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23 L’interno della cupola del Palau Nacional. Progettato da Josep Puig i Cadafalch per l’Esposizione Universale del 1929, è sede del Museu d’Art de Catalunya. Una generazione emergente di artisti, galleristi e collezionisti ridisegna la mappa della Barcellona creativa. E i grandi musei puntano sulla tecnologia per attirare i giovani di R OBERTA B OSCO LA CITTÀ DELLA BELLEZZA NUOVE PROSPETTIVE Una generazione emergente di artisti, galleristi e collezionisti ridisegna la mappa della Barcellona creativa. E i grandi musei puntano sulla tecnologia per attirare i giovani

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L’interno della cupola del Palau Nacional. Progettato da Josep Puig i Cadafalch per l’Esposizione Universale del 1929, è sede del Museu d’Art de Catalunya.

Una generazione emergente di artisti, galleristi e collezionisti ridisegna la mappa della Barcellona creativa.

E i grandi musei puntano sulla tecnologia per attirare i giovani

di R o b e R t a b o s c o

LA CITTÀ DELLA BELLEZZA

NUOVE PROSPETTIVE

Una generazione emergente di artisti, galleristi e collezionisti ridisegna la mappa della Barcellona creativa.

E i grandi musei puntano sulla tecnologia per attirare i giovani

Sembra quasi una diaspora. Dopo aver fatto base per anni nell’Eixam-ple, in pieno quartiere modernista, intorno all’incrocio tra Consell de Cent e Rambla Catalunya, il nocciolo duro delle gallerie d’arte contemporanea cerca altri territori, capaci di riflettere nuove aspirazio-ni. Uno dei prescelti è El Born, un dedalo di viuzze imprigionate tra palazzi gotici che si estende intor-no alla cattedrale romanica di Santa Maria del Mar, regno incontrastato di Picasso, che lo scelse per aprire il suo museo nel 1963. Mezzo secolo e diversi ampliamen-ti dopo, il Museo Picasso inizia una nuova promettente tappa sotto la direzione del francese Emman-nuel Guigon, deciso a migliorare la fruibilità dell’affollatissimo mu-seo con percorsi più coerenti e comprensibili (per evitare code, è sempre meglio prenotare on line). Guigon ha anche annunciato che si servirà di allestimenti multimediali e interattivi per allargare l’utenza e che offrirà nuove letture dell’opera di Picasso, mettendola in relazione con la creazione contemporanea. Un’ottima notizia per le gallerie che lo circondano come Miguel Marcos, il primo a scoprire il fa-scino di questa zona; Rocio Santa-Cruz, nota anche per aver fondato Arts Libris, una prestigiosa fiera di edizioni d’artista che si celebra a fine aprile nel centro Arts Santa Mònica; Senda di Carlos Duran, fondatore, con Emilio Álvarez, pro-prietario della galleria Àngels, di Loop, l’unica fiera al mondo dedi-cata esclusivamente alla videoarte, che ogni giugno riunisce a Barcel-lona specialisti di mezzo mondo.

Spazio ai giovaniLa mappa artistica del quartiere El Born e dei suoi dintorni si completa con due fondazioni inaugurate di recente, create da giovani ereditieri, appassionati d’arte e anche social-

mente impegnati. Vanessa Salvi, di padre italiano e madre norvegese, nata a Miami, cresciuta tra la Sviz-zera e l’Italia e cittadina del mondo a tutti gli effetti, è l’anima di Blue-project Foundation, che ha portato a Barcellona Pistoletto e l’ha anche convinto a realizzare una delle sue sempre più rare performance. I grandi nomi però sono sporadici, quasi un richiamo per dare più vi-sibilità a un programma centrato sugli emergenti. La Fundació Gaspar, invece, ap-partiene al più giovane di una cele-bre dinastia di galleristi. Il bisnonno Joan fondò nel 1906 la mitica Sala Gaspar che fino al 1996 rappre-sentò la serie A dell’arte, da Calder a Braque, da Dubuffet a Pollock e Willem de Kooning. E, poi, Tàpies, Dalí, Miró e Picasso, che qui ebbe la sua prima mostra personale in Spa-gna nel 1957. Al giovane Moishan Gaspar spetta il compito di stabilire un dialogo tra gli ambienti gotici dello splendido Palau Cervelló, sede della fonda-zione, e le opere avanguardiste che espone, come le sculture di luce e nebbia di Anthony McCall, le in-stallazioni di Paul McCarthy o la macchina del tempo di Doctor Who, che Mark Wallinger ricreò per la Biennale di Venezia del 2001. A breve, a questi si affiancherà la Fundació Foto Colectania, un punto di riferimento internazionale per la fotografia spagnola e porto-ghese, che abbandona la sua sede nascosta nella parte alta della città per stabilirsi in un vecchio, affasci-nante magazzino di finimenti eque-stri di fronte al Parc de la Ciutadella. Il nuovo spazio, attualmente in ri-strutturazione, si convertirà in un centro dedicato alla cultura dell’im-magine; oltre alle mostre monogra-fiche e tematiche, accoglierà anche le 3 mila foto della collezione, sem-pre in continua evoluzione, del suo fondatore Mario Rotllant, presi-dente della Coca Cola España.

