2) lettura - parrocchia di san lorenzo in zogno · dell’anno liturgico, sono tratti dal vangelo...

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LUNEDÌ - 10° SETTIMANA «PER ANNUM» 1) PREGHIERA O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo... 2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12a In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi». Parola del Signore. 3) RIFLESSIONE • Da oggi, inizio della 10° Settimana del Tempo Ordinario, fino alla 21 a Settimana del Tempo Ordinario, i vangeli quotidiani sono tratti dal Vangelo di Matteo. A partire dalla 22° Settimana del Tempo Ordinario, fino al termine dell’anno liturgico, sono tratti dal Vangelo di Luca. • Nel Vangelo di Matteo, scritto per le comunità di giudei convertiti della Galilea e Siria, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, il nuovo legislatore. Nell’AT la Legge di Mosè venne codificata in cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Imitando l’antico modello, Matteo presenta la Nuova Legge in cinque grandi discorsi sparsi nel vangelo: a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1-7,29); b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1 -35); e) il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1-25,46). Le parti narrative, intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come osservava la nuova Legge e la incarnava nella sua vita. • Matteo 5,1-2: Il solenne annuncio della Nuova Legge. D’accordo con il contesto del Vangelo di Matteo, nel momento in cui Gesù pronuncia il Discorso della Montagna, c’erano appena quattro discepoli con lui (cf Mt 4,18-22). Poca gente. Ma una moltitudine immensa stava dietro di lui (Mt 4,25). Nell’AT, Mosè salì sul monte Sinai per

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LUNEDÌ-10°SETTIMANA«PERANNUM» 1) PREGHIERA

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12a In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi». Parola del Signore. 3) RIFLESSIONE • Da oggi, inizio della 10° Settimana del Tempo Ordinario, fino alla 21 a Settimana del Tempo Ordinario, i vangeli quotidiani sono tratti dal Vangelo di Matteo. A partire dalla 22° Settimana del Tempo Ordinario, fino al termine dell’anno liturgico, sono tratti dal Vangelo di Luca. • Nel Vangelo di Matteo, scritto per le comunità di giudei convertiti della Galilea e Siria, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, il nuovo legislatore. Nell’AT la Legge di Mosè venne codificata in cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Imitando l’antico modello, Matteo presenta la Nuova Legge in cinque grandi discorsi sparsi nel vangelo: a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1-7,29); b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1 -35); e) il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1-25,46). Le parti narrative, intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come osservava la nuova Legge e la incarnava nella sua vita. • Matteo 5,1-2: Il solenne annuncio della Nuova Legge. D’accordo con il contesto del Vangelo di Matteo, nel momento in cui Gesù pronuncia il Discorso della Montagna, c’erano appena quattro discepoli con lui (cf Mt 4,18-22). Poca gente. Ma una moltitudine immensa stava dietro di lui (Mt 4,25). Nell’AT, Mosè salì sul monte Sinai per

ricevere la Legge di Dio. Come avvenne con Mosè, Gesù sale sulla Montagna e, guardando la folla, proclama la Nuova Legge. È significativo il modo solenne con cui Matteo introduce la proclamazione della Nuova Legge: «vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli». Le otto Beatitudini aprono in modo solenne il «Discorso della montagna». In esse Gesù definisce chi può essere considerato beato, chi può entrare nel Regno. Sono otto categorie di persone, otto porte di ingresso per il Regno, per la Comunità. Non ci sono altre entrate! Chi vuole entrare nel Regno dovrà identificarsi almeno con una di queste otto categorie. • Matteo 5,3: Beati i poveri in spirito. Gesù riconosce la ricchezza e il valore dei poveri (Mt 11,25-26). Definisce la propria missione in questi termini: «portare ai poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18). Lui stesso vive da povero. Non possiede nulla per sé, nemmeno una pietra su cui reclinare il capo (Mt 8,20). E a chi vuole seguirlo, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Nel Vangelo di Luca si dice: «Beati voi, poveri!» (Lc 6,20). Ma chi è il «povero in spirito»? È il povero che ha lo stesso spirito che animò Gesù. Non è il ricco, nemmeno il povero con la mentalità di ricco. Bensì è il povero che, come fa Gesù, pensa ai poveri e ne riconosce il valore. È il povero che dice: «Penso che il mondo sarà migliore quando il minore che soffre pensa al minore». 1. Beati i poveri in spirito = > di essi è il regno dei cieli 2. Beati i miti = > erediteranno la terra 3. Beati quelli che sono nel pianto = > saranno consolati 4. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia = > saranno saziati 5. Beati i misericordiosi = > troveranno misericordia 6. Beati i puri di cuore = > vedranno Dio 7. Beati gli operatori di pace = > saranno chiamati figli di Dio 8. Beati i perseguitati per la giustizia = > di essi è il regno dei cieli. • Matteo 5,4-9: Il nuovo progetto di vita. Ogni volta che nella Bibbia si cerca di rinnovare l’Alleanza, si ricomincia ristabilendo il diritto dei poveri e degli esclusi. Senza di questo, l’Alleanza non si rifà! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Nelle beatitudini, Gesù annuncia il nuovo Progetto di Dio che accoglie i poveri e gli esclusi. Denuncia il sistema che esclude i poveri e che perseguita coloro che lottano per la giustizia. La prima categoria dei «poveri in spirito» e l’ultima categoria dei «perseguitati per la giustizia» ricevono la stessa promessa del regno dei cieli. E la ricevono fin da ora, nel presente, poiché Gesù dice «di essi è il regno!». Il Regno è già presente nella loro vita. Tra la prima e l’ultima categoria, ci sono sei altre categorie che ricevono la promessa del Regno. In esse appare il nuovo progetto di vita che vuole ricostruire la vita nella sua totalità mediante un nuovo tipo di rapporto: con i beni materiali (1a coppia); con le persone tra di loro (2a coppia); con Dio (3a coppia). La comunità cristiana deve essere un esempio di questo Regno, un luogo dove il Regno comincia a prendere forma fin da ora. • Le tre coppie: Prima coppia: i miti e gli afflitti: I miti sono i poveri di cui parla il salmo 37. Loro sono stati privati delle loro terre e le erediteranno di nuovo (Sal 37,11; cf Sal 37.22.29.34). Gli afflitti sono coloro che piangono dinanzi all’ingiustizia nel mondo e nella gente (cf Sal 119,136; Ez 9,4; Tb 13,16; 2Pt 2,7). Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con i beni materiali: il possesso della terra ed il mondo riconciliato. Seconda coppia: coloro che hanno fame e sete per la giustizia ed i misericordiosi: Coloro che hanno fame e sete per la giustizia sono coloro che desiderano rinnovare la convivenza umana, in modo che sia di nuovo d’accordo con le esigenze della giustizia. I misericordiosi sono coloro che hanno il cuore nella miseria degli altri perché vogliono eliminare le disuguaglianze tra fratelli e sorelle. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto tra le persone mediante la pratica della giustizia e della solidarietà. Terza coppia: i puri di cuore ed i pacifici: I puri di cuore sono coloro che hanno uno sguardo contemplativo che permette loro di percepire la presenza di Dio in tutto. Coloro che promuovono la pace saranno chiamati figli di Dio, perché si sforzano affinché una nuova esperienza di Dio possa penetrare il tutto e riesca ad integrare il tutto. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con Dio: vedere la presenza di Dio che agisce in tutto, ed essere chiamati figlio e figlia di Dio. • Matteo 5,10-12: I perseguitati per la giustizia e del vangelo. Le beatitudini dicono esattamente il contrario di ciò che dice la società in cui viviamo. Infatti, nella società il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice. Il povero è un infelice. Beato è colui che ha denaro e può andare al supermercato e spendere come vuole. Beato è colui che ha fama e potere. Gli infelici sono i poveri, coloro che piangono! In televisione, i teleromanzi divulgano questo mito della persona felice e realizzata. E senza che ce ne rendiamo conto, diventano il modello di vita per molti di noi. C’è ancora posto nella nostra società per queste parole di Gesù: «Beati i perseguitati per la giustizia e del vangelo! Beati i poveri! Beati coloro che piangono!»? E per me, che sono cristiano o cristiana, di fatto chi è beato?

4) PER UN CONFRONTO PERSONALE • Tutti vogliamo essere felici. Tutti e tutte! Ma siamo veramente felici? Perché sì? Perché no? Come capire che una persona possa essere povera e felice allo stesso tempo? • Quali sono i momenti nella tua vita in cui ti sei sentito/a veramente felice? Era una felicità come quella che fu proclamata da Gesù nelle beatitudini, o era di un altro tipo? 5) PREGHIERA FINALE

Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore: egli ha fatto cielo e terra (Sal 121,1-2).

MARTEDÌ-10°SETTIMANA«PERANNUM»

1) PREGHIERA

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,13-16 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». Parola del Signore. 3) RIFLESSIONE • Ieri, nel meditare le beatitudini, siamo passati per la porta d’entrata del Discorso della Montagna (Mt 5,1-12). Nel vangelo oggi riceviamo un’importante istruzione sulla missione della Comunità. Deve essere il sale della terra e la luce del mondo (Mt 5,13-16). Il sale non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino. La comunità non esiste per sé, ma per servire la gente. All’epoca in cui Matteo scriveva il suo vangelo, questa missione stava diventando difficile per le comunità convertite dei giudei. Malgrado vivessero nell’osservanza fedele della Legge di Mosè, le stavano espellendo dalle sinagoghe, tagliate dal loro passato giudeo. In guanto a questo, tra i pagani convertiti, alcuni dicevano: «Dopo la venuta di Gesù, la Legge di Mosè era superata». Tutto questo causava tensioni ed incertezze. L’apertura di alcuni sembrava criticare l’osservanza di altri, e viceversa. Questo conflitto generò una crisi che portò a rinchiudersi nella propria posizione. Alcuni volevano andare avanti, altri volevano mettere la luce sotto il tavolo. Molti si chiedevano: «In definitiva, qual è la nostra missione?». Ricordando ed attualizzando le parole di Gesù, il Vangelo di Matteo cerca di aiutarli. • Matteo 5,13-16: Sale della terra. Usando immagini della vita di ogni giorno, con parole semplici e dirette, Gesù fa sapere qual è la missione e la ragion d’essere di una comunità cristiana: essere sale. In quel tempo, con il caldo che faceva, la gente e gli animali avevano bisogno di consumare molto sale. Il sale, consegnato dal fornitore in grandi blocchi nella piazza pubblica, era consumato dalla gente. Ciò che rimaneva, cadeva in terra e perdeva il suo sapore. «A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente». Gesù evoca questa usanza per chiarire ai discepoli e alle discepole la missione che devono svolgere.

• Matteo 5,14-16: Luce del mondo. Il paragone è ovvio. Nessuno accende una candela per metterla sotto un moggio. Una città posta in cima ad una collina, non riesce a rimanere nascosta. La comunità deve essere luce, deve illuminare. Non deve aver paura di far vedere il bene che fa. Non lo fa per farsi vedere, ma ciò che fa può farsi vedere. Il sale non esiste per se stesso. La luce non esiste per sé! Così deve essere la comunità. Non può rimanere rinchiusa in se stessa. «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli». • Matteo 5,17-19: Non passerà neppure un iota della legge. Tra i giudei convertiti c’erano due tendenze. Alcuni pensavano che non era necessario osservare le leggi dell’AT, perché siamo salvati per la fede in Gesù e non per l’osservanza della Legge (Rm 3,21-26). Altri pensavano che loro dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,1-2). In ciascuna delle due tendenze c’erano gruppi più radicali. Dinanzi a questo conflitto, Matteo cerca un equilibrio, al di là dei due estremi. La comunità deve essere lo spazio, dove questo equilibrio possa essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù continuava ad essere molto attuale: «Non sono venuto ad abolire la legge, ma a darle pieno compimento!». Le comunità non possono essere contro la legge, né possono rinchiudersi nell’osservanza della legge. Come ha fatto Gesù, devono fare un passo, e mostrare in modo pratico che l’obiettivo che la legge vuole raggiungere nella vita è la pratica perfetta dell’amore. • Le diverse tendenze nelle prime comunità cristiane. Il piano di salvezza ha tre tappe unite tra di esse dalla vita: a) l’Antico Testamento: il cammino del popolo ebreo, orientato dalla Legge di Dio; b) la vita di Gesù di Nazaret: rinnova la Legge di Mosè partendo dalla sua esperienza di Dio, Padre e Madre; c) la vita delle Comunità: attraverso lo Spirito di Gesù, cercavano di vivere la vita come la visse Gesù. L’unità di queste tre tappe genera la certezza della fede che Dio sta in mezzo a noi. Gli intenti di rompere o indebolire l’unità di questo piano di salvezza generavano vari gruppi e tendenze nelle comunità: i) I farisei non riconoscevano Gesù Messia ed accettavano solo l’AT. Nelle comunità c’era gente che simpatizzava con la linea dei farisei (At 15,5). ii) Alcuni giudei convertiti accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui le comunità vivevano la presenza di Gesù risorto (At 15,1). iii) Altri, sia giudei che pagani convertiti, pensavano che con Gesù era giunta la fine deii’AT. D’ora in poi, solo Gesù e la vita nello Spirito. iv) C’erano anche cristiani che vivevano così pienamente la vita nella libertà dello Spirito, che non seguivano più la vita di Gesù di Nazaret, né l’Antico Testamento (1Cor 12,3). v) Ora, la grande preoccupazione del Vangelo di Matteo è quella di mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret. 4) PER UN CONFRONTO PERSONALE • Per te, nella tua esperienza di vita, a cosa serve il sale? La tua comunità è sale? Per te, cosa significa la luce nella tua vita? Come è luce la tua comunità? • Le persone del quartiere, come vedono la tua comunità? La tua comunità svolge una certa attrazione? È un segno? Di cosa? Per chi? 5) PREGHIERA FINALE

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia! Nell’angoscia mi hai dato sollievo; pietà di me, ascolta la mia preghiera (Sal 4,2).

