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EQUIVALENTI Le domande più frequenti Corrado Giua Marassi Umberto M. Musazzi Ambra Pedrazzini Paola Minghei

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EQUIVALENTILe domande più frequenti

Corrado Giua MarassiUmberto M. Musazzi

Ambra Pedrazzini Paola Minghetti

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Copyright © 2018 by EDRA SpA

EDRA SpAVia Spadolini, 720141 Milano, ItaliaTel. 02 88184.1 - Fax 02 88184.302

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento totale o parzialecon qualsiasi mezzo, compresi i microfilm e le copiefotostatiche, sono riservati per tutti i Paesi.

Ludovico BaldessinChief Business & Content Officer

Responsabile EditorialeSusanna Garofalo

Stampa: Jona srl - Paderno Dugnano (MI) Edizione riservata per i Sigg. Farmacisti Fuori commercio

eISBN: 978-88-214-5031-0

La medicina è una scienza in perenne divenire.Nelle nozioni esposte in questo volume si riflette lo “stato dell’arte”, come poteva essere delineato al mo-mento della stesura in base ai dati desumibili dalla let-teratura internazionale più autorevole. È soprattutto in materia di terapia che si determinano i mutamenti più rapidi: sia per l’avvento di farmaci e di procedimenti nuovi, sia per il modificarsi, in rapporto alle esperienze maturate, degli orientamenti sulle circostanze e sulle modalità d’impiego di quelli già in uso da tempo. Gli Autori, l’Editore e quanti altri hanno avuto una qualche parte nella stesura o nella pubblicazione del volume non possono essere ritenuti in ogni caso responsabili degli errori concettuali dipendenti dall’evolversi del pensiero clinico; e neppure di quelli materiali di stampa in cui possano essere incorsi, nonostante tutto l’impe-gno dedicato a evitarli. Il lettore che si appresti ad ap-plicare qualcuna delle nozioni terapeutiche riportate deve dunque verificarne sempre l’attualità e l’esattez-za, ricorrendo a fonti competenti e controllando diret-tamente sul riassunto delle caratteristiche del pro-dotto allegato ai singoli farmaci tutte le informazioni relative alle indicazioni cliniche, alle controindicazioni, agli effetti collaterali e specialmente alla posologia.

Finito di stampare nel mese di ottobre 2018

Con il Patrocinio gratuito di

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SOMMARIO

Autori ........................................................................................................................................................................................................................ 3

Presentazione ...................................................................................................................................................................................................... 4

1. COSA SONO I MEDICINALI GENERICI? QUANDO NASCONO E PERCHÉ? .............................................................. 5

2. PERCHÉ VIENE CHIAMATO ANCHE EQUIVALENTE? .......................................................................................................... 5

3. COSA SI INTENDE CON SPECIALITÀ MEDICINALE? ........................................................................................................... 5

4. PERCHÉ A VOLTE CI SI RIFERISCE A UN MEDICINALE “DI MARCA”? .......................................................................6

5. COSA SI INTENDE CON BREVETTO DI UN MEDICINALE? QUAL È LA SUA DURATA? ....................................6

6. È VERO CHE UN MEDICINALE GENERICO COSTA DI MENO PERCHÉ È DI SCARSA QUALITÀ? ................ 7

7. QUAL È IL PREZZO DEI MEDICINALI EQUIVALENTI E QUAL È LA RELAZIONE CON L’ORIGINATORE? ......... 7

8. LA DIFFERENZA TRA IL PREZZO DEL MEDICINALE EQUIVALENTE PIÙ BASSO (DI RIFERIMENTO) E IL PREZZO DEL MEDICINALE PRESCRITTO DEVE ESSERE PAGATA DA TUTTI I CITTADINI? ................9

9. È POSSIBILE CHE CI SIANO VARIAZIONI NELLA GESTIONE LOCALE DEI MEDICINALI EQUIVALENTI RISPETTO A QUANTO PREVISTO DALLE INDICAZIONI NAZIONALI? ......................................9

10. COME POSSONO ESSERE IMPIEGATE LE RISORSE RISPARMIATE DAL SSN DALLA VENDITA DEI MEDICINALI EQUIVALENTI? ..............................................................................................................9

11. È VERO CHE L’EQUIVALENTE PUÒ CONTENERE IL 20% DI PRINCIPIO ATTIVO IN MENO RISPETTO ALL’ORIGINATORE? .................................................................................9

12. QUALI MEDICINALI POSSONO ESSERE EQUIVALENTI? ANCHE QUELLI PER PATOLOGIE “IMPORTANTI”? ............................................................................................................. 10

13. QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE ACCOMUNANO UN MEDICINALE EQUIVALENTE E IL SUO ORIGINATORE? QUALI LE DIFFERENZE? ........................................................................................................... 10

14. COME IMPATTANO GLI ECCIPIENTI SULL’EFFICACIA DI UN PRINCIPIO ATTIVO, E COSA HANNO A CHE FARE CON I MEDICINALI EQUIVALENTI? ..............................................................................11

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15. QUALI STANDARD DEVONO RAGGIUNGERE I MEDICINALI EQUIVALENTI? ......................................................12

16. COME VENGONO GARANTITE QUALITÀ, SICUREZZA ED EFFICACIA DI UN MEDICINALE EQUIVALENTE? QUALI DIFFERENZE CI SONO CON GLI ORIGINATORI? ...................12

17. COSA VUOL DIRE BIOEQUIVALENZA? ..................................................................................................................................... 13

18. COME VENGONO EFFETTUATI GLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA? .......................................................................... 14

19. CI SONO ECCEZIONI SULLO SVOLGIMENTO DEGLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA SULLA BASE DELLA FORMA FARMACEUTICA? ................................................................ 16

20. I MEDICINALI CHE DEVONO ESSERE SCIOLTI IN ACQUA POSSONO ESSERE DIVERSI? ........................... 18

21. PERCHÉ GLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA VENGONO ESEGUITI SU VOLONTARI SANI? ............................ 18

22. CHI VERIFICA L’AFFIDABILITÀ DEGLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA? ...................................................................... 18

23. I DATI RELATIVI AGLI STUDI SONO MESSI A DISPOSIZIONE? .................................................................................. 18

24. PERCHÉ NON SI PUÒ RESTRINGERE IL LIMITE DI VARIABILITÀ PER I CRITERI DI BIOEQUIVALENZA? ....................................................................................................................................... 19

25. PERCHÉ SI DICE CHE PER ALCUNI SOGGETTI UN DATO MEDICINALE EQUIVALENTE NON VA BENE? .................................................................................................. 19

26. SE DUE MEDICINALI SONO BIOEQUIVALENTI ALL’ORIGINATORE LO SONO ANCHE TRA DI LORO? ..... 20

27. COS’È L’ORANGE BOOK, E QUAL È IL CORRISPETTIVO ITALIANO? ....................................................................... 20

28. QUALI CONTROLLI VENGONO ESEGUITI SUI MEDICINALI EQUIVALENTI DOPO CHE SONO ENTRATI IN COMMERCIO? .......................................................................................................................21

29. COS’ È LA FARMACOVIGILANZA?................................................................................................................................................21

30. IN QUALI OCCASIONI IL MEDICO DOVREBBE USARE LA DICITURA “NON SOSTITUIBILE”? ...................22

31. CHE RUOLO HA IL FARMACISTA NELLA VENDITA DI MEDICINALI EQUIVALENTI? QUALI SONO I SUOI OBBLIGHI? .................................................................................................................................................. 23

32. COME SI POTREBBE OTTIMIZZARE L’ADERENZA ALLA TERAPIA? ....................................................................... 24

33. COME CONSIDERARE I PAZIENTI PIÙ SENSIBILI? ........................................................................................................... 24

34. COME SI POSIZIONA L’ITALIA NEL MERCATO EUROPEO DEI MEDICINALI EQUIVALENTI? ................... 25

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AUTORICorrado Giua Marassi1

Umberto M. Musazzi2

Ambra Pedrazzini1

Paola Minghetti2

1Società Italiana Farmacia Clinica (SIFAC)2Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Università degli Studi di Milano

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4 SIFAC

Tra i principali obiettivi della Società Italiana di Farmacia Clinica (SIFAC) vi è quello di poter offrire ai farmaci-sti strumenti fruibili e pratici atti a orientare il proprio operato secondo quanto riportato dalle più aggiornate e robuste evidenze scientifiche.