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In alto: la Fundació Antoni Tàpies organizza

retrospettive dell’opera del pittore e mostre

temporanee di altri autori. In basso: una sala della

Blueproject Foundation, fondazione privata che

promuove artisti emergenti.

Pezzi uniciConcepito non come

un negozio, ma come uno spazio

espositivo, Roomservice organizza

mostre periodiche di talenti del design

emergenti e consacrati e distribuisce

pezzi unici o edizioni limitate. Fra i nomi

rappresentati, gli olandesi Piet Hein Eek,

Visser & Meijwaard o Maaten Baas,

e designer nazionali come Dionísio Peláez,

Pilar Líbano e gli studi López-Rivera,

Mema, Zuzunaga (roomsd.com).

LE DRITTE diDOVE

secolo, rivela un marcato interesse per la fotografia che si cristallizza in mostre dedicate agli interpreti più eterodossi di questa disciplina, come Allan Sekula, Susan Meiselas e Harun Farocki. La fondazione, che organizza pe-riodiche retrospettive dell’opera del suo fondatore, merita una visita anche solo per la splendida sede in un edificio modernista di Lluís Domènech i Montaner, sormontato dalle volute metalliche di una scul-tura di Tàpies, che si eleva dal tetto verso il cielo, eterea e monumenta-le allo stesso tempo. Tàpies è mor-to nel 2012, ma il suo primogenito Toni continua a vendere le opere del padre nella galleria omonima. Non è l’unico ad aver mantenuto il bastione storico dell’Eixample. In quello che fu il centro dell’arte contemporanea barcellonese resta-no una manciata di grandi nomi, tra cui Joan Prats, che fu la galleria di Joan Miró e ora rappresenta artisti come Alfredo Jaar, Julião Sarmento e Hannah Collins, e Marlborou-gh, fondata a Londra nel 1946 con sedi anche a New York, Parigi, Ma-drid e Montecarlo. Chi cerca nuove emozioni farà me-glio a dirigersi da ADN, dove due intraprendenti giovani galleristi, lo spagnolo Miguel Ángel Sánchez e l’italiana Susanna Corchia, presen-

Occhio allo scattoLa fotografia ha tutta l’aria di di-ventare uno dei punti forti di Barcellona. Non solo è ben rap-presentata nelle collezioni dei musei più importanti, iniziando dal Museu Nacional d’Art de Ca-talunya, sulla collina di Montjuïc, e dal MACBA, il Museu d’Art Contemporani de Barcelona, in pieno centro, dietro alla Rambla, che le dedicano mostre periodi-che. Esiste in città anche un centro pubblico dedicato in esclusiva al suo studio e alla sua diffusione. Si tratta de La Virreina Centre de la Imatge, situato in piena Rambla, a fianco del celebre mercato della Boqueria. Dopo un periodo confu-so, ha ritrovato la sua strada sotto la direzione di Valentín Roma, un giovane storico dell’arte che an-nuncia una programmazione con progetti sperimentali e una nuova attenzione per gli archivi fotogra-fici meno conosciuti, come quelli del MUHBA (Museu d’Història de Barcelona), del COAC (Col·legi d’Arquitectes de Catalunya) e l’Ar-xiu Fotogràfic de la Ciutat, l’Ar-chivio fotografico di Barcellona, con i quali sta già lavorando. Anche la Fundació Antoni Tàpies, creata dall’artista, proba-bilmente il pittore spagnolo più quotato della seconda metà del XX

Un’opera di Rosana Antolí in mostra all’Espai 13, lo spazio riservato alle

esposizioni temporanee della Fundació Joan Miró.

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La Fundació Miró si rinnova e recupera il suo primo allestimento, quello ideato dallo stesso artista con la complicità dell’architetto Josep Maria Sert, che disegnò l’edificio razionalista sulla collina di Montjuïc per accogliere le opere dell'amico. L’allestimento si modificò nel 1986 in occasione dell’ampliamento della Fundació, che offre una delle migliori viste della città. Ma la crescita della collezione e l’interesse sempre maggiore per l’opera di Miró hanno reso necessario un nuovo cambio. Adesso non sono più le mostre temporanee ad accogliere il pubblico, ma le grandi opere dell'artista disposte in un percorso cronologico

e tematico che offre nuove e appassionanti interpretazioni iconografiche e stilistiche. Sono più di 150 elementi, tra pitture, disegni, sculture, ceramiche e tappeti, esposti in otto ambiti che riassumono la prolifica traiettoria dell’autore e recuperano elementi architettonici creati con obiettivi specifici. È il caso delle “cappelle”, che offrono il raccoglimento necessario per ammirare i trittici politici dipinti durante il tardo franchismo e gli “spazi di riposo”, concepiti proprio da Miró affinché il pubblico avesse la possibilità di riflettere e di elaborare un discorso personale senza stimoli visivi intorno.

