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I protisti e gli altri eucarioti. In molti casi è difficile tracciare una linea di demarcazione netta fra piante, funghi e animali, tutti organismi che si sono evoluti da comuni progenitori protisti seguendo vie diverse. Generalmente i protisti con caratteristiche simili a quelle degli animali, vengono definiti protozoi e distinti dai protofiti (alghe) che rappresentano protisti con caratteristiche di tipo vegetale. Esistono inoltre protisti che possono essere paragonati ai funghi: le muffe mucillaginose e le muffe d'acqua . 1) La distinzione tra protisti e animali è relativamente semplice: si definisce animale un organismo pluricellulare , eterotrofo, che si nutre per ingestione. 2) Le piante differiscono invece dai protisti per la capacità di sviluppare embrioni protetti dai tessuti materni . 3) La distinzione tra funghi e protisti è più complicata ma è comunque basata: - sull‟eventuale presenza di flagelli (quasi mai presenti nei funghi) - sul tipo di gameti (in alcuni protisti esistono gameti maschili e femminili morfologicamente diversi, mentre ciò non si verifica nei funghi) - sulla presenza di uno stadio dicariotico (descritto nei funghi) - sulla composizione chimica della parete cellulare (i funghi possiedono pareti costituite principalmente da chitina ). Prima di descrivere le modalità di vita e la classificazione degli eucarioti microbici, consideriamo le differenze tra le cellule eucariotiche e quelle procariotiche, cercando di capire come è avvenuto, nella storia della vita, il passaggio da procarioti a eucarioti. La perdita della parete, la comparsa del citoscheletro e delle membrane interne. La cellula eucariotica presenta moltissime differenze rispetto a quella procariotica. In particolare, nella cellula eucariotica sono presenti un ampio sistema di membrane interne e numerosi organuli che, nell‟insieme, svolgono complesse reazioni metaboliche; inoltre, il DNA è contenuto all‟interno di un nucleo vero e proprio, circondato da una membrana. Secondo i biologi, è impossibile che tutte queste novità siano comparse simultaneamente nel corso dell‟evoluzione. I resti fossili testimoniano che la cellula eucariotica comparve più di due miliardi di anni fa, ma non esistono dati che ci permettano di definire con certezza come sia avvenuto il passaggio dal progenitore procariotico. Proviamo allora a ricostruire la sequenza più logica che possa avere portato al nuovo tipo cellulare, senza dimenticare i cambiamenti globali concomitanti, come il passaggio graduale da un‟atmosfera priva di ossigeno a un‟atmosfera aerobica. Il primo passo verso la condizione eucariotica fu probabilmente la perdita della parete cellulare tipica della cellula procariotica ancestrale (figura 1). La perdita di questo involucro rigido rappresenta una conquista vantaggiosa per numerose ragioni: senza la parete, la cellula può aumentare maggiormente di dimensioni; inoltre, la superficie cellulare diventa flessibile, favorendo la comparsa di introflessioni ed estroflessioni della membrana (utili per inglobare cibo) ed aumentando l‟area destinata agli scambi con l‟esterno. Il ripiegamento della membrana plasmatica di una grossa cellula procariotica avrebbe dato origine al sistema di membrane interne e al nucleo, mentre un ulteriore stadio evolutivo sarebbe stato rappresentato dalla comparsa di un citoscheletro. 1. Generalità sui Protisti. Con il termine protisti si intende di regola un raggruppamento biologico (regno) piuttosto eterogeneo , evolutosi dalle monere e dal quale hanno successivamente preso origine tutti gli organismi eucariotici . Secondo una definizione più generica, possiamo definire protisti tutti quegli organismi eucariotici che non è possibile classificare come piante, funghi o animali. Alcuni biologi considerano veri protisti soltanto gli organismi unicellulari e includono quelli pluricellulari in uno degli altri tre regni degli eucarioti. In realtà, vedremo che anche certi organismi a struttura pluricellulare possono essere classificati come protisti. I protisti hanno nel complesso caratteristiche metaboliche sorprendentemente varie, e in ciò essi sono secondi soltanto alle monere. Dal punto di vista della nutrizione, ad esempio, alcuni sono autotrofi mentre altri eterotrof i e con specializzazioni alimentari assai diverse; in alcuni casi è stata addirittura osservata la loro capacità di passare rapidamente dall'autotrofia alla eterotrofia. I protisti sono presenti in ogni ambiente; la maggior parte sono comunque acquatici , diffusi sia in ambiente marino che d‟acqua dolce, ma anche nei liquidi corporei di altri organismi, nei terreni umidi o nelle cortecce degli alberi marcescenti.

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I protisti e gli altri eucarioti.

In molti casi è difficile tracciare una linea di

demarcazione netta fra piante, funghi e animali, tutti

organismi che si sono evoluti da comuni progenitori

protisti seguendo vie diverse.

Generalmente i protisti con caratteristiche simili a

quelle degli animali, vengono definiti protozoi e distinti

dai protofiti (alghe) che rappresentano protisti con

caratteristiche di tipo vegetale. Esistono inoltre protisti

che possono essere paragonati ai funghi: le muffe

mucillaginose e le muffe d'acqua.

1) La distinzione tra protisti e animali è relativamente

semplice: si definisce animale un organismo

pluricellulare, eterotrofo, che si nutre per ingestione.

2) Le piante differiscono invece dai protisti per la

capacità di sviluppare embrioni protetti dai tessuti

materni.

3) La distinzione tra funghi e protisti è più complicata

ma è comunque basata:

- sull‟eventuale presenza di flagelli (quasi mai presenti

nei funghi)

- sul tipo di gameti (in alcuni protisti esistono gameti

maschili e femminili morfologicamente diversi, mentre

ciò non si verifica nei funghi)

- sulla presenza di uno stadio dicariotico (descritto nei

funghi)

- sulla composizione chimica della parete cellulare (i

funghi possiedono pareti costituite principalmente da

chitina).

Prima di descrivere le modalità di vita e la

classificazione degli eucarioti microbici, consideriamo le

differenze tra le cellule eucariotiche e quelle

procariotiche, cercando di capire come è avvenuto, nella

storia della vita, il passaggio da procarioti a eucarioti.

La perdita della parete, la comparsa del citoscheletro e delle membrane interne.

La cellula eucariotica presenta moltissime differenze

rispetto a quella procariotica. In particolare, nella cellula

eucariotica sono presenti un ampio sistema

di membrane interne e numerosi organuli che,

nell‟insieme, svolgono complesse reazioni metaboliche;

inoltre, il DNA è contenuto all‟interno di un nucleo vero

e proprio, circondato da una membrana. Secondo i biologi, è impossibile che tutte queste novità

siano comparse simultaneamente nel corso

dell‟evoluzione. I resti fossili testimoniano che la cellula

eucariotica comparve più di due miliardi di anni fa, ma

non esistono dati che ci permettano di definire con

certezza come sia avvenuto il passaggio dal progenitore

procariotico. Proviamo allora a ricostruire la sequenza

più logica che possa avere portato al nuovo tipo

cellulare, senza dimenticare i cambiamenti globali

concomitanti, come il passaggio graduale da

un‟atmosfera priva di ossigeno a un‟atmosfera aerobica.

Il primo passo verso la condizione eucariotica fu

probabilmente la perdita della parete cellulare tipica

della cellula procariotica ancestrale (▶figura 1). La

perdita di questo involucro rigido rappresenta una

conquista vantaggiosa per numerose ragioni: senza la

parete, la cellula può aumentare maggiormente di

dimensioni; inoltre, la superficie cellulare diventa

flessibile, favorendo la comparsa di introflessioni ed

estroflessioni della membrana (utili per inglobare cibo)

ed aumentando l‟area destinata agli scambi con

l‟esterno.

Il ripiegamento della membrana plasmatica di una

grossa cellula procariotica avrebbe dato origine al

sistema di membrane interne e al nucleo, mentre un

ulteriore stadio evolutivo sarebbe stato rappresentato

dalla comparsa di un citoscheletro.

1. Generalità sui Protisti.

Con il termine protisti si intende di regola un raggruppamento biologico (regno) piuttosto eterogeneo, evolutosi dalle monere

e dal quale hanno successivamente preso origine tutti gli organismi eucariotici. Secondo una definizione più generica,

possiamo definire protisti tutti quegli organismi eucariotici che non è possibile classificare come piante, funghi o animali.

Alcuni biologi considerano veri protisti soltanto gli organismi unicellulari e includono quelli pluricellulari in uno degli altri tre

regni degli eucarioti. In realtà, vedremo che anche certi organismi a struttura pluricellulare possono essere classificati come

protisti.

I protisti hanno nel complesso caratteristiche metaboliche sorprendentemente varie, e in ciò essi sono secondi soltanto alle

monere. Dal punto di vista della nutrizione, ad esempio, alcuni sono autotrofi mentre altri eterotrofi e con specializzazioni

alimentari assai diverse; in alcuni casi è stata addirittura osservata la loro capacità di passare rapidamente dall'autotrofia alla

eterotrofia.

I protisti sono presenti in ogni ambiente; la maggior parte sono comunque acquatici, diffusi sia in ambiente marino che

d‟acqua dolce, ma anche nei liquidi corporei di altri organismi, nei terreni umidi o nelle cortecce degli alberi marcescenti.

Il citoscheletro è costituito da microfilamenti e

microtubuli formati da particolari proteine; oltre a

sostenere la cellula e a mantenerne la forma, è utile

anche nella divisione cellulare e per il trasporto di

materiali nel citoplasma. In alcune cellule, inoltre, i

microtubuli potrebbero essersi evoluti dando origine a

un flagello. Il primo vero eucariote possedeva quindi un

citoscheletro e un involucro nucleare, alcuni organuli e

forse anche uno o due flagelli.

L’acquisizione per endosimbiosi di mitocondri e cloroplasti.

Mentre tutto questo stava avvenendo, i cianobatteri

producevano ossigeno con la fotosintesi, innescando

disastrose conseguenze per la maggior parte degli altri

viventi, che erano anaerobici. Alcuni procarioti, tuttavia,

riuscirono ad adattarsi, dando origine ai primi eucarioti

capaci di fagocitosi. A questo punto, può essere entrata

in gioco l‟endosimbiosi (▶figura 1), grazie alla quale si

sarebbero originati i primi mitocondri e cloroplasti.

Figura 1. Dalla cellula procariotica alla cellula eucariotica.

Una possibile sequenza degli eventi evolutivi che hanno portato alla comparsa della cellula eucariotica.

Secondo la teoria dell‟endosimbiosi, i mitocondri

avrebbero avuto origine da proteobatteri eterotrofi

capaci di utilizzare l‟ossigeno. Questi proteobatteri

sarebbero stati incorporati in cellule eucariotiche più

grandi, evolvendosi poi in mitocondri.

