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Indice:

Introduzione ………. pag.3

Riassunto del carteggio ……….. pag.4

Analisi carteggio ……….. pag.5

Sigmund Freud; la vita ………… pag.6

Il dualismo di Empedocle ……….. pag.6

5 conferenze sulla psicoanalisi ……….. pag.7

Albert Einstein ……….. pag.9

Effetto fotoelettrico ………. pag.9

Storia del nazismo ………. pag.11

Come si diventa nazisti ………. Pag.11

Modernità e olocausto ………. Pag.14

Italo svevo ………. Pag.16

James Joyce ………. Pag.18

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Introduzione:

Nel 1931 vi fu uno scambio epistolare, riguardante l’inclinazione umana alla guerra,

fra il noto fisico Einstein e il “padre” della psicanalisi Sigmund Freud.

Io ho deciso di partire proprio da questo documento che vede una sovrapposizione di

tematiche e personalità decisamente interessanti e che hanno segnato una sorta di

rivoluzione scientifica del XX secolo.

Sono partito con un’analisi del documento alla quale ho aggiunto un breve

approfondimento sugli impulsi di cui Freud parla (Eros e Thanatos).

Per interesse personale, e anche per la centralità del tema, ho letto e riassunto “5

conferenze sulla psicoanalisi” (libro che riporta le conferenze tenute da Freud in

Massachussets nel 1909) che mi ha aiutato notevolmente a capire l’approccio e gli

sviluppi della psicanalisi di Freud.

Per quanto riguarda Einstein ho trattato l’effetto fotoelettrico da lui scoperto e che lo

portò alla vittoria del premio Nobel per la fisica nel 1921.

Mi sono inoltre collegato alla seconda guerra mondiale, in particolare al nazismo, per

la centralità del tema della guerra nelle lettere e perché gli scritti di Freud (all’interno

di “Perché la guerra?”) sono considerati in gran parte premonitori della successiva

ascesa del nazismo in Germania e degli eventi della Seconda guerra mondiale.

Mi sono soffermato poi sugli elementi che resero possibile ad un evento come

l’olocausto di verificarsi. Ho letto ed analizzato, per prima cosa, dei capitoli

fondamentali del libro “Come si diventa nazisti” di William Sheridan Allen (1965)

che tratta dell’avvento del nazismo sulla cittadina tedesca Nordheim, nello Hannover.

Come seconda cosa ho letto il libro “Modernità e olocausto” di Zigmunt Bauman

all’interno del quale il noto sociologo analizza proprio ciò che permise la

realizzazione dello sterminio

Infine ho ripreso i caratteri della psicanalisi all’interno della letteratura italiana ed

inglese, trattando Svevo in particolare la sua opera “La coscienza di Zeno” e Joyce

che utilizza nei suoi romanzi la tecnica narrativa del flusso di coscienza (stream of

consciousness) che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di una persona

così come compaiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi.

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“Perché la guerra?” riassunto del carteggio tra Einstein e Freud:

La domanda principale che Einstein pone a Freud è la seguente: «C'è un modo per liberare gli

uomini dalla fatalità della guerra?». Lo scienziato cerca di abbozzare una risposta a tale quesito

affermando che per evitare la guerra sarebbe necessaria un unità sovranazionale che imponga delle

leggi alle quali ogni stato si debba attenere senza riserve, facendo in modo che queste leggi vengano

rispettate. Per ottenere ciò, che oggi è lungi dall’essere ottenuto, occorre che ogni stato rinunci alla

sua sovranità. Ma la sete di potere si oppone a ciò: in ogni stato infatti c’è un piccolo ma deciso

gruppo di persone che usa la guerra solo per promuovere i loro interessi. Ma come è possibile che la

massa si lasci asservire dalle decisioni dei pochi? La risposta più ovvia secondo Einstein è che tale

maggioranza tiene in pugno l’istruzione, l’informazione e le organizzazioni religiose, tutte cose che

gli consentono di sviare i sentimenti delle masse. Per quale motivo dunque la massa si lascia

infiammare fino all’olocausto di se? L’unica spiegazione possibile è che l’uomo abbia dentro di se

il piacere di distruggere. Avendo constatato ciò Einstein espone quindi la sua domanda finale,

chiedendo al padre della psicoanalisi se è possibile dirigere l’evoluzione degli uomini in modo da

renderli capaci di resistere alla psicosi dell’odio e della distruzione. Nel rispondere a tale lettera

Freud ripercorre le tappe indicate da Einstein con l’intento di svolgerle più ampiamente seguendo le

sue migliori conoscenze. Dunque anch’egli parte dal rapporto “diritto-forza” sostituendo

quest’ultima parola con “violenza”. Infatti i conflitti di interesse tra gli uomini sono decisi, come in

tutto il regno animale, di cui anche l’uomo fa parte, dalla violenza. Grazie alla violenza il singolo

riuscì inizialmente a prevalere sui molti, ma in che modo siamo passati dalla violenza al diritto?

L’unione delle violenze dei molti riuscirono a sopraffare la violenza del singolo. Il diritto perciò è

pur sempre violenza: opera con gli stessi mezzi e persegue gli stessi scopi, la differenza è che ora a

prevalere è la volontà della comunità. Ma affinché tale diritto sia stabile l’unione deve essere

stabile. Quando vi è una comunione di interessi si instaurano tra i membri di un gruppo quei

sentimenti sui quali si fonda la sua vera forza. In questo gruppo il trionfo sulla violenza viene

ottenuto trasferendo il potere a una comunità più vasta. Ciò è semplice finché la comunità è piccola

ed è formata da individui aventi la stessa forza. Ma nella realtà ciò è impossibile poiché la comunità

comprende fin dall’inizio elementi di forza ineguale (uomini e donne, genitori e figli, ecc.). Il diritto

della comunità diviene allora espressione dei rapporti di forza ineguali all’interno di essa, «le leggi

vengono fatte da e per quelli che comandano». Da qui nascono nella comunità due funti di

inquietudine: da un lato vi è il singolo che vuole ripristinare l’antico stato di violenza, dall’altro le

masse tentano di tornare ad un diritto uguale per tutti. È inevitabile quindi la lotta all’interno di una

comunità, ma queste lotte, a causa della necessità della vita comune giungono rapidamente ad una

conclusione. Vi sono tuttavia anche le guerre tra una o più comunità che conducono in genere le

comunità più grandi e potenti a integrare quelle più piccole. Anche se paradossale, in questo caso, la

guerra potrebbe creare un'unica grande comunità in grado di ottenere la pace “eterna”. Ma questo

risultato non può essere durevole e le unità appena create si disintegrano, ottenendo così come unico

risultato la sostituzione di guerricciole con grandi guerre. Come già detto da einstein anche secondo

