16 maggio 2014 - salute.gov.it · un'occasione di aggiornamento per tutti gli attori coinvolti...
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16 maggio 2014
15/05/14 Quotidianosanità.it
Epatite C. Congresso a Stresa. In Italia ogni anno 1000 trapianti. Focus su
nuove terapie e sostenibilità
15/05/14 Controcampus.it
All’Insubria i Centri di Trapianto di Fegato contro l’Epatite C
15/05/14 VareseNews / Salute
Epatite C: come assicurare la guarigione nei pazienti trapiantati
15/05/14 InfoOggi
Sanità del Lazio, Zingaretti: "Basta incertezze sui centri di procreazione
assistita"
Elisa Lepone
15/05/14 Corriere della Sera / Salute
Stamina, Napolitano: «Nessuna possibilità di intervento»
16/05/14 QuiBrescia.it
Stamina, «Napolitano non può intervenire»
15/05/14 Wired.it
Stamina, a Brescia il comitato etico “non poteva non sapere”
Gianluca Dotti
15/05/14 Messaggeroveneto
La scienziata Cattaneo: Sul caso “Stamina” hanno deragliato tutti medici, giudici,
politici
Luciano Santin
Epatite C. Congresso a Stresa. In Italia ogni anno 1000 trapianti. Focus su nuove terapie e sostenibilità
Nuove terapie garantiscono la guarigione almeno nel 95% dei soggetti non trapiantati, riferiscono gli operatori. Ma l’Italia è in grado di sostenere le spese? Questo ed altri quesiti verranno posti e si proverà a dare una risposta durante il Congress on Viral Hepatitis and Organ Transplantation, a Stresa il 19 e 20 maggio prossimi, organizzato dal Prof. Paolo Grossi insieme agli esperti di diversi Enti
15 MAG - Nel nostro paese, ogni anno vengono effettuati circa 1000 trapianti di fegato, di cui circa la metà su pazienti affetti da virus dell’epatite C, i quali hanno sviluppato o la cirrosi o un tumore epatico: lo Stato è in grado di sostenere la spesa per le nuove terapie? Questa ed altre questioni verranno affrontate durante l’International Congress on Viral Hepatitis and Organ Transplantation, un evento che si terrà a Stresa il 19 e 20 maggio prossimi e che vedrà la partecipazione di 23 centri italiani. Essi saranno riuniti per discutere le tematiche relative alla sostenibilità delle cure per l’epatite C, in un'occasione di aggiornamento per tutti gli attori coinvolti nella gestione dei pazienti candidati o sottoposti a trapianto di organo solido e affetti dai virus dell'epatite B o C o da HIV; in particolare a comprendere se ai trapiantati di fegato potrà essere garantita la cura con i nuovi super farmaci. Il focus centrale, dunque, sarà rivolto all’analisi delle strategie di utilizzo a seguito dell’introduzione in Italia dei nuovi farmaci per i soggetti trapiantati, nonché della loro sostenibilità economica. Il tutto nell’obiettivo di cercare “una soluzione per tutti i soggetti maggiormente vulnerabili: i pazienti già trapiantati e quelli in lista d’attesa per ricevere un trapianto d’organo”, illustra l’organizzatore dell’evento a Stresa, Paolo Grossi, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi dell’Insubria e second opinion infettivologica nazionale per le problematiche infettivologiche nel processo di donazione e trapianto; sotto l’egida di Centro Nazionale Trapianti, dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’Università degli Studi dell’Insubria, dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese e delle principali Società Scientifiche Nazionali nel settore dell’epatologia e dei trapianti d’organo.
In generale, nella totalità dei casi di trapianto, si verifica una recidiva dell’epatite C, che inoltre in un
30% di casi porta nell’arco di 5 anni a sviluppare di nuovo la cirrosi epatica: questo rappresenta uno dei
principali limiti della riuscita del trapianto, un problema di cui gli esperti prenderanno in considerazione
le ricadute sia a livello sanitario per il paziente che a livello socio-economico.
Al contrario, le nuove terapie garantiscono la guarigione dall’epatite C nei soggetti non trapiantati nel
95% e oltre dei casi. “Questi nuovi farmaci segnano una svolta epocale nella terapia della epatite C –
afferma il professor Paolo Grossi. “Il problema sarà la sostenibilità economica: la cura è estremamente
costosa, quasi 100mila euro solo per uno dei farmaci”.
