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Dal 1998 al 2011 la percentuale di riciclo in Italia è passata dal 37% a circa il 90%: 4 imballaggi cellulosici su 5 vengono oggi av- viati a riciclo. Oggi in Italia la rac- colta differenziata de- gli imballaggi in plasti- ca sfiora le 700.000 tonnellate, il tasso di recupero complessivo è del 71%. Gestire rifiuti in alta montagna è complesso e costoso: meglio portare i rifiuti a valle, dove po- tranno essere conferiti nella raccolta differenzia- ta, presente in più del 90% dei Comuni italiani, compresi quelli più sperduti. Il ruolo strategico della Sezione di Milano Cronistoria di un grande evento I lombardi alle prime scalate La Lombardia e le Alpi I mmagini fisse e in movimento, parole, musiche, un tocco di magia “multimedia- le”: la mostra dedicata alla “Lombardia e le Alpi” allo Spazio Oberdan di Porta Venezia che la Pro- vincia ha messo a disposi- zione ha ancora molto da raccontare. Stimoli e idee ancora zampillano da questo pro- getto fortemente voluto dalla sezione di Milano del Club Alpino Italiano e dalla Provincia. Per al- cuni è stato un evento raro e inaspettato, circondato sulle prime da un ingiu- stificato scetticismo e poi rapidamente cresciuto nella considerazione di amici e soci delle molte sezioni lombarde del CAI che hanno fatto a gara per mettere a disposizione la loro “argenteria”. Una vera rivelazione per Milano, metropoli che negli anni del boom ha riempito i propri sogni di spiagge assolate e festo- se, ma che le montagne le ha da sempre sotto gli occhi e quasi non se ne accorge quando il cielo è sereno e soffia il fohn, con le Lepontine che fanno capolino in fondo a corso Sempione, inquadrate sot- to l’Arco della Pace. Preludio a questa ri- conquista milanese delle montagne che ci si augu- ra duratura è stata dunque questa rassegna in cui la Lombardia ha fatto i conti con una passione rimasta a lungo sotto traccia, di- spersa in mille rivoli, ali- mentata da appassionati “de gamba bona”, penne nere, irriducibili corridori d’alta quota, arrampicato- ri, sciatori. Da sottolineare allo Spa- zio Oberdan la presenza del più famoso dei quadri che meglio rappresentano una “mount city” pianta- ta in mezzo alla pianura (Milano, ovvero la medio- lanum dei latini): è stato quasi un pellegrinaggio quello che i cinquemila visitatori hanno compiuto per ammirare “Il Duomo di Milano”, una tempera su olio del 1958 dipinta da Dino Buzzati (1906- 1972), grande firma del Corriere della Sera. Ed è significativo che il Duo- mo con le sue guglie di roseo marmo di Cando- glia sia stato dall’autore, stregato dalle montagne, riplasmato in un susse- guirsi di guglie calcaree che simulano le magie dei Monti Pallidi. Milano non è soltanto nebbia e smog e abbandonarsi ai sogni non costa niente, anche in tempi di crisi. Buzzati a parte, nella capitale dell’editoria le occasioni per una diffu- sa mediatizzazione del- la montagna non sono mai venute a mancare. Un esempio? Alla fine dell’Ottocento il Corriere della Sera confezionò un allettante numero alpini- stico esposto in mostra. Una rarità assoluta. Del resto, nel 1931 all’ombra della Madonni- na nasce, o meglio rinasce dalle ceneri di precedenti esperienze, Lo Scarpone. Una testata gloriosa, testi- monianza di una passione che attraversa i tempi e i regimi. Oggi soppresso nella versione cartacea dalla dirigenza del Club alpino, il giornale inventa- to dal giornalista Gaspare Pasini, socio della Società Escursionisti Milanesi, agganciò molte sezioni del CAI promuovendone le attività e al tempo stes- so si rifece ai grandi quo- tidiani generalisti ospi- tando grandi firme come quelle dei “corrieristi” Buzzati, Cesco Tomaselli, Giovanni Cenzato. Acqua passata, ma il futuro ha un cuore anti- co. La montagna è stata protagonista nel 1906 all’Esposizione univer- sale ai Giardini Pubblici e ha avuto una luminosa vetrina all’alba del terzo millennio con il progetto Milanomontagne patro- cinato dalla Regione e organizzato dal comitato EVK2CNR. Ed è ragionevole ipotiz- zare che un ruolo di primo piano le sia assegnato an- che all’ormai imminente Expo 2015. Una sfida che la maggiore sezione mila- nese ha raccolto e rilan- ciato alle sue consorelle e di cui queste pagine costi- tuiscono un utile pro me- moria. Spazio Oberdan Così è stata classificata la mostra dalla commissione del CAI per le celebrazioni del 150° anniversario Un’avventura cominciata in Galleria Vittorio Emanuele Un consorzio che ama la montagna In viaggio con alcuni degli amici più illustri delle montagne lombarde e del Club Alpino Italiano Dallo Spazio Oberdan alla Piramide del CNR sulle pendici dell’Everest di ROBERTO SERAFIN di GIORGIO ZOIA L’inquadratura insolita del versante nord del Pizzo Ba- dile che ha accompagnato la mostra allo Spazio Oberdan è densa di suggestioni. Si individuano anche i vassalli della celebre montagna, dal- la punta Sertori alla Trubi- nasca, e ciò vuol dire apertu- ra alle altre vette lombarde. La foto (realizzata dal foto- grafo Roberto Ganassa del gruppo Clickalps) richiama al pensiero la celebre impre- sa di Cassin del 1937, che proiettò d’un tratto una pa- rete delle Alpi Lombarde nel novero dei colossi più ambi- ti dagli scalatori di tutto il mondo, e quell’impresa fra le più ammirate del nascente alpinismo estremo. Nessuna immagine, dun- que, è più adatta di questa a condensare il significato della mostra: essa ha l’am- bizione di rappresentare – limitatamente allo spazio disponibile, con l’obbligo di scegliere fra una miria- de di eventi, di cimeli, di immagini, di documenti, di ricordi tutti importanti per chi frequenta i nostri monti – la storia di un amore che dura da centocinquant’anni: l’amore dei lombardi per le loro montagne prima, poi Il messaggio è arrivato pun- tualmente tra le bacheche dello Spazio Oberdan grazie al Cobat, consorzio nazionale per la raccol- ta e il riciclo: l’ecosistema alpino va tutelato anche con un’accorta strategia per una gestione inte- grata di varie tipologie di rifiuti. “Sono 25 anni che il Cobat ope- ra su tutto il territorio”, spiega il presidente Giancarlo Morandi, “attraverso la sensibilizzazio- ne e l’informazione ai cittadini, rendendosi promotore di com- portamenti virtuosi. La nostra esperienza è considerata la più avanzata non solo nel settore di pile e accumulatori, ma anche di pneumatici fuori uso, apparec- chiature elettriche ed elettroni- che e pannelli fotovoltaici giunti a fine vita”. L’operare del Cobat si estende in effetti fino alle alte quote himalayane come dimostra la recente missione alla Piramide, base di ricerca del Cnr alle pendi- ci dell’Everest. Qui, con la parte- cipazione dello stesso presidente Morandi, provetto alpinista, sono stati sostituiti moduli e batterie: più di due tonnellate di materiali portati su a dorso di yak, come riferisce un appassionante servi- zio sul supplemento “Sette” del Corriere da cui è tratta l’immagi- ne che pubblichiamo per gentile concessione. per quelle di tutto il mondo. E non solo dei lombardi di nascita; ma anche dei lom- bardi adottati, e Cassin ne è un esempio, lui friulano fattosi lecchese; vedi caso, proprio ai piedi di quei mon- ti sorgenti dall’acque che di più lombardi non ce n’è. Il lombardo adottato più insigne presente alla mostra risale addirittura al ‘500; quel Leonardo che per primo raffigurò le Grigne e le Pre- alpi lombarde in un disegno databile 1511, conservato alle Raccolte Reali di Wind- sor. La capacità dei lombar- di di considerare come uno di loro ogni ingegno valido viene da lontano… La mostra è stata curata con passione da un gruppo di soci della Sezione di Milano del CAI e della SEM, con l’aiuto di altri soci delle Sezioni lom- barde, di istituzioni e di priva- ti che hanno generosamente collaborato con prestiti di ogni tipo. Ad essi vada il mio ringraziamento, come pure al Vicepresidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano, Umberto Novo Maerna, che ha posto a dispo- sizione il prestigioso Spazio Oberdan. Classificata “grande evento” in una lettera del 9 giugno 2011 dalla commis- sione del CAI per le celebrazioni del 150° anniversario, quindi con impegno di contributo economico, la mostra “La Lombardia e le Alpi” ha iniziato la sua gestazione nella vecchia sede della Se- zione di Milano con affaccio nella Gal- leria Vittorio Emanuele. Mancavano due anni all’evento, ma per la cordata dell’organizzazione non sembrò esserci tempo da perdere. L’impegno se lo è preso Lorenzo Re- vojera, socio benemerito, che della com- missione centrale fa parte e che ha tutti i requisiti, come storico dell’alpinismo, per mettere in piedi un evento che gli si attaglia alla perfezione. La titolarità dell’iniziativa viene as- sunta dal CAI Milano e manifestata con lettera del 4 ottobre 2011 al presidente generale Umberto Martini a firma presi- dente milanese Giorgio Zoia, mentre si apre la collaborazione con la segreteria della sezione in vista della nascita di un gruppo di lavoro. Incontri e contatti con possibili spon- sor e rappresentanti della Provincia per la concessione dello Spazio Oberdan impegnano nel 2012, con il gruppo di lavoro, Revojera e Zoia. Si interpellano possibili prestatori, senza i quali ogni sforzo sarebbe vano. Fra gli altri il Mu- seo Scienza e Tecnologia per i cimeli del K2, il Fondo Ambiente Italiano per i cimeli di Guido Monzino custoditi a Villa Balbianello, la Cineteca del CAI per la mostra e il film su Alfonso Vinci, Giorgio e Laura Aliprandi che mette- ranno a disposizione carte rare e intro- vabili. CONTINUA A PAGINA 6 Redazione: Club Alpino Italiano, Sezione di Milano via Duccio di Boninsegna 21/23 - Tel 02 86463516 photo FILIPPO PODESTÀ photo STEFANO GUSMEROLI LE ALPI AL POPOLO A PAGINA 2 CARLO NEGRI MAESTRO DI ALPINISMO A PAGINA 6 LA MOSTRA SALA PER SALA A PAGINA 4 EVENTI COLLATERALI A PAGINA 3 PELLEGRINA DELLE ALPI A PAGINA 7 GLI SPONSOR DELLEVENTO A PAGINA 8 Queste pagine Presidente della Sezione di Milano del Club Alpino Italiano photo CLICKALPS - ROBERTO GANASSA IL COBAT C’È Batterie di accumulatori elettrici e pannelli fotovoltaici hanno migliorato la qualità della vita anche nei rifugi di montagna. Noi di Cobat interveniamo Quando la montagna chiede nuova energia IL COBAT C’È: 25 anni di attività dall’Himalaya alle valli delle Alpi sono la migliore testimonianza del nostro impegno www.cobat.it www.cobat.tv www.ottandaduecobat.it NUMERO SPECIALE stampato dalla Sezione di Milano in occasione stampato dalla Se stampato dalla Se dell’Assemblea Regionale dei Delegati CAI Regione lombardia AI R Reg Regionale dei Del Regionale dei Del

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numero unico dedicato alla mostra per i 150 anni del Cai a Milano allo spazio Oberdan a maggio giugno luglio 2013

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Page 1: 20131030 lalelea numero unico bassa

Dal 1998 al 2011 la percentuale di riciclo in Italia è passata dal 37% a circa il 90%: 4 imballaggi cellulosici su 5 vengono oggi av-viati a riciclo.

Oggi in Italia la rac-colta differenziata de-gli imballaggi in plasti-ca sfiora le 700.000 tonnellate, il tasso di recupero complessivo è del 71%.

Gestire rifiuti in alta montagna è complesso e costoso: meglio portare i rifiuti a valle, dove po-tranno essere conferiti nella raccolta differenzia-ta, presente in più del 90% dei Comuni italiani, compresi quelli più sperduti.