Freud occorre un unità sovranazionale che acquisisca mediante il richiamo a determinati principi

ideali l’autorità che di solito si basa sul possesso della forza. Ma che forza si può attribuire a queste

idee? Come gli ideali panellenici e cristiani non riuscirono ad evitare il ricorso alle armi così al

giorno d’oggi non vi è nessuna idea cui si possa attribuire una simile autorità unificante. Perciò il

tentativo di sostituire la violenza con le idee è per il momento votato all’insuccesso. Anche per

quanto riguarda il motivo per il quale le masse si lasciano infiammare Freud è pienamente

d’accordo con Einstein. Secondo il filosofo infatti l’uomo è dominato da due tipi di “pulsioni” una

che tende a conservare e a unire e una che tende a distruggere e a uccidere. Tutte e due le pulsioni

sono indispensabili e nessuna agisce mai in maniera isolata, ad esempio la pulsione di

autoconservazione non è detto che non possa implicare una certa quantità di aggressività per essere

portata a compimento. Pertanto quando gli uomini vengono incitati alla violenza, è possibile che si

destino in loro una serie di motivi consenzienti, nobili o volgari, di cui il piacere di distruggere e di

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aggredire fa certamente parte. Il fatto che questi impulsi distruttivi siano mescolati con altri impulsi

ideali, facilita naturalmente il loro soddisfacimento. Se quindi la propensione alla guerra è un

prodotto della pulsione distruttiva, contro di essa è ovvio ricorrere all’antagonista di tale pulsione

ovvero a tutto ciò che fa sorgere legami emotivi tra gli uomini. Tali legami possono essere di due

tipi: quelli che hanno come oggetto l’amore e quelli che hanno come oggetto la solidarietà, amore e

solidarietà sono però facili da esigere ma difficili da attuare. C’è anche un altro metodo per

combattere la tendenza alla guerra: poiché c’è tra gli uomini un’innata disuguaglianza occorre fare

una distinzione tra capi e seguaci. Si dovrebbe quindi Dedicare maggiore cura all’educazione della

prima classe capace di assoggettare la vita pulsionale della comunità umana alla dittatura della

ragione. Ma questa è una speranza utopistica. È evidente quindi come nonostante la lunga e

approfondita analisi dell’umanità compiuta dal filosofo con l’aiuto dello scienziato non si riesca a

trovare una soluzione definitiva al problema della guerra, si giunge anzi a constatare

pessimisticamente la sua inevitabilità.

Analisi carteggio Einstein-Freud sulla guerra:

Nel 1931 l'Istituto internazionale per la cooperazione intellettuale promosse, per conto della Società

delle nazioni unite una serie di dibattiti tra le personalità più in vista dell'epoca su temi d'attualità.

Einstein suggerì il nome di Freud, che accettò uno scambio epistolare con lui sul tema della guerra.

Le lettere furono pubblicate nel 1933 con il titolo “Perché la guerra?”

Einstein apre la sua lettera individuando alcuni fattori come possibile spiegazione del fenomeno,

quali il nazionalismo e la sete di potere dei diversi Stati; tuttavia essi non sono sufficienti per capire

come masse intere accettino la distruzione di altri e il sacrificio di sé.

Suggerisce quindi a Freud l’ipotesi che l’uomo sia aggressivo per natura e individua come soluzione

un organismo sovranazionale al quale gli stati devono obbedire rinunciando alla propria sovranità.

Termina la lettera chiedendo se vi siano mezzi per scongiurare le guerre future.

Freud-riprende la considerazione di Einstein circa la tendenza naturale alla violenza, esponendo in

merito la propria teoria delle pulsioni. Nell'uomo sono presenti una pulsione di vita e una dì morte

(Eros e Thanatos). Per Freud l'aggressività è parte insopprimibile della natura umana e quindi non

c'è modo di eliminarla, occorre se mai individuare le condizioni perché non trovi espressione nella

guerra.

Per evitare i conflitti armati bisogna sviluppare un antagonista: l'Eros (rafforzando i legami affettivi

nella comunità e favorendo l'instaurazione di sentimenti comuni a tutti). Tali soluzioni appaiono a

Freud realizzabili soltanto in tempi molto lunghi.

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Sigmund Freud; la vita:

Sigmund Freud nasce in Moravia nel 1856 da una famiglia ebraica.

Frequenta il ginnasio a Vienna e si iscrive alla facoltà di medicina.

Contemporaneamente condusse delle ricerche nel laboratorio di neurofisiologia di Ernst Brucke.

Qui viene a contatto con Breuer, il quale gli racconta la storia di Anna O. Nel.

Si trasferisce a Parigi, dove insegna Charcot, un clinico dell'isteria. Tornato a Vienna divulga gli

studi di Charcot e sposa Martha.

Negli anni seguenti (1886-96) è molto impegnato a livello professionale e famigliare:

Cerca di farsi una fama e al contempo deve mantenere la famiglia numerosa.

Scrive “Studi sull’isteria”.

Dopo la morte del padre, Freud cade in una grossa depressione e si curerà con l'autoanalisi, in

particolare con l'analisi onirica.

Nel 1900 scrive “L’interpretazione dei sogni”. A questo punto sono in molti a seguire le teorie da

lui elaborate e comincia a prendere vita un vero e proprio movimento psicoanalitico.

Vengono pubblicate: “Psicopatologia della vita quotidiana” e tre saggi “Sulla teoria sessuale”

Freud è ormai famoso in tutto il mondo e viene invitato a numerosi convegni.

Nel 1910 viene fondata la Società psicoanalitica.

Scrive svariate e importanti opere finche, con l’avvento del nazismo, la psicoanalisi viene

fortemente perseguitata in quanto "scienza ebraica": vengono bruciati i testi di psicoanalisi a

Berlino e, quando i nazisti entrano a Vienna, Freud decide di emigrare a Londra.

Vi muore nel 1939 e non sarà celebrata nessuna cerimonia religiosa.

Il dualismo di Empedocle:

Riprendo questo testo di Freud dove egli presenta il conflitto fra Eros e Thanatos, del quale parla

nella lettera ad Einstein, mediante concetti desunti dal pensiero di Empedocle, il quale parla d'un

dissidio cosmico fra i princìpi o forze di Amore (o Amicizia) e Odio (o Discordia).

«Empedocle di Agrigento, nato all'incirca nel 495 a.C., si presenta come una figura fra le più

eminenti e singolari della storia della civiltà greca [...] Il nostro interesse si accentra su quella

dottrina di Empedocle che si avvicina talmente alla dottrina psicoanalitica delle pulsioni, da indurci

nella tentazione di affermare che le due dottrine sarebbero identiche se non fosse per un'unica

differenza: quella del filosofo greco è una fantasia cosmica, la nostra aspira più modestamente a una

validità biologica. [...] I due principi fondamentali di Empedocle – philìa (amore, amicizia) e neikos

(discordia, odio) – sia per il nome che per la funzione che assolvono, sono la stessa cosa delle nostre

due pulsioni originarie Eros e Distruzione.»

Il nome di Eros deriva da quello della divinità greca dell'amore, e «tende a creare organizzazioni

della realtà sempre più complesse o armonizzate, mentre Thanatos tende a far tornare il vivente a

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una forma d'esistenza inorganica. Queste sono pulsioni. Eros rappresenta per Freud la pulsione alla

vita, mentre Thanatos quella della distruzione.

