malesia · 2013. 10. 9. · “minta maaf dan selamat hari raya” – chiedo perdono e felice hari...

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Al Dirigente Scolastico, al Coordinatore di Classe , al referente del progetto Intercultura. Malesia Sono partita dall’Italia il 18 luglio, con gli altri ragazzi di Intercultura, e sono arrivata il giorno seguente, dopo un infinito viaggio in aereo, all’aeroporto di Kuala Lumpur. Come descrivere l’emozione del momento, la felicità di avercela fatta, essere stata scelta per questa avventura e allo stesso tempo la paura, il timore di potercela non fare, la nostalgia di casa e degli amici? No, non la si può descrivere, la si può immaginare ma VIVERLA, davvero, è un’altra cosa. Io e gli altri ragazzi italiani all’aeroporto di Roma, pronti alla partenza. I primi tre giorni li ho passati in un hotel insieme a tutti i ragazzi provenienti da Mondo. Lì i volontari di AFS ci hanno fatto un corso accelerato sulla Malesia: un insieme di etnie, culture, cibi, costumi e tradizioni. Qui infatti

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  • Al Dirigente Scolastico,

    al Coordinatore di Classe ,

    al referente del progetto Intercultura.

    Malesia

    Sono partita dall’Italia il 18 luglio, con gli altri ragazzi di Intercultura, e sono arrivata il

    giorno seguente, dopo un infinito viaggio in aereo, all’aeroporto di Kuala Lumpur.

    Come descrivere l’emozione del momento, la felicità di avercela fatta, essere stata scelta

    per questa avventura e allo stesso tempo la paura, il timore di potercela non fare, la

    nostalgia di casa e degli amici? No, non la si può descrivere, la si può immaginare ma

    VIVERLA, davvero, è un’altra cosa.

    Io e gli altri ragazzi italiani all’aeroporto di Roma, pronti alla partenza.

    I primi tre giorni li ho passati in un hotel insieme a tutti i ragazzi provenienti

    da Mondo. Lì i volontari di AFS ci hanno fatto un corso accelerato sulla

    Malesia: un insieme di etnie, culture, cibi, costumi e tradizioni. Qui infatti

  • convivono pacificamente malesi (musulmani), cinesi (per lo più buddisti),

    indiani ( quasi sempre induisti) e le popolazioni indigene che abitano nei

    villaggi nella parte del Paese che si trova nell’isola indonesiana.

    Il secondo giorno nell’hotel i volontari AFS ci hanno portati a fare un tour a

    Kuala Lumpur, la capitale. Una città moderna e ben organizzata, che offre

    mezzi di trasporto comodi ed efficienti e intrattenimenti unici. Qui abbiamo

    visitato i luoghi di maggior interesse come China Town o le famosissime

    Petronas Towers.

  • Il terzo giorno ci hanno chiamati, Paese per Paese, su un palco per,

    finalmente, presentarci le famiglie che hanno deciso di aprire le loro case a

    noi, coraggiosi studenti che hanno scelto la Malesia, Paese così poco o male

    conosciuto.

    E con questo apro una parentesi: quando in Italia dicevo che avrei passato un

    anno qui, nella Terra di Sandokan, la reazione della gente era: “E dove si

    trova? In Africa?” o, forse peggio ancora: ”E a fare che? Parlano una lingua

    sconosciuta e sono arretrati, vai negli USA almeno impari qualcosa.” Voglio

    subito sfatare questi miti. L’ottanta per cento, se non più, della popolazione

    parla un inglese perfetto; solo nei villaggi la gente parla solo Bahasa Melayu

    (malese), Cinese o Tamil, e pure lì le nuove generazioni capiscono e posso

    sostenere discorsi in inglese. E.. arretrati! Io abito a Shah Alam, città che

    trasuda novità e progresso da tutti i pori. E, detto senza giri di parole, è

    meglio organizzata e offre molte più attrazioni e intrattenimenti della

    maggior parte delle città italiane, in primis Messina. Per esempio l’I-City: un

  • parco, o meglio una piccola città famosa per le luci che la illuminano la notte.

    Ecco delle foto:

  • Tornando al giorno in cui ho incontrato la mia famiglia ospitante; avevo già

    ricevuto in Italia il loro fascicolo, quindi di nome e di aspetto li conoscevo, e

    con Thashini, la sorella più grande, avevo parlato svariate volte via Facebook.

