier e Smith (1978) non viene considerata applicabile. Per valori di Smf+L maggiori del 70% si propone di inserire in detta formula un addendo b ricavato analiticamente dal nomografo di Wischmeier e Smith (1978) espresso come: b = – 0.15 exp(– 10 + 3.22 SO) / ((Smf+L) – 70). Seguendo le indicazioni proposte da Dissmeyer e Foster (1984) si è introdotto inoltre un fattore moltiplicativo c che tiene conto della presenza di orizzonti superficiali con elevati tassi di SO e di spessore (SP) maggiore di 2.54 cm:

))3(10exp(1/())))5.5(3exp(1/(3.0(1 −⋅−+−⋅−+−= SPSOc . Per determinare la variabile permeabilità del profilo, è stato ripreso l’approccio precedentemente descritto riguardo alla conducibilità idraulica a saturazione. Il contenuto in sabbia molto fine, non sempre disponibile, può essere stimato a partire da sabbia (S) e limo (L) utilizzando l’equazione di regressione riportata in figura 1 e calcolata su un campione di 1124 orizzonti superficiali tratti dal citato database USDA. Un modello analogo è stato testato per 182 suoli italiani con risultati ancora migliori (r2 = 0.843, ESS % =11.8). Applicando tale procedura di stima agli stessi 40 suoli utilizzati per la procedura CN, si osservano valori di K confrontabili con quelli derivati dai dati misurati (Tab. B); l’errore standard del 21% non è trascurabile, ma accettabile rispetto a quello ottenuto con L in sostituzione di Smf+L. Le procedure descritte sembrano fornire risultati apprezzabili anche se necessitano di ulteriori affinamenti. In particolare, per la determinazione di HSG, si può ipotizzare l’inserimento di variabili che contemplino le condizioni di drenaggio interno ed esterno del suolo (screziature e morfologia) e la presenza e tipologia di un contato litico superficiale. Per il calcolo del fattore K della USLE è auspicabile invece un ampliamento del database e l’applicazione, a titolo di confronto, di altre formule tra le numerose disponibili in bibliografia. Bibliografia Bloemen G.W., 1980. Calculation of Hydraulic Conductivities of Soils from Texture and Organic matter Content. Zeitschrift für Pflanzenernährung und Bodenkunde, 143, 581-605. Calzolari C., Bartolini D., Borselli L., Salvador Sanchiz P., Torri D., Ungaro F., 2001. Metodi Curve Numbers e RUSLE: applicazione in ambiente collinare e montano dell’Emilia Romagna e prime valutazioni su alcune unità tipologiche di suoli. Rapporto di ricerca 1.1, CNR-IGES Istituto per la Genesi e l’Ecologia del Suolo, Firenze. Dissmeyer G. E., Foster G. R., 1984. A Guide for Predicting Sheet and Rill Erosion on Forest Land. U.S.D.A. Forest Service, Southern Region, Atlanta, Georgia. Renard K.G., Foster G.R., Weesies G.A, McCool D.K, Yoder D.C., 1997. Predicting soil erosion by water: a guide to conservation planning with the revised universal soil loss equation (RUSLE). USDA, Agriculture Handbook 537. Soil Conservation Service, 1972. National Engineering Handbook: Hydrology. U.S. Department of Agriculture, Washington. Torri D., Poesen J., Borselli L., 1997. Predictability and uncertainty of the soil erodibility factor using a global data set. Catena, 31, 1-22. Wischmeier W.H., Smith D.D., 1978. Predicting rainfall erosion losses: a guide to conservation planning. USDA, Agriculture Handbook 537.

Fig. 1: Regressione di stimaper Smf+L (%).

S mf+

L(%

)

L (%)

S (%)

Smf+L = 0.671·S -0.005·S2+1.063·L-4.141r2= 0.769 ESS%=14.4

S mf+

L(%

)

L (%)

S (%)

S mf+

L(%

)

L (%)

S (%)

Smf+L = 0.671·S -0.005·S2+1.063·L-4.141r2= 0.769 ESS%=14.4

Tab B: statistiche descrittive dei valori calcolati di K USLE.

Smf+L stima Smf+L Limo

media 0.040 0.042 0.029Dev. St 0.022 0.017 0.020ESS% 21% 37%

K USLE (Mg ha h ha-1 MJ-1 mm-1)

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RESISTENZA ALLA SICCITÀ IN SORGHUM BICOLOR (L.) MOENCH: STAY-GREEN, DINAMICA DELL’ACQUA E DELL’AZOTO NELLE FOGLIE E ANALISI

GENETICA E DI LOCI PER I CARATTERI QUANTITATIVI (QTLs)

Habyarimana Ephrem1, Lorenzoni Carlo2

1 Consiglio per la Ricerca e Sperimentazione in Agricoltura - ISCI SOP Osimo (AN)

e-mail: [email protected] 2 Istituto di Botanica e Genetica Vegetale, Università Cattolica, Piacenza

Introduzione L’energia di origine fossile ha dato una spinta positiva ed immensa all’attività dell’uomo. Queste risorse sono tuttavia limitate ed il loro utilizzo si accompagna a rilasci nell’ambiente (Moses, 1999; p. 595-622) che producono effetti gravi sugli equilibri degli ecosistemi e sulla salute dell’uomo. Il sorgo è considerato quale una delle piante capaci di fornire alte quantità di biomassa come materia prima rinnovabile ad utilizzo energetico con un livello trascurabile di inquinamento (Habyarimana et al., 2002). Nella regione Mediterranea, la coltivazione di questa pianta è intralciata dalle basse ed erratiche precipitazioni insieme con la poca acqua disponibile per l’irrigazione (Baldy et al., 1993). Questo lavoro è stato intrapreso per individuare i genotipi di sorgo da biomassa adatti alle condizioni eco-climatiche della regione Mediterranea, analizzare l’eredità del carattere stay-green, esaminare l’importanza del contenuto relativo di acqua e il contenuto di azoto nelle foglie per la resistenza del sorgo alla siccità, ed identificare le regioni cromosomiche che governano i caratteri d’interesse per i lavori di breeding per la resistenza di questa pianta allo stress idrico. Materiali e metodi Settantacinque linee fornite dall’ICRISAT (International Crops Research Institute for the Semi-Arid Tropics) e due ibridi commerciali, H 132 e Abetone, sono stati valutati per la produzione della biomassa e per la resistenza alla siccità a Foggia (41° 28’ N; 15° 32’ E) e a Osimo (43° 29’ N; 13° 28’ E) nel 2001. Le prove sono state condotte separatamente in irriguo (restituzione ETc al 100%) e in asciutto, come descritto in Habyarimana et al. (2002), e hanno permesso di individuare i genotipi di sorgo aridoresistenti, i cui due cioè, SDS1948-3 e IS33350, sono stati identificati quali stay-green e senescente, rispettivamente. L’incrocio SDS1948-3 x IS33350SDS è stato eseguito e le progenie F2 e F3 utilizzate per costruire le mappe genomiche ed effettuare l’analisi genetica e QTL per lo stay-green. Risultati e discussione Quattro varietà (Brown Sweta, Seredo, Mpwekwa e Town) produttive e resistenti alle condizioni siccitose sono state ottenute. Hanno dato alte (33-51 e 20-29 Mg ha-1, rispettivamente in irriguo ed in asciutto) e stabili (ratio rese in asciutto/irriguo da 0,6 a 0,8) quantità di biomassa. I caratteri stay-green, lunghezza del ciclo biologico, altezza della pianta, sviluppo dell’apparato radicolare e biomassa potenziale sono stati associati alla produzione della biomassa epigeica in condizioni di deficit idrico. Lo studio delle popolazioni segreganti ottenute, utilizzando i metodi biometrici e della genetica formale e molecolare, ha mostrato che l’eredità del carattere stay-green è poligenica con l’esistenza di un gene maggiore ad azione dominante che avrebbe determinato un ridotto ritmo di senescenza ovvero, stay-green tipo B di Thomas e Howarth (2000). I genotipi stay-green sono stati caratterizzati da un alto contenuto relativo di acqua nelle foglie allo stadio di riempimento del seme (r = -0,22; P ≤ 0,01), alto contenuto di azoto nelle foglie alla spigatura (r = -0,26; P ≤ 0,01), e un’elevata produzione di biomassa (r = -0,2; P ≤ 0,05) (tabella 1).

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Nove gruppi di linkage sono stati individuati da 40 loci SSR coprendo un totale di 439 cM (funzione di Kosambi), con un intervallo medio di 15 cM tra loci adiacenti. La strategia di interval mapping, utilizzando una soglia di LOD score di 2, ha permesso di identificare tredici regioni cromosomiche aventi effetti sullo stay-green, il contenuto relativo di acqua nelle foglie (tabella 2), maturità, altezza della pianta, accestimento, dimensione del panicolo, e produzione di seme per panicolo. Gli alleli per lo stay-green sono stati ereditati da SDS1948-3, e la loro eredità parzialmente a completamente dominante suggerisce la possibilità di sfruttarli soprattutto per sviluppare gli ibridi di sorgo tolleranti della siccità.

Tabella 1. Coefficienti di correlazione lineare tra importanti caratteri rilevati nella F2 e nella F3 1Carattere SG LNC

(%) GYP (g)

HSW (g)

DPA

PH (cm) PW (cm)

RWC (%) -0,22** 0,26** -0,02ns LNC (%) -0,26** 1,00 -0,01ns HSW (g) -0,08 ne -0,24** 0,35*** DPA 0,19* 0,19* -0,41*** -0,07ns PH (cm) 0,16* -0,03ns 0,08ns 0,02ns 0,15ns PW (cm) 0,16 ns -0,05ns 0,58*** 0,16ns -0,23** 0,24** PL (cm) 0,08 ns 0,06ns 0,44*** 0,01ns -0,18* 0,43*** 0,42**

1SG, stay-green; LNC, contenuto di azoto nella foglia; RWC, contenuto relativo di acqua nella foglia; GYP, resa di seme per panicolo; HSW, peso di 100 semi; DPA, numero di giorni post-antesi; PH, altezza della pianta; PW, larghezza del panicolo; PL, lunghezza del panicolo; ns, *, **, ***, rispettivamente differenza non significativa e significativa a 0,05, 0,01, e 0,001 livelli di probabilità. Tabella 2. Posizione, effetti e azione dei QTL per lo stay-green e RWC in Sorghum bicolor (L.) Moench

1Effetti genici Carattere

Gruppo di

linkage

Intervallo Posizio-ne (cM)

R2 (%)

LOD score

A D

1d/a Azi-one di gene

2Parent-ale

Xtxp201 Xtxp298 4 7 2,00 -0,25 -0,30 1,19 D

Stay-green (scala 1–5) B Xtxp19

Xtxp201 2 7 2,00 -0,30 -0,07 0,23 PD

SDS 1948-3

3RWC (%) A Xtxp248 Xtxp340 0 9 2,44 2,40 0,46 0,19 A SDS

1948-3 1A , D, PD, rispettivamente additivo, dominanza, e dominanza parziale; 2 Il parentale che determina l’azione del QTL; 3phenotyping in famiglie F3 Bibliografia Baldy, C., Konate, J.M., Olufayo, A., Ruelle, P., Fernandes, A. (1993). Drought resistance of grain sorghum in a Mediterranean climate optimum management of a limited water supply. Sci. et Chang. Planét. Sécheresse, 4, 85-93. Habyarimana, E., Laureti, D., Di Fonzo, N., & Lorenzoni, C. (2002). Biomass production and drought resistance at the seedling stage and in field conditions in sorghum. Maydica, 47, 303-309. Moses, V. (1999). Oil production and processing. In V. Moses, R. E. Cape, & D. G. Springham (Eds), Biotechnology, the science and the business (pp. 595-622). Amsterdam: OPA. Thomas H, Howarth C J. 2000. Five ways to stay green. Journal of Experimental Botany 51, 329-337.

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EFFETTI DELL’IRRIGAZIONE CON ACQUE REFLUE URBANE DEPURATE SU COLTURE ORTIVE

La Rosa Rosa1, Cirelli Giuseppe Luigi2, Aiello Rosa2, Spadaro Gianmatteo2, Giannone Virgilio 3

1 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Fitosanitarie, sez. Patologia Vegetale, Università di Catania

e-mail: [email protected] 2 Dipartimento di Ingegneria Agraria, sez. Idraulica, Università di Catania

3 Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, Catania

Introduzione Il riuso delle acque reflue depurate può svolgere un ruolo strategico per soddisfare una parte dei crescenti fabbisogni irrigui, e può contribuire al disinquinamento dei corpi idrici in cui vengono generalmente sversate le acque reflue. Nell’ambito delle attività di ricerca condotta per il Progetto PON Agroindustria “Innovazione tecnologica per il miglioramento delle produzioni e dei processi agro-alimentari nelle PMI”, è stata condotta un’indagine sperimentale presso un impianto di microirrigazione di colture ortive, realizzato in prossimità del depuratore di San Michele di Ganzaria (CT). L’impianto di depurazione dispone di una linea di trattamento terziario delle acque reflue, realizzata con un sistema di fitodepurazione a flusso subsuperficiale orizzontale (Barbagallo et al., 2004). L’indagine ha avuto come obiettivo: il monitoraggio degli effetti dell’utilizzo di acque reflue trattate sulle prestazioni tecnologiche di differenti tipologie di filtri ed erogatori, utilizzando tecniche diverse di irrigazione; la valutazione della risposta produttiva di due differenti cultivar di pomodoro (cv. Incas e Missouri); la valutazione della qualità igienico-sanitaria dei prodotti irrigati con acque reflue depurate. Materiali e metodi L’impianto sperimentale di microirrigazione è stato suddiviso in nove settori: otto alimentati con le acque reflue, sottoposte ad un trattamento terziario mediante fitodepurazione, ed uno con acque convenzionali emunte da un pozzo. Gli otto settori alimentati dalle acque reflue sono stati a loro volta suddivisi in due moduli, differenti tra loro per tipologia di filtrazione: a rete o a dischi. In ciascuna ala gocciolante di tipo integrale (produzione SIPLAST) sono presenti circa 150 microerogatori a labirinto, eroganti una portata q=2,1 L/h, ad una pressione p=100 kPa. In particolare sono state testate tre tipologie diverse di microerogatori subsuperficiali (P1 RTG, MONO®, P1 FLAP) e un solo tipo di microerogatore superficiale (P1). Per ciascun settore è stato effettuato il monitoraggio del regime di pressioni di esercizio e della distribuzione delle portate erogate, effettuando misure di portata per valutare l’uniformità di erogazione di campo, espressa secondo la formula di Keller e Karmeli (1975), su 16 gocciolatori per ala. La distribuzione media delle portate erogate dai gocciolatori prescelti è stata confrontata con il valore della portata teorica per ciascuna tipologia erogante. Per valutare la produzione commerciabile, il peso medio unitario delle bacche e la produzione di scarto delle due cv di pomodoro sono state effettuate cinque raccolte manuali. I dati produttivi sono stati sottoposti ad analisi della varianza (“Tukey’s HSD”, P≤ 0,05). Per la stima del grado di contaminazione igienico-sanitaria, su ogni campione di pomodoro irrigato con acque reflue depurate o con acque chiare, sono state valutate la carica batterica mesofila aerobia totale, i coliformi totali e fecali, gli Enterococchi e l’eventuale presenza di Salmonella spp. Le analisi microbiologiche sono state condotte mediante metodo di semina per inclusione (protocolli ISS).

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Risultati e conclusioni L’indagine sperimentale ha evidenziato come i filtri a dischi e a rete abbiano simile performance per frequenza degli interventi di pulizia ed occlusione degli erogatori serviti; le portate medie erogate da ciascun settore sono risultate in linea con i valori teorici, fatta eccezione dei settori irrigati da ali interrate P1RTG (scostamento del 25%), a causa di un ridotto spessore della tubazione e dall’assenza di uno sportellino di protezione in corrispondenza dell’orifizio dei gocciolatori. Nei settori superficiali irrigati con acque reflue i valori medi di uniformità di erogazione (UE, %) sono risultati comparabili con quelli del settore irrigato con acque convenzionali (87-89%). Tra le tipologie eroganti subsuperficiali, l’ala gocciolante rigida MONO® è stata caratterizzata dalle migliori prestazioni sia in termini di UE (91-94%) che per i volumi idrici somministrati. I risultati inerenti la produzione hanno evidenziato differenze significative in relazione, principalmente, alle cultivar (60,0 t/ha per l’Incas contro 147,0 t/ha per il Missouri), nonché tra il numero di bacche di scarto su m2 di superficie coperta (80,0 scarti/m2 per l’Incas contro circa 33 scarti/m2 per il Missouri); tali differenze risultano indipendenti dalla somministrazione delle differenti tipologie di acque ma sono state determinate dal marciume apicale delle bacche che ha compromesso buona parte della produzione della cultivar a frutto allungato. Il settore pacciamato ha fatto registrare un incremento di produzione pari al 16%. Dai confronti relativi alle tipologie eroganti (dati non riportati) non sono invece emerse differenze produttive di rilievo. La valutazione del profilo microbiologico riscontrato sulle cv. in studio ha evidenziato come l’apporto microbico conferito dalle acque reflue depurate sia comparabile a quello ottenuto con acque convenzionali. L’uso del filtro a dischi ha comportato una contaminazione batterica totale media (2,5 x 104 UFC/g) inferiore rispetto a quella ottenuta con il filtro a rete (1,0 x 105 UFC/g). Analogamente si è verificato per i coliformi totali. La somministrazione con ala interrata ha comportato una contaminazione batterica totale media più contenuta (1,0 x 104 UFC/g) rispetto a quella con ala superficiale (3,0 x 105 UFC/g). Analogamente per i coliformi totali nel caso dell’ala interrata si sono riscontrati valori inferiori (5,2 x 102 UFC/g) rispetto a quelli riscontrati con ala superficiale (1,9 x 103 UFC/g). In tutte le tesi non sono stati riscontrati microrganismi indicativi di contaminazione fecale (E. coli, enterococchi e Salmonella spp). L’utilizzazione di un idoneo sistema di filtrazione con una tipologia di erogazione a goccia subsuperficiale ha consentito di ottenere una qualità microbiologica dei prodotti tali da poterli definire “igienicamente sicuri” e quindi potenzialmente commerciabili. Bibliografia Barbagallo et al., (2004). Comportamento idraulico e rimozione di inquinanti in un sistema di fitodepurazione a flusso subsuperficiale. Atti del Simposio Internazionale SIDISA, Taormina (Italy), 23-26 giugno 2004 Keller e Karmeli (1975) ”Trickle irrigation design”. Rain bird Mfg corporation, Glendora Lavoro svolto nell’ambito del Progetto PON Agroindustria “Innovazione tecnologica per il miglioramento delle produzioni e dei processi agro-alimentari nelle PMI” finanziato dal MIUR. Si ringrazia l’IRRITEC-SIPLAST per aver fornito il materiale per la realizzazione dell’impianto sperimentale d’irrigazione.

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GESTIONE OTTIMIZZATA DELL’AZOTO PER LA TUTELA DELLA QUALITA’ DELLE ACQUE

Mantovi Paolo, Ligabue Marco

CRPA - Centro Ricerche Produzioni Animali, Reggio Emilia; e-mail: [email protected] Introduzione Il passaggio dei nitrati dai suoli alle acque occupa un posto di primo piano tra le possibili conseguenze ambientali delle pratiche di fertilizzazione non ottimizzate. E’ fissato un limite per la potabilità delle acque pari a 50 mg NO3/l e già da 14 anni a livello europeo è in vigore la “direttiva nitrati” (91/676/CEE), che rappresenta il pilastro sul quale si è andato progressivamente costruendo l’insieme dei riferimenti normativi nazionali e regionali per la protezione delle acque contro l’inquinamento da nitrati di origine agricola. Al fine di individuare misure atte a massimizzare l’efficacia dei nitrati nella nutrizione vegetale contenendone le perdite dai terreni, la dinamica dell’azoto nei suoli e i complessi processi che governano i movimenti dei nitrati sono stati studiati nell’ambito del progetto GETRAMIN, acronimo di “Controllo della genesi, trasformazione e migrazione dei nitrati dal suolo alle acque superficiali e sotterranee”, coordinato dal Centro Ricerche Produzioni Animali e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna dal 1997 al 2003 (Mantovi et al., 2003). Il lavoro è stato eseguito nelle province di Reggio Emilia, Modena e Parma. La ricerca è stata suddivisa in due sottoprogetti riguardanti: 1. la genesi dei nitrati nello strato arabile del suolo; 2. la migrazione dei nitrati attraverso il suolo-sottosuolo. Nel caso del primo sottoprogetto, in un centinaio di appezzamenti sono state verificate l’efficienza di utilizzazione dell’azoto da parte delle colture e le variazioni nella concentrazione di nitrati nel suolo in funzione delle quantità di azoto apportate, delle condizioni meteorologiche e delle precessioni colturali. Le dosi di concimazione sono state calcolate facendo riferimento al metodo del bilancio semplificato dell’azoto proposto dalla Regione Emilia-Romagna. Nel secondo sottoprogetto le possibili dispersioni dei nitrati sono state sottoposte a monitoraggio dettagliato in tre siti sperimentali localizzati in aree vulnerabili della regione Emilia-Romagna, attrezzati con strumenti per il controllo e campionamento delle acque del suolo (tensiometri, lisimetri a suzione, piezometri),. Per meglio rappresentare la reale situazione, sono state riprodotte le pratiche agricole diffuse nella zona di indagine, utilizzando anche liquami suini (Mantovi et al., 2005). Parte della ricerca sta continuando nell’ambito del più ampio progetto dimostrativo triennale 2004-2007 LIFE “OptiMa-N” - Ottimizzazione della gestione dell’azoto per il miglioramento e la conservazione della qualità dell’acqua - coordinato dal CRPA (www.crpa.it/optiman). Risultati Di seguito si riportano alcune considerazioni derivate dal lavoro svolto. Nella determinazione della dotazione di nitrati nei terreni sono apparsi rilevanti: - l’andamento meteorologico. Le entità delle precipitazioni autunno-invernali sono risultate

inversamente proporzionali alle concentrazioni di nitrati residuati nel suolo (e quindi non dispersi in profondità);

- la tipologia di suolo, con accumuli più importanti nei terreni argillosi, che quindi disperderebbero meno;

- la precessione colturale, con riscontro delle maggiori concentrazioni di nitrati nei terreni in successione a colture che hanno ricevuto apporti rilevanti di fertilizzanti;

- l’intensità zootecnica. Ripartendo le varie aziende monitorate in classi sulla base di un indice di intensità zootecnica (da 0 = assenza di allevamento o di restituzioni organiche, a

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3 = sistema zootecnico a massima intensità) e considerando il contenuto di nitrati nei loro terreni nel corso di coltivazioni di frumento sono risultate importanti le residuazioni di nitrati nel terreno alla raccolta specie nei sistemi zootecnici più intensivi, dove si è rimasti sopra i 100 mg NO3/kg.

