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Europa MMXV

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Europa

MMXV

©PROPRIETÀ ARTISTICA E LETTERARIA RISERVATA

ISTITUTO DELLA ENCICLOPEDIA ITALIANAFONDATA DA GIOVANNI TRECCANI S.p.A.

2018

ISBN 978-88-12-00653-3

StampaABRAMO PRINTING & LOGISTICS S.p.A.

Catanzaro

Printed in Italy

© by SIAE, 2018, per Philippe Samyn, May Claerhout, Dominique Perrault

ISTITVTO DELLA

ENCICLOPEDIA ITALIANAFONDATA DA GIOVANNI TRECCANI

PRESIDENTE

FRANCO GALLO

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

VICEPRESIDENTI

MARIO ROMANO NEGRI, GIOVANNI PUGLISI

LUIGI ABETE, PAOLO AIELLI, DOMENICO ARCURI, GIAMPIETRO BRUNELLO,

MASSIMILIANO CESARE, PIERLUIGI CIOCCA, MARCELLO CLARICH, GIOVANNI DE GENNARO,

DANIELE DI LORETO, MATTEO FABIANI, LUIGI GUIDOBONO CAVALCHINI GAROFOLI,

MASSIMO LAPUCCI, MONICA MAGGIONI, MARIO NUZZO, GUIDO GIACOMO PONTE,

GIANFRANCO RAGONESI, DOMENICO TUDINI, FRANCESCO VENOSTA

DIRETTORE GENERALE

MASSIMO BRAY

COMITATO D’ONORE

GIULIANO AMATO, FRANCESCO PAOLO CASAVOLA, FABIOLA GIANOTTI,

TULLIO GREGORY, GIORGIO NAPOLITANO, PIETRO RESCIGNO

CONSIGLIO SCIENTIFICO

ENRICO ALLEVA, ANNA AMATI, LINA BOLZONI, IRENE BOZZONI, GEMMA CALAMANDREI, SILVIA

CANDIANI, LUCIANO CANFORA, ENZO CHELI, MICHELE CILIBERTO, ESTER COEN, ELENA CONTI,

SAMANTHA CRISTOFORETTI, JUAN CARLOS DE MARTIN, LUDOVICO EINAUDI, AMALIA ERCOLI

FINZI, LUCIANO FONTANA, RENZO GATTEGNA, EMMA GIAMMATTEI, CARLO GUELFI, FERNANDO

MAZZOCCA, MARIANA MAZZUCATO, MELANIA G. MAZZUCCO, ALBERTO MELLONI, ALESSANDRO

MENDINI, DANIELE MENOZZI, ENZO MOAVERO MILANESI, CARLO MARIA OSSOLA, MIMMO PALADINO,

GIORGIO PARISI, TERESA PÀROLI, GIANFRANCO PASQUINO, GILLES PÉCOUT, ALBERTO QUADRIO

CURZIO, FABRIZIO SACCOMANNI, LUCA SERIANNI, SALVATORE SETTIS, GIANNI TONIOLO,

VINCENZO TRIONE, CINO ZUCCHI

COLLEGIO SINDACALE

GIANFRANCO GRAZIADEI, Presidente; GIULIO ANDREANI,

FRANCESCO LUCIANI RANIER GAUDIOSI DI CANOSA

FABIO GAETANO GALEFFI, Delegato della Corte dei Conti

Direttori scientifici

GIULIANO AMATO, ENZO MOAVERO MILANESI,GIANFRANCO PASQUINO, LUCREZIA REICHLIN

DIREZIONE EDITORIALE

REDAZIONE ENCICLOPEDICA

RESPONSABILE

Monica Trecca

COORDINATORE DELLE ATTIVITÀ REDAZIONALI

Francesca R. Scicchitano

Redattori disciplinari: Vincenzo Piglionica, Giuseppe Smargiassi

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Mirella Aiello, Angela Damiani

PRODUZIONE E ATTIVITÀ TECNICO-ARTISTICHE

ART DIRECTOR

Gerardo Casale

ICONOGRAFIA

Tavole fuori testo: Marina Paradisi; Fabrizia Dal Falco, Anna Olivieri

PIANIFICAZIONE E PRODUZIONE

Gerardo Casale; Antonella Baldini, Graziella CampusMagazzino: Fabrizio Izzo

Segreteria: Carla Proietti Checchi

Ha contribuito con un servizio editoriale adHoc srl: Cecilia Causin, Eva Cerquetelli, Marina Chiarioni,Stefania De Nardis, Sara Esposito, Maria Isabella Marchetti, Riccardo Martelli, Ilenia Rossini

EUROPAUN’UTOPIA IN COSTRUZIONE

Il progetto di un’opera sull’Europa riprende e arricchisce il percorso già tracciato da dueimportanti e recenti pubblicazioni dell’Istituto, Il contributo italiano alla storia del pen-

siero e L’Italia e le sue regioni: la prima, riflessione di ampio respiro storico sull’identitàculturale del nostro Paese e sulle grandi questioni che lo hanno visto al centro di rile-vanti dibattiti culturali in proficuo scambio con altri popoli e altre realtà; la seconda, ana-lisi del fondamentale processo di regionalizzazione dello Stato italiano nelle sue dinami-che istituzionali, politiche e socioculturali. In entrambe risulta centrale l’interazione conla dimensione e lo spazio europei, con un continuo passaggio di esperienze, scambi e con-fronti irriducibili a uno scenario non immemore delle profonde radici comuni, ma anchedelle fratture e dei conflitti. Era quindi tempo per l’Istituto della Enciclopedia Italiana,le cui opere hanno sempre evidenziato la dimensione europea della nostra cultura e datospazio alle grandi questioni che hanno segnato il nostro continente, di ripercorrere – nellasua complessa articolazione – la genesi e il consolidamento del grande progetto di Europaunita, attraverso una nuova opera. L’importante occasione per realizzarla è stato il ses-santesimo anniversario dei Trattati di Roma, celebrato dagli Stati membri – meno ilRegno Unito in procinto di uscire dall’Unione Europea – nella stessa Sala degli Orazi eCuriazi in Campidoglio dove, il 25 marzo 1957, fu firmato quel ‘patto di pace’ che avrebbegarantito al nostro continente il più lungo periodo privo di conflitti della sua travagliatastoria. A partecipare a questa impresa sono stati chiamati eminenti studiosi, noti a livellonazionale e internazionale, ma anche in molti casi protagonisti sulla scena europea, per-sonalità che hanno fatto la politica dell’Unione operando nelle istituzioni e animando ilprocesso d’integrazione: con la ricchezza della loro esperienza e delle loro competenze,hanno potuto inquadrare in una prospettiva ampia e problematizzata il percorso delleComunità europee prima e dell’Unione poi con i suoi successi, ma anche con le sue indi-scutibili zone d’ombra.

Il Novecento – secolo ‘breve’ secondo la celebre definizione di Eric Hobsbawm – è statosegnato dai due conflitti più sanguinosi della storia dell’umanità, con l’Europa come prin-cipale teatro di guerra. Nel Manifesto di Ventotene, elaborato da Ernesto Rossi e AltieroSpinelli, veniva già tracciato l’obiettivo per il dopoguerra: «Un’Europa libera e unita èpremessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna». Dopo il 1945, la necessitàdella pace portò alla maturazione di idee e modelli concreti di condivisione della sovra-nità che della pace fossero sia promotori sia garanti. Nacque così, nel 1951, la Comunitàeuropea del carbone e dell’acciaio (CECA), primo embrione di quella che – attraversotappe successive e progressivi allargamenti ad altri Stati – sarebbe diventata l’UnioneEuropea che conosciamo oggi. Una realtà che, sul bisogno di pace, è riuscita a costruire

XI

PREFAZIONE

un grande spazio di libertà e di uguaglianza, di dignità e sicurezza, di lotta alle discrimi-nazioni e di difesa dei diritti umani. Uno spazio di sviluppo economico e sociale, nel segnodella sostenibilità e della salvaguardia dell’ambiente, basato su un libero mercato e sul-l’unità monetaria. Questo grande progetto – di cui come cittadini europei siamo debitoriai Padri fondatori delle Comunità – sta però vivendo una fase assai critica: spinte con-trapposte hanno fatto crescere l’euroscetticismo quando non addirittura un esplicito antieu-ropeismo, creando aree di diffidenza e a tratti di insofferenza verso l’Unione. Le incer-tezze del mercato finanziario, le difficoltà delle economie dei Paesi mediterranei, la crisioccupazionale, la diversità di visioni che è emersa con sempre maggiore forza dopo il pro-gressivo allargamento a est, e infine, ma drammaticamente rilevante, le pressioni migra-torie dai Paesi mediorientali e africani, hanno mostrato un’Europa non di rado poco coesa,a volte incapace di dare risposte ai propri cittadini. In questo quadro si sono inseriti duemacroeventi: il voto in Gran Bretagna per la Brexit (giugno 2016), che ha aperto scenaridi instabilità e di grande incertezza, e l’affermazione – finora mai tramutatasi in opzionedi governo – di una destra antieuropeista nei Paesi Bassi, in Francia e in Germania. Il riaf-fermarsi poi delle ambizioni secessioniste in alcuni Paesi membri ha aggravato la com-plessità del clima politico, tra indipendentismi e separatismi critici verso l’Europa e ten-denze autonomistiche che, invece, guardano con grande favore all’Unione.

Ai venti di sfiducia che agitano l’Europa, alle critiche di chi giudica, e non a torto inmolti casi, troppo tecnocratiche, astratte e viziate da uno strutturale deficit democraticodeterminate scelte dell’Unione, si oppone la convinzione di chi invece ritiene indispen-sabile, pur nelle difficoltà, trovare gli stimoli per ribadire come la strada della vera unionepolitica sia l’unica realmente percorribile per rinnovare e rafforzare la presenza dell’Eu-ropa nello scenario mondiale, rivendicando la propria identità culturale e il valore del pro-prio imponente patrimonio civile e morale.

Di fronte alla complessità delle questioni che riguardano il presente e il futuro dei Paesidell’Unione, l’Istituto della Enciclopedia Italiana ha inteso offrire ai suoi lettori un’operache presentasse più piani di interpretazione, più strumenti di comprensione critica e con-sentisse di capire meglio la ricchezza e le grandi potenzialità del progetto europeo, senzatacere gli ostacoli incontrati, i problemi attuali, il recente addensarsi di difficoltà. Di quila scelta di tre volumi tematicamente orientati.

Il primo, centrato sugli assetti istituzionali, giuridici, economici e politici dell’UnioneEuropea, guida nella lettura delle varie fasi del processo di integrazione, ne analizza iprogressi non sempre lineari, si sofferma sulle criticità e sulle battute di arresto, s’inter-roga sulle problematicità delle scelte future spiegando con chiarezza come si siano evo-lute le istituzioni europee, quale sia il loro funzionamento, come interagiscano tra loroe con le istituzioni nazionali degli Stati membri.

Il secondo individua nella ricerca scientifica uno dei fondamentali motori dell’unitàsovranazionale in Europa, grazie alla costante circolazione di idee e alla creazione di rap-porti che hanno trasceso le divisioni e i confini anche in epoche di conflitti. Esso si pro-pone di fare il punto su quanto sta avvenendo nel nostro continente in termini di innova-zione e di sviluppo delle reti scientifiche e di comunicazione, nell’ambito delle infrastrutturee dell’industria, della ricerca e delle tecnologie digitali, della riflessione sull’etica dellascienza e sulla bioetica, dell’attenzione alle problematiche ambientali ed energetiche.

Il terzo, infine, intende approfondire quali aspetti della società, delle culture, ma anchedei territori, quali continui e incessanti scambi hanno contribuito a rendere possibile la rea-lizzazione di questo progetto di pace, che ormai dura da sessant’anni, fondandolo su unpatrimonio di valori comuni che lo rendono riconoscibile modello nel mondo. Di qui ilpercorso attraverso le città e le regioni d’Europa, raccontando i grandi cambiamenti eco-nomici e sociali indotti dalla globalizzazione, analizzando le dinamiche dei flussi migratori,

XII

il loro impatto sul mercato del lavoro e i diversi modelli di integrazione, ma anche le reticulturali e le diverse espressioni artistiche, le identità secolari e religiose, il perdurare delletradizioni locali e le vie del turismo, le politiche educative, le trasformazioni nell’ambitodella famiglia e nel confronto tra generazioni.

L’opera nel suo complesso, con la ricchezza dei contributi che offre, è anche un invitorivolto a tutti i lettori, in particolare ai giovani, alla riflessione su una scelta, quella del-l’unità pur nell’inevitabile diversità, che si conferma irrinunciabile se l’Europa, negli annia venire, vuole ricoprire un ruolo da protagonista negli equilibri globali, contrastandoall’interno le spinte antieuropeiste e bilanciando gli sviluppi economici con quelli sociali.Comprendere e condividere l’ampiezza del progetto, come anche gli indiscutibili ostacolida superare per la sua realizzazione, è il primo fondamentale passo per contribuire a miglio-rarlo e a potenziarlo, sentendolo al tempo stesso parte essenziale del nostro futuro.

