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1 LA VULGATA La Vulgata (leggi Vulgàta) è una traduzione della Bibbia in latino dall'antica versione greca ed ebraica, realizzata all'inizio del V secolo da Sofronio Eusebio Girolamo. Il nome è dovuto alla dicitura latina Vulgata editio, cioè "edizione per il popolo", che richiama sia l'ampia diffusione che ottenne (in precedenza con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch'essa notevole diffusione), sia lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo. Dalla sua realizzazione fino al Concilio Vaticano II (1962-1965) la Vulgata ha rappresentato la traduzione ufficiale della Bibbia per l'intera Chiesa cattolica. Origene Nei primi secoli dell'era cristiana circolavano tra le chiese cristiane dell'impero romano d'occidente, di lingua latina, numerose versioni non ufficiali della Bibbia, oggi indicate complessivamente con la dicitura Vetus latina, cioè 'vecchia (traduzione) latina'. In particolare, le traduzioni più antiche, del II secolo, sono indicate col nome di Afra, in quanto diffuse nelle province romane dell'Africa del nord. La Itala, redatta tra il II-III secolo, divenne di uso comune in Italia. Il carattere non ufficiale di tali versioni favorì notevolmente l'adattamento e l'interpretazione personale, producendo una notevole varietà di letture: per il Vangelo di Luca, per esempio, si arrivò a una stesura complessiva di non meno di 27 versioni, più o meno differenti tra esse. Nel caso dell'Antico Testamento, inoltre, il lavoro di traduzione era svolto a partire dalla traduzione greca della versione dei Settanta, e non dai testi originali ebraico-aramaici. Al confronto con i testi originali, pertanto, le veteres mostravano una qualità decisamente scadente. Per porre fine a tale anarchia e assicurare alla Chiesa una traduzione di qualità migliore il papa Damaso I si rivolse nel 382 al suo segretario personale, Sofronio Eusebio Girolamo (circa 347-420), dotato di una notevole preparazione letteraria latina (Cicerone in particolare) e greca. Girolamo condivide con Cicerone che occorre rifuggire dalla tentazione di uno stretto letteralismo, nella convinzione che tradurre è riportare il senso secondo le forme proprie della lingua che si utilizza. Ma Girolamo, nel contempo, sostiene anche che tale criterio debba essere temperato nei confronti della Sacra Scrittura, dal momento che in essa "anche l'ordine delle parole è un mistero". A Girolamo fu chiesta una traduzione dalle lingue originali, che favorisse l'unità nella liturgia, eliminando anche errori e imprecisioni delle precedenti traduzioni. Il lavoro iniziò con una revisione dei 4 vangeli sul testo greco originale. Nel 386 Girolamo si trasferì a Betlemme, in Palestina, dove poté studiare la lingua ebraica e aramaica. A partire dal 390, si dedicò alla revisione dell'Antico Testamento, concludendo l'opera nel 405, dopo 15 anni di lavoro. Data la sua autorevolezza (era stata commissionata direttamente dal papa), la Vulgata soppiantò gradualmente le precedenti versioni latine: adottata da alcuni scrittori già nel V secolo, dal VI secolo diventò di uso comune, fino a diventare la versione egemone della Chiesa latina occidentale nel IX secolo. La Vulgata è tuttora il testo liturgico della Santa Messa in latino. Fonti della traduzione Oltre alle precedenti traduzioni latine indicate collettivamente col nome Vetus latina Girolamo aveva anche a disposizione i testi originali in ebraico, aramaico, greco e l'allora autorevolissima versione greca dell'Antico Testamento detta Settanta. Data la scarsa conoscenza che abbiamo delle differenti versioni latine pre-Vulgata non è possibile sapere con certezza quanto del lavoro di Girolamo sia stata una revisione dei testi precedenti e quanto sia stata una traduzione ex novo. A grandi linee, vi è un sostanziale accordo tra gli studiosi su questo quadro: - I 38 libri in ebraico dell'Antico Testamento, eccetto i Salmi, furono tradotti ex novo dal testo ebraico, definito testo masoretico. - Il libro dei Salmi è stato oggetto di una triplice versione: la prima, nota come Versio Romana, fu realizzata da Girolamo già nel 382, è una revisione di una precedente traduzione latina adattata al testo della Settanta. La seconda, nota come Versio Gallicana, fu realizzata tra il 386-391 a partire dal testo greco della Esapla di Origene. Divenne la versione prevalente nelle tarde edizioni manoscritte della Vulgata. La terza versione fu realizzata tra il 398-405 a partire dal testo originale ebraico.