Con le prove svolte nei siti attrezzati sono state anche quantificate le entità di accumulo e migrazione di nitrati nel suolo-sottosuolo, pervenendo a bilanci completi dell’azoto. Le prove hanno permesso di distinguere diversi livelli di vulnerabilità dei suoli sottoposti a monitoraggio, che sono stati attraversati da acque di percolazione e nitrati rispondendo alle precipitazioni/irrigazioni e agli apporti di azoto in maniera differente. Da notare che nei terreni con tessitura fine le fessurazioni dovute alla contrazione delle argille hanno talora rappresentato vere e proprie corsie preferenziali per l’infiltrazione in profondità di acque di prima pioggia o di irrigazione caricatesi di nitrati (Mantovi et al., 2005). In generale, comunque, le stagioni primaverili e autunnali piovose sono risultate i momenti più critici rispetto al fenomeno di dispersione dei nitrati. Le situazioni più a rischio si sono avute per terreni fertilizzati – ad esempio con spandimenti di liquami zootecnici effettuati in estate a fine coltura o con concimazioni di fondo all’uscita dell’inverno - in condizioni di vegetazione assente o in fase di sviluppo precoce, che quindi non è ancora in grado di assorbire importanti quantità di azoto. Le misure che si sono dimostrate importanti ai fini del riequilibrio del rapporto agricoltura-ambiente, concorrendo alla riduzione delle perdite di nitrati dai terreni, possono essere schematizzate come in Tabella 1. Tabella 1 – Sintesi delle misure efficaci per la riduzione delle perdite di azoto dai terreni. Misure per la riduzione delle perdite di azoto

Azioni specifiche

• Utilizzazione di metodi per stabilire la giusta dose di azoto ed il momento più opportuno per somministrarla, a scala parcellare

- Utilizzo del metodo del bilancio per la definizione delle dosi di azoto

- Utilizzo di metodi per valutare la disponibilità di azoto nel terreno

- Utilizzo di metodi per la valutazione dell’assorbimento vegetale dell’azoto (analisi dei nitrati nei tessuti, SPAD)

• Miglioramento della collocazione del materiale organico fertilizzante nella rotazione colturale e valutazione accurata delle sue proprietà fertilizzanti

- Misura dell’azoto contenuto nei materiali organici - Valutazione della disponibilità dell’azoto organico (più o

meno facilmente mineralizzabile) - Considerazione degli effetti residui dovuti alle fertilizzazioni

organiche - Somministrazione di liquami alle colture più esigenti in

termini di azoto

• Adozione di strategie generali agronomiche e ambientali per il contenimento delle perdite dei nitrati

- Limitazione degli apporti di azoto in assenza di vegetazione - Copertura vegetale dei terreni in periodo autunno-invernale

(cover e catch crop) - Diffusione di colture prative e perenni che garantiscano la

copertura continua del suolo - Ottimizzazione delle pratiche irrigue - Realizzazione o mantenimento di fasce tampone e wetlands - Estensivizzazione delle produzioni vegetali, ove possibile

Bibliografia Mantovi P., Tabaglio V., Ligabue M., Fumagalli L., Davolio R., Guermandi M., Beretta G.P. (2004). Il progetto GeTraMiN: “Controllo della genesi, trasformazione e migrazione dei nitrati dal suolo alle acque superficiali e sotterranee”. Atti del convegno internazionale “Sistemi agricoli e inquinamento da nitrati”, Perugia, 11-12 dicembre 2003, ARPA Umbria: 227-243. Mantovi P., Fumagalli L., Beretta G.P., Guermandi M. (2005). Nitrate leaching through the unsaturated zone following pig slurry applications. Article in press in Journal of Hydrology.

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DETERMINAZIONE DEL RISPARMIO IDRICO ATTRAVERSO IL BILANCIO IDRICO CONSORTILE

Marcheselli Luca, Taglioli Giuseppe

Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Università di Bologna

e-mail: [email protected] Introduzione E’ oramai assodato che la conservazione della risorsa idrica ed il conseguente sfruttamento per usi civili, industriali ed agricoli, devono seguire criteri di assoluta sostenibilità a causa della congiuntura climatica attuale e della crescente pressione antropica a carico dell’ambiente. L’agricoltura gioca un ruolo predominante nella gestione e fruizione della risorsa idrica, pari a circa il 65% del totale degli impieghi annui ovvero,per la regione Emilia Romagna, 1.209 milioni di metri cubi su di un totale di 1.914 milioni prelevati(dati Istat 2000). Di fronte ad una tale predominanza appare una logica conseguenza la ricerca, da parte di enti e istituzioni coinvolti nella gestione dell’acqua irrigua, di nuove metodologie, tecniche e conoscenze che implementino l’efficienza e l’efficacia del sistema irriguo ed alleggeriscano le conseguenti pressioni a carico del comparto agricolo. Al fine di individuare l’entità del possibile risparmio idrico si è determinata l’incidenza dei vari comparti della ripartizione della risorsa idrica(ingressi ed uscite dal prelievo a monte fino alla distribuzione in campo) redigendo un analitico bilancio idrico consortile relativo al Consorzio Parmigiana Moglia Secchia ; successivamente,avvalendosi anche di dati sperimentali rilevati in altre zone della regione,si è provveduto alla valutazione di tale ripartizione a livello dell’intera regione Emilia Romagna. Il comprensorio del Consorzio della Bonifica Parmigiana Moglia Secchia è situato tra le province di Modena e Reggio Emilia e copre una estensione di 215000 ha circa. L’approvvigionamento della risorsa idrica è garantito dai prelievi dal Po e dal Fiume Secchia.La rete irrigua da Po è costituita da 1200 km di canali. Il Consorzio di Bonifica Parmigiana Moglia Secchia, che gestisce l’impianto, si avvale di risorse atte a servire una superficie irrigabile di circa 80.000 ha.La media annua dei terreni effettivamente irrigati è di circa 30.000 ha, a fronte di un prelievo idrico stagionale di circa 140.000.000 m3: sono quindi annualmente prelevati da monte una media di 4650 m3/ha. Le colture irrigue presenti sono: barbabietola, cocomeraie e melonaie, frutteto, mais, medicaio, panico, pioppeto, pomodoro, prato stabile, risaia, soia,sorgo, vigneto. Il sistema di irrigazione maggiormente utilizzato è quello a pioggia, seguito dallo scorrimento e dalla microirrigazione. Determinazione del bilancio idrico -Evaporazione dai canali. Tali perdite corrispondono soltanto a circa il 2% del volume totale immesso(circa 3.000.000 m3) e possono essere in parte compensate dalle precipitazioni. -Determinazione degli scarichi. L’entità delle perdite fisiologiche per scarico al termine della rete collettiva è elevata e corrisponde a circa 23.000.000 m3 (16% del volume totale) -Perdite per infiltrazione. Per le perdite per infiltrazione nei canali in terra(che costituiscono più del 90% delle tipologie irrigue presenti nel Nord Italia) e che in alcuni casi sono pari anche ai due terzi della risorsa immessa, sono state anche eseguite alcune prove dirette in alveo e su canali di diverso ordine, per stabilire sperimentalmente alcuni valori indicativi.

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E’ stato effettuato giornalmente il calcolo della perdita utilizzando un valore medio, derivante dalle indicazioni di diversi autori, di 0.10 m3m-2d-1 :l’entità di tali perdite,estesa all’intera stagione irrigua, ammonta a circa 43.000.000 m3 (30% del volume totale) Riepilogando: Totale prelievi da Po e Secchia 140.000.000 m3 Totali perdite 65.000.000 m3

Acqua disponibile per le aziende 75.000.000 m3 Le perdite idriche nel sistema di distribuzione collettiva sono pari al 46% circa. L’acqua che rimane disponibile per le aziende corrisponde ad un volume stagionale di consegna di circa 75.000.000 m3 (quindi con un’efficienza irrigua delle reti collettive del 53%) corrispondenti mediamente a 2500 m3/Ha irrigato:considerando poi un’efficienza d’adacquamento del 60% (media ponderata tra metodi gravitazionali esistenti e quelli in pressione e all’efficienza della rete secondaria aziendale),alle colture è verosimilmente giunto in media un volume d’adacquamento stagionale di circa 1500 m3/Ha. Considerando i fabbisogni reali delle colture effettivamente presenti (schede irrigue CER) il volume d’adacquamento necessario per le colture presenti(media ponderata) corrisponderebbe a 1400 m3/Ha (42.000.000 m3) : le aziende hanno quindi mediamente fatto giungere alle colture un quantitativo idrico superiore solo del 7% rispetto al necessario. Rapportando i 1400 m3/Ha con il volume stagionale in ingresso di 4650 m3/Ha si può valutare l’efficienza globale del sistema distributivo (dal prelievo a monte alle colture) che corrisponde al 30%. La situazione regionale In Emilia Romagna,del miliardo di metri cubi di acque superficiali all’anno utilizzato dall’agricoltura,attraverso un analogo studio, è emerso che un volume di circa 250 milioni di metri cubi (25%) è imputabile alle perdite dai canali in terra, mentre le caratteristiche della distribuzione all’interno del comprensorio(sistemi di consegna) e dell’azienda(metodi irrigui) possono incidere per altri 250 milioni di metri cubi di acqua(25%). L’efficienza globale irrigua del sistema collettivo(senza considerare l’efficienza distributiva aziendale) non è quindi superiore al 50%:questo dato è anche rilevabile considerando che il miliardo di metri cubi utilizzati sui circa 250.000 ettari effettivamente irrigati corrispondono a 4000 m3/Ha (escludendo le acque sotterranee) mentre il fabbisogno medio agronomicamente necessario per le colture dovrebbe attestarsi sui 1500-1800 m3/Ha (37-45%). Interventi quindi sulla rete collettiva e sulla distribuzione aziendale potrebbero portare ad un non indifferente risparmio della risorsa idrica che potrebbe essere utilizzata non solo nel settore agricolo ma anche in quello civile,industriale ed ambientale. Soltanto però accurati studi a livello consortile ed aziendale potranno portare ad una esatta valutazione delle risorse idriche risparmiabili,tenuto conto anche degli inevitabili aspetti economici legati a questo problema,in maniera tale da poter pianificare gli interventi in relazione anche alle priorità individuabili. Bibliografia Taglioli G.: ”Risparmio idrico in agricoltura”-Estimo e Territorio n°12/03. Il Sole 24 Ore. Marcheselli L.: ”Relazione tecnica per il Consorzio Parmigiana Moglia Secchia”. Taglioli G.: ”Risparmio idrico in agricoltura”-Convegno, Consorzio Bonifica Burana-Vignola. 13/05/03.

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Figura – Analisi di discontinuità effettuata con Strucchangesulle precipitazioni annue sul Mediterraneo centro –occidentale e per il periodo 1950-2002. Si osservi ladiscontinuità del 1978 (linea tratteggiata verticale) el’intervallo di confidenza del 95% per la stessa (lineatratteggiata orizzontale). I dati dal 1950 al 1995 sono tratti daPiervitali, Conte e Colacino (1998) mentre quelli dal 1996 al2002 sono tratti dal dataset globale del progetto GlobalPrecipitation Climatology Project(32Hhttp://cics.umd.edu/~yin/GPCP/home.html).

CAMBIAMENTO CLIMATICO E DISCONTINUITA’

Mariani Luigi1, Georgiadis Teodoro2

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano; e-mail: [email protected]

(2) CNR –IBIMET - Bologna Generalità Riferendosi a temi di stretta attualità come quello del “riscaldamento globale” è oggi invalsa la moda di descrivere le serie storiche di dati evidenziandone i trend lineari, magari associati al trend di incremento della CO2 (Mariani, 2005; Georgiadis e Mariani, submitted). Fra i principali elementi di debolezza di un tale approccio è il fatto che esso trascura alcuni fra i più rilevanti lasciti della climatologia del 20° secolo ed in particolare: 1. il fatto che la variabilità delle grandezze climatiche al suolo è strettamente correlata con la

variabilità della circolazione atmosferica (Lamb, 1961); 2. Il fatto che variabilità della circolazione atmosferica globale si manifesta spesso in forma

di brusche discontinuità che in passato sono state identificate dai climatologi più attenti con il concetto stesso di cambiamento climatico (Sneyers et al, 1993; Lockwood, 2000).

Se tali due presupposti sono rispettati, i segnali di cambiamento climatico si manifesteranno nelle serie storiche delle grandezze atmosferiche chiave per il ciclo dell’acqua (precipitazione, temperatura dell’aria, ecc.) attraverso discontinuità, apprezzabili in termini quantitativi con un approccio di tipo statistico. Metodi, risultati e discussione In particolare nel lavoro qui presentato si portano all’attenzione dei lettori alcune analisi di discontinuità (change-point analysis) condotte su serie storiche dell’area euro-mediterranea con l’ausilio della libreria strucchange del software statistico di pubblico dominio R -

http://cran.r-project.org (Bai e Perron, 1998 e 2003; Zeileis e Kleiber, 2005). In particolare nel poster vengono evidenziate e discusse alcune discontinuità evidenziatesi intorno agli anni ’80 del 20° secolo e che si presentano in stretto accordo con un cambiamento brusco della grande circolazione occidentale manifestatosi nello medesimo periodo . A seguito di tale discontinuità si è aperta una nuova fase climatica (Werner et al., 2000) che nel centro del Mediterraneo si distingue da quella che l’ha preceduta per la presenza di temperare più elevate e precipitazioni più scarse.

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A titolo di esempio si riporta il diagramma in figura, frutto di una analisi svolta sulle precipitazioni medie annue riferite all’area del Mediterraneo Centro – Occidentale. Dall’analisi effettuata con STRUCCHANGE emerge una discontinuità nel 1978. Si osservi inoltre che il 95% di confidenza la discontinuità ricade nel range segnalato dalla linea orizzontale tratteggiata e cioè fra 1975 e 1987. Le due linee orizzontali più spesse indicano le precipitazioni medie del periodo 1950-1978 (649 mm) e 1979-2002 (570 mm). La presa di coscienza dell’esistenza di tali discontinuità e della presenza di fasi climatiche distinte è necessaria per affrontare in modo razionale ed alieno da millenarismi la variabilità del clima, con cui l’agricoltura europea si confronta con successo da oltre 5000 anni. Bibliografia Bai J., Perron P., 1998. Estimating and Testing Linear Models With Multiple Structural Changes, Econometrica, 66, 47-78. Bai J., Perron P., 2003. Computation and Analysis of Multiple Structural Change Models, Journal of Applied Econometrics, 18, 1-22. Georigiadis T., Mariani L., submitted. Clima e cambiamento climatico, Rivista Italiana di Agrometeorologia. Lamb H.H., 1966. The changing climate, Methuen, London, 236 pp. Lockwood J.G., 2000. Abrupt and sudden climatic transitions and fluctuations: a review, International Jourmal of Climatology, 21: 1153-1179. Mariani L., 2005. Vent’anni di cambiamento climatico: lettura critica in chiave agrometeorologica, in atti del Convegno Climagri di Ancona, (www.ucea.it). Sneyers R., Palmieri S., Siani A.M., 1993. Characterizing trends in climatological time series. An application to Brera observatory (Milan) rainfall series, Proceedings of international conference on applications of time series analysis to astronomy and meteorology, Università di Padova, 6-10 settembre 1993, pp. 321-328. Zeileis, A., Kleiber, C., 2005. Validating Multiple Structural Change Models - A Case Study, Journal of Applied Econometrics, 20, 485-490. Werner, P. C., Gerstengarbe F.W., Fraedrich K, Oesterle K. 2000. Recent climate change in the North Atlantic/European sector, International Journal of Climatology, Vol. 20, Issue 5, 2000: 463-471. I due autori sono membri dell’Associazione Italiana di Agrometeorologia

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STUDIO SENSORIALE SULLE ACQUE: APPROCCIO SPERIMENTALE

Masino Francesca, Antonelli Andrea, Ulrici Alessandro, Foca Giorgia, Franchini Giancarlo

Dipartimento di Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria, Università di Modena e Reggio Emilia e-mail: [email protected]

Introduzione Le caratteristiche sensoriali assumono un ruolo di fondamentale importanza nella determinazione della qualità alimentare. Per questi motivi, l’analisi sensoriale è uno strumento valido che, abbinata ad altre metodiche, consente d’individuare, sviluppare e migliorare le caratteristiche di un prodotto, oltre che a studiare le preferenze dei consumatori. L’acqua è, per definizione, priva di gusto ed odore e, proprio per questo motivo, le sue caratteristiche sensoriali sono difficili da valutare. In questo lavoro si descrive l’addestramento di un gruppo di persone (panel) per la valutazione sensoriale dell’acqua, ed alcune applicazioni a campioni reali. Materiali e metodi Sono state selezionate alcune acque minerali in bottiglia caratterizzate da un diverso valore di durezza e residuo fisso (Tabella 1). Oltre a questo, sono stati studiati campioni d’acqua potabile prelevati in tre diversi punti del territorio reggiano e classificati, in base ai parametri chimico-fisici, in tre gruppi diversi: C1, C2, C3 (Ulrici et al., 2005). Questi campioni sono stati lasciati riposare in brocche di vetro per eliminare l’odore di cloro che poteva influire sul giudizio sensoriale degli assaggiatori, dopodiché, al fine di migliorare la stabilità microbiologica, i campioni sono stati filtrati attraverso filtri a membrana di PA (0,45 μm). L’acqua così trattata è stata conservata al buio e a temperatura di 4 °C fino al momento dell’impiego.

Tabella 1. Parametri riguardanti le acque minerali.

Acque Residuo fisso (mg/L) Durezza (°F)

A1 76,3 5,84A2 35,8 2,60A3 276,0 Non disponibileA4 144,0 11,00

L’analisi sensoriale sulle acque è statarealizzata selezionando un gruppo digiudici idonei (ISO 8586-1:1993) esottoponendolo ad una fase diaddestramento convenzionale (ISO3972:1991 e ISO 5496:1992).

Nella fase finale dell’addestramento sono stati eseguiti duo trio test e test triangolari (UNIU590A2520: 2000) tra le acque minerali e l’acqua C2, e tra le acque dei diversi gruppi(C1, C2, C3). L’acqua di ogni gruppo, infine, è stata diluita con diverse percentuali di A1(30, 50, 70 e 90 %) ottenendo, così, i campioni Cn70%, Cn50%, Cn30%, Cn10% i qualisono stati sottoposti alle medesime analisi. Risultati e discussione L’analisi sequenziale (Meilgaard et al., 1999) ha permesso di seguire il livello diaddestramento di ogni candidato mediante un grafico in grado di mostrare ilraggiungimento dell’idoneità (Figura 1). I risultati ottenuti dall’analisi dei campioni d’acqua mostrano differenze significative tra icampioni A1 e C2 e tra A2 e C2 (Tabella 2). La coppia A4/C2 presenta un livello minore disignificatività, anche se le prove non sono state così numerose come per gli altri campioni.Questo risultato è imputabile agli alti valori di durezza e residuo fisso del campione A4 piùsimili a quelli dell’acqua C2. A conferma di ciò A3, che presenta un residuo fisso ancorapiù alto, non ha mostrato differenze significative.