Franco GalloPresidente dell’Istituto della Enciclopedia Italiana

XIII

EUROPA

UN’UTOPIA IN COSTRUZIONE

Il volume è stato chiuso in redazione nel mese di settembre 2017

xi Prefazionedi Franco Gallo

xxvii Introduzionedi Giuliano Amato - Enzo Moavero Milanesi

Gianfranco Pasquino - Lucrezia Reichlin

Radici comuni e valori condivisi3 Introduzione

di Giuliano Amato

7 Verso il futuro di un passato comunedi Giuseppe Galasso

RadiciConfiniTempiEventiModernitàHeartlandSociété des espritsOccidenteAutunnoPost fata

28 L’obiettivo fondamentale del progetto europeodi Giorgio Napolitano

Prima dei Trattati di RomaDalla Conferenza di Messina all’intesa suinuovi Trattati: un arduo sforzo coronato dasuccessoI Trattati di Roma: ripiegamento politico ecrescita economicaIl nodo della sovranitàAmbiguità e timidezze anche dei governi piùeuropeistiA proposito di Ventotene e di Altiero Spinelli

Sessant’anni dopo: realizzare il disegnodell’integrazione europeaBibliografia

38 Pace e rispetto tra i popolidi Romano Prodi

L’Europa dei ‘padri fondatori’Politica ed economia nel disegno europeoLa lezione delle sconfitteForza e debolezza del disegno europeoL’indebolimento delle istituzionisovrannazionaliLa sfida dell’equità e la solidarietà europeaL’inadeguata risposta ai cambiamentiProseguire la via della pace: l’allargamentoL’Unione Europea e la globalizzazioneGli anni della paura e il rifugio nelnazionalismoIl contributo europeo alla pace mondialeUna politica mediterranea troppo deboleLa vocazione all’universalitàLe sfide delle migrazioniCosa significa essere europeiBibliografia

51 Libertà, democrazia, stato di dirittodi Giuliano Amato - Nicola Verola

La lunga marcia dei valori fondamentalidell’Unione Europea

Gli esordi, dalla giurisprudenza della Cortedi giustizia al Trattato di AmsterdamI valori dell’Unione nel Trattatocostituzionale e nel Trattato di Lisbona

I valori comuni dell’Unione fraapprofondimento e allargamento

Il progressivo ampliamento delle competenzee l’esigenza di definire valori comuni diriferimentoL’impatto del processo di allargamento suivalori dell’Unione

XVII

Indice generale

La democrazia in EuropaDemocrazie europee e democrazia in EuropaIl fascino ambiguo della democraziapopulista

I diritti fondamentali nell’Unione allargataIl patrimonio giuridico a sostegno dei dirittifondamentaliIl ruolo della Carta dei diritti fondamentali

La frontiera dello stato di dirittoUn valore in via di consolidamentoLo stato di diritto e il processo di adesioneUn valore potenzialmente a rischio

I meccanismi a difesa dei valori fondamentalinell’Unione Europea

Il monitoraggio del rispetto dei valorifondamentali e i limiti dell’articolo 7 delTrattatoLa ricerca di nuovi strumenti a tutela dellostato di dirittoIl caso polaccoIl ‘dialogo annuale’ del Consiglio

Lo stato di salute dei valori fondamentali e leprospettive della costruzione europea

Il rischio di una crisi sistemica del processodi integrazioneUna visione d’Europa da cui l’Europa nonpuò prescindereUn patrimonio comune da riscoprire

BibliografiaWebgrafia

70 Concorrenza e solidarietà nella costruzione europeadi Mario Monti

Radici storiche e culturali: dagli Stati Uniti,alla Germania divisa, all’Europa unitaL’economia sociale di mercato dalla Germaniaall’Europa

Trattato di Parigi (1951)Trattati di Roma (1957)Trattato di Maastricht (1992)Trattato di Lisbona (2007)

La governance della concorrenza e dellasolidarietàL’integrazione alla prova del nazionalismo edel protezionismoSolidarietà e concorrenza tra Stati membriSuperamento delle divergenze interne a favoredi migliori politiche comuni

Mercato unico: tensione fra integrazione dimercato e suo rigetto per motivi sociali enazionaliPatto di stabilità: duplice tensione, geograficae culturaleBilancio UE: tensione tra ‘contribuenti netti’e ‘beneficiari netti’

Maggiore solidarietà per minacce esterne:come trasformarle in un’Europa più forte

Solidarietà e concorrenza in ItaliaBibliografia

85 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europeadi Marta Cartabia

Origini, processi e ragioni di una Carta deidiritti fondamentali La Carta e le istituzioni dell’Unione Europea La Carta e gli Stati membri

I protocolli al Trattato di Lisbona I confini della Carta La Corte europea e le corti nazionali:dialoghi e conflitti. Il caso italiano

Bibliografia

Le competenze e i principi fondantidell’Unione Europea

99 Introduzionedi Giuliano Amato

103 I trattati che hanno fatto l’Europadi Marise Cremona

La famiglia dei trattatiLa definizione del quadroComplessità architetturaliLa resilienza dei trattati: i trattati comepalinsestiIl Trattato EuratomBibliografia

115 Il principio di attribuzionedi Girolamo Strozzi

I poteri implicitiLa clausola di flessibilitàCategorie di competenze dell’UnioneI criteri regolatori dell’esercizio dellecompetenze dell’UnioneBibliografia

122 Leale cooperazionedi Massimo Condinanzi

L’evoluzione del principio sino al Trattato diLisbonaLeale cooperazione: bona fides internazionale eprincipio di integrazione

Pacta sunt servanda e bona fidesnell’ordinamento dell’Unione EuropeaFedeltà federale e ordinamento comunitario

La portata autonoma della normaGli obblighi discendenti dal principio di lealecooperazione

XVIII

Articolo 4.3, 1° co., TUE: obbligo diassistenza e rispetto reciprocoArticolo 4.3, 2° e 3° co., TUE: dovere degliStati di «assicurare l’esecuzione» del dirittodell’Unione e obbligo di astensioneAutonomia istituzionale e procedurale Responsabilità dello Stato per violazione deldiritto dell’Unione EuropeaProcedura di infrazione

Dovere delle istituzioni di cooperare tra loro eprincipio di equilibrio istituzionale Leale cooperazione come fondamentodell’identità esterna dell’Unione Europea

La leale cooperazione nell’ambito dellapolitica estera e di sicurezza comune

Leale cooperazione e solidarietàIl ruolo del principio di leale cooperazione intempo di crisi

Bibliografia

132 Principi di sussidiarietà e di proporzionalitàdi Francesco Munari

Origini, referenze e apparente ‘fortuna’ deiprincipi di sussidiarietà e proporzionalitàI due principi e la loro collocazione positivaall’interno del TUELa ‘giustiziabilità’ (apparente) dei principi inesameLa dimensione ‘dinamica’ dei due principi nelprotocollo nr. 2 ai trattati UE e TFUELa ratio del protocollo sull’applicazione deidue principi: un dialogo tra istituzioniIl funzionamento dei due principi nella lorodimensione dinamicaUn bilancio sull’operatività in concreto deiprincipiLe ulteriori ricadute (esterne) dei principisulle modalità di legiferazione europeaIl dialogo tra istituzioni europee e parlamentinazionaliProporzionalità, sussidiarietà earmonizzazioneConsiderazioni conclusive: per una diversaidea di sussidiarietà e proporzionalitàBibliografia

140 Non discriminazione e tutela delle diversità e delle minoranzedi Marco Ventura

La non discriminazione nel processo dicostruzione dell’Unione Europea

Dalle origini al rispetto della diversità e allatutela antidiscriminatoria dopo i Trattati diMaastricht e AmsterdamL’ampio riconoscimento di diversità,minoranze e non discriminazione nei principidella Carta di Nizza

L’attuazione dei principi nelle direttiveantidiscriminazioneIl rispetto di tutte le minoranze e il principiodi non discriminazione nel Trattato diLisbona

Le dimensioni della non discriminazioneIl mercato unicoEguaglianza e cittadinanzaLa diversità delle nazioni, delle regioni e deipopoli e la diversità culturale e linguisticaLa diversità e le minoranze implicite nellanon discriminazione

La dimensione religiosa della nondiscriminazione

La diversità religiosa nel progetto delmercato unicoLa non discriminazione religiosanell’impiegoIl dialogo dell’Unione Europea con leorganizzazioni religiose e filosoficheNuove diversità e nuove minoranze

Bibliografia

151 Il quadro istituzionale dell’Unione Europeadi Gian Luigi Tosato

Premessa e aspetti definitoriLe istituzioni dell’Unione: origine, struttura,funzioniUn sistema unitario o frammentato?Ripartizione dei poteri fra le istituzionipolitiche

Il potere costituenteIl potere legislativoIl potere di governoIl potere amministrativo

ValutazioniSotto il profilo del principio di legalitàSotto il profilo del principio di equilibrioistituzionaleSotto il profilo del principio democratico

Un sistema istituzionale compositoConsiderazioni finaliBibliografia

Il diritto dell’Unione Europea165 Introduzione

di Enzo Moavero Milanesi

169 L’acquis: un diritto dell’Unione Europea e tanti dirittidi Jacques Ziller

Il diritto dell’Unione Europea come bersagliodell’euroscetticismoIl concetto di acquis dell’Unione Europea

XIX

Il diritto come modo di attuazione dellepolitiche comuniUn paradosso: più legislazione europeasignifica meno regolamentazione in EuropaLegiferare meglio: la cosiddetta better regulation

Bibliografia

178 Principio di primazia del diritto UE sui diritti degli Stati membridi Sergio M. Carbone

L’effettività del diritto comunitario e ilpeculiare coordinamento UE e Stati membriL’affermazione della primazia del dirittocomunitario: i primi riscontrigiurisprudenzialiLa progressiva evoluzione e l’estensione deglieffetti della primazia del diritto comunitarioLe prime reazioni dell’ordinamento italianolimitative della primazia del dirittocomunitarioL’avvicinamento della giurisprudenzacostituzionale alla giurisprudenza comunitariaLa coincidenza degli effetti riconosciuti allaprimazia del diritto comunitarioL’espressione della primazia e degli effettidiretti del diritto comunitario

Gli effetti di primazia delle direttive prive dinorme direttamente applicabili agli individuie alle imprese

L’evoluzione dei principi a tutela dei dirittidell’uomoGli effetti della Carta dei diritti fondamentalie della CEDUBibliografia

187 Legislazione e procedure legislative tra Parlamento, Consiglio e Commissionedi Andrea Manzella

Per «legiferare meglio»I poteri crescenti del Parlamento europeocome legislatoreLa procedura legislativa ordinariaLa procedura di consultazioneIl problema della delegaConclusioniBibliografia

197 L’efficacia diretta delle norme dell’Unione Europeadi Enzo Cannizzaro

Efficacia diretta e autonomiadell’ordinamento dell’UnioneEfficacia diretta e diretta applicabilità nellasentenza Van Gend en LoosEfficacia diretta delle norme del Trattato

Efficacia diretta del diritto secondario: effettidiretti e diretta applicabilitàEfficacia diretta delle direttive: effetti direttied effetti indirettiEffetti indiretti delle direttive

Effetti interpretativiEffetti triangolariEffetti di esclusioneL’onere di invocare gli effetti diretti

Efficacia diretta delle norme europee chetutelano diritti fondamentaliBibliografia

206 La tutela del diritto UE, fra Commissione e Corte di giustiziadi Giuseppe Tesauro

Gli elementi qualificanti del sistema giuridicodell’Unione Europea e il ruolo del giudiceCaratteri del controllo giurisdizionale ecentralità del rinvio pregiudizialeIl rapporto con gli ordinamenti degli StatimembriEffettività del sistema giuridico dell’UELa tutela dei diritti fondamentaliIl ruolo della Commissione nella tutela deidiritti dinanzi al giudice UEBibliografia

219 Gli atti dell’Unione Europeadi Claudia Morviducci

Gli atti in generaleAtti legislativi e non legislativiLa qualificazione degli atti

Gli atti tipici vincolantiRegolamentiLe direttiveLe decisioniGli atti di attuazione: atti delegati e atti diesecuzione

Gli atti non vincolantiRaccomandazioni e pareriAtti atipici e di soft law

Bibliografia

L’Unione Europea e le persone233 Introduzione

di Gianfranco Pasquino

235 La cittadinanza europeadi Alessandro Cavalli

Statualità, diritti e cittadinanza europeaCittadinanza e appartenenza Solidarietà e fiduciaL’incerto percorso verso una compiutacittadinanza europea

XX

Identità e cittadinanza: alcuni rilievi empiriciScenari futuriBibliografia

244 Il Parlamento europeo e i gruppi politici transnazionalidi Donatella M. Viola

Il lungo e impervio cammino verso le elezionidirette del Parlamento europeoLa sede e le lingue del Parlamento europeoI poteri del Parlamento europeoLa composizione del Parlamento europeoI gruppi politici transnazionali del ParlamentoeuropeoL’evoluzione dei gruppi politici delParlamento europeoConclusioneBibliografia

259 L’Unione Europea: spazio di libertà, sicurezza e giustiziadi Bruno Nascimbene

Una ricostruzione storicaGli obiettivi e le caratteristicheI settori dello SLSG

Lo spazio di libertàLa cooperazione giudiziaria in materia civileLa cooperazione giudiziaria in materia penaleLa cooperazione di polizia

Conclusioni: progressi e prospettiveBibliografia

269 L’Europa e l’immigrazionedi Massimo Livi Bacci

Un po’ di storiaLe forze in campo: demografia eglobalizzazioneLe politiche migratorieStoria e geografia migratoriaChi sono gli stranieri?L’islam in EuropaL’immigrazione in un’Europa intimoritaLa politica che mancaBibliografiaWebgrafia

277 Le politiche per il lavoro e l’occupazione: i connotati dell’Europa socialedi Maurizio Ferrera

Una missione sociale ambiziosa, ma incompiutaLa creazione di un mercato unico del lavoro:libertà di movimento e non discriminazione

L’armonizzazione regolativa e il dialogo socialeCorrezione del mercato e protezione socialeCoordinamento ‘aperto’ e strategie perl’occupazione e l’inclusioneRealizzazioni, sfide, prospettiveBibliografia

283 L’istruzione e la formazione in Europa: gli studenti e il programma Erasmusdi Francesco Profumo - Giovanni Biondi

Da Erasmus a Erasmus+Erasmus e l’Italia: i protagonisti e i numeriLa mobilità internazionale Erasmus+La mobilità Erasmus per la scuolaLe storie di Erasmus

Dal Lifelong learning programme (LLP) a Erasmus+

ConclusioniBibliografia

Il mercato interno unico291 Introduzione

di Enzo Moavero Milanesi

295 Libera circolazione delle mercidi Luigi Daniele

Il quadro normativo: la libera circolazionedelle merciIl divieto di dazi doganali e tasse d’effettoequivalenteIl divieto di imposizioni internediscriminatorie o protezionisticheIl divieto di restrizioni quantitative e misured’effetto equivalenteLe normative tecniche e il test Cassis

Ritorno al test Cassis, passando per il test Keck

Le misure di effetto equivalenteall’esportazioneLe deroghe al divieto di restrizioniquantitativeConclusioniBibliografia

303 La libera circolazione dei servizi e il diritto di stabilimentodi Francesco Bestagno

L’apertura dei mercati degli Stati membri agliscambi di serviziLa libertà di stabilimentoLa libera prestazione dei serviziIl divieto di misure nazionali restrittiveLe deroghe a tutela degli interessi generalidegli Stati membri

XXI

L’integrazione positiva con misure diarmonizzazione normativaBibliografia

309 L’armonizzazione fiscaledi Franco Gallo

Le politiche sociali e fiscali nell’inizialepercorso dell’Unione EuropeaDall’armonizzazione fiscale al coordinamentoArmonizzazione, coordinamento fiscale eprincipio di non discriminazioneLe proposte dell’OCSE e la posizione del G20ConclusioniBibliografiaWebgrafia