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LA VULGATA

La Vulgata (leggi Vulgàta) è una traduzione della Bibbia in latino dall'antica versione greca ed ebraica, realizzata all'inizio del V secolo da Sofronio Eusebio Girolamo. Il nome è dovuto alla dicitura latina Vulgata editio, cioè "edizione per il popolo", che richiama sia l'ampia diffusione che ottenne (in precedenza con Vulgata si indicava la traduzione della versione dei Settanta, che ebbe anch'essa notevole diffusione), sia lo stile non eccessivamente raffinato e retorico, più alla portata del popolo. Dalla sua realizzazione fino al Concilio Vaticano II (1962-1965) la Vulgata ha rappresentato la traduzione ufficiale della Bibbia per l'intera Chiesa cattolica. Origene Nei primi secoli dell'era cristiana circolavano tra le chiese cristiane dell'impero romano d'occidente, di lingua latina, numerose versioni non ufficiali della Bibbia, oggi indicate complessivamente con la dicitura Vetus latina, cioè 'vecchia (traduzione) latina'. In particolare, le traduzioni più antiche, del II secolo, sono indicate col nome di Afra, in quanto diffuse nelle province romane dell'Africa del nord. La Itala, redatta tra il II-III secolo, divenne di uso comune in Italia. Il carattere non ufficiale di tali versioni favorì notevolmente l'adattamento e l'interpretazione personale, producendo una notevole varietà di letture: per il Vangelo di Luca, per esempio, si arrivò a una stesura complessiva di non meno di 27 versioni, più o meno differenti tra esse. Nel caso dell'Antico Testamento, inoltre, il lavoro di traduzione era svolto a partire dalla traduzione greca della versione dei Settanta, e non dai testi originali ebraico-aramaici. Al confronto con i testi originali, pertanto, le veteres mostravano una qualità decisamente scadente. Per porre fine a tale anarchia e assicurare alla Chiesa una traduzione di qualità migliore il papa Damaso I si rivolse nel 382 al suo segretario personale, Sofronio Eusebio Girolamo (circa 347-420), dotato di una notevole preparazione letteraria latina (Cicerone in particolare) e greca. Girolamo condivide con Cicerone che occorre rifuggire dalla tentazione di uno stretto letteralismo, nella convinzione che tradurre è riportare il senso secondo le forme proprie della lingua che si utilizza. Ma Girolamo, nel contempo, sostiene anche che tale criterio debba essere temperato nei confronti della Sacra Scrittura, dal momento che in essa "anche l'ordine delle parole è un mistero". A Girolamo fu chiesta una traduzione dalle lingue originali, che favorisse l'unità nella liturgia, eliminando anche errori e imprecisioni delle precedenti traduzioni. Il lavoro iniziò con una revisione dei 4 vangeli sul testo greco originale. Nel 386 Girolamo si trasferì a Betlemme, in Palestina, dove poté studiare la lingua ebraica e aramaica. A partire dal 390, si dedicò alla revisione dell'Antico Testamento, concludendo l'opera nel 405, dopo 15 anni di lavoro. Data la sua autorevolezza (era stata commissionata direttamente dal papa), la Vulgata soppiantò gradualmente le precedenti versioni latine: adottata da alcuni scrittori già nel V secolo, dal VI secolo diventò di uso comune, fino a diventare la versione egemone della Chiesa latina occidentale nel IX secolo. La Vulgata è tuttora il testo liturgico della Santa Messa in latino. Fonti della traduzione Oltre alle precedenti traduzioni latine indicate collettivamente col nome Vetus latina Girolamo aveva anche a disposizione i testi originali in ebraico, aramaico, greco e l'allora autorevolissima versione greca dell'Antico Testamento detta Settanta. Data la scarsa conoscenza che abbiamo delle differenti versioni latine pre-Vulgata non è possibile sapere con certezza quanto del lavoro di Girolamo sia stata una revisione dei testi precedenti e quanto sia stata una traduzione ex novo. A grandi linee, vi è un sostanziale accordo tra gli studiosi su questo quadro: - I 38 libri in ebraico dell'Antico Testamento, eccetto i Salmi, furono tradotti ex novo dal testo ebraico, definito testo masoretico. - Il libro dei Salmi è stato oggetto di una triplice versione: la prima, nota come Versio Romana, fu realizzata da Girolamo già nel 382, è una revisione di una precedente traduzione latina adattata al testo della Settanta. La seconda, nota come Versio Gallicana, fu realizzata tra il 386-391 a partire dal testo greco della Esapla di Origene. Divenne la versione prevalente nelle tarde edizioni manoscritte della Vulgata. La terza versione fu realizzata tra il 398-405 a partire dal testo originale ebraico.