MERCOLEDÌ-10°SETTIMANA«PERANNUM»

1) PREGHIERA

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

quale richiama il tuo amore. Tu solo, Signore, misuri l’amore non la gravità dell’errore; tu giudichi la passione non la freddezza del legalismo; tu, amante misericordioso, aiuti Simone a capire la tua logica di compassione e perdono. Tante volte ti abbiamo fatto posto nella nostra vita, abbiamo pianto sui nostri errori, ma poi ti mettiamo da parte; ed allora il posto vuoto diventa posto occupabile, disponibile per il male, il peccato, per la ricerca di ciò che non sei tu, di qualcosa che dia valore all’esistenza. Signore, perdonaci. Fa’ che la tua misericordia sconfigga la nostra miseria e in noi sia la fede di quella donna. Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce, penetra nei nostri cuori con la spada della tua Parola, perché alla luce della tua sapienza, possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno, testimoniando al mondo che tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Amen. (M. G.)

donna, peccatrice nella città, avrebbe fatto ciò che fece se non avesse avuto la certezza assoluta di essere accolta da Gesù? Ciò significa che per i poveri della Galilea di quell ‘epoca, Gesù era una persona di assoluta fiducia. «Possiamo aver fiducia in lui. Lui ci accoglie!». Forse che gli emarginati di oggi possono avere questa stessa certezza rispetto a noi cristiani? Lc 8,1-3 l discepoli e le discepole della comunità di Gesù. Gesù si recava nei villaggi e nelle città della Galilea, annunciando la Buona Novella del Regno di Dio e i Dodici erano con lui. L’espressione «seguire Gesù» indica la condizione del discepolo che segue il Maestro cercando di imitare il suo esempio e partecipando al suo destino. È sorprendente che accanto agli uomini ci siano anche donne che «seguono Gesù». Luca colloca i discepoli e le discepole sullo stesso piano. Delle donne dice inoltre che loro servono Gesù con i loro beni. Luca conserva anche i nomi di alcune di queste discepole: Maria Maddalena, nata nella città di Magdala. Era stata liberata da sette demoni. Giovanna, moglie di Cuza, procuratore di Erode Antipa, che era governatore della Galilea. Susanna e diverse altre. C) AMPLIANDO LE INFORMAZIONI Il vangelo di Luca fu considerato sempre il vangelo delle donne. Infatti Luca è colui che riporta il maggior numero di episodi in cui si mostra il rapporto di Gesù con le donne. Però la novità, la Buona Novella di Dio per le donne, non sta nelle abbondanti citazioni della loro presenza attorno a Gesù, bensì nell’atteggiamento di Gesù verso di loro. Gesù le tocca, e si lascia toccare da loro, senza paura di essere contaminato (Lc 7,39; 8,44-45.54). La differenza con i maestri dell’epoca è che Gesù accetta le donne come seguaci e discepole (Lc 8,2-3; 10,39). La forza liberatrice di Dio, che agisce in Gesù, fa sì che la donna si alzi ed assuma la sua dignità (Lc 13,13). Gesù è sensibile alla sofferenza della vedova e solidarizza con il suo dolore (Lc 7,13). Il lavoro della donna che prepara il cibo è visto da Gesù come segno del Regno (Lc 13,20-21). La vedova tenace che lotta per i suoi diritti viene posta quale modello di preghiera (Lc 18, l-8), e la vedova povera che condivide i suoi pochi beni con gli altri è modello di dono e di dedizione (Lc 21,l-4). In un’ epoca in cui la testimonianza delle donne non era considerata valida, Gesù sceglie le donne quali testimoni della sua morte (Lc 23,49), della sua sepoltura (Lc 23,55-56) e risurrezione (Lc 24, 1-11.22-24). Nei vangeli si conservano diverse liste con i nomi dei dodici discepoli che seguivano Gesù. Non sempre sono gli stessi nomi, ma sono sempre dodici, evocando così le dodici tribù del nuovo popolo di Dio. C’erano anche donne che seguivano Gesù, dalla Galilea a Gerusalemme. Il vangelo di Marco definisce il loro atteggiamento con tre parole, tre verbi: seguire, servire, salire fino a Gerusalemme (Mc 15,41). Gli evangelisti non riuscirono ad elaborare un elenco delle discepole che seguivano Gesù, ma i loro nomi sono fino ad oggi disseminati nelle pagine dei vangeli, soprattutto in quello di Luca, e sono questi: Maria Maddalena (Lc 8,3; 24,10); Giovanna, moglie di Cuza (Lc 8,3); Susanna (Lc 8,3); Salome (Mc 16,1); Maria, madre di Giacomo (Lc 24,10); Maria, madre di Clèopa (Gv 19,25 ); Maria, madre di Gesù (Gv 19,25). 6. ORAZIONE - Inno all’Amore (1Cor 13,1-13) Al di sopra di tutto, l’amore! Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non allessi la carità, sarei come un bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, bene11ola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità! 7. ORAZIONE FINALE Signore Gesù, irrompi nella nostra vita e cambiala! Fa’ che ci rendiamo conto del nostro peccato, il

2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,17-19 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli». Parola del Signore. 3) RIFLESSIONE • Il vangelo di oggi insegna come osservare la legge di Dio in modo tale che la sua pratica indichi in cosa consiste il pieno compimento della legge (Mt 5,17-19). Matteo scrive per aiutare le comunità dei giudei convertiti a superare le critiche dei fratelli di razza che li accusavano dicendo: «Voi siete infedeli alla Legge di Mosè». Gesù stesso era stato accusato di infedeltà alla legge di Dio. Matteo ha la risposta chiarificatrice di Gesù nei riguardi dei suoi accusatori. Così dà una luce per aiutare le comunità a risolvere il loro problema. • Usando immagini della vita quotidiana, con parole semplici e dirette, Gesù aveva detto che la missione della comunità, la sua ragion d’essere, è quella di essere sale e luce! Aveva dato alcuni consigli rispetto ad ognuna delle due immagini. Poi vengono due o tre brevi versi del vangelo di oggi. • Matteo 5,17-18: Neppure un iota passerà dalla legge. C’erano varie tendenze nelle comunità dei primi cristiani. Alcune pensavano che non fosse necessario osservare le leggi dell’Antico Testamento, perché siamo salvi per la fede in Gesù e non per l’osservanza della legge (Rm 3,21-26). Altri accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui alcune comunità vivevano la presenza di Gesù. Pensavano che essendo giudei dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,15). Ma c’erano cristiani che vivevano così pienamente nella libertà dello Spirito, che non guardavano più né la vita di Gesù di Nazaret, né l’AT ed arrivavano a dire: «Gesù l’anatema!» (1Cor 12,3). Osservando queste tensioni, Matteo cerca un equilibrio tra i due estremi. La comunità deve essere uno spazio dove l’equilibrio può essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù a coloro che lo criticavano continuava ad essere ben attuale per le comunità: «Non credete che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti ma a dare pieno compimento!». Le comunità non potevano essere contro la Legge, né potevano rinchiudersi nell’osservanza della legge. Come Gesù, dovevano fare un passo avanti, e dimostrare, nella pratica, qual era l’obiettivo che la legge voleva raggiungere nella vita delle persone, cioè, nella pratica perfetta dell’amore. • Matteo 5,19: Non passerà nemmeno un segno. Ed a coloro che volevano disfarsi di tutta la legge, Matteo ricorda l’altra parola di Gesù: «Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli». La grande preoccupazione del Vangelo di Matteo è mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret che ci manda il suo Spirito. 4) PER UN CONFRONTO PERSONALE • Come vedo e vivo la legge di Dio: come orizzonte crescente di luce o come imposizione che delimita la mia libertà? • Cosa possiamo fare oggi per i fratelli e le sorelle che considerano tutta questa discussione come qualcosa di superato e non attuale? Cosa possiamo imparare da loro? 5) PREGHIERA FINALE

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu,

solo in te è il mio bene» (Sal 16,1-2).

GIOVEDÌ-10°SETTIMANA«PERANNUM» 1) PREGHIERA

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,20-26 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!». Parola del Signore. 3) RIFLESSIONE • Il testo del vangelo di oggi forma parte di un insieme più ampio: Mt 5,20 fino a Mt 5,48. In questi passaggi Matteo ci indica come Gesù interpreta e spiega la Legge di Dio. Cinque volte ripete la frase: «Avete inteso che fu detto agli antichi,... ma io vi dico!» (Mt 5,21.27.33.38.43). Poco prima, lui aveva detto: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare compimento» (Mt 5,17). L’atteggiamento di Gesù dinanzi alla legge è, nello stesso tempo, di rottura e di continuità. Rompe con le interpretazioni sbagliate, ma mantiene fermo l’obiettivo che la legge deve raggiungere: la pratica della maggiore giustizia, che è l’Amore. • Matteo 5,20: Una giustizia che superi quella dei farisei. Questo primo verso presenta la chiave generale di tutto ciò che segue in Mt 5,20-48. La parola giustizia non appare mai in Marco, e sette volte nel Vangelo di Matteo (Mt 3,15; 5,6.10.20; 6,1.33; 21,32). Ciò ha a che vedere con la situazione delle comunità per cui Marco scrive. L’ideale religioso dei giudei dell’epoca era «essere giusto davanti a Dio». I farisei insegnavano: «La persona raggiunge la giustizia davanti a Dio quando riesce ad osservare tutte le norme della legge in tutti i suoi dettagli!». Questo insegnamento generava un’oppressione legalistica e dava molta angoscia alle persone, perché era molto difficile poter osservare tutte le norme (cf Rm 7,21-24). Per questo, Matteo raccoglie le parole di Gesù sulla giustizia mostrando che deve superare la giustizia dei farisei (Mt 5,20). Per Gesù, la giustizia non viene da ciò che faccio per Dio osservando la legge, bensì da ciò che Dio fa per me, accogliendomi come un figlio, una figlia. Il nuovo ideale che Gesù propone è questo: «Voi dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste!» (Mt 5,48). Ciò vuoi dire: tu sarai giusto davanti a Dio quando cercherai di accogliere e perdonare le persone come Dio mi accoglie e mi perdona, malgrado i miei difetti e i miei peccati. • Per mezzo di cinque esempi ben concreti, Gesù mostra come fare per raggiungere questa giustizia maggiore che supera la giustizia degli scribi e dei farisei. Come vediamo, il vangelo di oggi prende l’esempio dalla nuova interpretazione del quinto comandamento: Non uccidere! Gesù ha rivelato ciò che Dio vuole quando ha dato questo comandamento a Mosè.

comunità che nasce e cresce attorno a Gesù (Lc 8,1-3), vediamo uomini e donne riuniti attorno a Gesù, in parità di condizioni, come discepoli e discepole. B) COMMENTO DEL TESTO Lc 7,36-38 Una donna lava i piedi di Gesù in caso di un fariseo. Tre persone totalmente diverse si incontrano: Gesù, un fariseo e una donna di cui si diceva che era peccatrice. Gesù si trova nella casa di Simone, un fariseo che lo aveva invitato a mangiare da lui. Una donna entra, si inginocchia ai piedi di Gesù, comincia a piangere, bagna con le sue lacrime i piedi di Gesù, si scaglie i capelli per asciugare i piedi di Gesù, li bacia e li unge con profumo. Era un gesto di indipendenza quello di sciogliersi i capelli in pubblico. Questa è la situazione che si crea e che causa il dibattito che segue. Lc 7,3940 La risposta dei farisei e la risposta di Gesù. Gesù non si tira indietro, non sgrida la donna, bensì accoglie il suo gesto. Accoglie una persona che, secondo i giudei osservanti dell’epoca, non poteva essere accolta. Il fariseo, osservando la scena, critica Gesù e condanna la donna: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è e di qual genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù si serve di una parabola per rispondere alla provocazione del fariseo. Una parabola che aiuterà il fariseo e tutti noi a percepire l’appello invisibile dell’amore di Dio che si rivela nell’episodio. Lc 7,41-43 La parabola dei due debitori e la risposta del fariseo. La storia della parabola dice quanto segue. Un creditore aveva due debitori. Uno gli doveva 500 denari e un altro 50. Un denaro era il salario di una giornata. Il salario di cinquecento giorni! Nessuno dei due aveva con che pagare. Tutti e due sono stati perdonati. Quale dei due lo amerà di più? Risposta del fariseo: «Lo amerà di più colui al quale ha condonato di più!». La parabola suppone che, prima, i due, sia il fariseo come pure la donna, abbiano ricevuto qualche favore da parte di Gesù. E ora, nell’atteggiamento che assumono dinanzi a Gesù, i due mostrano come apprezzano il favore ricevuto. Il fariseo mostra il suo amore, la sua gratitudine, invitando Gesù a mangiare a casa sua. La donna mostra il suo amore, la sua gratitudine con lacrime, con baci e con il profumo. Quale dei due gesti rivela maggior amore: mangiare o i baci e il profumo? La misura dell’amore dipende forse dalla misura del regalo? Lc 7,44-47 Gesù applica la parabola c difende la donna. Dopo aver ricevuto la risposta corretta del fariseo, Gesù applica la situazione creatasi con l’entrata della donna a metà del pranzo. Lui difende la donna peccatrice contro la critica del giudeo praticante. Ciò che Gesù ripete al fariseo di tutti i tempi è questo: «Colui al quale fu perdonato poco, ama poco!». La sicurezza personale che io, fariseo, mi creo con la mia osservanza delle leggi di Dio e della Chiesa, molte volte, mi impedisce di sperimentare la gratuità dell’amore di Dio che perdona. Ciò che importa non è l’osservanza della legge in sé, bensì l’amore con cui osservo la legge. Usando i simboli dell’amore della donna peccatrice, Gesù risponde al fariseo che si considerava giusto: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». È come se dicesse: «Simone, malgrado tutto il banchetto che mi offri, tu hai poco amore!». Perché? Il profeta Geremia aveva già detto che nel futuro, nella nuova alleanza, «Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande- oracolo del Signore-, poiché io perdonerò la loro iniquità c non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,34). E la consapevolezza di essere perdonati gratuitamente che fa sperimentare l’amore di Dio. Il fariseo, chiamando la donna «peccatrice», si considera uomo giusto, osservante e praticante. Come il fariseo dell’altra parabola che diceva: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano » (Lc 18,11). Simone deve aver pensato: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come questa donna peccatrice»! Ma chi ritornò giustificato a casa sua non fu il fariseo, bensì il pubblicano che aveva detto: «O Dio, abbi pietà di me peccatore» (Lc 18,14). l farisei da sempre si considerano senza peccato, perché in tutto osservano la legge di Dio, vanno a Messa, pregano, danno l’elemosina, pagano le tasse. Mettono la loro sicurezza in ciò che fanno per Dio, e non nell’amore e nel perdono di Dio per loro. Per questo, Simone, il fariseo, non può sperimentare la gratuità dell’amore di Dio. Lc 7,48-50 L’amore fa nascere il perdono, il perdono fa crescere l’amore. Gesù dichiara alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora gli invitati cominciano a pensare: «Chi è costui che perdona perfino i peccati?». Ma Gesù dice alla donna: «La tua fede ti ha salvata, va’ in pace!». Qui appare la novità dell’atteggiamento di Gesù. Lui non condanna, bensì accoglie. Ed è la fede che accoglie la donna a ricomporsi e ad incontrarsi con se stessa e con Dio. Nel rapporto con Gesù, irrompe in lei una forza nuova che la fa rinascere. Sorge in noi una domanda importante. La

poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!». In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni. Parola del Signore. 3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE Perché la Parola di Dia passa entrare in noi e illuminare la nostra vita. 4. ALCUNE DOMANDE Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. - Qual è il punto del testo che più ti ha colpito? Perché? - Osserva l’atteggiamento della donna: cosa fa e come lo fa? - Osserva l’atteggiamento del fariseo con Gesù e con la donna: cosa fa e cosa dice? - Osserva l’atteggiamento di Gesù con la donna: cosa fa e cosa dice? - La donna non avrebbe fatto ciò che fece se non avesse avuto l’assoluta certezza di essere accolta da Gesù. Forse che gli emarginati di oggi hanno la stessa certezza rispetto a noi cristiani? - L’amore e il perdono. Quali sono le donne che seguono Gesù? Qual è il legame tra loro? - La comunità di Gesù. Quali sono le donne che seguono Gesù? Cosa fanno? 5. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO A) CONTESTO PER SITUARE IL BRANO Nel capitolo 7 del suo vangelo, Luca descrive le cose nuove e sorprendenti che sorgono tra il popolo a partire dall’annuncio che Gesù fa del Regno di Dio. A Cafarnao, elogia la fede dello straniero: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!» (Lc 7,1-10). A Nain risuscita il figlio di una vedova (Lc 7,11-17). Il modo di Gesù di annunciare il Regno sorprende molto i fratelli giudei, che perfino Giovanni Battista rimane sorpreso e manda a chiedere: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altra?» (Lc 7,18-30). Gesù critica l’incoerenza della sua generazione: «Sono simili a bambini che non sanno ciò che vogliono!» (cf Lc 7,31-35). E ora, alla fine del capitolo, qui nel nostro testo (Lc 7,36-8,3), un’altra novità della Buona Novella del Regno comincia a spuntare e a sorprendere. L’atteggiamento di Gesù verso le donne. All’epoca del Nuovo Testamento, in Palestina, la donna viveva emarginata. Non partecipava nella sinagoga, non poteva testimoniare nella vita pubblica. Fin dal tempo di Esdra (IV sec. a.C.), la resistenza non faceva che crescere, come vediamo nella storia di Giuditta, Ester, Rut, Noemi, Susanna, della Sulammita e di molte altre. Questa resistenza delle donne trovò eco e accoglienza in Gesù. Nell’episodio della donna del profumo (Le 7 ,36-50) appaiono sia l’anticonformismo e la resistenza delle donne, sia l’accoglienza di Gesù verso di loro. Nella descrizione della

• Matteo 5,21-22: La legge dice «Non uccidere!» (Es 20,13). Per osservare pienamente questo comandamento non basta evitare l’assassinio. E necessario sradicare dal di dentro tutto ciò che in un modo o nell’altro può condurre all’assassinio, per esempio la rabbia, l’odio, il desiderio di vendetta, l’insulto, lo sfruttamento, ecc. • Matteo 5,23-24: Il culto perfetto che Dio vuole. Per poter essere accettati da Dio e rimanere uniti a lui, è necessario riconciliarsi con il fratello, la sorella. Prima della distruzione del Tempio, nell’anno 70, quando i giudei cristiani partecipavano ai pellegrinaggi a Gerusalemme per presentare le loro offerte all’altare e pagare le loro tasse, ricordavano sempre questa frase di Gesù. Negli anni 80, nel momento in cui Matteo scrive, il Tempio e l’Altare non esistevano più. Erano stati distrutti dai romani. La comunità e la celebrazione comunitaria passano ad essere il Tempio e l’Altare di Dio. • Matteo 5,25-26: Riconciliare. Uno dei punti su cui il Vangelo di Matteo insiste maggiormente è la riconciliazione. Ciò indica che nelle comunità di quell’epoca, c’erano molte tensioni tra gruppi radicali con tendenze diverse e perfino opposte. Nessuno voleva cedere davanti all’altro. Non c’era dialogo. Matteo illumina questa situazione con parole di Gesù sulla riconciliazione che chiedono accoglienza e comprensione. Poiché l’unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono verso gli altri (Mt 6,14). Per questo, cerca di riconciliarti, prima che sia troppo tardi! 4) PER UN CONFRONTO PERSONALE • Oggi sono molte le persone che gridano «Giustizia!». Che significato ha per me la giustizia evangelica? • Come mi comporto davanti a quelli che non mi accettano come sono? Come si è comportato Gesù davanti a coloro che non l’hanno accettato? 5) PREGHIERA FINALE

Dal profondo a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica (Sal 130,1-2).

VENERDÌ-10°SETTIMANA«PERANNUM»

1) PREGHIERA O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,27-32 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio». Parola del Signore.

3) RIFLESSIONE • Nel vangelo di ieri, Gesù ha fatto una rilettura del comandamento: «Non uccidere» (Mt 5,20-26). Nel vangelo di oggi, Gesù rilegge il comandamento «Non commetterai adulterio». Gesù rilegge la legge partendo dall’intenzione che Dio aveva proclamato secoli prima sul monte Sinai. Cerca lo spirito della Legge e non si rinchiude nella lettera. Riprende e difende i grandi valori della vita umana che costituiscono lo sfondo di ciascuno di questi dieci comandamenti. Insiste sull’amore, sulla fedeltà, sulla misericordia, sulla giustizia, sulla verità, sull’umanità (Mt 9,13; 12,7; 23,23; 5,10.20; Lc 11,42; 18,9). Il risultato dell’osservanza piena della Legge di Dio umanizza la persona. In Gesù appare ciò che avviene quando un essere umano lascia che Dio riempia la sua vita. L’obiettivo ultimo è quello di unire i due amori, la costruzione della fraternità in difesa della vita. Più grande è la fraternità, maggiore sarà la pienezza di vita e maggiore sarà l’adorazione tributata da tutte le creature a Dio Creatore e Salvatore. • Nel vangelo di oggi, Gesù guarda da vicino il rapporto uomo-donna nel matrimonio, base fondamentale della convivenza umana. C’era un comandamento che diceva: «Non commettere adulterio», ed un altro che diceva: «Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio». Gesù riprende i due comandamenti, dando ad essi un nuovo significato. • Matteo 5,27-28: Non commettere adulterio. Cosa richiede da noi questo comandamento? L’antica risposta era questa: l’uomo non può dormire con la donna di un altro. Questo lo esigeva la lettera del comandamento. Ma Gesù supera la lettera e dice: «Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore». L’obiettivo del comandamento è la fedeltà reciproca tra uomo e donna che assumono insieme la vita. E questa fedeltà sarà completa solo se i due sapranno essersi fedeli l’uno all’altra nel pensiero e nel desiderio e sapranno giungere ad una trasparenza totale tra di loro. • Matteo 5,29-30: Cava l’occhio e taglia la mano. Per illustrare ciò che Gesù ha appena detto, enuncia una parola forte di cui si serve in un’altra occasione quando parlò dello scandalo verso i piccoli (Mt 18,9 e Mc 9,47). Lui dice: «Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna». Ed afferma lo stesso nei riguardi della mano. Queste affermazioni non possono prendersi letteralmente. Indicano una radicalità e la serietà con cui Gesù insiste nell’osservanza di questo comandamento. • Matteo 5,31-32: La questione del divorzio. All’uomo era permesso dare l’atto di divorzio alla donna. Gesù dirà nel Discorso della Comunità che Mosè lo permise per la durezza di cuore della gente (Mt 19,8). «Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio». Si è discusso molto su questo tema. Basandosi su questa affermazione di Gesù, la Chiesa orientale permette il divorzio in caso di «fornicazione», cioè, di infedeltà. Altri dicono che qui la parola fornicazione traduce un termine aramaico o ebraico zenuth che indicava un matrimonio tra gente della stessa parentela, che era proibito, cioè «eccetto il caso di unione illegittima». Non sarebbe un matrimonio valido. questa parola, ciò che importa è vedere l’obiettivo ed il senso generale delle affermazioni di Gesù nella nuova lettura che fa dei dieci comandamenti. Gesù parla di un ideale che deve stare sempre dinanzi ai miei occhi. L’ideale definitivo è questo: «Essere perfetto come è perfetto il Padre celeste» (Mt 5,48). Questo ideale vale per tutti i comandamenti rivisti da Gesù. Nella rilettura del comandamento: «Non commetterai adulterio», questo ideale si traduce in trasparenza e onestà tra marito e moglie. Più nessuno può dire: «Sono perfetto come è perfetto il Padre celeste». Staremo sempre al di sotto della misura. Non potremo mai meritare il premio perché saremo sempre al di sotto della misura. Ciò che importa è continuare il cammino, volgere lo sguardo verso l’ideale, sempre! Ma, nello stesso tempo, come fece Gesù, dobbiamo accettare le persone con la stessa misericordia con cui Lui accettava le persone e le orientava verso l’ideale. Per questo, certe esigenze giuridiche della Chiesa oggi, come, per esempio, non permettere la comunione a persone che vivono in seconde nozze, sembrano andare più d’accordo con l’atteggiamento dei farisei che con quello di Gesù. Nessuno applica letteralmente la spiegazione del comandamento «Non uccidere», dove Gesù afferma che chi dice idiota a suo fratello merita l’inferno (Mt 5,22). Poiché se così fosse, tutti avremmo garantita già l’entrata all’inferno e nessuno si salverebbe. Perché la nostra dottrina usa misure differenti nel caso del quinto e del nono comandamento? 4) PER UN CONFRONTO PERSONALE • Riesci a vivere l’onestà totale e la trasparenza con le persone dell’altro sesso? • Come capire l’esigenza «essere perfetto come il Padre celeste è perfetto»?

e nella sua fedeltà i popoli. 7. ORAZIONE FINALE O Signore, il nostro è il mondo dell’uomo, un mondo sempre più fondato sulla nostra sapienza, sulla nostra programmazione; un mondo frenetico in cui per la tua Parola non c’è spazio né futuro. Non sappiamo più attendere; il nostro è un mondo senza speranza non sappiamo seminare senza preoccuparci se saremo noi o altri a mietere. Invece la tua Parola è una Parola di grande pazienza che sprona ad una illimitata speranza: chi semina nelle lacrime raccoglierà nella gioia, se il seme non muore non porta frutto, una misura abbondante, il cento per uno. Signore, semina la calma nella mia anima, semina la fiducia in te, la speranza nella tua Parola più efficace di ogni programmazione umana. Amen. (M. G.)