I nuovi farmaci sono stati approvati dalla Agenzia Europea del farmaco (EMA) e adesso gli Stati
dell’Unione devono procedere alla approvazione, affermano gli esperti.“Nelle more dello svolgimento di
questi passaggi burocratici - in Italia si attende l’autorizzazione dell’AIFA – in attesa della
commercializzazione, abbiamo richiesto alle ditte farmaceutiche produttrici di distribuire gratuitamente i
farmaci in casi selezionati di imminente esito infausto: ossia per quei soggetti che senza l’assunzione
del farmaco sarebbero già morti” continua Grossi.
A Varese il farmaco viene somministrato a un paziente trapiantato di fegato, riferiscono gli esperti e,
come spiega sempre il professore “la risposta è straordinaria, le cure che venivano somministrate in
precedenza, a base di interferone, avevano effetti collaterali pesanti e non assicuravano la guarigione
dalla epatite C: con le vecchie terapie la guarigione nei pazienti trapiantati si aveva in non oltre il 30 per
cento dei casi, con le nuove ci si attende una percentuale di successo superiore al 90%”.
All’Insubria i Centri di Trapianto di Fegato contro l’Epatite C
Università degli Studi Insubria Varese-Como – I ventitre centri italiani di trapianto di fegato
riuniti per discutere della nuova terapia contro l’Epatite C
Ogni anno in Italia mille trapianti di fegato: lo Stato è in grado di sostenere la spesa per le nuove
terapie?
L’Italia sarà in grado di sostenere la spesa per i nuovi farmaci che garantiscono la guarigione
dal virus dell’Epatite C in un’elevata percentuale di pazienti?
A questo interrogativo di grande attualità proveranno a dare una risposta i maggiori esperti nazionali e
internazionali provenienti dai ventitré centri italiani di trapianto di fegato, riuniti a Stresa il 19 e 20
maggio prossimi, per l’International Congress on Viral Hepatitis and Organ Transplantation per
discutere di ricerca per combattere l’Epatite C.
Congresso dei 23 Centri di Trapianto di Fegato contro l’Epatite C
La seconda edizione del congresso,sotto l’egida del Centro Nazionale Trapianti, dell’Istituto
Superiore di Sanità, dell’Università degli Studi dell’Insubria, dell’Ospedale di Circolo e
Fondazione Macchi di Varese e delle principali Società Scientifiche Nazionali nel settore
dell’epatologia e dei trapianti d’organo, mira afornire un’esperienza unica di confronto e
aggiornamento a tutti gli attori coinvolti nella gestione dei pazienti candidati o sottoposti a trapianto
di organo solido e affetti dai virus dell’epatite B o Epatite C o da HIV e in particolare a
comprendere se ai trapiantati di fegato potrà essere garantita la cura con i nuovi super farmaci.
Ogni anno in Italia vengono effettuati circa mille trapianti di fegato il 50% dei quali su pazienti
affetti da virus dell’Epatite C che abbiano sviluppato o la cirrosi o un tumore epatico. Uno dei
limiti principali della riuscita del trapianto è che nel 100% dei casi si verifica una recidiva
dell’Epatite C, che in un 30% di casi porta nell’arco di 5 anni nuovamente allo sviluppo della
cirrosi epatica. Focus principale di discussione del congresso è analizzare le strategie di utilizzo
a seguito dell’introduzione in Italia e la sostenibilità economica dei nuovi farmaci per i soggetti
trapiantati.
Le nuove terapie garantiscono la guarigione dall’Epatite C, nei soggetti non trapiantati nel 95% e
oltre dei casi. «Questi nuovi farmaci segnano una svolta epocale nella terapia della Epatite C –
afferma il professor Paolo Grossi, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università degli
Studi dell’Insubria e second opinion infettivologica nazionale per le problematiche
infettivologiche nel processo di donazione e trapianto – il problema sarà la sostenibilità
economica: la cura è estremamente costosa, quasi 100mila euro solo per uno dei farmaci».