A seguito di due studi conoscitivi, nati dalla collaborazione tra SIFAC e l’Università degli Studi di Milano (Pa-sina et al., 2015 , Giua Marassi et al., 2018), è emerso come siano ancora presenti, nell’immaginario collettivo, delle perplessità correlate all’efficacia e alla sicurezza dei medicinali equivalenti da parte dei pazienti, ma ancor prima nella considerazione di MMG e farmacisti.

Al fine di fronteggiare “l’effetto domino” di distorte informazioni e false credenze, si è pensato di realizzare questo documento di indirizzo, articolato sotto forma di FAQ, rivolto a MMG e farmacisti, con l’intento di chia-rire ogni dubbio e sostenere quindi il corretto utilizzo dei medicinali equivalenti nel nostro Paese.

Le FAQ sono state costruite su solide basi scientifiche farmacologiche, tecnologiche e legislative in modo da sovvertire, con un linguaggio semplice e mirato, le principali perplessità che affliggono medici e farmacisti.

La natura inedita di un documento sugli Equivalenti sotto forma di FAQ offre la possibilità di consultare in maniera diretta la tematica di interesse e può costituire anche un mezzo argomentativo attraverso il quale farmacisti e medici rassicurano il paziente.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di giungere a una visione univoca del concetto e dell’uso del medicinale equivalente, basato su una corretta informazione e su un’efficace collaborazione tra pazienti, professionisti sanitari e istituzioni, al fine di beneficiare dell’opportunità di risparmio offerta da tali medicinali a parità di assoluta e giustificata qualità, efficacia e sicurezza.

Corrado Giua MarassiPaola Minghetti

PRESENTAZIONE

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5EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

1. COSA SONO I MEDICINALI GENERICI? QUANDO NASCONO E PERCHÉ?La nozione di medicinale generico è stata introdotta all’interno dell’ordinamento italiano nel 1995 dall’art. 3, comma 130, della Legge n. 549 del 28 dicembre 1995 (come sostituito dall’art. 1, comma 3, del Decreto Legge n. 323 del 20 giugno 1996, convertito nella Legge n. 425 dell’8 agosto 1996). All’epoca veniva autoriz-zata l’immissione in commercio, come medicinali generici, di prodotti di origine industriale contenenti uno o più principi attivi non protetti da brevetto o dal certificato protettivo complementare di cui alla Legge n. 349 del 19 ottobre 1991 e al regolamento CEE n. 1768/1992, previa attestazione della loro bioequivalenza rispetto a un medicinale, o medicinale “di marca” (propriamente detto medicinale di riferimento o origina-tore), già in commercio avente la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica (ad es., compresse, fiale) e le stesse indicazioni terapeutiche (art. 10, Decreto Legge n. 219 del 24 aprile 2006). I medicinali generici sono identificati dalla Denominazione Comune Internazionale (DCI) del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) (per maggiori informazioni riferirsi alla FAQ n. 15).

La loro diffusione sul mercato ha permesso l’accesso a medicinali più sostenibili dal punto di vista economico, sia per il cittadino sia per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), come vedremo nelle FAQ successive.

2. PERCHÉ VIENE CHIAMATO ANCHE EQUIVALENTE?Il termine “medicinale generico” deriva dalla traduzione italiana dell’espressione generic medicinal product. A differenza della dicitura inglese, che rimanda esattamente alla definizione normativa, l’utilizzo della parola “generico” potrebbe essere fuorviante per il paziente. Infatti, il termine “generico” viene frequentemente per-cepito dall’opinione pubblica come un rimedio non dotato di sufficiente specificità per una certa indicazione e, talvolta, come un prodotto di qualità inferiore rispetto ai medicinali di riferimento, chiamati erroneamente “specialità medicinali” (FAQ n. 3). Quindi, introdurre la definizione di medicinale “equivalente” è sembrato op-portuno per risolvere il problema. Tale definizione però contrasta con quanto utilizzato in tutti gli altri Paesi e, per questo motivo, anche se la traduzione italiana non è esauriente come il significato originale, il termine “generico” risulta essere ancora oggi quello più appropriato.

Medicinale equivalente e medicinale generico sono la stessa cosa: per sottolineare ciò, con la Legge n. 149 del 26 luglio 2005, e in particolare all’art. 1-bis, viene di fatto sostituita la denominazione di “medicinale generico” con quella di “medicinale equivalente”.

3. COSA SI INTENDE CON SPECIALITÀ MEDICINALE?La terminologia “specialità medicinale” non esiste più dal 2006 (Decreto Legge n. 219 del 24 aprile 2006), quando i prodotti industriali sono stati ridefiniti semplicemente “medicinali”, con lo scopo di evitare l’attribu-zione di caratteristiche particolari al termine “specialità”, come è stato riscontrato per il termine “generico” (FAQ n. 2). Infatti, tutti i medicinali con AIC devono rispondere a uguali standard in termini di qualità, sicurezza ed efficacia.

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4. PERCHÉ A VOLTE CI SI RIFERISCE A UN MEDICINALE “DI MARCA”?Il termine medicinale “di marca”, contrapposto a quello di medicinale generico, può far pensare che quest’ultimo sia più scadente come accade per altri beni di consumo, il che risulta particolarmente pe-ricoloso se si tratta di un prodotto per la salute. Si tratta di un’espressione utilizzata per descrivere il prodotto cui il medicinale generico fa riferimento in termini di bioequivalenza, ma è intrinseco – dalla definizione enunciata nella Legge n. 425 dell’8 agosto 1996 – che in realtà si riferisca a un medicinale coperto da brevetto, che possiede un nome di fantasia proposto dall’azienda proprietaria del brevetto che per prima lo ha immesso sul mercato. A questo proposito, è bene sottolineare che la definizione “di marca” non è legislativamente corretta. Tutte le aziende produttrici di medicinali equivalenti appongono il loro “marchio” sul prodotto, come avviene per le aziende produttrici dell’originatore. Ciò che distingue i due medicinali è la denominazione DCI del principio attivo più il nome del produttore (FAQ n. 1) del primo e il nome di fantasia, cioè un marchio registrato, che lo rende immediatamente riconoscibile, del secondo. Dunque è importante non confondere “di marca” con “di maggior valore”, ma considerare “di marca” come a suo tempo probabilmente “brevettato”.

5. COSA SI INTENDE CON BREVETTO DI UN MEDICINALE? QUAL È LA SUA DURATA?Le aziende produttrici di medicinali originatori sostengono i costi di ricerca e di lancio; il brevetto offre una protezione, del principio attivo o della formulazione, che permette all’azienda di mantenere il monopolio della vendita del prodotto per un periodo di alcuni anni, in modo da poter recuperare l’ingente capitale investito.

Il brevetto farmaceutico dura 20 anni a partire dalla data di deposito, la quale precede di molto quella di ef-fettiva commercializzazione a causa del lungo intervallo di tempo necessario per sviluppare un medicinale. All’azienda rimangono quindi solo pochi anni per cercare di recuperare il capitale investito.

Dopo l’ottenimento dell’AIC, tale copertura può essere prorogata mediante il Certificato Protettivo Supple-mentare (Supplementary Protection Certificate, SPC) oppure attraverso la cosiddetta “data protection”, della durata di 10 anni dall’effettiva commercializzazione del medicinale, che copre anche dati non brevettabili ri-portati nel dossier di registrazione e creati dall’azienda per ottenere l’AIC.