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i libri deuterocanonici di Giuditta e Tobia sono una traduzione ex novo dal testo originale greco della Settanta. Gli altri 6 libri deuterocanonici greci e i 27 libri del Nuovo Testamento, inclusi i Vangeli, sono una revisione di precedenti versioni latine. Va ribadito che tale quadro è solo approssimativo: nel caso di revisioni di precedenti traduzioni latine Girolamo a volte preferisce le letture presenti nei testi originali; altre volte, al contrario, nel caso di brani tradotti ex novo dai testi originali preferisce letture presenti nella Settanta o in precedenti traduzioni latine. Stile della traduzione Dal punto di vista teorico, Girolamo è noto per avere applicato su larga scala il principio traduttologico della resa ad sensum: in una lettera indirizzata a Pammachio, genero della nobildonna romana Paola, scrisse: « Io, infatti, non solo ammetto, ma proclamo liberamente che nel tradurre i testi greci, a parte le Sacre Scritture, dove anche l'ordine delle parole è un mistero, non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso. Ho come maestro di questo procedimento Cicerone, che tradusse il Protagora di Platone, l'Economico di Senofonte e le due bellissime orazioni che Eschine e Demostene scrissero l'uno contro l’altro (…). Anche Orazio poi, uomo acuto e dotto, nell'Ars poetica dà questi stessi precetti al traduttore colto: "Non ti curerai di rendere parola per parola, come un traduttore fedele" » (Epistulae 57, 5, trad. R. Palla) Dal punto di vista pratico, il testo di Girolamo, sebbene aderente il più possibile ai testi originali, cerca in parte di latinizzare alcuni grecismi e semitismi che erano già presenti nelle precedenti versioni latine, creando un testo di qualità stilistica indubbiamente superiore alle traduzioni latine precedenti. In alcuni loci Girolamo opta per alcune traduzioni che si mostrano in accordo con la fede cristiana, accogliendo talvolta letture già presenti nel greco della Settanta che derivavano dalla fortissima attesa messianico-escatologica presente nei secoli precedenti la venuta di Cristo. Dal confronto col testo originale ebraico o greco tali varianti, come anche numerose altre rese, possono essere considerate come 'errori' di traduzione. In particolare: - In Gn 3,15 chi schiaccerà la testa del serpente non è più la stirpe, come indicato dal pronome maschile nel testo ebraico e greco, ma la donna, prefigurando il ruolo salvifico della Beata Vergine; - In Is 7,14 il termine ebraico ‘almah, giovane donna, venne reso col greco parthènos, vergine, e ripreso da Girolamo col latino virgo, diventando una prefigurazione della miracolosa nascita di Cristo; - In Sal 15,10 (16,10 TM) shàhat, sepolcro, diventa diafthoràn in greco, corruptionem in latino, prefigurando la risurrezione di Cristo. Prologhi Oltre ad occuparsi della traduzione del testo biblico, Girolamo redasse 19 prologhi in latino ai singoli libri o a insiemi di essi: Genesi (riferito all'intero Pentateuco); Giosuè; Re; Cronache; Esdra; Tobia; Giuditta; Ester; Giobbe; Salmi; libri attribuiti a Salomone (Proverbi, Qoelet, Cantico dei Cantici); Siracide; Isaia; Geremia; Ezechiele; Daniele; dodici Profeti Minori; Vangeli; Lettere di Paolo (conosciuto anche come Primum quaeritur, dall'incipit). Un tema ricorrente presente nei prologhi di libri dell'Antico Testamento è la preferenza accordata all'Hebraica veritas, vale a dire al testo ebraico, a discapito del testo greco della Settanta. Per Girolamo, nel testo ebraico sarebbe prefigurata con più chiarezza la venuta di Gesù e le caratteristiche del suo ministero. Tale scelta non può che apparire, alla luce della moderna consapevolezza storico-critica acquisita negli studi biblici, che pienamente giustificata. A suo tempo, tuttavia, per questo Girolamo fu fatto oggetto di numerose critiche: la lingua per eccellenza della cultura ellenista e romana era il greco, mentre l'ebraico, agli occhi dei dotti, non appariva che la lingua, già morta da secoli, di un insignificante, periferico e rurale popolo del mediterraneo. Circa il Primum quaeritur, cioè il prologo alle lettere di Paolo, in essa è difesa la tesi dell'origine paolina della Lettera agli Ebrei, che non presenta indicazioni esplicite circa l'autore, e viene proposto il paragone tra le dieci lettere e i Dieci comandamenti. Come autore di tale prologo è stato ipotizzata una figura diversa da Girolamo. I curatori della Vulgata Stuttgartensia (v. dopo) notano come tale versione delle epistole fu particolarmente popolare presso gli eretici pelagiani, e dunque è probabilmente riconducibile