I nuovo farmaci contro l’Epatite C
I nuovi farmaci sono stati approvati dalla Agenzia Europea del farmaco, EMA, adesso gli Stati
dell’Unione devono procedere alla approvazione. «Nelle more dello svolgimento di questi passaggi
burocratici – in Italia si attende l’autorizzazione dell’AIFA – in attesa della commercializzazione,
abbiamo richiesto alle ditte farmaceutiche produttrici di distribuire gratuitamente i farmaci in
casi selezionati di imminente esito infausto: ossia per quei soggetti che senza l’assunzione del
farmaco sarebbero già morti» continua Grossi.
A Varese il farmaco viene somministrato a un paziente trapiantato di fegato e, come spiega il
professor Grossi «la risposta è straordinaria, le cure che venivano somministrate in precedenza,
a base di interferone, avevano effetti collaterali pesanti e non assicuravano la guarigione dalla
Epatite C: con le vecchie terapie la guarigione nei pazienti trapiantati si aveva in non oltre il 30
per cento dei casi, con le nuove ci si attende una percentuale di successo superiore al 90%».
Il Congresso rappresenta l’occasione per fare il punto della situazione in Italia, creare un
network per elaborare una strategia gestionale del problema e, conclude il professor Grossi,
cercare nello specifico «una soluzione per tutti i soggetti maggiormente vulnerabili: ossia i
pazienti già trapiantati e quelli in lista d’attesa per ricevere un trapianto d’organo.
Epatite C: come assicurare la guarigione nei pazienti trapiantati Nuovi farmaci garantiscono la guarigione nel 95% dei trapianti di fegato. il problema, però, è la sostenibilità dei costi. Esperti si confronteranno a Stresa i prossimi 19 e 20 maggio
L’Italia sarà in grado di sostenere la spesa per i nuovi farmaci che garantiscono la guarigione
dal virus dell’epatite C in un’elevata percentuale di pazienti? A questo interrogativo di grande
attualità proveranno a dare una risposta i maggiori esperti nazionali e internazionali provenienti dai
ventitré centri italiani di trapianto di fegato, riuniti a Stresa il 19 e 20 maggio prossimi, per
l’International Congress on Viral Hepatitis and Organ Transplantation.
La seconda edizione del congresso, sotto l’egida del Centro Nazionale Trapianti, dell’Istituto
Superiore di Sanità, dell’Università degli Studi dell’Insubria, dell’Ospedale di Circolo e
Fondazione Macchi di Varese e delle principali Società Scientifiche Nazionali nel settore
dell’epatologia e dei trapianti d’organo, mira a fornire un’esperienza unica di confronto e aggiornamento
a tutti gli attori coinvolti nella gestione dei pazienti candidati o sottoposti a trapianto di organo solido e
affetti dai virus dell'epatite B o C o da HIV e in particolare a comprendere se ai trapiantati di fegato
potrà essere garantita la cura con i nuovi super farmaci.
Ogni anno in Italia vengono effettuati circa mille trapianti di fegato il 50% dei quali su pazienti affetti
da virus dell’epatite C che abbiano sviluppato o la cirrosi o un tumore epatico. Uno dei limiti principali
della riuscita del trapianto è che nel 100% dei casi si verifica una recidiva dell’epatite C, che in un
30% di casi porta nell’arco di 5 anni nuovamente allo sviluppo della cirrosi epatica. Focus
principale di discussione del congresso è analizzare le strategie di utilizzo a seguito dell’introduzione in
Italia e la sostenibilità economica dei nuovi farmaci per i soggetti trapiantati.
Le nuove terapie garantiscono la guarigione dall’epatite C nei soggetti non trapiantati nel 95% e
oltre dei casi. «Questi nuovi farmaci segnano una svolta epocale nella terapia della epatite C –
afferma il professor Paolo Grossi, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi
dell’Insubria e second opinion infettivologica nazionale per le problematiche infettivologiche nel
processo di donazione e trapianto - il problema sarà la sostenibilità economica: la cura è
estremamente costosa, quasi 100mila euro solo per uno dei farmaci».