Cinque conferenze sulla psicoanalisi:

Nel Settembre 1909, presso la Clark University in Massachussets, Freud presenta la sua opera al

pubblico americano, Non si rivolge esclusivamente ai medici, ma a tutti i convenuti, esponendo con

chiarezza le teorie e la prassi dell’intervento psicanalitico, arricchendo il discorso con descrizioni ed

esempi efficaci. E’ come se egli prendesse per mano i presenti e li introducesse all’esperienza di un

mondo sconosciuto, del quale svela i misteri. Nelle cinque conferenze egli delinea la base di tutta la

psicanalisi, esponendo con rigore i concetti e i termini fondamentali, che saranno ripresi e

rielaborati successivamente

1- Il primo avvio alla Psicanalisi è dovuto a Breuer, medico viennese che curava l’isteria con

l’ipnosi. Una giovane paziente presentava sintomi complessi: paralisi e vari altri disturbi, in

contrasto con il perfetto stato degli organi interni. I disturbi erano comparsi al capezzale del

padre morente. La violenza degli affetti, bloccata durante le situazioni patogene, si era

fissata nei sintomi. Sottoposta ad ipnosi, la paziente riusciva a rivivere le fantasie

traumatizzanti. Al ricordo seguivano un senso di liberazione e la progressiva scomparsa dei

sintomi. Gli studi ipnotici successivi hanno evidenziato come in uno stesso individuo

possano essere presenti più raggruppamenti psichici, lo stato, a cui rimane attaccata la

coscienza, viene detto “conscio”. L’altro “inconscio”.

2- Negli anni 1885-86 Freud, discepolo di Charcot, a Parigi, approfondisce gli studi sull’isteria

e sulla scissione psichica e la disintegrazione della personalità. Continuando a sollecitare nei

pazienti il ricordo delle esperienze vissute, egli riesce a stabilire dei nessi tra le scene

patogene dimenticate e i sintomi presenti. I ricordi dimenticati non sono perduti, ma una

forza impedisce loro di riaffiorare alla mente. Tale forza è avvertita come una resistenza, che

mantiene in vita lo stato morboso. Fra i vari impulsi esistenti uno prende il sopravvento: è

l’impulso di desiderio, contrastato da tutti gli altri, perché inaccettabile per ragioni etiche,

morali religiose ecc, Per evitare la sofferenza, la rappresentazione di tale impulso viene

allontanata dalla coscienza, rimossa. Il conflitto di forze psichiche contrastanti esiste in ogni

individuo, ma non è sufficiente per determinare la dissociazione della personalità. Nei casi

di isteria o di nevrosi l’impulso inaccettabile viene cancellato dalla coscienza, dalla

memoria. Nell’inconscio, però, esso continua ad esistere, in attesa di ripresentarsi sotto

forma di sintomo, accompagnato da sofferenza. Nel lavoro psicoanalitico tale impulso può

essere recuperato alla coscienza.

3- Nell’intervento psicanalitico ogni idea espressa dal paziente, anche la più arbitraria e lontana

dal sintomo, ha valore: è essa stessa un sintomo, una nuova deformazione, che sostituisce

l’elemento rimosso. Essa comunque rivela una certa somiglianza con l’elemento celato, che

si vuole riportare alla coscienza. Per dischiudere l’inconscio sono importanti le libere

associazioni, l’interpretazione dei sogni e l’utilizzazione delle azioni mancate e casuali.

L’interpretazione dei sogni è la via principale per la conoscenza dell’inconscio. Il contenuto

onirico manifesto rappresenta la deformazione dei contenuti onirici inconsci, sui quali hanno

operato i processi psichici della condensazione e dello spostamento. Le libere associazioni

mettono in contatto con i pensieri onirici latenti, i quali svelano come i sogni degli adulti

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assomiglino ai sogni infantili. Anche gli adulti cercano nel sogno l’appagamento dei desideri

insoddisfatti, specialmente di quelli sessuali.

4- Fra gli influssi che maggiormente determinano fenomeni di rimozione e di formazione

sostitutiva vanno evidenziati i disturbi dell’erotismo, che i pazienti in genere tengono

nascosti. Il lavoro analitico necessario per la chiarificazione di un caso patologico deve

considerare anche le esperienze precedenti, quelle della pubertà e dell’infanzia.

Specialmente le esperienze infantili giustificano la sensibilità nei confronti dei traumi

successivi. La pulsione sessuale infantile si manifesta sin dalla nascita, è complessa ed è

totalmente staccata dalla funzione riproduttiva. Fonte di piacere sono la stimolazione di

determinate zone erogene e l’eccitamento dei genitali (Fase dell’autoerotismo). La

differenziazione dei sessi non ha ancora un ruolo decisivo. La primitiva scelta oggettuale

ricade sulle persone vicine al bambino, soprattutto i genitori e i fratelli. I duplici,

contrastanti sentimenti d’amore e di odio formano un complesso di sentimenti che, subito

rimosso, continua a vivere nell’inconscio e a influire sugli sviluppi della vita affettiva e

sessuale futura. A volte anche nell’età adulta permangono aspetti della caotica sessualità

infantile. Certe particolari pulsioni, ritenute inaccettabili dalle convinzioni sociali o dalla

morale, vengono colpite dalla rimozione, dando così luogo a nevrosi o a perversioni.

5- Gli individui si ammalano quando non riescono a soddisfare nella realtà le loro esigenze

erotiche. Si rifugiano, allora, nella malattia e regrediscono ai soddisfacimenti sessuali

infantili, allontanandosi dalla realtà. Frequente è il rifiuto della realtà nelle nevrosi. Uomo

energico viene considerato colui che sa tradurre nella realtà le sue fantasie di desiderio. Se

non riesce, in determinate circostanze, in presenza di talento artistico, anziché chiudersi

nella fantasia può attingere alla realtà attraverso l’arte. Il problema del distacco dalla realtà

può riguardare sani e malati. La differenza fra gli uni e gli altri sta nelle proporzioni

quantitative degli impulsi in conflitto. Nel lavoro psicoanalitico, come avviene anche in altri

rapporti, si verifica il fenomeno della traslazione: il paziente riversa sul medico moti di

tenerezza, ma anche tensioni, ostilità: Tutto il vissuto viene considerato un mezzo per

dischiudere l’inconscio.

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Albert Einstein:

Albert Einstein (Ulma, 14 marzo 1879 – Princeton, 18 aprile 1955) è stato un fisico e filosofo della

scienza tedesco naturalizzato statunitense.

La sua grandezza consiste nell'aver mutato in maniera radicale il paradigma di interpretazione del

mondo fisico.

Nel 1905, ricordato come "annus mirabilis", pubblicò tre articoli a contenuto fortemente innovativo,

riguardanti tre aree differenti della fisica:

-dimostrò la validità della teoria dei quanti di Planck nell'ambito della spiegazione dell'effetto

fotoelettrico dei metalli;

-fornì una valutazione quantitativa del moto browniano e l'ipotesi di aleatorietà dello stesso;

-espose la teoria della relatività ristretta, che precede di circa un decennio quella della relatività

generale.