    Tuttavia vederli dal vivo.. tutta un’altra cosa. Mi sentivo emozionata ed

    agitata come se stessi per incontrare qualche VIP del cinema! Loro erano lì

    seduti davanti a me, che mi sorridevano e mi salutavano, e io impaziente,

    non vedendo l’ora di potergli parlare di persona. Il capo AFS Malaysia ci ha

    fatto scendere dal palco per poi richiamarci, a uno a uno, insieme alla

    famiglia che ci era stata assegnata. E per tutto il tempo ho pensato “come

    devo salutarli?”. Il saluto musulmano? O forse solo una stretta di mano?

    E invece mi hanno abbracciata. E’ stato come se una voce dentro di me

    dicesse “Bianca, questa è la TUA famiglia.” E ora, dopo due mesi, lo posso

    proprio dire: questa è la MIA famiglia.

    E’ una chindian family, mio padre è indiano e mia madre è cinese. I figli (

    cindiani quindi!) sono Thashini, di 16 anni, Kirtanas, una bambina di 6 anni e

    Nolwenn, bimbo di 4.

    Nella foto ai due estremi la mia mamma e il mio papà malesi, l’uomo che indossa la

    maglietta gialla è il capo AFS Antarabudaya Malaysia (Intercultura Malesia), e due

    volontarie della mia città.

  • Con noi vivono anche la cameriera dalle Filippine e la nonna indiana.

    In casa i bambini parlano solo inglese, mio padre e la nonna parlano in tamil,

    mio padre e mia madre parlano in malese, mia mamma e mia sorella parlano

    tra loro in cinese, con me in inglese. Come dire.. A dir poco fantastico!

    Il primo periodo è stato duro. Da un lato la nostalgia di casa, delle certezze di

    casa mia, dall’altro l’inglese, il mio inglese che se a scuola è discreto nella vita

    reale non lo è (o meglio, mi permetto ormai di dirlo, era). Ma pian piano ho

    imparato a muovermi, ad adattarmi alle abitudini della famiglia, a capire i

    meccanismi della casa. E ora sono parte di essa, un ingranaggio che si muove

    con tutta la macchina e che anzi, aiuta a farla muovere.

    E dopo due settimane, è iniziata la scuola.

    Il cartello,tanto odiato dagli studenti, all’entrata della scuola.

    Nella mia stessa scuola vengono un ragazzo belga, una statunitense e un altro

    italiano, anche loro studenti AFS.

  • Come funziona la scuola in Malesia? Le regole sono rigidissime: bisogna

    indossare l’uniforme ogni giorno, il lunedì anche la cravatta perché bisogna

    cantare l’inno nazionale, regionale e l’inno della scuola durante l’assemblea

    che viene tenuta nel cortile centrale ogni giorno prima dell’inizio delle

    lezioni. Per le ragazze i capelli devono essere legati se arrivano a toccare il

    colletto della camicia, è vietato tingerli o portare acconciature “particolari”, le

    unghie devono essere corte, niente smalto né trucco, vietati i tatuaggi,

    orecchini troppo grandi e gioielli di ogni tipo. Assolutamente proibiti

    apparecchi elettronici. A far rispettare queste regole ci pensano i prefetti,

    studenti identificabili dal differente colore della divisa (nella mia scuola sono

    in giallo e marrone). Loro hanno il compito di denunciare ai professori

    chiunque non segua le regole, a mantenere l’ordine durante le assemblee e la

    ricreazione e sono addetti alle perquisizioni a sorpresa nelle classi in cerca di

    cellulari. Se in una classe uno studente viene sgamato con il proprio telefono,

    tutti ne pagano le conseguenze. Sì, alcune volte più che a scuola ci si sente in

    carcere.

    Le lezioni durano 35 minuti, la ricreazione 20. La scuola inizia alle 7.30 e

    finisce alle 13.05, tranne il venerdì che finisce alle 12.30. Il sabato è festivo.

    I mesi di scuola sono da gennaio a novembre, quindi io ho iniziato ora che la

    scuola sta, diciamo, per concludersi, e continuerò il prossimo anno con la

    stessa classe. Sono ora al quarto anno scientifico.

    I primi tre anni consistono in studi generali, alla fine dei quasi si può

    scegliere se continuare con studi scientifici o economici: Science (in malese

    Sains) o Art – anche se in realtà è economia – (Sastera). Alla fine del terzo

    anno si tiene un esame che serve a dividere in classi gli studenti (che per

    esempio hanno scelto lo scientifico) a seconda delle valutazioni: i migliori

    studenti andranno nella classe 4 Sains 1 (la mia classe), poi c’è 4 Sains 2 e così

    via fino a 4 Sains 9. Se le valutazioni del quarto anno migliorano si può

    andare, per l’ultimo anno di scuola, nella classe di “grado superiore”, al

    contrario se peggiorano si è obbligati a passare a quella di “grado inferiore”.