La domanda di AIC, di tipo semplificato, per un medicinale generico può essere presentata dopo 8 anni dall’AIC del medicinale originatore, anche se la commercializzazione effettiva avverrà allo scadere del decimo anno. Tuttavia un’eccezione è rappresentata dai medicinali per i quali nei primi 8 anni di “data protection” viene ap-portata una nuova indicazione terapeutica, per i quali si concede un anno in più di monopolio (per un totale di 11 anni): quindi la commercializzazione dell’eventuale generico potrà avvenire allo scadere dell’undicesimo anno, permettendo così a quest’ultimo di essere commercializzato con tutte le indicazioni terapeutiche del medicinale originale.

Il Certificato di Protezione Complementare (CCP), che consentiva l’estensione del periodo brevettuale fino a un massimo di 18 anni oltre la scadenza naturale del brevetto, è stato sostituito dal SPC, il quale consente un’estensione massima di 5 anni (Regolamento CEE n. 1768/1992). L’entrata in vigore del SPC nel 1993 ha per-messo una protezione brevettuale molto lunga per un numero di principi attivi che avevano già ottenuto un CCP molto elevato.

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7EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

Allo scopo di anticipare l’ingresso sul mercato dei medicinali generici, contenenti principi attivi presenti in medicinali originatori tutelati in Italia dal CCP, la Legge n. 112 del 15 giugno 2002 prevede una diminuzione della “protezione complementare” fornita dal CCP pari a 6 mesi per ogni anno solare, a decorrere dal 1° gennaio 2004, fino al completo allineamento alla normativa europea.

6. È VERO CHE UN MEDICINALE GENERICO COSTA DI MENO PERCHÉ È DI SCARSA QUALITÀ?L’erronea convinzione sui medicinali equivalenti è che apportino un risparmio economico grazie all’utilizzo di materie prime più scadenti o alla produzione in Paesi in via di sviluppo. In realtà le aziende che producono medicinali equivalenti possono concedersi di praticare prezzi più competitivi, rispetto a quelle titolari del pro-dotto originatore, semplicemente perché il principio attivo è già noto (e non sono quindi necessari investimen-ti economici in ricerca sulla molecola) e non devono condurre studi pre-clinici e clinici completi per dimostrare sicurezza ed efficacia del medicinale equivalente nell’uomo, poiché sono già state verificate per il medicinale originatore.

Per tutti i medicinali di origine industriale tali requisiti vengono garantiti grazie a due autorizzazioni preventi-ve che il produttore deve ottenere: l’Autorizzazione alla Produzione (AP) e l’AIC. A partire dall’AP si può affer-mare che l’iter tramite il quale si ottiene tale autorizzazione (ad es., le ispezioni) è il medesimo per uno stesso principio attivo o forma farmaceutica.

La qualità di un medicinale equivalente deve soddisfare i medesimi criteri di un medicinale originatore, anche sotto il profilo delle impurezze, e infatti in entrambi i casi vige l’obbligo di rispettare i limiti previsti dalla legge. Il titolare dell’AIC, prima di ottenere le autorizzazioni necessarie, dovrà sempre dimostrare che il medicinale equivalente ha un profilo di impurezze sovrapponibile a quello del medicinale di riferimento, altrimenti saran-no richiesti nuovi studi di sicurezza.

7. QUAL È IL PREZZO DEI MEDICINALI EQUIVALENTI E QUAL È LA RELAZIONE CON L’ORIGINATORE?Nell’ambito dell’assistenza farmaceutica, per identificare se il costo del medicinale è a carico dello Stato o del cittadino, è stabilita una classificazione che identifica diverse fasce di medicinali (Decreto Legge 539/1992 e successive modificazioni):

○ Fascia “A”: comprende i farmaci essenziali e per le malattie croniche il cui costo è a carico dello Stato. I me-dicinali che rientrano in questa fascia sono dunque gratuiti anche se, a seconda delle normative regionali, può essere previsto un ticket di compartecipazione alla spesa a carico del cittadino;

○ Fascia “H”: comprende i farmaci che sono a carico dello Stato soltanto se utilizzati in ambito ospedaliero o ad esso assimilato;

○ Fascia “C”: comprende i medicinali non rimborsati dallo Stato.

La compartecipazione del cittadino alla spesa farmaceutica non deriva esclusivamente dai ticket regiona-li, ma anche dalle quote di compartecipazione sui medicinali equivalenti. L’AIFA rende disponibili per tutti gli operatori sanitari le tabelle contenenti l’elenco dei farmaci delle Fasce A e H, dispensati dal SSN, ordinati

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rispettivamente per principio attivo e per nome commerciale. Tali tabelle includono sia i medicinali presenti nella Lista di Trasparenza (FAQ n. 27), sia i medicinali coperti da tutela brevettuale. L’Agenzia Italiana del Far-maco (AIFA) pubblica ogni mese gli elenchi dei medicinali delle Fasce A e H con evidenza del gruppo di equiva-lenza, ovvero dei codici di raggruppamento di medicinali a base del medesimo principio attivo e con lo stesso confezionamento (stessa via di somministrazione, stesso numero di unità posologiche, stesso peso dell’unità posologica).

I medicinali equivalenti hanno un prezzo inferiore rispetto a quelli di riferimento, come diretta conse-guenza della scadenza del brevetto relativo al medicinale originatore. Scaduto il brevetto, chiunque sia in possesso dei mezzi tecnologici e delle strutture idonee può riprodurre, fabbricare e vendere, previa autorizzazione dell’AIFA e avendone dimostrata l’essenziale bioequivalenza, un medicinale per il quale l’efficacia e la sicurezza sono ormai ben note e consolidate. Il risparmio sulla spesa farmaceutica a carico del paziente è quindi possibile anche quando si acquista un medicinale equivalente di autoprescrizione o attraverso prescrizione non a carico dell’SSN (la cosiddetta “ricetta bianca”), rispetto alla scelta di un medicinale originatore.

Nel caso di offerta, da parte del produttore, di un medicinale equivalente con un prezzo di vendita inferiore di almeno il 20% rispetto al corrispondente medicinale di riferimento con uguale dosaggio e via di somministra-zione, classificato nelle Fasce A e H, il medicinale equivalente verrà posto nella medesima classe di rimbor-sabilità del medicinale di riferimento. Al fine di rendere più chiara la trattazione su prezzi e rimborsabilità, si riporta un esempio di medicinali in commercio contenenti il principio attivo omeprazolo prescrivibili in regime SSN (tratto dalla Lista di Trasparenza aggiornata al 9 agosto 2018):

Forma farmaceutica e modalità di rilascio: capsule rigide gastroresistenti.Omeprazolo 20 mg. Numero di unità per confezione: 14. Uso orale.

Medicinale originatore Medicinale equivalente

Nome Omeprazolo Brand 1

OmeprazoloBrand 2

OmeprazoloA

OmeprazoloB

OmeprazoloC

Prezzo al pubblico (euro) 8,44 7,58 5,63 5,63 6,07

Prezzo di riferimento SSN* (euro) 5,63 5,63 5,63 5,63 5,63

Differenza (euro) 2,81 1,95 0,00 0,00 0,44

*Il prezzo di riferimento per il SSN si riferisce al prezzo dell’equivalente con il prezzo più basso.

Facendo riferimento all’esempio riportato, la quota massima di riferimento rimborsata dal SSN al farmacista, per i medicinali equivalenti, è di 5,63 euro, pertanto se il paziente acquista il medicinale originatore o un medi-cinale equivalente che costa di più deve pagare la differenza.

Il medico e il farmacista sono tenuti a informare il paziente circa la disponibilità di medicinali integralmente rimborsabili dal SSN e della loro equivalenza con il medicinale prescritto. Nel caso in cui si scelga un medici-nale equivalente con un prezzo pari a 5,63 euro, questo sarà dispensato senza il pagamento di alcuna quota a carico del paziente.

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9EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

L’immissione in commercio di un medicinale equivalente costituisce un notevole vantaggio per il SSN, dal mo-mento che le quote di denaro pubblico risparmiate per il rimborso dei medicinali generici possono essere rese disponibili per investire sui nuovi medicinali innovativi (FAQ n. 10).