I nuovi farmaci sono stati approvati dalla Agenzia Europea del farmaco, EMA, adesso gli Stati
dell’Unione devono procedere alla approvazione. «Nelle more dello svolgimento di questi passaggi
burocratici - in Italia si attende l’autorizzazione dell’AIFA – in attesa della commercializzazione,
abbiamo richiesto alle ditte farmaceutiche produttrici di distribuire gratuitamente i farmaci in casi
selezionati di imminente esito infausto: ossia per quei soggetti che senza l’assunzione del farmaco
sarebbero già morti» continua Grossi.
A Varese il farmaco viene somministrato a un paziente trapiantato di fegato e, come spiega il
professor Grossi «la risposta è straordinaria, le cure che venivano somministrate in precedenza, a
base di interferone, avevano effetti collaterali pesanti e non assicuravano la guarigione dalla epatite C:
con le vecchie terapie la guarigione nei pazienti trapiantati si aveva in non oltre il 30 per cento dei casi,
con le nuove ci si attende una percentuale di successo superiore al 90%».
Il Congresso rappresenta l’occasione per fare il punto della situazione in Italia, creare un network per
elaborare una strategia gestionale del problema e, conclude il professor Grossi, cercare nello specifico
«una soluzione per tutti i soggetti maggiormente vulnerabili: ossia i pazienti già trapiantati e quelli in
lista d’attesa per ricevere un trapianto d’organo.
15/05/2014
Sanità del Lazio, Zingaretti: "Basta
incertezze sui centri di procreazione
assistita"
15/05/2014, a cura di Elisa Lepone, in Cronaca
ROMA, 15 MAGGIO 2014 – Fa ancora scalpore il caso dello scambio di embrioni all’Ospedale Sandro Pertini di Roma, che ha
sconvolto l’opinione pubblica e attirato ancora di più l’attenzione sulle disagiate condizioni della sanità romana e, in particolar modo,
del settore riguardante la fecondazione assistita, definito arretrato dallo stesso Presidente regionale.
Al termine di una riunione operativa alla sede della Regione, il Presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, ha dichiarato: ''Stiamo
cambiando le cose. Finalmente poniamo fine ad un periodo di incertezze e confusione che ha caratterizzato gli ultimi anni di attività
dei centri di procreazione medica assistita del Lazio. Siamo ormai al conto alla rovescia per il processo di verifica dei 23 centri
registrati presso l'Istituto superiore di sanità e funzionanti nella regione. Abbiamo stabilito tempi certi per ognuno dei 23 centri il
cui processo di verifica dovrà concludersi entro il 30 giugno prossimo''.
La riunione è avvenuta fra il Presidente della regione, il commissario per l'attuazione del processo autorizzativo e di accreditamento
dei centri Pma, professor Corrado Melega, e il professor responsabile del Centro nazionale trapianti, professor Nanni Costa, alla
guida dell’organismo deputato all'accertamento dei requisiti tecnici e strutturali insieme all’Asl.
(fonte www.asca.it)
(foto qn.quotidiano.it)
Elisa Lepone
Stamina, Napolitano: «Nessuna possibilità di
intervento»
La risposta del Quirinale al segretario di «Io Cambio»,
D’Antuoni. Sabato manifestazione davanti alla sede della
Regione Lombardia
di Redazione Salute Online
«Il presidente Napolitano non ha alcuna facoltà di intervento su questioni che attengono, per un
verso, all’esercizio autonomo e indipendente della funzione giudiziaria e, per altro verso, alle
attribuzioni proprie delle autorità preposte alla tutela della salute». Così, in una lettera, il Quirinale
risponde al messaggio inviato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dal movimento
politico Io Cambio, per chiedere lo sblocco delle infusioni di cellule staminali preparate secondo il
metodo Stamina. «Nell’impossibilità di poter corrispondere alla sua richiesta di incontro» con
Napolitano, scrive il segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra, in
risposta all’avvocato Agostino D’Antuoni, segretario generale di Io Cambio (movimento con cui il
presidente di Stamina Davide Vannoni si è candidato alle Europee), «desidero anzitutto parteciparle
l’umana vicinanza del presidente Napolitano e mia personale alle sofferenze delle famiglie dei
bambini affetti da gravi patologie». L’appello inviato dal segretario di Io Cambio il 6 maggio
riguardava in particolare il caso di Daniele Tortorelli, il bambino di Matera affetto da malattia di
Niemann-Pick A, per il quale un’ordinanza del Tribunale ha disposto la ripresa delle infusioni agli
Spedali Civili di Brescia.