    Le materie che studio a scuola sono: matematica (matematica moderna e

    aggiunta), fisica, chimica, biologia, inglese (in inglese) e malese, moral (che è

    più o meno l’equivalente della nostra ora di religione) storia ed educazione

    fisica (in malese).

  • Il nostro primo giorno di scuola.

    Eravamo tutti seduti nel cortile delle assemblee, quando, dopo quasi un’ora

    di discorso in malese riconosco la parola “AFS” e subito dopo “So, from

    Italy.. BIANCA MIDILI!” e mia sorella “stand up ! stand up!” alzati! Alzati!

    E più di 3000 occhi puntati su di me (sono davvero grandi le scuole qui, una

    media di 45 studenti per classe) e io imbarazzata all’inizio e poi sempre più

    sicura ho iniziato a salutare con la mano. Ed è scoppiato l’applauso, e così per

    me anche per gli altri ragazzi che a uno a uno (anche loro prima imbarazzati e

    goffi e poi più sicuri) sono stati presentati.

    Ecco le uniformi scolastiche:

    I miei capelli non erano legati perché non eravamo a scuola. Nella foto Edoardo, il

    ragazzo italiano, Carmen, la statunitense e un insegnante della mia scuola.

    Qui in Malesia c’è una specie di venerazione per i “bianchi”, europei o

    americani. A scuola la gente mi ferma per i corridoi, chiedendomi come sto,

    se mi piace la Malesia, per poi andare in giro dicendo “ho parlato con

    l’italiana!”. E chi non ha il coraggio di farlo mi fissa solo, per abbassare lo

    sguardo imbarazzato se mi accorgo di essere osservata, oppure passano

    davanti alla mia classe per guardarmi e salutarmi. Ma a parte questa gente

  • che è solo interessata a parlare con “Exchange student” ho conosciuto tanta

    gente che è interessata a parlare con Bianca Midili, un esempio sono i miei

    compagni di banco, una ragazza cinese e un musulmano (per metà

    marocchino), e altri ragazzi della mia classe e in giro per la scuola, tanto che

    posso dire (con una certa emozione!) di avere amici anche qui, dall’altra parte

    del mondo.

  • Ma coloro con cui davvero è bello passare il tempo sono gli altri ragazzi di

    AFS. Loro mi capiscono perfettamente, capiscono i miei disagi, tutto ciò che

    provo, provandolo loro stessi sulla loro pelle. E poi.. cosa c’è di più

    interculturale che uscire, la domenica pomeriggio, con un belga, due

    statunitensi, una francese, un ceco e un tedesco (e un altro italiano).. in

    Malesia!?

    Tra le varie attività che AFS organizza per noi, in agosto ci hanno fatto

    trasferire per cinque giorni in una famiglia malese per festeggiare l’Hari

    Raya: festa musulmana che segna la fine del Ramadan, mese durante il quale

    i musulmani digiunano (o per meglio dire mangiano solo prima e dopo il

    sorgere e il tramontare del sole). Un’esperienza unica e interessante che mi ha

    fatto scoprire il mondo dell’Islam. Non terrorismo o maschilismo, ma una

    profonda cultura e un profondissimo senso della religione. Le donne sono

    rispettate, possono lavorare, studiare e fare qualunque cosa fanno gli uomini,

    e il velo e gli abiti che coprono interamente il loro corpo sono decisioni prese

    da loro stesse prese, per sentimento religioso, e non obblighi imposti da padri

    e mariti.

  • La mia famiglia musulmana.

    “Minta maaf dan Selamat Hari Raya” – Chiedo perdono e felice Hari Raya.

    L’inchino davanti alle persone adulte è un grande segno di rispetto. Durante

    l’Hari Raya si chiede perdono per gli sbagli che sono stati commessi, non a

    Dio bensì alla gente. I giovani chiedono scusa agli adulti, che a loro volta

    chiedono perdono agli anziani, i quali sono rispettatissimi.

    Durante questa festa si vanno a visitare amici e parenti i quali offrono cibo e

    bevande. In un giorno si arrivano a visitare anche più di dieci differenti case..

    Non c’è da stupirsi, quindi, se alla fine della festa la bilancia scricchiola !!

  • Io e mio fratello malese in abiti tradizionali e la mia numerosissima famiglia (anche

    se solo per cinque giorni).

    Non racconterò nei particolari tutte le attività organizzate da AFS ma ecco qui

    qualche foto:

  • Questa foto è stata scattata durante il primo incontro: siamo tutti i ragazzi

    della mia città e la volontaria a capo del nostro gruppo. Lo stesso giorno ci

    siamo.. “esibiti”, uno a uno, nella rappresentazione della cultura presente

    nella nostra famiglia.