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Zona d’indecisione

Figura 1. Analisi sequenziale relativa ad un candidato che ha superato la fase di selezione.

Tabella 2. Risultati ottenuti dal confronto tra acque minerali e acque C2 (ns = non significativo, * p = 0,05; ** p = 0,01; *** p = 0,001).

Gli assaggiatori sono stati anche in grado di distinguere le acque dei diversi gruppi confrontati fra loro in tutti i possibili modi (p = 0,05). Al fine di valutare un eventuale miglioramento delle acque C1, C2, C3, ciascun campione è stato confrontato con campioni diluiti dello stesso gruppo. Nel caso di C2 e C3 è stato possibile evidenziare differenze significative solo dopo aver abbondantemente diluito il campione tal quale, mentre C1 era differente sin dalla diluizione più bassa (Tabella 3). Questo risultato potrebbe essere spiegato con la mancanza linearità tra la concentrazione della sostanza che produce lo stimolo e l’intensità percepita dello stesso (Meilgaard et al., 1999). C1, C2, C3

Tabella 3. Risultati ottenuti dal confronto tra le acque dei gruppi tal quali e i campioni diluiti (* p = 0,05; ** p = 0,01).

Bibliografia A. Ulrici, G. Foca, D. Manzini, F. Masino, N. Fontani, G. Franchini, G. Carapezzi, “Analisi multivariata di dati storici chimico-fisici e microbiologici delle acque potabili reggiane”, 2005. ISO 8586-1, “Sensory analysis – General guidance for the selection, training and monitoring of assessors. Part 1: Selected assessors”, 1993. ISO 3972, “Sensory analysis- Methodology- Method investigation sensitivity of taste”, 1991. ISO 5496, “Sensory analysis- Vocabulary”, 1992. UNI U590A2520, “Analisi sensoriale - Metodo triangolare”, 2000. M. Meilgaard, G. V. Civille, B. T. Carr, “Sensory Evaluation Techniques”, 3rd Edition, CRC Press Inc. Boca Raton (FL), 1999.

Confronto Repliche Numero di risposte

Numero di risposte corrette

A1/C2 4 55 39 ** A2/C2 5 67 50 *** A3/C2 3 42 24 ns A4/C2 1 13 10 *

Campioni Numero di risposte

Numero di risposte corrette

C170% 16 9 * C230% 16 10 * C350% 32 18 **

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CARENZA DI ACQUA E ACQUA DI BASSA QUALITÀ: QUALI EFFETTI SULLA PRODUZIONE DI MAIS?

Mastrorilli Marcello

C.R.A. – Istituto Sperimentale Agronomico, Bari

e-mail: [email protected]

L’origine dello stress idrico influisce sulla produttività delle colture? La questione è ancora aperta nel dibattito scientifico internazionale. Ci si chiede se lo stress originato da carenza di acqua o da eccesso di sali nel terreno provoca le stesse conseguenze sulla resa. Le risposte a questa domanda sono contraddittorie. Confrontando la stessa coltura allevata in condizioni di stress idrico e salino, alcuni autori ritengono che la risposta della coltura sia univoca (Stewart et al., 1977), altri sostengono che le colture sopportino più facilmente l’effetto della salinità (Shalhevet e Hsiao, 1986). La causa di tale disaccordo deriva dal criterio adoperato per definire lo stress subito dalle colture. Infatti, per quantificare lo stress sono stati seguiti due approcci: l’evapotraspirazione relativa (evapotraspirazione delle colture che hanno subito lo stress rispetto all’evapotraspirazione massima) o il potenziale dell’acqua nel terreno. Entrambi gli approcci sono basati su misure indirette, che non tengono conto dello stato idrico delle piante. L’ipotesi che si intende verificare consiste nell’utilizzare la misura diretta dello stato idrico per confrontare uno stress dello stesso grado di intensità, ma originato da cause diverse. Tra i diversi indicatori di stress, il potenziale idrico delle foglie massimo della giornata (misurato prima dell’alba o pre-dawn) è quello più affidabile. Anche in condizioni di salinità del terreno, questo indicatore esprime lo stato idrico della vegetazione e si sincronizza perfettamente con le variazioni diurne e stagionali di conduttanza stomatica. Indicazioni ancora più chiare sono state fornite dall’indice giornaliero di stress idrico (WSID, Katerji et al., 2000), calcolato come media del ciclo di crescita (dal 1° all’n° giorno) delle differenze giornaliere di potenziale idrico pre-dawn, misurato contemporaneamente su piante irrigate in modo ottimale (Ψo) e stressate a causa della scarsità o della salinità dell’acqua irrigua (Ψs): WSID = La relazione tra WSID e la resa relativa (resa della coltura stressata rispetto a quella ottenuta irrigando in modo ottimale) viene proposto come criterio per valutare le conseguenze di uno stress idrico della stessa intensità, ma originato da cause diverse. A tale scopo sono state realizzati due esperimenti, in cui il mais è stato sottoposto a tre livelli di stress. Lo stress causato dalla mancanza di acqua è stato realizzato in campo, modulando opportunamente gli apporti irrigui; quello dovuto ad eccesso di sali, in lisimetri di 1.2 m² di superficie, irrigando con acque irrigue di diversa qualità. La stessa relazione lineare è stata trovata tra la produttività del mais (misurato come decremento di resa relativamente alla coltura in condizioni ottimali) e il WSID, in entrambe le condizioni di stress. Questo risultato conferma che, nel caso del mais, la risposta produttiva allo stress idrico è la stessa, sia che questo sia originato da carenza di acqua che da eccesso di sali nel terreno.

∑ −nso

n1

ψψ

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Bibliografia Katerji, N., van Hoorn, J.W., Hamdy, A., Mastrorilli, M., 2000. Salt tolerance classification of crops according to soil salinity and to water stress day index. Agric. Water Manage. 43,99-109. Shalhevet, J., Hsiao, Th.C, 1986. Salinity and drought. A comparison of their effect on osmotic adjustment, assimilation, transpiration and growth. Irrig. Sci. 7,249-264. Stewart, J.L., Danielson, R.E., Hanks, R.J., Jackson, E.B., Hagon, R.M., Pruit, W.O., Franklin, W.T., Riley, J.P., 1977. Optimizing crop production through control of water and salinity levels in the soil. Utah Water Research Lab. PR. 151-1, Logan, UT, 191 pp.

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MISURE TDR DI CONTENUTO VOLUMETRICO D’ACQUA IN SUOLI SUPERFICIALI: BILANCIO DI MASSA, EVAPORAZIONE, INFILTRAZIONE

Menziani Marilena1, Pugnaghi Sergio1, Vincenzi Sergio2, De Leva M.1

1 Dipartimento di Ingegneria dei Materiali e dell'Ambiente, Università di Modena e Reggio Emilia

e-mail: [email protected] 2 Istituto di Scienze Marine, ISMAR - CNR, sezione di Venezia

Introduzione La conoscenza quantitativa del bilancio dinamico dell’acqua nel suolo riveste un’importanza cruciale nella descrizione fisica del continuo suolo-piante-atmosfera (SPAC). Essa deve essere basata sulla comprensione del bilancio dell’acqua nel suolo e del bilancio dell’energia alla superficie del suolo (Brutsaert, 1988; Hornberger et al., 1998). Questi due bilanci sono fortemente interconnessi poiché, da una parte, il bilancio di acqua coinvolge processi che richiedono energia e, dall’altra, la presenza di acqua nel suolo influenza il modo in cui il flusso di energia che raggiunge la superficie del suolo viene suddiviso ed utilizzato (Hillel, 1980a; Hillel, 1980b).Viene qui presentata una procedura che permette di ottenere il bilancio di massa nello strato superficiale del suolo da misure di contenuto volumetrico di acqua effettuate col metodo della riflettometria nel dominio del tempo (TDR-Time Domain Reflectometry). Tale procedura viene utilizzata per calcolare la perdita o il guadagno di acqua di una colonna di suolo di profondità H e sezione orizzontale unitaria assumendo alcune ipotesi semplificative. Essa consente di stimare l’evaporazione e quindi l’essiccamento del terreno che si verifica quando le condizioni atmosferiche sono favorevoli. Viceversa, applicando la procedura ai dati di umidità del suolo raccolti dopo un evento di precipitazione, si può stimare l’infiltrazione dell’acqua, l’eventuale ruscellamento e l’eventuale ricarica. Il metodo citato è stato applicato ai dati di contenuto volumetrico di acqua raccolti durante numerose campagne di misura effettuate sia in un modello fisico, dalle condizioni al contorno ben note, realizzato al Lido di Venezia, sia in terreni naturali. L’umidità è stata misurata, nel primo metro di profondità, in un terreno situato nella valle alpina del fiume Toce (località Pallanzeno) durante una campagna di misura svolta nell’ambito del programma di ricerca internazionale MAP (Mesoscale Alpine Programme); la campagna si è protratta da Aprile a Novembre 1999. Un’altra serie di misure in un terreno naturale è stata eseguita nell’area suburbana del Parco Lambro a Milano. In questo caso le misure di contenuto volumetrico d’acqua sono state eseguite, ancora nel primo metro di profondità, da Giugno 2001 a Novembre 2002, cioè per un periodo di circa 16 mesi. Infine, da Settembre 2003, dati di contenuto volumetrico d’acqua sono raccolti in continua presso la stazione idrologica realizzata nel campus della facoltà di Ingegneria a Modena. In questa stazione sono state installate sonde TDR fino ad una profondità di 2 m. Determinazione della perdita o guadagno di acqua di un suolo Noto il contenuto volumetrico d’acqua nel suolo a varie profondità e le precipitazioni è possibile fare una stima dell’evaporazione o infiltrazione cumulativa. Tale stima si basa sull’equazione di conservazione della massa (o equazione di continuità) applicata ad una colonna di suolo di sezione unitaria ed altezza H durante un prefissato periodo [Menziani et al., 1999]. L’equazione di continuità può essere scritta come:

( ) 0=+∂

∂+

∂∂

hhz qdiv

zq

tθ (1)

dove θ è il contenuto volumetrico d’acqua nel suolo, qz è il flusso lungo la direzione verticale z (positiva verso il basso) e l’ultimo termine è la divergenza della componente orizzontale del flusso. Integrando rispetto a t e a z l’Eq. (1) si ottiene:

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( ) ( )

( ) ( )[ ] ( ) ( )tEtPdttetp

dtdzqdivdttHqtLt

t H

hh

t

zH

−=⋅−=

=⋅⋅+⋅+−

∫ ∫∫

0

0 00

'''

'''', (2)

dove:

( ) ( ) ( )[ ]∫ ⋅−=H

H dztzztL0

','0,' θθ (3)

( )tLH rappresenta la perdita o il guadagno d’acqua della colonna considerata, nell’intervallo temporale [ ]t÷0 ; e(t) e p(t) rappresentano rispettivamente l’evaporazione (o evapotraspirazione) e la precipitazione istantanea mentre E(t) e P(t) sono le stesse funzioni ma integrate nel tempo, cioè rispettivamente la evaporazione e la precipitazione cumulativa. Sotto l’ipotesi di un flusso orizzontale trascurabile e di qz(H, t) = 0, l’Eq. (2) diventa:

( ) ( ) ( )tPtLtE H += (4) Nota la precipitazione P(t), questa semplice relazione permette di stimare l’evaporazione o l’ infiltrazione cumulativa, dalle misure di contenuto volumetrico d’acqua. Nel caso in cui dovesse verificarsi un processo di drenaggio a z = H allora E(t) rappresenta sia l’evaporazione cumulativa che il drenaggio. L’evaporazione può essere anche ottenuta con metodi di bilancio di energia (rapporto di Bowen); in questo caso l’Eq. (4) potrebbe fornire il drenaggio a z=H. Conclusioni La conoscenza del contenuto volumetrico di acqua nei terreni e della sua evoluzione temporale riveste interesse in svariati campi quali la fisica del suolo, la climatologia, la meteorologia, l’idrologia e, naturalmente, l’agraria e la tutela dell’ambiente. L’algoritmo presentato, messo a punto per stimare le perdite o i guadagni di una colonna di suolo, è stato provato e verificato in diversi tipi di terreno. Esso risulta interessante e di immediato utilizzo pratico in quanto, semplicemente con dati di umidità del suolo e dati meteorologici standard, permette di calcolare l’evaporazione cumulativa o l’infiltrazione nella colonna di suolo, cioè permette di quantificare i due principali meccanismi di scambio di massa ed energia tra suolo ed atmosfera. Infine, la conoscenza del contenuto volumetrico di acqua nei suoli superficiali è rilevante poiché consente di stimare la componente della ricarica degli acquiferi proveniente dalla superficie del suolo ed anche per razionalizzare la gestione della risorsa acqua per uso irriguo. Bibliografia Brutsaert, W., 1988: Evaporation into the atmosphere, Reidel Pub., The Netherlands, 299. Hillel, D., 1980a: Fundamentals of soil physics, Academic Press, New York, 413. Hillel, D., 1980b: Applications of soil physics, Academic Press, New York, 385. Hornberger, G. M., Raffensperger, J. P., Wiberg, P. L., Raffensperger, J., Eshleman, K. N., 1998: Elements of Physical Hydrology, Johns Hopkins University Press, 276. Menziani, M., Pugnaghi, S., Pilan, L., Santangelo, R., Vincenzi, S., 1999: Field experiments to study evaporation from a saturated bare soil. Phis. Chem. Earth (B), Vol. 24, No. 7, 813-818.

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RISPARMIO IDRICO E DI FERTILIZZANTI NELLA COLTIVAZIONE DI ORTAGGI E FRUTTA IN TERRENI AMMENDATI CON ZEOLITITE A

CHABASITE Passaglia Elio1, Poppi Stefano2

1 Dip. Scienze della Terra, Università di Modena e Reggio Emilia; e-mail: [email protected] 2 Verdi SpA, Castelnovo di Sotto, Reggio Emilia

Le zeolititi (“zeoliti naturali”, “zeoliti sedimentarie”) sono rocce che per il prevalente (> 50%) contenuto in zeolite (tetto-allumo-silicati idrati di Na, K e Ca) e tessitura litologica possiedono peculiarità chimico-fisiche [capacità di scambio cationico (CSC) elevata (1.2 – 2.2 meq/g) e selettiva per NH4 e K, elevata permeabilità, bassa (0.8 – 1.2) densità e notevole ritenzione idrica (30-35% in peso)] vantaggiosamente utilizzate in svariati settori tra cui nutrizione animale e agricoltura s.l (Ming & Allen, 2001, Passaglia & Marchi, 2002). Nel presente lavoro sono riportati i risultati di sperimentazioni condotte per valutare gli effetti derivanti dalla correzione di terreni con zeolitite e contestuale riduzione di acqua irrigua e fertilizzanti rispetto alla coltivazione tradizionale (Controllo). La zeolitite utilizzata (< 6 mm) è estratta in una cava di Sorano (Grosseto). Contenuto zeolitico: 67.4% (66% chabasite, 1.4% phillipsite). CSC: 2.17 meq/g (1.46 Ca, 0.04 Mg, 0.07 Na, 0.60 K). Densità apparente 0.73; ritenzione idrica 35% p/p; percolazione 2.5 cm/s. Le sperimentazioni, condotte nel 2004 e 2005 in 4 aziende agricole dell’Agro Pontino, hanno riguardato la coltivazione in serra fredda di lattuga, sedano, peperone e fragola e a pieno campo di actinidia (kiwi). Risultati Lattuga cappuccina cv. Hanna.- Azienda “Tufano Guerino” (Borgo Montenero – Latina). Terreno: sabbioso (fasi quarzoso-feldspatiche ~ 90%) Tesi: Controllo: terreno + fertirrigazione tradizionale; Tesi 1: terreno corretto con 10 Kg/m2 di zeolitite e fertirrigazione ridotta del 33.3%. 84 piante per tesi in 8 parcelle randomizzate, 4 per tesi. 6 fertirrigazioni tramite impianto fisso: 176 l/h per il Controllo; 117 l/h per la Tesi 1

Controllo Tesi 1 Variazioni (%)Raccolto (Kg) 25.2 28.6Peso medio cespo 300 341 + 13.7

Acqua irrigua (m3) 0.36 0.24Nitrato di Ca (gr) 90 60NPK (g) 330 220

− 33.3

Peperone cv. Almuden.- Azienda orticola “Guerra Adriano” (Borgo Montenero, Latina). Terreno: sabbioso (fasi quarzoso-feldspatiche ~ 90%) Tesi: Controllo: terreno tal quale + fertirrigazione tradizionale; Tesi 1: terreno corretto con 10 Kg/m2 di zeolitite + fertirrigazione ridotta. 60 piante per tesi in 6 parcelle randomizzate, 3 per tesi. Fertirrigazioni tramite manichette con valvole di chiusura per la riduzione dei volumi fertirrigui in quelle delle parcelle della Tesi 1

Controllo Tesi 1 Variazioni (%) Raccolto (Kg) 277.8 276.0 − 0.65 Acqua irrigua (m3) 3.09 1.77 − 42.8

N (G) 295 224 − 24.0 P (g) 191 117 − 38.7 K (g) 388 166 − 57.2

Sedano (ecotipo locale)- Azienda “Tufano Guerino” (Borgo Montenero – Latina). Terreno: “sabbioso”, stesso della sperimentazione (Ottobre-Novembre 2004) sulla lattuga.

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Tesi: Controllo: terreno tal quale + fertirrigazione tradizionale; Tesi 1: terreno corretto con 10 Kg/m2 di zeolitite già presente per la lattuga + fertirrigazione ridotta del 33.3%. 84 piante per tesi in 8 parcelle randomizzate, 4 per tesi. Fertirrigazioni ogni 2-3 giorni tramite impianto fisso: 176 l/h per il Controllo; 117 l/h per la Tesi 1

Controllo Tesi 1 Variazioni (%)Raccolto (Kg) 86 85.5 - 0.6 Acqua irrigua (m3) 2.4 1.6 − 33.3

AZOTO (GR) 124 83.2 − 33.3 Fosforo(gr) 80 53.6 − 33.3 Potassio (gr) 200 134 − 33.3

Actinidia (Kiwi) cv. Zespri gold.- Azienda “Contarino” (Bufolareccia, Cisterna di Latina). Terreno: sabbioso-argilloso (fasi quarzoso-feldspatiche ≅ minerali argillosi) Tesi: Controllo: terreno tal quale + fertirrigazione tradizionale; Tesi 1: terreno corretto con 15 Kg/m2 di zeolitite + fertirrigazione ridotta del 40%. 15 piante per tesi in 2 parcelle. Fertirrigazione e correzione del pH (501 g di HNO3 per m3 di acqua) tramite impianto fisso in numero minore per la Tesi 1.

Controllo Tesi 1 Variazioni (%) Raccolto (Kg) 997 996 − 0.10 Calibro < 77g (%) 18.4 12.5 - 5.9 Calibro 105–138 g (%) 28.7 40.1 + 11.4 Acqua (m3) 220.3 131.0 − 40 HNO3 AL 53% (KG) 62.5 37.1 − 40

Fragola cv. Pagiaro.- Azienda orticola “Donato Mariani” (Cisterna di Latina). Terreno: argilloso-limoso (netta prevalenza di minerali argillosi) Tesi: Controllo: terreno tal quale + irrigazione tradizionale; Tesi 1: terreno corretto con 8.4 Kg/m2 di zeolitite + irrigazione ridotta del 40%. 3160 piante per tesi in 2 serre contigue di 215 m2 (43x5 m)

Controllo Tesi 1 Variazioni (%) Raccolto (Kg) 1295 1358 + 4.9 Acqua irrigua (m3) 107.5 64.5 - 40

Considerazioni Finali I risultati degli esperimenti mostrano che la correzione di terreni agricoli con appropriate quantità di zeolitite a chabasite Italiana consente: a) un risparmio di acqua irrigua e di fertilizzanti; b) il mantenimento (sedano, peperone) o incremento quali-quantitativo (lattuga, kiwi, fragola) della produzione. Ciò significa un vantaggio agronomico e un beneficio ambientale (mitigazione del rischio idrico e dell’inquinamento del sistema idrologico). L’impiego di zeolitite è in tempi brevi anche economicamente vantaggioso in quanto una volta immessa nel terreno la zeolitite ne fa parte integrante ed indistruttibile ed è quindi in grado di svolgere le sue specifiche funzioni nelle diverse coltivazioni (es. lattuga – sedano). Bibliografia Ming D.W. & Allen E.R. (2001).- Use of natural zeolites in agronomy, horticulture, and environmental soil remediation. Reviews in Mineralogy and Geochemistry, 45, Mineralogical Society of America, 619-654. Passaglia E. & Marchi E. (2002).- Dalle zeoliti nuove risorse per zootecnia e agricoltura. Terra e Vita, 12/2002, 77-79.