Il ruolo strategico della Sezione di Milano

Cronistoria di un grande evento

I lombardi alle prime scalate

La Lombardia e le Alpi

Immagini fi sse e in movimento, parole, musiche, un tocco di magia “multimedia-

le”: la mostra dedicata alla “Lombardia e le Alpi” allo Spazio Oberdan di Porta Venezia che la Pro-vincia ha messo a disposi-zione ha ancora molto da raccontare.

Stimoli e idee ancora zampillano da questo pro-getto fortemente voluto dalla sezione di Milano del Club Alpino Italiano e dalla Provincia. Per al-cuni è stato un evento raro e inaspettato, circondato sulle prime da un ingiu-stifi cato scetticismo e poi rapidamente cresciuto nella considerazione di amici e soci delle molte sezioni lombarde del CAI che hanno fatto a gara per mettere a disposizione la loro “argenteria”.

Una vera rivelazione per Milano, metropoli che negli anni del boom ha riempito i propri sogni di spiagge assolate e festo-se, ma che le montagne le ha da sempre sotto gli occhi e quasi non se ne accorge quando il cielo è sereno e soffi a il fohn, con le Lepontine che fanno capolino in fondo a corso Sempione, inquadrate sot-to l’Arco della Pace.

Preludio a questa ri-conquista milanese delle montagne che ci si augu-ra duratura è stata dunque questa rassegna in cui la Lombardia ha fatto i conti con una passione rimasta a lungo sotto traccia, di-spersa in mille rivoli, ali-mentata da appassionati “de gamba bona”, penne nere, irriducibili corridori d’alta quota, arrampicato-ri, sciatori.

Da sottolineare allo Spa-zio Oberdan la presenza del più famoso dei quadri che meglio rappresentano una “mount city” pianta-ta in mezzo alla pianura (Milano, ovvero la medio-lanum dei latini): è stato quasi un pellegrinaggio quello che i cinquemila visitatori hanno compiuto per ammirare “Il Duomo di Milano”, una tempera su olio del 1958 dipinta da Dino Buzzati (1906-1972), grande fi rma del Corriere della Sera. Ed è

signifi cativo che il Duo-mo con le sue guglie di roseo marmo di Cando-glia sia stato dall’autore, stregato dalle montagne, riplasmato in un susse-guirsi di guglie calcaree che simulano le magie dei Monti Pallidi. Milano non è soltanto nebbia e smog e abbandonarsi ai sogni non costa niente, anche in tempi di crisi.

Buzzati a parte, nella capitale dell’editoria le occasioni per una diffu-sa mediatizzazione del-la montagna non sono mai venute a mancare. Un esempio? Alla fi ne dell’Ottocento il Corriere della Sera confezionò un allettante numero alpini-stico esposto in mostra. Una rarità assoluta.

Del resto, nel 1931 all’ombra della Madonni-na nasce, o meglio rinasce dalle ceneri di precedenti esperienze, Lo Scarpone. Una testata gloriosa, testi-monianza di una passione che attraversa i tempi e i regimi. Oggi soppresso nella versione cartacea dalla dirigenza del Club alpino, il giornale inventa-to dal giornalista Gaspare Pasini, socio della Società Escursionisti Milanesi, agganciò molte sezioni del CAI promuovendone le attività e al tempo stes-so si rifece ai grandi quo-tidiani generalisti ospi-tando grandi fi rme come quelle dei “corrieristi” Buzzati, Cesco Tomaselli, Giovanni Cenzato.

Acqua passata, ma il futuro ha un cuore anti-co. La montagna è stata protagonista nel 1906 all’Esposizione univer-sale ai Giardini Pubblici e ha avuto una luminosa vetrina all’alba del terzo millennio con il progetto Milanomontagne patro-cinato dalla Regione e organizzato dal comitato EVK2CNR.

Ed è ragionevole ipotiz-zare che un ruolo di primo piano le sia assegnato an-che all’ormai imminente Expo 2015. Una sfi da che la maggiore sezione mila-nese ha raccolto e rilan-ciato alle sue consorelle e di cui queste pagine costi-tuiscono un utile pro me-moria. ■

Spazio Oberdan

Così è stata classifi cata la mostra dalla commissione del CAI per le celebrazioni del 150° anniversario

Un’avventura cominciata in Galleria Vittorio Emanuele

Un consorzio che ama la montagna

In viaggio con alcuni degli amici più illustri delle montagne lombarde e del Club Alpino Italiano

Dallo Spazio Oberdan alla Piramide del CNR sulle pendici dell’Everest

di ROBERTO SERAFIN

di GIORGIO ZOIA

L’inquadratura insolita del versante nord del Pizzo Ba-dile che ha accompagnato la mostra allo Spazio Oberdan è densa di suggestioni. Si individuano anche i vassalli della celebre montagna, dal-la punta Sertori alla Trubi-nasca, e ciò vuol dire apertu-ra alle altre vette lombarde. La foto (realizzata dal foto-grafo Roberto Ganassa del gruppo Clickalps) richiama al pensiero la celebre impre-sa di Cassin del 1937, che proiettò d’un tratto una pa-rete delle Alpi Lombarde nel novero dei colossi più ambi-ti dagli scalatori di tutto il mondo, e quell’impresa fra le più ammirate del nascente alpinismo estremo.

Nessuna immagine, dun-que, è più adatta di questa a condensare il signifi cato della mostra: essa ha l’am-bizione di rappresentare – limitatamente allo spazio disponibile, con l’obbligo di scegliere fra una miria-de di eventi, di cimeli, di immagini, di documenti, di ricordi tutti importanti per chi frequenta i nostri monti – la storia di un amore che dura da centocinquant’anni: l’amore dei lombardi per le loro montagne prima, poi

Il messaggio è arrivato pun-tualmente tra le bacheche dello Spazio Oberdan grazie al Cobat, consorzio nazionale per la raccol-ta e il riciclo: l’ecosistema alpino va tutelato anche con un’accorta strategia per una gestione inte-grata di varie tipologie di rifi uti. “Sono 25 anni che il Cobat ope-ra su tutto il territorio”, spiega il presidente Giancarlo Morandi, “attraverso la sensibilizzazio-ne e l’informazione ai cittadini, rendendosi promotore di com-portamenti virtuosi. La nostra

esperienza è considerata la più avanzata non solo nel settore di pile e accumulatori, ma anche di pneumatici fuori uso, apparec-chiature elettriche ed elettroni-che e pannelli fotovoltaici giunti a fi ne vita”. L’operare del Cobat

si estende in effetti fi no alle alte quote himalayane come dimostra la recente missione alla Piramide, base di ricerca del Cnr alle pendi-ci dell’Everest. Qui, con la parte-cipazione dello stesso presidente Morandi, provetto alpinista, sono stati sostituiti moduli e batterie: più di due tonnellate di materiali portati su a dorso di yak, come riferisce un appassionante servi-zio sul supplemento “Sette” del Corriere da cui è tratta l’immagi-ne che pubblichiamo per gentile concessione. ■

per quelle di tutto il mondo. E non solo dei lombardi di

nascita; ma anche dei lom-bardi adottati, e Cassin ne è un esempio, lui friulano fattosi lecchese; vedi caso, proprio ai piedi di quei mon-ti sorgenti dall’acque che di più lombardi non ce n’è.

Il lombardo adottato più insigne presente alla mostra risale addirittura al ‘500; quel Leonardo che per primo raffi gurò le Grigne e le Pre-alpi lombarde in un disegno databile 1511, conservato alle Raccolte Reali di Wind-sor. La capacità dei lombar-di di considerare come uno di loro ogni ingegno valido viene da lontano…

La mostra è stata curata con passione da un gruppo di soci della Sezione di Milano del CAI e della SEM, con l’aiuto di altri soci delle Sezioni lom-barde, di istituzioni e di priva-ti che hanno generosamente collaborato con prestiti di ogni tipo. Ad essi vada il mio ringraziamento, come pure al Vicepresidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano, Umberto Novo Maerna, che ha posto a dispo-sizione il prestigioso Spazio Oberdan.

Classifi cata “grande evento” in una lettera del 9 giugno 2011 dalla commis-sione del CAI per le celebrazioni del 150° anniversario, quindi con impegno di contributo economico, la mostra “La Lombardia e le Alpi” ha iniziato la sua gestazione nella vecchia sede della Se-zione di Milano con affaccio nella Gal-leria Vittorio Emanuele. Mancavano due anni all’evento, ma per la cordata dell’organizzazione non sembrò esserci tempo da perdere.

L’impegno se lo è preso Lorenzo Re-vojera, socio benemerito, che della com-missione centrale fa parte e che ha tutti i requisiti, come storico dell’alpinismo, per mettere in piedi un evento che gli si attaglia alla perfezione.

La titolarità dell’iniziativa viene as-sunta dal CAI Milano e manifestata con lettera del 4 ottobre 2011 al presidente

generale Umberto Martini a fi rma presi-dente milanese Giorgio Zoia, mentre si apre la collaborazione con la segreteria della sezione in vista della nascita di un gruppo di lavoro.

Incontri e contatti con possibili spon-sor e rappresentanti della Provincia per la concessione dello Spazio Oberdan impegnano nel 2012, con il gruppo di lavoro, Revojera e Zoia. Si interpellano possibili prestatori, senza i quali ogni sforzo sarebbe vano. Fra gli altri il Mu-seo Scienza e Tecnologia per i cimeli del K2, il Fondo Ambiente Italiano per i cimeli di Guido Monzino custoditi a Villa Balbianello, la Cineteca del CAI per la mostra e il fi lm su Alfonso Vinci, Giorgio e Laura Aliprandi che mette-ranno a disposizione carte rare e intro-vabili.

CONTINUA A PAGINA 6

Redazione: Club Alpino Italiano, Sezione di Milano via Duccio di Boninsegna 21/23 - Tel 02 86463516

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Batterie di accumulatori elettrici e pannelli fotovoltaici hanno migliorato la qualità della vita anche nei rifugi di montagna. Noi di Cobat interveniamo quando questi elementi terminano il loro ciclo attivo, a salvaguardia del delicato ambiente delle terre alte. 25 ANNI DI ATTIVITÀ dall’Himalaya alle valli delle Alpi sono la migliore testimonianza dell’impegno di Cobat.

Quando la montagna chiede nuova energia

IL COBAT C’È: 25 anni di attivitàdall’Himalaya alle valli delle Alpi sono la migliore testimonianza del nostro impegnowww.cobat.it www.cobat.tv www.ottandaduecobat.it

NUMERO SPECIALE

stampato dalla Sezione

di Milano in occasione stampato dalla Sezione

di Milano in occasione stampato dalla Sezione

dell’Assemblea

Regionale dei Delegati

CAI Regione lombardiaCAI Regione lombardiaCAI Regione lombardiaCAI Regione lombardiaRegionale dei Delegati

CAI Regione lombardiaRegionale dei Delegati

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Nella scintillan-te vetrina dello Spazio Oberdan, una delle mag-giori attrazioni riguardava l’area dedicata alle rare carte messe e di-sposizione da due straordinari colle-zionisti e studiosi, i milanesi Laura e Giorgio Aliprandi. In Italia gli Ali-prandi possono essere considerati come gli studio-si più avanzati nell’ambito della cartografia stori-ca alpina, giacché prima di loro mai si era affrontato lo studio di questa di-sciplina con simile ampiezza e varietà di prospettive.

Normalmente impegnati nelle rispettive professioni di medi-co e farmacista, il loro impegno e la corretta metodologia di studio li hanno portati a raggiungere l’alto grado di vera ricerca scientifica a livello accademico.

“Ritengo che anche il loro collezionismo mirato non solo al puro possesso, bensì al suo utilizzo a fini culturali sia un loro titolo di merito e un significativo esempio da imitare”, è l’opi-nione di Angelo Recalcati, a sua volta storico e collezionista, che ha avuto più volte l’occasione di confrontarsi per ragioni di studio con gli Aliprandi. ■

Quando le gite profumavano di narcisiIl termine “operaio” ricorre

nelle sigle di alcuni gloriosi sodalizi legati alla montagna. A Trento la Sezione Operaia Società Alpinisti Trentini (SO-SAT) da quasi un secolo tiene alta la bandiera dell’alpinismo trentino vantando un comples-so corale che ha ben pochi ri-vali nel mondo della coralità alpina. Nel 1911 nasce in Lom-bardia l’Unione Operaia Escur-sionisti Italiani (UOEI), fonda-ta con il motto “per il monte contro l’alcool” allo scopo di migliorare le condizioni sani-tarie e di vita dei lavoratori. In pochi anni l’UOEI si rafforza e supera la soglia dei 10 mila soci, suddivisi in una quaranti-na di sezioni prima di confluire per legge, nel 1931, nelle se-zioni territoriali del CAI. L’a-more per la montagna e la soli-darietà sono in quegli anni l’emblema del Club Alpino Operaio di Como. Anche qui scopo ideale delle attività è quello di contribuire al riscatto dei lavoratori dalle difficili condizioni di vita quotidiana e di lavoro.