    Danza dei ventagli cinese, con mia mamma e le due mie sorelle!

  • E qui ci siamo incontrati a Kuala Lumpur per vedere la parata organizzata

    per festeggiare l’Hari Merdeka, il giorno dell’Indipendenza dalla

    dominazione inglese. Durante quel giorno sono pure stata intervistata da un

    giornalista, ma purtroppo non sono stata in grado di trovare il video.

  • E qui siamo stati tutti invitati a un matrimonio musulmano.

    Io indosso un Saree, abito tradizionale indiano.

  • Oppure i tre giorno a Ipoh, una città nel nord della Malesia, durante i quali

    siamo andati a scuola a insegnare inglese ai ragazzi del posto!

    Per quanto riguarda la mia vita quotidiana, mi diverto a dire che è “una

    normale vita, solo.. non normale!”

    Mia madre è un’artista e mi porta con lei a dipingere utilizzando le tecniche

    cinesi ogni martedì!

    Per il resto scuola, qualche volta esco con gli amici, qualche volta con la

    famiglia, altre volte rimango semplicemente a casa.

  • Prima di partire i volontari di Intercultura non facevano che ripetere che

    questo sarà l’anno più bello della nostra vita, e come dire, sicuramente

    pensavo sarebbe stato stupendo, ma ora.. Sì inizio davvero a crederci che lo

    sarà davvero. Mi sento esattamente dove dovrei essere, a scoprire questo

    mondo, a provare l’emozione del vivere ogni giorno qualcosa di nuovo,

    anche solo andare al supermercato è una novità. Sì, nella vita bisogna provare

    questo senso di meraviglia. Meravigliarsi delle grandi e piccole cose.

    Ma soprattutto sento la mia mente aprirsi sempre di più al diverso. In un

    primo periodo tutte queste diversità tra l’Italia e la Malesia (e sono infinite)

    mi lasciavano un po’ stordita, ma ora ho imparato a ripetere il motto di AFS

    nella mia mente: non è giusto, non è sbagliato, è differente!

    Non ha senso mangiare con forchetta e cucchiaio! Non ha senso mischiare

    primi piatti, secondi e dessert senza un ordine preciso! Non ha senso

    chiamare “zio” “zia” gente più grande che non conosci in segno di rispetto!

    No! Tutto ha senso, tutto ha un significato se nasci e vivi in un posto dove

    tutto questo lo ha. Perché viviamo in un mondo pieno di sfumature e nessuno

    di noi può permettersi di puntare il dito contro il diverso. La diversità è un

    valore, e ci da’ l’opportunità di ampliare il nostro punto di vista.

    Non giusto, non sbagliato, differente.

    Se un maggior numero di persone comprendesse questa frase vivremmo in

    un mondo migliore.

    Se considerassimo il rapporto con il diverso potremmo evidenziare tre diversi

    tipi di reazione: l’intolleranza, che è ciò in cui un gran numero di gente cade,

    per ignoranza, terrorizzata da ciò che “esce dalla normalità”, che la porta a

    reagire negativamente; la tolleranza, quando la gente sopporta questa

    “anormalità”; l’integrazione, quando la gente capisce che non esiste nulla di

    assoluto, che “normalità” è solo una parola per indicare quella base, quelle

    certezze sulle quale ci appoggiamo quotidianamente, delle quali abbiamo

    probabilmente bisogno, e non sopporta, bensì capisce, accetta e soprattutto

    rispetta la “normalità” degli altri.

    Beh.. Questo è comunque solo un mio pensiero. E mi permetto di dire che mi

    ritengo perfettamente integrata in questo mondo tanto variegato.

  • E per concludere:

    Una delle domande che mi viene posta più frequentemente è se questa mia

    scelta di vivere un anno in Malesia sia legata a qualche preciso piano per il

    mio futuro. Cosa dire, sicuramente penso che possa aprirmi nuove strade,

    possa aiutarmi a creare un futuro solido. Anche solo per le lingue: parlo

    inglese ventiquattro ore su ventiquattro, in un anno riuscirò a ad avere una,

    non dico eccellente forse, ma buona padronanza della lingua. A scuola studio

    malese e pian piano anche cinese. Tutto questo potrebbe aiutarmi. Ma no,

    non ho un piano, non ancora. Non so se vorrò tornare qui per lavorare, per

    studiare o che altro. Ecco, spero che quest’anno possa chiarirmi le idee.

    Ma non è tanto un anno PER la mia vita, principalmente è un anno DELLA

    mia vita.

    E che anno!

    Cordiali saluti,

    Bianca Midili.