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RISPOSTA VITICOLA ED ENOLOGICA DEL VITIGNO SANGIOVESE A STATI DI STRESS IDRICO E DI CARENZA DI OSSIGENO

Pellegrini Sergio1, Costantini Edoardo A.C.1, Bucelli Pierluigi1, Storchi Paolo2, Barbetti Roberto1

1 CRA – Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo, Firenze

e-mail: [email protected] (2) CRA – Istituto Sperimentale per la Viticoltura, Arezzo

Introduzione Le caratteristiche fisico-idrologiche del suolo svolgono un ruolo fondamentale nel determinare la risposta produttiva della vite negli ambienti a clima mediterraneo. Precedenti ricerche hanno chiaramente evidenziato come la risposta produttiva della vite e i risultati enologici siano funzione, oltre che dell'agrotecnica, di specifiche condizioni pedoclimatiche. Ciò è imputabile all'influenza dei fattori ambientali nella regolazione degli equilibri ormonali di ciascuna varietà di vite, che a loro volta controllano l'espressione del genotipo. Le caratteristiche idrologiche e il regime idrico del suolo sono tra i principali fattori che regolano la disponibilità di acqua e di ossigeno per le piante, e possono di conseguenza determinare le condizioni di stress che agiscono sulla secrezione ormonale delle piante. Nell'ambito di una serie di studi finalizzati alla valutazione attitudinale del territorio senese alla viticoltura si è quindi inteso valutare l’influenza degli stati di stress idrico e di carenza di ossigeno sulla risposta vegeto-produttiva e sulla qualità del vino prodotto da uve di Sangiovese. Materiali e Metodi La ricerca è stata condotta in 69 vigneti sperimentali ubicati in aree pedologicamente e climaticamente rappresentative del territorio provinciale di Siena, omogenei per età, sesto di impianto, forma di allevamento e carica di gemme. I suoli delle aree sperimentali sono stati caratterizzati tramite descrizione del profilo e quantificazione dei principali parametri fisico-idrologici (profondità utile per le radici, pietrosità, composizione granulometrica, massa volumica apparente, grado di idromorfia, permeabilità, contenuto idrico alla capacità di campo e al punto di appassimento, acqua disponibile per le piante). Nel biennio 2002-2003 in dieci vigneti sono stati prelevati campioni di suolo al fine di controllare l’andamento annuale dell’umidità negli orizzonti superficiali esplorati dagli apparati radicali (10-30 e 40-75 cm). I rilievi sono stati fatti a cadenza quindicinale nei momenti di più intensa attività vegetativa, o mensile nelle altre stagioni. I dati di umidità sono stati messi in relazione al contenuto idrico alla capacità di campo e al punto di appassimento per caratterizzare il comportamento idrologico del suolo in termini di acqua disponibile per le piante, deficit e surplus idrico. Nei periodi di maggiore piovosità è stato inoltre misurato il potenziale redox del suolo. In ciascun vigneto sono state individuate 3 ripetizioni di gruppi di 10 piante, sulle quali sono stati misurati i seguenti parametri vegeto-produttivi: epoca di invaiatura e vendemmia, produzione di uva (peso dei grappoli e degli acini, numero di grappoli/pianta) e legno, contenuto in zuccheri riduttori, acidità totale, pH e polifenoli dei mosti. Alla vendemmia sono stati inoltre raccolti 80-100 kg di uve, sulle quali sono state effettuate le prove di microvinificazione. Sui vini ottenuti sono stati determinati il grado alcolico, l’estratto, il pH, l’acidità totale e volatile, le ceneri, il contenuto in acido tartarico, malico e lattico, gli antociani e i polifenoli totali. I dati relativi ai parametri pedologici sono stati confrontati con quelli viticoli ed enologici, utilizzando le tecniche di analisi statistica multivariata (Analisi delle Componenti Principali - PCA), al fine di evidenziare le relazioni tra risposta viticola ed enologica e caratteri fisico-idrologici dei suoli.

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Risultati e Discussione Dall’analisi statistica dei dati pedologici e vegeto-produttivi del Sangiovese, è emerso che le variabili che indicano elevata disponibilità idrica, quali maggior contenuto in argilla, bassa permeabilità e più elevato volume di acqua disponibile per le piante, influiscono negativamente sul grado zuccherino e sulla dinamica di accumulo degli zuccheri, sul peso degli acini, sulla quantità di uva prodotta, sul numero di grappoli/pianta e sul contenuto acidico. La profondità del suolo risulta direttamente correlata alla quantità di uva prodotta, al numero di grappoli/pianta e al contenuto acidico, mentre è inversamente correlata al grado zuccherino e alla dinamica di accumulo degli zuccheri. Elevati valori di pietrosità influiscono invece positivamente sul grado ed accumulo zuccherino, e negativamente sulla quantità di uva prodotta, sul numero di grappoli/pianta e sul contenuto acidico. Il contenuto in sabbia, come prevedibile, si contrappone al contenuto in argilla, ma anche al grado ed accumulo zuccherino e, allo stesso tempo, alla quantità di uva prodotta, al numero di grappoli a ceppo e al contenuto acidico. La sperimentazione condotta nel biennio 2002-2003 nei dieci campi sperimentali, ha permesso di raccogliere i dati viticoli ed enologici che sono stati elaborati per evidenziare le relazioni tra variabili viticole e risposta enologica. L’analisi statistica (PCA) ha evidenziato come le variabili produzione di uva/pianta, numero di grappoli/pianta e peso dei grappoli, si contrappongano ai punteggi riportati dai vini nelle prove di assaggio, all’intensità colorante, ai polifenoli nelle bucce, agli zuccheri alla vendemmia e all’accumulo di zuccheri; queste variabili enologiche si contrappongono anche peso degli acini e acidità totale del mosto, ma in modo diverso rispetto alle prime. Il monitoraggio dell’umidità dei suoli dei vigneti sperimentali ha confermato che le viti coltivate sui suoli con un livello di umidità maggiore hanno fornito dei parametri vegeto-produttivi e qualitativi inferiori rispetto alle viti che hanno subito uno stress idrico estivo.

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USO DEL TERRITORIO E QUALITA’ DELL'ACQUA: RISULTATI DI UN TRIENNIO DI MISURE IN PROVINCIA DI BOLOGNA

Pieri Linda, Vignudelli Marco, Gaspari Nicola, Ventura Francesca, Rossi Pisa Paola

Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali, Università di Bologna e-mail: [email protected]

Premessa L’uso del suolo e la gestione delle acque influenzano fortemente l’eco-sostenibilità di un territorio. In particolare nella regione Emilia-Romagna il problema della gestione delle acque è complesso per la concomitante presenza sul territorio regionale di situazioni diverse e con problematiche coinvolgenti aspetti ambientali, economici e sociali con soluzioni spesso difficili e contrastanti. In questa regione si è così svolto un progetto finanziato dalla Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna, inteso a valutare quali tecniche agronomiche possano essere le più indicate per la riduzione dell’impatto ambientale, legato al trasporto di inquinanti, fertilizzanti e fitofarmaci, con l’acqua di infiltrazione e di drenaggio nelle zone di pianura e con l’acqua di ruscellamento in quello di collina.

Materiali e metodi Si è monitorato in continuo la quantità e qualità delle acque, per stimare le perdite di nitrati e di fitofarmaci in due bacini, individuati in situazioni rappresentative della nostra regione Emilia-Romagna; nello specifico, sono stati scelti: un bacino in collina di circa 300 ha (Ozzano dell’Emilia, BO) in cui l’attività agricola, per lo più biologica, occupa il 30% della superficie monitorata, e uno in pianura di 750 ha (Argelato, BO), occupati da agricoltura intensiva. Entrambi sono stati attrezzati con stazione agrometeorologica, campionatore per la raccolta di campioni, freatimetri per le misurazioni di falda e sensori per la misura dei deflussi idrici alla chiusura del bacino di collina e all'impianto idrovoro per quello di pianura. Si sono utilizzate le mappe rilevate ed elaborate dal gruppo di ricerca. Grazie ad interviste agli agricoltori, sono state raccolte informazioni riguardanti l’attività agricola svolta all’interno dei bacini, dalle quali è possibile ricavare un quadro generale sulla gestione aziendale, sulla scelta delle colture e delle tecniche colturali svolte in situazioni di pianura e di collina. Nello specifico sono stati richiesti i prodotti, le dose ed i periodi di distribuzione di concimazioni e fitofarmaci, in particolare dei diserbanti la cui diffusione in pianura ha interessato circa il 90% della SAU. La scelta dei principi attivi da ricercare si è basata proprio su queste informazioni. Un’elaborazione incrociata dei dati meteorologici e di quelli di deflusso ci ha consentito di selezionare i campioni da sottoporre alle analisi chimiche, privilegiando comunque quelli raccolti nei periodi di maggior rischio inquinamento. Per tener conto dell’apporto sul suolo di azoto atmosferico, sono stati analizzati anche campioni di acqua di pioggia. Risultati Le perdite di azoto per ruscellamento e lisciviazione sono state ottenute tramite il prodotto tra la concentrazione dei nitrati nelle acque e la loro portata, mentre gli apporti sono stati

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calcolati addizionando alle concimazioni inorganiche e agli ammendanti organici anche le deposizioni atmosferiche di azoto da noi determinate. Bacino di collina: la concentrazione dei nitrati nelle acque si è sempre mantenuta al di sotto del limite di potabilità fissato dalla UE (50ppm), essendo mediamente di 14 ppm. Le perdite di nitrati corrispondono ad una percentuale variabile dal 12 al 29 % del totale distribuito. Le analisi dei fitofarmaci, non hanno rilevato alcun residuo dei principi attivi ricercati. Bacino di pianura: i risultati mostrano che la perdita media giornaliera di azoto (N) è di 17.6 g/ha. La concentrazione dei nitrati nelle acque superficiali è per il 42 % dei campioni analizzati superiore al limite indicato, in particolare in dicembre, dopo le abbondanti piogge autunnali che favoriscono la lisciviazione dei nitrati. Le perdite di azoto corrispondono ad una percentuale variabile dal 12.5 al 17 % del totale distribuito. Le analisi dei fitofarmaci mostrano che l’80 % dei campioni analizzati ha una concentrazione nelle acque superiore a 0.1 ppb (limite fissato dalla UE per la potabilità delle acque), almeno per un principio attivo. Considerazioni conclusive L’impatto ambientale esercitato dall’attività agricola sulla qualità delle acque superficiali e di falda risulta essere condizionato dalle scelte colturali e dalle tecniche agronomiche applicate. Se infatti l’analisi delle acque del rio Centonara, che drena un bacino poco antropizzato, mostrano residui di fertilizzanti e di fitofarmaci sempre inferiori ai limiti sanciti per legge sulla potabilità delle acque, il contrario si registra nelle acque della Fossa Storta, il cui bacino è destinato totalmente ad una intensa attività agricola con tecniche agronomiche e colturali convenzionali, che prevedono lavorazioni profonde e distribuzione di abbondanti quantità di fitofarmaci e fertilizzanti. Le dosi distribuite, benché contenute all’interno dei limiti indicati sulle confezioni dei prodotti chimici utilizzati, sono infatti causa di inquinamento delle acque superficiali. Infine, poiché fin dal primo ciclo di interviste e dalle verifiche in campo è emerso che i bacini individuati per il progetto possono essere ritenuti rappresentativi per la nostra regione sarà possibile estendere i risultati ottenuti anche a scenari diversi. Bibliografia ACCINELLI C., VICARI A., ROSSI PISA P., CATIZONE P., 2002. Losses of atrazine, metolachlor, prosulfuron and triasulfuron in subsurface drain water. I. Field results. Agronomie, 22, 399-411. GARDI C., VICARI A., CAMPANINI L., ROSSI PISA P., 2000. Uso del suolo e qualità delle acque in un bacino pedecollinare. Rivista di Agronomia, anno XXXIV, n. 3, 364-372. VENTURA F., ROSSI PISA P., VICARI A., 2004. Effect of land use on soil erosion in a small watershed of Emilia-Romagna region. Italian Journal of Agronomy, 8, 1, 29-36.

Concentrazione nitrati (ppm) nel rio Centonara e nella Fossa Storta

0

20

40

60

80

100

120

140

01/09/02 10/12/02 20/03/03 28/06/03 06/10/03 14/01/04 23/04/04 01/08/04 09/11/04

rio Centonara Canale Fossa Storta

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GESTIONE DEL SUOLO NEL VIGNETO: RISULTATI PRELIMINARI SUL PROCESSO EROSIVO E UMIDITÀ DEL PROFILO

Pisante Michele, Stagnari Fabio

Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Unità di Ricerca Agronomia e Produzioni Vegetali,

Università di Teramo; e-mail: [email protected]

Introduzione Il suolo rappresenta uno dei principali fattori della qualità in viticoltura e di conseguenza dei vini. La prevenzione dei danni causati da irrazionali pratiche agronomiche è essenziale in aree in cui il suolo, a causa del ridotto spessore e dell’alta erodibilità rappresenta una risorsa ambientale scarsamente rinnovabile (Montanarella, 2005). Le superfici investite a vigneto nelle regioni del Mediterraneo, registrano perdite elevate di terreno fertile essenzialmente per la complessa variabilità spaziale e stagionale delle precipitazioni e per frequenti eventi piovosi di elevata intensità; suoli argillosi, caratterizzati da bassi tassi di infiltrazione idrica che tendono a formare crosta superficiale; fattori orografici predisponenti, come le pendenze (Wicherek, 1991). Ad incrementare l’erosione e la conseguente degradazione del suolo concorrono pratiche e sistemi di gestione agronomica irrazionali che oltre alle perdite di suolo fertile, non consentono di raggiungere e normalizzare il contenuto idrico del suolo, con ripercussioni negative sul sistema vegeto-produttivo. Lo scopo della presente ricerca è la valutazione agronomica di due sistemi di gestione del suolo in un vigneto allevato a controspalliera, rappresentativo della viticoltura collinare della Regione Abruzzo, di cui si riportano i risultati preliminari conseguiti nel triennio 2003-2005. Materiali e metodi Il dispositivo sperimentale è ubicato nel Comune di Mosciano S. Angelo (TE), 45° 45’ N - 13° 54’ E, 170 m s.l.m., su terreno argilloso-limoso. Le parcelle sperimentali lunghe 50 m, disposte sulla linea di pendenza del 20%, sono state delimitate e isolate idraulicamente su filari della larghezza di 3,1 m. Il protocollo sperimentale ha previsto il confronto tra due modalità di gestione del suolo: convenzionale (CNV), 5 lavorazioni meccaniche nel corso dell’anno per il controllo della flora infestante (fresatura ed erpicature); conservativo (CSR) controllo chimico della flora infestante con diquat + paraquat (330 + 660 g/ha), 2 volte l’anno. All’estremità inferiore di ciascuna parcella è stato installato un collettore per la raccolta delle acque di deflusso superficiale e della frazione di terreno erosa collegato, a quota altimetrica inferiore, ad una vasca di raccolta posta in serie per una capacità complessiva di 3 m3. Per ogni evento piovoso con afflusso minimo di 10 mm, è stata rilevata nelle vasche di raccolta la quantità di acqua e di terreno eroso. In prossimità dei collettori è stata installata una stazione meteorologica multifunzione per il rilievo dei parametri ambientali e per il monitoraggio del deflusso nelle vasche. Nel febbraio 2005 sono state installate nella parte superiore, inferiore e centrale, per ciascuna tesi allo studio, sonde per il monitoraggio dell’umidità del suolo lungo il profilo, alle profondità: 10 cm, 20 cm e 40 cm. Risultati e discussione Il sistema di gestione CSR ha fatto registrare, per tutti gli eventi che hanno determinato deflusso, valori superiori rispetto alla tesi CNV (Fig. 1), mentre, per il terreno eroso, nella tesi CNV sono state rilevate sempre quantità superiori (Fig. 2) particolarmente quando si sono verificati eventi di notevole intensità (177 mm in 24 ore set-ott 2003). Le precipitazioni di ridotta intensità non hanno determinato differenze. Nella tesi CSR, durante il periodo più siccitoso (giugno-luglio), è stato rilevato sempre un maggior contenuto idrico lungo il profilo del suolo monitorato, mentre differenze significative non sono state registrate durante i mesi in cui l’acqua non è di norma limitante (Fig. 3).

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La drastica riduzione della continuità verticale dei pori, conseguente alla formazione di croste superficiali particolarmente riscontabile nei terreni argillosi, incide notevolmente sulla capacità di infiltrazione dell’acqua, favorendo una maggiore perdita di suolo fertile nella tesi CNV. La gestione CSR, nel consentire le migliori condizioni di struttura superficiale del suolo e nel ridurre il trasporto di materiale terroso, ha fatto registrare un maggiore contenuto idrico lungo il profilo nel periodo estivo, notoriamente più siccitoso ed a volte fattore limitante la qualità delle produzioni viticole. Bibliografia Montanarella, L., 2005. In: Integrated soil and water management for orchard development, FAO, Roma, Land and water bulletin, 10: 3-12. Wicherek, S., 1991. Geomorphol. N. F., Suppl. Bd. 83: 115– 126.

05

10152025

runo

ff (m

m)

CNVCSRpioggia

0100200300400500

piog

gia

(mm

)

sett-ott

nov-dic

gen-feb

mar-apr

mag-giu

lug-ago

set-ott

nov-dic

gen-feb

mar-apr

mag-giu

lug

2004 20052003

Figura 1. Deflusso superficiale in corrispondenza di eventi piovosi d’intensità superiore a 10 mm.

00.40.81.21.6

2

sedi

men

to (m

m)

CSRCNVpioggia

0100200300400500

piog

gia

(mm

)

sett-ott

nov-dic

gen-feb

mar-apr

mag-giu

lug-ago

set-ott

nov-dic

gen-feb

mar-apr

mag-giu

lug

2004 20052003

Figura 2. Terreno trasportato per alcuni eventi d’eccezionale intensità.

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

m/m

Decadi anno 2005

febbraio

marzo

aprile

maggio

giugno

luglio

febbraio

marzo

aprile

maggio

giugno

luglio

profondità: 0.2 m profondità: 0.4 mprofondità: 0.1 m

febbraio

marzo

aprile

maggio

giugno

luglio

Figura 3. Contenuti idrici (medie delle 3 zone di rilievo) registrati per ciascuna tesi allo studio: CNV (●) eCSR (○). Le barre verticali indicano l’errore standard.

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INFLUENZA DELL’ACQUA SULLA VITA MICROBICA DEL SUOLO

Pompili Letizia, Mellina Alba Silvia, Benedetti Anna

C.R.A. – Istituto Sperimentale per la Nutrizione delle Piante, Roma; e-mail: [email protected] Introduzione I microrganismi sono i principali regolatori dei cicli biogeochimici degli elementi nutritivi e risultano essere indicatori sensibili dello stato di salute del suolo. Come del resto risulta prevedibile, essi subiscono notevoli variazioni con il mutare delle condizioni ambientali ed in particolare della temperatura e dell’umidità (Tombesi L., 1977). L’andamento climatico stagionale, così come le diverse condizioni climatiche presenti a latitudini differenti (Gallardo J.F. et al., 1993) come per esempio variazione di temperatura, precipitazione, eolica, di luce ecc., influisce notevolmente sull’attività funzionale dei microrganismi e dei processi biochimici attuati ad opera della comunità microbica in condizioni di campo, determinandone dei mutamenti. La difficoltà pratico-analitica di effettuare le analisi chimiche, biochimiche ed ecofisiologiche sui campioni di suolo, subito dopo il prelievo (campione fresco) suggerisce e rende necessario procedere con le analisi dopo alcuni giorni, ovvero quelli necessari a far essiccare i campioni all’aria in luogo chiuso ed aerato (campione secco). L’obbiettivo del presente lavoro è stato quello di confrontare le due diverse modalità di campionamento che prevedono e non l’essiccazione all’aria del terreno, nell’intento di individuarne la loro applicabilità alla misura dell’attività funzionale della comunità microbica. I risultati e le considerazioni scaturiti dal presente studio si collocano nell’ambito del progetto Biodiversità e Bioindicazione della provincia di Pavia cofinanziato dal “Joint Research Centre” di Ispra (VA) e dalla Provincia di Pavia e coordinato dal Dott. R. Cenci. Materiali e Metodi I prelievi dei campioni di suolo oggetto di studio sono stati effettuati nell’Azienda Agricola “Cascina Orsine”. La scelta di questo sito è dovuta al fatto che si tratta di una Azienda a conduzione biologica nella quale si ha una coltura polifita, dove l’ultima aratura è avvenuta nel 2002. Il campo non ha subito nessun tipo di trattamento essendo a conduzione biodinamica e quindi non sono stati utilizzati ne pesticidi ne erbicidi. Il sito si trova nell’area di Bereguardo in provincia di Pavia. Nel campionamento, avvenuto con periodicità nell’arco di dieci mesi, sono state considerate le profondità 0-15cm e 15-30cm in considerazione del fatto che la carica microbica diminuisce con la profondità, parallelamente al diminuire della sostanza organica. Questo studio è proceduto analiticamente attraverso l’utilizzo di metodi sia biochimici (per il dosaggio della biomassa microbica, per il calcolo del quoziente metabolico e del quoziente di mineralizzazione), che chimici per la caratterizzazione della sostanza organica (valutazione del contenuto in sostanza organica, determinazione del carbonio organico totale ed estraibile in soda e sodio pirofosfato, tasso e grado di umificazione) oltre che ecofisiologici per la determinazione dell’attività metabolica potenziale dei microrganismi presenti nei campioni di suolo. Risultati In sintesi vengono di seguito riportati, per ovvie ragioni di spazio, solo alcuni dei risultati ottenuti da questo studio. Più precisamente si possono osservare nei grafici che seguono i diversi andamenti della mineralizzazione del carbonio della sostanza organica da parte dei microrganismi del suolo. La respirazione microbica o mineralizzazione, è un processo nel quale la sostanza organica viene ossidata a CO2 e H2O. La determinazione del consumo di O2 o del rilascio di CO2 restituisce la misura della respirazione, e quindi riesce a quantificare le

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attività complessive, dei microrganismi del suolo. Detto questo, osservando i grafici nelle figure che seguono e ovviamente prendendo in considerazione anche i dati non presenti in questo abstract, risulta evidente che i parametri quali lo stato fisiologico dei microrganismi, il pH, l’umidità del suolo, la temperatura, la disponibilità dei nutrienti ecc., mutevoli nei differenti periodi di campionamento, concorrono in maniera evidente nell’influenzare l’attività metabolica dei microrganismi nei campioni di suolo fresco piuttosto che quella dei campioni seccati all’aria.