318 Le regole a garanzia della libera concorrenzadi Enzo Moavero Milanesi

La ragion d’essere delle regole UE a garanziadella libera concorrenzaLa concorrenza

Le regole dell’UE che tutelano la liberaconcorrenzaLa nozione di impresa

Il divieto di accordi e collusioni fra concorrentiL’abuso di una posizione dominante sulmercatoLe procedure per le verifiche rispetto adaccordi e abusi di una posizione dominanteIl controllo delle concentrazioni fra impreseGli aiuti pubblici alle impreseLe procedure per l’esame degli aiuti pubbliciLe puntualizzazioni dell’articolo 106 TFUEConsiderazioni conclusiveBibliografia

327 La disciplina degli appalti pubblici e delle concessionidi Mario P. Chiti

Lo sviluppo della disciplina dei contrattipubblici nel diritto dell’Unione Europea

La base normativaLe quattro fasi della disciplina comunitariaI caratteri delle direttive in materia

Le motivazioni della disciplina dell’UnioneEuropea

La rilevanza economica del settore e gliinteressi pubblici rilevantiIl recente ampliamento degli interessipubblici rilevanti

Il ruolo della giurisprudenza della Corte digiustiziaLe cosiddette direttive ricorsiLe amministrazioni aggiudicatrici

La disciplina procedimentaleLe implicazioni per gli Stati membri

I principali caratteri delle vigenti direttiveIl dibattito sulla riforma delle direttive 2004Le maggiori innovazioni

L’attuazione in Italia delle tre direttive del2014

La legge delegaIl decreto legislativo 18 aprile 2016 nr. 50,nuovo Codice dei contratti pubblici

Bibliografia

335 Disciplina della proprietà intellettuale: un volto spiccatamente europeodi Gustavo Ghidini - Valeria Falce

Il profilo istituzionaleIl profilo sostanzialeBibliografia

L’unione economica e monetaria343 Introduzione

di Lucrezia Reichlin

345 La governance economica dell’eurozonadi Marco Buti - Martin Larch

La storia e i fondamenti economiciLa strada verso l’Unione economica emonetariaL’economia della moneta unica europea

Ruoli e istituzioni per il quadro di governancedell’eurozona

Politica monetariaPolitica fiscalePolitiche strutturaliRegolazione e vigilanza finanziaria

La politica economica del quadro digovernance dell’eurozonaSfide attuali e strade futureBibliografia

359 La Banca centrale europeadi Lucrezia Reichlin

Descrizione istituzionaleLa politica monetaria

Obiettivi e strategiaStrumenti

Una moneta senza StatoLe banche centraliLa BCE e il TrattatoLa storia e le sue lezioni

I tempi tranquilli: 1999-2007Le crisi di liquidità: 2007-09 e 2011-12

XXII

La crisi del debito sovrano: 2010-14I rischi di deflazione e il quantitative easing

I rischi che rimangonoBibliografia

371 L’Unione economica e monetaria: le regole di bilanciodi Justine Feliu - Guntram B. Wolff

La configurazione del Trattato di MaastrichtI cambiamenti nel tempo del Patto distabilità e crescitaIl Six pack del 2011Il Two pack del 2013 e il Patto di bilancioIl Meccanismo europeo di stabilità el’Outright monetary transaction

Nella praticaValutazione del numero effettivo di Paesisottoposti alla Procedura per i disavanzieccessiviLa regola del saldo di bilancio strutturale (in pareggio)La mancanza di chiarezza del quadro attuale

Proposte di riforma del quadro vigenteOltre il Patto di stabilità e crescitaSviluppi ulteriori del quadro per le politichedi bilancioConclusioniBibliografia

388 L’unione bancariadi Stefano Micossi

Le nuove regole di Basilea sul capitale dellebancheIl meccanismo unico di vigilanzaLa risoluzione delle banche in crisiL’assicurazione dei depositiIl cantiere aperto dell’unione bancariaBibliografia

397 L’Unione economica e monetaria: la sfida dell’eterogeneitàdi André Sapir

Quale ruolo per un’unione economica all’internodi un’Unione economica e monetaria?

Il rapporto DelorsIl Trattato di MaastrichtLa relazione dei quattro presidenti e larelazione dei cinque presidenti

Unione economica ed eterogeneità economicaEterogeneità ed esposizione agli shockasimmetriciEterogeneità e assorbimento degli shockasimmetrici

ConclusioniBibliografia

406 L’Unione dei mercati dei capitali: l’emblema di un’utopiadi Brunella Bruno - Elena Carletti

L’Unione del mercato dei capitaliFinalità e struttura del MUC

Critiche, conseguenze indesiderate emiglioramenti auspicati per il MUC

Rischi potenziali del MUCImpatto sull’attività bancaria di una finanzamaggiormente orientata ai mercati:competizione o complementarità?Ruolo del MUC nell’affrontare il problemadei crediti deteriorati in Europa

ConclusioniBibliografia

Lo sviluppo sostenibile dell’economiaeuropea

421 Introduzione di Enzo Moavero Milanesi

425 La dimensione sociale del mercato europeo fra tradizione e sfidedi Vera Zamagni

Le radici sociali dell’economia europeaIl welfare state alla prova della globalizzazioneLe ramificazioni dell’‘economia sociale’Gli interventi solidali dell’Unione EuropeaConclusioniBibliografia

435 La politica energetica e la protezione dell’ambientedi Valeria Termini

L’evolversi delle istituzioniDall’Euratom a MaastrichtLiberalizzare i mercati nazionali

L’Europa nella grande transizione energetica

Movimenti di faglia e cicli dei prezziRivoluzioni tecnologiche e mercati

Un laboratorio di regoleLisbona: la revisione dei Trattati e lecompetenze dell’UnionePolitiche e regole

L’integrazione fra energia e ambienteIl futuro

L’Energy Union e le politicheNuove tecnologie e potenzialità industriali

Qualche conclusioneBibliografiaSitografia e webgrafia

XXIII

446 Il bilancio dell’UE e il ruolo della Corte dei contidi Filippo Cavazzuti

L’equilibrio tra i poteri e la sovranità degliStati membri: procedure e vincoliIl ruolo della Corte dei conti europeaIl bilancio dell’UE: un unicum nel panoramadei bilanci pubblici europeiLe entrate del bilancio dell’Unione Europea:le risorse proprieLe spese del bilancio dell’Unione EuropeaConclusioniWebgrafia

458 Le politiche europee di sviluppo regionaledi Gianfranco Viesti

La nascita delle politiche europee di sviluppoIl pacchetto DelorsLe politiche in azioneVerso il grande allargamentoControversie nel nuovo secoloLe politiche europee di coesione nei primianni DuemilaUna visione e una valutazione d’insiemeBibliografia

466 La politica agricola comunedi Fabrizio De Filippis - Guido Fabiani

Le premesseL’impianto iniziale della PACLa PAC e lo sviluppo dell’agricoltura europeaCrisi e riforma della PAC

La crisi e la ‘revisione strisciante’ degli anniOttantaLa vera riforma: dalla svolta del 1992 alla‘tempesta perfetta’ del 2003La PAC attuale: un cantiere ancora aperto

ConclusioniBibliografia

475 Le politiche per gli investimenti e le infrastrutturedi Franco Bassanini - Edoardo Reviglio

L’Europa delle infrastrutture nello scenarioglobaleLa reazione alla crisi e l’avvio di un nuovomodello: verso una Infrastructure UnionIl piano JunckerLe infrastrutture economiche: le retitranseuropee (TENs)

L’Europa dei trasportiL’Europa dell’energia

L’Europa delle telecomunicazioniL’Europa socialeBibliografia

L’Unione Europea e il mondo489 Introduzione

di Gianfranco Pasquino

491 Le relazioni internazionali dell’Unione Europeadi Lucio Levi

I cambiamenti del modo di produzione edell’ordine internazionaleL’arretramento del potere americano el’esigenza di un sistema di sicurezza europeoLa turbolenta transizione verso un ordinemultipolareLa costituzionalizzazione dell’UEL’Unione Europea, potenza civileLe trasformazioni del concetto di sicurezzanell’epoca della globalizzazioneL’allargamento: il più grande successo dellapolitica estera dell’UEL’Unione Europea e la costruzione della paceBibliografia

500 La politica commerciale comune: efficienza e legittimitàdi Pascal Lamy

Legittimità ed efficienza: la costruzione di unapolitica commerciale comuneIl futuro della PCCI rischi per la PCCBibliografia

508 La politica di cooperazione allo sviluppodi Nicoletta Parisi - Dino Rinoldi

Azione esterna dell’Unione Europea e politicadi cooperazione allo sviluppoDalla vecchia alla nuova cooperazione allosviluppo

L’Agenda 2030 delle Nazioni UniteL’evoluzione della cooperazione allo svilupponell’Unione Europea La disciplina italiana della cooperazione allosviluppo

Leggendo numeri e considerando percentualiBibliografia

516 Le relazioni di vicinato con i Paesi limitrofidi Giorgio Sacerdoti

XXIV

Il quadro delle politiche dell’Unione verso iPaesi terziLa base giuridico-istituzionale degli accordidell’Unione con i Paesi terziLa politica europea di vicinatoGli accordi stipulati dall’Unione con i Paesilimitrofi

Accordo sullo Spazio economico europeoAccordi conclusi con la SvizzeraAccordi di stabilizzazione e di associazionecon i Paesi balcaniciAccordi euromediterranei di associazioneAccordi di partenariato e cooperazione conPaesi dell’Est Europa (ex URSS)Accordi di partenariato e cooperazione conPaesi dell’Asia centraleAccordi di associazione (Deep andcomprehensive) con Ucraina, Georgia eMoldaviaGli accordi con la Turchia

ConclusioniBibliografiaSitografia e webgrafia

524 La difesa europea e le relazioni in ambito ONUdi Umberto Morelli

L’Europa potenza militare?Le caratteristiche dell’Unione EuropeaI mutamenti intervenuti negli equilibriinternazionaliI risparmi conseguibiliLe nuove minacce

Il difficile avvio della cooperazione militare(1948-99)La nascita della Politica europea di sicurezza edi difesa (1999-2009)Il Trattato di Lisbona e la Politica disicurezza e di difesa comune

Organi e agenzie in materia di difesa.Le missioni (2009-16)

La partnership UE-ONU sulla difesaI limiti della PSDCBibliografiaWebgrafia

L’Europa politica541 Introduzione

di Gianfranco Pasquino

543 Fratture, spinte centrifughe e nuove candidature nell’UEdi Sylvie Goulard

L’UE sottoposta a tensioni senza precedentiLe fragilità interneLe pressioni esterne

L’allargamento rimesso in discussioneL’allargamento giustificato dalla StoriaL’allargamento e lo sviluppo dell’UEUna politica di allargamento giustificata damotivazioni geopoliticheCrescita dell’opposizione all’UEDifficoltà di funzionamento dovute alnumeroUna gestione poco lungimirante

Lezioni per l’avvenire dell’Unione EuropeaFar ripartire l’Unione EuropeaRealizzare un vero progetto europeoSostenere il modello di un’Europa ‘a piùvelocità’?

ConclusioniBibliografia

561 L’antieuropeismo fra nazionalisti, sovranisti, scettici e populistidi Yves Mény - Giorgio Mocavini

Il rifiuto di un ordinamento giuridico europeoLa politica europea: uno spazio vuoto per glieuroscetticiIl crescente rifiuto delle politiche europeeBibliografiaWebgrafia

577 Il deficit democraticodi Gianfranco Pasquino

DeficitDemocraticoDeficit elettorale? Il ParlamentoDeficit elettorale? Il ConsiglioDeficit elettorale? La CommissioneLa voce dei cittadiniLa performance delle istituzioniAlla fine: il funzionamento della democraziaBibliografia

592 La visione e le personalità che hanno ispirato e fatto l’Europadi Piero Graglia

La Resistenza e i pionieriIl dopoguerraLa guerra fredda detta le regole: la CECA e laCEDVerso le ComunitàUn modello istituzionale per il futuroLe reazioniGli anni Sessanta e SettantaVerso l’Unione monetariaI dubbi e le idee degli anni OttantaL’Unione EuropeaBibliografia

XXV

611 Verso un nuovo dibattito costituzionale?di Renaud Dehousse

L’Europa e l’idea costituzionaleLe sconfitte dell’idea costituzionaleUn costituzionalismo senza CostituzioneCostituzionalizzazione e giudiziarizzazioneIl costituzionalismo transnazionale:innovazione o sintesi transitoria?