11°DOMENICADELTEMPOORDINARIOannoc GESÙ ACCOGLIE E DIFENDE LA DONNA CHE VERSA IL PROFUMO FIDUCIA DEI POVERI NELLA PERSONA DI GESÙ Luca 7,36-8,3 1. ORAZIONE INIZIALE O Spirito d’amore, scendi sopra di me: rendi la mia anima una immagine vivente di Gesù, perché egli possa rinnovarvi tutto il suo mistero. E tu, o Padre, chinati su questa tua piccola creatura, coprila con l’ombra del tuo Spirito e guarda in lei unicamente il Figlio tuo prediletto nel quale hai riposto tutte le tue compiacenze. O miei Tre, mio tutto, mia beatitudine, immensità in cui mi perdo, mi consegno a voi come una preda. Immergetevi in me perché io mi immerga in voi, in attesa di venire a contemplare, nella vostra luce, l’abisso delle vostre grandezze. Amen. Beata Elisabetta della Trinità 2. LETTURA A) CHIAVE DI LETTURA Il testo del vangelo di questa Domenica ci presenta due episodi legati tra di loro. Il primo è un episodio pieno di emozione. Una donna considerata peccatrice nella città ha il coraggio di entrare nella casa di Simone, un fariseo, durante il pranzo, per incontrare Gesù, lavargli i piedi e coprirli di baci e profumo. Il secondo è la descrizione della comunità di Gesù, a cui partecipano discepole e discepoli. Quando leggi il testo immagina di essere nella casa del fariseo, durante il pranzo, ed osserva con molta attenzione gli atteggiamenti, i gesti e le parole delle persone: della donna, di Gesù e dei farisei. Rileggi anche attentamente la breve informazione di Luca nei riguardi della comunità che si formò attorno a Gesù e cerca di esaminare bene le parole usate per indicare la partecipazione sia degli uomini che delle donne che seguono Gesù. B) UNA DIVISIONE DEL TESTO PER AIUTARNE LA LETTURA Lc 7,36-38: Una donna lava i piedi di Gesù a casa di un fariseo. Lc 7,39-40: La reazione del fariseo e la risposta di Gesù. Lc 7,41-43: La parabola dei due debitori e la risposta del fariseo. Lc 7,44-47: Gesù applica la parabola e difende la ragazza. Lc 7,48-50: L’amore fa nascere il perdono, il perdono fa crescere l’amore. Lc 8,1-3: I discepoli e le discepole della comunità di Gesù. C) IL TESTO: LUCA 7,36-8,3 In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime,

momenti di crescita. Avviene nel tempo. Produce frutto al momento giusto, ma nessuno sa spiegare la sua forza misteriosa. Nessuno ne è il padrone! Solo Dio! LA STORIA DEL PICCOLO GRANELLO DI SENAPE CHE CRESCE E DIVENTA GRANDE Il granello di senape è piccolo, ma cresce, e, alla fine, gli uccelli fanno il loro nido tra i suoi rami. Così è il Regno. Inizia molto piccolo, cresce ed estende i suoi rami. La parabola lascia aperta una domanda che riceverà una risposta nel vangelo, più tardi: chi sono gli uccellini? Il testo suggerisce che si tratta dei pagani che non potranno entrare in comunità e partecipare al Regno. GESÙ SPIEGA LA PARABOLA AI SUOI DISCEPOLI In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il significato della parabola. Loro non lo capiscono. Gesù rimane attonito dinanzi alla loro ignoranza (Mc 4,13) e in quell’occasione risponde con una frase difficile e misteriosa. Dice ai suoi discepoli: «A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato!». Questa frase spinge la gente a chiedersi: Ma allora a cosa serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? Forse Gesù si serve di parabole affinché la gente continui a vivere nell’ignoranza e non arrivi a convertirsi? Certamente no! Poiché nel vangelo di oggi Marco dice che Gesù usava parabole «secondo quello che potevano intendere» (Mc 4,33). La parabola rivela e nasconde allo stesso tempo! Rivela a coloro che sono dentro, che accettano Gesù, Messia Servo. Nasconde a coloro che insistono nel considerarlo il Messia, il Re grandioso. Costoro capiscono le immagini della parabola, ma non riescono a coglierne il significato. 6. ORAZIONE - Salmo 96 (95) Grande è il Signore e degno di ogni lode

Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie. Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi. Tutti gli dèi dei popoli sono un nulla, il Signore invece ha fatto i cieli. Maestà e onore sono davanti a lui, forza e splendore nel suo santuario. Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome. Portate offerte ed entrate nei suoi atri, prostratevi al Signore nel suo atrio santo. Tremi davanti a lui tutta la terra. Qite tra le genti: «Il Signore regna!». È stabile il mondo, non potrà vacillare! Egli giudica i popoli con rettitudine. Gioiscano i cieli, esulti la terra, risuoni il mare e quanto racchiude; sia in festa la campagna e quanto contiene, acclamino tutti gli alberi della foresta davanti al Signore che viene: sì, egli viene a giudicare la terra; giudicherà il mondo con giustizia

5) PREGHIERA FINALE

Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non !asciarmi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza (Sal 27,8-9).

SABATO-10°SETTIMANA«PERANNUM»

1) PREGHIERA

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

2) LETTURA Dal Vangelo secondo Matteo 5,33-37 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”; “No, no”; il di più viene dal Maligno». Parola del Signore. 3) RIFLESSIONE • Nel vangelo di oggi, Gesù rilegge il comandamento: «Non giurerai il falso». E anche qui supera la lettera, cerca lo spirito della legge e cerca di indicare l’obiettivo ultimo di questo comandamento: raggiungere la trasparenza totale nel rapporto tra persone. Qui vale applicare ciò che abbiamo detto riguardo ai due comandamenti «Non uccidere» e «Non commettere adulterio». Si tratta di un modo nuovo di interpretare e situare nella pratica la Legge di Mosè, partendo dalla nuova esperienza di Dio Padre/Madre che Gesù ci porta. Lui rilegge la legge partendo dall’intenzione che Dio aveva nel proclamarla, secoli addietro, sul monte Sinai. • Matteo 5,33: Fu detto agli antichi: non spergiurare. La legge dell’AT diceva: «Non giurerai il falso». E aggiungeva che la persona deve giurare per il Signore (cf Nm 30,2). Nella preghiera dei salmi si dice che può salire sul monte di Yahvè e giungere al luogo santo «chi ha mani innocenti e cuore puro, che non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno» (Sal 24,4). Lo stesso si dice in diversi altri punti dell’AT (Qo 5,3-4), perché ci si deve poter fidare delle parole dell’altro. Per favorire questa fiducia reciproca, la tradizione aveva inventato l’aiuto del giuramento. Per dare forza alla propria parola, la persona giurava per qualcuno o per qualcosa che era più grande di lui e che avrebbe potuto castigarla se non compiva ciò che aveva promesso. Le cose continuano così fino ad oggi. Sia nella Chiesa come nella società, ci sono momenti ed occasioni che esigono giuramenti solenni da parte delle persone. In fondo, il giuramento, è l’espressione della convinzione secondo cui nessuno può fidarsi completamente della parola dell’altro. • Matteo 5,34-36: Ma io vi dico: non giurate affatto. Gesù vuole sanare questa deficienza. Non basta «non giurerai il falso». Lui va oltre ed afferma: «Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: Sì, sì; No, no; il di più viene dal Maligno. Giuravano per il cielo e per la terra, per la città di Gerusalemme, per la propria testa. Gesù mostra che tutto ciò è medicina che non guarisce il dolore della mancanza di trasparenze nel rapporto tra le

persone. Qual è la soluzione che propone? • Matteo 5,37: Il vostro parlare: Sì, sì; No, no. La soluzione che Gesù propone è questa: «Sia invece il vostro parlare sì sì· no, no; il di più viene dal maligno». Lui propone un’onestà radicale e totale. Nient’altro. Ciò che tu dici in più, viene dal Maligno. Qui, di nuovo, siamo confrontati ad un obiettivo che rimarrà sempre nella nostra, mente e che mai giungeremo a compiere completamente. È un’altra espressione del nuovo ideale di giustizia che Gesù propone. essere perfetto come è perfetto il Padre celeste» (Mt 5,48). Gesù sradica qualsiasi tentativo di creare in me la convinzione che mi salvo perché osservo la legge. Nessuno può meritare la grazia di Dio. Perché altrimenti non sarebbe grazia. Osserviamo la legge, non per meritare la salvezza, ma per ringraziare di cuore l’immensa bontà gratuita di Dio che ci accoglie, perdona e salva senza mento da parte nostra. 4) PER UN CONFRONTO PERSONALE • Come osservo la legge? • Ho sperimentato qualche volta nella vita la bontà gratuita di Dio? 5) PREGHIERA FINALE

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. lo pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare (Sal 16,7-8).

CORPOESANGUEDICRISTOannoa GESÙ È IL PANE DELLA VITA «CHI MANGIA QUESTO PANE VIVRÀ IN ETERNO»! Giovanni 6,51-58 1. ORAZIONE INIZIALE

Rit. Vieni Spirito santo, che tutto crei e rinnovi. Se tu vieni, il pane e il vino che presentiamo all’altare divengono il Corpo e il Sangue di Cristo per la salvezza del mondo. Rit. Se tu vieni, si compie un nuovo prodigio e anche noi diveniamo corpo di Cristo. Rit. Se tu vieni, il prodigio che si compie diventa segno del mondo futuro quando cielo e terra saranno nuovi per la gloria di Dio Padre. Rit. (G. V.)

2. LETTURA A) CHIAVE DI LETTURA Nella ricorrenza della festa del Corpo e Sangue di Cristo, meditiamo sulla parte finale del lungo discorso del pane di vita. Mediante questo discorso, il Vangelo di Giovanni ci aiuta a capire il significato profondo della moltiplicazione dei pani e dell’Eucaristia. Nel corso della lettura, cercheremo di essere attenti alle parole di Gesù che aiutano la gente a capire il segno del pane di vita. B) UNA DIVISIONE DEL TESTO PER AIUTARNE LA LETTURA Gv 6,51: L’affermazione iniziale che riassume tutto.

terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. Parola del Signore 3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE Perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita. 4. ALCUNE DOMANDE Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. - Qual è il punto che ti ha maggiormente colpito? Perché? - Gesù non spiega le parabole. Racconta le storie e sveglia negli altri l’immaginazione e la riflessione della scoperta. Cosa hai scoperto tu nelle due parabole? - L’obiettivo delle parole è rendere la vita trasparente. Lungo gli anni, la tua vita è diventata più trasparente o è avvenuto il contrario? 5. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO A) PER CAPIRE MEGLIO Perché Gesù insegna per mezzo di parabole: Gesù racconta molte parabole. Tutte tratte dalla vita della gente! Così aiutava le persone a scoprire le cose di Dio nella vita di ogni giorno, vita che diventava trasparente. Poiché lo straordinario di Dio si nasconde nelle cose ordinarie e comuni della vita di ogni giorno. La gente capiva le cose della vita. Nelle parabole riceve la chiave per aprirla e trovare in essa i segni di Dio. Per mezzo delle parabole, Gesù aiutava la gente a percepire la presenza misteriosa del Regno nelle cose della vita. Una parabola è un paragone. Lui usa le cose conosciute ed evidenti della vita per spiegare le cose invisibili e sconosciute del Regno di Dio. Per esempio, la gente della Galilea capiva quando si parlava di semi, di terreno, di pioggia, di sole, di sale, di fiori, di pesci, di raccolto, ecc. E Gesù usa proprio queste cose conosciute dalla gente, nelle sue parabole, per spiegare il mistero del Regno. La parabola del seminatore è un ritratto della vita dei contadini. In quel tempo, non era facile vivere dell’agricoltura. I terreni erano pieni di pietre. Molti arbusti. Poca pioggia, molto sole. Inoltre, molte volte, la gente per abbreviare le distanze passava attraverso i campi e calpestava le piante (Mc 2,23). Ma malgrado ciò, ogni anno, l’agricoltore seminava e piantava, fiducioso nella forza del seme, nella generosità della natura. La parabola non dà tutto fatto, ma induce a pensare e fa scoprire a partire dall’esperienza che gli uditori hanno del seme. Induce alla creatività ed alla partecipazione. Non è una dottrina che arriva pronta per essere insegnata e decorata. La parabola non dà acqua imbottigliata, bensì conduce alla fonte. L’agricoltore che ascolta, dice: «Seme nella terra, io so cos’è! Ma Gesù dice che questo ha a che fare con il Regno di Dio. Che sarà?». E già è possibile immaginare le lunghe conversazioni della folla. La parabola si muove con la gente e la spinge ad ascoltare la natura e a pensare alla vita. B) CONUNENTO DEL TESTO È bello vedere Gesù che, sempre di nuovo, cerca nella vita e negli avvenimenti, elementi ed immagini che possano aiutare la gente a percepire e sperimentare la presenza del Regno. Nel vangelo di oggi, di nuovo, racconta due brevi storie che avvengono tutti i giorni nella vita di tutti noi: «La storia del seme che cresce da solo» e «La storia del piccolo seme di senape che cresce e diventa grande». LA STORIA DEL SEME CHE CRESCE DA SOLO L’agricoltore che pianta conosce il processo: seme, filino verde, foglia, spiga, grano. L’agricoltore sa aspettare, non falcia il grano prima del tempo. Ma non sa come la terra, la pioggia, il sole e il seme abbiano questa forza di far crescere una pianta dal nulla fino alla frutta. Così è il Regno di Dio. E un processo, ci sono tappe e

umana nelle sue dimensioni sia fisiche che spirituali» (RM 14). La missione è fatta quindi di predicazione e guarigione, annuncio e promozione umana, venuta del regno insieme alla lotta per la giustizia e la pace. La missione allora non può essere che gratuita, non appartiene agli inviati. Non può essere sfruttata a proprio vantaggio materiale, e proprio così si sperimenta lo spirito delle beatitudini (Mt 6,25-34). 6. ORAZIONE - Salmo 99 (100)

Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione.

7. ORAZIONE FINALE O Padre, che hai fatto di noi un popolo profetico e sacerdotale, chiamato ad essere segno visibile della nuova realtà del tuo regno, donaci di vivere in piena comunione con te nel sacrifìcio di lode e nel servizio dei fratelli, per diventare missionari e testimoni del Vangelo. Fa’ che la tua compassione sia la nostra compassione, la tua urgenza missionaria sia la nostra urgenza; sì, Signore, manda me! Amen.