Nel 1921 ricevette il Premio Nobel per la fisica "per i contributi alla fisica teorica, in particolare per

la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico" e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto

per la teoria della relatività. Fu un successo insolito per uno scienziato e durante gli ultimi anni di

vita la fama non fece che aumentare.

Oltre a essere uno dei più celebri fisici della storia della scienza, fu molto attivo in diversi altri

ambiti, dalla filosofia alla politica, e per il suo complesso apporto alla cultura in generale è

considerato uno dei più importanti studiosi e pensatori del XX secolo.

La sua immagine rimane a tutt'oggi una delle più conosciute del pianeta.

Effetto fotoelettrico, spiegazione dell’effetto fotoelettrico di Einstein

(1905):

1- Ogni volta che avviene, da parte della materia, emissione o assorbimento della radiazione

elettromagnetica la quantità di energia scambiata è legata alla frequenza f della radiazione dalla

relazione:

E=h*f h=6.626*10^(-34) Js costante di Planc

2- L’energia della radiazione elettromagnetica non è distribuita con continuità nello spazio, bensì è

raccolta in pacchetti o quanti detti fotoni

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Leggi dell’effetto fotoelettrico:

1-

Se h*f < W

non si ha energia sufficiente per estrarre gli elettroni dal materiale. soglia fotoelettrica

w=hf0

2-

Un elettrone può ricevere energia solo da un quanto: “l’energia cinetica degli elettroni emessi non

dipende dall’intensità della radiazione incidente”

3-

Ecin=hf-hf0

L’energia del singolo elettrone aumenta al crescere della frequenza della radiazione incidente

4-

Aumentando l’intensità della radiazione aumenta il n°di pacchetti di energia:

il n°di elettroni emessi aumenta con l’intensità

QUINDI:

w = energia necessaria per estrarre un elettrone dal materiale

h*f = energia fornita al materiale dal singolo fotone

Dall’articolo sui quanti di luce pubblicato da Einstein nel 1905 sugli

"Annalen der Physik”:

"Secondo l'ipotesi che voglio qui proporre, quando un raggio di luce si espande partendo da un

punto, l'energia non si distribuisce su volumi sempre più grandi, bensì rimane costituita da un

numero finito di quanti di energia localizzati nello spazio, che si muovono senza suddividersi e che

non possono essere assorbiti o emessi parzialmente.”

"La Consueta concezione, per la Quale l'energia della luce si distribuisce in modo continuo nello

spazio irradiato, incontra, nel tentativo di spiegare i fenomeni fotoelettrici, notevoli difficoltà, che

sono state fatte oggetto di uno studio particolarmente approfondito dal Signor Lenard [Einstein Si

riferisce all'articolo di Lenard del 1902]. Partendo Dal principio che la luce eccitatrice è costituita di

quanti di energia hf, l'emissione di elettroni si può spiegare nel seguente modo. I Quanti di energia

penetrano nello strato superficiale del corpo e la loro energia si trasforma, almeno in parte, in

energia cinetica di elettroni... Inoltre va supposto che ogni elettrone, nell'abbandonare il corpo,

debba effettuare un lavoro W (che è caratteristico del corpo considerato). Ad uscire dal corpo con la

massima velocità normale [Kmax] saranno gli elettroni eccitati che si trovano direttamente alla sua

superficie e che acquistano una velocità normale ad essa".

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Breve storia del nazismo:

Il 10 luglio 1921, in una Germania ridotta alla miseria dal disastro bellico, Adolf Hitler, un reduce di

guerra di origini austriache, veniva eletto capo indiscusso di una piccola formazione di destra, dal nome

"partito nazional-socialista dei lavoratori tedeschi".

Dopo anni di militanza quel piccolo manipolo di visionari avrebbe raggiunto, sotto il segno della svastica,

il dominio sull’Europa, con il fine di costituire un grande Reich millenario, volto a sottomettere il mondo

intero.

I principi enunciati da Hitler nel "Mein Kampf", riassumibili nel principio della superiorità della razza

ariana eletta, destinata ad imporre la propria egemonia, trovarono tragica e sistematica attuazione nello

sterminio di 6 milioni di ebrei, nei massacri, nei rastrellamenti, nell’incubo cui dovettero prender parte

decine di migliaia di persone dal gennaio 1933, anno dell’ascesa al potere del nazional-socialismo.

Fino al maggio del 1945, quando Berlino venne conquistata dall’armata sovietica. Fu così la fine di

quell’oscuro e malefico impero, di una perversa ideologia che il suo fuhrer voleva millenaria e che invece

non sopravvisse alla superiorità alleata; ad una ad una le armate tedesche furono travolte e sconfitte, fino

alla capitolazione, ponendo fine ad una tragedia una tragedia costata 50 milioni di morti.

William Sheridan Allen, Come si diventa nazisti, 1965:

Tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta, nella cittadina tedesca chiamata Thalburg

dall'autore, in realtà Nordheim nello Hannover, si svolge un “gioco collettivo” la cui posta è la

democrazia.

Nello stesso periodo un confronto analogo si stava svolgendo in tutta la Germania, e analogo ne fu

l'esito. “Come si diventa nazisti” è il dramma di una città che ha affidato il compito a uno storico,

circa trent'anni dopo gli eventi in esso rappresentati; un intervallo lungo, ma non tanto da impedire

una ricostruzione fedele degli avvenimenti, grazie alle interviste, le raccolte di giornali locali e i

luoghi ancora pressoche immutati.

Con cautela l'autore afferma in più punti che Thalburg non è un microcosmo rappresentativo del

macrocosmo Germania. Ma il dramma di Thalburg che Allen ricostruisce, non può fare a meno di

trasmettere al lettore sensazioni e conoscenze che trapassano quel tempo e quel luogo perché si

ricollegano agli strati profondi dei processi sociali e dell'esperienza umana. Esse ci dicono che non

esiste nulla capace di vietare che ciò che è accaduto a Thalburg a cavallo degli anni Trenta possa

prima o poi accadere di nuovo. «Il problema del nazismo fu prima di tutto un problema di

percezione» scrive l'autore proprio alla fine del libro. Ma ciò non presuppone che qualcosa di simile

non sia ripetibile in futuro.

Gli attori del dramma thalburghese sono principalmente le formazioni politiche NSDAP (Partito

nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi) e la SPD (Partito socialista di Germania), e due classi

sociali: la piccola e media borghesia. Per decenni i voti dei lavoratori si erano concentrati sulla

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SPD, cui andavano ancora nel 1928 oltre 2200 voti su meno di 5400 totali nel comune di Thalburg.

Insignificante il consenso elettorale nei confronti del Partito comunista: poche decine di voti. E

all'inizio della storia insignificante era pure il voto per la NSDAP, che nello stesso 1928 ricevette la

miseria di 123 voti.