La Fundació Miró ritorna alle origini

tano progetti, spesso site specific, di artisti impegnati sul fronte del so-ciale come Nùria Güell.

Un nuovo poloAgli antipodi dell’elegante quartie-re modernista ci sono i palazzoni proletari de L’Hospitalet de Llo-bregat, al limite sud dell’area me-tropolitana. In questo quartiere dove fiorì il movimento anarchico catalano e si formarono i movimenti sociali del-la Transizione, è sorto un nuovo polo artistico grazie all’iniziativa di Albert Mercadé, direttore della Fundació Arranz Bravo, dedicata al pittore omonimo. La nuova ispi-tuzione ha aviuto il meritodi attiva-re un circuito di eventi in vecchie fabbriche in disuso e un program-ma di street art e graffiti sui muri intorno alla fermata della metro-politana Torrassa. A quest’effer-vescenza si sono sommati nuovi luoghi di creazione, indipendenti e autogestiti, come l’Espacio Sa-lamina e due gallerie di tendenza, presenti in tutte le grandi fiere in-ternazionali: Nogueras Blanchard (noguerasblanchard.com) e Ana Mas (anamasprojects.com). La visita a L’Hospitalet richiede solo un pizzico di spirito d’avven-tura in più, ma chi preferisce un programma meno radicale può fer-

marsi in plaça Espanya per visitare il polo di Montjuïc. Idealmente si sviluppa a partire dalle eleganti linee del Padiglione che l’architet-to Mies van der Rohe costruì per l’Expo Universale del 1929 e che ora ospita la fondazione a lui inti-tolata. Oltre alle installazioni olimpiche, lo stadio, le piscine e il Palau Sant Jordi della star giapponese Arata Isozaki, il piccolo promontorio offre opzioni culturali per tutti i gusti, dal castello con il museo militare alla Fundació Joan Miró, passando per le mostre di arte et-nica di CaixaForum e la storia dell’arte catalana che si raccon-ta nel MNAC, Museu Nacional d’Art de Catalunya. C’è addirittura la possibilità di sen-tirsi per un momento a New York, visitando la galleria Carles Taché (carrer de Mèxic 19) ricavata dal giovane architetto Jorge Vidal in un enorme magazzino industriale. Lo spazio accoglie i lavori di gran-de formato di artisti come Sean Scully, americano di origini irlan-desi, che recentemente ha realizza-to anche un progetto per l’Abbazia di Montserrat. Nel monastero, che Scully definisce “un ambiente di pace e di amore”, raccoglie la sua interpretazione della Via Crucis attraverso imponenti opere di allu-minio e rame.

In alto: il centro Arts Santa Monica e Senda, sede

di una prestigiosa fiera di edizioni d’artista.

In basso: a sinistra, un’opera di Dannis Hollingsworth

alla galleria Miguel Marcos; a destra, una sala

del Museu d’Història de Catalunya.

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Sedici anni dopo aver stupito il mondo dell’arte con l’audace allestimento di Gae Aulenti, il Museu Nacional d’Art de Catalunya (MNAC), che conserva la collezione di pittura romanica più importante del mondo, ci riprova. Le straordinarie absidi e le decorazioni murali che furono letteralmente strappate dalle chiesette dei Pirenei ai primi del Novecento dagli Steffanoni, una stirpe di restauratori-avventurieri italiani che inventò una tecnica rivoluzionaria (denominata, appunto, strappo), restano esposte nelle armature che Aulenti aveva concepito affinché si potessero ammirare da tutti i lati. Per il

resto il cambiamento è radicale. L’illuminazione, che si concentra sulle opere riunite per tipologie (scultura monumentale, pittura su tavola, scultura di legno e oreficeria), dà risalto alle linee severe e ieratiche di capolavori come l’insieme scultoreo di Santa Maria di Taüll, di cui si conserva anche l’abside. Chi volesse visitare la chiesa nella Vall de Bohí da cui furono asportati, dopo un viaggio di quattro ore da Barcellona, al posto degli originali troverà il primo mapping permanente d’Europa, una proiezione 3D che riproduce nei minimi dettagli gli elementi esposti al MNAC.

Il romanico più bello del mondo