11°DOMENICADELTEMPOORDINARIOannob LE PARABOLE DEL REGNO DI DIO N REGNO È COME UN SEME Marco 4,26-34 1. ORAZIONE INIZIALE Purifica, o Dio, il cuore e la mente di noi che ci accostiamo all’eterna Parola; formaci gli occhi di un bimbo che crede, stupito, al miracolo, e vede formarsi dal piccolo seme il grande tuo progetto d’amore. Siamo chiamati al tuo regno, ma siamo poco, uomini deboli. Tu ci istruisci: non chi è potente tu guardi, tu scegli per farvi dimora, ma chi si fa piccolo: un solco del regno che custodisce il granello di senapa e si lascia da te coltivare, paziente e potente Dio della vita che solo sai trarre dal poco, dal niente quel Tanto, quel Tutto: Gesù in mezzo a noi. Così è il tuo regno: un piccolo seme che affidi alla terra, che cresce e dà il frutto che porta salvezza. Gesù è quel seme, quella Parola che dà vita. Il nostro poco noi lo affidiamo alla tua cura paterna e paziente certi che tu farai germogliare un nuovo frutto di risurrezione. Amen. (M. G.) 2. LETTURA A) UNA DIVISIONE DEL TESTO PER AIUTARNE LA LETTURA Mc 4,26-29: La parabola del seme che spunta da solo. Mc 4,30-32: La parabola del grano di senapa. Mc 4,33-34: La conclusione sulle parabole. B) IL TESTO: MARCO 4,26-34 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul

Gv 6,52: La reazione contraria dei Giudei. Gv 6,53-54: La risposta di Gesù afferma di nuovo quanto detto prima. Gv 6,55-58: Gesù trae le conclusioni per la vita. C) IL TESTO: GIOVANNI 6,51-58 In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Parola del Signore. 3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE Perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita. 4. ALCUNE DOMANDE Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. - Quale parte del testo ha attirato maggiormente la nostra attenzione? Perché? - Quante volte, nel testo, ricorre la parola vita e cosa ci vien detto della vita? - Gesù dice: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo». Cosa significa questo? Cercate una risposta nel testo. - Cosa ci dice questo testo sulla persona di Gesù: titoli, funzioni, ecc.? - In quale modo questo testo ci aiuta a capire meglio il significato dell’Eucaristia? 5. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO A) CONTESTO PER SITUARE IL BRANO Il discorso del pane di vita (Gv 6,22-71) è una sequenza di sette brevi dialoghi tra Gesù e le persone che si trovavano con lui dopo la moltiplicazione dei pani. Gesù cerca di aprire gli occhi della gente, facendo loro capire che non basta lottare per il pane materiale. La lotta quotidiana per il pane materiale non va alla radice se non è accompagnata da una mistica. L’essere umano non vive solo di pane (Dt 8,3)! I sette brevi dialoghi sono una catechesi molto bella che spiega alla gente il significato profondo della moltiplicazione dei pani e dell’Eucaristia. Lungo tutto il dialogo appaiono le esigenze che il vissuto della fede in Gesù traccia per la nostra vita. La gente reagisce. Rimane colpita dalle parole di Gesù. Ma Gesù non cede, non cambia le sue esigenze. Per questo molti lo abbandonano. Fino ad oggi succede la stessa cosa: quando il Vangelo comincia ad esigere un impegno, molta gente lo abbandona. Nella misura in cui il discorso di Gesù va avanti sempre meno gente rimane accanto a lui. Alla fine rimangono solo i Dodici e Gesù non può confidare nemmeno in loro! Ecco la sequenza dei sette dialoghi che compongono il lungo discorso del pane di vita: Gv 6,22-27: 1° Dialogo: La gente cerca Gesù perché vuole più pane. Gv 6,28-33: 2° Dialogo: Gesù chiede alla gente di procurarsi per il vero pane. Gv 6,34-40: 3° Dialogo: Il pane vero è fare la volontà di Dio. Gv 6,41-51: 4° Dialogo: Chi si apre a Dio accetta Gesù e la sua proposta. Gv 6,52-58: 5° Dialogo: Carne e sangue: espressione della vita e del dono totale. Gv 6,59-66: 6° Dialogo: Senza la luce dello Spirito non si capiscono queste parole. Gv 6,67-71: 7° Dialogo: Confessione di Pietro. B) COMMENTO DEL TESTO

Per approfondire il tema e capire meglio il pensiero dell’evangelista Giovanni, invece di commentare solo gli otto versetti del Vangelo di questa domenica (Gv 6,51-58), è offerta una chiave generale per capire i sette brevi dialoghi che compongono tutto il discorso. Una visione globale dell’insieme aiuterà così a comprendere meglio il significato e la portata degli otto versetti del testo liturgico di questa solennità del Corpus Domini. 1° Dialogo - Gv 6,22-27: La gente cerca Gesù perché vuole più pane. Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberiade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». La gente vede il miracolo, ma non capisce che si tratta solo di un segno che rimanda a qualcosa di più grande e di più profondo. Si ferma alla superficie del fatto, alla disponibilità del cibo. Cerca il pane di vita, ma solo per il corpo. Secondo la gente, Gesù fa ciò che Mosè aveva già fatto nel passato: nutrire tutti; ed essi vogliono che il passato si ripeta. Ma Gesù chiede loro di fare un passo in più: non di affaticarsi per il pane che perisce, bensì di procurarsi anche il cibo che non perisce. Questo nuovo pane, che rimane, dà la vita che dura per sempre. 2° Dialogo - Gv 6,28-33: Gesù chiede alla gente di procurarsi il pane vero. Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». La gente chiede: Cosa bisogna fare per realizzare l’opera di Dio? E Gesù risponde: Credere nell’inviato di Dio! Cioè, credere in Gesù. E la gente reagisce: Dacci un segno per capire che sei veramente l’inviato di Dio. I nostri padri hanno mangiato la manna che fu data loro da Mosè! Secondo la gente, Mosè è e continua ad essere il grande leader in cui credere. Se Gesù vuole che la gente creda in lui deve compiere un segno più grande di quello compiuto da Mosè. Gesù risponde che il pane dato da Mosè non era il vero pane, perché non garantiva la vita di nessuno. Tutti morirono nel deserto. Il pane vero di Dio è quello che vince la morte e dà la vita! Gesù cerca di aiutare la gente a liberarsi dagli schemi del passato. Per Gesù, la fedeltà al passato non significa rinchiudersi nelle cose del passato e rifiutare il rinnovamento. La fedeltà al passato vuoi dire accettare ciò che è nuovo c che è frutto del seme piantato nel passato. 3° Dialogo - Gv 6,34-40: Il pane vero è fare la volontà di Dio. Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà più sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno». La gente chiede: Signore dacci sempre questo pane! Pensavano che Gesù stesse parlando di un pane speciale. Allora, Gesù risponde chiaramente: «lo sono il pane della vita»! Mangiare il pane del cielo è lo stesso che credere in Gesù ed accettare il cammino che lui ha indicato, cioè: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» (Gv 4,34). Questo è il vero alimento che, sostenta la persona, che ci dà per sempre una vita nuova. E seme che dà garanzia di risurrezione! 4° Dialogo - Gv 6,41-51: Chi si apre a Dio accetta Gesù e la sua proposta. Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo?»». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre; ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del

osservanze, oppresse dai capi che impongono regole incomprensibili (Mt 23,1-4). La compassione che Gesù prova (Mt 15,30; Lc 9,11; Gv 6,5) per gli affamati (Mc 6,34) è qui rivolta verso i «poveri ignoranti della campagna», maledetti dai farisei (Gv 7,49). Non c’è nessuno che li ami e che li cerchi come un buon pastore (Gv 10). Mt 9,37 Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!». La missione è paragonata alla mietitura (cf Lc 10,2-3; Gv 4,35-38). Ci sono tanti uomini pronti a rispondere al Vangelo, tanti che aspettano una parola di vita. I messaggeri di pace sono sempre pochi, la moltitudine è immensa. L’esortazione alla preghiera sta a significare che Dio è all’origine della missione, lui è il responsabile della messe, a lui dobbiamo convertirci con la preghiera. Lo Spirito Santo è già all’opera, infatti la messe è già pronta. La messe è un termine legato originariamente al giudizio finale (Is 27,12; Os 6,11; Gl 2,1). Giovanni Battista credeva che fosse giunto il momento del giudizio (Mt 3,12). Ma qui non sono gli angeli incaricati a svolgere quest’opera, bensì gli uomini, chiamati a salvare dal giudizio altri uomini e non a giudicarli. Viviamo un tempo di misericordia, non è ancora giunto il giudizio. Mt 10,1 Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciar/i e guarire ogni malattia e ogni infermità. Questa chiamata dei Dodici in Matteo non è come in Mc 3,13-15 e in Lc 6,13. Non è un resoconto della loro selezione, ma dell’incarico che viene loro affidato. È un gruppo già formato (Mt 4,18; 8,19-22) che ora riceve un mandato. Il numero 12 è in riferimento alle 12 tribù di Israele. Per annunciare la nuova legge del nuovo Mosè c’è bisogno di un nuovo popolo che accolga la parola del nuovo Mosè (Gesù). Nella Sacra Scrittura il numero 12 indica, soprattutto, il popolo di Dio nella sua totalità. Sullo sfondo del popolo delle 12 tribù è da porre la chiamata dei «Dodici» (Mc 9,35; 10,32 par.; Gv 6,70; 20,24; 1Cor 15,5 e altrove) da parte di Gesù durante il suo ministero in Galilea. Il numero 12 non è da intendere in senso restrittivo, ma di eccellenza. La missione dei discepoli è messa in stretto parallelo con la missione di Gesù. L’idea dominante è che il ministero degli apostoli è il prolungamento di quello di Gesù. Viene dato loro lo stesso «potere» che aveva Gesù (9,6-8; 7,29; 8,9) e la stessa azione guaritrice (4,23; 9,35). Non si tratta di un potere di guida, di comando, ma di ciò che necessita per svolgere la missione affidata a servizio dell’umanità. Qui il contesto è precedente alla risurrezione. Il termine «apostolo» ricorre solo qui in Matteo, altrove si parla di discepoli (11,1; 20,17; 26,14.20.47). Non è usato come in Luca e Paolo per indicare un incarico, ma in senso etimologico come «mandati», «inviati». Pertanto si può intendere come un invito rivolto a tutto il nuovo Israele, attraverso i Dodici e cioè le colonne del nuovo popolo della nuova legge, quella dell’amore. La comunità dei Giudei convertiti cui si rivolgeva Matteo vedeva qui l’inizio del nuovo Israele, la Chiesa. In continuità e rottura con la sinagoga. Mt 10,2 I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Le varie liste dei Dodici (Mc 3,16-19; Lc 6,13-16; At 1,13) hanno sempre Pietro al primo posto e Giuda all’ultimo. I nomi hanno poche annotazioni che variano nelle diverse liste. Sono da notare le due coppie di fratelli (Simone-Andrea e Giacomo-Giovanni), quasi ad indicare la fraternità a fondamento della nuova comunità. La diversità: un pubblicano, un cananeo, un iscariota che lo tradirà. Non tutta brava gente pare, né altolocata o istruita o ad alta fedeltà. La chiamata quindi proviene da una libera scelta di Gesù e non da meriti o dall’importanza delle persone, perché la debolezza di quanti sono scelti riveli la potenza di Dio (1Cor 1,27-29). Mt 10,5 Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». L’istruzione per la missione, riportata qui solo in parte, va completata fino al versetto 16. I versetti 5-8 sono esclusivi di Matteo, eccetto il mandato di proclamare che il regno è vicino (Lc 10,9.11) La limitazione dei confini della missione, in questo contesto precedente la risurrezione, non è in contraddizione con Mt 28,19, dopo la risurrezione, in cui si dice di andare in tutto il mondo. Sottolinea infatti la priorità da dare alla casa di Israele. Un interesse per le «pecore perdute» (Ez 34,1-16; Is 53,16) innanzi tutto e poi per quelle «Sconosciute» (i gentili). Matteo mette in evidenza l’amore di Dio per il popolo d’Israele. Il mandato affidato agli apostoli è molto impegnativo: guarire i malati, risuscitare i morti, cacciare i demoni. È da intendere solo in senso metaforico? Certamente ci sono malati e morti nello spirito che non sono meno facili da guarire e vivificare di quelli che lo sono nel fisico, ci sono i posseduti da ideologie e mentalità di struttive. È da ricordare però che è Gesù il mandante e che nulla è impossibile a lui: «Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,11-12). Giovanni Paolo II, di venerata memoria, ha scritto nell’enciclica Redemptoris missio: «La liberazione e la salvezza, portate dal Regno di Dio, raggiungono la persona

Mt 9,36-38: Introduzione narrativa. Mt 10,1: La trasmissione del potere. Mt 10,2-4: I nomi dei Dodici. Mt 10,5-8: Istruzioni e invio. C) IL TESTO: MATTEO 9,36-10,8 Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità. I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì. Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Parola del Signore 3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE Perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita. 4. ALCUNE DOMANDE Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. - La vista della folla ha mai suscitato in me, qualche volta, un particolare sentimento? - Ricordo un momento di compassione che ho sperimentato? In quale circostanza? - Ho conosciuto qualcuno/a che aveva una grande passione per l’umanità? - Ho mai pregato Dio di fare di me un suo inviato, un suo apostolo? - In che consiste la missione affidata da Gesù ai suoi discepoli? Una missione impossibile? Perché gratuita? 5. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO A) CONTESTO PER SITUARE IL BRANO Gesù, dopo aver proposto il suo nuovo programma alternativo alla mentalità corrente (Mt 5), dopo aver annunciato il superamento della Legge e dell’osservanza con le esigenze più grandi dell’amore (Mt 6-7), dopo aver testimoniato con gesti concreti di liberazione ciò che aveva annunciato (Mt 8-9), chiama i suoi discepoli e li invia alle folle dando loro i suoi stessi poteri (Mt 10). La comunità è chiamata a prolungare e allargare la sua azione liberatrice, risanatrice, salvifica. Il nuovo popolo di Dio, fondato sui dodici apostoli, è un popolo sacerdotale, regale, profetico (1Pt 2,4-9), chiamato a collaborare con Gesù. B) AMPLIANDO L’INFORMAZIONE Mt 9,36 Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Nell’introduzione, partendo dal v. 35, viene riassunto il ministero pubblico di Gesù. Ripete in parte 4,23-25, l’introduzione al discorso della montagna. Il nostro frammento parte dalla costatazione che grandi folle lo seguivano. Folle senza pastore (1Re 22,17), stanche di sentire parole senza fatti conseguenti, sfinite dalle innumerevoli