Negli anni successivi la struttura del consenso elettorale cambia vistosamente. In soli due anni, dal

1928 al 1930, i voti a favore della NSDAP aumentano di quattordici volte, salendo da 123 a 1742,

su un totale di voti totali che intanto ha superato i 6000. Poi aumentano ancora di due volte e mezza,

raggiungendo i 4200, pari al 62,3 per cento del totale, alle elezioni del luglio 1932, per superarli

infine abbondantemente in quelle del 1933. Più che la SPD a perdere, fu dunque - così come

avvenne in tutta la Germania - la NSDAP a stravincere, nel corso di elezioni politiche che almeno

fino al 1933 si potevano considerare, nell'insieme, regolari. Non fu alcuna forza esterna a

consegnare la cittadina dello Hannover, così come l'intero paese, al nazismo. Fu, insieme con le

inadeguatezze e gli errori della classe dirigente, la libera volontà degli elettori. Il colpo di stato, la

rivoluzione che trasformò la democrazia di Weimar in una dittatura, avvennero soltanto dopo che

gli elettori ebbero spianato la strada.

Come riuscirono i nazisti di Thalburg ad attirare sulla propria formazione il voto di gran parte della

borghesia locale, e di una quota non indifferente della classe lavoratrice?

Già sul finire degli anni venti la depressione economica aveva cominciato a colpire duramente il

comune di Thalburg. Inoltre Thalburg era sede dell'ufficio distrettuale di collocamento, di modo che

i thalburghesi erano esposti ogni giorno allo spettacolo di lunghe file di disperati che venivano da

paesi e cittadine vicine per farsi registrare. I piccoli commercianti lamentavano la caduta dei

consumi; parecchi negozi noti chiusero. La limitazione della spesa che le famiglie si erano imposte

toccava anche l'educazione dei figli: il numero di allievi nelle due scuole secondarie scese del dieci

per cento tra il 1930 e il 1932, sebbene il numero totale degli abitanti fosse aumentato. Un senso di

insicurezza crescente per il futuro di sé e dei propri figli pesava su gran parte della popo*lazione.

Ma la crisi economica era soltanto una delle componenti della situazione sempre più opprimente

con la quale dovevano fare i conti i cittadini di Thalburg. A oltre dieci anni di distanza il

trattamento punitivo riservato alla

Germania dal Trattato di Versailles era sentito da molti thalburghesi, non meno che da masse di

tedeschi in tutto il paese, come un'offesa personale. Il tutto (l'ansia per lo stato dell'economia e il

risentimento per l'umiliazione di Versailles) si era trasformato da anni in un diffuso discredito della

classe politica, giudicata incapace di trovare soluzioni decenti all'una come all'altra questione. A

Thalburg, episodi veri o presunti di corruzione di alcuni uomini politici contribuirono a convertire il

discredito in sospetto e disprezzo per i politici democratici in genere.

A fronte di tale situazione i nazisti si seppero muovere nella cittadina dello Hannover con rapidità

ed efficacia, proponendosi alle paure reali e fittizie delle classi medie come i soli capaci di

sopprimere alla radice le loro cause. Più di ogni altro fattore, ad attrarre i voti della media borghesia

fu la capacità dei nazisti di distribuire sicurezza. Al contrario, le forze progressiste sommarono

errore a errore e, tranne rari casi, non riuscirono né a prevedere né a comprendere gli scopi degli

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avversari della NSDAP. Sul piano dei rapporti internazionali, come s'è detto, non solo tra le file

della borghesia, ma anche tra quelle degli operai e dei contadini erano in molti a sentire lesa la

propria personale dignità per il modo in cui la Germania era stata trattata a Versailles e dopo. Perciò

gli articoli di giornale, i volantini, i discorsi dei rappresentanti della NSDAP battevano senza fine su

tale tasto, assicurando che se loro fossero giunti al potere si sarebbero impegnati a morte per

riscattare l’onore tedesco; punto cruciale assolutamente ignorato dai socialisti.

La SPD, infine, si mostrò del tutto incapace di stringere alleanze sia alla propria sinistra che alla

propria destra, mentre i nazisti, di elezione in elezione, seppero allacciare le alleanze più

spregiudicate con diversi partiti moderati e conservatori, adattandosi di volta in volta al modo di

agire dell’alleato. Con questi mezzi i nazisti seppero convincere le classi medie d'essere il partito

che le avrebbe protette dai rossi, guarite dall'onore offeso, rimesse in condizione di far prosperare

pacificamente i loro affari. Le classi medie li compensarono con una valanga di voti. Sul fronte

opposto, la SPD di Thalburg riuscì paradossalmente ad accrescere l’ostilità delle classi medie nei

confronti di sé quanto della classe operaia, intanto che falliva sia sotto l’aspetto politico-elettorale

sia sotto quello ideologico e psicologico nel rafforzare il fronte dei lavoratori contro la minaccia

mortale rappresentata dai nazisti. Quando la minaccia venne finalmente percepita, un'ascesa che

sarebbe stata affatto resistibile se fosse stata contrastata in tempo era diventata un incontenibile

trionfo.

Il penultimo giorno di gennaio del 1933 il presidente Hindenburg nomina Hitler cancelliere del

Reich. Il presidente sa che i nazisti sono alquanto invadenti, ma ritiene di aver preso adeguate

contromisure: nel nuovo gabinetto i ministri nazisti sono soltanto due, Frick e Göring. Alla notizia

che è stato ufficialmente dichiarato cancelliere i suoi seguaci inondano la Germania di canti,

bandiere, fiaccole e violenze a danno degli avversari politici. In effetti quella notte il colpo di stato

era legalmente cominciato. I tedeschi incoraggiarono Hitler a perfezionarlo assegnando al suo

partito, alle elezioni nazionali del marzo 1933, quasi il 44 per cento dei voti; e Hitler capitalizzò tale

consenso assumendo poco più di un anno dopo, alla morte di Hindenburg, anche la carica di capo

dello stato.

Il colpo di stato hitleriano, a partire dal 1933 si stende anche su Thalburg. Come in tutte le dittature,

il primo scopo che esso persegue è la distruzione dei rapporti associativi tra gli individui, seguito

dalla loro sostituzione con il rapporto diretto tra i singoli così isolati e atomizzati e un capo che li

controlla. Con i pretesti più vari vengono progressivamente sciolti o costretti alla chiusura quasi

tutti i gruppi politici, i centri culturali, le antiche associazioni religiose, le società di mutuo

soccorso. Al loro posto subentrano associazioni preposte caso per caso all'inquadramento e

all'indottrinamento dei giovani, delle donne, degli impiegati pubblici, degli insegnanti, degli operai,

dei contadini: tutte controllate rigidamente sia dalla NSDAP. Aumentano paurosamente le violenze,

che sino al 1933 non avevano superato il tasso osservabile di regola nei momenti di aspra lotta

politica di quei decenni. Con un sapiente dosaggio di percosse e di arresti, di distruzioni di case e di

deportazioni nei primi campi di concentramento, la violenza dei nazisti si dirige dapprima contro gli

avversari, per estendersi poi a coloro che danno segni pur minimi di dissenso o appaiono

indifferenti ai richiami a partecipare con entusiasmo alle manifestazioni organizzate dalla NSDAP.