Settembre 2004

0

50

100

150

200

250

300

0 5 10 15 20

tempo (gg)mg

C-C

O2*

kg-1su

olo

Gennaio 2005

0

100

200

300

0 5 10 15 20

tempo (gg)

mgC

-CO

2*kg

-1su

olo

Marzo 2005

0

50

100

150

200

250

300

0 5 10 15 20

tempo (gg)

mgC

-CO

2*kg

-1su

olo

Luglio 2005

0

50

100

150

200

250

300

0 5 10 15 20

tempo (giorni)

mgC

-CO

2*kg

-1su

olo

Curve di mineralizzazione della sostanza organica da parte della comunità microbica del suolo

▲ campione seccato all'aria e poi ricondizionato campione analizzato fresco (condizionato 1 settimana) la linea continua si riferisce allo strato (0-15) cm la linea tratteggiata si riferisce allo strato (15-30) cm

Conclusioni In breve, riassumendo in modo stringato i risultati presentati nel poster, è possibile concludere che il fattore “stagionalità” ha un effetto rilevante sia sulla mineralizzazione del carbonio della sostanza organica che sulle attività enzimatiche, compiute ad opera della comunità microbica del suolo analizzato subito dopo i prelievi (campione fresco). Inoltre, la metodica di essiccamento del suolo in luogo chiuso ed aerato (campione secco), annulla l’effetto stagionale rendendo le analisi condotte in questo studio, ad esempio la mineralizzazione della sostanza organica come valutazione della CO2 emessa, ripetibili nel tempo. Bibliografia Tombesi L., 1977, Elementi di Scienza del Suolo e di Biologia Vegetale, Edagricole. Gallardo J.F., Martin V., Santa Regina I., 1993, Dynamics of leaf decomposition in forest ecosystem of the Sierra de Gata (Province of Salamanca, Spain), In: Proceedings of the 6 th IHSS Congress, pp.335-343.

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ASIMMETRIA INFORMATIVA E GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE IN AGRICOLTURA

Raggi Meri, Gallerani Vittorio, Viaggi Davide

Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Università di Bologna

e-mail: [email protected] Background La gestione dell’acqua in agricoltura si confronta con la necessità di regolare sia gli spetti qualitativi (legati all’uso dell’acqua come recettore di inquinanti), sia gli aspetti quantitativi, connessi all’uso dell’acqua, in particolare per l’irrigazione. Nell’ultimo ventennio, la pressione per l’uso di incentivi economici finalizzati ad indurre una riduzione dell’inquinamento agricolo e una moderazione dell’uso dell’acqua da parte dell’agricoltura è aumentata notevolmente. Peraltro, tale è anche lo spirito della direttiva quadro sull’acqua (60/2000), che introduce criteri quali il costo pieno, la gestione integrata a livello di bacino e il polluter pays principle. Contemporaneamente, i piani di sviluppo rurale (reg. 1257/99) propongono misure che prevedono pagamenti agli agricoltori per l’adozione di tecniche ecocompatibili. Dal canto suo, il reg. 1698/2005, pubblicato sulla G.U. C.E. del 21/10/2005 all’articolo 38 prevede la possibilità di pagamenti per ettaro per compensare maggiori costi e perdite di reddito nelle zone soggette all’applicazione della direttiva, oltre che delle norme Natura 2000. In entrambi i casi, uno dei problemi fondamentali nel design di strumenti di politica è il tema dell’asimmetria informativa. Esempi ne sono la mancata conoscenza del consumo aziendale di acqua, che riguarda la gran parte delle aziende irrigue italiane, e la parziale conoscenza dei costi di ottemperanza alle misure di riduzione dell’inquinamento. Obiettivi Obiettivo del lavoro è la messa a punto di modelli economici per l’analisi della regolamentazione quali-quantitativa dell’uso delle risorse idriche in condizioni di informazione asimmetrica. Metodologia La metodologia è basata sulla costruzione di modelli Principale-agente in condizioni di asimmetria informativa riguardante la tipologia di agente, che genera il fenomeno noto come “selezione avversa”. Tale situazione si riflette in costi della politica (costi di incentivo e amministrativi) più alti rispetto a quelli teoricamente necessari al raggiungimento di un dato obiettivo ambientale. La metodologia è applicata a due problemi.

1. Tariffazione dell’acqua ad uso irriguo. Il modello massimizza una funzione obiettivo sociale soggetta a vincoli di partecipazione, di incentivo e di recupero del costo della risorsa idrica, dati diversi livelli di redditività dell’uso dell’acqua nelle aziende agricole. Il risultato è il disegno ottimale della tariffazione nell’ipotesi di prezzo unico, first best e contratti differenziati.

2. Riduzione dell’impiego di fertilizzanti azotati in agricoltura. Il modello massimizza una funzione obiettivo sociale soggetta a vincoli di partecipazione e di incentivo, dati diversi livelli di costo di ottemperanza a misure di riduzione degli input azotati da parte delle aziende agricole. Il risultato è il disegno ottimale del meccanismo di incentivo nell’ipotesi di pagamento unico per ettaro, first best e contratti differenziati.

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Primi risultati L’analisi del problema della tariffazione dell’acqua ad uso irriguo è stata realizzata nell’area di studio di Mirandola (MO). L’agricoltura dell’area è caratterizzata da una forte dicotomia di ordinamento colturale. Da una parte, aziende ad indirizzo prevalentemente cerealicolo, a redditività medio-bassa. Dall’altra, aziende specializzate nella coltivazione de melone, ad alta redditività. I risultati mostrano come le condizioni di asimmetria informativa abbiano un peso rilevante nel determinare l’efficacia e l’efficienza di politiche di tariffazione. Contratti differenziati permettono un miglioramento della funzione di benessere sociale fino al 50% rispetto al prezzo unico. L’introduzione del recupero del costo pieno, al contrario, pur rispondendo a criteri di equità, provoca una riduzione fino al 20% del valore della funzione di benessere sociale. Il caso di studio relativo alle misure di riduzione dell’uso di fertilizzanti è stato realizzato nel comune di Argenta (FE). L’area è caratterizzata dalla inclusione nelle zone sensibili a norma della direttiva nitrati ed è pertanto potenzialmente sottoposta a particolari restrizioni riguardanti l’uso di azoto. Nel caso degli incentivi alla riduzione di inquinamento il menu di contratti mostra la capacità, a parità di budget, di proporre quote di uso dell’azoto del 10%-30% inferiori rispetto alla quota uniforme per area. Tale risultato è peraltro dipendente da condizioni esterne, in particolare dal sistema di pagamenti previsto dalla Politica Agricola Comunitaria e dai relativi incentivi sul livello di intensificazione delle aziende agricole. Discussione Sebbene in forma sperimentale e semplificata, i primi risultati dimostrano l’importanza del tema dell’asimmetria informativa nel disegno delle politiche dell’acqua e delle misure rivolte alla riduzione dell’inquinamento. L’omissione di tale elemento di valutazione può portare ad errori anche notevoli nella stima dei costi delle misure di politica delle risorse idriche, o a rilevanti errori di interpretazione circa l’effetto delle misure ipotizzate. Le possibilità e le strategie di miglioramento dei contratti, dipendono, sia dalla variabilità dei costi di ottemperanza tra aziende, sia dall’effettivo grado di asimmetria informativa tra gli attori, anche in relazione al crescente investimento per la raccolta e l’informatizzazione dei dati relativi alle pratiche aziendali. In prospettiva, la maggiore complessità dei menu di contratti potrebbe essere giustificata in alcune realtà, mentre l’uso di tariffe o premi fissi potrebbe rimanere la migliore soluzione in altre. La modellistica utilizzata, volutamente semplificata rispetto alla realtà, potrebbe essere sviluppata in diverse direzioni. Ad esempio si potrebbe includere l’effetto di costi di transazione aggiuntivi rispetto a quelli di incentivo ed informazione considerati in questo lavoro. Infine, il valore delle esternalità ambientali ed il costo opportunità dei fondi pubblici potrebbero essere inclusi per passare da una prospettiva costi/efficacia ad una più completa analisi dei costi e benefici sociali. Riconoscimenti Il progetto è stato reso possibile grazie al finanziamento MIUR PRIN 2004 “Sistemi di supporto alle decisioni per la pianificazione integrata delle risorse idriche: stato dell'arte e problemi aperti”.

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L’INDICE FABBISOGNO INVERNALE IN SURPLUS IDRICO (FISI) NELLA FASCIA COSTIERA MERIDIONALE DELLA SICILIA PER ESTENDERE LA

SOSTENIBILITA’ DELL’IRRIGAZIONE CON ACQUE SALMASTRE

Raimondi Salvatore, Marcellino Agostino, Indorante Antonino 1 Dipartimento di Agronomia Ambientale e Territoriale, Università di Palermo; e-mail: [email protected]

Introduzione In Sicilia per le particolari condizioni geo-morfologiche, le acque utilizzate per la pratica irrigua, sono spesso di qualità scadente, dovuta ad un elevato contenuto in sali solubili. L’uso, in concomitanza di periodi siccitosi, è fonte di grande preoccupazione da parte degli agricoltori e dei ricercatori per il grave rischio di desertificazione per salificazione dei suoli. Il clima ha un ruolo importante nel controllare tale processo. Infatti negli ambienti caldo-aridi, dove le piogge invernali spesso non sono sufficienti a dilavare i sali apportati durante la stagione irrigua, si ha un crescente accumulo di tali sali che determina una perdita di fertilità generale dei suoli (sodicizzazione del complesso di scambio; diminuzione della permeabilità; limitazione nella scelta delle colture). In questi casi è possibile coltivare solo specie tolleranti ed i suoli tendono ad evolversi in Aridisuoli. Tuttavia l’agricoltura non può prescindere dall’irrigazione e pertanto è opportuno vagliare con attenzione le possibilità d’uso di un’acqua salmastra. Sperimentazioni di campo, in differenti condizioni climatiche, hanno evidenziato che l’utilizzo di acqua salmastra è possibile, ricavando anche ottimi risultati quali-quantitativi (Ventrella et al., 2002; Raimondi et al., 2004). Tuttavia al fine di salvaguardare il delicatissimo equilibrio dinamico che si viene a creare tra acqua salmastra, suolo e condizioni climatiche è necessario: monitorare la qualità delle acque, le condizioni climatiche e le caratteristiche fisico-chimiche-idrologiche del suolo. La conduzione agricola richiede opportuni metodi di gestione dell’irrigazione, della concimazione e dell’utilizzazione del suolo. Tali scelte possono essere una cura alla salinità dell’acqua ed in alcune circostanze riescono a prevenire il rischio salinità del suolo. Un indice complesso, che raggruppa le tre variabili (acqua salmastra, suolo, ambiente), che permette di poter estendere i risultati sperimentali ad altri suoli simili è stato messo a punto di recente (Raimondi ed Indorante, in corso di stampa) ed è stato denominato Fabbisogno Invernale in Surplus Idrico (FISI), definito in inglese “Winter Water Surplus Requirement Index” (WWSRI)). Esso viene calcolato attraverso il rapporto fra surplus idrico invernale del suolo (o dello strato di suolo considerato), in mm, diviso per la variazione del contenuto in sali solubili (g kg-1) fra mese di agosto e mese di febbraio dell’anno successivo. Il campo di applicabilità dell’indice si ha quando la diminuzione della salinità è > 1 (I approssimazione). Questo lavoro riporta il caso dell’utilizzazione dell’indice nell’agro di Licata (AG- Sicilia centro meridionale), variando la salinità espressa in g kg-1 a dSm-1 dell’ECe (conduttività elettrica estratto pasta satura). Materiali e metodi Nel sito Porrello tunnel, in agro di Licata, dal 1980 il proprietario utilizza per l’irrigazione le acque del fiume Salso, al fine di produrre primaticci, anche sotto tunnel. La quota è intorno ai 20 m s.l.m. e ricade sulle alluvioni recenti. Il suolo rientra fra gli Inceptisuoli più precisamente è un Typic Halanthrept a tessitura franca; pH 8,5 – 8,7; CEe 6 – 8 dSm-1 (salinità prevalentemente solfatica); ESP 15 – 10 %, SAR 13 – 8 (Raimondi et al., 2002). Il clima è semiarido, terzo mesotermico con regime di temperatura del suolo termico marittimo e regime di umidità intermedio xerico torrico. Durante il periodo invernale la temperatura del suolo è tale da non determinare un blocco dell’attività vegetativa delle piante. Le strutture mobili (tunnel) sono costituiti da profilati di ferro zincato con copertura in film plastico (PVC). Sono strutture temporanee che insistono solitamente 1 anno nello stesso appezzamento. Nel tunnel si effettuano 1 al massimo 2 cicli colturali durante

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l’annata agraria. I tunnel vengono avvicendati con il carciofeto (gestito con bassi volumi idrici stagionali) o con il frumento non irriguo. In presenza di surplus idrico invernale, il carciofeto ed il frumento consentono di abbattere la carica salina del suolo. Le concimazioni e i volumi idrici utilizzati dipendono dalle colture, dall’andamento climatico e dalla quantità e qualità dei sali solubili dell’acqua di irrigazione. Il fiume ha una portata ridotta durante i mesi estivi e la qualità delle acque è variabile da stagione a stagione. Nella tabella 1 si riportano i valori medi dei prelievi effettuati durante il periodo sperimentale 1999-2003. In estate talora la salinità è bassa per il contributo delle acque reflue dei centri urbani.

Tabella 1. Dati analitici medi delle acque del fiume Salso. Cationi solubili

meq L-1 Somma cationi meq L-

Anioni solubili meq L-1

Somma anioni meq L-1

NaCl

SAR EC pH Clas- sifica- zione

Na+ K+ Ca++ Mg++ Cl- SO4-- HCO3

- CO32- g kg-1 dS m-1

36,1 2,0 16,3 48,2 102,6 50,5 37,9 1,7 0,8 90,9 3,0 6,7 6,16 8,5 C5 S1

L’attività di monitoraggio è al settimo anno. La campionatura viene effettuata tramite trivellata e prelievo della massa terrosa ad ogni 25 cm di profondità e per il primo metro di suolo. Qui, si riportano i dati dei primi 5 anni e con riferimento allo strato di suolo 0-25 cm. Risultati I suoli irrigati sono diventati salini al contrario dei naturali. Le differenze stagionali (estate-inverno) positive e negative mettono in evidenza rispettivamente dissalazione e salificazione. I dati registrati evidenziano un’alternanza di salificazione e dissalazione ed è stato stimato il surplus necessario a far abbassare di 1 dSm-1 la conducibilità dell’estratto pasta satura. Tale indice complesso sintetizza la gestione, il clima e la qualità dell’acqua. Gli indici riferiti ad un numero di anni statisticamente significativo (almeno 10) possono consentire di prevede l’evoluzione della salinità in territori pedoclimatici simili, gestiti con acque salmastre.

Tabella 2. Calcolo del fabbisogno invernale in surplus idrico (FISI) in mm dSm-1. Data prelievo CEe Data prelievo CEe Differenza stagionale Surplus invernale FISI Gestione

inverno dSm-1 estivo dSm-1 dSm-1 mm mm dSm-1 03/08/1999 10,04

15/02/2000 14,20 19/07/2000 13,90 -4,16 166 -39,9 Tunnel con pomodoro 08/03/2001 0,53 06/08/2001 1,25 13,37 159 11,9 Carciofeto 18/02/2002 3,28 06/08/2002 6,11 -2,03 23 -11,3 Finocchio 07/03/2003 5,18 22/07/2003 7,83 0,93 65 69,9 Peperone

Per ipotizzare (o simulare) i processi che intercorrono tra acqua salmastra e suolo in particolari condizioni climatiche necessitano i dati sperimentali. E’ sicuro che l’interazione tra i tre fattori ambientali gioca un ruolo determinante, talvolta sottovalutato. In passato, sono stati posti vincoli troppo restrittivi sull’utilizzazione di acqua salmastra che hanno avuto come risultato una ripercussione negativa sul comparto socio-economico di diverse aree del mondo. Bibliografia Raimondi S., Indorante A., Lo Papa G., Paladino V., Tusa D., 2002. Effetti dell’irrigazione con acque salmastre su suoli antropici e “naturali” nella piana di Licata (AG). Progetto POM-OTRIS”. Bari 28-29 novembre 2001. Ed. Facoltà di Agraria di Foggia, pp. 227-248. Raimondi S., Indorante A., Palazzolo E., Panno M., Manno C., Marcellino A., 2004. Risposta produttiva del pomodoro in coltura protetta, irrigazione con acque saline e impatto ambientale nella piana di Licata (AG). Convegno SISS “Qualità del suolo, impatto antropico e qualità dei prodotti agricoli. Agricoltura che produce paesaggio”. Siena 9-12 giugno 2003. pp. 235-241. Raimondi S., Indorante A. (in corso di stampa). Il fabbisogno in surplus idrico invernale (FISI) per valutare i processi di lisciviazione-salificazione-dissalazione dei suoli. Un nuovo indice per il controllo della desertificazione. Convegno SISS di Viterbo 22-25 giugno 2004. Ventrella D., Losavio N., Marrone G., Gonnella A.V., 2002. Impiego sostenibile di acque salmastre: effetti nel terreno e su accrescimento e resa di barbabietola da zucchero, mais e sorgo da granella. Progetto POM-OTRIS”. Bari 28-29 novembre 2001. Ed. Facoltà di Agraria di Foggia, pp. 301-248.

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BIODIVERSITÀ PER POTENZIALITÀ E STABILITÀ PRODUTTIVA IN ORZO: VALUTAZIONI IN CONDIZIONI DI DIFFERENTE DISPONIBILITÀ IDRICA

Rizza Fulvia1, Badeck Franz-Werner2, Cattivelli Luigi1, Ghashghaie Jaleh3, Di Fonzo Natale4,

Lidestri Nicosia Orazio4, Stanca Antonio Michele1

1 C.R.A - Istituto Sperimentale Cerealicoltura, Fiorenzuola d’Arda (PC) 2 Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK), Potsdam, Germany

3 Laboratoire d’Ecophysologie Végétale, Université Paris Sud, France 4 C.R.A. Istituto Sperimentale Cerealicoltura, Foggia

e-mail: [email protected] Introduzione La selezione in condizioni di limitata disponibilità idrica comporta un rallentamento nel guadagno genetico. I caratteri di tipo fisiologico, morfologico o legati allo sviluppo che contribuiscono alla resistenza alla siccità possono essere costitutivi o indotti e in alcuni casi una combinazione dei due. Una migliore conoscenza della biodiversità disponibili e nei genotipi esistenti ed una migliore caratterizzazione di quelli meglio adattati può aiutare nella comprensione dei meccanismi cruciali per le produttività in condizioni favorevoli o limitanti per disponibilità idrica. In questo lavoro abbiamo analizzato la diversità per capacità produttiva e caratteri associati in un set di 100 genotipi di orzo di diversa origine, anno d’iscrizione, habitus di crescita coltivati in un ambiente del Sud Italia soggetto a stress idrico. Materiali e metodi Gli esperimenti sono stati condotti in campo in una prova triennale (1999-2001) a Foggia (Sud Italia) in presenza (I) o in assenza (NI) di irrigazione supplementare. Sono stati valutati i seguenti caratteri: altezza della pianta, data di spigatura, resa in granella, numero di semi al m2, peso 1000 semi. Per ogni prova è stato calcolato un indice di stress idrico (Water Stress Index, WSI) sulla base del bilancio idrico giornaliero del suolo, stimato con il metodo di Thornthwaite, durante l’intero periodo delle prove, come descritto in Rizza et al. (2004). Dodici genotipi (6 distici e 6 polistici) selezionati per contrastante produttività in condizioni favorevoli e di stress, sono stati ulteriormente analizzati per la composizione isotopica del carbonio (13C) dalla granella raccolta nel 2001. La composizione isotopica stabile del Carbonio (13δC) è stata calcolata in accordo con Farquhar et al. (1982). Risultati e discussione

A) Effetto della stagione e del trattamento su produttività e caratteri associati La resa in granella è stata significativamente influenzata dalla siccità, con un maggiore effetto (indice di stress -WSI- più elevato) nel primo e nel terzo anno di prova. La regressione lineare “resa media in granella vs WSI”, è risultata altamente significativa (R2=0.88, p≤0.01). Al contrario, la regressione “resa media in granella vs water input (somma di acqua da pioggia e irrigazione)” non è stata significativa. E’ stato fatto un confronto della risposta dei singoli genotipi in prova irrigua e non, considerando sia l’andamento annuale che le medie di tre anni. In base alle medie triennali sono stati trovati valori di correlazione (r) altamente significativi per tutti i caratteri considerati (p≤0.001), con un massimo per il peso 1000 semi. Nel caso della produzione r è risultato pari a 0.73***.