8. LA DIFFERENZA TRA IL PREZZO DEL MEDICINALE EQUIVALENTE PIÙ BASSO (DI RIFERIMENTO) E IL PREZZO DEL MEDICINALE PRESCRITTO DEVE ESSERE PAGATA DA TUTTI I CITTADINI?In base all’art. 7, comma 4, della Legge n. 405 del 16 novembre 2001, qualora il medico apponga sulla ricetta l’indi-cazione di non sostituibilità, oppure l’assistito non accetti la sostituzione proposta dal farmacista, ove la dicitura di non sostituibilità non sia presente, la differenza fra il prezzo più basso (di riferimento) e il prezzo del medicina-le prescritto è a carico del paziente, con l’eccezione degli invalidi di guerra titolari di pensioni vitalizie.

9. È POSSIBILE CHE CI SIANO VARIAZIONI NELLA GESTIONE LOCALE DEI MEDICINALI EQUIVALENTI RISPETTO A QUANTO PREVISTO DALLE INDICAZIONI NAZIONALI?In base all’art. 7, comma 4, della Legge n. 405 del 16 novembre 2001, a decorrere dal 1° dicembre 2001 i medi-cinali non coperti da brevetto aventi uguale composizione quali-quantitativa in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal SSN fino alla concorrenza del prezzo più basso (di riferimento) del corri-spondente medicinale equivalente disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione.

La lista di trasparenza predisposta dall’AIFA ha il significato di orientamento a livello nazionale, ma sono poi le regioni e le province autonome, mediante apposite direttive, a definire la presenza o meno di determinati medicinali nel ciclo distributivo locale, compilando ciascuna una propria lista di trasparenza.

10. COME POSSONO ESSERE IMPIEGATE LE RISORSE RISPARMIATE DAL SSN DALLA VENDITA DEI MEDICINALI EQUIVALENTI?Far pendere la bilancia verso la maggior vendita di medicinali equivalenti rispetto agli originatori potrebbe dare la possibilità di liberare risorse economiche da investire in altri settori riguardanti la sanità. Risparmiare utilizzando medicinali equivalenti permette, ad esempio, di riallocare le risorse pubbliche nell’ampliamento dell’uso di medicinali innovativi.

11. È VERO CHE L’EQUIVALENTE PUÒ CONTENERE IL 20% DI PRINCIPIO ATTIVO IN MENO RISPETTO ALL’ORIGINATORE?No. Questa assunzione deriva probabilmente dall’erronea interpretazione del concetto di bioequivalenza. In base al disposto dell’art. 3, comma 130, della Legge n. 549 del 28 dicembre 1995 (come sostituito dall’art. 1, comma 3, del Decreto Legge n. 323 del 20 giugno 1996, convertito nella Legge n. 435 dell’8 agosto 1996),

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per essere considerato tale un medicinale bioequivalente deve riferirsi a un medicinale già autorizzato con la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. Inoltre, considerando la qualità, tutti i medicinali (anche gli equivalenti) possono essere auto-rizzati solo se il contenuto di principio attivo è compreso nell’intervallo 95-105% del quantitativo nominale indicato sulla confezione.

Le Good Manufacturing Practices (Pratiche di Buona Fabbricazione) stabiliscono infatti che il contenuto di principio attivo in un medicinale, rispetto al dichiarato, può oscillare da un minimo del 95% a un massimo del 105%: ciò vuol dire che il lotto viene respinto e non può essere commercializzato se durante i controlli analitici obbligatori, che precedono la distribuzione del medicinale sul mercato, si riscontra un contenuto di principio attivo inferiore al 95% o superiore al 105% rispetto a quello stabilito. Quanto sopra è applicabile a tutti i me-dicinali, indipendentemente che si tratti di medicinali equivalenti o dei rispettivi originatori.

Per avere un quadro più chiaro di cosa si intende con il concetto di ±20%, fare riferimento alla FAQ n. 17.

12. QUALI MEDICINALI POSSONO ESSERE EQUIVALENTI? ANCHE QUELLI PER PATOLOGIE “IMPORTANTI”?Tutti gli originatori possono avere medicinali equivalenti, sia quelli di libera vendita sia quelli dispensati dal farmacista, attraverso ricetta del SSN o meno. Infatti, qualsiasi medicinale con brevetto scaduto può essere riferimento del medicinale generico, indipendentemente dall’area terapeutica di appartenenza, a patto che vengano garantite qualità, sicurezza ed efficacia. Esistono medicinali equivalenti per il trattamento di malat-tie importanti, come quelle cardiovascolari e oncologiche: nel caso in cui si tratti di medicinali senza obbligo di prescrizione, è possibile chiedere al farmacista qual è il medicinale equivalente corrispondente.

I medicinali equivalenti sono rimborsati dal SSN alle stesse condizioni con cui sono rimborsati i medicinali originatori.

13. QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CHE ACCOMUNANO UN MEDICINALE EQUIVALENTE E IL SUO ORIGINATORE? QUALI LE DIFFERENZE?Alla scadenza della protezione brevettuale di un medicinale originatore, qualsiasi azienda farmaceutica ha la possibilità di commercializzare un prodotto terapeuticamente equivalente. In parole semplici, significa che il principio attivo può essere formulato con eccipienti che garantiscano un’azione terapeutica equivalente nell’organismo, una volta assunto il medicinale (FAQ n. 15).

Come già riportato (FAQ n. 1), il medicinale equivalente deve possedere la stessa composizione quali-quanti-tativa in principi attivi, la stessa forma farmaceutica e le stesse indicazioni terapeutiche. Inoltre, il confezio-namento deve garantire la vendita in un’unica soluzione dello stesso numero di dosi fornite per l’originatore. Le due tipologie di medicinale hanno denominazioni differenti (FAQ n. 1), ma è garantito che l’equivalente sia riconducibile all’originatore tramite confronto del nome del principio attivo e del suo dosaggio – entrambe le tipologie contengono all’interno della confezione il foglietto illustrativo.

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11EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

Il confezionamento, conforme a quanto previsto dalle normative, può assumere colori e forme differenti ri-spetto all’originatore.

Il confezionamento esterno viene disegnato su precise indicazioni commerciali dell’azienda produttrice. Quindi può risultare che i confezionamenti di medicinali equivalenti di diverse aziende abbiano colorazioni differenti, oppure che somiglino a quelli di altri medicinali in commercio. Pertanto la sostituzione frequente tra medicinali equivalenti di differenti produttori, aventi conseguentemente differenti packaging, potrebbe risultare particolarmente critica per pazienti anziani, inficiando il processo di logica associazione visiva tra scatoletta e medicinale da assumere a quella determinata ora.

14. COME IMPATTANO GLI ECCIPIENTI SULL’EFFICACIA DI UN PRINCIPIO ATTIVO, E COSA HANNO A CHE FARE CON I MEDICINALI EQUIVALENTI?I medicinali equivalenti non sempre contengono gli stessi eccipienti, e spesso non sono formulati con lo stes-so processo e la medesima tecnologia. Tuttavia, è necessario che l’azienda dimostri la bioequivalenza con l’o-riginatore.

Gli eccipienti sono sostanze inerti prive di proprietà terapeutiche, indispensabili nel processo di produzione della forma farmaceutica e nella somministrazione del principio attivo: per tali funzioni di “supporto” gli ecci-pienti non possono essere considerati superflui.

Il principio attivo è presente nei medicinali equivalenti in una composizione quali-quantitativa identica a quel-la prevista per il medicinale di riferimento: ciò significa che è presente nello stesso dosaggio. Per esplicare la propria azione il principio attivo deve essere “liberato” dalla forma farmaceutica (ad es., compressa, capsula o gocce) in modo tale da raggiungere concentrazioni nel sangue sufficientemente elevate per essere assorbito dall’organismo e svolgere la funzione terapeutica. Quindi, ciò che risulta importante durante una terapia è che la concentrazione del principio attivo nel sangue (concentrazione ematica) raggiunga un livello idoneo a svol-gere l’attività terapeutica.