In tutta l'amministrazione pubblica subentrano uomini fedeli al nazismo. Avvolta in una simile

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morsa, alla fine del 1935 la comunità di Thalburg, come entità civile, culturale e morale, ha cessato

di esistere.

Modernità e olocausto (Zigmunt Bauman):

Bauman analizza alcuni degli elementi che hanno reso possibile l’Olocausto. Primo fra tutti

l’antisemitismo. Un fenomeno che non è nato col nazismo, ma che ha caratterizzato la storia umana

dai tempi più remoti. Secondo molti storici l’avversione contro gli ebrei si è originata poco dopo la

distruzione del Secondo Tempio (70 d.C.) e con la successiva diaspora. L’antisemitismo individua

negli ebrei, e solo in loro, l’elemento estraneo e indesiderabile, sono “gli altri” per eccellenza,

persone che, pur essendo assimilate ai “nativi”, mantengono immutata la loro appartenenza ad un

gruppo peculiare e distinto. Facilmente individuabili, facilmente perseguibili. L’essere dei “senza

patria” è uno degli elementi su cui il Terzo Reich basò la sua politica di distruzione del popolo

ebraico. Un nemico senza terra non può essere invaso né conquistato, rimane pur sempre un nemico

e va reso impotente con altri sistemi.

“Il primo effetto della modernità sulla situazione degli ebrei europei fu la loro selezione come

bersaglio principale della resistenza antimodernista“. La società moderna, formata prevalentemente

da giardinieri (definizione cara a Bauman), è basata sul controllo e sulla sicurezza, l’elemento

estraneo è visto come pericoloso e molesto. La diversità degli ebrei, fino ad allora semplicemente

tollerata, poteva divenire un problema e una minaccia. Da qui la necessità di evidenziare le

differenze tra i “nativi” e la “razza” ebraica.

“Il razzismo è impensabile senza lo sviluppo della scienza, della tecnologia e delle forme moderne

di potere statale. In quanto tale, il razzismo è un prodotto specificatamente moderno”. Il razzismo

esige che gli elementi avvertiti come avulsi vengano necessariamente allontanati o rimossi dal

territorio, se ciò non è possibile, si procede allo sterminio. L’intento è quello di garantire la

sopravvivenza e l’affermazione di un gruppo considerato migliore e perfetto. Ed è proprio il

progetto di una società perfetta che è stato posto alla base dell’Olocausto: “la rivoluzione nazista fu

un esercizio di ingegneria sociale su scala gigantesca”. L’obiettivo finale di sanità e perfezione

doveva passare attraverso l’eliminazione dell’elemento estraneo e disturbante. Il processo è

avvenuto attraverso momenti diversi, dalla separazione si è passati all’inevitabile soppressione. Lo

sterminio degli ebrei è stato considerato e gestito come una sorta di misura igienica, ed è questo un

fenomeno che poteva avvenire solo in età moderna.

Ma perché l’Olocausto attuato dai nazisti è tanto diverso dagli Olocausti che sono avvenuti nel

corso della storia? Perché è stata un’operazione organizzata e riuscita in maniera ineccepibile.

L’Olocausto moderno è metodico e calcolato, per questo ha fatto più vittime di quante ogni altro

genocidio abbia mai generato. E ciò è stato possibile facendo ricorso non alla semplice brutalità o

all’odio, ma alla razionalità e all’organizzazione capillare di un sistema burocratico impeccabile.

Trasformare l’antisemitismo in politica di governo ha richiesto l’esistenza di un apparato potente e

diffuso, oltre alla totale accettazione dei provvedimenti statali da parte della popolazione. Tutto ha

seguito una tecnica precisa, anche la violenza. Gli effetti della burocratizzazione hanno portato, in

tempi rapidi, alla disumanizzazione degli oggetti dell’attività burocratica stessa: gli esseri umani

erano quantità, numeri, cifre. Nulla di più. E per il Nazismo tale meccanismo si è sviluppato in

maniera esemplare ed efficace. Nessun burocrate doveva avere la percezione di gestire la

deportazione o l’annientamento di un essere umano. E nessun burocrate, in effetti, ha mai avvertito

nulla di simile. L’indifferenza etica era indispensabile al regime e profondamente diffusa.

Un’altra caratteristica dell’Olocausto moderno è stata la totale collaborazione da parte delle vittime.

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Le élite ebraiche vennero trattate da Hitler al pari di tutti gli ebrei. Nei ghetti tutto era gestito dai

leader delle comunità ebraiche che, a loro volta, mediavano i rapporti con i nazisti: “gli ebrei fecero

il gioco dei loro oppressori, facilitarono il loro compito, avvicinarono la propria fine“. Quando

iniziarono le deportazioni, i tedeschi avevano già da tempo rimosso gli ebrei dalla loro quotidianità.

Attraverso una serie di leggi, infatti, il Terzo Reich aveva separato la società perfetta da quella dei

parassiti e reso accettabile il proprio operato. L’indifferenza sociale era stata raggiunta con un po’ di

tempo, trasformando in normalità una serie di eventi e imposizioni nient’affatto normali. La resa era

totale e diffusa in ogni ambito. Pochissimi coloro i quali proclamarono il proprio rifiuto.

L’obbedienza ad un certo regime può essere vista, qui ed ora, con infinito disprezzo eppure

Bauman, apportando gli esiti degli esperimenti di Milgram, riesce a far intendere come ogni essere

umano, in certe condizioni, possa trasformarsi in boia. Il male è intrinseco in ogni società e non è

legato ai tratti di un determinato individuo. Le SS non erano soggetti malati o reclutati in maniera

particolare, erano persone normalissime. Non è da escludere che molti fossero inclini alla crudeltà

ma, più in generale, agivano all’interno di un sistema che li aveva de-responsabilizzati, che li aveva

privati di una morale e che li autorizzava ad agire per un ordine superiore ed indiscutibile.

Ovviamente ciò non basta a giustificare nulla, serve semplicemente a comprendere quali

meccanismi scattano nella mente di un individuo nel momento in cui certe barriere morali vengono

neutralizzate e certi comportamenti, atti a generare sofferenze atroci ad altre persone, vengono posti

in atto. Non esistono sensi di colpa, non esistono preoccupazioni morali semplicemente perché le

condizioni lo consentono.

Lo studioso trasmette una inquietante consapevolezza: il fatto che l’Olocausto ci sia già stato, in

quella forma e con quei metodi, non esclude che possa ripetersi nuovamente. Continuiamo a vivere

secondo standard di vita “moderni”, gli stessi che solo qualche decennio fa portarono all’origine di

uno degli stermini più feroci e spietati della storia del genere umano. La combinazione degli

elementi sociali, politici, economici e storici che generarono l’Olocausto potrebbe ripresentarsi.