Inizialmente la funzione principale dei nuovi organuli

era quella di limitare la tossicità dell‟ossigeno

trasformandolo in acqua; più tardi, questo processo

venne accoppiato alla sintesi di molecole ad alto

contenuto energetico (ATP), dando il via

alla respirazione cellulare. L‟endosimbiosi avrebbe

quindi conferito grandi vantaggi sia all‟ospite (la

possibilità di disporre di una maggiore quantità di

energia e la capacità di vivere in ambiente aerobico) sia

ai piccoli proteobatteri inglobati, che potevano

svilupparsi in un ambiente protetto. L‟interdipendenza

tra la cellula ospite e il proteobatterio sarebbe diventata

sempre più stretta, tanto da rendere impossibile la

sopravvivenza dei due sistemi separati. Alla fine di

questo passaggio, la cellula eucariotica moderna risultò

completa. Alcuni eucarioti oggi molto diffusi, le piante,

sono il risultato di un‟ulteriore specializzazione:

l‟incorporazione di un procariote simile ai cianobatteri

attuali, destinato a diventare il cloroplasto. Si sarebbero

formate così le cellule eucariotiche fotosintetiche tipiche

dei vegetali.

Ci sono varie prove a sostegno del modello

endosimbiontico. Per esempio, i mitocondri e i

cloroplasti odierni assomigliano molto ai batteri e infatti

contengono piccole quantità di DNA, RNA e ribosomi

più simili a quelli delle cellule batteriche che a quelli

eucariotici. Inoltre, questa teoria può spiegare anche

perché mitocondri e cloroplasti sono gli unici organuli

cellulari circondati da due membrane: quella interna

corrisponderebbe alla membrana plasmatica del

batterio e quella esterna sarebbe quella della cellula

ospite che si è invaginata per accoglierlo.

La cellula eucariotica possiede caratteristiche molto

funzionali: dal citoscheletro, che regola gli spostamenti

nei comparti interni della cellula e permette varie

modalità di locomozione, a organuli altamente

specializzati. Come vedremo, grazie a questi nuovi

strumenti i protisti hanno imparato a sfruttare molti

ambienti e molte risorse.

Riproduzione.

Sebbene la maggior parte degli eucarioti microbici

mostri entrambi i tipi di riproduzione, asessuata e

sessuata, alcuni gruppi non presentano affatto una

riproduzione di tipo sessuato. Inoltre, come vedremo,

non sempre sessualità e riproduzione sono legate in

modo diretto.

Riproduzione asessuata nei protisti

I quattro processi di riproduzione asessuata che si

riscontrano nei protisti sono i seguenti:

(1) scissione binaria, cioè semplice divisione della

cellula dell‟organismo genitore;

(2) scissione multipla, ovvero suddivisione del genitore

in più di due cellule figlie;

(3) gemmazione, cioè crescita di un nuovo individuo

sulla superficie della cellula originaria;

(4) formazione di spore, cellule specializzate capaci di

svilupparsi in nuovi organismi completi.

Questi tipi di riproduzione offrono il vantaggio di

produrre un grande numero di discendenti in tempi

rapidi, e risultano particolarmente efficienti se le

condizioni ambientali sono favorevoli. In tutti e quattro i

casi i figli saranno perfettamente identici al

microrganismo di partenza; una popolazione di

individui geneticamente identici, originati per

riproduzione asessuata, è chiamata clone.

La riproduzione sessuata: dai gameti allo zigote

La riproduzione sessuata è la più complicata e comporta

la formazione di speciali cellule chiamate gameti. I

gameti si originano per meiosi, un tipo di divisione che

dimezza il corredo genetico della cellula originaria. Con

la fecondazione, il gamete proveniente dal padre si

fonde con quello proveniente dalla madre dando origine

a un nuovo organismo chiamato zigote.

Alternanza di generazione.

Alcune alghe e alcuni protisti simili ai funghi sono

caratterizzati da alternanza di generazioni, nella quale

un organismo diploide produttore di spore (sporofito)

da origine a un organismo pluricellulare aploide

produttore di gameti (gametofito); dalla fusione di due

gameti si origina successivamente un nuovo organismo

diploide (▶figura 2). L'organismo diploide, quello

aploide, oppure entrambi, possono anche riprodursi

asessualmente. L'organismo aploide e quello diploide

differiscono dunque geneticamente, ma possono anche

non mostrare differenze a livello morfologico. Se il

gametofito è morfologicamente uguale allo sporofito, si

parla di alternanza di generazione isomorfa, viceversa,

si alternanza di generazioni eteromorfa.

Figura 2. Alternanza di generazione. In alcuni protisti si può osservare un'alternanza tra la generazione diploide, che produce spore, e la generazione aploide, che produce gameti.

Di regola, nei protisti pluricellulari, nei funghi e nelle

piante, i gameti non vengono prodotti direttamente dal

processo meiotico. Alcune cellule specializzate

dell'organismo diploide, definite sporociti, si dividono

infatti per meiosi producendo quattro spore da cui

prenderà origine, in seguito a successive divisioni

mitotiche, un organismo pluricellulare aploide, detto

gametofito. Quest'ultimo produrrà i gameti per mitosi o

per citocinesi. Al contrario delle spore, i gameti

possono invece produrre nuovi organismi soltanto

fondendosi con altri gameti. Dalla fusione di due gameti

si origina uno zigote diploide e da quest'ultimo, per

successive divisioni mitotiche, deriva lo sporofito. Dagli

sporociti prodotti dallo sporofito si formano infine

spore aploidi che ricominciano il ciclo.

Esistono poi casi di processi sessuati ma non

riproduttivi, come la coniugazione che si verifica nei

ciliati.

Particolarità di alcuni protisti.

Vacuoli contrattili.

I protisti che vivono nelle acque dolci si trovano immersi

in un mezzo ipotonico, e poiché possiedono un

potenziale osmotico più negativo di quello

dell'ambiente esterno, essi tendono ad assorbire

costantemente acqua per osmosi. Diversi gruppi di

protisti possiedono tuttavia particolari strutture definite

vacuoli contrattili (▶figura 3), che consentono loro di

vivere in ambienti ipotonici: l'acqua assorbita in eccesso

viene infatti convogliata nei vacuoli ed espulsa.

Figura 3. I vacuoli contrattili. Quando il vacuolo è pieno, un minuscolo poro si apre alla superficie della cellula permettendo la comunicazione con l'esterno. A questo punto il vacuolo si contrae rapidamente espellendo all‟esterno il proprio contenuto.

Un semplice ma interessante esperimento conferma che

l'espulsione dell'acqua costituisce la funzione principale

dei vacuoli contrattili. Osservando dei parameci al

microscopio, si possono facilmente notare i loro vacuoli

che si contraggono con una frequenza caratteristica.

Ponendo successivamente alcuni di questi organismi in

soluzioni con differente potenziale osmotico, si può

osservare come il ritmo di contrazione dei loro vacuoli

pulsanti cambi in relazione alla differenza di potenziale

con l'ambiente esterno: quanto meno negativo sarà il

potenziale della soluzione, tanto più ipertonici saranno i

parameci rispetto a essa e tanto più velocemente i loro

vacuoli assorbiranno acqua e aumenteranno il ritmo di

contrazione. Al contrario, i vacuoli cesseranno di

contrarsi quando la concentrazione del mezzo di

sospensione sarà isotonica rispetto all'ambiente

cellulare dei parameci.

Endosimbiosi.

Il fenomeno dell‟endosimbiosi prevede che organismi

appartenenti a specie diverse vivano insieme, uno

dentro l'altro ed è largamente diffuso fra i protisti, che

possono fungere sia da ospiti che da endosimbionti. Ad

esempio il protista Myxotricha paradoxa, ospita al suo

interno e sulla sua superficie una varietà di batteri

simbionti. Tutti i radiolari (phylum Sarcodina), ad

esempio, ospitano al loro interno protisti fotosintetici

(▶figura 4) e appaiono verdastri o giallastri a seconda

del tipo di endosimbionti. Quest'associazione risulta

vantaggiosa sia per i radiolari, che possono così

sfruttare i prodotti della fotosintesi degli ospiti, sia per

gli endosimbionti, che presumibilmente possono

beneficiare sia dei metaboliti prodotti dai radiolari che

di una certa protezione fisica.

I Flagellati o Mastigofori.

Si tratta del più ampio (oltre 10000 specie descritte) e di

gran lunga più eterogeneo phylum di protisti.

Tutti i membri del phylum Mastigofori possiedono uno

o più flagelli e sono per questo comunemente definiti

Flagellati.

All‟interno dei protozoi flagellati esiste una notevole

diversità morfologica.

In passato venivano inclusi in questo phylum sia

organismi autotrofi che eterotrofi e a causa della forte

diversità nelle specializzazioni alimentari, i

Mastigophora sono spesso considerati cellule con

caratteristiche intermedie tra piante e animali. Per

questo motivo alcuni biologi hanno proposto di

suddividere i flagellati in due sottogruppi:

−i fitoflagellati, le forme autotrofe, più simili a piante;

− gli zooflagellati, le forme eterotrofe più simili agli

animali,.

In realtà, alcune specie di fitoflagellati coloniali, di

colore verde e relativamente grandi ed altre che

ricordano addirittura gli stadi acquatici mobili di alcune

piante terrestri, vengono considerate alghe verdi dalla

maggior parte dei botanici.

Per comodità didattica, considereremo in questo

paragrafo soltanto le forme eterotrofe mentre

tratteremo quelle autotrofe tra le alghe.

Figura 4. L‟endosimbiosi tra alghe e radiolari. Alcune alghe endosimbionti che vivono all'interno di questi radiolari, forniscono loro il cibo e parte della pigmentazione visibile attraverso il rivestimento esterno. Sia i radiolari che le alghe sono protisti.

Una grande quantità di flagellati vivono in simbiosi

all‟interno di altri animali. Ad esempio, nell'apparato

digerente delle termiti che si nutrono di legno è

presente una vasta gamma di flagellati che possiedono

alcune fra le più bizzarre e complicate strutture

corporee descritte fra i protisti.

Altre specie sono invece parassite e tra di esse si

ritrovano anche molti organismi patogeni per l'uomo.

La malattia del sonno è una malattia tropicale diffusa

solo nelle regioni equatoriali dell'Africa provocata dal

protozoo flagellato parassita, Trypanosoma brucei

(▶figura 5).

Figura 5. Trypanosoma brucei gambiense.

E‟ il flagellato parassita che rappresenta la causa della malattia del sonno. Nei tripanosomi il flagello è disposto lungo il margine della cellula, come parte di una struttura detta membrana ondulante.

2. I protozoi: protisti simili agli animali.

I protozoi sono eucarioti unicellulari, eterotrofi per ingestione.

I protozoi sono organismi eucariotici unicellulari, capaci di compiere movimenti, di reagire a stimoli di varia natura, di

ingerire particelle alimentari e di riprodursi.

I protozoi vengono suddivisi in quattro phyla a seconda della capacità di movimento e delle modalità della locomozione:

Flagellati si spostano mediante flagelli

Sarcodini si spostano emettendo pseudopodi

Ciliati si spostano mediante ciglia

Sporozoi non sono dotati di strutture adibite al movimento

Il vettore (ospite intermedio) di questo parassita è una

mosca del genere Glossina, comunemente indicate con

il nome di mosca tse-tse (▶figura 6), che può infettare

sia gli animali selvatici che il bestiame domestico o

l'uomo.