Esistono diverse tipologie di eccipienti che svolgono differenti funzioni fondamentali per la produzione, ma anche per il rilascio del principio attivo dalla forma farmaceutica una volta che questa è stata assunta. Ad esempio, è proprio grazie agli eccipienti che alcune compresse o capsule vengono dette “gastroresistenti”, ovvero che non vengono alterate dal pH molto acido dello stomaco. La scienza che studia come un principio attivo sia messo a disposizione dell’organismo, una volta assunto il medicinale, si chiama biofarmaceutica.

La normativa prevede che un medicinale equivalente possa contenere eccipienti diversi da quelli riportati nella formulazione del medicinale di riferimento. Nonostante il prodotto di riferimento e il medicinale equiva-lente abbiano lo stesso principio attivo nelle medesime quantità, è importante verificare che la “prestazione” del medicinale sia identica. La biofarmaceutica si occupa di verificare tali aspetti attraverso gli studi clinici di bioequivalenza. È importante non confondere ciò con la qualità e la sicurezza del medicinale equivalente, che vengono dimostrate in sede di registrazione dell’AIC. Una volta conclusi gli studi clinici di bioequivalenza, è possibile assumere l’equivalenza terapeutica tra i due prodotti e affermare che abbiano la stessa efficacia.

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15. QUALI STANDARD DEVONO RAGGIUNGERE I MEDICINALI EQUIVALENTI?I medicinali equivalenti devono soddisfare gli stessi standard previsti per i rispettivi originatori. Hanno il van-taggio di avere un prezzo inferiore poiché possono contare su studi eseguiti in precedenza sugli originatori, che possono essere utilizzati anche per l’immissione in commercio dell’equivalente. I requisiti necessari e in-dispensabili affinché un medicinale equivalente ottenga l’AIC sono quindi i seguenti, e si rifanno ai concetti di qualità, sicurezza ed efficacia:

○ deve esistere un medicinale originatore di riferimento già approvato;

il titolare dell’AIC dell’equivalente deve poi:

○ dimostrare che il medicinale è bioequivalente al medicinale di riferimento; ○ documentare dettagliatamente la chimica, il processo di produzione e le misure adottate relativamente

al controllo di qualità, seguendo le indicazioni della normativa e delle linee guida per i principi attivi di uso consolidato;

○ assicurare che le materie prime e il prodotto finito soddisfino le specifiche di qualità richieste per materie prime di grado farmaceutico;

○ dimostrare che il medicinale equivalente abbia un profilo di impurezze sovrapponibile a quello del medici-nale di riferimento e che quindi non siano necessari nuovi studi di sicurezza;

○ dimostrare che il medicinale mantenga le caratteristiche di stabilità per il periodo di validità indicato in etichetta;

○ dimostrare che il contenitore e il sistema di chiusura non interagiscano con il medicinale; per i medicinali sterili, presentare dati di sterilità che dimostrino l’integrità microbiologica dei prodotti;

○ fornire Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) e Foglietto Illustrativo del medicinale equiva-lente armonizzati a quelli del medicinale di riferimento.

16. COME VENGONO GARANTITE QUALITÀ, SICUREZZA ED EFFICACIA DI UN MEDICINALE EQUIVALENTE? QUALI DIFFERENZE CI SONO CON GLI ORIGINATORI?Qualità, sicurezza ed efficacia sono i tre prerequisiti che qualsiasi medicinale deve possedere per ottenere l’AIC, indipendentemente dal fatto che si tratti di un medicinale innovativo, un medicinale equivalente o il suo originatore.

Il prerequisito di qualità viene garantito attraverso la presentazione obbligatoria di un Dossier di Registra-zione da parte di ogni azienda farmaceutica che voglia immettere in commercio un medicinale. La qualità dei medicinali equivalenti viene verificata adottando gli stessi criteri utilizzati per il medicinale originatore. La verifica viene condotta inizialmente attraverso l’ispezione alle officine di produzione dei principi attivi e del medicinale finito per valutarne la conformità alle Good Manufacturing Practice (Decreto Legge n. 219 del 24 aprile 2006). La seconda verifica avviene attraverso l’attenta analisi della documentazione del Dossier di Registrazione, che si compone di tre sezioni specificamente dedicate a qualità, sicurezza ed efficacia, che vengono valutate, in base al tipo di procedura, attraverso un iter che per l’Europa è rappresentato dalla valuta-zione da parte della Commissione Tecnico-Scientifica (CTS) dell’AIFA o dal Committee for Medicinal Products

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13EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

for Human Use (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). Solo a seguito della verifica di conformità alla norma dei tre requisiti può essere concessa l’AIC.

Nel caso dei medicinali originatori, gli studi di sicurezza ed efficacia vengono presentati ex novo dall’azienda, mentre per gli equivalenti il Dossier di Registrazione viene strutturato avvalendosi dei dati di sicurezza ed ef-ficacia già valutati dall’autorità competente in occasione della registrazione del medicinale di riferimento. Nel secondo caso i dati sono arricchiti anche di tutte le informazioni di effetti avversi, interazioni con altri medici-nali o mancata efficacia, raccolti nel periodo di circa 10 anni di protezione da brevetto dei dati del medicinale di riferimento, grazie alle segnalazioni di farmacovigilanza valutati da AIFA ed EMA (FAQ n. 29).

Qualora sia possibile dimostrare che il medicinale è un equivalente di un medicinale di riferimento autorizzato da almeno 8 anni in Italia o nella Comunità Europea, secondo la procedura semplificata per la registrazione di un medicinale equivalente è possibile non presentare i risultati delle sperimentazioni cliniche. Per quanto riguarda l’efficacia, infatti, la documentazione è costituita da uno studio di bioequivalenza (FAQ n. 18 e 19). Gli studi non clinici attestanti la sicurezza di un prodotto generico non sono necessari in quanto la documentazio-ne sulla sicurezza del principio attivo è già nota.

17. COSA VUOL DIRE BIOEQUIVALENZA?La dimostrazione di bioequivalenza al medicinale di riferimento è fondamentale nel processo di autorizzazio-ne di un medicinale equivalente, poiché la presenza di uno stesso principio attivo con un’uguale dose in due prodotti con uguale via di somministrazione non significa che i medicinali in questione abbiano lo stesso ef-fetto terapeutico e tossicologico. Eccipienti diversi e tecniche di fabbricazione diverse possono determinare una diversa biodisponibilità per quanto riguarda i medicinali con attività sistemica (ad es., forme farmaceuti-che per via orale).

Le linee guida europee CPMP/EWP/QWP/1401/98 Rev.1/Corr, inerenti l’Investigazione sulla Bioequivalenza, forniscono una definizione di bioequivalenza, affermando che due medicinali possono intendersi bioequiva-lenti se la loro biodisponibilità dopo somministrazione di una stessa dose, ovvero la quantità e la velocità con cui un principio attivo una volta rilasciato dal prodotto è disponibile nel sangue, è così simile da far sì che il loro effetto sia, per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza, lo stesso. Più nel dettaglio, due preparati sono definiti bioequivalenti quando il loro comportamento farmacocinetico è equivalente, ovvero non significativamen-te diverso. Attraverso gli studi di bioequivalenza è possibile confrontare due prodotti in termini di quantità di principio attivo che arriva alla circolazione sanguigna dopo somministrazione del medicinale (AUC), in re-lazione alla velocità con cui questo processo avviene (Cmax/ tmax). Questi parametri descrivono il concetto di biodisponibilità. In sintesi, considerato che il comportamento farmacocinetico di un medicinale si esprime a livello clinico come efficacia e tollerabilità del medicinale stesso, la valutazione della bioequivalenza tra due medicinali è un metodo per dimostrare l’equivalenza terapeutica tra due formulazioni (Decreto Legge n. 87 del 27 maggio 2005).