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La psicanalisi e la letteratura:

Italo Svevo:

Italo Svevo (pseudonimo di Ettore Schmitz) nacque a Trieste nel 1861 da una famiglia ebrea agiata.

Il suo luogo di nascita fu fondamentale per la sua formazione dato che era una città con un grande

passaggio di idee. Svevo studia con attenzione Schopenhauer, Nietzsche e Freud. La sua vita si può

dividere in tre fasi: la prima nella quale scrive “Una vita” e “Senilità”, la seconda nella quale

annuncia di non voler più scrivere e la terza dove torna con la sua opera più importante, “La

coscienza di Zeno”. Nella prima fase, dopo aver scritto “Una vita”, si sposa con Livia Veneziani.

Questa è figlia di Bruno Veneziani, possessore di una industria di vernici. Nel 1898 afferma di voler

terminare la sua attività di scrittore anche per l’assunzione da parte del suocero nell’attività, ma

continua a pensare a nuove opere. Propone a Bruno Veneziani, che soffriva di una nevrosi, di farsi

curare da Freud in persona, ma dopo qualche mese di analisi la termina bruscamente affermando

che non era di alcun aiuto. Per questo motivo Svevo inizia a vedere in maniera negativa la

psicoanalisi, arrivando ad affermare che era utile solo per la caratterizzazione dei personaggi in

letteratura. Scrive “La coscienza di Zeno” e grazia all’amico James Joyce, scrittore di “Ulisse”,

riesce a fare conoscere la sua opera agli intellettuali francesi. Italo Svevo morì nel 1928 a causa di

un incidente d’auto.

La coscienza di Zeno

(breve riassunto tratto Tratto da l'Enciclopedia della Letteratura, Istituto Geografico De Agostini)

Zeno Cosini, un maturo e ricco commerciante di Trieste, quasi intossicato dal fumo, è stato indotto

dal suo psicoanalista a scrivere un'autobiografia, nella speranza che ciò lo aiuti a guarire dal

pericoloso vizio.

Interrotta dal paziente la terapia, il medico Dottor S., per vendetta, ne pubblica le memorie.

Zeno nel racconto ripercorre sei significativi episodi della sua vita, legati da una radice comune,

l'incapacità di vivere, l'inettitudine che è la sua vera malattia. Ricorda come cominciò a fumare e

come non sia mai riuscito ad accendere "l'ultima sigaretta".

Il susseguirsi di pentimenti, buoni propositi e fallimenti che si realizza rispetto al fumo si estende

anche alle circostanze più importanti della vita: al difficile rapporto col padre, fatto, fino alla sua

morte, di diffidenza e incomprensione; al matrimonio con Augusta, accettato sotto la spinta del caso

e poi rivelatesi felice; alla relazione con la giovane Carla, voluta per sconfiggere la paura

d'invecchiare e di cui non si assume alcuna responsabilità morale; al rapporto di amore e odio col

cognato Guido, colpevole di aver sposato Ada, di cui Zeno era innamorato; all'associazione

commerciale che ha costituito con lui. Nell'ultimo episodio la guerra sorprende Zeno ed egli ne

rimane sconvolto. Ancora una volta la sorte lo aiuta e gli consente di arricchirsi con un fortunato

commercio. Ciò lo fa sentire forte e sano e lo spinge ad abbandonare la cura psicoanalitica.

Chiude il romanzo l'apocalittica previsione di una catastrofe, prodotta dagli ordigni di guerra e che

travolgerà la terra.

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I rapporti di Svevo con la psicanalisi:

I rapporti di Svevo con la psicanalisi sono abbastanza contraddittori: da un lato egli riteneva questa

scienza un utile mezzo di conoscenza, dall’altro la escludeva totalmente come terapia medica (lo

stesso Zeno nel suo capolavoro rifiuta di farsi “guarire” restituendo il famoso manoscritto al dottor

S.). Ciò nonostante le costanti letture di Freud hanno sicuramente avuto un’influenza poetica e

culturale sull’autore. È vero che in molte occasioni Svevo tende a sconfessare la psicanalisi, a

distaccarsi da essa per ribadire l’autonomia letteraria dei suoi romanzi, ma è anche vero che la

psicanalisi non lo “abbandonò più”, come scrive nel Soggiorno londinese. Se da un lato Svevo

ridimensionava i possibili risultati della psicoterapia, dall’altro non faceva che rafforzare l’ipotesi

che la psicanalisi poteva offrire alla narrativa una svolta concreta per superare il determinismo

letterario (dei romanzi naturalisti e veristi). La realtà del profondo, se non poteva essere del tutto

chiarita e risolta a livello terapeutico, poteva invece risultare determinante nell’elaborazione di una

poetica moderna. La psicanalisi diventa perciò elemento portante del fatto letterario e della

narrazione: Zeno ne è l’esempio più evidente.

Svevo piegava la psicanalisi ai suoi interessi e alla strategia di uno scardinamento della narrativa

realista ottocentesca. La psicanalisi diviene pertanto un’architettura filosofica, un metodo di lavoro

e di auto-esplorazione, un impianto di struttura del romanzo.

Ciò che interessava a Svevo all’altezza della Coscienza di Zeno era soprattutto l’indagine aperta nei

meandri nascosti dell’inconscio, la decifrazione degli “atti mancati” (il più importante di tutti è

quello che riguarda l’ultima sigaretta) e i giochi mentali del personaggio.

La psicoanalisi nel romanzo(la coscienza di zeno):

La psicoanalisi è dunque un aspetto caratterizzante dell'opera alla quale si unisce una singolare

costruzione narrativa che penalizza la linearità cronologica ed esalta la percezione personale degli

avvenimenti.

Si parte parlando de "la Coscienza". Nella prima sezione, composta da due brevi prefazioni e un

racconto sganciato dal resto della narrazione , Svevo anticipa il senso dell'intero racconto, riuscendo

a racchiudere nella "famosa, emblematica sigaretta" l'intera gamma delle nevrosi del protagonista e

a sviluppare (quasi) tutti i temi che caratterizzeranno le pagine seguenti, sia per quel che riguarda

l'aspetto "micro" (la malattia immaginaria di Zeno) sia per quanto concerne l'aspetto "macro"

(l'ineluttabilità di un'esistenza infelice coinvolge l'intera umanità).

L'analisi del nucleo centrale del romanzo (dalla morte del padre al funerale di Guido) permette di

approfondire l'incidenza della realtà psicoanalitica nel romanzo, la posizione assunta dal narratore,

il peso che la pratica medica ricopre nella narrazione.

Nel capitolo secondo l'attenzione è puntata sulla costruzione a due livelli della storia. Se è

divertente, lineare e positivo in superficie appare completamente diverso in chiave di analisi

psichica: il diario è "doloroso e squallido", la vita di Zeno è una schermaglia infinita di sensi di

colpa e repulsioni, di indulgenze e autotutele, di menzogne e dolori psicosomatici.