mondo». Il discorso diventa più esigente. Ora sono i Giudei, cioè i leaders del popolo, che mormorano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono sceso dal cielo?». Loro si credevano capaci di conoscere e di riconoscere le cose che vengono da Dio. Ma si sbagliavano. Se fossero stati veramente aperti alle cose di Dio, avrebbero sentito in loro l’impulso di Dio che li attrae verso Gesù e avrebbero riconosciuto che Gesù viene da Dio (Gv 6,45). Nella celebrazione della Pasqua, i Giudei ricordavano il pane del deserto. Gesù li aiuta a fare un passo in più. Chi celebra la Pasqua ricordando solo il pane che i padri mangiarono nel deserto, morirà come tutti loro! Il vero senso della Pasqua non è quello di ricordare la manna che nel passato cadde dal cielo, bensì di accettare Gesù pane di vita che è sceso dal cielo e seguire il cammino da lui tracciato. Non vuol dire mangiare la carne dell’agnello pasquale, ma la carne di Gesù, che è sceso dal cielo per dare la vita al mondo! 5° Dialogo - Gv 6,52-58: Carne e sangue: espressione della vita e del dono totale. Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». I Giudei reagiscono: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Loro non capivano queste parole di Gesù; infatti, fin dai tempi dell’AT, il rispetto profondo verso la vita esigeva di astenersi dal sangue, perché il sangue era segno di vita (Dt 12,16.23; At 15,29). Inoltre si era vicini alla Pasqua e da lì a pochi giorni tutti avrebbero mangiato la carne e il sangue dell’agnello pasquale nella celebrazione della notte di Pasqua. Non capivano Gesù perché intendevano le sue parole in senso letterale. Mangiare la carne di Gesù significava accettare Gesù come il nuovo agnello pasquale, il cui sangue li avrebbe liberati dalla schiavitù. Bere il sangue di Gesù significava assimilare la stessa maniera di vivere che ha segnato la vita di Gesù. Ciò che dà vita non è celebrare la manna del passato, bensì mangiare questo nuovo pane che è Gesù, la sua carne e il suo sangue. Partecipando alla cena eucaristica, assimiliamo la sua vita, la sua donazione, la sua dedizione. 6° Dialogo - Gv 6,59-66: Senza la luce dello Spirito non si capiscono queste parole. Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Qui termina il discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao. Molti discepoli pensavano: Gesù sta andando troppo oltre! Sta ponendo fine alla celebrazione della Pasqua! Sta occupando il posto centrale della nostra religione! Per questo molta gente si allontanò dalla comunità senza seguire più Gesù. Gesù reagisce dicendo: «È lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita». Non dobbiamo prendere letteralmente le cose che dice. Solo con l’aiuto della luce dello Spirito Santo è possibile capire il senso pieno di tutto ciò che Gesù dice (Gv 14,25-26; 16,12-13). 7° Dialogo - Gv 6,67-71: Confessione di Pietro. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». Gesù riprese: «Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici. Alla fine rimasero solo i Dodici. Gesù chiede loro: «Volete andarvene anche voi?». Per Gesù l’importante non è il numero della gente attorno a lui. Non cambia discorso quando il messaggio non piace. Gesù parla per rivelare il Padre e non per piacere a chi che sia. Preferisce rimanere solo, più che essere accompagnato da persone che non si impegnano nel progetto del Padre. La risposta di Pietro è bella: «Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna»! Pur senza capire tutto, Pietro accetta Gesù e crede in lui. Malgrado tutti i suoi limiti, Pietro non è come Nicodemo che voleva vedere tutto chiaramente, a conferma delle sue proprie idee. Ma anche fra i Dodici c’erano persone che non accettavano la proposta di Gesù. C) APPROFONDIMENTO: EUCARISTIA E NUOVO ESODO

Nel descrivere la moltiplicazione dei pani, Gesù che cammina sulle acque e il discorso del pane di vita, il Vangelo di Giovanni suggerisce un parallelo con l’Esodo. Questo parallelo insegna che mediante l’Eucaristia si compie un nuovo Esodo. L’Eucaristia ci aiuta a vivere nello stato permanente dell’Esodo. i) La moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-15) Gesù ha davanti a sé una moltitudine affamata e la sfida a credere che garantirà il pane a tutti. Anche Mosè affrontò questa sfida durante l’itineranza del popolo nel deserto (Es 16,1-35; Nm 11,18-23). Dopo aver mangiato, la gente saziata riconosce in Gesù il nuovo Mosè, il «Profeta, colui che viene nel mondo» (Gv 6,14), secondo quanto annunciato nella Legge dell’Alleanza (Dt 18,15-22). ii) Gesù cammina sul mare (Gv 6,16-21) Nell’Esodo, il popolo, itinerante per ottenere la libertà, affronta e vince il mare (Es 14,22). Anche Gesù, come Mosè, domina e vince il mare, impedisce che la barca dei suoi discepoli sia inghiottita dalle onde e fa in modo che giungano salvi all’altra riva. iii) Il discorso sul pane di vita (Gv 6,22-58) Il discorso evoca il capi tolo 16 del libro dell’Esodo che descrive la storia della manna. Quando Gesù parla di «Un cibo che rimane per la vita eterna» (Gv 6,27), sta ricordando la manna che perisce e che va a male (Es 16,20). l Giudei, «mormorando» contro Gesù (Gv 6,41), fanno la stessa cosa degli Israeliti nel deserto che dubitavano della presenza di Dio con loro lungo la traversata (Es 16,2; 17,3; Nm 11,1). I Giudei dubitavano della presenza di Dio in Gesù di Nazaret (Gv 6,42). Gesù è la vera manna che ci dà vita per sempre. 6. ORAZIONE - Salmo 85 (84) La giustizia e la pace si abbracceranno.

Sei stato buono, Signore, con la tua terra, hai ristabilito la sorte di Giacobbe. Hai perdonato la colpa del tuo popolo, hai coperto ogni loro peccato. Hai posto fine a tutta la tua collera, ti sei distolto dalla tua ira ardente. Ritorna a noi, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi. Forse per sempre sarai adirato con noi, di generazione in generazione riverserai la tua ira? Non tornerai tu a ridarei la vita, perché in te gioisca il tuo popolo? Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia. Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua gloria abiti la nostra terra. Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra terra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino.

7. ORAZIONE FINALE

Gesù, tu ti fai presente in ogni eucaristia. Presente, come il singolare pellegrino di Emmaus, che raggiunge, avvicina, accompagna, ammaestra e conforta gli sconsolati viandanti nella sera delle perdute speranze.

apri la tua bocca, la voglio riempire. Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce, Israele non mi ha obbedito: l’ho abbandonato alla durezza del suo cuore. Seguano pure i loro progetti! Se il mio popolo mi ascoltasse! Se Israele camminasse per le mie vie! Subito piegherei i suoi nemici e contro i suoi avversari volgerei la mia mano; quelli che odiano il Signore gli sarebbero sottomessi e la loro sorte sarebbe segnata per sempre. Lo nutrirei con fiore di frumento, lo sazierei con miele dalla roccia».

7. ORAZIONE FINALE O Gesù, noi sappiamo che niente può nutrire e confortare pienamente la nostra vita se non a partire dal tuo corpo e dal tuo sangue. Ti ringraziamo e ti benediciamo, Padre, per il tesoro immenso dell’Eucaristia, pegno supremo del tuo amore misericordioso, sigillo della nostra redenzione, gioia e meraviglia delle nostre anime. Fa’, ti preghiamo, che l’Eucaristia sia davvero il centro, il cuore, il segreto della nostra vita, la sorgente di una carità che ci plasmi e si esprima in gesti e azioni concrete. Ispira a tutti i responsabili delle nazioni coraggio e perseveranza nelle iniziative di dialogo e nei gesti di pace. E tu, Gesù, uniscici strettamente a te così che possiamo dire anche noi «Sia fatta, Padre, la tua volontà». Tu che nell’Eucaristia sei con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo, rendici capaci di adorare, lodare, pregare e intercedere a nome di tutti; attira tutti verso di te, o Principe della pace; facci testimoni della tua salvezza e del tuo perdono. O Maria, madre dell’Eucaristia, vogliamo donarci a te e chiedere a Dio con il tuo cuore e le tue labbra verità, giustizia, pace, solidarietà e amore per tutti i popoli della terra. Amen. Card. Carlo Maria Martini

11°DOMENICADELTEMPOORDINARIOannoa LA MESSE È ABBONDANTE, MA GLI OPERAI SONO POCHI LA MISSIONE DEI DODICI APOSTOLI Matteo 9,36-10,8 1. ORAZIONE INIZIALE Padre nostro, la tua Parola dimora nel mondo attraverso la venuta di Gesù tuo figlio. Lui l’ha annunciata a noi con gli insegnamenti, ma soprattutto con le opere e il dono della sua vita. Il Verbo si è fatto carne. Prima di !asciarci ci ha promesso l’aiuto dello Spirito perché potessimo ricordare ciò che aveva detto e comprenderne ancor più profondamente il significato, nascosto ai nostri cuori induriti dal peccato. Donaci il tuo Spirito rivelatore e consolatore. Si infiammi il nostro cuore con la sua presenza e la tua Parola diventi provocante, viva, efficace, per servirti nei fratelli con gioia. Amen. 2.LETTURA A) CHIAVE DI LETTURA Siamo all’inizio del secondo dei cinque «discorsi» di Matteo, quello sulla missione. Gesù, il nuovo Mosè, continua a portare a compimento (Mt 5,17) la Legge antica inviando i cittadini del nuovo regno non a giudicare (Gv 3,17s; Mt 11,4-5), ma a liberare il suo popolo da ogni sorta di malattia e infermità, come fa lui. Questo invio in missione avviene durante la vita pubblica di Gesù. Ce ne sarà poi un altro, solenne e universale, dopo la risurrezione (Mt 28,18-20). I dodici apostoli, in continuità e rottura con le dodici tribù di Israele, sono chiamati a raccogliere le speranze del vecchio Israele che somiglia ora a un popolo sfinito, come un gregge senza pastore (Mt 9,36) . B) UNA DIVISIONE DEL TESTO PER AIUTARNE LA LETTURA

C) APPROFONDIMENTO: IL MIRACOLO PIÙ GRANDE Alcuni chiedono: «Ma allora non ci fu miracolo? Fu solo condivisione?». Ecco tre riflessioni a mo’ di risposta: Una prima riflessione: Quale sarebbe oggi il miracolo più grande: per esempio, in un determinato giorno dell’anno, il giorno di Natale, tutte le persone hanno di che mangiare, ricevono un cesto natalizio; o potrebbe essere che la gente cominci a condividere il suo pane, arrivi a sfamare tutti ed avanzi cibo per altre folle. Quale sarebbe il miracolo più grande? Cosa pensate? Una seconda riflessione: La parola Miracolo (miraculum) viene dal verbo ammirare. Un miracolo è un’azione straordinaria, fuori dal normale, che causa ammirazione e fa pensare a Dio. Il grande miracolo, il più grande di tutti, è (i) Gesù stesso, Dio fatto uomo! E così straordinariamente umano, come solo Dio può essere umano! Un altro grande miracolo è (ii) il cambiamento che Gesù riesce ad ottenere nella folla, abituata a soluzioni dal di fuori. Gesù riesce a fare in modo che la folla affronti il problema a partire da se stessa, a partire dai mezzi di cui dispone. Grande miracolo, cosa straordinaria, è (iii) che mediante questo gesto di Gesù, tutti mangiano e il cibo avanza! Quando si condivide, ce n’è sempre... e avanza! Quindi sono tre i grandi miracoli: Gesù stesso, la conversione delle persone, la condivisione dei beni che genera abbondanza! Tre miracoli nati dalla nuova esperienza di Dio come Padre, rivelataci in Gesù. Questa esperienza di Dio cambiò tutti gli schemi mentali e il modo di vivere, aprì un orizzonte totalmente nuovo e creò un modo nuovo di vivere insieme agli altri. È questo il miracolo più grande: un altro mondo è possibile! Una terza riflessione: È difficile sapere come sono avvenute di fatto le cose. Nessuno sta dicendo che Gesù non fece il miracolo. Ne ha fatti, e molti! Ma non dobbiamo dimenticare che il miracolo più grande è la risurrezione di Gesù. Per la fede in Gesù, la folla comincia a vivere in un modo nuovo, condividendo il suo pane con i fratelli e le sorelle che non hanno nulla e che sono affamati: «E tutti distribuivano ciò che avevano, e non c’era alcun bisognoso tra di loro» (cf At 4,34). Quando nella Bibbia si descrive un miracolo, l’attenzione maggiore non viene posta nell’aspetto miracoloso in sé, bensì nel significato che ha per la vita e per la fede delle comunità che credono in Gesù, rivelazione del Padre. Nel cosiddetto «primo mondo» dei paesi detti «Cristiani», gli animali hanno più cibo degli esseri umani «del terzo mondo». Molta gente ha fame! Vuoi dire che l’Eucaristia non ha ancora la profondità e la portata che potrebbe e dovrebbe avere. 6. ORAZIONE - Salmo 81 (80) Dio che libera e alimenta il suo popolo.

Esultate in Dio, nostra forza, acclamate il Dio di Giacobbe! Intonate il canto e suonate il tamburello, la cetra melodiosa con l’arpa. Suonate il corno nel novilunio, nel plenilunio, nostro giorno di festa. Questo è un decreto per Israele, un giudizio del Dio di Giacobbe, una testimonianza data a Giuseppe, quando usciva dal paese d’Egitto. Un linguaggio mai inteso io sento: «Ho liberato dal peso la sua spalla, le sue mani hanno deposto la cesta. Hai gridato a me nell’angoscia e io ti ho liberato; nascosto nei tuoni ti ho dato risposta, ti ho messo alla prova alle acque di Merìba. Ascolta, popolo mio: contro di te voglio testimoniare. Israele, se tu mi ascoltassi! Non ci sia in mezzo a te un dio estraneo e non prostrarti a un dio straniero. Sono io il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto salire dal paese d’Egitto:

Presente nel silenzio e nella passività dei segni sacramentali, quasi che tu voglia tutto insieme velare e tutto svelare di te, in modo che solo chi crede comprenda, e tutto difendere e insieme tutto offrire di te, in modo che solo chi ama possa veramente ricevere. Verso di te ci attiri, paziente; paziente nell’oblazione di te per l’altrui salvezza, per l’altrui alimento; paziente nella figurazione del corpo separato dal sangue, come vittima cioè immolata e dissanguata; paziente fino all’estrema misura del dolore, del disonore, dell’abbandono, dell’angoscia e finalmente della morte, affinché nella misura della pena fosse palese il grado della colpa e dell’amore, della colpa umana e dell’amore tuo. Giovanni Battista Montini (Paolo VI), Dal discorso pronunciato al termine della processione del «Corpus Domini», Milano 1961.