Figura 6. Glossina palpalis, la mosca tse-tse.

Questo genere di mosca è il vettore che trasmette il tripanosoma da una persona malata ad una sana, infettandola.

Il nome "malattia del sonno" è dovuto al fatto che

l'ultimo stadio della malattia è caratterizzata da apatia,

sonnolenza e cachessia. Nell'ultima fase di questo

stadio il malato non è più in grado di alzarsi né di

mangiare. Si può diagnosticare mediante

l'identificazione del parassita nel sangue (nello stadio

iniziale) o nel liquido cefalo-rachidiano (nello stadio

avanzato).

Purtroppo sono disponibili solo farmaci sviluppati a

metà del secolo scorso che presentano importanti

effetti collaterali e scarsa efficacia terapeutica. È

interessante chiedersi come mai per malattie così

importanti come le tripanosomiasi non esistano ancora

farmaci a grande diffusione. Una prima considerazione

è che la sperimentazione «privata» di un nuovo farmaco

richiede cospicui investimenti e molti anni di ricerche:

ciò significa che gli eventuali ricavi derivati dalle future

vendite dovrebbero compensare questi investimenti.

Purtroppo, le tripanosomiasi colpiscono soprattutto le

persone più povere dei Paesi in via di sviluppo, che non

offrono incentivi finanziari ai potenziali investitori

farmaceutici. Come fanno notare le organizzazioni

internazionali che si occupano di salute, si tratta delle

«malattie dimenticate» dai Paesi cosiddetti sviluppati.

Un‟altra considerazione è che anche in Paesi che

possiedono le capacità tecniche e industriali per la

ricerca e la produzione di medicine, malattie di questo

genere sono ugualmente difficili da combattere. I

tripanosomi riescono infatti a ingannare il sistema

immunitario umano, i vaccini stessi e gli eventuali

farmaci perché mutano rapidamente, modificando di

continuo le molecole di riconoscimento della superficie

cellulare propria o della cellula infettata.

Infine, a differenza delle cellule procariotiche dei

batteri, questi microrganismi unicellulari sono

eucariotici; le loro cellule sono molto simili alle nostre,

e i farmaci in grado di ucciderli risultano tossici anche

per il nostro organismo.

Il ciclo vitale di Trypanosoma è descritto in (▶figura 7).

Figura 7. Ciclo vitale di Trypanosoma brucei. Il ciclo prevede due fasi, una all‟interno del corpo della mosca tse-tse, e l‟altro all‟interno del corpo umano.

Un altro flagellato parassita è Leishmania, un genere di

protozoi parassiti responsabili della leishmaniosi umana

e animale. È responsabile delle varie forme di

leishmaniosi, diffuse in Eurasia, Africa e America, che

provocano danni a livello cutaneo (▶figura 8) e viscerale

ed interferiscono con le risposte immunitarie; in

mancanza di trattamenti opportuni essi possono essere

letali.

Figura 8. Leishmaniosi.

Tipica lesione cutanea alla mano provocata dalla leishmania.

In Europa ed in Asia è diffusa da insetti del

genere Phlebotomus (pappataci) (▶figura 9). Gli ospiti

primari di questo parassita sono i vertebrati. Leishmania

comunemente infetta roditori, procavie, canidi e l'uomo.

Circa 12 milioni di persone nel mondo sono colpite da

leishmaniosi.

Figura 9. Pappatacio.

Phlebotomus papatasi, detto anche flebotomo o pappatacio è

un insetto simile a una zanzara di piccole dimensioni. E‟ molto

diffuso nell'area mediterranea.

Un gruppo particolare di flagellati comprende i parassiti

del genere Giardia e Trichomonas. Essi presentano oltre

ai flagelli, membrane ondulate che contribuiscono alla

locomozione della cellula e sono caratterizzati dalla

completa assenza di mitocondri. In passato, l‟assenza di

mitocondri che si riscontra in questi due parassiti aveva

fatto ritenere che questi potessero rappresentare il

gruppo originario degli eucarioti. Tuttavia, oggi si pensa

che questa sia una caratteristica derivata, non primitiva,

dovuta al parassitismo; probabilmente, gli antenati di

questi organismi possedevano mitocondri che, nel corso

dell‟evoluzione, si sono ridotti o sono stati persi.

L‟esistenza attuale di organismi del genere mostra

come la vita degli eucarioti sia possibile anche senza

mitocondri, un fatto che rende particolarmente

interessanti queste forme.

Giardia lamblia (▶figura 10) è un comune parassita

tropicale che contamina le acque potabili provocando la

giardiasi intestinale; questo microrganismo contiene

due nuclei cellulari ed è dotato di flagelli multipli.

Figura 10. Giardia lamblia.

E‟ il flagellato parassita che rappresenta la causa della malattia

intestinale definita giardiasi.

La giardiasi (o lambliasi) si manifesta come diarrea

acuta o cronica debilitante e/o sindrome da

malassorbimento. Il contagio avviene mediante

ingestione di alimenti e bevande contaminate da cisti.

Si può diagnosticare mediante l'identificazione del

parassita o delle sue cisti nelle feci. Si può trattare con

vari farmaci. Il ciclo vitale di Giardia è in (▶figura 11).

Figura 11. Ciclo vitale di Giardia lamblia.

Trichomonas vaginalis (▶figura 12) è invece

responsabile di una malattia a trasmissione sessuale

detta tricomoniasi che colpisce uomini e donne.

Figura 12. Trichomonas vaginalis.

E‟ il flagellato parassita che rappresenta la causa di una malattia venerea diffusa ma non grave.

La tricomoniasi nella donna può provocare forte prurito

locale, presenza di secrezioni anomale (perdite

schiumose, giallastre e maleodoranti) associate o meno

a dolore durante la minzione o i rapporti sessuali con

un'esacerbarsi dei sintomi durante le mestruazioni.

Nell'uomo può causare uretriti e prostatiti, che si

manifestano sottoforma di piccole perdite e dolore

nell'urinare. Spesso però, l‟infezione è asintomatica. Il

contagio avviene quasi sempre per trasmissione

sessuale, o anche attraverso il contatto con asciugamani

o biancheria intima. La diagnosi viene effettuata

ricercando in laboratorio la presenza del protozoo

(Trichomonas) su campioni di essudato vaginale nella

donna o di essudato uretrale o sperma nell'uomo. Si

tratta con farmaci che, somministrati per via orale,

vengono concentrati a livello urogenitale dove espletano

la propria azione. (▶figura 13).

Figura 13. Ciclo vitale di Trichomonas vaginalis.

Un gruppo di flagellati, i coanoflagellati, è infine

considerato come progenitore delle spugne, il più

antico phylum di animali tutt'ora viventi. I poriferi sono

infatti organismi coloniali, piuttosto che veri e propri

pluricellulari, e i coanoflagellati mostrano strette

somiglianze con le tipiche cellule delle spugne.

I Sarcodini.

I Sarcodini, ovvero le amebe e gli altri protisti a loro

affini, sono organismi capaci di formare pseudopodi,

cioè estensioni citoplasmatiche prive di una forma

definita. Nella letteratura popolare, il termine ameba è

spesso usato per indicare una massa informe di

sostanza vivente, ovvero la forma più semplice di vita

«animale» che si possa immaginare. L'esame di una

tipica ameba ci permette di comprendere come possa

essersi originato questo riferimento.

Un'ameba (▶figura 14) consiste in una singola cellula

che si nutre di piccoli organismi e di particelle

organiche per fagocitosi, cioè mediante l'emissione di

processi citoplasmatici definiti pseudopodi. Le particelle

alimentari vengono concentrate in vacuoli alimentari

all'interno del citoplasma e qui lentamente digerite e

assimilate. Gli pseudopodi funzionano anche come

organi di movimento.

Figura 14. Amoeba proteus.

Nella foto si vede un ameba con diversi pseudopodi.

Nonostante le apparenze, l'ameba non è tuttavia un

organismo primitivo. Sempre maggiori indizi

suggeriscono infatti che la semplice struttura di questi

organismi sia in realtà una condizione derivata

secondariamente nel corso dell'evoluzione e che il

phylum dei Sarcodina si sia originato da progenitori

appartenenti al phylum dei Mastigophora.

Figura 15. Un'ameba con caratteristiche intermedie Mastigamoeba aspera possiede sia pseudopodi che flagello; questa specie viene considerata spesso come una forma intermedia tra il phylum dei Mastigophora e quello dei Sarcodina.

Mastigamoeba aspera, (▶figura 15) una specie con

caratteristiche intermedie tra i Sarcodina e i

Mastigophora potrebbe essere classificata a buon diritto

in entrambi i phyla.

Inoltre, le amebe del genere Naegleria, alcune delle

quali possono causare una malattia letale del sistema

nervoso, possiedono un ciclo biologico a due stadi, uno

rappresentato da cellule di tipo ameboide, e l'altro da

cellule flagellate.

Le amebe sono quindi forme piuttosto specializzate di

protisti, adattate alla vita acquatica in ambienti lacustri,

fluviali o di altro genere. Il loro tipico movimento

ameboide e la modalità con cui inglobano particelle

alimentari, le rendono tuttavia adatte soprattutto a una

vita in ambienti ricchi di organismi sedentari o di

particelle organiche non mobili.

Altri Sarcodina mostrano un grado senz'altro maggiore

di specializzazione; la loro organizzazione cellulare è

più simile a quella animale e consente un adattamento

al ruolo di predatori, parassiti o detritivori. Nessuna di

queste forme è invece fotosintetica. Vi sono inoltre

amebe che vivono entro particolari rivestimenti formati

da granelli di sabbia cementati insieme, oppure

all'interno di gusci spinosi o squamosi da loro stessi

prodotti.

Un altro interessante gruppo di Sarcodina è quello dei

foraminiferi (▶figura 16), organismi prevalentemente

marini capaci di secernere involucri di carbonato di

calcio, (CaCO3) I loro pseudopodi sono lunghi, filiformi e

ramificati e sporgono all'esterno del guscio attraverso

minuscoli pori (foramina), formando una sorta di rete

viscosa che viene impiegata per catturare altri

organismi. Dopo la riproduzione, che avviene per

mitosi, le nuove cellule abbandonano il guscio della

cellula madre e ne formano altri.

Figura 16. I foraminiferi sono dotati di rivestimenti calcarei simili a minuscole conchiglie.

I gusci dei foraminiferi sono formati da una matrice proteica indurita da carbonato di calcio. Nell‟arco di milioni di anni, i loro residui hanno dato origine a immensi depositi di calcare e alle spiagge sabbiose. In questa microfotografia sono illustrate numerose specie diverse.