Come spiega lo storico Alessan-dro Pastore (Il Club alpino operaio di Como di Giuseppe Vaghi, Nodo Libri, 2011), resta lontano, diversa-mente da quanto avveniva per il CAI, l’interesse per la dimensione scientifi-co-naturalistica dell’alpe. L’alpinismo

operaio consiste soprattutto in una frequentazione turistica di alcuni luo-ghi del circondario comasco, con gite collettive che vedono coinvolti numeri imponenti di soci operai.

Alle tradizionali gite sociali si af-fiancano manifestazioni, sportive o meno, che vanno dalle gare e dai ra-duni sciistici e podistici alle gnocca-te, alle fragolate, alle panettonate in capanna, alle castagnate. Di grande popolarità erano negli anni Trenta e Quaranta, e anche nel dopoguerra, le narcisate, come suggerisce l’immagi-

ne della festa del narciso del CAI, con gli enormi mazzi affidati alle ragazze mentre lo stemma sociale sovrastato dall’aquila è costruito da centinaia di queste amarillida-cee appena recise.

A proposito, il nome narciso deriva dalla parola greca narkao (stordisco) con riferimento al profumo inebriante dei fiori che in primavera riempiono i prati delle Prealpi. Un profumo che evoca ancora, in chi ha raggiunto il traguardo della terza età, un’atmosfera d’altri tempi, un modo diverso di di-

vertirsi. Non solo al Tivano, ma anche su verso Brunate lo splendore di prati biancheggianti di narcisi richiamava gruppi di giovani per la narcisata, la madre di tutte le gite perdute. A do-cumentare queste gite è Silvio Saglio della Società Escursionisti Milanesi, illustre storico e autore di guide. Oggi il narciso è un fiore protetto, guai a raccoglierlo. ■

Sottile indagatore di quella “magnifica ossessione” che è la montagna, il milanese Lorenzo Revojera ha fatto la sua parte come alpinista diventando una colonna por-tante della Società Universi-taria del CAI (SUCAI). Ma soprattutto ha raccontato le Alpi tanto amate mettendo a frutto, lui ingegnere, la sua vocazione innata per la scrittura. Tra i suoi libri van-no citati Storie di casa e di montagna (patrocinio della Sezione di Milano del CAI, 1994), Sui monti fioccano (Persico, 2000), Un patrizio milanese verso la moderni-tà (Persico, 2004), Milano e le sue montagne uscito con la sua regia per il CAI nel 2002. Capocordata nel grup-po di amici che ha concepito e realizzato “La Lombardia e le Alpi”, ha colto l’occasione per approfondire un argo-mento che gli sta particolar-mente a cuore: l’affermarsi agli inizi del secolo scorso, nel contesto dello sviluppo industriale di Milano, di un alpinismo di matrice popola-re incentivato dalle élites che in città avevano rivolto per prime l’attenzione alle mon-tagne.

“La vocazione industriale e commerciale di Milano”, spiega Revojera, “iniziò a delinearsi, come è ben noto, alla fine dell’800 per rag-giungere la sua consacrazio-ne a livello internazionale con l’Esposizione Universale del 1906, coincidente con l’a-pertura del traforo ferroviario del Sempione che assicurò un collegamento rapido con l’Europa centrale. Lo svilup-po produttivo non si fermò al nucleo cittadino ma si estese ad altri centri abitati lombar-di; Sesto San Giovanni, ad esempio, intorno al 1910 da borgo rurale di 5000 abitan-ti si trasformò in polo indu-striale con la Breda, la Falck,

la Magneti Marelli, la Cam-pari, la Pirelli…”.

Una crescita così impe-tuosa quali ripercussioni sociali ebbe nel mondo dei lavoratori?

“Di fatto il problema ope-raio si presentò a Milano per la prima volta in Italia; la preoccupante condizione dei lavoratori venne alla luce con le prime inchieste negli anni Ottanta; fu scritto: a Milano esiste un quarto dei depositi nazionali a risparmio, però ottomila persone risultano senza domicilio; l’orario di lavoro era di undici ore quoti-diane per una paga giornalie-ra variabile da una lira a due lire e mezzo. Poche industrie, sulle 682 che esistevano in città nel 1882, concedevano agli operai il riposo domeni-cale, che fu fissato per legge solo nel 1907. Le condizioni di orario, di riposo, di sicu-rezza e di igiene, erano la-sciate alla coscienza degli imprenditori”.

In che modo la montagna divenne un utile strumento per migliorare la qualità della vita?

“La classe operaia si or-ganizzò. Il primo congres-so del partito dei lavoratori italiani ebbe luogo a Milano nel 1891: nello stesso anno si costituì la prima Camera del lavoro, sempre a Mila-no. Da allora, l’azione po-litica sviluppata dalla città assunse grande rilievo nel paese e molti fenomeni poli-tico-sociali nazionali ebbero la loro incubazione proprio a Milano. Le reazioni alle con-dizioni di vita dei lavoratori in Lombardia, in presenza di un travolgente quanto disor-dinato sviluppo industriale, furono numerose. Accanto ai sindacati e alle Camere del lavoro, quasi tutti organismi di matrice socialista, nacque-ro le Associazioni di mutuo soccorso, ad alcune delle

quali non furono estranei i parroci locali; e – per quanto qui ci interessa – le prime so-cietà sportive”.

Che ruolo ebbe il Club alpino nell’incentivare la frequentazione della mon-tagna da parte delle masse popolari?

“Ci si rese ben presto conto che quei monti sullo sfondo della pianura lombarda non erano irraggiungibili, e che c’erano dei “signori” di un certo Club alpino che le co-noscevano bene. Ma quegli stessi signori non erano tutti d’accordo nell’ammettere fra loro appartenenti a clas-si sociali meno evolute; un autorevole socio del CAI di Torino, Adolfo Hess, quando ormai la questio-ne dilagava e inquietava i benpensanti, promosse nel 1913 sulla rivista del CAI una sua personale inchiesta, raccogliendo risposte da alpinisti ita-liani ed esteri a questi due quesiti: esistono le forme “aristocratica” e “democratica”dell’alpi-nismo? Le Società Alpi-ne hanno esse lo scopo e l’interesse di favorire la forma “democratica” (o popolare), posto che esista? Le risposte numero-sissime, di firme autorevoli, respinsero nel loro comples-so ogni apertura “democra-tica” – aggettivo che a quei tempi apparteneva all’area culturale socialista”.

I ceti popolari però as-sunsero autonomamente l’iniziativa di frequentare le montagne…

“A Milano fin dal 1884 si era costituita la Società Escursionisti Milanesi “Gamba bona” fra artigiani, impiegati e operai appas-sionati di podismo e di pas-seggiate in montagna. Sede sociale in via San Fermo 11. L’esperienza dei “gamba-

bonini” ebbe fasi alterne e si concluse nel 1891, ma in quello stesso anno – adottan-do il motto “col popolo, per il popolo” – l’acronimo SEM fu recuperato e nacque una nuova Società Escursionisti Milanesi a carattere pretta-mente alpinistico”.

Quale fu la reazione del CAI?

“Nel CAI Milano predomi-nava allora il ceto borghese e aristocratico e i suoi dirigen-ti – coscienti delle necessità sociali – incoraggiarono la nascita della SEM, tant’è che tra i fondatori figurò Fran-cesco Bertani, noto profes-sionista e autorevole socio

del CAI Milano. Egli così enunciava il programma del nuovo sodalizio: diffondere la pratica dell’alpinismo an-che per le classi lavoratrici e meno abbienti della città, fra tutti coloro che per una serie svariatissima di circostanze si sarebbero trovati a disagio nelle file del consorzio alpi-nistico italiano. La “Gamba bona” fu di poco preceduta nel tempo solo dalla “Società Alpina Operaia A. Stoppani” (SAOAS) che – come ricorda una lapide posta sul Resego-ne un secolo dopo – fu fon-data nel 1883 “in un radioso mattino di maggio” da un gruppo di operai lecchesi”.

Come si sviluppò l’alpinismo del popo-lo?“A Como la tradizio-

nale industria serica ali-mentava molte irrequie-tezze nel proletariato, quando da una singolare alleanza fra gli industriali più avveduti e la popo-lazione operaia del quar-tiere San Rocco nacque un’associazione dedita all’esplorazione dei monti comaschi. L’intervento, or-ganizzativo e economico, dei notabili tendeva altresì a sottrarre la mano d’opera alle tentazioni dell’alcol, dell’ozio e anche della po-litica; lo stesso del resto era avvenuto per la SAOAS, col patron senatore Mario Mar-telli. Nacque così nel 1885 il “Club Alpino Operaio” (CAO) che si distinse per le “gite collettive”, con parten-za al sabato sera e marcia notturna “al suono brioso del-la fanfara sociale … per com-battere il sonno”. Nel giugno 1911, a Monza, ebbe vita l’”Unione Operaia Escur-sionisti Italiani” (UOEI) per iniziativa di Ettore Boschi e pochi amici, fra cui Claudio Treves, Giovanni Bertacchi e Leonida Bissolati, socia-lista riformista. Il motto era significativo: per il monte, contro l’alcool. Da una co-stola dell’UOEI nacque nel 1920 l’APE (Associazione antialcolica Proletari Escur-sionisti): inizialmente attiva ad Alessandria, aveva con-notazione rigorosamente ide-ologica di stampo socialista massimalista. Ebbe sezioni attive a Como, Milano, Ber-gamo, Lecco e Cantù”.

La stampa seppe appog-giare e favorire il nuovo fenomeno delle “Alpi al po-polo”?

“Mario Tedeschi (1873-1944), eletto presidente del CAI Milano dopo Brioschi,

fu colui che impresse una svolta decisiva alla questio-ne. Dotato di carisma per-sonale – le sue conferenze sulla montagna fra il 1904 e il 1943, più volte replicate e raccolte nel volume “Le Alpi al popolo” pubblicato nel 1945, erano affollatissime – di capacità organizzativa e aggregante, intuì che era giunto il momento di mostra-re a chi viveva chiuso in città la realtà della vera alta monta-gna. Basta quindi con le facili passeggiate e le brevi escur-sioni sulle Prealpi lombar-de: nel 1911, cinquantenario dell’unità d’Italia, Tedeschi parte con la prima delle “gite alpine popolari” – alimentate soprattutto da lombardi – al passo di Zocca (2749 m) in Val Masino, appoggiando-si, con sagacia mediatica, al “Corriere della sera” e ad al-tri organi di stampa, nonché a una compagnia di Alpini per i pernottamenti in tenda.

Il successo è straordinario: 20 lire di iscrizione, 626 par-tecipanti dei ceti più diversi, moltissimi esclusi con forti proteste. Nessun incidente. Tutti compiono la traversa-ta fino alla Val Bregaglia e in 200 raggiungono la vetta della Cima di Castello (3215 m). Tedeschi si commuove al vedere nel gruppo le ragazze della Società Mediolanum “simpatiche nei loro abiti maschili nascosti in parte dalle corte gonne, coi volti arrossati dal sole, coi capelli in leggiadro disordine...”. Le “gite alpine popolari” furo-no ripetute nel 1912 e 1913, nella zona Rosa-Cervino e alla Forcella Lavaredo con la collaborazione del Tou-ring Club, sempre con ugual successo e migliaia di parte-cipanti.

L’apertura delle associazio-ni – e dell’alta montagna – ai ceti popolari era ormai un fat-to compiuto”. ■

E Milano spalancò le Alpi al popoloLorenzo Revojera, capocordata nell’organizzazione della rassegna allo Spazio Oberdan di cui è stato l’ideatore, rievoca una pagina gloriosa dell’alpinismo “cittadino” che divenne preziosa risorsa per le classi lavoratrici nel contesto dello sviluppo industriale della metropoli lombarda

A una grande escursione nel Cadore è dedicata questa tavola di Achille Beltrame sulla Dome-nica del corriere del 28 settembre 1913 che ritrae i partecipanti milanesi alla Forcella di Lavaredo.