«Conflitto» tra magistrati
Il Quirinale ricorda poi che della questione è stato investito il Consiglio superiore della
magistratura, che ha aperto una pratica a riguardo, e il Ministero della Giustizia, a seguito di una
richiesta dell’assessore lombardo alla Salute Mario Mantovani. Quest’ultimo sottolineava il
«conflitto» fra magistrati che impongono il trattamento e altri che indagano i medici che
somministrano le infusioni Stamina. D’Antuoni intanto è tornato a chiedere un «incontro urgente»
per discutere del caso Stamina e «consentire la ripresa delle cure presso gli Spedali Civili di
Brescia» al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. I
pro-Stamina non si limitano però a lanciare appelli alle istituzioni e annunciano per sabato 17
maggio una manifestazione davanti alla sede della Regione Lombardia a Milano. «Ci incateneremo,
non possiamo lasciar morire più nessuno. Difenderemo il valore della vita ad ogni costo» spiega
D’Antuoni.
L’ipotesi del decreto
Ma come uscire dall’impasse tra le ordinanze dei giudici a favore della ripresa dei trattamenti e
l’impossibilità di somministrare gli stessi? Negli ultimi giorni è circolata l’ipotesi - avanzata dal Pd
lombardo - di un decreto per bloccare le infusioni, ma il ministro della Salute Beatrice Lorenzin si è
affrettata a ribadire di voler aspettare le conclusioni del secondo comitato scientifico che dovrà
esprimersi sul «metodo». «Ho sempre pensato che dovevamo chiudere questa vicenda in modo
naturale e quindi con un provvedimento di tipo scientifico e non legislativo. Aspettiamo di vedere
come si esprimerà il comitato in modo che qualunque sia la sua valutazione sarà quella condivisa da
tutti» ha spiegato. L’ipotesi di un decreto che blocchi i trattamenti Stamina raccoglie l’appoggio
della presidente della commissione Sanità del Senato, Grazia De Biasi (Pd): «La scelta di un decreto
è auspicabile, perché si tratta di un atto immediatamente esecutivo». Viceversa, l’Umi (Unione
medici italiani) ritiene che un decreto non sia la soluzione ottimale, perché «sarebbe un atto
squisitamente politico simile a quello che ha avviato questa assurda vicenda». Secondo il sindacato
di categoria, piuttosto, «la Regione Lombardia potrebbe assumere una decisione di blocco dei
trattamenti con una delibera di Giunta vincolante». Al momento, agli Spedali Civili di Brescia i
trattamenti Stamina sono sospesi, in attesa proprio della pronuncia del comitato scientifico, ma
decine di malati sono in lista di attesa avendo ottenuto una pronuncia favorevole dei giudici per
l’accesso alle infusioni.
Bergamo rifiutò le cure di Stamina
Intanto nuovi elementi si aggiungono a un puzzle che appare sempre più intricato. Antonio
Spagnolo, presidente del Comitato Etico degli Ospedali Riuniti di Bergamo, ha raccontato davanti
alla Commissione Sanità in Lombardia come il nosocomio bergamasco abbia rifiutato il metodo
Stamina. Vannoni infatti, prima di approdare a Brescia, si è rivolto agli Ospedali Riuniti. Qui il suo
«metodo» è stato respinto «perché mancava di scientificità», senza che la questione venisse neppure
posta all’attenzione del comitato etico. «Mettendo staminali nell’uomo, attraverso infusioni anche
per via intratecale, si perde il controllo delle cellule che possono andare ovunque - ha riassunto
Spagnolo -. Non sono stati fatti test sugli animali e non è assolutamente documentato che queste
cellule si siano trasformate in neuroni».
Stamina, «Napolitano non può intervenire»
Pubblicato il 16 maggio 2014
(red.) «Il Presidente Napolitano non ha alcuna facoltà di intervento su questioni che attengono, per
un verso, all’esercizio autonomo e indipendente della funzione giudiziaria e, per altro verso, alle
attribuzioni proprie delle autorità preposte alla tutela della salute». Così, in una lettera, il Quirinale
risponde al messaggio inviato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dal movimento
politico Io Cambio, per chiedere lo sblocco delle infusioni di cellule staminali preparate secondo il
metodo Stamina.