Attraverso i parametri che descrivono la biodisponibilità, due medicinali sono bioequivalenti se il risultato del rapporto tra i singoli valori sperimentali di AUC o Cmax dei due medicinali, tenendo conto dell’interval-lo di confidenza (al 90%), rimane all’interno di un intervallo predefinito. L’intervallo di confidenza è un concetto impiegato nel calcolo delle probabilità e si applica in medicina e biologia, ambiti nei quali per definizione è impossibile una replica puntuale dei risultati. Per esempio, l’indicazione IC90 (intervallo di confidenza al 90%) significa che, qualora l’esperimento fosse ripetuto per 100 volte, il 90% dei risultati

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di queste repliche ricadrebbe in un intervallo ben definito. Se i due medicinali a confronto fossero per-fettamente equivalenti (equivalenza impossibile in biologia) il risultato teorico di tale rapporto sarebbe uno. Rispetto al valore teorico uno, il risultato sperimentale del rapporto tra i singoli valori sperimentali di AUC o Cmax dei due medicinali ± l’intervallo di confidenza (90%) deve restare all’interno di un intervallo compreso tra 0,80 e 1,25 (chiamando il risultato teorico del rapporto cento invece che uno, il valore 0,80 diventa 80 e 1,25 diventa 125).

La scelta di metodologie probabilistiche è il metodo scientifico migliore che abbiamo a disposizione per in-terpretare i risultati delle ricerche cliniche. Nel caso dello studio di bioequivalenza, la scelta di definire un intervallo entro il quale deve rimanere il valore del rapporto dei parametri Cmax e AUC (± l’intervallo di confi-denza) è motivata dal fatto che i fenomeni biologici sono variabili e due unità posologiche sia pure dello stesso medicinale, equivalente o non, somministrate a due differenti soggetti o in diversi momenti forniscono curve plasmatiche differenti.

I procedimenti statistici utilizzati sono comuni a tutte le agenzie regolatorie internazionali e tale intervallo non è arbitrario, ma è stato stabilito convenzionalmente a livello internazionale e ritenuto idoneo tenendo conto delle oscillazioni della variabilità intra- ed inter-persona.

In sintesi, il concetto di medicinale equivalente si basa sull’assunto che, in uno stesso soggetto, la variabilità dell’andamento temporale della concentrazione plasmatica di principio attivo non superi un certo intervallo di variabilità ritenuta compatibile con l’equivalenza terapeutica; questo comporta un’equivalente concentrazio-ne di sostanza attiva nel sito di azione e, pertanto, un effetto terapeutico equivalente.

18. COME VENGONO EFFETTUATI GLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA?Come in precedenza descritto, data la lunga commercializzazione di un principio attivo in medicinali coperti da brevetto, una volta che esso viene impiegato per la formulazione di un medicinale equivalente è possibile evitare la ripetizione delle prove pre-cliniche e cliniche.

Le prove pre-cliniche, ovvero studi atti a valutare la sicurezza e l’efficacia dei medicinali prima che vengano somministrati all’uomo, come è noto, comportano inevitabilmente il sacrificio di numerosi animali. Proprio per questo la normativa farmaceutica della Comunità Europea, ma anche quella della maggior parte dei Paesi del mondo, ha ritenuto non etica la ripetizione delle prove pre-cliniche già effettuate su una stessa sostanza ai fini registrativi, se già nota da anni. Un’azienda farmaceutica non è tenuta a fornire i risultati delle prove pre-cliniche se può dimostrare che il medicinale è un equivalente di un medicinale di riferimento autorizzato. Nel caso dei medicinali equivalenti non si tratta infatti di un principio attivo nuovo, ma di una sostanza ben co-nosciuta, il cui uso clinico è risultato consolidato da numerosi anni di commercializzazione. Per questo motivo, l’impiego clinico di un equivalente non è quasi mai associato all’insorgenza di reazioni avverse sconosciute, ma tende a riprodurre lo stesso profilo di sicurezza del medicinale originale, e sarebbe superfluo ripetere anche tutte quelle che sono definite prove cliniche sull’uomo prima dell’autorizzazione alla commercializzazione, tra l’altro molto costose.

Quando si assume un medicinale per via orale, ad esempio, una compressa o una capsula una volta deglutita va incontro a processi di disgregazione e dissoluzione a livello gastrico per poi essere assorbita a livello ga-strointestinale e andare spesso incontro a una serie di trasformazioni (metabolismo) prima di distribuirsi nel

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15EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

sangue e raggiungere il sito dove eserciterà l’azione terapeutica. Questo processo avviene in un arco di tempo che va da pochi minuti a numerose ore, in funzione di una serie complessa di fattori come le caratteristiche chi-mico-fisiche del principio attivo, la sua dimensione particellare, la forma farmaceutica, la modalità di rilascio del principio attivo dalla formulazione (immediato o modificato), come anche le diverse caratteristiche di un soggetto e le modalità di somministrazione.

Per l’autorizzazione alla commercializzazione di un medicinale equivalente è quindi necessario assicurare l’equivalenza terapeutica, che può essere dimostrata tramite degli studi di bioequivalenza. Uno studio di bio-equivalenza consiste nel somministrare a un numero statisticamente adeguato di volontari sani una dose singola di due medicinali: il medicinale di riferimento (medicinale originatore di riferimento R) e un medici-nale di uguale composizione, forma e dosaggio, detto medicinale test (il medicinale presunto equivalente T). Per la conduzione dello studio clinico di bioequivalenza non esiste un numero precostituito di volontari da arruolare. Secondo le linee guida, il numero minimo di volontari accettabile per uno studio di bioequivalenza è 12, ma la dimensione del campione sperimentale (numero di volontari arruolati) deve in ogni caso essere calcolata e giustificata statisticamente per favorire una corretta interpretazione e trasferibilità dei risul-tati. In genere i volontari arruolati devono avere un’età compresa tra 18 e 55 anni e devono soddisfare una serie di criteri di inclusione ed esclusione (ad es., sesso, peso, altezza, indice di massa corporea, non fumatori ecc.). Inoltre, lo studio deve essere condotto in cieco, vale a dire che né i volontari arruolati né l’operatore sa-nitario addetto alla somministrazione sanno quale dei due medicinali viene somministrato, se il medicinale di riferimento o l’equivalente. Subito prima della somministrazione viene prelevato un campione di sangue per confermare l’assenza di qualsiasi traccia di medicinale. I due medicinali sono somministrati al soggetto arruolato in due momenti intervallati tra loro da un periodo di wash-out che consenta la completa elimina-zione del principio attivo assunto dai volontari. Dopo la somministrazione dei medicinali, ogni volontario è sottoposto a prelievi di sangue seriali, sui quali verrà ricercata e quantificata la molecola del principio attivo. I tempi di prelievo vengono stabiliti sulla base del comportamento farmacocinetico del medicinale di riferi-mento, in particolare il valore di t1/2, e possono durare da un minimo di 24 ore fino a un massimo di “n” ore per consentire di descrivere il comportamento farmacocinetico dei medicinali in studio. La medesima procedura viene esattamente applicata sia quando viene somministrato l’originatore che quando viene somministrato il medicinale generico.

Il principio attivo viene rilevato mediante strumenti analitici molto sofisticati e precisi, anche questa volta in cieco. Si procede quindi alla determinazione:

○ della concentrazione massima del principio attivo nel sangue (Cmax); ○ del tempo impiegato dal principio attivo a raggiungere la Cmax (Tmax).

Questi due parametri sono ricavati dall’equazione della curva che descrive il comportamento farmacocinetico dei medicinali in studio. L’integrale dell’equazione della curva di farmacocinetica fornisce il terzo parametro chiamato Area sotto la Curva (AUC).

La valutazione della bioequivalenza si effettua con analisi statistiche di confronto (test statistici descritti nelle linee guida, ad es., analisi della varianza) sui valori singoli di Cmax, Tmax e AUC dei medicinali oggetto del-lo studio e soprattutto attraverso la valutazione del rapporto tra i singoli valori sperimentali (T/R) di AUC o Cmax dei due medicinali ± l’intervallo di confidenza (90%) per verificare che tale valore sia compreso all’in-terno di un intervallo pre-definito. Per ulteriori dettagli sui risultati statistici fare riferimento alla FAQ n. 17.