CORPOESANGUEDICRISTOannob

L’ISTITUZIONE DELL’EUCARISTIA LA SUPREMA PROVA DELL’AMORE Marco 14,12-1 6.22-26 1. ORAZIONE INIZIALE Il tuo corpo donato è divenuto cibo e bevanda di salvezza, o Gesù. Nella Parola come nel pane e nel vino sei sacramento dell’amore del Padre. Ti adoro, Signore Gesù, per come oggi nutri il mio spirito, doni sostegno sicuro al mio corpo. Ti ringrazio per il più grande atto d’amore in cui troviamo vigore, forza, vita nuova. Sei la vita e ti sei fatto pane che dà vita, ti sei fatto pane che vive, che sazia per sempre. «Questo è il tuo corpo, questo è il tuo sangue, offerto in sacrificio per noi, perché mangiandone tutti, commemoriamo la tua morte, la tua risurrezione e diventiamo parte del tuo Regno». A volte mi chiedo perché non torni sulla terra, poi mi rendo conto che sei con me, vivo e vero nel Pane e nella Parola che la Chiesa ci spezza. Ti adoro, ti adoro Pane che dai luce, che porti la salvezza nel profondo del mio cuore. Amen (M. G.) 2. LETTURA A) CHIAVE DI LETTURA Oggi, festa del Corpus Christi, la Chiesa ci pone dinanzi l’Ultima Cena, l’ultimo incontro di Gesù con i suoi discepoli. Fu un incontro teso, pieno di contraddizioni. Giuda aveva già deciso di tradire Gesù (Mc 14,10). Pietro lo avrebbe negato (Mc 14,30) . Gesù lo sapeva. Ma non perdette la calma né il senso dell’amicizia. Al contrario, proprio durante quest’Ultima Cena istituì l’Eucaristia e realizzò il supremo gesto del suo amore per loro ( Gv 13,1). I quattro versi che descrivono l’Eucaristia (Mc 14,22-25) fanno parte di un contesto assai più ampio (Mc 14,1-31). I diversi eventi, narrati prima e dopo l’Eucaristia, aiutano a capire meglio il significato del gesto di Gesù. Prima del gesto dell’Eucaristia, Marco narra la decisione delle autorità di uccidere Gesù (Mc 14,1-2), il gesto di fedeltà della donna anonima che unge Gesù in vista della sua sepoltura (Mc 14,3-9), il patto del tradimento di Giuda (Mc 14,10-11), la preparazione della Pasqua (Mc 14,12-16) e l’indicazione del traditore (Mc 14,17-21). Dopo quel gesto, segue la predizione della fuga da parte di tutti (Mc 14,26-28) e l’annuncio della negazione di Pietro (Mc 14,29-31). La liturgia di questo giorno taglia un pezzettino del testo, però mantiene l’essenziale della narrazione dell’istituzione dell’Eucaristia (Mc 14,12-l6.22-26). Nel corso della lettura, pensiamo di stare con Gesù e i discepoli nella sala, partecipando all’Ultima Cena, e cerchiamo di fissare la nostra attenzione in ciò che più ci colpisce e tocca il nostro

cuore. B) UNA DIVISIONE DEL TESTO PER AIUTARNE LA LETTURA Mc 14,12: I discepoli vogliono sapere dove celebrare la Pasqua. Mc 14,13-15: Gesù dà istruzioni su dove e come preparare la Pasqua. Mc 14,16: I discepoli fanno ciò che Gesù dice loro di fare. Mc 14,17-21: L’annuncio del tradimento di Giuda. Mc 14,22-24: Gesù dà un senso nuovo al pane e al vino. Mc 14,25-26: Parole finali. Mc 14,27-31: L’annuncio della dispersione di tutti e della negazione di Pietro. C) IL TESTO: MARCO 14,12-16.22-26 Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Parola del Signore 3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE Perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita. 4. ALCUNE DOMANDE Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. - Qual è il punto di questo testo che ti ha colpito di più e perché? - Quali sono, uno per uno, i diversi eventi che il testo descrive? - Qual è l’atteggiamento di Gesù davanti a Giuda che lo tradisce, e davanti a Pietro che lo nega? - Cosa significa il gesto di Gesù che spezza il pane dicendo: «Prendete e mangiate! Questo è il mio corpo che sarà dato per voi!». Come aiuta questo testo a capire meglio l’Eucaristia? - Guardati nello specchio, entra nel tuo cuore e chiediti: «Sono come Pietro che negò? Sono come Giuda che tradì? Sono come i Dodici che fuggirono? O sono come la donna anonima che rimase fedele (Mc 14,3-9)?». 5. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO A) CONTESTO Siamo nella sala dell’Ultima Cena. Gli eventi di due giorni prima aumentarono le tensioni tra Gesù e le autorità. L’entrata solenne di Gesù a Gerusalemme (Mc 11,1-11), l’espulsione dei venditori dal tempio (Mc 11,12-26), le discussioni con i sacerdoti, gli scribi e gli anziani (Mc da 11,27 a 12,12), con i farisei e gli erodiani (Mc 12,13-17), con i sadducei (Mc 12,18-27), con gli scribi (Mc 12,28-40), la riflessione sulle offerte dei ricchi e dei poveri (Mc 12,41-44), l’annuncio della distruzione del tempio (Mc 13,l-3) e il discorso del giudizio finale (Mc 13,4-37): tutto ciò fece crescere l’opposizione dei grandi contro Gesù. Da un lato la donna anonima, una discepola fedele, che accettava Gesù come Messia, e crocifisso (Mc 14,2-9). Dall’altro i discepoli, che non riuscivano a capire né tanto meno ad accettare la Croce, e che volevano fuggire, negare e tradire (Mc 14,17-21.27-31). E in mezzo a questo ambiente teso e minaccioso, avviene il gesto d’amore di Gesù che si dona totalmente spezzando il pane per i suoi discepoli. Negli anni 70, all’epoca di Marco, molti cristiani per paura, avevano rifiutato, negato o tradito la loro fede. Ed ora loro si chiedevano: «Noi abbiamo rotto il rapporto con Gesù. Non sarà che anche lui ruppe il rapporto con noi?

fede ed orientarli in mezzo alle difficoltà. Nel modo di descrivere la moltiplicazione dei pani, Luca evoca la celebrazione dell’Eucaristia che avviene nelle comunità degli anni 80, e aiuta le persone ad approfondire il significato dell’Eucaristia per la loro vita. Inoltre, nella stessa descrizione della moltiplicazione dei pani, come vedremo, Luca evoca figure importanti della storia del popolo di Dio: Mosè, Elia ed Eliseo, mostrando, così, che Gesù è veramente il Messia che viene a compiere le promesse del passato. B) COMMENTO DEL TESTO Lc 9,10 Gesù e i discepoli si ritirano in un luogo solitario. I discepoli ritornano dalla missione, a cui erano stati inviati (Lc 9,1-6). Gesù li invita a ritirarsi con lui in un luogo solitario, vicino a Betsaida, al nord del lago di Galilea. Il vangelo di Marco aggiunge che lui li invita a riposarsi un poco (Mc 6,31). Descrivendo la missione dei 72 discepoli, Luca descrive la revisione dell’azione missionaria da parte di Gesù, azione svolta dai discepoli (Lc 10,17-20). Lc 9,11 La folla cerca Gesù e Gesù accoglie la folla. La folla sa dove si trova Gesù e lo segue. Marco è più esplicito. Dice che Gesù e i discepoli vanno in barca e la folla segue a piedi, per un altro cammino, in un luogo determinato. La folla giunge prima di Gesù (Mc 6,32-33). Giunti al luogo del riposo, vedendo quella folla, Gesù l’accoglie, parla del Regno e cura i malati. Marco aggiunge che la folla sembra un gregge senza pastore. Dinanzi a questa situazione della folla, Gesù reagisce come un «buon pastore», orientando la folla con la sua parola e nutrendola con pani e pesci (Mc 6,34ss). Lc 9,12 La preoccupazione dei discepoli e la fame della folla. Il giorno comincia a declinare, si avvicina il tramonto. I discepoli sono preoccupati e chiedono a Gesù di allontanare la folla. Dicono che nel deserto non è possibile trovare cibo per tanta gente. Per loro l’unica soluzione è che la folla vada nei villaggi vicini, a comprare pane. Non riescono ad immaginare un’altra soluzione. Tra le linee di questa descrizione della situazione della folla, appare qualcosa di molto importante. Per poter stare con Gesù, la gente dimentica di mangiare. Vuoi dire che Gesù deve aver saputo attrarre la folla, fino al punto che questa dimentica tutto nel seguirlo per il deserto. Lc 9,13 La proposta di Gesù e la risposta dei discepoli. Gesù dice: «Voi stessi date loro da mangiare». I discepoli sono spaventati, poiché hanno solo cinque pani e due pesci. Ma sono loro che devono risolvere il problema, e l’unica cosa che viene loro in mente di fare è andare a comprare pane. Hanno in mente solo la soluzione tradizionale, secondo cui qualcuno deve procurare pane per la gente. Qualcuno deve procurare il denaro, comprare pane e distribuirlo tra la folla, ma in quel deserto, questa soluzione è impossibile. Loro non vedono un’altra possibilità di risolvere il problema. Ossia: se Gesù insiste nel non rimandare la gente a casa loro, non c’è soluzione per la fame della folla. Non passa loro per la mente che la soluzione potrebbe venire da Gesù e dalla folla stessa. Lc 9,14-15 L’iniziativa di Gesù per risolvere il problema della fame. C’erano lì cinquemila persone. Molta gente! Gesù chiede ai discepoli di far sedere la folla in gruppi di cinquanta. Ed è qui che Luca comincia ad usare la Bibbia per illuminare i fatti della vita di Gesù. Evoca Mosè. E lui infatti che, per primo, dà da mangiare alla folla affamata nel deserto dopo l’uscita dall’Egitto (cf Nm cc. l-4). Luca evoca anche il profeta Eliseo. È Eliseo, infatti, che nell’Antico Testamento fa bastare pochi pani per sfamare una moltitudine di gente e ne fa perfino avanzare (2Re 4,42-44). Il testo suggerisce quindi che Gesù è il nuovo Mosè, il nuovo profeta che deve venire al mondo (cf Gv 6,14-15). La moltitudine delle comunità conosceva l’Antico Testamento, ed a buon intenditore basta mezza parola. Così vanno scoprendo, poco a poco, il mistero che avvolge la persona di Gesù. Lc 9,16 Evocazione e significato dell’Eucaristia. Dopo che il popolo si siede per terra, Gesù moltiplica i pani e chiede ai discepoli di distribuirlo. Qui è importante notare come Luca descrive il fatto. Dice: «Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla». Questo modo di parlare alle comunità degli anni 80 (e di tutti i tempi) fa pensare all’Eucaristia. Poiché queste stesse parole saranno usate (e lo sono tuttora) nella celebrazione della Cena del Signore (22,19). Luca suggerisce che l’Eucaristia deve portare alla moltiplicazione dei pani, che vuoi dire condivisione. Deve aiutare i cristiani a preoccuparsi dei bisogni concreti del prossimo. È pane di vita che dà coraggio e porta il cristiano ad affrontare i problemi della folla in modo diverso, non dal di fuori, ma dal di dentro della gente. Lc 9,17 Il grande segno: tutti mangeranno. Tutti mangeranno, si sazieranno ed avanzeranno ceste intere! Soluzione inattesa, realizzata da Gesù e nata dal di dentro della folla, partendo da quel poco che avevano portato, cinque pani e due pesci. E, dopo che cinquemila persone hanno mangiato cinque pani e due pesci, avanzano ancora dodici ceste!

(Lc 9,22-28). Avviene la Trasfigurazione, in cui Gesù parla con Mosè e con Elia della sua passione e morte a Gerusalemme (Lc 9,28-43). Segue un nuovo annuncio della passione, con sbalordimento ed incomprensione da parte dei discepoli (Lc 9,44-50). Infine, Gesù decide di andare a Gerusalemme, dove incontrerà la morte (Lc 9,52). B) UNA DIVISIONE DEL TESTO PER AIUTARNE LA LETTURA Lc 9,11b: La folla viene a conoscenza del trasferimento a Betsaida e Gesù la accoglie. Lc 9,12: La preoccupazione dei discepoli per la fame della folla. Lc 9,13: La proposta di Gesù e la risposta dei discepoli. Lc 9,14-15: L’iniziativa di Gesù per risolvere il problema della fame. Lc 9,16: L’evocazione e il senso dell’Eucaristia. Lc 9,17: Il grande segno: tutti mangeranno. C) IL TESTO: LUCA 9,11b-17 In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste. Parola del Signore 3. MOMENTO DI SILENZIO ORANTE Perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita. 4. ALCUNE DOMANDE Per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. - Qual è il punto del testo che più ti è piaciuto o che più ti ha colpito? - Qual è la situazione della folla che emerge dal testo? - Qual è la reazione o il sentimento dei discepoli dinanzi alla situazione della folla? - Qual è la reazione o il sentimento di Gesù dinanzi alla situazione della folla? - Quali fatti della storia dell’Antico Testamento sono evocati in questo testo? - Conosci iniziative di persone che oggi danno da mangiare alla folla affamata? - Come aiutiamo noi la folla? Diamo pesci, o insegniamo a pescare? 5. PER COLORO CHE VOGLIONO APPROFONDIRE IL TESTO A) CONTESTO PER SITUARE IL BRANO Il contesto storico del vangelo di Luca ha sempre due aspetti: il contesto del tempo di Gesù degli anni 30, in Palestina, e il contesto delle comunità cristiane degli anni 80, per cui Luca scrive il suo vangelo. Al tempo di Gesù, in Palestina, il popolo» viveva nell’aspettativa che il Messia, al suo arrivo, sarebbe stato come un nuovo Mosè e avrebbe ripetuto i grandi segni operati da Mosè nell’Esodo: condurre il popolo per il deserto e nutrirlo con la manna. La moltiplicazione dei pani nel deserto era per la folla il segno che era giunto il tempo messianico (cf Gv 6,14-15). Al tempo di Luca, nelle comunità della Grecia, era importante confermare i cristiani nelle loro convinzioni di