«Nell’impossibilità di poter corrispondere alla sua richiesta di incontro» con Napolitano, scrive il
segretario generale della Presidenza della Repubblica Donato Marra, in risposta all’avvocato
Agostino D’Antuoni, segretario generale di Io Cambio (movimento con cui il presidente di Stamina
Foundation, Davide Vannoni, si è candidato alle Europee), «desidero anzitutto parteciparle l’umana
vicinanza del presidente Napolitano e mia personale alle sofferenze delle famiglie dei bambini
affetti da gravi patologie. Sono tuttavia spiacente di ribadire che il Presidente Napolitano non ha
alcuna facoltà di intervento» diretto sulla vicenda.
Il Quirinale ricorda che «peraltro, in relazione ad una lettera sull’argomento inviata al Signor
Presidente dall’assessore alla Salute della Regione Lombardia, si è provveduto ad interessare il
Consiglio superiore della magistratura – che ha già aperto una pratica a riguardo – e il Ministero
della Giustizia». La richiesta di intervento dell’assessore Mario Mantovani riguardava infatti il
‘conflitto’ fra magistrati che impongono il trattamento, e altri che indagano i medici che
somministrano le infusioni Stamina.
L’appello inviato da Io Cambio a Napolitano il 6 maggio scorso riguardava in particolare il caso di
Daniele Tortorelli, il bimbo di Matera affetto da malattia di Niemann-Pick A, al quale un’ordinanza
di tribunale ha disposto la ripresa delle infusioni Stamina agli Spedali Civili di Brescia. Alla storia
di Daniele il presidente della Repubblica si era già interessato negli anni scorsi, dopo che i genitori
del piccolo gli avevano rivolto una richiesta d’aiuto. «Ora chi ha tempo non aspetti tempo –
commenta D’Antuoni in una nota – in nome di chi vede spegnere le proprie speranze di vita ogni
giorno che passa. Rinnovo al presidente il mio appello, perché inviti le istituzioni competenti a
rispettare leggi e sentenze il prima possibile, per garantire il diritto alla vita. Le prossime morti –
conclude – avranno il certificato di condanna firmato da chi poteva e doveva agire nei tempi
necessari a salvare la vita dei malati».
Stamina, a Brescia il comitato etico “non poteva non sapere” Il consenso informato non esonera i medici dalla valutazione
scientifica dei protocolli. A Bergamo infatti la sperimentazione è
stata subito bloccata dai ricercatori
Il presidente del comitato etico dell’ospedale di Bergamo, Antonio Spagnolo, ha
confermato che la conoscenza delle infusioni del metodo Stamina somministrate
ai pazienti fa parte dei controlli che spettano ai comitati etici degli ospedali
pubblici. Per questo, secondo il Pd lombardo, “il comitato etico degli Spedali
Civili di Brescia non poteva non sapere che cosa venisse infuso nei pazienti“.
Per Sara Valmaggi, vicepresidente del Consiglio regionale lombardo, la vicenda
Stamina ha fatto emergere con chiarezza la superficialità bresciana nella stesura
dei consensi informati, dove gli strumenti a garanzia dei pazienti degli Spedali
Civili erano di fatto delle semplici linee guida. A Bergamo, invece, il consenso
informato è personalizzato sulla base delle diverse esigenze dei pazienti.
Il consenso informato non esonera, in ogni caso, il Comitato etico dalla necessità
di valutare la sperimentazione. Contrariamente a ciò che è successo a Brescia,
infatti, all’ospedale di Bergamo il metodo proposto da Vannoni è stato subito
bloccato dai medici ricercatori che non riconoscevano la scientificità del
protocollo di cura proposto.
Alle indagini che una commissione sta portando avanti da più di quattro mesi non
sta prendendo parte, per problemi di salute, il primario di oncoematologia
pediatrica degli Spedali di Brescia, Fulvio Porta.
La scienziata Cattaneo: Sul caso
“Stamina” hanno deragliato tutti medici,
giudici, politici
La senatrice a vita a Pordenone con De Paoli e Padovese. «I ciarlatani ci sono sempre stati, bastava
seguire le regole»
di Luciano Santin
Milanese, farmacologa e docente di fama internazionale, con i suoi 51 anni Elena Cattaneo è la piú
giovane senatrice a vita della storia della Repubblica. Nominata lo scorso agosto, fa parte del
gruppo Autonomie-Psi e della commissione Sanità.