Nel terzo capitolo sono approfondite le caratteristiche principali dell'autobiografia, ovvero la

menzogna e la malattia. Di entrambi il consapevole Zeno si serve per "riequilibrare" una situazione

psicologica costantemente instabile; verso gli altri è giocoso, sarcastico, talvolta scaltro; verso se

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stesso è riflessivo, accorto e indulgente. La bugia è così presente in Zeno che nemmeno in sede di

confessione ne saprà fare a meno; un po’ Svevo un po’ Freud ci riveleranno le vere intenzioni del

Cosini; l'amore per la cognata Ada non è mai tramontato – come invece ribadisce con frequenza

eccessiva, e quindi sospetta, lo Zeno narratore - così come l'affetto per la moglie Augusta è

spacciato, senza nemmeno troppa convinzione per la verità, per amore; per finire nel caso,

emblematico e grottesco, dell'odio per il rivale Guido, ipocritamente accantonato di fronte agli

occhi dei familiari e forse di se stesso, ma prepotentemente riemerso nella famosa scena dello

sbaglio di funerale.

Nell'ultimo capitolo viene dato uno sguardo al rapporto di Svevo con la psicoanalisi di Freud.

Svevo è poco pratico della terapia analitica, non crede che sia efficace e ritiene la nuova concezione

medica utile più per i narratori, come allargamento della conoscenza, che non per i dottori. Zeno

riflette questa concezione, si avvicina alla psicoanalisi (l'autobiografia è un preludio alla cura) ma

poi la rifiuta, boicotta i metodi di approccio (inventando per esempio un falso sogno) e nega ogni

possibile conclusione.

Così facendo Svevo garantisce libertà d'azione ai suoi personaggi, svincola le considerazioni dai

dogmi freudiani e non tradisce il senso di originalità e incertezza che il personaggio Zeno, in

definitiva, vuol trasmettere.

Letteratura inglese. James Joyce and the stream of consciousness:

James Joyce was brilliant exponent of approach that tried to represent his idea of ‘stream of

consciousness’, a literary technique which seeks to portray an individual's point of view by giving

the written equivalent of the character's thought processes, either in a loose internal interior

monologue, or in connection to his sensory reactions to external occurrences.

The most important technique he used is called “interior monologue”, which he used to represent

the complexity of the human mind.

Interior monologue is the written representation of a character's inner thoughts, impressions, and

memories as if directly ‘overheard’ without the apparent intervention of a summarizing and

selecting narrator. The term is often loosely used as a synonym for stream of consciousness.

However, some confusion arises about the relationship between these two terms when critics

distinguish them: some take ‘stream of consciousness’ as the larger category, embracing all

representations of intermingled thoughts and perceptions, within which interior monologue is a

special case of ‘direct’ presentation; others take interior monologue as the larger category, within

which stream of consciousness is a special technique emphasizing continuous ‘flow’ by abandoning

strict logic, syntax, and punctuation.

The novels: Ulysses and Dubliners:

“Ulysses” is a novel by James Joyce, first serialized in parts in the American journal, and then

published in its entirety in 1922 in Paris.

It is considered one of the most important works of Modernist literature.

Ulysses chronicles the passage through Dublin by its main character, Leopold Bloom, during an

ordinary day, June 16, 1904. The title alludes to the hero of Homer's Odyssey, and there are many

parallels between the two works.

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June 16 is now celebrated by Joyce's fans worldwide as Bloomsday.

Ulysses's groundbreaking “stream of consciousness” technique, careful structuring, and highly

experimental prose as well as its rich characterizations and broad humour, has made the book

perhaps the most highly regarded work in Modernist writing.

In 1999, the Modern Library ranked Ulysses first on its list of the 100 best English-language novels

of the 20th century.

Ulysses has become particularly famous for Joyce’s stylistic innovations. In Portrait, Joyce first

attempted the technique of interior monologue, or stream-of-consciousness. He also experimented

with shifting style the narrative voice of Portrait changes stylistically as Stephen matures. In

Ulysses, Joyce uses interior monologue extensively, and instead of employing one narrative voice,

Joyce radically shifts narrative style with each new episode of the novel.

Joyce also introduced the notion of “epiphany” that became very influent in the modernist period.

Joyce wrote that an epiphany is: “a sudden spiritual manifestation, whether in the vulgarity of

speech or gesture, or in a memorable phrase of the mind itself”, in other words it is the moment in a

story, when a sudden spiritual awakening is experienced, when ordinary feelings and thoughts come

together to produce a new sudden awareness.

Joyce also used epiphany as a literary device within each short story of his collection “Dubliners”

(1916) as his protagonists came to sudden recognitions that changed their view of themselves or

their social condition and often sparking a reversal or change of heart.

“Dubliners” is a collection of Joyce’s first stories that were published in 1914, although all the

stories in the book were written before 1907. Collectively, they form a realistic and highly

suggestive portrait of the lives of ordinary people in Dublin. By doing so, they also created a

portrait of the city in the midst of what Joyce refers to as a state of ‘paralysis’. In fact, in most of

the stories in “Dubliners”, a character has a desire, faces obstacles to it, then ultimately relents and

suddenly stops all action. These moments of paralysis show the characters’ inability to change their

lives and reverse the routines that hamper their wishes. Another important theme treated in

“Dubliners” is The Prison of Routine.

Restrictive routines and the repetitive, mundane details everyday life mark the lives of Joyce’s

“Dubliners” and trap them in circles of frustration, restraint, and violence. Routine affects

characters who face difficult predicaments, but it also affects characters who have little open

conflict in their lives. The most consistent consequences of following mundane routines are

loneliness and unrequited love.

As Joyce himself explained, the stories are arranged in four groups that correspond to four ‘phases

of life’: childhood, adolescence, maturity and public life. The theme of the epiphany is also treated

in the last Joyce’s novel "The Dead."

It begins with an after-Christmas dinner party at the house of two old unmarried sisters, Miss Kate

and Miss Julia Morkan, who are also the aunts of the protagonist, Gabriel Conroy. Gabriel goes to

the party with his wife Gretta and the house becomes a sort of microcosm of contemporary Ireland

and its traditions, with each of the guests representing different generations, religious beliefs – they

include both Catholic and Protestants – and political tendencies. Gabriel feels self-confident,

especially after a successful speech he makes at the party, and on his way to the hotel, he

remembers the best moments of his married life and feels desire for his wife, Gretta.

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However, when they reach their hotel room he realises that she is crying; at the end of the party,

suddenly she had a sad epiphany, a revelation related to her past.

Listening to an old Irish song sung by one of the guests, she suddenly remembered her first and

perhaps only true love, Michael Furey, a young man who she thinks died for her.

On hearing this desperate and passionate account Gabriel has his own “epiphany”. And when Gretta

falls asleep he looks outside the window where the snow is falling. He realises the insignificance

both of his own life, and of those around him, all of which will fade and die and be forgotten buried

by the snow that continues to fall. The sense of well-being generated by the party is thus seen under

a harsh new light.