Le lezioni del fallimento del trattatocostituzionale

Una Costituzione fittizia Una riforma senza progetto

La risposta dell’UE alla crisiLa riforma della governancemacroeconomicaIl controllo europeo come male minore

Politicizzazione e riforme istituzionaliQualche lezione per il futuroBibliografia

Gli europei allo specchio629 Introduzione

di Gianfranco Pasquino

631 L’identità europea oggi: come è cambiata nel tempo?di Alberto Martinelli

L’identità europea: una e moltepliceRazionalismo e individualismoUniversità di ricerca, economia di mercato,Stato nazionale, democrazia poliarchicaUn’identità controversa e non univocaCambiamenti nei contenuti dell’identitàeuropea e nella percezione del loro significatoCome è cambiata l’identificazione dei cittadinicon l’EuropaL’ascesa del nazionalismoLe tecniche identitarie dell’Unione EuropeaConclusione: la rinnovata attualità delprogetto europeoBibliografia

647 I cittadini e l’idea di Europa unita: cosa è cambiato in sessant’annidi Fabio Serricchio

Cittadini ed Europa: la specificità del caso italianoMetodi e indicatori e fontiLe determinanti dell’europeismoDagli albori dell’Europa unita al Trattato diMaastrichtDall’entusiasmo allo scetticismo all’eurofobia(1992-2016)Gli italiani e l’Europa oggiLe elezioni europee in Italia

Il sostegno all’integrazione monetariaCosa significa per gli italiani essere europei?Il contenuto delle identità nazionale ed europeaLe indagini empiriche sul contenutodell’identità nazionale ed europeaConclusioniBibliografia

666 Istituzioni, meccanismi operativi e leader dell’Unione Europeadi Gianfranco Pasquino

Un’evoluzione, non un disegnoLe istituzioni: come sono, come stanno

Tre meccanismiLa leadership, ieri, oggi e domani

Non finisce quiBibliografia

676 Democrazia e tecnocrazia nell’Unione Europeadi Umberto Morelli

Democrazia e tecnocrazia alle origini delprocesso di integrazione europeaLa democratizzazione della costruzione europeaIl dibattito fra gli intellettualiL’opinione pubblica e i media

Bibliografia

690 Gli Stati e il futuro dell’Unione: proseguire da soli, tutti insieme,o soltanto alcuni?di Joseph H.H. Weiler - Johann Justus Vasel

L’opzione ‘da soli’Le due narrazioni dell’opzione ‘da soli’L’interpretazione favorevole dell’‘essere soli’

Tutti insieme o solo con alcuni Stati membri?La prassi dell’integrazione differenziataLa Cooperazione rafforzata. Una visioned’insieme

Precursori, origini e contestualizzazioneLa prima nozione giuridica e i suoi sviluppiIl concetto di cooperazione rafforzata

La pratica della cooperazione rafforzataTagliare il nodo gordiano dell’integrazionedifferenziataBibliografia

Appendice711 Cronologia 1922-2017

di Enzo Moavero Milanesi - Vincenzo Piglionica

715 Istituzioni europee723 Indice dei nomi

729 Autori del volume

730 Referenze iconografiche delle tavole fuori testo

XXVI

Il progetto di unificazione politica dell’Europa ha una storia, un presente e un futuro. Èuna delle grandi idee del 20° sec. alla quale contribuì in maniera molto importante il Mani-festo di Ventotene, scritto nell’agosto del 1941 da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi conla collaborazione di Eugenio Colorni. Quello che, nel pieno della Seconda guerra mon-diale quando la sconfitta del nazismo non era affatto scontata, poteva apparire un’utopiasi è concretizzato, fra il 1950 e il 1957, per la lungimiranza di Konrad Adenauer, AlcideDe Gasperi, Robert Schuman e altri statisti europei, fra i quali Paul-Henri Spaak. Oggiè tradotto in una costruzione, al tempo stesso, complessa e incompiuta. L’Unione Euro-pea già rappresenta un insieme di realizzazioni impensabili. Al tempo stesso, è anche,ancora, una promessa ricca di potenzialità, non priva di ostacoli. Nel mondo odierno, piùo meno forte spira il vento della globalizzazione e il quadro generale resta variegato evenato d’instabilità. Sono nati e, talvolta, scomparsi regimi autoritari e dittature perso-nalistiche. Esplodono guerre civili. Autoritarismi e guerre civili hanno come conseguenzeinevitabili oppressione e repressione, fame e morte, imponenti spinte all’abbandono diquei territori e alla ricerca di luoghi dove la vita possa essere vissuta in pace, con dignità,con opportunità. L’Unione Europea è il più grande spazio sul pianeta nel quale i dirittidelle persone sono protetti e promossi; nel quale non esiste la pena di morte; nel quale lademocrazia è la modalità di rappresentanza di governo degli Stati membri e dell’Unionestessa. Proprio perché è uno spazio di democrazia, l’Unione è esposta alle critiche. Dueelementi caratterizzano le democrazie: la totale libertà di critica (e autocritica) e la grandecapacità di autocorrezione, di apprendere dagli errori. L’Unione è andata avanti, gra-dualmente, apprendendo dai suoi errori, correggendo, migliorando. I cittadini democra-tici sono esigenti. Hanno chiesto e chiedono di più. Hanno contribuito alla democratiz-zazione delle istituzioni UE, Parlamento, Commissione, Consiglio. Hanno sfruttato almassimo le potenzialità del funzionalismo, della messa in comune di risorse. Cercano diinfluenzare le modalità e i contenuti delle decisioni dei loro capi di governo nel Consiglio.Hanno la possibilità di farsi rappresentare nel Parlamento europeo, anche se malaugura-tamente la sfruttano poco, preferendo, certo con grandi differenze fra gli Stati membri,l’indifferenza e l’astensionismo. Alcuni hanno imparato che la Corte di giustizia è in gradodi difendere i loro diritti anche nei confronti dei rispettivi Stati nazionali. Altri sanno cheè diventato disponibile lo strumento di un referendum chiesto da un milione di cittadinieuropei di sei Stati diversi per imporre tematiche di rilievo all’ordine del giorno. Nessunopensa che la democrazia nell’Unione sia perfetta. Tutti sanno che è perfettibile. Moltioperano per perfezionarla. Sono, prevalentemente, i federalisti. Fra le utopie è forse pos-sibile collocare gli ‘Stati Uniti d’Europa’ ma, sicuramente, anch’essa rimane – non soloper i federalisti convinti – qualcosa in costruzione.

XXVII

INTRODUZIONE

Neppure nei momenti più difficili abbiamo creduto che, se l’Europa non va avanti, sidisgrega. In verità, l’Unione non è mai stata ferma. Ha sempre fatto qualche passo, qual-che avanzamento, qualche progresso. Ha sempre saputo, per usare verbi spesso richia-mati, allargare se non approfondire e, talvolta, anche accelerare. Celebrati i suoi ses-sant’anni di vita, da quel fatidico 25 marzo 1957 dei Trattati di Roma, l’Unione ha riflettutosulle sue possibilità future con i cinque scenari delineati dalla Commissione, ai quali sonostate fatte seguire alcune proposte operative per il rafforzamento delle capacità decisio-nali dell’Unione e per gli interventi in ambito economico. Non si vive di solo euro, ma lamoneta comune a diciotto dei ventotto Stati membri è una delle grandi acquisizioni del-l’Unione Europea. Va difesa, come ha vigorosamente dichiarato, nel 2012, il presidentedella Banca centrale europea Mario Draghi, whatever it takes («a tutti i costi»). Pur nonprivo di inconvenienti, l’euro è uno degli strumenti per il mantenimento della prosperitàche, nel corso del tempo, è stata assicurata a tutti gli Stati membri. Pace e prosperità sonole due epocali conquiste dell’Unione: il mantenimento della pace insieme all’impegno afavore della democrazia e dei diritti umani sono i due elementi sottolineati nelle motiva-zioni del premio Nobel per la pace conferito all’Unione Europea nel 2012.

Complessa nella sua costruzione, densa nel suo ginepraio legislativo e, talvolta, opacanel suo funzionamento, l’Unione Europea necessita di essere studiata a fondo per com-prendere i meccanismi che sovrintendono l’integrazione di Stati caratterizzati da diver-sità storiche, amministrative, economiche e politiche, che richiedono difficili interventidi adeguamento e di perfezionamento. Non sappiamo se l’Unione proseguirà a più velo-cità, con alcuni Stati membri che vorranno sfidare gli altri a seguirli procedendo versouna maggiore integrazione in tempi più brevi. Sappiamo che neppure negli Stati federalii conflitti hanno mai termine. Anzi, i conflitti sono spesso il lievito dei cambiamenti e dellastessa democrazia. Siamo sicuri che l’Unione sia in grado di avanzare, poiché tutti i son-daggi indicano due grandi positivi fenomeni in corso. Cresce la percentuale di europei chericonoscono come loro identità proprio quella europea e non soltanto quella della rispet-tiva nazione o addirittura regione di appartenenza. Il popolo, il demos europeo di cui moltilamentano l’esistenza, si viene formando non soltanto perché esposto alle stesse leggi, maperché va acquisendo consapevolezza della sua identità condivisa, perché si riconosceparte, anche artefice, della costruzione sovranazionale dell’Unione Europea. Cresce, inol-tre, la percezione che esistano molte più cose che avvicinano gli europei fra loro, di quelleche potrebbero separarli e, soprattutto, cresce la convinzione che – contrariamente a quelloche pensano e agitano i cosiddetti sovranisti – sarà l’Unione Europea a fornire le rispostemigliori in termini di opportunità e di giustizia. Mentre i sovranisti auspicano il ritornodegli Stati nazionali che già più di cinquant’anni fa il grande studioso di relazioni inter-nazionali Stanley Hoffmann definiva tanto ostinati quanto obsoleti, coloro che desideranoun’Europa unita s’impegnano per soluzioni effettivamente sovrannazionali.

Nella maniera più documentata possibile, questo volume mira a fornire il massimo diinformazioni disponibili sulle radici e sul percorso storico dell’integrazione europea, sugliassetti istituzionali dell’Unione, sui molteplici settori in cui è attiva. Intende offrire un largospettro di interpretazioni, dal punto di vista politico, giuridico ed economico, indicando iproblemi, valutando lo stato di salute dell’Europa, suggerendo alcune possibili soluzioni.Molta acqua passerà sotto i ponti del Danubio, della Senna, del Tevere e gli irriducibili otti-misti fra noi aggiungerebbero, del Tamigi, prima che si giunga – se mai, come noi vorremmo,si giungerà – a un esito compiutamente federale. Tuttavia, mai come in questo percorso con-tano le tappe intermedie, ciascuna delle quali è apportatrice di benessere materiale e simbo-lico ai cittadini europei e a coloro che l’Europa saprà accogliere. Hic Bruxelles hic salta.

Giuliano Amato - Enzo Moavero MilanesiGianfranco Pasquino - Lucrezia Reichlin

XXVIII

729

GIULIANO AMATO: Introduzione sez. 1; Introduzione sez. 2;Libertà, democrazia, stato di dirittoFRANCO BASSANINI: Le politiche per gli investimenti e leinfrastruttureFRANCESCO BESTAGNO: La libera circolazione dei servizi e ildiritto di stabilimentoGIOVANNI BIONDI: L’istruzione e la formazione in Europa: glistudenti e il programma ErasmusBRUNELLA BRUNO: L’unione dei mercati dei capitali: l’emblemadi un’utopiaMARCO BUTI: La governance economica dell’eurozonaENZO CANNIZZARO: L’efficacia diretta delle norme dell’UnioneEuropeaSERGIO M. CARBONE: Principio di primazia del diritto UE suidiritti degli Stati membriELENA CARLETTI: L’unione dei mercati dei capitali: l’emblemadi un’utopiaMARTA CARTABIA: La Carta dei diritti fondamentalidell’Unione EuropeaALESSANDRO CAVALLI: La cittadinanza europeaFILIPPO CAVAZZUTI: Il bilancio dell’UE e il ruolo della Cortedei contiMARIO PILADE CHITI: La disciplina degli appalti pubblici edelle concessioniMASSIMO CONDINANZI: Leale cooperazioneMARISE CREMONA: I trattati che hanno fatto l’EuropaLUIGI DANIELE: Libera circolazione delle merciFABRIZIO DE FILIPPIS: La politica agricola comuneRENAUD DEHOUSSE: Verso un nuovo dibattito costituzionale?GUIDO FABIANI: La politica agricola comuneVALERIA FALCE: Disciplina della proprietà intellettuale: unvolto spiccatamente europeoJUSTINE FELIU: L’unione economica e monetaria: le regole dibilancioMAURIZIO FERRERA: Le politiche per il lavoro e l’occupazione: iconnotati dell’Europa socialeGIUSEPPE GALASSO: Verso il futuro di un passato comuneFRANCO GALLO: L’armonizzazione fiscaleGUSTAVO GHIDINI: Disciplina della proprietà intellettuale: unvolto spiccatamente europeoSYLVIE GOULARD: Fratture, spinte centrifughe e nuovecandidature nell’UEPIERO GRAGLIA: La visione e le personalità che hanno ispirato efatto l’EuropaPASCAL LAMY: La politica commerciale comune: efficienza elegittimitàMARTIN LARCH: La governance economica dell’eurozonaLUCIO LEVI: Le relazioni internazionali dell’Unione EuropeaMASSIMO LIVI BACCI: L’Europa e l’immigrazioneANDREA MANZELLA: Legislazione e procedure legislative traParlamento, Consiglio e CommissioneALBERTO MARTINELLI: L’identità europea oggi: come ècambiata nel tempo?YVES MÉNY: L’antieuropeismo fra nazionalisti, sovranisti,scettici e populistiSTEFANO MICOSSI: L’unione bancaria

ENZO MOAVERO MILANESI: Introduzione sez. 3; Introduzionesez. 5; Introduzione sez. 7; Le regole a garanzia della liberaconcorrenzaGIORGIO MOCAVINI: L’antieuropeismo fra nazionalisti,sovranisti, scettici e populistiMARIO MONTI: Concorrenza e solidarietà nella costruzioneeuropeaUMBERTO MORELLI: La difesa europea e le relazioni in ambitoONU; Democrazia e tecnocrazia nell’Unione EuropeaCLAUDIA MORVIDUCCI: Gli atti dell’Unione EuropeaFRANCESCO MUNARI: Principi di sussidiarietà e diproporzionalitàGIORGIO NAPOLITANO: L’obiettivo fondamentale del progettoeuropeoBRUNO NASCIMBENE: L’Unione Europea: spazio di libertà,sicurezza e giustiziaNICOLETTA PARISI: La politica di cooperazione allo sviluppoGIANFRANCO PASQUINO: Introduzione sez. 4; Introduzione sez.8; Introduzione sez. 9; Introduzione sez. 10; Il deficitdemocratico; Istituzioni, meccanismi operativi e leaderdell’Unione EuropeaROMANO PRODI: Pace e rispetto tra i popoliFRANCESCO PROFUMO: L’istruzione e la formazione in Europa:gli studenti e il programma ErasmusLUCREZIA REICHLIN: Introduzione sez. 6; La Banca centraleeuropeaEDOARDO REVIGLIO: Le politiche per gli investimenti e leinfrastruttureDINO RINOLDI: La politica di cooperazione allo sviluppoGIORGIO SACERDOTI: Le relazioni di vicinato con i Paesi limitrofiANDRÉ SAPIR: L’unione economica e monetaria: la sfidadell’eterogeneitàFABIO SERRICCHIO: I cittadini e l’idea di Europa unita: cosa ècambiato in sessant’anniGIROLAMO STROZZI: Il principio di attribuzioneVALERIA TERMINI: La politica energetica e la protezionedell’ambienteGIUSEPPE TESAURO: La tutela del diritto UE, fra Commissionee Corte di giustiziaGIAN LUIGI TOSATO: Il quadro istituzionale dell’Unione EuropeaJOHANN JUSTUS VASEL: Gli Stati e il futuro dell’Unione:proseguire da soli, tutti insieme o soltanto alcuni?MARCO VENTURA: Non discriminazione e tutela delle diversità edelle minoranzeNICOLA VEROLA: Libertà, democrazia, stato di dirittoGIANFRANCO VIESTI: Le politiche europee di sviluppo regionaleDONATELLA VIOLA: Il Parlamento europeo e i gruppi politicitransnazionaliJOSEPH H.H. WEILER: Gli Stati e il futuro dell’Unione:proseguire da soli, tutti insieme o soltanto alcuni?GUNTRAM B. WOLFF: L’unione economica e monetaria: le regoledi bilancioVERA ZAMAGNI: La dimensione sociale del mercato europeo fratradizione e sfideJACQUES ZILLER: L’acquis: un diritto dell’Unione Europea etanti diritti

Autori del volume

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L’Europa degli investimenti e delle infrastrutturenasce con la firma del Trattato di Roma (1957). Inun mercato unico occorreva assicurare la libera cir-colazione di persone, merci e servizi: occorrevanodunque, innanzitutto, adeguate reti infrastrutturalitranseuropee per i trasporti, l’energia e le telecomu-nicazioni. Ma il Trattato aveva tra i suoi obiettivianche il rafforzamento della coesione sociale, e cosìsi estese lo spettro delle infrastrutture europee anchealle opere sociali. A questo fine il Trattato istituì ilFondo sociale europeo (FSE) – strumento finanzia-rio per il sostegno all’occupazione negli Stati mem-bri della Comunità europea (e oggi dell’Unione) e lapromozione della coesione economica e sociale – e laBanca europea degli investimenti (BEI), per il finan-ziamento degli investimenti nelle infrastrutture e nel-l’economia reale.