Al termine di una narcisata i soci del Club Alpino Operaio Comasco celebrano la festa del narciso con un fantasioso stem-ma intessuto di questi profuma-tissimi fiori.

Storia e società

Stili di vita Così i lombardi si godevano la montagna

Novembre 2013 - la Lombardia e le Alpi2

Cartografia storica

Una collezione unica al mondo

Dalla collezione Aliprandi proviene la carta (un dettaglio qui sopra) che accompagna la “Relazione di Monviso et dell’origine del fiume Po” pubblicata nel 1627 da Valeriano Castiglione. Realizzata da Giacomo Antonio Biga, riporta una misura dell’altezza di 3825 m sorprendentemente inferiore di soli 16 m a quella ora stimata.

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3la Lombardia e le Alpi - Novembre 2013

L’attrazione fatale di RecalcatiStorico, alpinista, apostolo della cultura alpina, ha messo in mostra allo Spazio Oberdan alcuni dei suoi tesori più preziosi

Libri antichi ormai introvabili e poi stam-pe, immagini e cimeli raccolti in una vita di studi e ricerche. Ne trabocca ogni anfratto dello studio milanese di Angelo Recalcati in piazza Baiamonti, che un po’ fa pensare al forziere di Paperon dei Paperoni rigurgitan-te di dollari “movimentati” con giganteschi trattori. Qui invece il visitatore resta stupi-to per la facilità con cui quei preziosissimi volumi di montagna e di natura di tutto il mondo e di ogni epoca si lascino, nonostan-te l’affastellamento, rintracciare con estrema facilità da Recalcati, collezionista, storico della montagna, alpinista di valore. E sopra-tutto archivio vivente la cui memoria supera per numero di bit i computer più evoluti.

Alla mostra “La Lombardia e le Alpi”, si deve alle sue ricerche uno degli aspetti più singolari e stimolanti sviluppati grazie al fantasioso allestimento: la materializzazio-ne di draghi e fantasmi che nell’antichità si credevano di casa tra i monti della Lombar-dia, poi svaniti con la consapevolezza della montagna come “grande laboratorio della natura” e con la sua riconosciuta e piena fru-izione estetica.

Nelle sale dello Spazio Oberdan, Re-calcati ha rievocato da par suo la scoperta delle montagne lombarde tracciando anche la storia delle pubblicazioni del CAI in cui è coinvolto come autore: assieme ad Ales-sandro Gogna ha infatti compilato la guida CAI-TCI Spluga- Mesolcina. E, sempre at-tingendo alle sue collezioni, ha raccontato

l’attrazione fatale di Leonardo da Vinci per le montagne della Lombardia: un’attrazione che si tradusse in stupende rappresentazioni pittoriche che Recalcati ha poi inserito nel-la riproduzione fotografica della skyline di una Milano anni Novanta, ora rivoluzionata dai nuovi grattacieli di Milano City, dalle sfolgoranti cuspidi d’acciaio del Centro di-rezionale.

“Nella sua più intima essenza l’alpini-smo”, spiega Recalcati, “è conoscenza puntuale della natura alpina unita alla sua contemplazione estetica, vissuta nel coin-volgimento del proprio essere in corpo e spirito. L’alpinismo è perciò cultura e lo di-mostra la vastissima pubblicistica che l’ac-compagna nella sua evoluzione da oltre due secoli, da quando le montagne sono entrate nel nostro orizzonte culturale, all’incirca dal XVIII secolo”.

Di questa cultura d’antico stampo, Recal-cati è un apostolo fervente, puntuale agli appuntamenti che contano. Come a Monta-gnalibri a Trento dove il suo stand rappre-senta ogni anno, in occasione del festival, un’attrazione assoluta per chi ha il gusto delle cose belle: una delle non frequenti opportunità di conoscere da vicino questo collezionista discreto e appassionato, che dispensa cultura senza etichette e vincoli di commissioni altisonanti. E che al termine dell’esposizione, zitto zitto, rimette i suoi tesori negli scatoloni e li riporta nel forziere di piazza Baiamonti. ■

Cultura alpina

Angelo Recalcati a “Montagnalibri”: grazie all’organizzazione “Itinera alpina” le sue colle-zioni sono conosciute in tutto il mondo.

Un succcesso decretato da 5˙000 visitatori

Otto sale colme di oggetti, fotografie, testimonianzeAl progetto ha collaborato sotto la guida di Lorenzo Revojera un gruppo eterogeneo di persone che per un anno hanno lavorato per reperire, organizzare e valorizzare materiali sparsi tra le diverse sedi lombarde del CAI, musei, archivi e collezioni private.

Otto sale colme di oggetti, fotogra-fie, testimonianze. Un tema specifico per ogni sala. Uno spazio dedicato alle video-proiezioni. Quasi 5000 visitatori. Questi alcuni dati relativi alla mostra La Lombardia e le Alpi, che è rimasta aperta presso lo Spazio Oberdan di Milano dal 17 maggio al 7 luglio 2013.

La mostra è nata con l’intento di ce-lebrare i 150 anni del CAI, fondato a Torino il 23 ottobre 1863 da Quintino Sella. Come già il nome lascia inten-dere, fulcro della mostra è proprio la storia dell’alpinismo lombardo, la storia della conoscenza delle Alpi e del turismo alpino.

Inoltre si è voluto sottolineare e testimoniare il rapporto di forte rela-zione e attrazione che le città e i paesi lombardi hanno sempre avuto con il mondo della montagna; rapporto che forse ultimamente, con le nuove ge-nerazioni, si sta un po’ perdendo e manifestazioni come questa possono cercare di ravvivare.

È stato per merito di Lorenzo Re-vojera, socio emerito del Club Alpino di Milano, che è partito il progetto:

egli ha raggruppato un insieme etero-geneo di persone per età, esperienza e competenze che per un anno ha col-laborato per reperire, organizzare e valorizzare al meglio la gran quantità di materiali sparsi tra le diverse sedi lombarde del CAI, musei, archivi e collezioni private. Ogni due settima-ne il comitato organizzativo formato da Lorenzo Revojera, Roberto Sera-fin, Angelo Recalcati, Marco Polo, Lorenzo Serafin e Anna Girardi si è ritrovato per confrontarsi, dividersi i compiti ed aiutarsi. Preziosissima è stata la disponibilità di tutti colo-ro che son stati chiamati a collabo-rare, dai prestatori che per due mesi hanno lasciato oggetti anche di gran valore in mostra, agli autori dei testi per le didascalie e per il catalogo, a Davide Necchi che si è occupato di tutto l’apparato elettrico, a Lorenzo Renato che ha “rispolverato” l’im-menso materiale custodito nell’archi-vio storico del Cai Milano, a tutte le sezioni lombarde che, in un modo o nell’altro, hanno partecipato alla re-alizzazione finale inviando materiale, gagliardetti e quant’altro.

Essendo una manifestazione nata per celebrare 150 anni di storia, le prime sale son state dedicate ad un percorso ideale che conduce dalla preistoria della frequentazione della montagna - quando ancora le Alpi erano popolate di mostri immagina-ri - alla creazione delle prime società alpinistiche europee, fino al deline-arsi delle attività sociali delle sezio-ni CAI. È stata realizzata, poi, una sezione dedicata a I nostri padri, dall’Abate Stoppani al Papa Ratti, una dedicata agli Accademici, una alle diverse attività del Cai, una alle grandi spedizioni sull’Everest ed il K2, una alla letteratura di montagna, una all’evoluzione delle attrezzature, una alle fotografie di grandi alpinisti, una a modellini di rifugi e tanto altro ancora. Tutto ciò che è stato esposto è sapientemente raccolto e approfondi-to nel catalogo, realizzato da Rober-to Serafin, in vendita presso la sede del Cai Milano, la libreria “Monti in città”, il “Libraccio” di viale Vittorio Veneto e la libreria Hoepli.

Ma il progetto La Lombardia e le Alpi non si è esaurito con la chiusu-

ra dei battenti allo spazio Oberdan: dopo il grande successo ottenuto – è stata la seconda mostra più visitata nella stagione allo spazio della Pro-vincia – si è pensato di rendere la mostra, o alcune sezioni di essa, iti-neranti, onde evitare che tutto ciò che è stato realizzato rimanga sigillato in una cantina per anni.

Come spiega Lorenzo Serafin (ar-chitetto che si è occupato dell’alle-stimento) al Corriere della Sera, «in programma ci sono già quattro tappe: Varese, Cremona, Tradate e Bovisio Masciago. Di sicuro, le 200 fotografie e i 50 pannelli descrittivi si sposteran-no in blocco. Più complesso sarà far viaggiare i 200 oggetti delle collezioni private». Sì, perché in realtà i numero-si pannelli, realizzati tutti con una gra-fica che li caratterizza e rende unici, bastano da soli a raccontare una storia fatta di scoperte, conquiste, emozioni, trionfi, sconfitte, che questa mostra si è proposta di raccontare a tutti, ricor-dare a chi è già nell’ambiente e spie-gare a chi, del tutto ignaro, si è lasciato incuriosire ed affascinare. Anna Girardi

• 700 mq di superficie espositiva • 655 mq di sviluppo pareti espositive, • 50 vetrine piane orizzontali • 5 nicchie espositive • oltre 50 pannelli descrittivi• 350 didascalie• 3 roll-up• 1 parete retroilluminata, • 50 mq di grafiche applicate a parete, • 2 postazioni video • 1 installazione audio • 2 manichini • oltre 200 foto e immagini• oltre 200 tra oggetti esposti e pubblicazioni • 5000 visitatori• 2600 firme sul “libro del rifugio” posto all’ingresso.• 112 le Sezioni del Club Alpino Italiano di appartenenza

dei visitatori (dati desunti dal citato libro delle firme, di cui 30 non lombarde (fra cui Roma, Torino, Palermo, Novara, Trento, Uget Torino, Novara, Bassano, Chieti, Teramo, Bologna).

Nota: il libro visitatori offre una gamma divertente di commenti (tutti favorevoli) e anche illustri firme tra cui, molto ambita, quella di Giulia Maria Crespi presidente onorario del Fondo Ambiente Italiano.

In cifre

Determinante è stata, nella “cordata” della mostra, la partecipazione di questo istruttore del CAI che ha messo a disposizione la sua consumata esperienza alpinistica

Per non perdere l’orientamento fra teche, bacheche e pannelli della mo-stra determinante è stato l’apporto di Marco Polo nel comitato organiz-zatore: una guida sicura non solo in coerenza con un nome tanto impe-gnativo, ma per un ruolino di marcia alpinistico di tutto riguardo.

Marco, istrut-tore nazionale del CAI, non soltanto ha diret-to per tre anni la prestigiosa scuo-la d’alta quota “Parravic in i” , ma ha fatto parte dello squadrone di italiani che per la prima volta nel 1972 hanno calcato la vetta dell’Everest.

Di esperienze alpinistiche ne ha accumulato a bizzeffe, nelle Alpi e altrove nel mondo, come dimostra una voluminosa brochure che Marco mette volentieri a disposizione degli amici, intitolata significativamente “Alla ricerca del tempo passato”. Una raccolta di relazioni, verbali, immagini con rari e sobri commenti in sintonia con quella sua modestia

venata di puntiglio, quella sua fidu-cia nel prossimo che nasce da ferrei principi e stili di vita.

Non a caso Marco ha scelto, nella vita lavorativa, di far parte del Cor-po Vigili di Milano, responsabile della sezione Nucleo Mobile. Oggi, raggiunta l’età della pensione la

principale vigi-lanza che conti-nua a esercitare con scrupolo è quella sui nipo-tini che gli ven-gono affidati.Un tratto saliente del suo caratte-re, per conclu-dere, è lo spirito di avventura con cui ha affrontato questa insolita scalata.