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19. CI SONO ECCEZIONI SULLO SVOLGIMENTO DEGLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA SULLA BASE DELLA FORMA FARMACEUTICA?Le linee guida europee CPMP/EWP/QWP/1401/98 Rev.1/Corr, inerenti l’Investigazione sulla Bioequivalenza, nell’Appendix II “Bioequivalence study requirements for different dosage forms”, riportano indicazioni relati-vamente ai dati richiesti per la valutazione della bioequivalenza per forme di dosaggio a rilascio immediato ad azione sistemica.

Considerando i medicinali che sono stati formulati senza modificare la modalità con cui il principio attivo vie-ne rilasciato, in alcuni casi gli studi di bioequivalenza non sono richiesti perché non sono ritenuti necessari.

COMPRESSE ORODISPERSIBILIUna compressa orodispersibile è formulata per disperdersi rapidamente in bocca. Rispetto a forme solide ora-li a rilascio immediato, ci può essere una diversa influenza sulla biodisponibilità del principio attivo a seconda delle sue caratteristiche. Nel caso di principi attivi in grado di essere assorbiti a livello della cavità buccale, eso-fago, fattori come il posizionamento della compressa nella bocca, il tempo di contatto o quello di disaggrega-zione possono influenzare significativamente la biodisponibilità. Non tutti i principi attivi possiedono però le caratteristiche chimico-fisiche per poter essere assorbiti a livello buccale. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’assorbimento avviene nel tratto gastrointestinale. In questi casi, il rilascio del principio attivo è completo al sito di assorbimento sia per forme farmaceutiche orodispersibili che per quelle solide orali a rilascio immediato.

Se la sostanza attiva è assorbita nella cavità orale, la bioequivalenza deve essere sempre valutata in studi sull’uomo. In caso contrario, può essere dimostrata anche attraverso appositi studi in vitro, chiamati biowai-ver, volti a verificare l’equivalenza delle proprietà biofarmaceutiche (ad es., profilo di dissoluzione) dei due prodotti in esame.

Altre formulazioni orali come film orodispersibili, compresse sublinguali e compresse masticabili possono essere trattate analogamente. Studi di bioequivalenza dovrebbero essere condotti in base all’uso raccoman-dato del prodotto.

Un discorso analogo può essere fatto nel caso in cui la forma farmaceutica venga o possa essere assunta o meno con acqua. Studi differenti possono essere richiesti anche nel caso in cui il prodotto sia un’evoluzione di un medicinale a rilascio immediato tradizionale, preventivamente autorizzato.

SOLUZIONI ORALISe il prodotto test è una soluzione acquosa orale al momento della somministrazione e contiene un principio atti-vo alla stessa concentrazione della soluzione orale approvata, gli studi di bioequivalenza possono essere evitati.

Tuttavia, se gli eccipienti influiscono sul transito gastrointestinale (ad es., sorbitolo, mannitolo), sull’assorbi-mento (ad es., tensioattivi o eccipienti che possono influenzare le proteine di trasporto), sulla solubilità o sulla stabilità in vivo del principio attivo deve essere condotto uno studio di bioequivalenza.

Forme a rilascio immediato ad azione sistemica diverse da quelle oraliPer quel che riguarda forme di dosaggio a rilascio immediato per uso non orale ad azione sistemica (ad es., formulazioni rettali), gli studi di bioequivalenza devono essere effettuati. Come avviene per le soluzioni orali,

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nel caso di una soluzione che contiene una sostanza attiva nella stessa concentrazione della soluzione appro-vata e ha la stessa composizione quali-quantitativa in eccipienti, gli studi di bioequivalenza sull’uomo possono essere sostitutiti da studi in vitro chiamati biowaiver.

SOLUZIONI PARENTERALIStudi di bioequivalenza non sono generalmente necessari se il prodotto test deve essere somministrato per via endovenosa come una soluzione acquosa contenente la stessa sostanza attiva del prodotto approvato.

Tuttavia, se eventuali eccipienti interagiscono con o influenzano la disponibilità del principio attivo, uno stu-dio di bioequivalenza è richiesto. Eccezione è fatta se entrambi i prodotti contengono gli stessi eccipienti in quantità molto simili e se può essere adeguatamente dimostrato che qualsiasi differenza nella loro quantità non influenza la farmacocinetica del principio attivo.

Nel caso di altre vie parenterali, ad esempio intramuscolare o sottocutanea, e quando il prodotto test è del-lo stesso tipo di soluzione (acquosa o oleosa) e contiene la stessa concentrazione della medesima sostanza attiva e gli stessi eccipienti in quantità simili a quelle del medicinale attualmente approvato, gli studi di bio-equivalenza non sono richiesti. Inoltre, uno studio di bioequivalenza non è richiesto per una soluzione acquosa parenterale con eccipienti comparabili in quantità simili, se può essere dimostrato che gli eccipienti non han-no alcun impatto sulla viscosità.

Forme a rilascio modificato con azione sistemicaConsiderando forme farmaceutiche a rilascio modificato con azione sistemica vi è una distinzione sulla base della forma farmaceutica stessa:

○ forme orali e transdermiche: gli studi di bioequivalenza sono richiesti in accordo con quanto previsto dalle linee guida europee Modified Release Oral and Transdermal Dosage Forms: Section II (Pharmacokinetic and Clinical Evaluation) (CPMP/EWP/280/96). L’autorizzazione di questi prodotti prevede un iter ibrido, che con-sente l’autorizzazione del medicinale copia a seguito di studi clinici che dimostrino l’equivalenza terapeutica;

○ forme intramuscolari e sottocutanee: per sospensioni, complessi o qualsiasi tipo di matrice destinata a ritardare o prolungare il rilascio del principio attivo per somministrazione intramuscolo o sottocuta-nea, la dimostrazione di bioequivalenza segue le regole per le formulazioni a rilascio modificato per uso extra-vascolare.

PRODOTTI AD AZIONE LOCALEPer i prodotti che agiscono nel sito di applicazione (somministrazione orale, nasale, polmonare, oculare, cuta-nea, rettale, vaginale), le raccomandazioni sugli studi di bioequivalenza possono essere trovate in linee guida dedicate (CPMP/EWP/4151/00 rev 1, CPMP/EWP/ 239/95).

La mancata necessità di fornire i dati di equivalenza può essere accettabile nel caso di soluzioni, ad esempio colliri, spray nasali o soluzioni cutanee, se il prodotto test è una soluzione dello stesso tipo (acquosa o oleosa) e contiene la stessa concentrazione dello stesso principio attivo del medicinale attualmente approvato. Piccole differenze nella composizione in eccipienti possono essere accettabili se le proprietà farmaceutiche relative al prodotto test e di riferimento sono identiche o sostanzialmente simili. Eventuali differenze quali-quantitative degli eccipienti devono essere giustificate rispetto alla loro influenza sull’equivalenza terapeutica. Anche il me-todo di somministrazione deve essere lo stesso del medicinale attualmente approvato, salvo giustificazioni.

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Ogni volta che si verifica un’esposizione sistemica, derivante da un’applicazione locale, tale da comportare un ri-schio di reazioni avverse sistemiche, dovrebbe essere valutata l’esposizione sistemica. Deve essere dimostrato che l’esposizione sistemica non è superiore per il prodotto da testare rispetto al prodotto di riferimento.

GASSe il prodotto è un gas per inalazione, gli studi di bioequivalenza non sono richiesti.

20. I MEDICINALI CHE DEVONO ESSERE SCIOLTI IN ACQUA POSSONO ESSERE DIVERSI?In linea generale va tenuto presente che ciò che può influenzare l’assorbimento finale del principio attivo è l’eventuale assunzione del principio attivo non completamente disciolto. Sebbene alcuni generici abbiano una velocità di passaggio in soluzione diversa, questo non modifica la biodisponibilità del prodotto una volta as-sunto in soluzione.