Forse possiamo ritornare?». Non c’era una risposta chiara. Gesù non ha lasciato scritto nulla. E fu riflettendo sui fatti e ricordando l’amore di Gesù che i cristiani scoprirono la risposta. Come vedremo nel commento, Marco, nel modo di descrivere l’Ultima Cena, comunica la risposta che risponde a queste domande delle comunità. E cioè, l’accoglienza e l’amore di Gesù superano la sconfitta e il fallimento dei discepoli. Il ritorno è sempre possibile! B) COMMENTO DEL TESTO Mc 14,12-16 Preparazione della Cena pasquale.. In totale contrasto con la discepola anonima che unse Gesù, Giuda, uno dei Dodici, decise di tradire Gesù e cospirò con i nemici che gli promisero denaro (Mc 14,10-12). Gesù sa che sarà tradito. Nonostante ciò, cerca di fraternizzare con i discepoli nell’Ultima Cena. Sicuramente avranno speso molto denaro per poter affittare quella sala grande, al piano superiore, con tappeti (cfr. Mc 14,15). Poi, essendo la notte di Pasqua, la città era super affollata di gente di passaggio. E quindi la popolazione triplicava. Era difficile trovare una sala per riunirsi. Nella notte di Pasqua, le famiglie venute da tutte le parti del paese, portavano il loro agnello per sacrificarlo nel tempio e, subito dopo, ogni famiglia nella celebrazione intima e familiare di casa, celebrava la Cena pasquale e mangiava l’agnello. La celebrazione della Cena pasquale era presieduta dal padre di famiglia. Per questo, Gesù presiedeva la cerimonia e celebrava la Pasqua insieme ai suoi discepoli, la sua nuova «famiglia» (cfr. Mc 3,33-35). Quella «sala grande al piano superiore» rimase nella memoria dei primi cristiani come il luogo della prima Eucaristia. E lì che si riunirono dopo l’Ascensione del Signore di Gesù (At 1,13) e lì stavano riuniti quando scese lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (At 2,1). Deve essere stata la stessa sala dove si riunivano per pregare durante la persecuzione (At 4,23.31) e dove Pietro li incontrò dopo la sua liberazione (At 12,12). La memoria è concreta, legata a tempi e luoghi della vita. Mc 14,22-26 L’Eucaristia: il gesto supremo d’amore. L’ultimo incontro di Gesù con i discepoli si svolge nell’ambiente solenne della tradizionale celebrazione di Pasqua. Il contrasto è molto grande. Da un lato, i discepoli, che si sentono insicuri, e non capiscono nulla di quanto succede. Dall’altro lato, Gesù, calmo e padrone della situazione, che presiede la cena e compie il gesto di spezzare il pane, invitando gli amici a prendere il suo corpo e il suo sangue. Lui fa ciò per cui sempre pregò~ dare la sua vita affinché i suoi amici potessero vivere. E questo il senso profondo dell’Eucaristia: imparare da Gesù a distribuirsi, a darsi, senza paura delle forze che minacciano la vita. Perché la vita è più forte della morte. La fede nella risurrezione annulla il potere della morte. Terminata la cena, uscendo con i suoi amici verso l’Orto, Gesù annuncia che tutti l’abbandoneranno: fuggiranno o si disperderanno! Ma già li avvisa: «Dopo la risurrezione, vi precederò in Galilea!». Loro rompono il rapporto con Gesù, ma non Gesù con loro! Lui continua ad aspettarli in Galilea, nello stesso luogo dove, tre anni prima, li aveva chiamati per la prima volta. Ossia, la certezza della presenza di Gesù nella vita del discepolo è più forte dell’abbandono e della fuga! Gesù continua a chiamare. Chiama sempre! Il ritorno è sempre possibile! È questo l’annuncio di Marco ai cristiani degli anni 70 e a tutti noi. Per il suo modo di descrivere l’Eucaristia, Marco accentua ancor più il contrasto tra il gesto di Gesù e l’atteggiamento dei discepoli. Prima del gesto d’amore, parla del tradimento di Giuda (Mc 14,17-21) e, dopo il gesto di Gesù, parla dell’annuncio della negazione di Pietro e della fuga dei discepoli (Mc 14,27-31). In questo modo, pone l’accento sull’amore incondizionato di Gesù, che supera il tradimento, la negazione e la fuga degli amici. E la rivelazione dell’amore gratuito del Padre! Chi lo sperimenterà dirà: «Né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore!» (Rm 8,39). C) AMPLIANDO L’INFORMAZIONE La celebrazione della Pasqua nel tempo di Gesù La Pasqua era la festa principale dei giudei. In essa si commemorava la liberazione dall’Egitto, evento che si trova all’origine del popolo di Dio. Ma più che una semplice memoria dell’Esodo, la Pasqua era una porta che si apriva, di nuovo ogni anno, affinché tutte le generazioni potessero avere accesso a quella stessa azione liberatrice di Dio che, nel passato, aveva generato il popolo. Mediante la celebrazione della Pasqua, ogni generazione, ogni persona, attingeva dalla stessa fonte da cui avevano attinto i padri, nel passato, per essere liberati dalla schiavitù d’Egitto. La celebrazione era come una rinascita annuale. Nel tempo di Gesù, la celebrazione della Pasqua era fatta in modo tale che i partecipanti potessero percorrere lo stesso cammino che fu percorso dal popolo, dopo la liberazione dall’Egitto. Affinché questo potesse avvenire, la celebrazione si svolgeva con molti simboli: erbe amare, agnello mal arrostito, pane non lievitato, calice di vino, ed altro. Durante la celebrazione, il figlio minore doveva chiedere al padre: «Papà, perché questa notte è diversa dalle altre? Perché mangiamo erbe amare? Perché l’agnello è mal cotto? Perché il pane non è lievitato?». E il padre rispondeva, raccontando con libertà i fatti del passato: «Le erbe amare ci permettono di sperimentare la durezza e l’amarezza della schiavitù. L’agnello mal cotto evoca la rapidità dell’azione divina che libera il popolo. Il pane non lievitato indica il bisogno di rinnovamento e di conversione costanti. Ricorda anche la mancanza di tempo per preparare il tutto, essendo assai rapida l’azione divina». Questo modo di celebrare la Pasqua, presieduta dal padre di famiglia, dava libertà e creatività al presidente nel modo di condurre la celebrazione.

EUCARISTIA: LA PASQUA CELEBRATA DA GESÙ NELL’ULTIMA CENA Fu con l’intenzione di celebrare la Pasqua dei giudei che Gesù, alla vigilia della sua morte, si riunì con i suoi discepoli. Era il suo ultimo incontro con loro. Per questo, lo chiamiamo incontro dell’«Ultima Cena» (Mc 14,22-26; Mt 26,26-29; Lc 22,14-20). l molti aspetti della Pasqua dei giudei continuano ad essere validi per la celebrazione della Pasqua di Gesù e ne sono lo sfondo. Aiutano a capire tutta la portata dell’Eucaristia. Approfittando della libertà che il rituale gli dava, Gesù dette un nuovo significato ai simboli del pane e del vino. Nel distribuire il pane disse: «Prendete e mangiate, questo è il mio corpo dato per voi!». Nel distribuire il calice con il vino disse: «Prendete e bevete, questo è il mio sangue sparso per voi e per molti». Ed infine, consapevole del fatto che si trattava dell’ultimo incontro, l’«Ultima Cena», Gesù disse: «Io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio» (Mc 14,25). In questo modo, lui univa la sua dedizione, simbolizzata nel pane spezzato e condiviso, all’utopia del Regno. Eucaristia vuoi dire celebrare la memoria di Gesù che dà la sua vita per noi, affinché ci sia possibile di vivere in Dio ed avere accesso al Padre. Ecco il senso profondo dell’Eucaristia: rendere presente in mezzo a noi, e sperimentare nella propria vita, l’esperienza di Gesù che si dona, morendo e risuscitando. LA CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA DA PARTE DEI PRIMI CRISTIANI Non sempre i cristiani sono riusciti a mantenere questo ideale dell’Eucaristia. Negli anni 50, Paolo critica la comunità di Corinto che, nel celebrare la cena del Signore faceva esattamente il contrario, poiché alcuni prendono prima il loro pasto, e così uno ha fame, l’altro è ubriaco (1Cor 11,20-22). Celebrare l’Eucaristia come memoriale di Gesù vuol dire assumere il progetto di Gesù. Vuol dire assimilare il progetto di Gesù. Vuoi dire assimilare la sua vita condivisa, messa completamente al servizio della vita dei poveri. Al termine del primo secolo, il vangelo di Giovanni, invece di descrivere il rito dell’Eucaristia, descrive come Gesù si inginocchiava per compiere il servizio più comune di quel tempo: lavare i piedi. Al termine del servizio, Gesù non disse: «Fate questo in memoria di me» (come nell’istituzione dell’Eucaristia in Lc 22,19; 1Cor 11,24), ma disse: «Fate ciò che io ho fatto» (Gv 13,15). Invece di ordinare di ripetere il rito, il vangelo di Giovanni chiede atteggiamenti di vita che mantengano viva la memoria del dono senza limiti che Gesù fa di sé. I cristiani della comunità di Giovanni sentivano il bisogno di insistere più sul significato dell’Eucaristia come servizio che come rito in sé. RIASSUMENDO Dimenticare la ricchezza della Pasqua dei giudei, quando si celebra un’Eucaristia, è come gettare a terra la parete dove è appeso il quadro. La ricchezza della celebrazione della Pasqua, così come veniva fatta nell’Antico Testamento e al tempo di Gesù, aiuta ad approfondire il senso dell’Eucaristia ed evita la routine che banalizza tutto. Riassumendo quanto visto, ecco alcuni aspetti che possono arricchire le nostre celebrazioni: - Prendere coscienza dell’oppressione in cui viviamo ancora - Masticare erbe amare Ricordare la liberazione dall’oppressione - La risposta del padre alle domande del figlio - Sperimentare la rapidità della forza liberatrice di Dio - Carne mal cotta e pane non lievitato - Celebrare l’Alleanza, assumere di nuovo l’impegno - Impegnarsi mangiando il pane che Gesù offre - Ringraziare per le meraviglie di Dio per noi - gesti di lode - Rianimare la fede, la speranza e l’amore- animazione reciproca - Ricordare quanto già fatto e ancora non fatto - Ricordare ciò che Dio fece per noi - Ricreare in noi lo stesso dono che Gesù fece di sé- lavare i piedi - Vivere la passione, la morte e la risurrezione - nel quotidiano mistero della vita - Compiere la comunione, generatrice di fraternità- gesti di pace e di aiuto 6. ORAZIONE - Salmo 16 (15) Il Signore è mia parte di eredità

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene». Agli idoli del paese, agli dèi potenti andava tutto il mio favore.

Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio straniero. lo non spanderò le loro libagioni di sangue, né pronuncerò con le mie labbra i loro nomi. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi: la mia eredità è stupenda. Benedico il Signore che mi ha dato consiglio; anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.

7. ORAZIONE FINALE Signore Gesù, avevi donato tutto: il tuo tempo, perché tutti potessero incontrarti, ascoltarti, vederti e toccarti; la tua parola, perché tutti sentissero la notizia del Regno e della vita nuova; i tuoi gesti, di bontà e di tenerezza, di coraggio e di misericordia perché tutti fossero certi di essere amati. Non ti restava altro da offrire che te stesso, il tuo corpo e il tuo sangue, la tua stessa vita. E ne hai fatto dono per tutti. Ogni volta che tendo le mie mani, tu metti in esse te stesso, quel pane che è il tuo corpo spezzato per la vita del mondo! Amen. (M.G.)

CORPOESANGUEDICRISTOannoc

MOLTIPLICARE IL PANE PER GLI AFFAMATI GESÙ PROMUOVE LA CONDIVISIONE Luca 9,11b-17 1. ORAZIONE INIZIALE Gesù, mio Signore, nella semplicità del cuore e con viva fede io ti adoro realmente presente nel sacramento della santa Eucaristia. Tu, Gesù, sei il pane disceso dal cielo, il cibo che ci sostiene nel cammino della vita: tu sei la sorgente dell’amore che sa donarsi fino al sacrificio di sé: tu sei il pegno della vita eterna. Signore Gesù, infinito è l’amore che ti ha spinto a restare con noi in questo sacramento per donarti totalmente a noi. Gesù, fammi la grazia che ogni comunione sacramentale sia un grande atto di fede e amore. O mio Salvatore, fa’ che tutto assorto in te, impari a morire a me stesso per donarmi tutto ai fratelli. Signore, fammi ancora la grazia che unito a te viva una vita nuova e divina, per giungere un giorno là dove potrò contemplarti a faccia a faccia oltre il Pelo del sacramento e amarti per tutta l’eternità. Amen. San Giovanni Bosco 2. LETTURA A) CHIAVE DI LETTURA Il nostro testo si trova a metà del vangelo di Luca: Gesù espande ed intensifica la sua missione nei villaggi della Galilea e manda i dodici discepoli ad aiutarlo (Lc 9,1-6). La notizia di tutto questo raggiunge Erode, colui che mandò ad uccidere Giovanni Battista (Lc 9,7-9). Quando i suoi discepoli ritornano dalla missione, Gesù li invita ad andare in un luogo solitario (Lc 9,10). Qui segue il nostro testo che parla della moltiplicazione dei pani (Lc 9,11-17). Subito dopo Gesù pone una domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?» (Lc 9,18-21). Detto questo, per la prima volta, parla della sua passione e della sua morte e delle conseguenze di tutto ciò per la vita dei discepoli