Il che, unito a un’innata curio-

sità e alla sua scrupolosità, ha fatto di Marco Polo un eccezionale com-pagno di scalate per chi si è preso cura della mostra: sempre disponi-bile ad accollarsi incarichi di ogni genere e a offrire la propria consu-lenza nei tratti più “alpinistici” della rassegna. Grazie, caro Marco, e alla prossima! ■

Sotto la guida di Marco Polo

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“Uomini e problemi delle Alpi” era il filo conduttore del ciclo d’incon-tri organizzati in concomitanza con la mostra allo Spazio Oberdan. Sei illustri amici della montagna han-no accettato con la loro prestigiosa presenza di tenere viva l’attenzione sull’evento dando appuntamento il martedì nella rinnovata sede della Sezione di Milano messa a disposi-zione per interessamento della Com-missione culturale.

Di rilievo la partecipazione di ap-passionati accolti con cordialità dal presidente Giorgio Zoia, dalla presi-dente della Commissione culturale Brunella Marelli e da Lorenzo Re-vojera ideatore e infaticabile “ani-ma” della mostra.

Ha aperto la serie coordinata da Roberto Serafin martedì 4 giugno Michele Comi con immagini e ap-punti su Bernina, Disgrazia, Masi-no. Geologo, guida alpina e maestro di sci, Comi (1969) è nato e vive in Valmalenco. In qualità di alpini-

sta-ricercatore ha preso parte a varie spedizioni in Himalaya, Karakorum, Africa, Sudamerica e Polo Nord. E’ erede di una famiglia valtellinese che per anni ha gestito il rifugio Bigna-mi della Sezione di Milano in alta Valmalenco. Tra i suoi libri “Monte Disgrazia, Picco glorioso: 150 anni di storia” scritto per Bellavite con Giuseppe Miotti.

L’11 giugno è toccato a Popi Miot-ti, altro illustre esponente dell’alpi-nismo valtellinese narrare in con-comitanza con l’uscita del suo libro autobiografico “Gli archivi ritrova-ti”, come l’alpinismo si è trasformato negli anni Ottanta in Val di Mello, la “Yosemythe italiana”, per merito di un gruppo di scalatori che si sono definiti “sassisti”.

“Con il trascorrere del tempo”, ha raccontato Miotti, “le regole dell’al-pinismo, o meglio, le convenzioni legate a quel mondo, cominciavano a non piacermi per lo stesso motivo per cui non mi piacevano le spesso

ipocrite convenzioni del comune vi-vere sociale.

Facendo grandi ascensioni mi ero trovato in un finto Olimpo dove il va-lore di un individuo si misurava più per il grado superato e per il numero di scalate fatte che per le sue qualità intrinseche. Mi sembrava che ci fos-se una sorta di ingenuo, ma al tempo stesso malsano, modo di intendere questa attività. Nell’apparente libertà di muoversi fra i monti vi erano inve-ce sbarre e ceppi tipici di molti altri sport con l’aggiunta di buone dosi di retorica, falsità e moralismo”.

Il ciclo di conferenze è entrato nel vivo il 18 giugno con lo storico Ste-fano Morosini, esponente di rilievo del CAI Bergamo, che ha illustrato con alcune significative proiezioni e alla luce di rari documenti ritrovati 150 anni di storia del Club Alpino Italiano.

Hanno giocato in casa invece il 25 giugno i milanesi Laura e Giorgio Aliprandi raccontando la riscoperta

del Monte Rosa nella storia e nelle carte. Assai rinomati a livello inter-nazionale, gli Aliprandi sono auto-ri di ponderosi volumi e apprezzati conferenzieri in Italia e all’estero. Da anni si dedicano anche allo studio di un’annosa vertenza: l’attribuzione della vetta del Monte Bianco che i francesi tuttora rivendicano.

Un omaggio a Carletto Negri, ma-estro e amico di generazioni di alpi-nisti milanesi, è stato il tema della conferenza di chiusura il 2 luglio. La figura dell’alpinista considerato tra i padri della Scuola d’alta monta-gna “Parravicini” è stata tratteggia-ta da Marco Dalla Torre, autore del libro fresco di stampa “Carlo Negri, frammenti di vita alpina” (Bella-vite, Missaglia 2013). Una degna conclusione per un progetto concre-tizzatosi attraverso varie iniziative dopo oltre un anno di preparazione e con il coinvolgimento di alcune delle più illustri personalità della cultura alpina. ■

La montagna raccontata da sei illustri amiciEventi collaterali

Un incontro tra amici presso la sede del CAI Milano in occa-sione della mostra: da sinistra Lorenzo Revojera, Giorgio e Laura Aliprandi, Brunella Marelli.

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Portfolio4

Una passeggiata attraverso la storia dell’alpinismo dalle sue origini: al vaglio 150 anni di SodalizioCome l’alpinismo - fenomeno sportivo ma anche spirituale, culturale e filosofico - sappia far breccia nella pragmatica operosa Lombardia, è uno dei fili conduttori di questa mostra voluta dalla Sezione di Milano nel 150° anniversario della fondazione del Club Alpino Italiano condensando anni di ricerche nelle “banche della memoria” dell’alpinismo lombardo.

La mostra sala per sala

Testimoni di eccezione il conte Lurani Cernu-

schi, patrizio milanese, l’abate Antonio Stoppa-ni, cantore del Bel Paese, il cardinale Achille Ratti poi eletto pontefice che per primi fecero cono-scere ai cittadini questo ambiente nuovo. Vittorio Ronchetti, medico alpini-sta esploratore milanese con cinque spedizioni nel Caucaso (1907-1913) precorse altri grandi suc-cessi lombardi di alpini-smo extra-europeo.

Torino 1863

La mostra si apre col con la festosa accoglienza degli stemmi delle sezioni lombarde e il racconto dei 150 anni del CAI attraverso alcuni motivi cari alla divulgazione e alla sensi-

bilizzazione che il sodalizio, fondato in Torino nel 1863 per iniziativa di Quintino Sella, svolge per statuto. Accanto ai nomi dei primi duecento soci fondatori il profilo in costante crescita del corpo sociale fino ai quasi 316 mila soci odierni.

Posto a cerniera tra i ricchi e sontuosi palazzi di corso Venezia e la dinamica arteria commerciale di corso Buenos Aires, al margine del multiculturale quartiere ex Lazzaretto, lo Spazio Oberdan, in via Vittorio Veneto 2 a Milano, nasce nel 1999 con un opera di ristrutturazione condotta dall’architetto Gae Aulenti che ha consentito di attivare in multifunzione una sala per proiezioni, convegni e concerti e uno spazio per mostre. La presa in consegna da parte della Provincia di Milano ha poi dato, attraverso un fitto programma di eventi e di iniziative, vitalità a questa istituzione, operando anche un’azione di contrasto al degrado della adiacente piazza Oberdan. E proprio grazie alla attenta gestione di questo importante presidio culturale è stato possibile mettere

in scena la storia dell’alpinismo lombardo e del Club Alpino, con la collaborazione preziosa di tutto lo staff organizzativo del Settore cultura della Provincia che da subito si è lasciato coinvolgere, compar-tecipando a tutte le fasi di allestimento e di promozione dell’evento.

(tutte le foto dell’allestimento sono di Filippo Podestà)

K2 1954, Gasherbrum IV 1958, Everest 1973:

tre delle grandi spedizioni extraeuropee concepite in Lombardia che hanno con-ferito all’Italia una posizione di primo piano nel panora-ma alpinistico internaziona-le, coinvolgendo i migliori al-pinisti dell’epoca. In mostra le immagini e attrezzature originali utilizzate durante le spedizioni.

La storia e l’evoluzione dei più noti rifugi lombardi attraverso al-cune grandi tappe e la loro rappresentazione sotto forma di lil-

lipuziani modellini. Non manca un salto nel presente, con il recen-tissimo progetto - unico nel suo genere - di ristrutturazione della storica capanna Marinelli sulla parete est del Monte Rosa.

Un percorso ideale conduce dalla preistoria della frequentazione della

montagna, popolata di mostri immagi-nari, alla creazione delle prime società alpinistiche. Tra gli “inventori” dell’alpi-nismo Leonardo da Vinci e la sua infa-ticabile esplorazione del territorio e delle montagne lombarde attraverso disegni e descrizioni che ne confermano la straor-dinaria valenza anticipatrice.

Paura, desiderio, conoscenza e avventura

Rifugi e sentieri

Infine una serie di proiezioni a ciclo continuo tra cui una re-

trospettiva sui valtellinesi Alfon-so Vinci, con i suoi film realiz-zati negli anni ‘50 sulla catena andina e Alfredo Corti, con le sue foto tridimensionali di inizio secolo nelle Alpi Retiche.

Montagne in cellulosa

I padri dell’alpinismo lombardo

Novembre 2013 - la Lombardia e le Alpi

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Portfolio 5

Una passeggiata attraverso la storia dell’alpinismo dalle sue origini: al vaglio 150 anni di SodalizioCome l’alpinismo - fenomeno sportivo ma anche spirituale, culturale e fi losofi co - sappia far breccia nella pragmatica operosa Lombardia, è uno dei fi li conduttori di questa mostra voluta dalla Sezione di Milano nel 150° anniversario della fondazione del Club Alpino Italiano condensando anni di ricerche nelle “banche della memoria” dell’alpinismo lombardo.

La mostra sala per sala

Il lungo sguardo

Maestri della fotografi a alpina

Letteratura d’alta quota

K2 1954, Gasherbrum IV 1958, Everest 1973:

tre delle grandi spedizioni extraeuropee concepite in Lombardia che hanno con-ferito all’Italia una posizione di primo piano nel panora-ma alpinistico internaziona-le, coinvolgendo i migliori al-pinisti dell’epoca. In mostra le immagini e attrezzature originali utilizzate durante le spedizioni.

Il valore grafi co e conoscitivo del vedutismo alpino trova espressione nella prolifi ca produzione di Edo-

ardo Francesco Bossoli, il più importante autore in ambito italiano, la cui veduta delle Alpi dalla guglia del Duomo di Milano dimostra il forte rapporto di re-lazione tra la vocazione orizzontale del capoluogo lombardo e la maestosa catena alpina nella secon-da metà dell’800.

La montagna inizia a “fare notizia” nei primi anni del ven-tesimo secolo grazie alle copertine della Domenica del

Corriere, e a Milano, capitale dell’editoria, le occasioni per una diffusa mediatizzazione non mancano. In mostra anche il “Numero Alpinistico”del Corriere della Sera del 1883, oggi prezioso incunabolo.

La storia complessa della fotografi a di montagna in Lombardia pas-sa attraverso realizzazioni signifi cative. Basti pensare alla ricchezza

della “Guida Alpi Retiche Occidentali” del 1911: la fotografi a analizza, svela e illustra il territorio come non era mai successo prima.

Prime guide alpine di Lombardia

Le grandi dinastie di guide raccontate attraverso una carrellata di immagini e di documenti storici:

da Antonio Baroni, padre putativo di tutte le guide lombarde, alle varie dinastie dei Fiorelli in Val Masino, dei Lenatti in Valmalenco, dei Compagnoni in Valfur-va: tramandandosi il mestiere di padre in fi glio, con il loro entusiasmo hanno saputo “trascinare” in monta-gna generazioni di cittadini.

La storia e l’evoluzione dei più noti rifugi lombardi attraverso al-cune grandi tappe e la loro rappresentazione sotto forma di lil-

lipuziani modellini. Non manca un salto nel presente, con il recen-tissimo progetto - unico nel suo genere - di ristrutturazione della storica capanna Marinelli sulla parete est del Monte Rosa.

La Lombardia conta forse più di ogni altra regione alpinisti di valore che si distinguono in ogni specialità e la sezio-

ne, in primo piano con una serie di ritratti di Marco Mazzole-ni. In mostra una selezione di materiali da alpinismo e una serie di invenzioni nate all’ombra della Madonnina.

Altra importante ec-cellenza regionale

è la capacità di rac-contare la montagna e l’alpinismo, un’arte di cui Dino Buzzati fu ma-

estro assieme a una eletta schiera di alpinisti-scrittori: Antonia Pozzi, Clemente Rebora, Ettore Zapparo-li e Giovanni Bertacchi. Qui cam-peggia il celebre Duomo di Milano dipinto da Buzzati in forma di mon-tagna dolomitica.

Rifugi e sentieriI grandi della montagna lombarda

Una rassegna di pubblicazioni delle se-zioni lombarde del CAI con doveroso

omaggio a Silvio Saglio e Gino Buscaini, due grandi divulgatori, succedutisi alla dire-zione della collana “Guida ai Monti d’Italia” edita da CAI e Touring Club Italiano.