I rivestimenti dei foraminiferi, accumulatisi sui fondi

oceanici nel corso delle ere geologiche, formano in varie

parti del mondo depositi calcarei spessi fino ad alcune

migliaia di metri ed estesi per milioni di chilometri

quadrati. Gli scheletri dei foraminiferi formano talvolta

anche la sabbia di alcune spiagge, e un grammo di

questa sabbia può contenere fino a 50000 gusci. I

rivestimenti delle singole specie di foraminiferi hanno

forme caratteristiche e si conservano facilmente come

fossili nei sedimenti marini (▶figura 17).

Figura 17. Le bianche scogliere di Dover.

I gusci di foraminiferi che dopo la morte si sono accumulati e depositati sui fondali marini hanno permesso nel corso di millenni la formazione di queste famose scogliere di natura calcarea che si affacciano sul canale della Manica e sono state immortalate da poeti e cantanti.

Ogni periodo geologico è, fra l'altro, caratterizzato da

peculiari specie di tali organismi e per questa ragione,

oltre al fatto di essere particolarmente abbondanti, i

resti dei foraminiferi sono preziosi indicatori per la

classificazione e la datazione delle rocce sedimentarie.

Gli eliozoi (▶figura 18) sono Sarcodini caratterizzati da

un rivestimento di pseudopodi rigidi e di forma

allungata. Come i foraminiferi, essi vivono liberi

nell'acqua (sia dolce che salata) e utilizzano gli

pseudopodi per intrappolare organismi di dimensioni

inferiori.

Figura 18. Un eliozoo.

Gli eliozoi sono sarcodini dotati di pseudopodi rigidi disposti a raggiera che conferiscono al protozoo la forma di “sole”.

Un terzo gruppo con caratteristiche biologiche simili

alle precedenti è quello dei radiolari (▶figura 19). Si

tratta di protisti esclusivamente marini, fra i quali si

possono osservare forme particolarmente eleganti.

Quasi tutte le specie di radiolari sono capaci di

secernere involucri trasparenti di solito silicei (SiO2), dai

quali si protendono verso l'esterno pseudopodi

aghiformi. Gli involucri delle diverse specie sono

estremamente vari e risultano spesso caratterizzati da

elaborati disegni geometrici. Alcuni radiolari sono

inoltre fra i protisti di maggiori dimensioni, con

involucri che misurano diversi millimetri di diametro.

Figura 19. I radiolari sono caratterizzati da un involucro vitreo finemente decorato.

I radiolari sono dotati di prolungamenti a forma di spicole (A) e secernono complessi rivestimenti silicei (B).

Grandi ammassi di scheletri di radiolari, risalenti anche

a 700 milioni di anni fa, formano vasti sedimenti sui

fondi degli oceani, soprattutto nelle regioni tropicali e

da questi sedimenti si sono formate rocce dette

radiolariti (▶figura 20).

Figura 20. Le radiolariti sono rocce sedimentarie formatesi grazie all‟accumulo di gusci di radiolari.

Queste curiose rocce rosse sono il prodotto dell‟accumulo, sul fondo di un oceano scomparso, dei resti di piccoli radiolari marini vissuti intorno ai 160 milioni di anni fa. Il nome delle rocce “radiolariti” deriva dagli organismi che le hanno prodotte.

I Ciliati.

I Ciliati, sono organismi unicellulari caratterizzati dalla

presenza di ciglia sulla loro superficie cellulare. Insieme

ai Mastigophora, questo gruppo spicca per varietà di

forme e importanza ecologica. I ciliati sono tutti

organismi eterotrofi e possiedono strutture corporee

molto più specializzate della maggior parte dei flagellati

e degli altri protisti.

Una caratteristica peculiare dei Ciliati è la presenza di

due diversi tipi di nuclei, un macronucleo e, all'interno

della stessa cellula, fino a 80 micronuclei. I micronuclei,

tipici nuclei eucariotici diploidi, sono essenziali per la

ricombinazione del patrimonio genetico delle cellule,

mentre i macronuclei, che possono essere sia diploidi

che poliploidi, controllano la sintesi proteica e

presiedono alle attività vegetative.

Paramecium (▶figure 21 e 22) un genere

particolarmente studiato, può essere scelto come

esempio per descrivere la complessa struttura e il

comportamento dei ciliati. La superficie della cellula,

dalla tipica forma a fagiolo, è coperta da un'elaborata

pellicola, una struttura composta principalmente da una

membrana esterna e da uno strato interno di strutture

vescicolari strettamente aderenti, definite alveoli. La

pellicola comprende anche uno strato di organuli, detti

tricocisti, con funzione difensiva, che in caso di

stimolazione meccanica o chimica possono essere

emessi in pochi millisecondi sotto forma di filamenti

rigidi.

Figura 21. I parameci hanno una struttura complessa.

Il disegno illustra schematicamente l‟anatomia interna di

un Paramecium.

Le ciglia sono strutture capaci di garantire un tipo di

locomozione generalmente più preciso di quello

generato dai flagelli o dagli pseudopodi. Un paramecio

può infatti dirigere il battito delle ciglia per spostarsi sia

avanti che indietro, con un tipico movimento a spirale.

Esso è inoltre in grado di cambiare rapidamente

direzione qualora incontri uno stimolo negativo. Alcuni

fra i ciliati di maggiori dimensioni detengono il primato

della velocità nel regno dei protisti, superando i due

millimetri al secondo. Alcune ciglia hanno inoltre una

funzione sensoria e sono capaci di trasmettere gli

stimoli al resto del citoplasma, rendendo possibile una

maggiore coordinazione dei rapidi movimenti dell'intero

organismo.

Figura 22. Paramecio.

La fotografia mostra un esemplare di un Paramecium.

I parameci si riproducono generalmente per divisione

cellulare: i micronuclei si dividono mitoticamente,

mentre i macronuclei vengono semplicemente ripartiti

fra le cellule figlie (▶figura 23).

Figura 23. Ciclo vitale di Paramecium. In Paramecium si alternano riproduzione asessuata e coniugazione. Nei parameci è stata descritta anche una forma

piuttosto elaborata di riproduzione sessuale detta

coniugazione (▶figura 24).

Figura 24. Coniugazione in Paramecium. Quando due individui entrano in coniugazione, si fondono e si scambiano i micronuclei, e ciò consente una ricombinazione genetica. Dopo la coniugazione, le cellule si separano e tornano a vivere come individui indipendenti.

In questo processo due individui si portano a stretto

contatto e uniscono le loro regioni anteriori. Nelle ore

successive, in ognuna delle due cellule tutti i

micronuclei degenerano, tranne uno che si divide per

meiosi. Ognuno dei quattro nuclei così formatisi va

successivamente incontro a divisione mitotica; si

ottengono così otto nuclei aploidi, sette dei quali

degenerano e uno si riproduce nuovamente per mitosi.

Il risultato finale è quindi la produzione di due nuclei

aploidi. Nel frattempo il macronucleo degenera e

scompare. Uno dei due nuclei aploidi rimane nella

cellula di origine, mentre l'altro migra nella cellula del

partner dove si fonde con il corrispondente nucleo

aploide: in questo modo si attua un processo di

ricombinazione genetica con formazione di un nuovo

nucleo diploide. Questo scambio è fra l'altro reciproco e

ognuno dei due parameci cede e riceve la stessa

quantità di DNA. Dopo che i due individui si sono

separati, il nucleo diploide di ciascuno si divide

mitoticamente, producendo due nuovi nuclei diploidi. Di

questi, uno è destinato a dare origine al macronucleo e

l'altro, per successive mitosi, ai micronuclei.

La coniugazione di Paramecium è un processo sessuale

di ricombinazione genetica, ma non può essere

considerato un processo riproduttivo poiché comincia e

termina con le stesse due cellule.

Tale processo risulta tuttavia periodicamente necessario

affinché le varie generazioni agamiche di parameci

possano susseguirsi.

Alcuni esperimenti hanno infatti dimostrato che i cloni a

cui non è consentito di compiere la coniugazione

possono sopravvivere per non più di 350 divisioni

cellulari prima di scomparire.

Le strutture descritte per Paramecium sono comuni alla

maggior parte dei ciliati. Alcuni di questi organismi si

caratterizzano tuttavia per la particolare complessità dei

loro organuli. In alcuni ciliati, ad esempio, alcune ciglia

possono fondersi e formare strutture dette cirri, capaci

di muoversi in maniera indipendente ma coordinata,

permettendo così all'organismo di spostarsi quasi

«camminando» sopra una superficie (▶figura 25).

Figura 25. Ciliati ipotrichi.

Questi ciliati si spostano mediante ciuffi di ciglia detti cirri,

La locomozione è inoltre coordinata da strutture

paragonabili a fibre nervose dette neurofibrille. Queste

raggiungono i singoli cirri, ed è stato sperimentalmente

dimostrato che la loro recisione provoca la perdita di

coordinazione dei cirri. In molti casi sono inoltre

presenti nel citoplasma fibre paragonabili a quelle

muscolari, i cosiddetti mionemi. In alcuni ciliati come ad

esempio Vorticella (▶figura 26), le contrazioni dei

mionemi permettono una rapida retrazione del

peduncolo nel caso l'organismo venga disturbato.

Figura 26. Vorticella.

E‟ un genere di ciliati che vive nei fondali stagnanti ancorata con

un pseudopodio. Ai bordi della cavità orale sono presenti ciglia

che creando un piccolo vortice risucchiano le prede (altri

microorganismi). Generalmente vivono in colonie.

Anche Stentor, molto comune nelle acque dolci,

presenta una struttura complessa (▶figura 27).

Figura 27. Stentor.

E‟ un genere di ciliati, che prende il nome dall‟eroe greco

Stentor. La sua forma ricorda quella di una trombetta.

Il più alto livello di organizzazione citoplasmatica si

osserva comunque in quei ciliati che vivono nel tratto

digerente dei ruminanti, e che sono provvisti non solo

di mionemi, neurofibrille e sistemi di ciglia fuse, ma

anche di uno «scheletro citoplasmatico» e di una sorta

di apparato digerente formato da strutture paragonabili

a «bocca», «esofago» e «ano».

Quando si esaminano le complesse strutture di questi e

di altri protisti, si deve comunque ricordare che la loro

organizzazione resta quella di organismi unicellulari. La

complessità strutturale dei pluricellulari è invece basata

sulla specializzazione e sulla coordinazione di cellule di

tipo diverso.

Gli Sporozoi.

Gli sporozoi sono protozoi esclusivamente parassiti, il

cui nome deriva dalla presenza, almeno in alcune

specie, di stadi infettivi simili a spore. Gli sporozoi

differiscono dalla maggior parte degli altri protisti per la

mancanza di vacuoli contrattili; in questo caso

l'ingresso di acqua è limitato dalla rigidità della pellicola

esterna, che impedisce al tempo stesso un eccessivo

rigonfiamento della cellula. Gli sporozoi hanno

generalmente una forma ameboide, ma ciò non indica

in alcun modo una relazione con i Sarcodina, quanto

piuttosto un caso di convergenza evolutiva.