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ad essi il Primum quaeritur. Diversa paternità è stata suggerita dall'esegeta Adolf von Harnack,[6] che ipotizza lo gnostico Marcione di Sinope o un suo seguace. Manoscritti Ad oggi si sono conservati un discreto numero di manoscritti della Vulgata. Tra questi sono particolarmente degni di nota: Codex Fuldensis, datato circa 545, contiene solo il testo del Nuovo Testamento, e i Vangeli sono nella versione del Diatessaron. È conservato presso il abbazia di Fulda, in Germania. Codex Amiatinus, datato inizio VIII secolo, è il testimone più autorevole e completo della Vulgata. Fu commissionato dal monaco anglosassone Ceolfrid nel 692. Per secoli è stato conservato in un monastero presso il monte Amiata, in Toscana, donde il nome. Attualmente è conservato a Firenze nella Biblioteca Medicea Laurenziana. Revisioni della Vulgata Già a partire dall'alto medioevo si è verificato per i manoscritti della Vulgata quanto avveniva normalmente nelle trascrizioni amanuensi: la comparsa di varianti di lezione, intenzionali o accidentali, o anche di veri e propri errori di trascrittura, cosicché nessuna copia era perfettamente uguale all'originale, che era a sua volta una copia. Edizioni manoscritte (VI-XV secolo) Il primo tentativo di ristabilire criticamente l'originale testo di Girolamo è attribuito al letterato romano-ostrogoto Cassiodoro, già verso il 550. Nell'801 Alcuino di York curò una versione della Vulgata per l'imperatore franco Carlo Magno. Tentativi simili furono intrapresi da Teodolfo di Orleans (787?-821); Lanfranco di Canterbury (1070-1089); Stephen Harding di Cîteaux (1109-1134); Deacon Nicolaus Maniacoria (verso l'inizio del XIII secolo). Edizioni in epoca moderna (XV-XVI secolo) L'avvento della stampa ha ridotto grandemente la possibilità di errori umani e favorito l'uniformità e il confronto dei testi. Tuttavia, in un primo tempo le varie edizioni a stampa della Vulgata riproponevano acriticamente la varietà di versioni che erano disponibili nei diversi manoscritti. Tra le centinaia di antiche edizioni a stampa, quella sicuramente più nota è la cosiddetta Bibbia di Gutenberg, realizzata nel 1455 da Johann Gutenberg, l'inventore della stampa a caratteri mobili. Rappresenta il primo testo mai stampato in occidente. La prima edizione critica del testo della Vulgata, che cioè riportava le varianti di lettura, fu pubblicata a Parigi nel 1504. Erasmo pubblicò nel 1516 un'edizione corretta per armonizzare il latino con l'originale greco ed ebraico. Anche uno dei testi riportati dalla Poliglotta Complutense del 1517 è tratto da un manoscritto latino e corretto per armonizzarlo col testo greco. Nel 1528 Robertus Stephanus pubblicò un'edizione critica che diventò la base delle successive versioni Sistina e Clementina. Un'altra edizione critica fu pubblicata da John Hentenius a Lovanio (Belgio) nel 1547, detta Lovaniense. La Vulgata Sixtina (1590) Dopo la Riforma, quando la Chiesa cattolica si sforzò di contrattaccare le dottrine del Protestantesimo, la Vulgata venne riaffermata nel Concilio di Trento come l'unica versione autorizzata latina della Bibbia. Per ribadire tale autorizzazione il concilio richiese al Papa una versione standard per porre fine alla varietà di innumerevoli edizioni prodotte durante il medio evo e il rinascimento. L'edizione venne commissionata dal Papa Sisto V (1585-1590), e pertanto fu chiamata Vulgata Sistina (Biblia Sacra Vulgatae Editionis Sixti Quinti Pontificis Maximi iussu recognita atque edita). Si basò sulla edizione di Robertus Stephanus (1528), corretta in base alla versione greca. Il lavoro però fu affrettato e risentì di numerosi errori di stampa. Venne pertanto intrapresa una nuova edizione che venne portata a termine all'inizio del pontificato di Clemente VIII (1592-1605). La Vulgata Clementina (1592) L'edizione prodotta è detta Vulgata Sisto-Clementina, o semplicemente Vulgata Clementina, nonostante il nome di papa Sisto compaia nel titolo completo. Clemente dispose la pubblicazione di tre edizioni: 1592, 1593, 1598. Al di là delle singole e minute varianti testuali, la Clementina differisce dalle edizioni precedenti per due particolari: le prefazioni di Girolamo furono raccolte all'inizio; i libri apocrifi di 3-4 Esdra e la Preghiera di Manasse furono spostati in appendice. Il salterio, al pari delle precedenti edizioni della Vulgata, era il Gallicanum. La Clementina divenne dal 1592 la versione ufficiale adottata dal rito latino della Chiesa cattolica e fu soppiantata solo nel 1979, quando fu promulgata la Nova Vulgata.