CAI si stampi!

Sulle vette del mondo

Comunicare la montagna

la Lombardia e le Alpi - Novembre 2013

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Novembre 2013 - la Lombardia e le Alpi6

E’ milanese la prima scuola d’al-pinismo italiana d’alta montagna. Si tratta della pre-stigiosa Parravici-ni: una scuola na-zionale, seconda in Italia dopo quella della Sezione CAI XXX Ottobre di Trieste che però, nel rispetto della consuetudine lo-cale, si dedicava solo all’alpinismo dolomitico. Al suo nascere la Parravi-cini si proponeva di inserirsi nel sol-co degli scalatori milanesi come Lu-rani, Bonacossa, Vallepiana, Casti-glioni, Negri, aper-ti per tradizione sia all’alpinismo dolo-mitico sia a quello delle Alpi centrali e occidentali.

La scuola è de-dicata a Agostino Parravicini, caduto nel 1935 sullo spi-golo sud della cima di Zocca. Nel 1936 a Chiareggio in Valtellina presero avvio i corsi che hanno preparato generazioni di alpinisti. Primo direttore fu l’acca-demico Pompeo Marimonti. Gli succe-dette per un decennio Carlo Negri che

ebbe tremila allievi. La scuola passò poi all’Accademico e successivamente alla SUCAI, continuando nel suo program-ma sotto la direzione di Pino Gallotti, Romano Merendi, Paolo Re, Guido della Torre, Tino Albani, Piero Maffi oli e altri.

Negri è considerato un grande e indi-menticabile caposcuola dalla mano fer-ma e dal passo irraggiungibile, come te-stimoniano i suoi allievi Fanco Piccinini e Marco Polo in Milano e le sue mon-tagne (Milano, 2002). Sulla Parravicini Polo ha anche raccolto un corposo dos-sier ciclostilato, pieno zeppo di infor-mazioni, relazioni, ritagli di articoli in buona parte apparsi sul mai dimenticato Scarpone. In concomitanza con la mo-stra allo Spazio Oberdan, per Carletto Negri è stata ritagliata una particolare ri-balta grazie al libro fresco di stampa che

gli ha dedicato Marco Dalla Torre (Carlo Ne-gri, frammenti di vita alpina, Bellavite edi-tore, 223 pagine, 14 euro), presentandolo

nella serie di incontri orga-nizzati in con-comitanza con la mostra. “Nel ricordo di mol-ti”, annota Dalla Torre, “rimane la sua modesta r i s e r v a t e z z a : non era facile fargli raccontare le sue imprese. La storia stessa di questo libro ne è una conferma: dedicato a sua moglie a cui non lo fece mai leggere, na-scosto in fondo a un cassetto…”

Temuto e rispettato, Carletto si è fatto molto amare benché nessuno ardisse ob-biettargli alcunché o prospettare eretiche proposte personali. Un esempio? Duran-te un’uscita ai Piani di Bobbio, nono-stante il tempo minaccioso, Carletto si dirige senza esitare verso la cresta On-gania. Il nubifragio che si scatena non è motivo suffi ciente per sconfi ggere allievi e istruttori. Uno solo tra gli allievi si ri-

bella e con un coltellino taglia la corda di canapa da 12 millimetri e corre al ri-paro al rifugio Ratti. Imperterrito Carlet-to ordina di completare l’ascensione. Ma al rifugio l’allievo viene processato per direttissima e, riconosciuto colpevole, viene espulso dalla Parravicini e con-dannato a rimborsare la corda. Il motto del direttore, del resto, era “semm minga chi per divertiss”: nessuna pietà per chi si arrendeva alle diffi coltà opposte dalla montagna che evidentemente non era, e non è, soltanto fonte di piacere o, come si direbbe oggi, di loisir! ■

Il catalogo: un appassionante viaggio tra le banche della memoria

Angelo Recalcati elar-girà preziosità bibliogra-fi che insieme con la sua competenza di storico, Almerina Buzzati con-cederà il famoso quadro di Dino con il Duomo di Milano e soprattutto si stabilirà di attingere alle collezioni della Sezione di Milano: quadri, pano-rami, gagliardetti, stem-mi, moltissimi documen-ti, libri.

Il percorso espositivo va delineandosi in ogni mi-nimo particolare, anche se si precisa che è stato steso “per eccesso, cioè tenendo conto di ognu-no dei temi suggeriti dal gruppo di lavoro e preve-dendo quindi di esporre tutto il materiale relativo. Si può legittimamente pensare di ridurre il ma-teriale esponibile senza tuttavia impoverire la mostra; ad es. senza pre-vedere necessariamente che per ogni sezione ci sia una bacheca…”.

Secondo questo proget-to il percorso espositivo verrà diviso in 16 sezio-ni. Lo schema parte dallo studio storico/scientifi co di Giuseppe Garimoldi e Angelo Recalcati con il contributo di Revoje-ra. La prima parte ha la funzione di introdurre alla mostra indicando la profondità delle radici. “La frequentazione della montagna, che prenderà il nome di alpinismo, non è il capriccio di benestan-ti annoiati, ma la risposta al richiamo di bellezza e di conoscenza del terri-torio”, annotano i curato-ri-progettisti.

Il documento presentato da Garimoldi e Recalcati fa riferimento alla Grigna nel disegno di Leonardo, a fi gure di spicco come il botanico Vandelli, Er-menegildo Pini autore di “Dell’elevazione dei prin-cipali Monti e di diverse altre parti della Lombar-dia Austriaca”), Lazzaro Spallanzani sui monti dell’Alto Lario. Si pro-pongono citazioni brevi e signifi cative da riportare su pannelli o direttamente sul muro (esempio: “…da una parte tutta la catena delle Alpi e dall’altra la bella città dominata dal Duomo i cui intagli sem-brano cristalli incavati nel ghiaccio”, frase di John Ruskin in Praeteri-ta). Non potrà mancare il panorama di E. F. Bossoli delle Alpi dal Duomo, la veduta del M.Rosa dal Duomo al tramonto dopo un temporale di J. Ruskin in “Modern Painters”, l’acquerello di Estella Canziani dal tetto del Duomo in “Piedmont”.

“Si potrebbe allestire un settore coi suoi numerosi e spettacolari panorami e

con la serie di quadri ap-partenenti alla sezione di Bergamo”, scrivono Ga-rimoldi e Recalcati. E in effetti la sezione denomi-nata “Il lungo sguardo” sarà tra le più apprezza-te e spettacolari. Tra le fonti raccomandate Gia-como Cavaleri, l’album fotografi co “Nell’alta Valtellina, 1889”, Ric-cardo Piatti Album sez. di Como 1884-1885, Giacomo Cavaleri, al-bum fotografi co Nelle Alpi Retiche 1891/92, Paolo Prudenzini, album fotografi ci delle mon-tagne lombarde, 1889 e seguenti. Ci si sofferma poi sull’opera di Alfredo Corti, sulle Scuole di al-pinismo, sull’attività di soci fuoriclasse: Cassin, Bonatti, Mauri, Buscaini.

Si sottolinea come il CAI lombardo sia stato promotore e catalizzatore di attività alpinistico-e-scursionistica popolare con particolare riferimen-to alla Società “Gamba Bona” da cui discende la SEM, “Società Escursio-nisti Milanesi”. E si cita-no la“Compagnia alpina fra gli operai di Lecco” (1883), prima società al-pina a proclamarsi opera-ia. Nel 1898 prese il nome di “Società Alpina Ope-raia, Antonio Stoppani”; UOEI, “Unione Operaia Escursionisti Italiani”; AAPE (APE), “Associa-zione Antialcolica Prole-taria Escursionisti”.

Il preventivo provviso-rio prevede un budget di 50.000 euro +IVA. Gli in-contri si susseguono nella nuova sede del CAI in via Duccio di Boninsegna di-ventato il quartier genera-le della rassegna. Nuove idee germogliano…

E arriviamo al 2013. Entro fi ne gennaio si fi s-sa la consegna dei testi per catalogo, il 1 febbra-io iniziano le pratiche amministrative, mentre entro il 15 febbraio va ultimata la versione defi -nitiva del progetto esecu-tivo dell’allestimento. Il 1° marzo è l’inizio della redazione testi del mate-riale descrittivo (pannelli 70x100, didascalie, tabel-le, ecc.) e loro consegna progressiva al laborato-rio per la realizzazione. Entro marzo: chiusura pratiche amministrative (Provincia, assicuratore, ecc.), acquisizione pro-grammazione cinemato-grafi ca (a cura di Piero Carlesi e Pino Brambil-la), il 10 aprile fi ne della produzione del materia-le descrittivo (pannelli 70x100, didascalie, tabel-le ecc.)

Dal 4 al 13 maggio si provvede all’allestimen-to, il 16 maggio l’inaugu-razione. ■

Cronistoria di un grande evento

Segue da pagina 1

Il primo distintivo, ricamato su stoffa, degli istruttori della Parravicini (fi ne anni ‘30)

Per anni, in primavera, la scuola Parravicini si è trasferita in Valtellina al rifugio Tartaglione-Crispo dove (foto a sini-stra) un gruppo di allievi e istruttori posano con ironica spavalderia.

Qui sotto Carletto Negri fa lezione di topografi a e orien-tamento.

Numerose le occasioni di incontro con gli sponsor: qui il presidente Giorgio Zoia e Lorenzo Revojera incontrano ad Albizzate (Varese) il project manager della Vibram Jerome Bernard (a destra)

Personalità

Alla scuola dell’infl essibile CarlettoLa mostra allo Spazio Oberdan ha reso omaggio all’amatissimo direttore della Parravicini, fucina milanese di grandi alpinisti, ai cui “frammenti di vita alpina” ha recentemente ridato vita Marco Dalla Torre

In 12 capitoli e 245 immagini i temi della mostra vengono elaborati nel volume in grande formato, testimonianza di quanto la Lombardia sia legata alle sue montagne

Carletto Ne-gri impegna-to sui graniti della Rasica, in Valtellina.

Vi siete persi la mostra? Peccato. Un rimedio tuttavia c’è. Gran parte del-la rassegna “La Lombardia e le Alpi” continua a vivere nelle 128 pagine del catalogo in formato 23x28 cm, prezzo di copertina: 25 euro (22 per i soci del Cai). La proprietà artistica e letteraria è della Sezione di Milano del Club Alpino Italiano che ha curato l’organizzazione dell’evento e di AG Bellavite srl, Mis-saglia (Lc).

Il volume, curato da Roberto Serafi n, approfondisce in 12 capitoli i temi della mostra con una serie di saggi e 245 im-magini, molte delle quali inedite. Dopo le presentazioni del presidente generale del Cai Umberto Martini, del presiden-te della Provincia Guido Podestà, del vice presidente e assessore alla cultura Novo Umberto Maerna, del presidente del Cai Lombardia Renata Viviani e del presidente della Sezione di Milano (che ha organizzato la mostra) Giorgio Zoia, il libro descrive le varie aree espositive dell’allestimento curato dall’architetto Lorenzo Serafi n, coordinatore Lorenzo Revojera, storico e socio benemerito del Club alpino milanese.

Il catalogo, analogamente alla mostra,

vuole essere anche lo specchio dell’ope-rosità lombarda che trova riscontro nella frequentazione sportiva della montagna: fra le curiosità va annoverato il “Ram-pichino”, prototipo di mountain bike lanciato a Milano con una grande cam-pagna pubblicitaria negli anni Ottanta, le scarpette da arrampicata “airlite” con cui i sassisti della Val di Mello hanno man-dato in pensione i vecchi scarponi, il cu-rioso “arpione Roseg” commercializzato negli anni Trenta dalla Sezione Valtelli-nese del CAI che ha innovato la tecnica dell’arrampicata su ghiaccio.