Al pari di molti altri parassiti obbligatori, gli sporozoi

possiedono cicli vitali molto complessi, in cui si

alternano stadi di riproduzione sessuale e asessuale,

spesso legati a ospiti diversi.

Fra i più noti sporozoi vi sono senza dubbio i parassiti

del genere Plasmodium (▶figura 28), un gruppo

altamente specializzato che conduce parte del proprio

ciclo vitale all'interno delle cellule ematiche dell'uomo

causando la malaria, una delle malattie più diffuse a

livello mondiale.

Figura 28. Plasmodium, il plasmodio della malaria.

Plasmodium è l‟agente eziologico della malaria.

Il vettore di questo parassita è rappresentato dalle

femmine di zanzara del genere Anopheles (▶figura 29)

che, in seguito alla puntura, immettono i plasmodi allo

stadio di sporozoiti nel circolo sanguigno dell'uomo.

Figura 29. Anopheles, la zanzara anofele.

Questo genere di zanzara è il vettore che trasmette il plasmodio da una persona malata ad una sana, infettandola.

Una volta giunte nel torrente circolatorio, le cellule

parassite si spostano rapidamente nel fegato e nel

sistema linfatico, dove si moltiplicano ripetutamente e

assumono la forma di merozoiti. Successivamente i

merozoiti tornano nel sistema circolatorio infestando i

globuli rossi. All'interno di questi ultimi i parassiti si

moltiplicano per circa due giorni, producendo ognuno

fino a 36 nuovi plasmodi e causando la rottura del

globulo rosso con conseguente rilascio dei nuovi

parassiti, pronti ad attaccare altre cellule.

Se un'altra Anopheles punge l'individuo malarico in

questo stadio, alcune cellule di plasmodio possono

essere risucchiate insieme al sangue e infettare la

zanzara. A questo punto del ciclo i parassiti attaccano le

cellule intestinali della zanzara, si riproducono e

successivamente si portano nelle ghiandole salivari, da

cui possono essere trasmessi a un altro ospite.

Figura 30. Ciclo vitale di Plasmodium.

Le specie di Plasmodium che causano la malaria trascorrono parte del loro ciclo vitale nell'uomo e parte nella zanzara. I gametociti maschili e femminili, provenienti dal sangue umano, si trasformano nell'intestino della zanzara in gameti maschili e femminili. Lo zigote che si origina dalla fusione di due gameti si insinua fra le cellule dell'intestino formando una ciste. Questa può dividersi e dare origine a numerose cellule dette sporozoiti, che invadono le ghiandole salivari della zanzara. Quando la zanzara punge nuovamente una persona, gli sporozoiti vengono immessi nel circolo sanguigno di quest'ultima. Da qui essi raggiungono le cellule del fegato e del sistema linfatico, in cui si dividono e formano un nuovo tipo di cellule, i merozoiti. Questi possono invadere nuove cellule epatiche o del sistema linfatico, formando una nuova generazione di merozoiti, oppure possono penetrare nei globuli rossi. La moltiplicazione e l'accrescimento dei merozoiti causano la rottura dei globuli rossi e la liberazione delle cellule di Plasmodium, che invadono altre emazie con un ciclo che si ripete ogni 48 ore. All'interno dei globuli rossi, alcuni merozoiti si sviluppano poi in gametociti maschili e femminili, capaci di ricominciare il ciclo all'interno di una zanzara.

Il ciclo vitale del Plasmodium (▶figura 30) può essere

interrotto bonificando le aree paludose in cui le zanzare

si riproducono. L'uso di insetticidi può inoltre rivelarsi

utile per ridurre drasticamente le popolazioni di

Anopheles, ma prima di adottare tale metodo occorre

valutare attentamente tutti i possibili rischi ecologici e

sanitari.

La malaria si manifesta con forte febbre intermittente,

brividi e irrigidimento muscolare, epatosplenomegalia

(aumento del volume di fegato e milza); tachicardia

(aumento della frequenza del battito cardiaco) e delirio,

spesso compaiono in concomitanza con eventi febbrili

acuti. La diagnosi si effettua sottoponendo a indagine

emoscopica un campione di sangue prelevato dai

capillari periferici (polpastrello o lobo auricolare) ove i

plasmodi tendono a concentrarsi maggiormente.

Purtroppo non esistono vaccini e i farmaci non sono

molto efficaci. L‟unico rimedio risulta ancora oggi il

chinino (▶figura 31) che si estrae dalla corteccia di una

pianta tropicale, la Cinchona (▶figura 32).

Figura 31. Formula di struttura del chinino.

Questo alcaloide rappresenta il primo farmaco antimalarico ed ancora oggi rappresenta il principale rimedio nella lotta contro la malaria.

Figura 32. Cinchona.

E‟ il genere di piante tropicali originario delle Ande, comunemente nota con il nome di china. Dalla sua corteccia si estrae il chinino.

Un‟altra specie patogena appartenente al gruppo degli

sporozoi è Toxoplasma gondii parassita intracellulare

obbligato diffuso tra i mammiferi e gli uccelli che

provoca la toxoplasmosi (▶figura 33).

Il Toxoplasma vive in genere nel tratto intestinale

del gatto, che si infetta cibandosi di carne di piccoli

roditori. Esso rappresenta l'animale serbatoio per la

riproduzione del protozoo, in quanto nel suo intestino il

toxoplasma svolge il suo ciclo di riproduzione sessuata.

Le oocisti vengono emesse con le feci del gatto e

possono essere ingerite da un altro animale o

rarissimamente dall'uomo, i quali rappresentano quindi

i suoi ospiti intermedi. La coabitazione tra gatti e uomo

non è un fattore di rischio importante per l'infezione di

Toxoplasma, in quanto il gatto elimina le oocisti solo

per 1-2 settimane in seguito all'infezione, e le stesse

non sono ancora infettanti, poiché sporulano nel

terreno nell'arco di 1-5 giorni; quindi con una regolare

pulizia della lettiera e dell'ambiente si annulla il rischio.

Molto più pericoloso, è cibarsi di carni crude o poco

cotte (specie di agnello e suino), di insaccati, di verdure

lavate male o di latticini non pastorizzati. Nell'uomo la

toxoplasmosi può manifestarsi in forma acquisita o

connatale. L'infezione può causare schizofrenia.

Figura 33. Toxoplasma gondii. E‟ lo il genere di piante tropicali originario delle Ande, comunemente

Il ciclo vitale di Toxoplasma gondii è rappresentato

nella (▶figura 34).

Figura 34. Ciclo vitale di Toxoplasma gondii. Il ciclo vitale del Toxoplasma gondii ha due fasi. La prima avviene nell'ospite definitivo, un felino e comprende la riproduzione sessuata:il felide, ad esempio un gatto, si infetta ingerendo carne contenente cisti del parassita oppure oocisti sporulate. La seconda fase, nella quale il parassita si riproduce solo in maniera asessuata può aver luogo in ogni animale a sangue caldo, mammiferi (incluso lo stesso gatto) o uccelli. Anche questi ospiti intermedi si possono infettare o da oocisti sporulate presenti nelle feci o dal consumo di carne cruda o poco cotta di animali parassitati: il parassita passa la barriera e invade per via ematogena cellule di svariati tessuti. Di norma dopo questa prima fase l'ospite acquisisce una certa immunità perché gli anticorpi prodotti limitano l'invasività.

Gimnomiceti.

II phylum Gimnomiceti è costituito da due diversi gruppi

di muffe mucillaginose: quelle acellulari (classe

Mixomiceti), dette anche plasmodiali, e quelle a

struttura cellulare (classe Acrasiomiceti). I due

raggruppamenti mostrano tuttavia alcune caratteristiche

comuni: gli individui sono mobili, ingeriscono per

endocitosi cibo particolato e formano spore su corpi

fruttiferi eretti.

Nel corso del loro ciclo vitale, inoltre, essi vanno

incontro a sorprendenti modifiche strutturali, che

prevedono uno stadio formato da cellule isolate che si

nutrono per assorbimento. Alcune di queste muffe

possono coprire una superficie di oltre un metro di

diametro e raggiungere un peso di oltre 50 grammi.

Individui di entrambe le classi si ritrovano

principalmente in ambienti freschi e umidi come le

foreste. Essi possono inoltre apparire come strutture

incolori oppure di color arancio o giallo brillante.

Mixomiceti (muffe mucillaginose acellulari)

La forma acellulare delle muffe mucillaginose è

costituita da una massa citoplasmatica priva di parete e

contenente numerosi nuclei diploidi, che si estende sul

substrato formando una fitta rete di filamenti e viene

definita plasmodio. Il plasmodio dei mixomiceti è un

esempio di cenocito, ovvero una struttura

comprendente molti nuclei, delimitata da una sola

membrana plasmatica. Il citoplasma esterno del

plasmodio, di regola in uno stato meno fluido di quello

interno, garantisce invece una certa rigidità alla

struttura plasmodiale. Alcuni mixomiceti, come ad

esempio quelli del genere Physarum (▶figura 35),

forniscono un interessante esempio di plasticità

citoplasmatica.

Le regioni citoplasmatiche esterne possono infatti

fluidificarsi, con conseguente flusso di citoplasma verso

le aree periferiche e slittamento della massa

plasmodiale in una determinata direzione.

Questo movimento può talvolta cambiare direzione in

seguito allo spostamento del citoplasma in una diversa

porzione cellulare.

Figura 35. I funghi mucillaginosi plasmodiali

(A) I plasmodi di questo Physarum ricoprono una roccia. (B) I caratteristici corpi fruttiferi di Physarum (ingrandimento maggiore).

Mentre si espande sul substrato, il plasmodio ingloba

particelle di cibo, in prevalenza batteri, lieviti, spore di

funghi e resti di piante e animali in decomposizione.

Al processo di diffusione del plasmodio contribuisce

anche una proteina contrattile, la mixo-miosina,

organizzata in microfilamenti che, insieme a molecole

simili a quelle della miosina, determinano il movimento.

Allo stadio plasmodiale, le muffe possono accrescersi

quasi indefinitamente, almeno finché esistono adeguate

riserve di cibo e finché condizioni ambientali quali

umidità e pH permangono favorevoli.

3. Protisti simili ai funghi.

I protisti simili a funghi sono eucarioti unicellulari o plurinucleati, eterotrofi per assorbimento, generalmente privi di chitina e

mancanti di fase dicariotica. Come è stato precedentemente accennato, questi protisti differiscono dai funghi per:

· la presenza di flagelli (talvolta questi sono presenti solamente in alcuni stadi del loro ciclo vitale);

· per la presenza di gameti maschili e femminili morfologicamente diversi;

· per la mancanza di chitina nella parete cellulare;

· per l„assenza di uno stadio dicariotico (ovvero di uno stadio in cui in una singola cellula sono presenti due nuclei

geneticamente distinti);

I protisti simili ai funghi vengono suddivisi in due phyla :

Gimnomiceti funghi mucillaginosi

Oomiceti muffe d‟acqua

Quando invece le condizioni esterne cambiano, possono

verificarsi due diverse situazioni. Il plasmodio può

formare una struttura di resistenza, lo sclerozio,

consistente in una massa irregolare di strutture indurite

simili a cellule, capace di trasformarsi nuovamente in un

plasmodio qualora le condizioni tornino a essere

favorevoli. In alternativa, il plasmodio può trasformarsi

in una struttura fruttifera capace di produrre spore, lo

sporangioforo. La rigidità di queste strutture

peduncolate o ramificate è dovuta alla deposizione di

cellulosa o chitina alla superficie delle cellule;

componenti che sono invece assenti nelle altre fasi del

ciclo vitale.