Il contesto dell’epoca era diverso da quello attuale.I trent’anni successivi al 1945 sono stati definiti come‘età dell’oro’ dell’economia europea (Shonfield 1965;Bassanini, Reviglio 2014). Alti tassi di crescita del-l’economia reale furono favoriti da un’intensa colla-borazione tra pubblico e privato in sistemi di econo-mia mista caratteristici delle economie continentalieuropee, con consistenti risorse pubbliche finalizzateal sostegno della ricostruzione e allo sviluppo di avan-zati sistemi di welfare. Ciascun Paese aveva il suomodello nei rapporti tra Stato e mercato. La varietàdelle modalità di intervento pubblico contribuì all’evo-luzione, nel corso dei decenni, dei diversi modelli dicapitalismo europei. Ne determinò la forma, il con-testo giuridico e amministrativo, le istituzioni, le ideo-logie politiche e la struttura economica e industriale,modificandosi nel tempo come risposta agli andamentidei cicli economici.

Dal punto di vista storico era stata la Prima guerramondiale a creare i presupposti di una collaborazionepiù stretta tra Stato e mercato. La mobilitazione comestato di cose permanente, la nascita della filosofia del-l’economia mista, il concetto di pianificazione, così

co me quello di piena occupazione, entrarono perma-nentemente a fare parte della riflessione economica,sociologica e politica a seguito della guerra. Le poli-tiche per fare fronte alla ‘grande depressione’ del 1929e poi sostenere e accelerare la ricostruzione postbel-lica, furono in gran parte una riedizione civile del-l’esperienza bellica.

Prima dell’era delle privatizzazioni e delle politi-che della concorrenza, l’Europa aveva così sviluppatomodelli nazionali di politica industriale e di interventopubblico a sostegno dei settori ritenuti strategici perla struttura industriale di ciascun Paese. In un saggiodi Nicola Bellini (Stato ed industria nelle economie con-temporanee, 1996) sono ben descritti i vari modellinazionali prevalenti nel Novecento. Lo Stato esperto(Germania), lo Stato interventista (Italia), lo Statopianificatore (Francia), hanno caratterizzato con alternisuccessi lo sviluppo industriale e delle infrastruttureeuropee per quasi mezzo secolo. Smantellati a partiredalla seconda metà degli anni Ottanta, non sono statiadeguatamente sostituiti da un modello proprio del-l’Unione Europea (UE), salvo il generico richiamonei Trattati alla ‘economia sociale di mercato’.

La politica industriale e degli investimenti hacomunque avuto un ruolo determinante nello sviluppodell’Europa nel secondo dopoguerra. Sin dagli anniCinquanta i governi promossero la ricostruzione el’ammodernamento delle reti infrastrutturali e gui-darono lo sviluppo industriale mediante la creazionedi imprese pubbliche e tramite aiuti diretti alle impreseprivate in settori ritenuti strategici, promuovendo losviluppo di una solida base manifatturiera nelle indu-strie tipiche della produzione ‘fordista’ e, nei decennisuccessivi, favorendo lo sviluppo dell’elettronica, del-l’aeronautica e delle biotecnologie.

La crisi degli anni Settanta mise in discussione lasostenibilità di quel modello. Dall’inizio degli anniOttanta, a partire dagli Stati Uniti e dalla Gran Bre-tagna, si avviò una vero e proprio cambio di para-digma nella politica economica. Anche l’Europa siadeguò al nuovo corso, con maggiori riserve e cautele

Franco Bassanini Edoardo Reviglio

Le politiche per gli investimentie le infrastrutture

nella Germania tradizionalmente ordoliberista e nellaFrancia colbertista.

La scelta non fu facile. Durante gli anni Ottanta,il dibattito politico su quale strada percorrere fuintenso, a volte aspro. L’ultimo grande tentativo difar prevalere un modello diverso fu il piano Delors,contenuto nel rapporto presentato nel 1993 da JacquesDelors, presidente della Commissione europea (Com-mission of the European communities 1993). La pro-posta principale del rapporto era che l’Unione appenacostituita sopperisse ai vincoli e ai limiti derivanti dallamodesta entità delle ‘risorse proprie’ dell’Unione edai vincoli del Trattato di Maastricht (1992) alle poli-tiche di investimento pubbliche, mediante la promo-zione di grandi progetti infrastrutturali europei finan-ziati con l’emissione di speciali titoli sovrani europeiper la crescita, denominati eurobond. Il piano si basavasull’idea che, come gli Stati Uniti avevano costruitoil New deal finanziando progetti infrastrutturalimediante l’emissione di titoli del governo federale noninclusi nel debito dei singoli Stati, così i titoli euro-pei non sarebbero stati contabilizzati nel debito degliStati membri ma nel debito europeo. In assenza diun’unione fiscale, gli interessi sui titoli sarebbero statiripagati dai flussi di cassa prodotti dagli stessi pro-getti infrastrutturali. I progetti avrebbero dovutoriguardare infrastrutture di trasporto e reti energeti-che, rigenerazione urbana, opere per l’ambiente, maanche infrastrutture sociali nella sanità e nell’istru-zione. La Banca europea degli investimenti obiettòallora che esisteva già un meccanismo simile, dato cheessa finanziava, tra l’altro, infrastrutture europeemediante la raccolta di risparmio tramite l’emissionedi titoli sul mercato non contabilizzati nei debiti nazio-nali, e riuscì a convincere la maggioranza dei ministridelle Finanze europei a respingere la proposta Delorsper gli eurobond.

Con l’Atto unico europeo del 1987, e il successivoTrattato di Maastricht, l’Europa aveva deciso di pun-tare su un graduale percorso di convergenza econo-mica e fiscale. Sul fronte dell’economia privata, siavviò la cosiddetta convergenza competitiva – econo-mia di mercato basata sulla disciplina della concor-renza e divieto degli aiuti di Stato – di fatto riducendodi molto le possibilità di manovra dell’intervento pub-blico nell’economia. Sul fronte della politica fiscale,con i vincoli e i limiti alla spesa pubblica imposti dalTrattato di Maastricht – rafforzato nel 1997 con ilPatto di stabilità e di crescita (PSC) e, negli anni suc-cessivi, con i controlli più severi introdotti dal Sixpack (2011) e dal Two pack (2013) e, infine, con ilpatto di bilancio (Fiscal compact) – furono consi-stentemente ridotte le possibilità di finanziamentodegli investimenti tramite i bilanci pubblici nazio-nali. Fu di conseguenza necessario pensare a formee strumenti di finanziamento degli investimenti infra-strutturali di lungo periodo che non pesassero tropposulle finanze pubbliche.

L’Europa delle infrastrutture nello scenario globale

La domanda di investimenti in infrastrutture peraffrontare le grandi sfide del 21° sec. avrà dimensionimai viste prima nella storia dell’umanità. Il tema è alcentro dell’agenda globale e dell’agenda dei policymakers europei. Secondo stime recenti (McKinseyglobal institute 2016), nel periodo 2016-2030, permantenere i tassi di crescita attuali, gli investimentiin infrastrutture non dovranno essere inferiori al 3,8%del Prodotto interno lordo (PIL) mondiale, ovvero auna media di 3300 miliardi di dollari all’anno, di cuiil 40% nelle economie avanzate (p. 8).

Strade, porti, aeroporti, ferrovie e sistemi di tele-comunicazione, ricerca e innovazione, generazione edistribuzione di energia, servizi pubblici locali, infra-strutture urbane e sociali, giocheranno un ruolo moltoimportante nel sostegno alla crescita economica esociale.

Peraltro gli investitori di lungo periodo, partico-larmente in questa fase, sono alla ricerca di strumentifinanziari con profili di rischio/rendimento non spe-culativi e stabili nel lungo periodo, anche per sosti-tuire investimenti in titoli di Stato di ‘alta qualità’ conbuoni rendimenti nel tempo, la cui offerta sul mercatosi è ridotta (in parte a seguito del flight to quality degliinvestitori, che si dirigono verso titoli di Stato ad altaqualità e bassi rendimenti, e in parte a causa dei mas-sicci acquisti di questi titoli da parte delle banche cen-trali): l’Organizzazione per la cooperazione e lo svi-luppo economico (OCSE) ha così stimato un gappotenziale di investimenti di lungo periodo pari a 5000miliardi di dollari (A. Gurría, Closing remarks, Con-ference Euromoney/OECD on long term investingfinancing, 2015).

In questa fase, la liquidità nel mercato è dunqueabbondante; ma lo è anche la ricerca di buoni rendi-menti. Gli investimenti in infrastrutture possono inparte sopperire a questo squilibrio tra offerta edomanda di strumenti finanziari adatti ai cosiddettiinvestitori pazienti, anche se, come si vedrà, essi sonoancora penalizzati da regolazioni macroprudenziali econtabili non ben calibrate.

Gli investitori istituzionali di lungo periodo rap-presentano la più ovvia fonte di capitale per i progettidi investimento in infrastrutture: questi investimentisono infatti adatti al loro orizzonte di lungo periodo,sono caratterizzati da profili di bassa volatilità, e pos-sono quindi proteggere la natura di lungo periododelle loro passività. Tali investitori includono: ban-che (40.000 miliardi di dollari), compagnie di assicu-razione e fondi pensione privati (26.000), fondi pen-sione pubblici (11.000), fondi sovrani (6000) e altrifondi di dotazione (1000). Essi dispongono di oltre120.000 miliardi di dollari (McKinsey global institute2016). L’87% di questi vengono dalle economie avan-zate. Al momento essi investono a livello globale circa

476

FRANCO BASSANINI - EDOARDO REVIGLIO

l’1-2% delle proprie attività in infrastrutture (in Canadae Australia ne investono oltre il 15%). Gran parte diquesti investimenti sono capitale di rischio di fondiper le infrastrutture e/o investimenti diretti nel capi-tale dei grandi progetti.

Si tratta di investimenti che per loro natura sonoassai ‘illiquidi’ (ossia presentano ostacoli per l’inve-stitore allo smobilizzo). Ma la crisi finanziaria globaleha fatto emergere numerosi casi di eccesso di volati-lità di prodotti finanziari liquidi che sono ‘evaporati’insieme a intere asset classes (classi di investimentofinanziario) a cui appartenevano. Questa lezione del-l’esperienza ha rafforzato il valore potenziale di inve-stimenti illiquidi come quelli in infrastrutture. Il pre-mio di ‘illiquidità’ può diventare particolarmenteinteressante per investitori di lungo periodo, che pos-sono tenere tali titoli nei propri libri fino alla loro‘maturità’. Nell’attuale scenario caratterizzato da bassirendimenti, il premio di illiquidità può diventare unfattore positivo molto importante per gli investitoripazienti. Una quota di investimenti in infrastrutturepuò rappresentare un ottimo contrappeso al fine dibilanciare portafogli altamente liquidi. È dunque pos-sibile, e forse probabile, che la nuova architettura delsistema finanziario globale dopo la crisi si caratterizziper una quota di investimenti in infrastrutture benpiù alta dell’attuale 1-2%.

Peraltro, strumenti finanziari per le infrastrutturemeno illiquidi potrebbero emergere nel medio e lungoperiodo. Project bonds (obbligazioni emesse per finan-ziare progetti infrastrutturali), collateralized bond obli-gations, CBOs (titoli a reddito fissi garantiti da obbli-gazioni ad alto rischio) o collateralized loan obligations,CLOs (obbligazioni garantite da collaterali nella formadi crediti originati da prestiti), potrebbero migliorareil funzionamento di questi mercati e permettere unapiù efficiente ‘raccolta’ (pooling) del rischio relativoalle infrastrutture, creando così mercati più liquidi,aperti anche ai fondi comuni e al risparmio diffuso.

Perché ciò avvenga devono materializzarsi alcunecondizioni, tra le quali: una raccolta ampia e affida-bile dei dati sugli investimenti in infrastrutture ingrado di fondare più attendibili stime delle caratteri-stiche rischio/rendimento dei vari prodotti; una mag-giore standardizzazione dei contratti e delle categoriedi rischio; forme di aggregazione o raccolta di pro-getti di minor dimensione (project pooling); sviluppodi fondi dedicati alle infrastrutture e cartolarizzazioni;una maggiore offerta di progetti brownfield (progettidi investimento non configurabili in nuove iniziati -ve imprenditoriali); un più ampio ricorso alle public-private partnerships, PPP (partenariati pubblico-priva -to) nei Paesi che (a differenza di Gran Bretagna, Franciae Spagna) fanno ancora poco ricorso a queste formedi incentivazione agli investimenti e ai finanziamentiprivati di progetti infrastrutturali; e un ruolo più attivodelle banche promozionali di sviluppo e dei governicome market makers. I governi, in particolare, devono

mettersi in grado di definire e proporre progetti dibuona qualità (anche istituendo appositi organismi ingrado di assistere nella strutturazione di buoni pro-getti le loro istituzioni regionali e locali), rimuoverele barriere regolamentari e strutturali, e, in generalecostruire mercati per le infrastrutture più forti.

L’insieme di queste azioni dovrebbe essere direttoa creare una nuova classe di investimenti per le infra-strutture, comparabile alle molte altre già esistenti suimercati finanziari nazionali e internazionali.