B) I genotipi altamente produttivi

Al fine di descrivere il comportamento dei singoli genotipi attraverso le prove è stata calcolata per ciascuno di essi la regressione “resa granella vs WSI”. La pendenza e l’intercetta della retta individuata per ciascun genotipo sono state utilizzate come misura della sensibilità alla carenza idrica e della potenzialità produttiva, rispettivamente.

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Dieci cultivar sono state identificate come superiori per produttività sia in ambiente favorevole che in presenza di stress. Questi genotipi sono risultati molto sensibili allo stress idrico, tuttavia grazie alla loro elevata potenzialità produttiva hanno prodotto significativamente più della media in tutte le condizioni analizzate. Le elevate rese sono state raggiunte attraverso differenti strategie associate a caratteri del genotipo (elevato peso semi o numero semi/m-2, ridotta altezza della pianta, precocità) e conservate in condizioni favorevoli o di stress, piuttosto che a modificazioni indotte in risposta a stress (Tabella). Genotipo Produzione

granella [t ha-1]

Altezza pianta [cm]

Data spigatura [gg dal 1 aprile]

Peso mille semi [g]

Numero semi m-2

NI I NI I NI I NI I NI I NURE 4.8 6.8 73 91 25 28 44.2 49.0 10885 13885TEA 4.8 6.6 68 87 29 29 37.7 44.0 12821 14749APEX 4.6 6.4 70 87 29 29 36.8 42.8 12470 14927VERTIGE 4.7 6.3 70 91 25 28 40.7 48.2 11493 13047FORMULA 4.4 6.3 61 81 31 32 32.8 36.9 13550 17194TIDONE 4.5 6.3 74 90 24 24 37.9 44.1 11785 14185FEDERAL 4.3 6.4 74 92 25 28 34.3 41.2 12666 15480BARKE 4.4 6.3 71 89 31 30 33.7 40.9 12990 15431KELIBIA 4.4 6.2 73 88 26 28 44.1 51.2 9902 12088MAJESTIC 4.3 6.2 72 92 24 27 32.2 39.1 13458 15743NI vs. I, r 0.75 0.88 0.83 0.97 0.92 Livello di significatività

p≤0.02 p≤0.01 p≤0.01 p≤0.001 p≤0.001

C) i genotipi contrastanti per potenzialità e stabilità produttiva.

Anche per questi genotipi sono stati evidenziati elevati valori r per produzione e caratteri associati, confrontando i dati ottenuti in presenza e in assenza di irrigazione. L’analisi di discriminazione isotopica del 13C, come misura integrata di efficienza d’uso dell’acqua (WUE) durante lo sviluppo della cariosside (Farquahar et al., 1984) è risultata per tutti i genotipi maggiore nelle prove irrigate. Maggiore discriminazione è sostenuta da un rapporto più elevato della pressione parziale di CO2 intercellulare rispetto quella atmosferica durante la fotosintesi, dovuta a maggiore conduttanza stomatica. Le differenze tra genotipi per 13δC, entro i trattamenti irriguo e non, sono risultate significative. La correlazione tra 13δC e produzione è risultata significativa solo considerando entrambi i trattamenti, ma non entro trattato e non trattato.

Conclusioni L’insieme dei risultati presentati supportano l’ipotesi che la selezione in condizioni favorevoli consente di identificare genotipi adattabili ad ambienti soggetti a stress idrico moderato perché le stesse strategie funzionano in condizioni favorevoli sembrano essere determinanti anche ai livelli di limitata disponibilità idrica verificatasi nelle prove di campo analizzate.

Bibliografia Rizza F., F.W. Badeck, L. Cattivelli, O. LI Destri, N. Di Fonzo, A.M. Stanca. Crop Sci.: 2127-2137, 2004. Farquhar GD and RA Richards, Aust. J. Plant Physiol. 11: 539-552, 1984. Farquhar GD, O'Leary MH, Berry JA, Aust. J. Plant Physiol 9:121-137, 1982.

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GESTIONE TERRITORIALE ED AZIENDALE ATTRAVERSO L’USO DEL GIS

Rossi Stacconi Marco Valerio, Ceppi Cristiano, Cerimonia Valentina, Davoli Maria Elisabetta, Menichetti Daniele, Novelli Emanuele, Paiardini Silvia

Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Perugia; e-mail: [email protected]

Introduzione Un Sistema Informativo Geografico (Geographical Information System, GIS) è uno strumento informatizzato che permette l'acquisizione, la registrazione, l'analisi, la visualizzazione e la restituzione di informazioni derivanti da dati geografici (georeferenziati). Il GIS prevede la gestione di queste informazioni in un database relazionale, ma la sua caratteristica saliente è la capacità di georeferenziare i dati, ovvero di attribuire ad ogni elemento le sue coordinate reali. Un software GIS è capace di gestire contemporaneamente i dati provenienti da diversi sistemi di riferimento (es. Gauss Boaga) e di mettere in relazione tra di loro dati diversi, offrendo ampie possibilità di analisi e un insieme di strumenti che ne facilitano la personalizzazione e l'adattamento alle problematiche specifiche dell'utente (Calisti, 2004). L’obiettivo comune dei casi analizzati è stato quello di creare uno strumento informatico di gestione di delimitate porzioni di territorio al fine di ottenere una più efficiente utilizzazione degli elementi che lo compongono, tra i quali la risorsa idrica. Più precisamente, mediante i tre casi di seguito riportati, si è inteso perseguire i seguenti obbiettivi: Caso 1: Informatizzare il territorio aziendale ai fini di una gestione controllata e soprattutto sostenibile delle aziende agricole che influisca positivamente sul risparmio della risorsa idrica. Caso 2: Individuare possibili interventi volti a garantire economicità nella coltivazione degli olivi in zone marginali. Caso 3: Creare modelli informatici per il monitoraggio e la valorizzazione paesaggistica del territorio umbro. Materiali e metodi Caso 1. Per il conseguimento dell’obbiettivo preposto è stato digitalizzato il territorio di una azienda agraria, creando un modello capace di visualizzare, relativamente ad ogni singolo appezzamento colturale, informazioni utili alla gestione dell’azienda stessa. Il software GIS utilizzato è stato una versione dimostrativa del programma ArcView GIS 3.2©; si è fatto ricorso ad una cartografia di base costituita da ortofotocarte e carte catastali dei comuni di Spello e Foligno, comuni nei quali ricade il territorio aziendale. Sono state quindi individuate le particelle catastali di proprietà dell’azienda; ogni particella è stata classificata secondo l’uso del suolo e ad ognuna sono stati allegati dei documenti (immagini fotografiche, bilanci economici, analisi del suolo, rotazioni colturali, calendario dei turni irrigui, ecc.) attraverso dei collegamenti (link) con altri programmi quali Excel, Access, CropSyst, ecc. Caso 2. Per individuare le opportunità volte a garantire continuità nella coltivazione degli olivi in aree marginali sono state individuate, attraverso l’uso del GIS, le aziende comprendenti oliveti situati in zone svantaggiate all’interno di alcune aree del territorio umbro. E’ stata utilizzata una versione dimostrativa del programma ArcView GIS 3.2©, nel quale sono stati inseriti dati informatici a disposizione quali: ortofotocarte, carte I.G.M. dell’Umbria, tematismo dell’uso attuale del suolo ed altri relativi alle aziende analizzate. Sono state quindi individuate, attraverso l’esame dell’uso del suolo, le zone coltivate ad olivo. Mediante un’analisi incrociata tra estensioni olivicole, densità di impianto, cultivar e pendenze degli appezzamenti (ottenute con il Digital Elevation Model - DEM), e tenendo conto delle attuali certificazioni DOP (Denominazione di Origine Protetta) dell’olio umbro, si è cercato di definire delle categorie di oliveti che possano usufruire di incentivi straordinari da parte delle istituzioni, tali da garantire economicità alla sua coltivazione.

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Caso 3. Sono stati affrontati due diversi casi tendenti a mettere in evidenza le potenzialità paesaggistiche del territorio. Per quanto riguarda la parte iniziale del lavoro, comune ai due casi, si è proceduto alla digitalizzazione del territorio (attraverso una versione dimostrativa del programma ArcView GIS 3.2©). Il primo caso ha interessato il territorio della Valnerina, in particolare l’areale di Norcia e di Cascia nei quali, basandosi sul materiale cartografico raccolto (ortofotocarte, carte catastali e carte I.G.M.), sono stati creati tematismi riguardanti i singoli elementi del paesaggio. Nel secondo caso, utilizzando materiale cartografico relativo agli anni 1950 e 1999 del Comune di Città di Castello, sono stati creati i seguenti tematismi: evoluzione dei centri urbani, diffusione aree boschive, viabilità storica, viabilità principale, estensione zone industriali, numero delle aziende agricole, presenza di cave, rete fluviale, presenza di laghetti collinari, vincolo idrogeologico, geologia e dissesti. Il confronto tra la situazione nei due anni considerati, distanti tra loro di circa mezzo secolo, ha portato a definire i cambiamenti che hanno interessato il territorio, sia da un punto di vista paesaggistico, sia per quanto riguarda l’uso delle risorse naturali e antropiche. Risultati e conclusioni Caso 1. Il lavoro di monitoraggio eseguito, sebbene in misura preliminare, ha messo in evidenza che l’impiego del sistema informatico nella gestione aziendale consente di avere una visione immediata di dati e di poterli riferire direttamente al territorio e ciò costituisce un importante strumento di supporto nella conduzione razionale e sostenibile delle aziende agricole. Il sistema inoltre permette, sia pur in maniera indiretta, un utilizzo equilibrato della risorsa idrica come conseguenza di un miglior sfruttamento di tutte le informazioni inerenti la situazione pedologica, l’andamento climatico e l’uso agricolo di quella determinata porzione di territorio. Caso 2. In base alle analisi effettuate, il sistema ha permesso di distinguere quattro categorie di oliveti:

• storico-ambientali, caratterizzati da esemplari secolari con presenza di muretti a secco, sistemazioni particolari (lunette, terrazzamenti), aree a vincolo ambientale e/o protette e pendenze superiori al 10%.

• con problemi strutturali in quanto non meccanizzabili, con sesti di impianto irregolari, basse densità di impianto, olivi ultra-trentennali, a bassa produttività.

• certificati in quanto condotti con il metodo biologico e/o riconosciuti a Denominazione di Origine Protetta (DOP).

• Particolari o multifunzionali rappresentati da frangivento, consociati con altre colture arboree.

Tre delle quattro categorie potrebbero garantire economicità usufruendo di incentivi straordinari che ne permetterebbero la tutela in aree geografiche marginali e un uso del suolo stabile nel tempo che eviti il dissesto idrogeologico o la sostituzione di tali oliveti con colture irrigue. Caso 3. Lo studio del territorio ha portato a rilevare l’effettiva presenza di elementi da valorizzare e salvaguardare per la loro bellezza paesaggistica e che quindi costituiscono una risorsa economica. L’impiego del GIS nel caso di Città di Castello ha messo in evidenza che nell’arco di circa 50 anni la disponibilità della risorsa acqua ha subito un decremento come probabile conseguenza del maggiore suo uso in attività agricole. Lavoro eseguito durante lo stage relativo al Corso di Alta Formazion e A.SoR.Id., Misure C3 UM 030333014 e D4 UM 030344006, Regione Umbria. Bibliografia Barbera G., Inglese P., La Mantia T., 2005. Paesaggio dei sistemi colturali. Edizioni Agricole,

Bologna Calisti A., 2004. Modulo di sistemi informatici e cartografia. Lezioni Corso A.So.R.Id..

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SVILUPPO DI STRUMENTI INNOVATIVI PER IL MONITORAGGIO E LA GESTIONE DELLE RISORSE IRRIGUE

Rossi Simone1, Bocchi Stefano1, Rampini Anna2

1 Dipartimento di Produzione Vegetale, Università di Milano; email: [email protected] 2 CNR-IREA – v.Bassini, 15, 20133 Milano

Il progetto AWARE – la previsione della disponibilità idrica Il progetto europeo AWARE (EU – VI Framework Programme, Contract no. SST4-CT-2004-012257; sito internet www.aware-eu.info) è stato avviato nel luglio 2005, coordinato dal CNR-IREA e collocato nell’ambito dell’iniziativa GMES (Global Monitoring for Environment and Security). L’obiettivo di AWARE (A tool for monitoring and forecasting Available WAter REsource in mountain environment) è sviluppare strumenti innovativi per il monitoraggio delle risorse territoriali e la previsione della disponibilità idrica alla sezione di chiusura di quei bacini di drenaggio dove l’apporto derivante dallo scioglimento nivale è un componente primario del bilancio idrico annuale. AWARE utilizza immagini satellitari ottiche di vario tipo e radar per valutare l’area del bacino coperta da neve e monitorarne lo scioglimento. Da questi dati, appositi modelli idrologici di scioglimento nivale permettono di prevedere la disponibilità idrica alla sezione di chiusura del bacino. Parallelamente ad AWARE è stata avviata un’attività di ricerca per sviluppare strumenti per il monitoraggio della domanda irrigua. Il monitoraggio della domanda irrigua Tra gli obiettivi esplicitamente indicati in AWARE vi è il supporto alla gestione delle risorse idriche per uso irriguo e uno dei partners in qualità di end-user è il Consorzio di irrigazione Est Sesia, il più grande d’Italia. In questo contesto, l’obiettivo dell’unità di ricerca del DI.PRO.VE. dell’Università di Milano è la messa a punto di strumenti per la stima della richiesta di acqua irrigua, per fornire informazioni in tempo reale sui quantitativi necessari e sulla localizzazione della domanda. Il lavoro vuole avere finalità operative e utilizza quindi dati che possano essere effettivamente disponibili per gli utenti finali e immagini satellitari a cadenza giornaliera e gratuite.

La Fig. 1 presenta il piano di lavoro. Una prima fase prevede la mappatura delle diverse colture presenti nell’area di studio, da effettuarsi tramite immagini satellitari multitemporali a media risoluzione spaziale. I diversi stadi fenologici delle colture causano una diversa risposta in termini di assorbimento della radiazione solare e di attività fotosintetica, monitorabile tramite appositi indici di vegetazione. A seconda del momento in cui l’immagine è

presa (tarda primavera, estate o inizio autunno) è possibile stabilire che tipo di coltura è presente in quel momento. Una volta identificate le aree coltivate, ci si propone di ricercare

Fig.1 – le fasi del lavoro

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metodi per il monitoraggio della fenologia tramite immagini giornaliere a moderata risoluzione (sensore MODIS), per individuare almeno la fase di inizio della levata. Si intende a tal fine analizzare la variazione della copertura vegetale e dell’attività fotosintetica attraverso l’uso di parametri o indici colturali (es. LAI e NDVI). L’utilizzo di immagini multitemporali rende necessaria la corretta georeferenziazione di ogni immagine, cosicché i pixel coincidano. La moderata risoluzione spaziale delle immagini MODIS (pixel di 250 m) porta a dover stabilire attentamente quanto ogni pixel sia rappresentativo del territorio coltivato. Tramite metodi di classificazione automatica basati sulla logica fuzzy è possibile assegnare a ciascun pixel una funzione di appartenenza ad ognuna delle tre seguenti classi: agricolo puro; non agricolo; misto. I pixel classificabili con alto grado di appartenenza come “agricoli puri” verranno quindi usati per il monitoraggio della fenologia, studiando l’andamento degli indici di vegetazione in quello stesso punto. La seconda fase del lavoro prevede, una volta stabilite le aree coltivate, di determinare la richiesta idrica, tramite curve di crescita e modelli di simulazione semplificati che utilizzano dati meteorologici. Risultati preliminari La Fig.2 mostra nel riquadro inferiore un esempio dei risultati di una prima classificazione automatica fuzzy dei pixels di un’immagine MODIS in base alla loro appartenenza alla classe “area coltivata” (Sud Milano, 24 aprile 2003). Nel riquadro superiore (immagine Landsat ETM+, non gratuita, con risoluzione temporale minima di 16 giorni e risoluzione spaziale di 30m) le aree grigio scuro sono campi coltivati. Nel riquadro inferiore all’immagine precedente è sovrapposto il risultato della classificazione automatica fuzzy di un’immagine MODIS, giornaliera e gratuita, sebbene con risoluzione spaziale inferiore (250m, con pixel quindi molto più grossi del Landsat ETM+), relativa allo stesso giorno e corretta atmosfericamente. I pixel bianchi risultano classificati come appartenenti alla classe “area coltivata” con grado di appartenenza superiore al 90%, e come si può vedere il risultato è confermato dall’immagine Landsat. Il monitoraggio giornaliero delle caratteristiche spettrali di pixels identificati in questo modo potrà fornire informazioni sullo stadio fenologico e sul conseguente fabbisogno irriguo. Bibliografia Binaghi, E., P.A. Brivio, P.Ghezzi e A. Rampini. 1999. A fuzzy set-based accuracy assessment of soft classification. Pattern Recognition Letters 20: 935-948. De Wit, A.J.W. e J.G.P.W. Clevers. 2004. Efficiency and accuracy of per-field classification for operational crop mapping. International Journal of Remote Sensing, 25 (20): 4091-4112. Martinec J., A. Rango e R. Roberts. 1994. The Snowmelt-Runoff Model (SRM) User’s manual. (ed. by M. F. Baumgartner). Geographica Bernensia no. P29, Dept Geography, Univ. of Bern, Switzerland. Moulin, S., A. Bondeau e R. Delecolle. 1998. Combining agricultural crop models and satellite observations: from field to regional scales. Int. Journal of Remote Sensing. 19 (6), 1021–1036. Sakamoto, T, M. Yokozawa, H. Toritani, M. Shibayama, N. Ishitsuka e H. Ohno. 2005. A crop phenology detection method using time-series MODIS data. Remote Sensing of the Environment 96 (3-4): 366-374. Wen, T-H., M-D. Su e Y-L Yeh. 2004. A GIS-based framework of regional irrigation water demand assessment. Paddy and Water Environment 2 (1): 33-39. Zhang X, M.A. Friedl, C.B. Schaaf, A.H. Strahler, J.C.F. Hodges, F. Gao, C.R. Bradley e A. Huete. 2003. Monitoring vegetation phenology using MODIS. Remote Sensing of Environment 84: 471 475.

Fig.2- esempio di risultati preliminari della classificazione automatica fuzzy di un’immagine MODIS.