I nuclei dei plasmodi sono diploidi e si dividono per

meiosi durante lo sviluppo degli sporangiofori. Nella

parte apicale di questi ultimi si sviluppano in seguito

una o più protuberanze di varia forma e colore, dette

sporangi, all'interno dei quali i nuclei aploidi vengono

rivestiti da una parete rigida e si trasformano in spore.

Se lo sporangioforo si dissecca, le spore vengono

liberate nell'ambiente esterno e, germinando, danno

origine a cellule aploidi, flagellate e prive di parete,

capaci di moltiplicarsi mitoticamente o fungere da

gameti. Se le condizioni ambientali non sono favorevoli,

queste cellule possono incistarsi formando una nuova

parete e funzionare così da forme di resistenza.

Al manifestarsi di condizioni favorevoli, le cisti si

aprono e rilasciano le cellule che, fondendosi due a due,

formano uno zigote diploide. Da quest'ultimo, per

successive divisioni mitotiche del nucleo non seguite da

divisioni del citoplasma, può infine formarsi un nuovo

plasmodio (▶figura 36).

Figura 36. Ciclo vitale di un mixomicete.

Il ciclo vitale dei mixomiceti è molto complesso e prevede straordinarie trasformazioni.

Acrasiomiceti (muffe mucillaginose cellulari)

L'altro gruppo di Gymnomycota è composto da muffe

con struttura cellulare, la cui forma vegetativa principale

è rappresentata da una cellula ameboide (detta

mixoameba) (▶figura 37).

Essa è dotata di un singolo nucleo aploide, si ciba

inglobando batteri e altre particelle alimentari e si

riproduce per mitosi o scissione. Gruppi di cellule

isolate e indipendenti possono sopravvivere finché le

condizioni esterne di umidità e disponibilità di cibo

permangono favorevoli.

Figura 37. I funghi mucillaginosi cellulari.

Il ciclo vitale del fungo Dictyostelium illustrato in una composizione fotografica (lo stesso esemplare è stato fotografato nei vari stadi di maturazione, e poi gli scatti sono stati montati in sequenza).

Quando le condizioni diventano sfavorevoli, queste

cellule sono in grado di aggregarsi e formare una

struttura fruttifera detta pseudoplasmodio. Quest'ultimo

differisce dalla vera struttura plasmodiale per il fatto

che le singole cellule mantengono le loro membrane

plasmatiche e quindi la loro identità; esso non può

quindi essere considerato un cenocito. Il segnale

chimico che stimola l'aggregazione delle mixoamebe è

il 3',5'-adenosin monofosfato ciclico (cAMP), un

«messaggero» che esercita un ruolo importante anche

in certi processi metabolici degli animali.

Uno pseudoplasmodio può spostarsi sul substrato per

diverse ore prima di dare origine a una delicata

struttura fruttifera peduncolata. Le cellule poste

all'estremità del corpo fruttifero si sviluppano in spore,

dotate di una parete sottile, che in seguito si staccano.

Quando le condizioni ambientali tornano favorevoli, le

spore germinano e danno origine a nuove mixoamebe.

A questo ciclo di riproduzione asessuale se ne affianca

talora uno sessuale, in cui due mixoamebe

(possibilmente di due tipi sessuali diversi) si fondono

formando una struttura sferica che successivamente

germina, rilasciando nuove mixoamebe.

Il ciclo vitale di un tipico acrasiomicete è descritto nella

(▶figura 38).

Figura 38. Ciclo vitale di un acrasiomicete.

Oomiceti.

Il phylum degli Oomiceti è costituito da diversi protisti

eterotrofi e comprende le muffe d‟acqua ed altri

organismi terrestri.

Le muffe d‟acqua sono filamentose e immobili e si

nutrono per assorbimento, cioè secernono sostanze che

digeriscono le grandi molecole di nutrienti scindendole

in molecole più piccole, facili da assorbire.

Una caratteristica distintiva di tutti gli Oomiceti è la

presenza di flagelli nelle cellule riproduttive e di pareti

cellulari contenenti cellulosa. Alcune specie presentano

più nuclei racchiusi in una sola membrana plasmatica: i

filamenti che costituiscono l‟oomicete, quindi, non sono

separati internamente da pareti che confinino ciascun

nucleo in una singola cellula. In questo modo, il

citoplasma è un fluido continuo che fluisce nell‟intero

corpo dell‟organismo. Gli Oomiceti sono generalmente

diploidi per gran parte del loro ciclo vitale.

Muffe d‟acqua comuni sono quelle del

genere Saprolegnia (▶figura 39), acquatiche e

saprofaghe, che rivestono di un feltro biancastro pesci o

insetti morti nell‟acqua (▶figura 40). Il termine comune

di «muffa», che deriva dall‟iniziale classificazione di tali

forme nel regno dei funghi, non deve portare a

confondere questi organismi con i veri funghi che

portano questo nome.

Figura 39. Saprolegnia parasitica.

Un particolare che evidenzia le spore sessuali (oospore) prodotte all‟interno di strutture dette oogoni.

Figura 40. Saprolegnia, un oomicete saprofita.

Micelio della muffa d'acqua Saprolegnia che cresce sui resti di un pesce.

Gli Oomiceti terrestri sono in genere decompositori

innocui o utili, ma alcuni provocano malattie nelle

piante coltivate. Ad esempio Plasmopara viticola è

l‟agente eziologico della peronospora della vite, una

delle principali malattie di questa pianta (▶figura 41).

Figura 41. Peronospora della vite.

La peronospora della vite, Plasmopara viticola, è un microrganismo originario dell‟America e importato accidentalmente in Francia intorno al 1878, da cui si è poi diffuso in tutta Europa. Esso provoca una tipica malattia della vite, con un ciclo fortemente condizionato dalle condizioni climatiche. Si tratta della causa di una delle più diffuse e pericolose malattie della vite in molte regioni europee ed italiane.

La muffa Phytophthora infestans, è invece la causa della

peronospora della patata, e fu responsabile della

distruzione dell'intero raccolto di patate, con

conseguente carestia, nel 1845-1847 in Irlanda,

carestia che causò la morte per fame di almeno un

milione di persone e ne costrinse all'emigrazione

almeno altri due (▶figura 42).

Figura 42. Peronospora della patata e del pomodoro.

La peronospora della patata e del pomodoro, Phytophthora infestans, è un microrganismo che colpisce le piante della famiglia delle Solanacecee.

Euglenofite.

Per molti zoologi questa divisione comprende forme che

fanno parte del phylum dei Flagellati. I pigmenti

fotosintetici sono clorofilla a e clorofilla b, proprio come

nelle alghe verdi (Clorofite) e in tutte le piante.

Il più tipico rappresentante di questo gruppo di

organismi è Euglena (▶figura 43)

Figura 43. Euglena. Euglena, una specie che può essere considerata sia protozoo, sia alga. Nella fotografia si notano i numerosi cloroplasti di Euglena.

Euglena è una specie che mostra quanto sia difficile

separare in modo netto le forme autotrofe da quelle

eterotrofe.

Esso si sposta grazie al movimento di uno dei due

flagelli di cui è provvisto, e che fornisce la spinta

necessaria tramite un movimento ondulatorio. Euglena

si riproduce per mitosi e citodieresi, ovvero tramite la

modalità più semplice. Da un punto di vista trofico,

Euglena mostra un'estrema flessibilità. In piena luce si

comporta da organismo autotrofo, e impiega i propri

cloroplasti per sintetizzare composti organici tramite la

fotosintesi. Se invece viene mantenuto nell'oscurità,

esso perde i pigmenti fotosintetici e inizia a nutrirsi

esclusivamente di materia organica morta.

Tale processo è tuttavia completamente reversibile

poiché, se riportato alla luce, Euglena è capace di

ripristinare i propri pigmenti e di tornare autotrofo.

È stato inoltre osservato che cellule di Euglena trattate

con certi antibiotici o sostanze mutagene perdono

completamente i pigmenti fotosintetici divenendo

incapaci, anche nelle generazioni successive, di

effettuare la fotosintesi. Le cellule che ne derivano

continuano in ogni caso a sopravvivere come eterotrofi.

4. Le alghe: protisti simili alle piante.

Le alghe sono eucarioti unicellulari, plurinucleati o pluricellulari, fotosintetici. Le forme pluricellulari hanno embrioni privi di

tessuti materni.

Le alghe sono degli organismi fotosintetici dai quali probabilmente dipende il 50-60% della fotosintesi che si compie sull'intero

pianeta. La rimanente parte può essere attribuita alle piante, mentre il contributo dei cianobatteri e di altri batteri fotosintetici

è trascurabile, sebbene esso possa risultare importante in alcuni ecosistemi acquatici.

La principale differenza tra piante e alghe consiste nel fatto che nelle prime lo zigote da origine a un embrione pluricellulare

protetto dai tessuti dell'individuo in cui si origina, mentre nelle seconde ciò non si verifica.

Le alghe mostrano un'interessante varietà di forme. Alcune sono organismi unicellulari relativamente semplici, altre invece

formano filamenti costituiti da cellule distinte o da strutture multinucleate (cenociti), e altre ancora sono pluricellulari,

caratterizzate da complesse ramificazioni oppure a forma di foglia e con tessuti e organi ben distinti. Questa varietà di forme

può essere presente anche all'interno dei singoli raggruppamenti di alghe, come ad esempio in quello delle alghe verdi

(phylum Chlorophyta). Anche i cicli vitali delle alghe sono estremamente vari, e tutte, tranne le alghe rosse (phylum

Rhodophyta), possiedono uno stadio con cellule flagellate mobili. In alcuni casi, ad esempio nei dinoflagellati (phylum

Pyrrophyta), questa è addirittura la forma prevalente. Eccetto che per il mannitolo, i grassi e gli olii, tutti i composti di riserva

delle alghe sono polimeri del glucosio, che differiscono gli uni dagli altri per il tipo di legame fra le molecole di glucosio

adiacenti, per il grado di ramificazione delle catene polisaccaridiche e per le dimensioni della catena. Le sostanze pectiche che

si trovano nelle pareti cellulari sono tutte polimeri di uno zucchero acido, l'acido galatturonico.

Le alghe vengono suddivise in sei phyla :

Euglenofite euglene e forme affini

Pirrofite dinoflagellati

Crisofite diatomee

Feofite alghe brune

Rodofite alghe rosse

Clorofite alghe verdi

Pirrofite.