A livello europeo il piano Juncker (v. oltre) è statodisegnato come strumento per intercettare questaofferta di investimenti. Viene visto da molti altri Paesie aree regionali del mondo come un modello da repli-care. Uno dei suoi principali obiettivi è quello di pro-muovere riforme nazionali intese a creare miglioricondizioni per gli investitori, a elevare le capacità tec-niche degli operatori e ad aumentare il numero deiprogetti cosiddetti bancabili. Una quota di finanzia-mento pubblico a fondo perduto può infatti renderebancabili (dunque investibili da investitori privati ofinanziabili da banche e altri finanziatori privati) buoniprogetti che altrimenti non lo sarebbero. Deve trat-tarsi ovviamente di progetti con elevate esternalitàpositive di interesse generale, che dunque meritereb-bero anche di essere finanziati interamente dallo Statoo dalle altre istituzioni pubbliche, se le condizionidella finanza pubblica lo consentissero.

Per questo le PPP hanno un ruolo crescente nelfinanziamento delle infrastrutture in Europa e potreb-bero continuare a crescere nel futuro rispetto a finan-ziamenti tradizionali basati esclusivamente sul debitopubblico. Tuttavia, le PPP rappresentano solo unaquota tra il 5 e il 10% degli investimenti totali (McKin-sey global institute 2016). Il settore pubblico e leimprese, in ispecie le utilities (i servizi di pubblicautilità), rimangono ancora oggi i principali investi-tori in infrastrutture e continueranno a esserlo perqualche tempo.

Una questione cruciale, in buona parte irrisolta, èquella degli effetti della regolazione prudenziale e con-tabile sugli investimenti infrastrutturali (Long-terminvestors club 2016; FSB [Financial Stability Board],Update on financial regulatory factors affecting the sup-ply of long-term investment finance. Report to G20Finance ministers and Central Bank governors, 2014;FSB, Implementation and effects of the G20 financialregulatory reforms - Report of the Financial stability boardto G20 leaders, 2015). È indubbio che la regolazionefinanziaria imposta dal dopo-crisi ha reso il sistemafinanziario globale più resiliente e stabile. Tuttavia,non dobbiamo dimenticare che, se è vero che la cre-scita economica ha bisogno della stabilità finanziaria,è anche vero il reciproco: stagnazione e recessionemettono a serio rischio la stabilità finanziaria. Almomento, il maggiore rischio per la stabilità è pro-prio la debole crescita, che ha fatto balenare il peri-colo di una stagnazione secolare. La definizione di

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regolazioni macroprudenziali e contabili che non pena-lizzino la crescita e gli investimenti è dunque essen-ziale anche al fine di conseguire l’obiettivo della sta-bilità finanziaria

È arrivato perciò il momento di accelerare l’ana-lisi degli effetti della regolazione finanziaria sul finan-ziamento delle infrastrutture. Nel caso si scoprisseche l’attuale regolazione penalizza eccessivamente lacrescita perché troppo ‘prudente‘ rispetto al reale pro-filo di rischio delle varie classi di investimenti di lungoperiodo, allora le autorità politiche e i regolatoridovrebbero essere invitati a ricalibrare la cornice rego-lamentare in modo da evitare un conflitto tra stabi-lità finanziaria e investimenti infrastrutturali. Un’evi-denza piuttosto robusta è già stata prodotta in questosenso, per es., per i prestiti alla ‘finanza di progetto’(operazione attraverso la quale un ente pubblico affidaun’opera a un soggetto privato che sosterrà i costi,recuperandoli dai proventi dell’opera stessa). È emersoche essi hanno tassi di fallimento e di recupero miglioridelle obbligazioni industriali (Moody’s, Infrastruc-ture default and recovery rates, 1983-2015, Data Report,2016; EDHEC, Data collection for infrastructure. Invest -ment benchmarking. Objectives, reality check and report -ing guidelines, 2016). Eppure, alle obbligazioni indu-striali con lo stesso rating e la stessa durata è associatodalle regolazioni vigenti un assorbimento di capitalemolto più basso.

Occorre certo raccogliere maggiore evidenza empi-rica sui rischi che sottendono prodotti finanziari legatialle infrastrutture. Occorre evitare l’azzardo. Ma nellostesso tempo occorre considerare i diversi tipi di busi-ness model degli operatori di lungo periodo; e occorretenere conto del ruolo di risk absorber che i sistemi digaranzie pubbliche possono avere sul profilo di rischiodegli investimenti infrastrutturali.

È auspicabile che le autorità politiche agiscano suquesto fronte cruciale con tutta la necessaria forza eautorevolezza. Hanno la legittimità e il potere di chie-dere ai regolatori internazionali di esercitare l’arte delfine tuning (i continui interventi delle autorità gover-native in risposta a fluttuazioni del sistema econo-mico), in modo da costruire soluzioni innovative capacidi armonizzare le esigenze di stabilità finanziaria conla necessità di dare un forte stimolo agli investimentidi lungo periodo in infrastrutture.

Recentemente, la presidenza tedesca del G20 (2017)ha accolto la proposta del Long-term investors club,LTIC (l’organizzazione internazionale – fondata nel2009 – che riunisce 19 tra i maggiori investitori isti-tuzionali al mondo, tra cui la Cassa depositi e presti -ti), di potenziare la raccolta dati sulle infrastrutture,già avviata dal Global infrastructure hub, GIH (lapiattaforma di coordinamento tra governi, banche disviluppo e organizzazioni internazionali – creata dalG20 australiano del 2014 – per migliorare la quan-tità e la qualità dei progetti infrastrutturali pubblicie privati nel mondo): lo strumento per farlo sarà un

contratto di cooperazione e trasferimento dei dati conla sede di Singapore del centro universitario franceseÉcole des hautes études commerciales (EDHEC), cheha già raccolto e analizzato oltre un milione e mezzodi flussi di cassa prodotti negli ultimi quindici annida diverse tipologie di investimenti in infrastrutture.L’iniziativa, che è guidata dalla BEI e dalla italianaCassa depositi e prestiti (CDP), con la partecipazionedell’OCSE, potrebbe rappresentare una svolta, sia peri regolatori sia per il mercato. Dai templates di rac-colta dati definiti da EDHEC, insieme a BEI, CDPe OCSE, dovrebbero emergere infatti le diverse formedi investimenti che, a loro volta, dovrebbero permet-tere di definire le infrastrutture come una vera e pro-pria asset class.

La reazione alla crisi e l’avvio di un nuovomodello: verso una Infrastructure Union

Dall’entrata in vigore dell’euro e fino allo scoppiodella crisi finanziaria, la convergenza dei tassi di inte-resse sui titoli sovrani era nell’eurozona quasi per-fetta. La crisi del 2008 ha rotto questo ‘incanto’. Glispreads hanno incominciato a divergere pericolosa-mente, creando una vera e propria ‘tempesta finan-ziaria’. Nel frattempo il sistema bancario europeoentrava in crisi. La recessione complicava ulterior-mente il quadro.

Cosa fare? L’Europa decise di adottare una poli-tica fiscale severa e restrittiva, molto diversa da quellaespansiva adottata negli Stati Uniti dall’amministra-zione Obama. Decise dunque di applicare regole rigideal sistema bancario – di fatto acuendo il problema delrazionamento del credito –, ma anche di avviarel’unione bancaria e, più recentemente, il mercato unicodei capitali, con l’obiettivo di trasferire una parte deirischi del finanziamento dell’economia reale e delleinfrastrutture dalle banche agli investitori istituzio-nali e di avvicinare il modello ‘banco-centrico’ euro-peo a quello ‘mercato-centrico’ statunitense. Nel frat-tempo, tuttavia, gli investimenti sono crollati in tuttaEuropa, e in ispecie nei cosiddetti Paesi periferici.

Con la seconda commissione Barroso (2010-2014),il tema degli investimenti di lungo periodo è statomesso al centro della discussione. Sono state avviatediagnosi sulle cause della grave carenza di investi-menti di lungo termine, si sono proposti nuovi stru-menti finanziari europei, stilati importanti documenti,sono state auspicate nuove regolazioni per favorire gliinvestimenti di lungo periodo e sono state anche fatteimpegnative promesse. In pratica, tuttavia, molto pocoè stato realizzato (European Commission 2009 e 2010;Bassanini, Reviglio 2015).

Con la commissione Juncker (in carica dal 2014)si è cambiata impostazione. Il finanziamento degliinvestimenti è diventato cruciale, con l’avvio di poli-tiche economiche europee concrete e con il lancio di

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un grande e nuovo programma comunitario, il giàcitato piano Juncker. In prima battuta alcuni lo hannogiudicato poco significativo se non irrilevante; lo hannovisto addirittura come una sorta di ‘gioco di presti-gio’, attraverso il quale con 21 miliardi di euro (digaranzie) si pretendeva di far partire 315 miliardi diinvestimenti. La realtà è tuttavia diversa; vediamoperché (Marengo, Reviglio, in La legge di bilancio e distabilità, 2017).

Partiamo da due considerazioni. Una di ordinemicroeconomico e l’altra di ordine macroeconomico.Dal punto di vista microeconomico, solo il 10% degliinvestimenti in infrastrutture in Europa viene realiz-zato in finanza di progetto. Il restante 90% viene rea-lizzato, come abbiamo già osservato, dalle impreseprivate o direttamente dal settore pubblico e a totalecarico dei bilanci pubblici. Dal punto di vista macroe-conomico, come abbiamo già osservato, l’Europa devepensare a un futuro di lungo periodo basato su: forteinvecchiamento della popolazione (quindi aumentodei costi di sanità e pensioni); alti debiti pubblici; tassidi crescita moderati (almeno al confronto con quellidelle grandi aree emergenti); un’accelerazione dellacompetizione dovuta a mutamenti epocali nell’eco-nomia globale. Le prospettive macroeconomiche dilungo periodo impongono all’Europa di prepararsiora, per poter giocare la partita sui mercati globalidomani, con un bilancio pubblico europeo sostenibilee con un sistema finanziario stabile e forte. Ma anchecon un sistema industriale competitivo capace dicogliere le grandi opportunità della globalizzazione,e dunque con infrastrutture – materiali e immateriali– all’avanguardia.

Per ottenere questo obiettivo è necessario cambiaremodello nel finanziamento degli investimenti e nelsostegno alle imprese. È questa la scommessa che l’Eu-ropa sta facendo in questa fase della sua storia poli-tica ed economica. È la creazione di un ‘mercato unicodegli investimenti’, una vera e propria InfrastructureUnion, capace di attrarre una quota consistente dellaliquidità presente sui mercati globali e di indirizzarlaverso il finanziamento delle infrastrutture europee.

Ma quale è questo nuovo modello? Innanzituttodeve essere altamente avanzato sia dal punto di vistatecnico sia dal punto di vista finanziario, così da atti-rare quella parte della finanza globale che vuole inve-stire una quota importante, ancorché minoritaria, delproprio portafoglio in prodotti finanziari con profilidi rischio/rendimento non speculativi e di lungoperiodo e con sottostanti in infrastrutture e in altreattività dell’economia reale. Per fare ciò è necessarioallargare la quota di investimenti in finanza di pro-getto e in PPP rispetto alla quota di finanziamentidiretti pubblici. Ma occorre anche sostenere il sistemadelle grandi e meno grandi imprese di servizi pub-blici (locali, nazionali, europee) e le imprese con alticontenuti di innovazione, capaci, a loro volta, di inve-stire in infrastrutture di medio/lungo termine.

Il piano Juncker

Il piano Juncker rappresenta un passo importantenella creazione di un modello europeo per il finan-ziamento degli investimenti, che pesi il meno possi-bile sulle finanze pubbliche. Esso si basa su alcuniprincipi portanti e su una nuova architettura. Il primoè quello dell’addizionalità (additivity): l’idea che pro-getti che non potrebbero essere finanziati senza ilpiano, lo potranno essere grazie a un sistema di garan-zie pubbliche da esso istituito. Il sostegno da partedel Fondo europeo investimenti strategici (FEIS) ainiziative a fallimento di mercato o in situazioni diinvestimento subottimali, dunque a iniziative che maiavrebbero potuto essere finanziate con la normale stru-mentazione della BEI, del FEIS e dell’UE, rappre-senta in effetti una vera e propria rottura con il pas-sato. Si tratta di progetti che hanno normalmente unprofilo di rischio più alto di quelli bancabili a condi-zioni di mercato e che dunque solo grazie all’inter-vento delle garanzie diventano ‘finanziabili’.

Si risolve così almeno in parte il già ricordato pro-blema della mancanza di buoni progetti. Beninteso,il problema della qualità dei progetti è reale, e vaaffrontato, ma non di rado si dimentica che la reddi-tività dei progetti infrastrutturali in giro per il mondoè spesso incrementata da una quota di finanziamentoa fondo perduto a carico dei bilanci pubblici. Questaquota contribuisce a migliorare il rendimento deifinanziamenti privati.

È un intervento pubblico che si giustifica in ragionedelle rilevanti esternalità positive che gli investimentiin infrastrutture (così come quelli in innovazione,ricerca e sviluppo, istruzione e tecnologie) produ-cono per tutta l’economia di un Paese. Ma si giusti-fica anche per gli effetti positivi che questi investi-menti producono nel medio e nel lungo termine sugliaggregati di finanza pubblica (de Jong, Ferdinandusse,Funda, Vetlov 2017). In un’ottica pluriennale, cherestituisca la corretta importanza al ruolo che ha ildenominatore (la crescita) nel processo di risanamentofiscale, gli investimenti dovrebbero essere incenti-vati, consentendo che possano essere finanziati indebito, mediante ricorso al mercato. Questo, in spe-cie, quando le risorse finanziarie reperite sul mercatohanno costi di finanziamento assai modesti, comeavviene nella presente congiuntura. Ciò è oggi impe-dito in Europa dal Patto di stabilità e dalla sua asfit-tica logica annuale.

Il piano Juncker aiuta a superare queste difficoltà,mettendo risorse europee a disposizione per miglio-rare la bancabilità dei progetti e, sotto certe ‘severe’condizioni, non contabilizzando nel Patto di stabilitàle risorse pubbliche nazionali che gli Stati deciderannodi conferire nel Fondo europeo o nelle Piattaformeregionali, tematiche o nazionali. Quest’ultima inno-vazione è particolarmente importante e rappresentain fatto la prima rilevante (ancorché troppo ‘timida’)

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applicazione della regola aurea (golden rule) nell’at-tuazione del Patto di stabilità (Bassanini 2015).