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DIFFERENTE TOLLERANZA ALL’OSSIGENO E DIPENDENZA DAL Ca2+ DELLA NOS NEL CERVELLO DI TRE DIVERSE SPECIE DI PESCI

Tagliazucchi Davide, Verzelloni Elena, Conte Angela

Dipartimento di Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria, Università di Modena e Reggio Emilia

e-mail:[email protected]

Introduzione Le attività agricole, industriali e urbane sono fattori potenzialmente dannosi per la salute dell’ecosistema. Particolarmente sensibili all’impatto delle attività umane sono gli ambienti acquatici e quindi mari, fiumi e pianure alluvionali [1]. Lo scorrere delle acque è uno dei maggiori determinanti dell’habitat fisico e della composizione biotica dei fiumi e un’alterazione nel regime di flusso delle acque può essere associato a fattori antropogenici. Un importante fattore fisico che può essere alterato da queste condizioni è la tensione dell’ossigeno nelle acque. La maggior parte dei vertebrati hanno una bassa tolleranza all’anossia con alcune importanti eccezioni che comprendono specie ectotermiche: il pesce rosso Carassius auratus, la carpa Carassius carassius e le tartarughe d’acqua dolce del genera Pseudemys and Chrysemys [2]. Molte ricerche si sono concentrate sui meccanismi che regolano la tolleranza all’anossia nel sistema nervoso centrale di queste specie. Durante l’anossia si osserva un incremento nel flusso sanguigno cerebrale, indispensabile per compensare parzialmente la minore resa energetica della glicolisi anaerobia rispetto alla resa energetica del metabolismo ossidativo. L’ossido nitrico (NO) è il principale vasodilatatore che media l’effetto dell’acetilcolina nel cervello in condizioni normossiche. Nella carpa la regolazione del flusso sanguigno cerebrale in condizioni di severa ipossia o anossia è principalmente, se non completamente, dipendente da un altro mediatore: l’adenosina [3]. Attualmente non è ancora noto come la regolazione del flusso sanguigno cerebrale passi da NO ad adenosina durante condizioni di severa ipossia o anossia. Durante la transizione da condizioni normossiche a condizioni di severa ipossia o anossia, una diminuzione della formazione di NO può essere vantaggiosa sia perché la reazione di sintesi dell’NO catalizzata dall’enzima ossido nitrico sintasi (NOS) consuma ossigeno molecolare, sia perché l’NO è potenzialmente tossico e dannoso. Nei mammiferi è stato dimostrato che l’ipossia limita la sintesi di NO anche quando l’espressione dell’enzima NOS è incrementata, inoltre è stato osservato come durante l’ischemia cerebrale vi sia rilascio di adenosina la quale ha effetti vasodilatatori e azioni antiglutammatergiche [4, 5]. Noi abbiamo studiato i fattori che regolano la produzione di NO nel cervello e nel fegato di tre specie di pesci con differente tolleranza all’anossia: C. auratus, Cyprinus carpio e Oncorhynchus mykiss. Risultati In tabella riportiamo alcune proprietà biochimiche della NOS cerebrale delle tre specie studiate. La NOS cerebrale di O. mykiss mostra la più alta attività totale e il più alto optimum di pH rispetto alle altre due specie studiate. I valori di Km sono invece simili per tutte e tre le specie studiate. La più evidente differenza fra la NOS delle tre specie si osserva nella dipendenza dallo ione calcio in funzione del pH. In O. mykiss si osserva un incremento di circa 1,9 volte nella concentrazione di Ca2+ richiesta per avere un’attivazione del 50% (EC50) dell’enzima solubile ad un valore di pH di 6,8 rispetto a 7,1, mentre in C. auratus e C. carpio la concentrazione di Ca2+ richiesta ad un valore di pH di 6,8 rispetto a 7,1 è maggiore di 6,2 e 14 volte rispettivamente. L’attività NOS epatica delle tre specie studiate non è dipendente dalla concentrazione di Ca2+ libero ad entrambi i valori di pH. Le isoforme solubile e particolata della NOS mostrano un’evidente dipendenza dal pH fra valori compresi fra 7,5 e 6,5 con una conseguente diminuzione dell’attività enzimatica quando i tessuti vanno incontro ad acidificazione. Questa diminuzione nell’attività della NOS è principalmente dovuta alla

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diversa sensibilità verso gli ioni calcio dell’enzima a valori acidi di pH. I due pesci (C. auratus e C. carpio) con la maggiore resistenza all’ipossia mostrano una maggiore dipendenza a variazioni nella concentrazione di ioni calcio libero. Questo meccanismo consente una rapida diminuzione dell’attività enzimatica quando i tessuti vanno incontro ad acidificazione e costituisce un importante punto di controllo nella formazione di NO e H2O2 durante la transizione da normossia ad anossia e viceversa [6]. La sensibilità agli ioni calcio dell’enzima in O. mykiss, una specie intollerante all’anossia, è simile a quella osservata nel sistema nervoso centrale dei ratti.

attività totale nmol/min/g

attività solubile

nmol/min/g

Km (μM)

opt. pH

(sol.)

opt. pH (part.)

EC50 Ca2+

pH 7.1

EC50 Ca2+

pH 6.8 C.auratus 1.3 ± 0.29 0.98 ± 0.086 3.6 ± 0.9 7.1 7.1 0.15 μM 2.1 μM C. carpio 1.6 ± 0.31 1.14 ± 0.25 2.8 ± 0.5 7.4 7.1 0.13 μM 0.8 μM O. mykiss 2.1 ± 0.65 1.53 ± 0.37 4.3 ± 0.7 7.5 7.5 0.12 μM 0.23 μM

Bibliografia [1] Bunn S.E., Arthington A.H. (2002) Environ. Manage. 30(4), 492-507. [2] Ultsch G.R. (1989) Biol. Rev. 64, 435-516. [3] Nilsson G.E. et al. (1994) Am. J. Physiol. 267, R590-R595. [4] Arnet U.A. et al. (1996) J. Biol. Chem. 271, 15069-15073. [5] Le-Cras T.D. et al. (2001) Am. J. Physiol Lung Cell. Mol. Physiol. 280, L575-l582. [6] Conte A. (2003) Biochim. Biophys. Acta 1619, 29-38.

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MAPPAGGIO DI GENI CANDIDATI PER LA TOLLERANZA ALLA SICCITA' IN ORZO

Tondelli Alessandro1, Francia Enrico1, Laidò Giovanni1, Aprile Alessio1, Barabaschi Delfina2,

Caffagni Alessandra2, Lidestri Orazio3, Mastrangelo Annamaria3, Pecchioni Nicola2, Stanca A.Michele1

1 CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Fiorenzuola d’Arda e-mail: [email protected]

2 Dip.Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria, Università di Modena e Reggio Emilia 3 CRA - Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura, Foggia

Introduzione L’orzo (Hordeum vulgare) è una pianta autogama, diploide, ben caratterizzata dal punto di vista genetico grazie allo sviluppo di mappebasate su marcatori molecolari e collezioni di sequenze espresse (EST). Mostra poi una notevole capacità di adattamento agli ambienti di coltivazione poco favorevoli per il verificarsi di stress abiotici. L’orzo può quindi essere considerato un buon sistema modello per lo studio degli aspetti genetico-molecolari della tolleranza alla siccità [1]. In particolare, la conoscenza dei meccanismi regolativi coinvolti nell’espressione coordinata dei geni di risposta alla carenza idrica, rappresenta una premessa fondamentale per lo sviluppo di nuovi genotipi altamente produttivi anche in condizioni avverse. L’approccio per geni candidati rappresenta un’utile alternativa ai metodi di clonaggio per posizione o mutagenesi inserzionale per identificare geni ad effetto maggiore per caratteri di interesse. Per specie con genomi di grandi dimensioni come l’orzo, integrando le conoscenze di genetica quantitativa (analisi QTL, Quantitative Trait Locus) e di genetica molecolare (caratterizzazione di singoli geni), mediante il confronto tra la posizione di mappa di questi geni e la posizione dei QTL di tolleranza agli stress è possibile identificare candidati posizionali, cioè geni putativamente coinvolti nella variabilità fenotipica osservata. Il punto di partenza per un approccio di questo tipo è lo sviluppo di mappe funzionali della specie in esame, cioè mappe genetiche integranti la posizione di geni, EST e QTL. Risultati Nel presente lavoro è stato messo a punto uno schema operativo per il mappaggio di geni candidati (CG) in tre popolazioni segreganti di orzo: 'Nure' x 'Tremois', 'Steptoe' x 'Morex' e 'Proctor' x 'Nudinka' [2]. I parentali di mappa sono stati amplificati con primer disegnati sulle sequenze di geni noti per essere coinvolti nella risposta agli stress abiotici, quindi sottoposti a ricerca di polimorfismi di singolo nucleotide (SNPs) mediante analisi SSCP. I candidati polimorfici sono stati sequenziati, al fine di identificare il numero e la posizione degli SNPs e di sviluppare nuovi marcatori STS, CAPS o ARMS-PCR per il loro mappaggio. Sfruttando marcatori in comune fra le tre popolazioni, mediante il software Joinmap 2.0 [3] è stata sviluppata una nuova mappa funzionale di consenso di orzo (Figura 1). In totale sono stati mappati de novo 16 CG codificanti per fattori di trascrizione. Sulla medesima mappa funzionale di consenso è stata riportata anche la posizione di 20 geni effettori della risposta agli stress abiotici, precedentemente mappati, e dei QTL di tolleranza a siccità e freddo, attualmente noti dalla letteratura (Figura 1) [4][5]. Parallelamente, la popolazione derivante dall’incrocio di ‘Nure’ (varietà invernale da zootecnia, resistente a siccità e freddo) x ‘Tremois’ (varietà primaverile da malto, suscettibile a siccità e freddo) è stata cresciuta in condizioni irrigue vs. non irrigue in due ambienti altamente contrastanti (Turchia centrale e Italia meridionale), allo scopo di individuare QTL di produzione in condizioni siccitose. Alcuni dei QTL così mappati coincidono con i loci riportati in letteratura per quanto riguarda la tolleranza alla siccità, mentre altri identificano regioni coinvolte nella determinazione del carattere non ancora osservate (Figura 1).

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Figura 1. La nuova mappa funzionale di consenso di orzo. Le distanze sono in cM di Kosambi. Nei riquadri sono riportati i geni candidati mappati in questo studio, mentre i geni effettori indotti da stress abiotici, precedentemente mappati, sono in grassetto corsivo. I rettangoli grigi e neri all’interno dei singoli cromosomi rappresentano rispettivamente i QTL di tolleranza alla siccità e al freddo, attualmente riportati in letteratura. I QTL di produzione in condizioni siccitose, preliminarmente mappati in questo studio, sono stati disegnati a fianco dei cromosomi. Conclusioni L’approccio per geni candidati si è dimostrato utile per lo studio di caratteri complessi quali la resistenza dell’orzo agli stress da siccità e freddo. In particolare, la mappa funzionale sviluppata nel presente studio rappresenta un valido strumento per l’identificazione di geni candidati posizionali. Il reale coinvolgimento dei migliori candidati nella determinazione dei caratteri in esame verrà confermato mediante studi di espressione genica e ricerca di polimorfismi funzionali in un’ampia collezione di germoplasma. L’identificazione di loci associati all’adattamento alla siccità permetterà inoltre di utilizzare i geni candidati stessi in programmi di miglioramento genetico assistito dai marcatori molecolari. Ciò potrà portare all’introgressione in un genotipo ideale superiore degli alleli favorevoli ai QTL di tolleranza agli stress identificati. Bibliografia [1] Hayes PM, Castro A, Marquez-Cedillo L, Corey A, Henson C, Jones BL, Kling J, Mather D, Matus I, Rossi C, Sato K (2003) Genetic diversity for quantitative inherited agronomic and malting quality traits. In: Von-Bothmer R et al. (eds) Diversity in barley. Elsevier, pp 201-226 [2] Tondelli A, Francia E, Barabaschi D, Aprile A, Skinner JS, Stockinger EJ, Stanca AM, Pecchioni N (2005) Mapping regulatory genes as candidates for cold and drought stress tolerance in barley. Accepted for publication on Theor Appl Genet [3] Stam P, Van Ooijen JW (1995) JOINMAP version 2.0: software for the calculation of genetic linkage maps. Agric Res Dep, Wageningen, The Netherlands [4] Francia E, Rizza F, Cattivelli L, Stanca AM, Galiba G, Tóth B, Hayes PM, Skinner JS, Pecchioni N (2004) Two loci on chromosome 5H determine low-temperature tolerance in a ‘Nure’ (winter) x ‘Tremois’ (spring) barley map.Theor Appl Genet 108:670-680 [5] Diab AA, Teulat-Merah B, This D, Ozturk NZ, Benscher D, Sorrells ME (2004) Identification of drought-inducible genes and differentially expressed sequence tags in barley. Theor Appl Genet 109:1417-1425

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ANALISI MULTIVARIATA DI DATI STORICI CHIMICO-FISICI E MICROBIOLOGICI DELLE ACQUE POTABILI REGGIANE

Ulrici Alessandro1, Foca Giorgia1, Manzini Daniela2, Masino Francesca1,

Fontani Nadia3, Franchini Giancarlo1, Carapezzi Giuliano3

1 Dipartimento di Scienze Agrarie, Facoltà di Agraria Università di Modena e Reggio Emilia e-mail: [email protected]

2 Centro Interdipartimentale Grandi Strumenti, Università di Modena e Reggio Emilia 3 ENIA sede di Reggio Emilia

Introduzione Nel corso di una campagna di controllo pluriennale il Laboratorio di ENIA sede di Reggio Emilia, azienda deputata alla captazione, alla distribuzione ed alla depurazione delle acque potabili della provincia di Reggio Emilia, ha raccolto una consistente banca dati relativa alle analisi delle caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche delle acque distribuite sul territorio reggiano. I dati storici raccolti da ENIA sede di Reggio Emilia nel corso degli anni 2001, 2002 e 2003 sono stati sottoposti ad un’approfondita analisi statistica con metodi multivariati allo scopo di determinare eventuali raggruppamenti di acquedotti (cluster) con caratteristiche delle acque omogenee e di definire, per ciascuno dei raggruppamenti identificati, le proprietà chimiche e fisiche delle acque corrispondenti. L’analisi multivariata è stata condotta anche al fine di individuare eventuali correlazioni esistenti tra le variabili misurate e valutare la presenza di effetti zonali, stagionali e derivanti dal punto di prelievo sulle proprietà delle acque. Nel corso dell’analisi sono state prese in considerazione anche diverse variabili di interesse nutrizionale, i cui valori medi, calcolati su ciascun cluster, sono stati messi a confronto con i corrispondenti valori guida stabiliti per legge. Metodi I risultati delle analisi effettuate da ENIA sede di Reggio Emilia sono stati suddivisi in quattro categorie per frequenza di campionamento e numero di parametri monitorati. L’analisi di tutte e quattro le categorie ha permesso di considerare la qualità dell’acqua a diversi livelli di risoluzione, partendo da un elevatissimo numero di campioni caratterizzato da poche variabili, fino ad un numero relativamente ristretto di campioni caratterizzato da molte variabili. I campioni analizzati provenivano da quattro diverse tipologie per sito di campionamento (Serbatoio, Pensile, Fontana pubblica e Utente). Al fine di estrarre l’informazione utile dai dati analizzati, sono state adottate diverse tecniche di analisi chemiometrica. In particolare, l’Analisi delle Componenti Principali (PCA) ha permesso di estrarre l’informazione significativa dalla matrice dei dati in un numero limitato di variabili significative chiamate Componenti Principali (PC), e di rappresentare graficamente i raggruppamenti dei campioni (grafici degli Scores), i raggruppamenti delle variabili (grafici dei Loadings), nonché di mettere in relazione i raggruppamenti di campioni con le variabili che li determinano. Mediante l’utilizzo di istogrammi di frequenza è stata poi stimata la distribuzione delle diverse variabili. Risultati e discussione Dall’analisi PCA sui dati storici, per tutte e quattro le categorie (differenti per numero di parametri analizzati e per frequenza di campionamento), è stata evidenziata la presenza di tre cluster (Fig. 1), ognuno dei quali comprende un certo numero di acquedotti. In genere, per ogni acquedotto si ha un comportamento abbastanza omogeneo, il che suggerisce la possibilità che possa esistere una relazione zonale con questa distribuzione. Infatti, andando ad indicare sulla mappa della Provincia di Reggio Emilia con aree circolari colorate in diversi toni di grigio a seconda dei rispettivi cluster di appartenenza i diversi siti di campionamento degli acquedotti considerati, si è ottenuta la suddivisione zonale dei tre cluster riportata in Fig.

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2. Con questa rappresentazione si è potuto spiegare anche il comportamento meno omogeneo rispetto agli altri dell’acquedotto Gabellina, al quale appartiene la coda del cluster di triangoli grigio scuro evidenziata con una freccia in Fig. 1, che si allunga concordemente con l’estendersi del ramo dell’acquedotto verso nord (nella zona sempre rappresentata in grigio scuro, che culmina in corrispondenza della freccia in Fig. 2).

Figura 1 - Grafico degli scores delle prime due PC in cui si manifesta la presenza di tre cluster Figura 2 - Mappa della provincia di Reggio Emilia in cui si evidenzia con gli sessi toni di grigio la suddivisione zonale rilevata dalla PCA

Successivamente l’analisi delle componenti principali è stata utilizzata per valutare l’eventuale presenza di effetti stagionali sulle proprietà delle acque. Sostanzialmente le variazioni stagionali sono trascurabili, e non hanno carattere di sistematicità. Infine, si sono confrontati sempre mediante l’impiego di PCA i diversi tipi di punto di prelievo dei campioni: Utente, Fontana Pubblica, Serbatoio, Pensile, da cui si è osservato che i campioni non si differenziano in maniera statisticamente significativa tra di loro. Tra tutte le variabili fornite da ENIA sede di Reggio Emilia, alcune rivestono particolare interesse dal punto di vista nutrizionale. Analizzando separatamente tali variabili e rappresentandone la distribuzione mediante istogrammi di frequenza, si è osservato che alcune di esse variano sensibilmente tra i diversi cluster (durezza, conducibilità, residuo, sodio, cloruri), mentre altre non mostrano differenze sostanziali. Bibliografia

B.G.M. Vandeginste, D.L. Massart, L.M.C. Buydens, S. De Jong, P.J. Lewi and J. Smeyers-Verbeke, in: B.G.M. Vandeginste and S.C. Rutan (Eds.), “Handbook of Chemometrics and Qualimetrics”, Elsevier, Amsterdam, 1998.

J.C.Miller and J.N. Miller, “Statistics and Chemometrics for Analytical Chemistry”, Ellis Horwood PTR Prentice Hall.

R.G. Brereton, “Chemometrics – Data Analysis for the Laboratory and Chemical Plant”, Wiley.

1 2

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IL PIANO DI CONSERVAZIONE PER IL RISPARMIO IDRICO DEL CONSORZIO DELLA BONIFICA PARMIGIANA MOGLIA-SECCHIA: INTERVENTI

INFRASTRUTTURALI E GESTIONALI

Vera Salvatore, Zanetti Paola Consorzio della Bonifica Parmigiana Moglia-Secchia, Reggio Emilia; e-mail: [email protected]

L’elaborazione del “Piano di Conservazione per il risparmio Idrico” (redatto ai sensi dell’art. 68 delle N.T.A. del Piano di Tutela delle Acque adottato dalla Regione Emilia Romagna nel dicembre del 2004) ha consentito al Consorzio della Bonifica Parmigiana Moglia-Secchia di evidenziare le criticità del sistema irriguo consortile e di definire le possibili azioni di intervento per la tutela quantitativa e qualitativa delle risorse idriche a fini irrigui. Il rendimento del sistema di distribuzione irrigua Per la redazione del Piano di Conservazione è stata effettuata una propedeutica attività di analisi del comprensorio irriguo: pedologia, uso del suolo, aspetti climatici, fonti di approvvigionamento e rete di distribuzione, modalità di gestione delle richieste d’irrigazione e di dispensa alle aziende. L’approvvigionamento idrico per il comprensorio irriguo della Bonifica Parmigiana Moglia-Secchia (circa 80.000 Ha nelle Province di Reggio Emilia, Modena e Mantova) avviene attraverso la derivazione sul Fiume Po a Boretto (a servizio anche dei comprensori dei Consorzi Bentivoglio Enza, Agro Mantovano Reggiano e Revere) e le derivazioni in corrispondenza della Traversa di S. Michele-Castellarano sul Fiume Secchia. Il calcolo del Bilancio idrico nel periodo 1 giugno-31 agosto 2004 ha consentito di calcolare il rendimento della rete consortile (rapporto tra volume consegnato all’utenza e volume derivato): V: Volumi Derivati da F. Po e da F. Secchia: 143.200.000 mc 100,0 % Vs: Volumi scaricati a valle del sistema: 23.840.000 mc 16,5 % Vs/V Pe: Perdite per evaporazione dagli specchi liquidi dei canali 1.480.000 mc 1,0 % Pe/V Pi: Perdite per infiltrazione dall’alveo dei canali in terra: 42.940.000 mc 30,0 % Pi/V Vu: Volume consegnato all’utenza = V-Vs-Pe-Pi 74.940.000 mc 52,3 % Vu/V Il volume consegnato all’utenza è misurato a partire dal punto di prelievo sulla rete consorziale ed è costituito pertanto dal volume utile al campo al lordo delle perdite nelle reti interpoderali e aziendali. Considerato che la superficie irrigata nel medesimo periodo è stata di 25.000 ha, la dotazione unitaria è risultata di circa 3.000 mc/ha. Le criticità del sistema Consortile: Carenza di risorse idriche nel comprensorio di Alta Pianura, aggravata dalla applicazione del DMV al Fiume Secchia (deficit medio calcolato di 5 Mmc). Nel 2005 è stato effettuato il rilascio di 470 l/s pari ad 1/3 DMV per arrivare gradualmente al rilascio dell’intera componente idrologica del DMV pari a 1410 l/s entro il 2008, ai sensi dell’art. 57 delle N.T.A del Piano di Tutela delle Acque • Elevate perdite per infiltrazione nei canali in terra • Sistema di canali a gravità che comporta la continua fuoriuscita dal bacino dei surplus irrigui • Elevati consumi energetici dovuti al sollevamento: la quota media di prelievo dal Fiume Po è di 16,5 m.s.l.m, il comprensorio servito ha quote massime oltre i 60,0 m.s.l.m. Il consumo medio annuo degli impianti di Boretto è di 4.000.000 di kWh/anno, mentre quello degli impianti sulla rete consortile è di 6.200.000 kWh/anno • Promiscuità della canalizzazione con aggravio delle condizioni di sicurezza idraulica e gestionali (manovre per inversione flusso da irriguo a scolante). Interventi e azioni per il raggiungimento degli obiettivi del Piano di Tutela delle Acque Il reperimento delle risorse idriche in Alta Pianura Interventi realizzati ● Presa in gestione pozzi originariamente di proprietà privata ● Realizzazione di impianti di soccorso alimentati dalla rete sottesa dal F. Po (territorio servito 2.000 ha), fra questi