Le Pirrofite sono tutte alghe unicellulari con una

caratteristica colorazione giallo-bruna, data dai

pigmenti fotosintetici e dai pigmenti accessori presenti

nei cloroplasti. Possiedono clorofilla a e clorofilla c.

I dinoflagellati, il gruppo più rappresentativo di questo

phylum, sono di grande interesse ecologico, evolutivo e

morfologico, e sono probabilmente secondi soltanto

alle diatomee (appartenenti al phylum delle

Chrysophyta) come produttori fotosintetici di materia

organica negli oceani.

Molti dinoflagellati sono endosimbionti di altri protisti e

invertebrati marini, come ad esempio i coralli, alla cui

crescita contribuiscono con i loro prodotti fotosintetici.

Altri, invece, sono incapaci di fotosintetizzare e vivono

come parassiti di altri organismi marini.

La struttura cellulare dei dinoflagellati è particolarmente

interessante. Questi organismi possiedono due flagelli,

di cui uno si trova alloggiato in un solco equatoriale

intorno alla cellula e l'altro passa attraverso un solco

longitudinale prima di protendersi libero verso l'esterno

(▶figura 44).

Figura 44. Dinoflagellati.

Ceratium e Peridinium, due tipici dinoflagellati in cui è possibile notare il flagello assiale e quello equatoriale..

Molti dinoflagellati sono organismi marini e alcuni di

questi, che si riproducono abbondantemente nelle

acque calde e tranquille, possono dare origine alle

«maree rosse» (▶figura 45), così dette per la

colorazione rossastra assunta dalle acque superficiali a

causa della fluorescenza della clorofilla presente nei

cloroplasti.

Figura 45. Maree rosse.

Alcuni dinoflagellati sono responsabili del fenomeno delle maree rosse.

Alcune di queste specie producono inoltre sostanze

neurotossiche, che sono in grado di uccidere migliaia di

pesci. Anche il genere Gonyaulax emette una potente

tossina, che può accumularsi senza alcun effetto nei

molluschi e nei crostacei, ma può uccidere un uomo che

se ne cibi.

Molti dinoflagellati sono inoltre bioluminescenti

(▶figura 46); colture di questi organismi mantenute in

completa oscurità emettono un debole scintillio. Se poi

la coltura viene disturbata, agitando il mezzo di

sospensione o facendovi gorgogliare dell'aria, ogni

individuo può emettere lampi luminosi, anche un

migliaio di volte più potenti della debole luminosità

emessa inizialmente.

Figura 46. Bioluminescenza.

Molti dinoflagellati sono in grado di emettere luce grazie allo stesso meccanismo che viene utilizzato da altri organismi (come ad esempio, le lucciole): un enzima, definito luciferasi, ossida una sostanza detta luciferina e tale reazione chimica libera energia sotto forma luce visibile all‟occhio umano.

Crisofite (Alghe giallo-dorate).

II phylum delle Crisofite comprende diatomee e altri

organismi a esse simili. Gli individui di alcune specie

sono unicellulari, mentre altri possono formare

aggregati filamentosi.

Possiedono sia clorofilla a che clorofilla c. Molte hanno

un colore bruno o giallo per la presenza di abbondanti

carotenoidi nei loro cloroplasti e tutte utilizzano

crisolaminarina (un carboidrato) od olii come prodotti di

riserva.

Molte diatomee depositano silice (diossido di silicio

SiO2) nelle loro pareti cellulari, che in alcune specie

sono formate da due parti distinte (valve), con quella

superiore che si sovrappone all'inferiore come un

coperchio su una scatola. Le diatomee possono avere

sia simmetria radiale che bilaterale.

Questi organismi, marini o d'acqua dolce, sono

caratterizzati da un'estrema varietà di forme e la loro

tassonomia è interamente basata sulle caratteristiche

delle pareti esterne (▶figura 47).

Figura 47. Diatomee. Le diatomee mostrano una grande varietà di forme, di regola specie-specifiche.

Le diatomee possono riprodursi sia sessualmente che

asessualmente (▶figura 48).

Nel caso della riproduzione asessuale, si verifica una

divisione cellulare in cui ciascuna delle due cellule figlie

eredita una delle due valve della cellula madre. È

interessante notare che la parte mancante viene sempre

riformata all'interno di quella già esistente. Questo

processo è quindi caratterizzato da una progressiva

diminuzione delle dimensioni dei nuovi individui a ogni

evento riproduttivo, e se il processo si ripetesse sempre

allo stesso modo, si arriverebbe alla scomparsa di

questi organismi.

La riproduzione sessuale risolve adeguatamente il

problema: i gameti che ogni individuo produce sono

privi di parete e si fondono formando uno zigote che,

prima di costituire una nuova parete cellulare, aumenta

notevolmente le proprie dimensioni e per questo esso

viene anche definito auxospora, dal greco auxesis =

aumento.

Figura 48. La riproduzione delle diatomee. Nella riproduzione asessuale per mitosi e citodieresi (sequenza verticale sulla destra nella figura), ogni cellula figlia eredita una delle due valve; ogni cellula dovrà quindi produrre una nuova valva e quest'ultima si forma sempre all'interno di quella già esistente. In seguito, si verifica una progressiva riduzione dimensionale degli individui, interrotta dalla riproduzione sessuale: lo zigote (ciclo sulla sinistra), si accresce prima di ricostituire il proprio rivestimento.

Le diatomee sono diffuse ovunque nell„ambiente marino

e di acqua dolce.

I resti delle loro pareti contenenti silicio, molto

resistenti alla decomposizione, possono accumularsi sui

fondi oceanici e formare estesi giacimenti di rocce

sedimentarie (diatomiti). La così detta terra di diatomee,

ottenuta da queste rocce, trova numerosi impieghi

industriali, come materiale per l'isolamento o la

filtrazione e per la pulitura dei metalli.

I dinoflagellati (Pirrofite) e le diatomee (crisofite) sono i

principali responsabili del fenomeno di

“eutrofizzazione” delle acque dei mari, dei laghi e dei

fiumi che si verifica quando le concentrazione di sali

minerali (contenenti N, P e K) raggiunge valori elevati. In

questo caso, la proliferazione di queste alghe

unicellulari, non seguita dallo smaltimento dei

consumatori primari, determina una maggiore attività

batterica, questo fatto induce un aumento del consumo

di ossigeno, e la mancanza di quest‟ultimo provoca a

sua volta la moria di animali marini (ad esempio dei

pesci).

Feofite (Alghe brune).

Le feofite, o alghe brune, sono organismi pluricellulari,

composti da filamenti ramificati o da strutture fogliose

definite talli . Il caratteristico colore, da cui deriva il loro

nome, è determinato dalla presenza del carotenoide

fucoxantina, presente in grandi quantità nei plastidi. La

combinazione di questo pigmento giallo-arancio con il

verde della clorofilla a e c determina il colore.

Le feofite (▶figura 49) includono alcune fra le alghe di

maggiori dimensioni (come ad esempio quelle del

genere Macrocystis che può raggiungere la lunghezza di

60 m). Si tratta di forme quasi esclusivamente marine,

alcune delle quali galleggiano in mare aperto (l'esempio

più noto è costituito dal Sargassum, che può costituire

densi banchi nel mar dei Sargassi), mentre altre vivono

attaccate alle rocce nelle regioni costiere. In queste

ultime forme è presente, nella parte a contatto con il

substrato, una struttura espansa a ventosa detta aptere,

che consente una salda adesione.

Figura 49. Alghe brune.

(A) La specie Pelvetia canaliculata mostra un esempio della struttura filamentosa delle alghe brune. (B) I filamenti dell‟alga microscopica Ectocarpus osservati al microscopio ottico. (C) Le palme di mare sono caratterizzate dalla presenza di fronde simili a «foglie». (D) Le palme di mare e molte altre specie di alghe brune aderiscono al substrato per mezzo di robuste strutture di ancoraggio.

Alcune alghe brune possono formare steli simili a

tronchi oppure lamine simili a foglie, mentre altre sono

caratterizzate da cavità o vesciche piene di gas.

Per ragioni non ancora ben chiare, queste cavità

contengono spesso monossido di carbonio (circa il 5%

del contenuto) in quantità sufficiente a uccidere un

uomo.

Oltre a questa organizzazione in organi, le specie di

maggiori dimensioni mostrano anche un notevole grado

di differenziazione dei loro tessuti. Spesso i filamenti

fotosintetici sono localizzati nelle regioni più esterne

dell'alga, mentre all'interno del tessuto fotosintetico

sono localizzati filamenti di cellule allungate simili ai

tessuti di conduzione delle piante superiori. Questi

filamenti, formati da cellule svasate all'apice, formano

strutture canalicolari che trasportano rapidamente i

prodotti della fotosintesi (principalmente mannitolo)

attraverso il corpo dell'alga.

Il phylum Phaeophyta testimonia lo straordinario grado

di diversità che caratterizza le alghe. Fra le alghe brune

a struttura più semplice possiamo citare quelle del

genere Ectocarpus, che formano filamenti ramificati,

lunghi pochi centimetri, che crescono comunemente

sulle conchiglie e sulle pietre sommerse. In questo caso

il gametofito e lo sporofito possono essere distinti

esclusivamente in base al numero di cromosomi o in

base ai loro prodotti (rispettivamente zoospore o

gameti); si hanno cioè generazioni isomorfe.

Altre alghe brune di maggiore complessità, come ad

esempio le Laminaria (▶figura 50), sono caratterizzate

da un'alternanza di generazioni di tipo eteromorfico, in

cui la fase predominante è lo sporofito. Il gametofito,

una struttura filamentosa e sottile, si origina invece da

zoospore formatesi per meiosi in particolari regioni

dello sporofito. Dal gametofito deriveranno poi gameti

maschili e femminili.

Figura 50. Ciclo vitale di un‟alga bruna. Laminaria è un‟alga bruna che presenta un ciclo vitale aplo-diplobionte con alternanza di generazioni eteromorfiche.

Nel genere Fucus (▶figura 51) si assiste infine a

un'ulteriore riduzione del gametofito: non esiste una

fase aploide pluricellulare, ma soltanto una fase aploide

multinucleata, in cui i gameti sono prodotti

direttamente per meiosi.

Figura 51. Un‟alga bruna. Fucus, una comune alga bruna.

Le pareti cellulari delle alghe brune possono contenere

fino al 25% di acido alginico, un polimero di uno

zucchero acido, piuttosto viscoso, capace di cementare

cellule e filamenti e dunque in grado di funzionare

come aptere. Questa sostanza viene impiegata

commercialmente come emulsionante in gelati,

cosmetici e altri prodotti.

Rodofite (Alghe rosse).

Quasi tutte le alghe rosse o Rodofite sono organismi

pluricellulari. Il loro caratteristico colore rosso deriva

dalla presenza del pigmento ficoeritrina nei cloroplasti.

In aggiunta a tale sostanza, nelle alghe rosse sono

presenti anche ficocianina, carotenoidi e clorofilla a.