Oggi alle 18, a Pordenone, su invito dell’associazione Norberto Bobbio, sarà alla sala Degan della
biblioteca civica per un incontro dal titolo “La scienza come risorsa morale per l’Italia – Anche le
staminali possono essere un’opportunità”, dialogo con Paolo De Paoli, direttore scientifico del Cro
di Aviano, e con il teologo morale Luciano Padovese, modererà Paolo Pupulin. Qui anticipa alcuni
temi del suo intervento.
* * *
PORDENONE. Come si può applicare l’aggettivo “morale” alla scienza, che per sua natura deve
esplorare tutto senza discrimini? Scegliere l’uso delle scoperte non compete a un ente decisore
terzo, appunto l’etica?
La scienza è etica in quanto ci spinge a interrogarci su ciò che è presente in natura, e ad esplorarlo
in tutte le direzioni. E’ etica perché si ancora ai fatti e non alle opinioni; con le opinioni purtroppo
si fanno leggi e si prendono decisioni non sempre a beneficio della società. Infine è – o dovrebbe
essere - al servizio di tutti, altrimenti risulta incompiuta. Per farlo ha bisogno della politica.
Dice che a causa degli scarsi investimenti sulla ricerca l’Italia ha perso terreno. Solo
economicamente o anche civilmente e moralmente?
C’è anche questo aspetto. In Italia i finanziamenti sono assolutamente inaffidabili, e siccome le
ricerche durano anni è difficilissimo costruire qualcosa. Più a monte, è scarsa la percezione di
quale risorsa morale possa costituire la scienza, al di là delle sue scoperte. Dà la consapevolezza
di poter conquistare territori ignoti, insegna il coraggio e la fatica. Genera fiducia. Si dovrebbe
investire già dalle elementari, per coltivare quel pensiero critico che è premessa a una società di
cittadini non facilmente condizionabili.
Ragion per cui lei propone una riforma alternativa: il Senato delle competenze.
Direi “anche” delle competenze: non credo che la scienza basti a se stessa, e lo stesso si può dire
della politica. Mi piace l’idea di un’alleanza, con politica e scienza che abitino nella stessa stanza
più di quanto non facciano ora. Se la scienza - specie le branche legate alla tecnologia e
all’innovazione – sta fuori dell’aula, non entrerà mai nelle maglie legislative. E senza ciò che dà
lezione di futuro, continueremo a perdere terreno.
Lei ha allestito un laboratorio, presso il suo ufficio di palazzo Giustiniani.
Consta di due giovani, uno storico della medicina, e un costituzionalista. Sono la mia squadra di
raccordo con l’ambiente istituzionale. Vorrei proporre non leggi, ma tematiche, in una forma che
possa essere avvicinate dalla politica.
È soprannominata “Nostra signora delle staminali”, per la sua competenza, sulla cui base ha
definito il caso Vannoni “Il più ciclopico deragliamento della storia della medicina”.
Sì, un deragliamento triplice: l’ospedale di Brescia, la magistratura, l’ex ministro. Il problema non
sta nei ciarlatani, che ci sono sempre stati, ma nel mancato rispetto delle regole da parte delle
istituzioni. Regole che c’erano, bastava seguirle, perché il decreto Turco del 2006 dice che si
possono somministrare individualmente ai pazienti, anche a prescindere dalle sperimentazioni
cliniche, dei preparati cellulari con un razionale scientifico comprovato da pubblicazioni. Stamina
non ne aveva.
Un’ultima domanda: in rete le viene attribuita una percentuale di voto dello 0,03%. Un errore?
No, confermo il dato. Rivendico il diritto di essere presente intervenendo solo sulle cose che
conosco. Non me la sento di votare leggi sui rifugiati politici o sull’Imu. E non credo che il mio
lavoro stia nel votare – intendo a livello senatoriale, perché continuo in pieno, gratuitamente,
l’attività accademica. Piuttosto nel fare il possibile perché si crei quell’alleanza virtuosa di cui ho
parlato.