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inaugurato nel 2005 l’Impianto Ariosto ● Impermeabilizzazione rete di distribuzione irrigua (oltre il 40%) ● In collaborazione con SAT ed Enìa, attivazione derivazioni irrigue sulla condotta uso plurimo con recupero di risorsa per riduzione delle perdite di distribuzione e superamento problemi di carattere idraulico nei centri urbani di Sassuolo e Fiorano connessi alla interferenza della rete irrigua con la rete fognaria. Nel 2006 saranno in funzione un totale di 8 “stacchi”, compresi i 4 già attivi dal 2004. I dati delle stagioni irrigue 2004 e 2005 confermano che attraverso tale sistema di distribuzione la dotazione unitaria scende da 3000 mc/ha al di sotto dei 1000 mc/Ha Interventi a breve termine finanziati • Intervento di sistemazione invaso a monte traversa di Castellarano – S. Michele con recupero di 1.150.000 mc di volume utile. € 9.500.000 Interventi a medio termine ● Realizzazione bacini a scopo plurimo e ambientale in località Muraglione, comune di Baiso (Re). Invaso utile 4.500.000 mc. ● Recupero ex cave Sassuolo (Mo) e ripristino cave Casalgrande (Re) per realizzazione bacini a fini irrigui. Volumi utili di invaso 5.000.000 mc. Recupero delle risorse idriche● Riuso reflui depuratore di Reggio Emilia Mancasale (7 Mmc) € 5.500.000 ● Realizzazione impianto per recupero surplus irrigui Ca’ Rossa, Novi di Modena (7-10 Mmc) € 1.500.000 ● Adeguamento funzionalità derivazione irrigua Boretto (compromessa da problemi di insabbiamento e progressiva diminuzione livelli F. Po) € 7.500.000 ● Ristrutturazione, completamento e adeguamento delle opere di derivazione, adduzione e distribuzione delle acque irrigue nelle province di Modena, Reggio Emilia e Mantova. € 7.100.000. Interventi gestionali • È stato adottato nel 2005 un nuovo Regolamento per la distribuzione delle acque irrigue che fissa i criteri e le modalità di gestione delle rete irrigua e individua nel BILANCIO IDRICO il criterio per la determinazione del volume da erogare a ciascun appezzamento. Rilevante per l’applicazione del Regolamento è la collaborazione con i Servizi Agrari delle Province (Re e Mo), i tecnici del settore, i Consorzi Fitosanitari; la formazione del personale consortile addetto alla distribuzione irrigua e la sensibilizzazione dell’utenza ai temi del risparmio idrico. • Il sistema di gestione delle prenotazioni irrigue delle aziende attraverso il Call Center irrigazione e il sistema di telecontrollo e monitoraggio dei canali e degli impianti sono per il Consorzio strumenti fondamentali per la gestione delle risorse idriche. • La politica dei costi del Consorzio BPMS per il risparmio idrico: è stato adottato un criterio di riparto dei costi consortili per l’irrigazione basato su una tariffa binomia, costituita da una quota fissa a carico dei terreni irrigabili e una quota variabile proporzionata al volume di acqua effettivamente prelevato dalle aziende dalla rete consortile. Tale politica consente di attribuire maggiori oneri a chi “spreca” e di premiare chi irriga con efficienza. Le Azioni per la TUTELA QUALITATIVA delle risorse idriche utilizzate a fini irrigui e dello stato di salute ambientale delle acque ● Attività di sorveglianza e gestione degli inquinamenti provocati da terzi nella rete consortile ● Gestione delle autorizzazioni allo scarico di acque reflue e/o meteoriche ● Monitoraggio della qualità delle acque per verifica dell’idoneità all’uso irriguo - regolazione della distribuzione e degli invasi ● Lavaggi della rete e rilasci a fini ambientali e igienico-sanitari ● Monitoraggio e gestione dei terreni provenienti dal risezionamento degli alvei dei canali ● Studi per la gestione della vegetazione e dei sedimenti in alveo ● Fitodepurazione e Fasce Tampone Boscate ● Riqualificazione corsi d’acqua • Diversione reflui depurati nella rete di Bonifica.

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UN SISTEMA DI SUPPORTO ALLE DECISIONI A LIVELLO DI BACINO PER LA GESTIONE DELL'ACQUA IN AGRICOLTURA

Viaggi Davide1, Berdicchia Domenico1, Gallerani Vittorio1, Raggi Meri1,

Taglioli Giuseppe1, Vitali Giuliano2, Vignudelli Marco2

1 Dipartimento di Economia e Ingegneria Agrarie, Università di Bologna

e-mail: [email protected], 2 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Ambentali, Università di Bologna

Background e obiettivi La gestione delle risorse idriche in agricoltura sta oggi affrontando numerosi problemi legati alla disponibilità d’acqua a uso irriguo legata ad aspetti ambientali, domanda da parte di altri settori, con ricadute sulle politiche agricole (riforma della PAC ) e quelle riguardanti esplicitamente l’utilizzo dell’acqua (direttiva quadro sull’acqua 60/2000) introducendo criteri quali il costo pieno, la gestione integrata a livello di bacino e il “polluter pays principle”. Dopo un ritardo di oltre due anni, l’applicazione della direttiva quadro in Italia ha subito un’improvvisa accelerazione con la presentazione, da parte del Ministero dell’Ambiente, della proposta di decreto legislativo che regola la difesa del suolo e delle acque, incluso il recepimento della direttiva 60/2000. Quasi contemporaneamente, il regolamento CE 1698 del 20 settembre 2005 ha introdotto, tra le misure incluse nei piani di sviluppo rurale, compensazioni per gli agricoltori che rientrano nei piani di bacino di cui alla direttiva quadro. Obiettivo del lavoro è la messa a punto di un sistema di supporto alle decisioni per la gestione dell'acqua nel settore agricolo, basato su un approccio interdisciplinare che integra competenze di carattere economico, agronomico, statistico ed idraulico. Metodologia Il nucleo centrale della metodologia è costituito da modelli economici di simulazione. La metodologia è basata sull’identificazione di tipologie aziendali caratteristiche di una determinata area attraverso cluster analysis ed una modellizzazione del comportamento delle aziende tipo mediante modelli di programmazione lineare in cui si massimizza il margine lordo: ( )∑∑ ⋅−=

nnjnjnj

jj xpwwgmGM λ , con i vincoli hjnj

nhnj bxa ≤∑ , 0≥njx , Hh ,...,1= ,

Nn ,...,1= , in cui njgm indica il margine lordo per unità del processo n e tipologia j, njw = quantità di acqua usata per unità del processo n e tipologia j, pw = prezzo dell’acqua, jλ = peso (numero di aziende) per la tipologia j, hjb = disponibilità totale del fattore h per la tipologia j, hnja = quantità del fattore h necessaria per attivare un’unità del processo n per la tipologia j, njx = livello di attivazione del processo n. Per ciascuno dei processi considerati, è individuata una parametrizzazione associata alla tecnica agronomica e una associata alla tecnica irrigua. Il contenuto agronomico del modello è ottenuto a partire dalle curve di risposta produttive all’irrigazione, che pongono in relazione la produzione alla somministrazione irrigua. Sebbene l’esistenza della curva di risposta sia ben nota, le tecniche per ricavarla non sono ancora standardizzate e la tecnica agronomica tradizionale non ne fa un uso esplicito. In uno scenario irriguo che vede un prezzo dell’acqua in aumento vanno tuttavia previste tecniche produttive associate a rese non ottimali. I parametri idraulici riassumono invece la disponibilità della risorsa idrica del sistema di approvvigionamento collettivo ed autonomo sotto forma di acqua superficiale e sotterranea, i quantitativi idrici massimi in relazione alle fonti di approvvigionamento e alle caratteristiche meteorologiche della zona.

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Il modello di programmazione matematica è anche completato da un modulo di calcolo di indicatori economici, sociali ed ambientali, che permettono di apprezzare in modo pieno l'impatto delle politiche dell'acqua. Primi risultati Tabella 1 – Tipi di aziende analizzateLa metodologia è stata testata su una parte del comprensorio del Consorzio di Bonifica della Romagna Occidentale, un’area, di oltre 19 000 ha, su cui si concentra la quasi totalità delle aziende frutticole del comprensorio a più alta specializzazione che rende particolarmente rilevante la gestione idrica. La superficie, parzialmente servita da condotte in pressione, comprende aziende classificabili nelle 5 tipologie di tabella 1.

Cluster / Typology 1 2 3 4 5 Cropped Surface (ha) 3,6 4,2 13,2 33,8 75,1Fruit Production N Y Y Y Y Surface in Pressure (%) 26 17 15 11 9 Seed Crops (%) 63 19 40 48 70 Vine (%) 32 24 20 13 6 Fruit Trees (%) 0 53 36 34 16 Number of farms 591 1389 501 75 14 Figura 1 – Distribuzione di uso dell’acqua

I risultati del modello sono rappresentati, tra l’altro, dai volumi per unità di superficie d’acqua utilizzata dalle diverse tipologie aziendali in corrispondenza di un dato prezzo dell’acqua. Per la rappresentazione territoriale i risultati del modello sono stati aggregati per foglio di mappa catastale, ottenendo una visualizzazione della varietà di comportamento delle diverse aree al variare del prezzo dell’acqua. In figura 1 è riportato uno scenario estremo corrispondente ad un valore ipotizzato di 0.6 €/mc.

Discussione Dal lavoro emerge, in primo luogo, che le diverse tipologie di aziende agricole e di areeproduttive mostrano reazioni notevolmente diverse a fronte di ipotesi di tariffazione dellarisorsa idrica. Tuttavia, la stessa forte variabilità lascia desumere come i forti cambiamentiattesi sul mercato dei prodotti agricoli potrebbero modificare in modo sostanziale ilquadro di riferimento circa gli usi agricoli delle risorse idriche, portando in primo piano iltema della congruenza tra investimenti in infrastrutture di trasporto dell’acqua, fabbisognoagricolo e normativa sull’acqua. Infine si sottolinea il beneficio derivante dall’adozione diuna metodologia integrata, utile sia ad aumentare l’organicità dell’analisi teorica, sia adaumentare il valore informativo in termini di supporto alle decisioni. Riconoscimenti Lo studio è stato realizzato nell’ambito dei progetti MIUR: PRIN 2003 “Realizzazione diun sistema di supporto alle decisioni a livello di bacino per la gestione dell’acqua inagricoltura” e PRIN 2004 “Sistemi di supporto alle decisioni per la pianificazioneintegrata delle risorse idriche: stato dell'arte e problemi aperti”.

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PROPOSTE PROGETTUALI DI EFFICENTI IMPIANTI IRRIGUI IN DIFFERENTI TIPOLOGIE DI AZIENDE AGRARIE

Vitali Patrick, Perucca Elisa, Lucaroni Fabiola

Dip. Scienze Agrarie e Ambientali, Facoltà di Agraria, Università di Perugia e-mail: [email protected]

Introduzione Nell’agro-ecosistema il risparmio idrico può essere conseguito in diversi modi ed in differenti momenti della filiera di distribuzione dell’acqua e numerosi sono i tentativi in atto tendenti ad individuare fasi, processi e/o tecnologie in grado di offrire possibilità in tal senso sin dalla fase di distribuzione di questo bene che sta diventando sempre più prezioso in tutte le attività umane. L’obiettivo di rendere efficiente l’uso dell’acqua presuppone comunque la conoscenza di numerosi elementi fra i quali prevalgono quelli dell’azienda, delle colture in essa attuate e dell’impianto di irrigazione. Con i casi di studio appresso descritti sono state affrontate alcune delle problematiche legate a differenti tipologie di impianti di irrigazione ponendo l’attenzione, in modo particolare, alla loro efficienza. Si è passati dall’irrigazione per scorrimento, caratterizzato da un indice di efficienza molto basso che oscilla intorno a 0,3 , a quella per sub irrigazione dove lo stesso indice può raggiungere 0,9. L’obiettivo comune ai tre casi di studio è stato quello di conseguire risparmio, a livello aziendale, nell’uso di acqua mediante l’individuazione di efficienti impianti di irrigazione. Più in particolare, nell’individuazione del sistema di irrigazione, si è mirato a: A. Ridurre lo sviluppo delle erbe infestanti al di sotto di teli ombreggianti, che ospitavano barbatelle di olivo coltivate in vaso, ed evitare l’accumulo di acqua nel suolo in quanto veicolo di diversi patogeni; B. Progettare un impianto di irrigazione in grado di evitare il ruscellamento superficiale dell’acqua in collina; C. Sviluppare un impianto di irrigazione compatibile con le esigenze di un Consorzio irriguo che in un prossimo futuro preveda di contingentare la quantità di acqua per unità di superficie. Casi Studio Caso A: Per limitare lo sviluppo di erbe infestanti, al quale contribuisce in misura significativa l’attuale impianto ad aspersione, è stato proposto di sostituirlo con un altro più efficiente. A tale proposito sono state effettuate rilevazioni sul campo, anche fotografiche, constatando la situazione dell’impianto esistente, ritenuto inappropriato anche perché contribuisce al fenomeno del ruscellamento superficiale. E’ stato conseguentemente proposto lo sviluppo di un impianto di irrigazione a goccia, automatizzato e in grado di unire al risparmio idrico altri vantaggi tecnici per l’azienda come ad esempio possibilità di adottare la fertirrigazione. In base alla coltura, che nel caso in esame era rappresentato da oliveto costituito con diverse cultivar, disetaneo e con esemplari di differente sviluppo, è stato stabilito che la quantità d’acqua dovuta ad ogni pianta era di circa 2 l/h; sono stati conseguentemente individuate le tipologie e le portate dei gocciolatoi. Il controllo dei gocciolatori, delle tubazioni e dell’impianto in generale è stato effettuato calcolando preventivamente anche le perdite di carico di pressione per i vari tratti dello stesso. E’ stato previsto che questo fosse automatizzato grazie all’inserimento di una centralina elettronica, collegata ad una cabina meteorologica e ad un tensiometro inserito in un vasetto test. L’impianto è stato completato con un miscelatore per fertirrigazione in modo da aggiungere il potenziale vantaggio derivante dal risparmio in manodopera per la distribuzione dei fertilizzanti. In sintesi, a seguito dello studio, è stato ipotizzato un impianto così

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composto: presa d’acqua dal pozzo e pompa ad immersione, condotta principale, filtro a graniglia, condotte secondarie, centralina elettronica, cabina meteorologica, impianto di miscelazione, filtro in linea con valvola di emergenza, raccordo in polietilene, sei linee adacquatrici con gocciolatori autocompensanti da 2 l/h. Caso B: E’ stata affrontata la progettazione di un impianto irriguo, per un giovane vigneto collinare, del quale avvalersi solo nei casi di soccorso e/o di evidente esigenza idrica da parte dei vegetali; essendo il vigneto posto in collina, all’impianto venivano richieste, come nel precedente caso A, garanzie volte ad evitare rischi di ruscellamento superficiale delle acque ed altri ad esso collegati. A tal fine è stato ideato un impianto a goccia automatizzato come nel caso precedente, con l’aggiunta di una vasca, ritenuta necessaria per la decantazione di residui presenti nell’acqua e per la eventuale compensazione della pressione. In questo caso comunque, considerato che la natura della coltura non necessita di continui apporti di acqua, bensì sporadici, è stato utilizzato un modello informatico specifico per il vigneto in grado di fornirci indicazioni sulla produzione in base ai volumi d’acqua impiegati, alla cronologia degli eventi climatici (soprattutto quelli a carattere piovoso della zona) e alla natura del terreno in tutte le sue variabili. Caso C: E’ stato preventivamente svolto uno studio idrogeologico – agronomico per la determinazione dell’ordinamento colturale ottimale, delle quantità d’acqua e dei turni di irrigazione, della tipologia e della portata degli irrigatori. Per questa parte si è fatto ricorso a modelli informatici. Il primo opera a livello suolo/coltura su scala temporale e stagionale e simula la relazione tra produttività della coltura e volume di acqua impiegato basandosi sulla formula di Stewart e considerando l’acqua come fattore limitante. Il secondo modello opera a livello spaziale di azienda multi-colturale e a scala temporale stagionale. Noti l’estensione dell’area irrigua, il volume di acqua e i vari coefficienti colturali, questo modello ottimizza la ripartizione dell’area irrigua e i volumi da erogare. Il modello ha inoltre fornito elementi per determinare ricavi e costi di produzione permettendo quindi di avere indicazioni di natura economico-estimativa in merito all’adozione di una determinata coltura piuttosto che un’altra. Ultima fase è stata, anche in questo caso, la progettazione ed il dimensionamento dell’impianto, della condotta principale e di quella secondaria nonché delle varie linee adacquatrici. Il dimensionamento è stato effettuato partendo dal modulo di acqua iniziale e dalla relativa pressione per poi arrivare agli irrigatori considerando anche le perdite di carico e la pressione finale in modo da conseguire il corretto funzionamento degli irrigatori. Conclusioni I tre casi di studio affrontati hanno messo in evidenza, sebbene preliminarmente in quanto in parte frutto di applicazione di modelli, che si possono realizzare degli impianti di irrigazione in linea con i dettami del risparmio idrico e, contemporaneamente, con le richieste specifiche di una determinata realtà agricola. Gli impianti ipotizzati hanno in comune un elevato indice di efficienza e consentono un notevole risparmio della risorsa idrica. I tre casi consentono inoltre, anche se a valenza preliminare, di conseguire gli altri obiettivi che con lo studio ci si era prefissati lasciando presupporre che un minor ma più efficace uso dell’acqua possono essere conseguiti in tre degli esempi aziendali tipici delle nostre zone. Lavoro eseguito durante lo stage relativo al Corso di Alta Formazione A.So.R.Id, Misure C3 UM 030333014 e D4 UM 030344006, Regione Umbria Bibliografia Mannini P. e Pirani P., 2003. “Le buone pratiche agricole per risparmiare acqua”. Supplemento di Agricoltura n 18, Regione Emilia Romagna Onofri A., 2005. Lezioni Corso A.So.R.Id. - UM 03.03.33.014; UM 03.03.44.006 Todisco B., 2005. Lezioni Corso A.So.R.Id. - UM 03.03.33.014; UM 03.03.44.006

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CARTA DELLA VULNERABILITA’ (METODO BASE GNDCI-CNR) DELLA VALLE DEL FADALTO (TV-BL)

Zavatti Adriano1, Dessenibus Armando2, Masut Nicoletta3, Vaccari Gianvittore4

1 Dipartimento di Meccanica, Università di Modena e Reggio Emilia

e-mail: [email protected] 2 Università di Trieste; 3 Ingegnere ambientale; 4 Consulente ATO Veneto Sud-Orientale

Il Vallone del Fadalto, collocato tra le province di Treviso e Belluno, nelle Alpi Nord Orientali, è caratterizzato da una sequenza di quattro laghi (S.Croce, Morto, Restello, Nigrisiola) a differenti quote, senza emissari, nei quali l’alimentazione si deve a sorgenti carsiche sul lato destro della valle e dalla derivazione di acqua dal fiume Piave, il cui antico corso era rappresentato dalla valle stessa. Il trasferimento dell’acqua tra i laghi avviene, oltre che in via diretta dalle captazioni per produzione di energia elettrica, per infiltrazione nei materiali permeabili di fondovalle di origine morenica o gravitativa. Captazioni idropotabili sono presenti e ne è stato pianificato lo sviluppo, sia da acqua superficiale, sia da quelle sotterranee, fino ad una portata di 1600 l/s. E’ stata redatta una carta preliminare della vulnerabilità degli acquiferi per la protezione delle risorse idriche della valle, utilizzando dati geomorfologici e sondaggi geologici. La vulnerabilità, mediamente assai elevata, sia nel fondovalle, sia nella catena montuosa in destra idrografica, è mediamente assai elevata. Modeste attività antropiche presenti e soprattutto la presenza della Strada Statale “Alemagna”, dell’Autostrada, della linea ferroviaria e un territorio montano ricco di doline e inghiottitoi, sebbene prevalentemente boscato, giustificano la necessità di adottare particolari cautele a protezione della risorsa idrica, in ragione della facilità di infiltrazione di sostanze inquinanti e della possibilità di abbandono di rifiuti, in un territorio non presidiato. Casi di inquinamento, avvenuti nel passato a causa del diserbo operato sulla massicciata ferroviaria, con gravi ripercussioni sulle acque superficiali e sotterranee confermano tale necessità.