La maggior parte delle alghe rosse vive in ambiente

marino e colonizza tutti gli habitat, dalle pozze di

marea fino a profondità notevoli (anche 170 m se

esistono nutrienti in quantità sufficiente e l'acqua è

limpida abbastanza da consentire la penetrazione della

luce). Gran parte delle specie vivono attaccate al

substrato e sono provviste di aptere (▶figura 52).

Figura 52. Alghe rosse. Due diverse specie di Rodofite che presentano la loro tipica colorazione dovuta a specifici pigmenti fotosintetici.

Le alghe rosse hanno la capacità di cambiare la

composizione relativa dei loro pigmenti fotosintetici in

relazione alle condizioni di illuminazione, con

conseguente cambiamento di colorazione: la stessa

specie può apparire verde brillante se cresciuta in

superficie, oppure rosso scuro se cresciuta in acque più

profonde. In acque profonde, infatti, la maggior parte

della luce che riesce a penetrare, e che può quindi

essere impiegata per la fotosintesi, appartiene alla

banda blu-verde dello spettro luminoso e quindi le

alghe accumulano grandi quantità di ficoeritrina, il

pigmento capace di assorbire tali lunghezze d'onda.

Così, anche se la quantità di clorofilla è uguale a quella

contenuta nelle alghe che vivono in superficie, la

quantità di ficoeritrina accumulata fa apparire queste

alghe di colore rosso anziché verde. La variazione della

pigmentazione in dipendenza della lunghezza d'onda

della luce viene indicata come adattamento cromatico

(metacromatismo) (▶figura 53).

Figura 53. L'assorbimento della luce da parte di un'alga rossa.

Quando l'alga rossa Chondrus crispus cresce al di sotto dei 15 m di profondità, essa accumula ficoeritrina con cui può assorbire la luce blu-verde. In superficie, invece, l'accumulo di ficoeritrina è molto minore e l'alga assorbe principalmente nel rosso, tramite la clorofilla.

Le alghe rosse accumulano i prodotti della fotosintesi

sotto forma di amido delle floridee (composto da

piccole catene ramificate di 15 unità di glucosio) e non

possiedono cellule flagellate in alcuno stadio del loro

ciclo vitale. I gameti maschili sono privi di parete e

leggermente ameboidi, mentre quelli femminili sono

completamente immobili.

Alcune specie di alghe rosse, capaci di depositare

carbonato di calcio all'interno e all'esterno delle loro

pareti cellulari, contribuiscono alla formazione delle

barriere coralline, poiché, dopo la morte delle cellule, il

carbonato si accumula sui fondali formando talvolta

cospicui ammassi.

Alcune Rhodophyta possono produrre grandi quantità di

sostanze polisaccaridiche mucillaginose, costituite

principalmente da galattosio cui è legato un gruppo

solfato. Questo materiale forma gelatine solide ed è la

materia prima dell'agar, una sostanza assai usata per

produrre substrati solubili in acqua, sui quali far

crescere in laboratorio colture di tessuti oppure

microrganismi.

Alcune alghe rosse marine, infine, sono parassite di

altre alghe. In questo caso l'ospite è un'alga

normalmente fotosintetica mentre il parassita è un'alga

incolore e non fotosintetica, che ottiene le sostanze

nutritive dall'ospite. È stato scoperto che l'alga parassita

Choreocolax è capace di inserire i propri nuclei

all'interno delle cellule dell'alga rossa ospite

Polysiphonia, modificandone il metabolismo. Questo è il

primo esempio di un processo di trasferimento di nuclei

dal parassita alle cellule viventi dell'ospite.

Clorofite (Alghe verdi).

Le Clorofite, conosciute comunemente come alghe

verdi, e le Euglenofite sono gli unici protisti che

possiedono l'intero corredo di pigmenti fotosintetici che

caratterizzano le piante superiori. Il pigmento principale

è la clorofilla a, ma al loro interno è presente anche la

clorofilla b. I carotenoidi presenti in questi gruppi sono

prevalentemente 3-carotene e alcune xantofille

(carotenoidi con uno o più gruppi ossidrilici). Il

principale prodotto di accumulo della fotosintesi è,

come nelle piante superiori, l'amido, costituito da

lunghe catene, talora ramificate, di glucosio. Queste

somiglianze, insieme a considerazioni di altro tipo,

hanno indotto a ipotizzare che le piante si siano evolute

dalle alghe verdi.

Questa uniformità dei pigmenti e dei prodotti di

accumulo della fotosintesi è contrapposta a un'estrema

varietà di forme (da ▶figura 54 a ▶figura 63):

All'interno della divisione Clorofite si possono osservare

tutti i termini di passaggio tra organismi unicellulari e

pluricellulari.

Lo stadio tipicamente unicellulare è rappresentato da

Chlamydomonas e da Chlorella specie che potrebbero

essere anche considerate come protozoi flagellati.

Figura 54. Chlamydomonas. Una tipica alga unicellulare e flagellata, che vive nelle acque dolci.

Figura 55. Chlorella. Un altro organismo unicellulare e flagellato, che presenta un‟organizzazione molto semplice.

Gli stadi intermedi tra lo stato unicellulare di e quello

coloniale sono rappresentati da forme coloniali meno

organizzate, come quelle di Gonium e di Pandorina

(▶figura 56).

Figura 56. Gonium e Pandorina sono forme coloniali meno organizzate. Nel genere Gonium (in alto) le cellule sono tutte delle stesse dimensioni. Nel genere Pandorina (in basso) si assiste ad un inizio di specializzazione e di differenziazione in quanto le cellule anteriori della colonia mostrano macchie oculari di maggiori dimensioni.

Lo stadio tipicamente coloniale è rappresentato da

Volvox, (▶figura 57) che forma colonie

sorprendentemente grandi e ben organizzate. In questo

caso le cellule non sono ancora differenziate in tessuti e

organi, come invece accade nelle piante e negli animali,

ma le colonie mostrano quale potrebbe essere stato il

primo gradino evolutivo verso l'organizzazione

pluricellulare.

Figura 57. Colonie di Volvox. Si osservi la regolare distanza delle cellule e la presenza di co-lonie figlie all'interno della colonia principale. Questi organismi fotosintetici vengono talvolta classificati come alghe verdi, un altro gruppo di protisti.

Altri rappresentanti tipici di alghe verdi che

testimoniano la grande varietà di forme sono

considerate nelle seguenti figure.

Figura 58. Oedogonium. Un un'alga filamentosa con un solo nucleo in ogni cellula.

Figura 59. Cladophora. Un‟alga che mostra un'organizzazione pluricellulare con cellule multinucleate.

Figura 60. Bryopsis Un‟alga tubulare e cenocitica, e forma setti che separano una cellula dall'altra soltanto durante la formazione delle strutture riproduttive.

Figura 61. Acetabularia. Un „alga costituita da una singola cellula gigante mononucleata di forma caratteristica, che diviene plurinucleata soltanto alla fine del processo riproduttivo.

Figura 62. Ulva lactuca. Alga nota comunemente come lattuga di mare, è costituita da una struttura laminare dello spessore di due cellule.

Figura 63. Desmidiacee. Alghe unicellulari caratterizzate da pareti cellulari scolpite in maniera elaborata.

I cicli vitali delle alghe verdi sono caratterizzati da

un'estrema variabilità. Esamineremo a titolo di esempio

due di questi cicli, quello di Ulva lactuca (▶figura 64), e

quello di Ulothrix.

Figura 64. Ciclo vitale di Ulva lactuca. Questa alga verde presenta un ciclo vitale aplo-diplobionte con alternanza di generazioni isomorfiche.

Lo sporofito diploide di Ulva lactuca è costituito da una

«foglia» di alcuni centimetri di diametro, in cui si

differenziano alcune cellule specializzate (sporociti).

Attraverso il processo di meiosi e citocinesi, queste

producono spore aploidi mobili (zoospore), capaci di

nuotare grazie alla presenza di quattro flagelli. Quando

una spora trova un ambiente adatto, essa si fissa, perde

i flagelli, e inizia a dividersi mitoticamente, producendo

un filamento sottile che si sviluppa in un'ampia lamina

dello spessore di due cellule: il gametofito,

morfologicamente identico allo sporofito diploide. Ogni

spora contiene l'informazione genetica per un solo tipo

sessuale, e un gametofito è capace di produrre

esclusivamente gameti maschili o femminili, ma mai

entrambi. I gameti si formano per mitosi all'interno di

una singola cellula (gametangio) e non all'interno di una

struttura pluricellulare specializzata come avviene nei

muschi e nelle piante vascolari. Entrambi i tipi di gameti

possiedono due flagelli (a differenza dei quattro delle

zoospore) e sono mobili. I gameti femminili, tuttavia,

appaiono decisamente più grandi di quelli maschili:

questa condizione in cui i gameti sono

morfologicamente distinguibili è detta anisogamia, e

contrapposta all'isogamia di altre alghe e protisti, in cui

i due tipi di gameti sono morfologicamente simili.

Quando due gameti di tipo diverso si incontrano, essi si

fondono, perdono i flagelli e dallo zigote che ne deriva

si forma, per successive mitosi, un nuovo sporofito. I

gameti che non riescono a incontrarne uno

complementare con cui unirsi possono fissarsi al

substrato, perdere i flagelli e, per mitosi, produrre

nuovi gametofiti; in altre parole i gameti possono

funzionare come zoospore, condizione questa molto

rara. Un ciclo vitale come quello di Ulva, in cui sporofito

e gametofito sono morfologicamente identici, è detto

isomorfo.

In altri protisti, invece, esistono generazioni

eteromorfiche, con uno sporofito diverso dal

gametofito. In una variante del ciclo eteromorfico, il

ciclo aplonte, gametofiti pluricellulari producono gameti

da cui deriva uno zigote con funzioni di sporocito. In

altre parole, questo si divide immediatamente per

meiosi, producendo spore che daranno origine a nuovi

gametofiti. In questo tipo di ciclo, dunque, l'unico

stadio diploide è lo zigote.

Un esempio di ciclo aplonte è fornito dalle alghe del

genere Ulothrix (▶figura 65).

Figura 65. Ciclo vitale di Ulothrix. Questa alga verde presenta un ciclo vitale aplobionte.

Altre alghe possiedono un ciclo diplonte come quello

della maggior parte degli animali. In questo caso gli

sporociti producono direttamente per meiosi i gameti, e

dall'unione di questi si origina uno zigote che formerà

un nuovo sporofito. Negli organismi che hanno un ciclo

vitale di questo tipo tutte le cellule tranne i gameti sono

diploidi. Tra i due estremi rappresentati dal ciclo

aplonte e quello diplonte esistono casi in cui sia lo

sporofito che il gametofito sono pluricellulari, ma una

fase (generalmente lo sporofito) risulta nettamente

predominante sull'altra.

Un caso particolare di anisogamia, conosciuto come

oogamia, è quello di Oedogonium, in cui il gamete

femminile è grande e immobile, mentre quello maschile

è piccolo e flagellato.