Un capitolo a parte è dedicato a nove “banche della memoria” che fanno della Lombardia una delle regioni più legate culturalmente e storicamente alle mon-tagne grazie anche alla sua posizione centrale rispetto all’arco alpino. E’ co-munque dall’archivio della Sezione di Milano e dalla prestigiosa annessa Bi-blioteca “Luigi Gabba” che proviene la parte più consistente del materiale espo-sto allo Spazio Oberdan. Nel cospicuo elenco dei prestatori fi gurano il Museo Nazionale della Montagna, il Museo del-la Scienza e della Tecnica, il Palamonti di Bergamo, la Sezione Valtellinese, la

Società Escursionisti Milanesi. Molte opere, come si può desumere

dal catalogo, provenivano da collezioni private: tra queste le rarissime mappe dei cartografi Laura e Giorgio Aliprandi, manoscritti e cimeli conservati da Ange-lo Recalcati, il celebre Duomo di Milano dipinto da Dino Buzzati messo a dispo-sizione da Almerina Buzzati.

Nove saggi affrontano nel volume i temi della mostra attraverso le testimo-nianze di eminenti storici e specialisti: Lorenzo Revojera (nascita dell’associa-zionismo sportivo), Angelo Recalcati (paura, desiderio, conoscenza e avven-tura, ovvero i pilastri del nostro andare per monti), Marco Dalla Torre e Anna Girardi (letteratura d’alta quota nella regione lombarda), Lorenzo Viganò (il ruolo di Dino Buzzati nel diffondere i

valori della montagna), Pino Capelli-ni (storie e miti delle Orobie), Eugenio Pesci (le Grigne quale laboratorio verti-cale), Giuseppe Garimoldi (le più belle immagini delle Alpi della Lombardia), Laura e Giorgio Aliprandi (la scoper-ta delle montagne lombarde attraverso gli antichi cartografi ), Giuseppe “Popi” Miotti (la Val di Mello, culla del nuovo alpinismo) e Daniele Redaelli (la grande lezione di Riccardo Cassin).

Le pagine del catalogo si affacciano infi ne sul territorio alpino della regione con le prestigiose immagini di due gran-di fotografi lombardi: il valtellinese Al-fredo Corti (che è stato ricordato nella mostra con un documentario e una serie di immagini in 3D risalenti ai primi anni del secolo scorso) e il bergamasco Tito Terzi. ■

Pubblicazioni

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Gli accademici del CAI l’hanno “volu-ta” come socia ad honorem soltanto un anno prima che morisse, nel 1999. Allo Spazio Oberdan, tra gli accademici, la milanese Ninì Pietrasanta (1909-2000) ha in qualche modo “bucato lo schermo” grazie al ritratto a olio dipinto nel 1937 (Ninì era in dolce attesa) dalla mamma di

suo marito Gabriele Boccalatte Evange-lina Alciati, eccellente pittrice torinese. Accanto a lei non poteva mancare, in una rara immagine, Mary Varale, altra signo-ra del sesto grado, immortalata al rifugio Porta nel 1929 con Emilio Comici.

La fi gura di Ninì Pietrasanta è stata messa in luce allo Spazio Oberdan anche

nel corso di una conferenza con lo storico Stefano Morosini , come si riferisce in que-ste pagine, che le dedicherà una “voce” nell’Enci-clopedia Treccani, e di Gigi Giusti-niani, impegnato nella realizzazio-ne di un “corto” confezionato in

parte con il materiale fi lmato e le tante immagini lasciate da questa intrepida ragazza milanese, la cui fi gura emerge dalle pagine dell’unico suo libro, Pelle-grina delle Alpi, ripubblicato in forma anastatica nella collana del CAI I Pionie-ri. Un libro che in quegli anni di autar-chia schiude nuovi orizzonti all’universo femminile.

“Una gentile fanciulla”, così viene de-scritta l’autrice del libro in una recensio-ne sullo Scarpone del 16/9/34, “difen-de la propria passione nei confronti di un’opposta tendenza che vorrebbe vede-re la donna vera solo sotto l’aspetto di un fi orellino ovattato, privo di energie e di colore, e senza un carattere e una propria personalità. E lei sa di tendere contro chi osa scandalizzarsi di un bel corpicino ru-demente vestito, di due piedini calzati da grossi ferrati scarponi o di un insieme di vestimenta che possono contrastare con la moda corrente”.

Ninì non si lascia incantare dai galanti riferimenti a quei fi orellini di campo e, tostissima, scala per prima con il com-pagno Gabriele Boccalatte, diventato nel 1936 suo marito, la parete sud dell’Ai-guille Noire di Peuteret.

Impara ad arrampicare con la guida Giuseppe Chiara di Alagna e si lega alla corda di alpinisti del calibro di Vitale Bramani, Alberto Rand Herron, Leopol-do Gasparotto oltre che, ovviamente, a quella di Boccalatte. Cessa la sua attivi-tà alpinistica alla morte del marito (il 24 agosto 1938 all’Aiguille du Triolet) con

il quale ha avuto un fi glio, Lorenzo. Va segnalato che Nini ha avuto l’onore

di essere inserita nel 2004 tra le italiane illustri nei tre volumi distribuiti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sul-le donne “di maggior rilievo nella storia d’Italia, dall’Unità a oggi”. Un onore toc-cato anche a un’altra celebrità femminile dell’alpinismo meneghino, Maria Mary Gennaro (1895-1963), moglie di Vittorio Varale, giornalista sportivo della Stampa esperto di alpinismo. Compagna di sca-late di Cassin, Comici, Tita Piaz, Mary frequentò a lungo le Grigne. La via Mary è la dedica che Cassin volle dare in suo onore a un itinerario che avevano aperto insieme nel 1931 sulla Guglia Angelina.

Mary Varale, nonostante le 217 ascen-sioni compiute, alcune anche in solitaria, ha avuto problemi con la “parrocchia” del Club alpino rinunciando a far par-te, in una vibrante lettera di protesta al presidente della Sezione di Belluno, a “questa compagnia di ipocriti e di buffo-ni” scegliendo per giunta la clandestinità durante il periodo di Salò e della guerra civile, mentre suo marito Vittorio è stato radiato dalla professione giornalistica per indegnità, cioè per antifascismo.

La candidatura di Mary fu respinta nel 1966 dal presidente del CAAI Ugo di Vallepiana che a sua volta, nel 1938, era stato espulso dal CAI “arianizzato” per-ché ebreo in ossequio alle famigerate leg-gi razziali. Soltanto nel 1977 l’assemblea del CAAI si espresse a larga maggioran-za per l’ammissione delle donne. ■

Ritratti 7la Lombardia e le Alpi - Novembre 2013

Curiosità

Qui accanto Ninì si fa bella in rifugio: lei stessa ha titolato la foto “Civette-rie montanine”.Nella foto a destra una rara immagine di Mary Varale al rifugio Porta con Emilio Comici nel 1929

Le incomprese signore del sesto gradoLe milanesi Nini Pietrasanta e Mary Varale si collocarono ai vertici dell’alpinismo negli anni Trenta. Ma l’uffi cialità del CAI non le tenne in considerazione. Fu soltanto nel 1977 che l’assemblea generale del Club accademico si espresse a larga maggioranza per l’ammissione delle donne

Alpinismo femminile

Un salto indietro di mezzo seco-lo di impone. Il mondo anche per gli alpinisti si fa piccolo in quel 1967, mentre nelle piazze sta per dilagare il Sessantotto. La Federazione sovietica per l’alpinismo annuncia un’Alpiniade nel Pamir, di norma inaccessibile per motivi politici. Che cosa desiderare di più? Da Milano si muove una piccola spedizione con Emilio Frisia, Giorgio Gualco e il minuscolo Nino Oppio (1906-1982), uomo deciso e caparbio come pochi.

I tre accademici arrivano in vetta al Picco Lenin, 7134 m, suscitando l’am-mirazione e la simpatia di tutte le altre delegazioni presenti all’Alpiniade. Op-pio stabilisce un primato: è l’alpinista più anziano. Nel 1973, a 67 anni, farà di meglio superando il sesto grado del-la via Cassin al Badile, ma la sua fama sarà offuscata dallo stesso Cassin che nel 1987, alla soglia degli ottant’anni, festeggia il mezzo secolo dalla prima ascensione ripetendo la sua storica via, sia pure accontentandosi del ruo-lo di secondo di cordata. Particolare

importante: le vie tracciate da Op-pio sono ancora di frequente al centro dell’attenzione dei moderni climber. Matteo Piccardi, ragno di Lecco, ha “liberato” il 18 luglio la via Oppio al Sasso Cavallo, nelle Grigne. “Da un po’ di tempo mi frullava in testa l’idea di andare a verifi care personalmente i due passi di artifi ciale sulla Oppio. Leggo e rileggo la relazione, parlo

con Gerri che ne aveva tentato la libe-ra anni fa... Metto via informazioni e lascio il tutto a maturare per benino”, scrive nel suo blog ora che il problema è stato brillantemente risolto. ■

Per partecipare all’Alpiniade organizzata nel ‘67 dalla Federazione sovietica da Mila-no si muove una piccola spedizione con Oppio, Emilio Frisia, Giorgio Gualco...

L’arpione Roseg, prestito della Sezione valtellinese del CAI

Accademici

Di qui passò il caparbio Nino OppioLe vie di roccia dell’accademico milanese vengo-no ripetute ancora oggi e in alcuni casi “libera-te” come di recente al Sasso Cavallo

La più bella storia d’amore dell’alpinismo di tutti i tempi sta per arrivare sugli schermi. E’ la storia di Ninì Pietrasan-ta (1910-2000), una ragazza milanese che, attratta dal fa-scino irresistibile della mon-tagna, compì negli anni Tren-ta imprese eccezionali con l’animo di un’innamorata. A rubarle il cuore fu Gabriele Boccalatte un bel ragazzo to-rinese, pianista di valore ma soprattutto alpinista tra i più quotati dell’epoca.

E’ una ragazza come tante Ninì, che non vuole compe-tere, ma solo essere se stessa. O almeno, questo sostiene nel suo libro “Pellegrina del-le Alpi” di recente ripubbli-

cato dal Cai in versione ana-statica.

L’incanto alpino che lei stessa si è creata con le sca-late va in pezzi però con la morte del suo Gabriele nel 1938. E’ a quel punto che Ninì volge le spalle alla montagna e, quasi sdegnata, chiude con l’alpinismo per dedicarsi al suo bambino, Lorenzo. Che diventerà gran-de senza mai avere conosciu-to il padre e, soprattutto, sen-za essere messo a parte della straordinaria passione che legava i suoi genitori all’al-pinismo.

Il fi lm, attualmente in lavo-razione, è stato presentato il 12 giugno allo Spazio Ober-

dan: uno dei tanti eventi collaterali (proiezioni e con-ferenze) che si sono accom-pagnati alla mostra per tutta la durata della sua apertura grazie anche alla collabo-razione della Commissione culturale e della Commissio-ne cinematografi ca del CAI Milano.

A raccontare Ninì Pietra-santa e il suo mondo ha prov-veduto Stefano Morosini, storico dell’alpinismo, au-tore del saggio “Sulle vette della patria” (Franco Angeli editore, 2009) e di una bio-grafi a della celebre alpinista milanese d’imminente pub-blicazione per l’Enciclopedia Treccani.

A sua volta ha riferito sulle riprese del fi lm Gigi Giu-stiniani, videomaker con esperienze nel campo della cinematografi a di montagna, regista e sceneggiatore.

Sul documentario (su inter-net fi lmnini.wordpress.com) è in fase di realizzazione con il contributo della Valle d’Aosta Doc-FF Film Fund, e su alcuni suoi aspetti or-ganizzativi si sono espressi rappresentanti del Centro valdostano La Fournaise che si occupa della produzione con la milanese Lomar sas alla quale si devono i fi lm “Il tarlo” con Armando Aste e “Guardiano di stelle” con Oreste Forno.

Per partecipare alla produzioneSi può sostenere la realizzazione del fi lm su Ninì Pietrasanta con un con-

tributo libero sul conto corrente intestato a “La Fournaise” al seguente IBAN:IT05M030697684510725298262 indicando quale causale “Progetto fi lm Ninì”.