L’introduzione del nuovo concetto permetterà di:a) superare, almeno parzialmente, i cosiddetti colli di

bottiglia, grazie alla creazione di un portafoglio piùampio di progetti bancabili;

b) affrontare ‘fallimenti di mercato’ e aumentare lafinanziabilità di progetti a più alto rischio, almomento non finanziabili;

c) favorire la combinazione di risorse nazionali edeuropee con risorse private, al fine di permetterela creazione di piani economico-finanziari soste-nibili con una leva ‘ragionevole’;

d) favorire quei Paesi membri dell’Unione che hannomaggiormente bisogno di investimenti, ma che perragioni macroeconomiche e fiscali e/o altri ostacolidi carattere non finanziario e regolamentare nonsono riusciti a farli decollare;

e) creare un processo di imitazione virtuoso trasistemi-Paese, di graduale standardizzazione e con-divisione di ‘migliori pratiche’.Il secondo principio su cui si basa il piano Juncker

è quello della comunicazione e della trasparenza attra-verso la creazione di una piattaforma europea in gradodi dare agli investitori informazioni dettagliate suiprogetti e sulle piattaforme, per la valutazione e perla conoscenza di nuove opere. L’architettura del pianoè basata su un sistema ‘multilivello’ che dovrebbeessere in grado di intercettare operatori e progetti sudiversi piani e diversi settori dello scacchiere euro-peo. Al centro c’è il FEIS, composto da un comitatodirettivo (steering committee) e da un comitato per gliinvestimenti (investment committee). Quest’ultimo sioccupa di valutare i singoli grandi progetti cofinan-ziati con la BEI e le piattaforme. Queste ultime pos-sono essere regionali, nazionali e/o settoriali.

L’architettura del piano permette un ampio numerodi combinazioni possibili, in grado potenzialmente diadattarsi alle diverse necessità di investimento presentinell’Unione. Inoltre, è possibile capitalizzare sulle piat-taforme già esistenti, eventualmente ampliandole, e/ocrearne di nuove. Le piattaforme pilota sviluppatesinegli ultimi anni – come il Fondo Marguerite, il Loanguarantee instrument for trans-European transportnetwork projects (LGTT), l’European energy effi-ciency fund, la Project bond initiative – sono la dimo-strazione che tali joint platforms possono avere successo.

Un altro pilastro del piano è il riconoscimento delruolo delle National promotional banks (NPB). Le NPBmobilitano risorse importanti a favore degli investi-menti pubblici e privati del piano. Il loro obiettivo èdi fare in modo che le risorse pubbliche e private ven-gano impiegate nella maniera più efficace possibile.Le maggiori NPB europee – la tedesca Kreditanstaltfür Wiederaufbau (KFW), la francese Caisse de depotet de consignations (CDC), l’italiana CDP, la polaccaBank gospodarstwa krajowego (BGK, Banca stataledi sviluppo), e lo spagnolo Istituto de crédito oficial

(ICO) – si sono impegnate con oltre 25 miliardi dieuro da investire non direttamente nel FEIS, ma neiprogetti e nelle piattaforme del piano. In concreto sisono rese disponibili a: coinvestire con la BEI; costi-tuire piattaforme regionali, nazionali e/o settoriali; for-nire assistenza tecnica utilizzando le loro competenzelocali a livello nazionale; contribuire alla definizione ealla individuazione di portafogli di progetti bancabilinazionali. Nell’ambito del piano è stata costituita unapiattaforma di assistenza tecnica a livello europeo.

Il piano ha già attivato il finanziamento di undiscreto numero di progetti, in ispecie in Gran Bre-tagna, Francia, Spagna, Germania e Italia (dove haben funzionato una collaudata cornice di collabora-zione tra BEI e CDP). La Commissione e il Parlamen -to europeo hanno avanzato proposte per aumentarnela dotazione finanziaria e la durata temporale. È pre-sto per dire se basterà a rilanciare gli investimenti inmodo adeguato alle esigenze. Il conseguimento di que-sto obiettivo, unanimemente condiviso, dipende infattida molte condizioni, necessarie per creare la giustacornice istituzionale e di mercato per il finanziamentodelle infrastrutture e per gli investimenti delle imprese.

Stabilità politica e legislativa, procedure ammini-strative snelle e rapide, carichi regolatori e burocra-tici contenuti, sistemi giudiziari rapidi e affidabili,pubbliche amministrazioni efficienti e tecnicamentepreparate, sistemi educativi moderni e performanti,moderati oneri fiscali, mercati del lavoro flessibilisono tutti fattori centrali nelle decisioni di investi-mento, che oggi hanno come orizzonte l’intero globo.In non pochi Paesi europei, la qualità della regola-zione e gli elevati rischi regolatori restano, nonostantequalche recente progresso, tra i maggiori ostacoli agliinvestimenti di lungo periodo. Nello spazio ammini-strativo europeo, che ha trovato finalmente una basegiuridica nel Trattato di Lisbona (2007), è oggi pos-sibile pensare a una politica europea di semplifica-zione amministrativa (better regulation), mirante adassicurare la convergenza delle regolazioni europee enazionali verso modelli più propizi agli investimenti.

Altrettanto importante è l’impegno per ricalibrareregolazioni internazionali ed europee – come la diret-tiva UE del 2013 (CRD IV, Capital RequirementsDirective), che recepisce le regole del Comitato di Basi-lea per la vigilanza bancaria, i principi contabili inter-nazionali (IFRS, International Financial ReportingStandards) e la direttiva UE che estende la regola-mentazione macroprudenziale al settore assicurativo(Solvency II) – che tuttora favoriscono gli impieghifinanziari a breve e penalizzano i finanziamenti a lungotermine in infrastrutture ed economia reale.

Un ostacolo da rimuovere è anche quello derivante,in Europa, da una talora troppo rigida interpretazionedelle regole europee sul divieto degli aiuti di Stato,interpretazione con la quale ha dovuto misurarsi an -che il piano Juncker, in ispecie per la parte relativa alsostegno alle imprese (piccole e medie in testa) e al

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finanziamento delle infrastrutture per le imprese (comele reti elettriche e di telecomunicazione).

Com’è noto, una delle idee fondanti dell’Europa èstata ed è l’ambizione di realizzare un grande mercatounico, nel quale la competizione aperta tra le impreseeuropee produca innovazione, efficienza, rendimento,dunque crescita e occupazione, oltre che ‘distruzionecreatrice’. Occorreva perciò livellare il campo di gioco,al fine di costruire una virtuosa convergenza compe-titiva fra le economie europee. Per raggiungere que-sto scopo furono introdotte una rigida disciplina dellaconcorrenza e una complessa normativa mirante a evi-tare che politiche di aiuti di Stato potessero creareimpropri vantaggi competitivi a favore delle impresedi uno o più Paesi.

Questo obiettivo resta valido. Ma non è stato rag-giunto. Non si può non constatare infatti che oggiun’impresa del Sud Europa paga svantaggi competi-tivi rilevanti ai suoi concorrenti del Nord Europa intermini di costi del denaro, dell’energia, della logi-stica, e anche di costi regolatori, burocratici, ‘giudi-ziari’ e fiscali. Il campo di gioco, ben lungi dall’esserelivellato, assomiglia piuttosto a una grande città tede-sca alla fine della Seconda guerra mondiale, dopo treanni di raid aerei alleati (Bassanini 2015).

Un ripensamento della disciplina del divieto diaiuti di Stato, o quanto meno di sue interpretazionitroppo rigide, dovrebbe portare, con i necessari rigo-rosi controlli, a escludere dal divieto gli interventimiranti a ridurre gli handicap competitivi, irrigidendoil divieto invece per quelli che li allargano.

Nello scenario globale, le stesse deroghe dovreb-bero valere anche per gli interventi dell’UE mirantia ridurre gli svantaggi competitivi delle imprese euro-pee verso i competitors extraeuropei. Occorre infattiprogettare un’Unione economica e politica capace dipromuovere la ripresa della crescita e della competi-tività europea, di rilanciare gli investimenti, di valo-rizzare le specificità dei singoli sistemi economici egiuridici nazionali. L’Europa si confronta oggi, infatti,sui mercati globali con grandi Paesi che non esitanoa usare risorse pubbliche per sostenere la crescitaquando necessario e che non rinunciano a definire erealizzare efficaci politiche industriali e commerciali(si pensi alla Cina; ma anche agli Stati Uniti, patriadel libero mercato). Si tratta di Paesi che dopo la crisihanno, con risorse pubbliche, fortemente rilanciatogli investimenti strategici, non solo in infrastrutture,ma anche in innovazione, ricerca e sviluppo, forma-zione, tecnologie, e che hanno, anche per ciò, ripresorapidamente un ritmo di crescita non inferiore a quellodegli anni precedenti la crisi.

Il principio di addizionalità, che consente al sistemadi garanzie del piano Juncker di rendere sostenibili efinanziabili investimenti altrimenti non bancabili (edunque di rimediare, in buona sostanza, a fallimentidi mercato), ha rappresentato la chiave fondamentaleche ha consentito di superare, non senza discussioni

anche aspre, le rigide gabbie di un’interpretazione ‘fon-damentalista’ delle regole europee sugli aiuti di Stato,facendo leva sul fatto che già esse prevedono, per l’ap-punto, deroghe a favore degli interventi pubblici neces-sari a far fronte a situazioni di fallimento di mercato.

Le infrastrutture economiche: le retitranseuropee (TENs)

I settori inclusi nel perimetro del piano Junckersono numerosi: infrastrutture strategiche di trasporto,energia, banda larga, infrastrutture sociali e urbane,ricerca e sviluppo, istruzione e patrimonio culturale,sostegno alle imprese piccole e medie e alle impresein generale.

La realizzazione di un mercato unico, caratteriz-zato da coesione economica e sociale e da libertà dimovimento per beni, persone e servizi, necessita atutti gli effetti dello sviluppo di una rete infrastrut-turale integrata all’interno dell’UE. È proprio questol’intento delle Reti transeuropee (Transeuropean Net-works, TENs), definite dall’UE nel Trattato di Maa-stricht, con l’obiettivo di garantire interconnessionee interoperabilità delle reti nazionali, imprescindibiliper il buon funzionamento del mercato comune. ITENs includono: reti di trasporto (TEN-T), reti ener-getiche (TEN-E) e reti di telecomunicazioni (eTEN).

L’Europa dei trasportiIl programma TEN-T consiste in centinaia di pro-

getti finalizzati alla coesione, interconnessione e inte-roperabilità tra reti e tra le singole reti e le vie di accessosecondarie. I TEN-T includono una varietà di infra-strutture di trasporto: strade, ferrovie, porti e ‘auto-strade del mare’, canali, aeroporti, logistica, ‘como-dalità’ (l’utilizzo più efficiente delle diverse modalitàdi trasporto) e innovazione tecnologica. Il settore deitrasporti in Europa impiega oltre 10 milioni di per-sone (pari al 4-5% dell’occupazione totale) e rappre-senta il 4,6% del PIL.

Il programma, avviato all’inizio degli anni Novanta,fu profondamente rivisto nel 2011. Mentre in prece-denza si basava sulla sommatoria di progetti nazio-nali e di alcuni collegamenti transnazionali, ora il qua-dro si basa su una ‘rete principale’ (core network) avalenza europea, completata nei singoli Stati dallapropria ‘rete globale’ (comprehensive network). L’ideasu cui questo complesso disegno si fonda è che il tra-sporto europeo deve scorrere in maniera fluida, senzaintoppi. Quanto più le reti sono ben connesse tra loro,tanto più il tempo di percorrenza si riduce, con grandivantaggi per l’economia e per la qualità della vita deicittadini europei. L’obiettivo è di assicurare, entro il2050, alla gran parte dei cittadini europei di raggiun-gere il comprehensive network entro 30 minuti.

Per raggiungere questo obiettivo va affrontata unaserie di sfide importanti. Esse riguardano i collegamenti

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mancanti, soprattutto Est-Ovest, le infrastruttureframmentate in bacini nazionali, la mancanza d’inte-roperabilità e, infine, la concentrazione degli investi-menti. In breve, abbiamo bisogno di passare «da unmosaico a una rete» (European commission 2017). Lanuova rete centrale di trasporto europeo, entro il 2030,dovrà essere in grado di collegare: 83 principali portieuropei con i collegamenti ferroviari e stradali; 37principali aeroporti con collegamenti ferroviari nellegrandi città; 15.000 km di linea ferroviaria potenziataad alta velocità; 35 progetti transfrontalieri per ridurrei colli di bottiglia.

L’Europa dell’energiaAllo stato attuale, l’UE importa circa il 53,5% del-

l’energia totale, a un costo annuale di circa 400 miliardidi euro (dati Eurostat, 2016). Ciò fa dell’UE la piùgrande economia importatrice di energia al mondo,con conseguenze potenzialmente negative non solosul livello dei prezzi, ma anche sul grado di resilienzaenergetica e sul grado di indipendenza politica, a causadella marcata dipendenza da partner extra UE. Leforti tensioni geopolitiche degli ultimi anni e l’altavolatilità dei prezzi del petrolio hanno evidenziatoun’eccessiva esposizione verso sistemi politici extraUE. Per ridurla, occorre procedere verso una ‘unioneenergetica’, caratterizzata da un’ampia integrazionetra i mercati europei, necessaria anche per realizzareil mastodontico piano di transizione energetica voltoa contrastare il cambiamento climatico.

Il 18 novembre 2015, la Commissione europea harilanciato l’idea di un’unione energetica pubblicandola comunicazione Una strategia quadro per un’Unionedell’energia resiliente, corredata da una politica lungi-mirante in materia di cambiamenti climatici (COM[2015]80 finale). Un mese dopo, gli accordi raggiunti a Parigial termine di COP21 (la 21a Conference of parties,ovvero la conferenza delle Nazioni Unite sui cambia-menti climatici) hanno impresso un nuovo impulsoalla realizzazione di un mercato energetico unico effi-ciente, più competitivo e a basse emissioni.

Tra i principali obiettivi dell’unione energetica: lariduzione delle emissioni di CO2, la diffusione delleenergie rinnovabili, un maggiore risparmio energetico,l’effettiva realizzazione di un mercato unico dell’ener-gia mediante lo sviluppo di reti energetiche transeuro-pee bidirezionali. Tali obiettivi erano già stati iden-tificati nell’ottobre 2014, quando l’UE aveva promossol’accordo quadro 2030 Energy strategy. Esso prevedeper il 2030: a) una riduzione del 40% delle emissionidi CO2 rispetto ai livelli del 1990; b) un aumento dellaquota di energia proveniente da fonti rinnovabili, finoad arrivare al 27% dell’energia prodotta; c) un rispar-mio del 27% dovuto all’efficienza energetica.

L’UE è sulla buona strada per conseguire gli obiet-tivi 2030 in materia di emissioni di gas a effetto ser -ra. Insieme a Brasile e Canada, è una delle tre grandieconomie al mondo capace di generare oltre il 50%

della propria energia elettrica senza produrre gas serra.L’economia dell’UE ha ottenuto un grande successonel separare la crescita economica dalle emissioni digas serra. Tra il 1990 e il 2014 il PIL combinato del-l’UE è infatti aumentato del 46%, mentre le emissionitotali di gas a effetto serra sono diminuite del 23%.

La realizzazione di un mercato unico dell’energia,tuttavia, è ancora piuttosto lontana: gli oneri ammi-nistrativi e i costi di interconnessione pongono ancorarilevanti barriere al passaggio dei consumatori versonuovi fornitori, e i mercati al dettaglio dell’energiaelettrica e del gas sono ancora frammentati, con mar-cate differenze di prezzi fra Paese e Paese. Sono,quindi, necessari ulteriori passi per promuovere l’in-tegrazione del mercato unico europeo.

A tal fine, l’UE ha individuato una serie di corri-doi prioritari nell’ambito dei TEN-E. Tra i corridoiprioritari per l’energia elettrica: una rete offshore neimari del Nord e linee di trasmissione per il trasportoe la trasmissione di energia eolica verso centri di stoc-caggio nell’Europa centrale, linee di trasmissione peril trasporto di energia tra i Paesi dell’UE nell’Europasud-occidentale (come tra Spagna e Francia) e l’inte-grazione del mercato elettrico del Baltico con il restodell’UE.

Parallelamente sono necessarie la realizzazione ela modernizzazione di infrastrutture già esistenti nelsettore del gas. Nell’ottica di un avvicinamento agliobiettivi di decarbonizzazione assunti a seguito diCOP21, la diffusione del gas quale fonte di energiasostenibile è identificata come una scelta strategica-mente cruciale. A fronte di una domanda di energiaprimaria stabile in Europa, la produzione europea èin calo e l’import di gas in crescita. Come particolar-mente utili sono indicate la realizzazione di un corri-doio meridionale per fornire gas direttamente dal MarCaspio all’Europa e l’integrazione del mercato del gasbaltico al Sud-Est dell’Europa. Oggi l’Europa è at -traversata da un’ampia rete di gasdotti ad alta pres-sione, con uno sviluppo complessivo di circa 190.000km, di cui oltre 100.000 sono concentrati tra Francia,Italia e Germania. Tale concentrazione è particolar-mente importante per lo stoccaggio di energia, maaltrettanto fondamentale sarebbe intensificare la rami-ficazione di collegamenti Nord-Sud ed Est-Ovest perpoter rimuovere eventuali colli di bottiglia legati alpicco di consumi e garantire una gestione più effi-ciente delle risorse. Infine, nonostante le importazionivengano assicurate per oltre l’80% via gasdotto, mag-giore rilevanza sta via via assumendo il Gas naturaleliquefatto (GNL) trasportato attraverso le navi me -taniere. Essenziale è, infine, la trasformazione dellereti energetiche (elettricità, petrolio e gas) in modo darendere sempre possibili la reversibilità dei flussi(reverse flow) e dunque l’adattamento flessibile allevariazioni della domanda interna europea di energiae al mutamento degli scenari geopolitici nei rapporticon i Paesi produttori.

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L’Europa delle telecomunicazioniNell’ambito del programma delle reti transeuro-

pee dell’UE, rientra anche il programma eTEN (oTEN-telecom, Transeuropean telecommunications net-works), con l’obiettivo di incentivare la diffusioneeuropea di servizi, applicazioni e contenuti elettro-nici, nonché di accelerare il processo di sviluppo e dif-fusione della banda ultralarga. Il programma eTENsi pone come obiettivi principali l’incoraggiamento diuna transizione verso una società digitalizzata, conpieno accesso all’informazione, un miglioramento dellacompetitività delle imprese europee e uno stimolo asviluppare attività che consentano la creazione di nuo -vi posti di lavoro nell’economia digitale. In manieradel tutto simile ai programmi TEN-T e TEN-E, ilprogramma eTEN intende rafforzare la coesione eco-nomica e sociale tenendo conto della necessità di col-legare le regioni periferiche alle regioni centrali del-l’Unione.

Per poter perseguire questi obiettivi, eTEN pro-muove azioni volte a diffondere presso gli agenti eco-nomici la consapevolezza dei vantaggi offerti dai ser-vizi avanzati nell’ambito delle telecomunicazionitranseuropee e a incoraggiare una collaborazione trai settori pubblico e privato.

La destinazione di risorse pubbliche a interventipubblici strategici si giustifica perché si tratta di garan-tire a tutti l’esercizio di un nuovo diritto universaledell’uomo del 21° secolo, il diritto di accedere ai ser-vizi e contenuti digitali di nuova generazione; ma sigiustifica anche in ragione delle importanti esterna-lità positive per la crescita e la competitività, che sonoprodotte dallo sviluppo delle infrastrutture e dei ser-vizi digitali. A tal fine, la Commissione europea halanciato nel 2016 l’Action plan for digitising Europeanindustry. La Commissione prevede che la realizza-zione di un mercato unico digitale sarebbe in gradodi creare crescita economica stimabile nell’ordine di415 miliardi di euro all’anno, oltre a centinaia dimigliaia di nuovi posti di lavoro. La Commissionestima inoltre che, nel futuro prossimo, circa il 90%dei posti di lavoro richiederà un buon livello di com-petenze digitali.

Comincia a diffondersi la consapevolezza che, persfruttare a pieno il potenziale di crescita dell’econo-mia digitale, l’Europa dovrà dotarsi di una politica edi un quadro regolatorio comune: regole comuni perle telecomunicazioni, per la privacy, per l’e-commerce,per la proprietà intellettuale e per le piattaforme on-line. L’UE deve creare un common playing field, unterreno giuridico e regolatorio unico, capace di met-tere tutti i suoi operatori in condizione di competerea livello globale, e di garantire a tutti i cittadini euro-pei la possibilità di godere del più alto livello possi-bile di innovazione tecnologica. L’attenzione dovrebbespostarsi dalla liberalizzazione del mercato, sostan-zialmente acquisita, alla creazione delle condizioninecessarie per promuovere la crescita economica, per

accrescere la competitività dell’economia europea nelmercato globale, per garantire un effettivo valoreaggiunto per i cittadini. Occorre tuttavia evitare unaregolazione pesante e invasiva, che finirebbe per rap-presentare un ostacolo all’innovazione.

La questione della gestione dello spettro delle fre-quenze è un buon esempio della necessità di regolecomuni europee, strettamente correlate a politicheindustriali comuni, capaci di promuovere la crescitae la competitività europee. Senza appropriate regolecomuni e senza un’applicazione sopranazionale di que-ste regole, la liberazione delle frequenze oggi occu-pate dai broadcasters televisivi (digitale terrestre) e laloro indispensabile riallocazione alle reti di teleco-municazione mobile di quinta generazione (5G) – rial-locazione già realizzata o almeno deliberata da alcuniStati membri dell’Unione – verrebbero di fatto impe-dite, a causa delle interferenze transfrontaliere, daipochi Stati membri riluttanti a imporre il trasferi-mento della diffusione dei programmi televisivi gene-ralisti sulle reti fisse di telecomunicazione (cosa che,peraltro, finirebbe per avere anche il benefico effettodi favorire gli investimenti nella fibra ottica).

I cambiamenti di regole e di politiche dovrebberoessere intrapresi in maniera rapida e tempestiva. Gliobiettivi dell’Agenda digitale europea per il 2020 appa-iono ormai in buona misura superati dalla rapidità delprogresso tecnologico. Lo ha avvertito la Commis-sione, che ha messo in atto, a cavallo tra il 2016 e il2017, una serie di iniziative tendenti a promuoverel’adozione generalizzata delle reti di telecomunica-zioni in fibra ottica (FTTX, Fiber To The X, e in par-ticolare FTTB, Fiber To The Building, in cui il colle-gamento raggiunge il limite esterno del singolo edificio),il graduale passaggio al 5G nelle reti mobili, la razio-nalizzazione dello spettro delle frequenze, la digita-lizzazione dei servizi delle pubbliche amministrazionie la trasformazione digitale dei processi di produzionee distribuzione industriale (l’industria 4.0).

L’Europa sociale

A quasi un decennio dall’inizio della ‘grande crisi’,il tessuto sociale dell’Europa è sofferente. Secondo idati di Eurostat (2015), circa 199 milioni di persone,pari al 23,7% della popolazione dell’Unione, sono arischio di povertà o di esclusione sociale. La disoccu-pazione è pari all’8,7% e quella giovanile al 19%; i datisulla disoccupazione giovanile e sulle ineguaglianzedi reddito, tuttavia, divergono molto tra le classi socialie tra le diverse regioni d’Europa.

È in atto un processo di ‘divergenza’ economica esociale che preoccupa. Molte famiglie sono riuscite asuperare la crisi grazie ai risparmi accumulati negli an -ni e spesso negli ultimi decenni. La riduzione degliinvestimenti pubblici è stata maggiore per le infra-strut ture sociali che per le infrastrutture economiche

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LE POLITICHE PER GLI INVESTIMENTI E LE INFRASTRUTTURE

(trasporti, energia, telecomunicazioni). La spesa perlo stato sociale è rimasta più o meno ai livelli precrisi,ma senza poter soddisfare la crescente domanda diservizi. Infine, le prospettive demografiche per i pros-simi decenni pongono sfide difficili per la sostenibi-lità dei bilanci pubblici. L’invecchiamento della popo-lazione avrà effetti pesanti soprattutto sul costo dellasanità e dei sistemi pensionistici.

L’Europa ha già oggi uno dei rapporti più bassi almondo tra popolazione lavorativa e pensionati, pari a4:1. In media, gli Stati membri spendono oltre l’11%del PIL in pensioni, il 7% in sanità e quasi il 5% inistruzione. L’evoluzione della demografia e la soste-nibilità dei sistemi dello Stato sociale hanno una fortecorrelazione. Nel 2060 il 28,4% dei cittadini europeiavrà più di 65 anni (nel 2013 erano il 18,4%), mentresolo il 56,6% della popolazione sarà nel circuito dellavoro, cioè in età tra i 15 e i 64 anni. Di conseguenza,il rapporto tra popolazione attiva e pensionati potrebbearrivare a 2:1.

Politiche per l’immigrazione e incentivi alle nascitedevono diventare parte integrante della nuova cornicesociale ed economica europea. Ostacoli culturali e poli-tici, esasperati dall’affermarsi di movimenti politicipopulisti, rendono tuttavia difficile contrastare la crisidemografica con un incremento dei flussi migratorida altri continenti. Ma se la demografia europea nonviene ‘rinverdita’, il rischio di un declino progressivodella crescita e della competitività europea sarà inar-restabile. La velocità dei tempi della globalizzazioneimpone di agire in modo deciso e rapido.

Un’altra questione cruciale per il futuro della societàeuropea riguarda i sistemi di istruzione, a tutti i livelli.Cambiamenti rilevanti nei modelli educativi sono richie-sti dalle sfide della globalizzazione e dei cambiamentitecnologici. Nuovi modelli educativi richiederannonuove infrastrutture (sia negli edifici sia nei sistemi diconnessione, quindi sia materiali sia immateriali).Abbiamo bisogno di raggiungere in tempi rapidi lapiena copertura del fabbisogno prescolare (asili nido escuole materne) in tutta Europa. Questo è un fattoredecisivo non solo per la formazione e la socializzazionedei giovani, ma anche per l’occupazione femminile.Abbiamo bisogno che i giovani trovino un loro ruoloattivo nella società. Rischiamo di dover affrontare dram-maticamente una generazione di giovani che non entre-ranno mai nel mondo del lavoro.

Un settore cruciale per affrontare questi problemiriguarda l’edilizia sociale. Vi sono molti esempi di suc-cesso in Europa di ‘comunità alloggio’ costruite graziea meccanismi legati alla cooperazione tra settore pub-blico e settore privato. L’edilizia sociale è vitale perospitare insieme pluralità di cittadini di diversa estra-zione sociale e di diverse età. L’efficienza energeticanell’edilizia sociale può essere un fattore promettentenel finanziamento di questi nuovi complessi abitativi.

Riforme dei sistemi sociali europei – in particolaresanità e cura degli anziani, istruzione e edilizia sociale

– sono i pilastri per affrontare le grandi trasforma-zioni che attendono il futuro dell’Unione. La crescitadei debiti pubblici richiede la ricerca di soluzioninuove, che – senza indebolire lo Stato sociale – nonmettano a repentaglio la sostenibilità di lungo periododelle finanze pubbliche e quindi delle generazionifuture. Una missione impossibile? No, ma certo unamissione difficile, che richiede innovazione e inter-venti tempestivi per evitare che populisti ed euro-scettici prendano il sopravvento.

Sul fronte delle infrastrutture economiche, comeabbiamo visto, molti progetti si possono finanziare dasé. Il contributo pubblico può essere ‘modesto’, equindi pesare poco sulle finanze pubbliche. Per leinfrastrutture sociali e ambientali, invece, vi è unamaggiore necessità di contributi pubblici diretti, nazio-nali o europei. Per finanziare le infrastrutture sociali,a costi sopportabili per i contribuenti, occorre svi-luppare nuovi modelli finanziari con la partecipazionedel risparmio istituzionale di lungo periodo e delrisparmio diffuso. La creazione di un Fondo per leinfrastrutture sociali – finanziato tramite l’emissionedi eurobond e capace di fornire risorse per le infra-strutture, allo stesso costo e con procedure più stan-dardizzate, a tutti i Paesi membri – potrebbe diven-tare un grande strumento (sostenibile) per rilanciarel’Europa sociale. Per es., con 500 miliardi di euro (cherappresentano circa 5 anni di spesa europea nelle infra-strutture sociali) si potrebbe, in un decina di anni,cambiare la faccia dell’Europa. Asili nido, scuole euniversità innovative e interconnesse, telemedicina,assistenza agli anziani, edilizia sociale, ambiente, boni-fiche del territorio, sono la base della coesione socialedell’Unione.

Rilanciare e riformare l’Europa sociale può e devediventare un grande investimento. Il welfare (la cosid-detta economia bianca) è un settore che può crearemolti posti di lavoro e dare un forte contributo all’in-dustria delle costruzioni, all’innovazione e alle nuovetecnologie.

Nel ‘libro bianco’ della Commissione che è statopresentato il 1° marzo 2017 dal suo presidente, Jean-Claude Juncker (European commission 2017), tra icinque principali obiettivi per il suo futuro, l’Europasociale viene messa al primo posto. È cruciale che nonsi tratti solo di parole, ma che questo proposito si tra-duca rapidamente in azioni concrete ed efficaci.

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Tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il21 giugno 2017.

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