Anteprima Un fi lm sulla pellegrina delle Alpi L’incontro allo Spazio Oberdan fra lo storico Stefano Moro-sini e il regista Gigi Giustiniani

La vetta? Un’invenzione lombarda. Così era intito-lato sul Corriere della Sera del 30 giugno 2013 un in-teressante articolo di Paolo Marelli. Prendendo spunto dalla mostra allo Spazio Oberdan, il giornalista pas-

sava in rassegna i diversi contributi dell’imprendito-ria lombarda all’evoluzione dell’andare in montagna. Parola d’ordine: garanti-re la sicurezza. Ecco allora la famosa suola di gomma Vibram che nel 1937 per

merito di Vitale Bramani soppiantò le suole chioda-te, ecco le mitiche tende da campo Moretti adottate dal-le grandi spedizioni, ecco il geniale “arpione Roseg” inventato nel 1935 da Lu-igi Bombardieri, banchie-re di Milano trapiantato in Valtellina, per agevolare la progressione su ghiaccio, ecco i primitivi sistemi di imbragature escogitati dai bergamaschi Farina e Cale-gari. Ed ecco ancora le tante innovazioni introdotte della Camp di Premana azienda leader nel mondo per mo-schettoni, ramponi, piccoz-ze. Di tutto questo c’erano eloquenti testimonianze alla mostra. Con in più una bici diventata un feticcio: il famoso Rampichino di Ci-nelli che nel 1985 spalancò agli appassionati di ciclismo i paradisi della mountain bike. Anche questa un’in-venzione tutta lombarda, anzi milanese.

Lombardi all’avanguardia anche nell’attrezzatura

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Novembre 2013 - la Lombardia e le Alpi8

L’impegno dei volontari che hanno dato vita alla mostra allo Spazio Oberdan sarebbe stato vano senza i determinan-ti contributi della Provincia, della Sede centrale del CAI e degli sponsor che hanno so-stenuto il progetto mostrando sensibilità e lungimiranza.

All’appello lanciato dal Comitato organizzatore ha prontamente risposto il Co-bat, l’organizzazione che in-terviene quando le batterie di accumulatori elettrici e i pan-nelli fotovoltaici terminano il loro ciclo attivo. E sempre sul versante dell’ecologia, al-tre due organizzazioni hanno voluto porre un prestigioso sigillo alla mostra: si tratta di Comieco, struttura impegnata nella raccolta differenziata e nel riciclo dei rifi uti prodotti dai grandi fl ussi turistici che interessano la montagna; e di Corepla che opera affi nché gli obiettivi, fi ssati dalla di-rettiva 94/62 recepita in Italia con il Decreto Ronchi, siano

raggiunti in modo effi ciente ed economico intervenendo all’interno della “fi liera plasti-ca” per coinvolgere i cittadini e le imprese.

Due istituti di credito presti-giosi sono venuti incontro agli organizzatori allargando il tanto che basta i cordoni della borsa: il Credito Valtellinese e la Fondazione Cariplo.Vi è stato poi il contributo de-terminante della Fondazione AEM che ha condiviso oneri e obbiettivi di questa iniziati-va, in affi nità a quanto assi-duamente si realizza presso lo Spazio dell’Energia a Milano.

Nel campo degli attrezzi e degli articoli sportivi, tre i contributi signifi cativi: quel-lo della Camp di Premana (Lecco) i cui prodotti rac-chiudono 125 anni di storia grazie all’impegno di quattro generazioni d’imprenditori; quello di Montura, prestigio-sa azienda di abbigliamento tecnico sportivo e quello di AlpStation il cui emporio a

Milano è meta di appassio-nati di montagna. Anche la Vibram era ovviamente rap-presentata nel percorso espo-sitivo dal momento che risale al 1937 la prima suola per scarpe da montagna battez-zata “carrarmato”, ideata da Vitale Bramani.

Per il ruolo tecnico vanno citati in particolare Modo Al-lestimenti per l’insostituibile supporto non solo allestiti-vo, la società Hortus che, ha fornito hardware e software per effettuare il monitorag-gio climatico dello spazio Oberdan durante la mostra, e ClickAlps che ha concesso l’uso del bello scatto di Ro-berto Ganassa come immagi-ne dell’evento.

Non va infi ne dimenticata la collaborazione della fabbrica di biciclette Cinelli che ha messo in mostra un prototipo del Rampichino, la mountain bike che proprio a Milano diede il via alla pratica dell’e-scursionismo ciclistico. ■

Il determinante contributo degli sponsor

Dietro le quinte

Se un mese e 20 giorni, questo il bre-ve lasso di tempo in cui La Lombardia e le Alpi è rimasta aperta allo spazio Oberdan, sono sembrati pochi a chi che avrebbero desiderato visitarla ma non ha trovato il momento giusto, a partire da dicembre 2013 è possi-bile effettuare sul web una visita virtuale della mostra.

A pochi giorni dalla chiusura è giunta quasi inaspettata la pro-posta di un socio e appassionato fotografo di realizzare una serie di “fotografi e immersive” del per-corso allestitivo, che consentissero di ripercorrerne gli spazi, e la ricca sequenza di opere e di oggetti che allo scadere del tempo sono stati riconsegnati agli enti e ai singoli prestatori.

Domenica 7 luglio alle ore 18, allo scoccare del tempo di chiusura, Mauro Tondelli assieme al suo collega Claudio Lepri hanno effettuato le riprese di tutte le immagini che poi Mauro ha elaborato in questi mesi in forma di visita virtuale: il lavoro di ricostruzione fotografi ca non si è limitato alla semplice riproposizione in sequenza delle foto panoramiche dei vari ambienti, ma ha trasformato il per-corso una sorta di “iper-testo” nel quale,

attraverso una serie di aree cliccabili, è possibile visualizzare in formato piano e leggibile molti degli oggetti contenuti nelle vetrine oltre che tutta la sequenza dei pannelli tematici.

Il risultato sembra rispondere bene all’esigenza di creare un “sito vetrina”, che illustri e promuova i contenuti della mostra: uno spazio di informazione e di promozione che la sezione CAI di Mila-no propone all’interno della comunica-zione web sezionale, con caratteristiche grafi che e architettura web del tutto pe-culiari.

I contenuti proposti e la loro possibile, auspicabile implementazione in chia-

ve culturale alpinistica, evidenziano il ruolo della sezione CAI Milano quale capofi la di un evento culturale nato con il patrocinio della presidenza del CAI nazionale e in particolare di quello lom-

bardo che, riproponendoa distanza di pochi mesi dalla manifestazio-ne, la creazione di questo nuovo strumento di comunicazione inten-de rilanciare il ruolo della mostra quale terreno di incontro e di dia-logo fra le sezioni del Club Alpino Italiano.

E’ bello anche immaginare che il percorso virtuale possa continua-re e che oltre le sale dello spazio Oberdan ci siano molte altre “stan-ze” ancora da esplorare: un’ope-razione possibile proprio grazie alla disponibilità di un ampio pa-

trimonio storico culturale che le nostre sezioni custodiscono e hanno mostrato di saper condividere.

E’ proprio a partire dai testi e dalle im-magini provenienti dalle nostre bibliote-che sezionali che si può attingere per le molte mostre ancora da raccontare; mo-stre che potranno essere virtuali grazie a elaborazioni informatiche come questa, ma anche reali, per divulgare un nostro pezzo forte: la cultura dell’alpinismo.

News dal web E la mostra diventa virtuale

la Lom

bard

ia e

le A

lpi

La Lombardia e le Alpinel 150° anniversario della fondazione del Club Alpino Italiano 1863-2013

Spazio Oberdan, viale Vittorio Veneto 2, Milano 17 maggio – 7 luglio 2013In collaborazione con:

Assessorato alla Cultura della Provincia di Milano Presidente della Provincia di Milano Guido Podestà Vice Presidente e Assessore alla CulturaNovo Umberto MaernaDirettore del Settore Cultura e Beni CulturaliClaudio Martino

Con il patrocinio:Presidenza Generale del Club Alpino Italiano Gruppo Regionale Lombardo CAI

A cura della:Sezione di Milano del Club Alpino Italiano

Proprietà artistica e letteraria:Sezione di Milano del Club Alpino Italiano, maggio 2013.

Comitato scientifi co:Pino Brambilla, Piero Carlesi, Giuseppe Garimoldi, Angelo Recalcati, Lorenzo Revojera

Comitato organizzatore:Anna Girardi, Davide Necchi, Marco Polo, Lorenzo Revojera (coordinamento), Angelo Recalcati,Lorenzo Serafi n, Roberto Serafi n

Progetto dell’allestimento e grafi co: Lorenzo Serafi n

Catalogo a cura di:Roberto Serafi n

Saggi di:Laura e Giorgio Aliprandi, Marco Dalla Torre, Pino Capellini, Giuseppe Garimoldi, Anna Girardi, Eugenio Pesci, Angelo Recalcati, Daniele Redaelli, Lorenzo Revojera, Lorenzo Viganò

Ricerca storico/iconografi ca:Marco Polo, Renato Lorenzo, Tiziano Lozza, Ezio Furio, Stefano Gusmeroli

Proprietà artistica e letteraria:Sezione di Milano del Club Alpino Italiano, maggio 2013.

Progetto grafi co e impaginazione:A&B, Besana in Brianza (MB)

Prestampa digitale, stampa e legatoria:GreenPrinting® A.G.BELLAVITE srl, Missaglia (Lc)Allestimento:Modo Allestimenti - Busto Arsizio

Stampe e supporti grafi ci:Colore Due - Milano

Unico Elements - Verona

Sonorizzazione:Fulvio Binetti / Bintmusic - Milano

Food & drink:Vinile - Milano

Manichini:La Rosa - Milano

Monitoraggio ambientaleHortus - Legnano

Collaborazione all’allestimento:Silvia Alfano, Alberto Castiglione, Davide Necchi, Sergio Pasqual, Filippo Podestà

Comunicazione e Uffi cio stampa:Gabriele Zerbi (Uffi cio stampa CAI Milano) Marco Piccardi (Uffi cio stampa Provincia di Milano/Cultura)

Project management:Fabrizio Giussani

Assicurazione:Nationale Suisse S.p.A.

Prestatori:CAI sezione di Milano: Biblioteca della montagna “Luigi Gabba” e Archivio storico-fotografi co CAI Sede Centrale e Cineteca Nazionale CAI, SEM - Società Escursionisti Milanesi,CAI sezione di Bergamo, CAI sezione Valtellinese - Sondrio, CAI sezione di Bovisio Masciago, Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia

Leonardo da Vinci - Milano,Museo Nazionale della Montagna - Torino,Archivio Casa Buzzati, Archivio Rosminiano - Stresa, Archivio Bertacchi - Chiavenna, Archivio Antonia Pozzi - Pasturo (Lc), Fondazione Bombardieri - Sondrio, Cinelli Genuine Merchandising, Ragni di Lecco, Laura e Giorgio Aliprandi, Lorenzo Boccalatte, Marco Dalla Torre, Franca Frisia, Mario Giacherio, Alessandro Giorgetta, Giuseppe “Popi” Miotti, Architetti Jacopo Muzio e Guido Boroli, Marco Polo, Angelo Recalcati, Guido Scaramellini, Roberto Serafi n

Hanno collaborato le seguenti sezioni lombarde del CAI:Abbiategrasso, Aprica , Besana in Brianza, Bovegno, Bozzolo, Brugherio, Cantù, Carate Brianza, Cassano d’Adda, Castellanza, Chiavenna, Cinisello Balsamo, Codogno, Cornaredo, Crema, Erba, Gallarate, Gazzada Schianno, Giussano, Gorla Minore, Lovere, Luino, Mantova, Merone, Muggiò, Olgiate Olona, Paderno, Parabiago, Romano di Lombardia, Saronno, Sesto Calende, Sondrio, Tradate, Varese, Vedano, Vigevano, Villa Carcina

Si ringraziano:Orazio Boffa, Luciano Calabrò, Cinzia Casali, Roberto De Martin, Franco Donati, Claudio Ferri, Lucia Foppoli, Roberto Ganassa, Annalaura Gatto, Tiziano Giussani, Giusy Gobbi, Matteo Gregorietti, Carlo Lucioni, Rolly Marchi, Marco Mazzoleni, Roberto Moiola, Lavinia Moretti, Miriam Mosetti, Erica Perolfi , Pietro Pirelli, Claudia Porta, Luca Reduzzi, Franco Ricardi, Gigi Rigamonti, Massenzio Salinas, Alberto Santi, Gaudio Saracino, Dario Sarzi, Mauro Scansi, Angelo Schena, Adriano Venturini, Renata Viviani, Antonella Senese, Claudio Smiraglia, Mauro Reguzzoni, Mauro Tondelli, Claudio Lepri

Si ringrazia il personale della Provincia di Milano che ha collaborato alla realizzazione della mostra

Con il supporto di:

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