21. PERCHÉ GLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA VENGONO ESEGUITI SU VOLONTARI SANI?Gli studi di bioequivalenza vengono effettuati su selezionati soggetti sani per fare in modo che nello studio clinico non vengano introdotti ulteriori variabili (la patologia) che non forniscono e non fornirebbero alcuna informazione utile agli scopi dello studio.

Per motivi etici, solo per i medicinali molto tossici, come ad esempio gli anti-tumorali, vengono arruolati pazienti.

22. CHI VERIFICA L’AFFIDABILITÀ DEGLI STUDI DI BIOEQUIVALENZA?La verifica dell’affidabilità degli studi di bioequivalenza è appannaggio delle autorità regolatorie dei vari Paesi.

L’Ufficio Valutazione e Autorizzazione dell’AIFA prevede diverse fasi:

○ fase istruttoria in cui il valutatore verifica la conformità dello studio di bioequivalenza alle linee guida di ri-ferimento, controlla che i risultati e la documentazione non presentino incongruenze, tenendo conto delle caratteristiche biofarmaceutiche del medicinale oggetto dello studio e del suo indice terapeutico;

○ la seconda fase prevede che, in caso di dubbi sulla qualità dello studio, il valutatore coinvolga gli ispettori dell’Ufficio Attività Ispettive GCP e di Farmacovigilanza dell’AIFA, che possono fornire un contributo com-plementare rispetto a quello del valutatore stesso. Viene verificato se sono già state svolte ispezioni da altre autorità europee, può essere richiesta ulteriore documentazione e infine si valuta se un’ispezione possa risolvere i dubbi. In caso di risposta affermativa si procede all’ispezione.

23. I DATI RELATIVI AGLI STUDI SONO MESSI A DISPOSIZIONE?Le informazioni che scaturiscono dagli studi di bioequivalenza non sono direttamente accessibili, tuttavia è possibile accedere ad alcune informazioni relative a un medicinale (se registrato da EMA) attraverso il Rap-porto Pubblico di Valutazione Europea, o EPAR (European Public Assessment Report).

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19EQUIVALENTI | LE DOMANDE PIÙ FREQUENTI

L’EPAR è un rapporto pubblicato dall’EMA che rispecchia le conclusioni ed esplicita i motivi della valutazione favorevole alla concessione dell’AIC, evidenziando i punti principali della discussione scientifica. Ogni EPAR è costituito da otto documenti: sommario, presentazione delle confezioni autorizzate, foglio illustrativo, rias-sunto delle caratteristiche del prodotto, etichettatura, discussione scientifica, fasi seguite nella valutazione, misure adottate dopo l’autorizzazione. Di tali documenti sono degni di nota il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e il Foglio Illustrativo, destinati rispettivamente agli operatori sanitari e ai cittadini. Si ricorda che per tutti i medicinali autorizzati al commercio in Italia è possibile reperire sia il Riassunto delle Caratte-ristiche del Prodotto sia il Foglietto illustrativo sulla Banca Dati Farmaci dell’AIFA disponibile online al sito: https://farmaci.agenziafarmaco.gov. it/bancadatifarmaci/.

24. PERCHÉ NON SI PUÒ RESTRINGERE IL LIMITE DI VARIABILITÀ PER I CRITERI DI BIOEQUIVALENZA?L’intervallo 0,80-1,25 deriva da una convenzione stabilita tra clinici a livello internazionale, secondo cui se il rapporto T/R tra i due parametri in questione (Cmax e AUC) +/- l’IC (90%) è compreso nell’intervallo indicato so-pra non si osservano differenze per quanto riguarda l’efficacia terapeutica e la tollerabilità dei due medicinali confrontati (vedi FAQ n. 17). Restringendo tale intervallo si rischierebbe di focalizzare l’attenzione non sulla valutazione di bioequivalenza tra due medicinali, ma sulle comuni variabilità inter- e intra-persona.

Infatti è risaputo che la biodisponibilità di un determinato principio attivo contenuto in un medicinale può variare anche in uno stesso soggetto qualora la somministrazione avvenga ad esempio in momenti diversi; non è quindi solo la variabilità tra due soggetti diversi che può verificarsi. Tale variabilità potrebbe diven-tare significativa nel caso di medicinali con basso indice terapeutico. L’indice terapeutico è un parametro farmacologico che attesta la sicurezza di un principio attivo. È definito come il rapporto tra la dose letale e la dose efficace.

Per alcuni medicinali aventi indice terapeutico modesto, l’intervallo convenzionale di bioequivalenza potreb-be essere troppo ampio e quindi inadeguato a garantire con sufficiente affidabilità che due prodotti bioequi-valenti siano anche terapeuticamente equivalenti. Per questa ragione le linee guida prevedono un intervallo di accettabilità più ristretto (90-111%).

25. PERCHÉ SI DICE CHE PER ALCUNI SOGGETTI UN DATO MEDICINALE EQUIVALENTE NON VA BENE?Bisogna premettere che l’assunzione di medicinali, siano essi originatori o equivalenti, è un processo inna-turale per il nostro organismo. Assumiamo farmaci per il trattamento di patologie più o meno invalidanti al fine di migliorare la nostra vita, tuttavia il nostro organismo li interpreta come sostanze estranee e tende a metabolizzarli, a volte inficiando la loro azione terapeutica. È quindi possibile che ciascun individuo reagisca in maniera differente rispetto a un altro o anche rispetto a una seconda assunzione.

Gli studi di bioequivalenza vengono effettuati su persone senza patologie, comprese in un’età media e con abitudini di vita sane, per fare in modo che i risultati ottenuti mettano in evidenza eventuali differenze tra i due medicinali esaminati. Si trattano poi i risultati statisticamente, assumendosi il rischio di affermare o no la bioequivalenza con un certo margine di errore. I test di bioequivalenza, così come vengono pianificati, consen-tono di stimare una “bioequivalenza media di popolazione”, e non una “bioequivalenza individuale”. I pazienti

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che utilizzano i medicinali possono avere altre malattie croniche, più o meno trattate o indagate, in grado di influenzare il metabolismo di un principio attivo o la sua azione.

Inoltre, è opportuno sottolineare come in molti casi i pazienti non seguano il piano terapeutico che viene loro assegnato oppure, ad esempio, assumano farmaci senza rispettare le indicazioni di digiuno. Spesso tali dina-miche possono inficiare l’effetto del medicinale, con il risultato che i pazienti esprimono la tipica considerazio-ne “non mi ha fatto niente” oppure “ mi ha fatto stare peggio”.

D’altra parte, in alcuni casi ci si trova di fronte a giustificate intolleranze, reazioni allergiche o incompatibilità con altri medicinali assunti, ma questo può avvenire indipendentemente dal fatto che il farmaco assunto sia un originatore o un equivalente.

In conclusione, di fronte al nuovo e all’incompreso, si tende erroneamente a incolpare il medicinale equivalen-te. Sicuramente, affidandosi al proprio medico e al proprio farmacista molti inconvenienti legati alle terapie farmacologiche possono essere evitati.

26. SE DUE MEDICINALI SONO BIOEQUIVALENTI ALL’ORIGINATORE LO SONO ANCHE TRA DI LORO?È possibile affermare che tutti i medicinali equivalenti ricadono in uno stesso insieme di probabilità di uguaglianza rispetto all’originatore. Negli Stati Uniti questo problema è stato affrontato con l’introdu-zione dell’Orange Book, un elenco pubblico dettagliato che promuove l’ingresso sul mercato e l’uso dei farmaci equivalenti, tutelando allo stesso tempo gli interessi delle aziende produttrici di farmaci coperti da brevetto e i pazienti.

Se si considera l’Orange Book americano (FAQ n. 27), è possibile identificare il medicinale di riferimento per la registrazione di un medicinale equivalente attraverso il codice RLD (Reference Listed Drug). Per una stessa tipologia di medicinale (con uguale dose, forma farmaceutica, numero di unità per confezione) possono esi-stere diversi RLD. In tal caso ognuno di questi rappresenterà il capostipite di una famiglia di medicinali sosti-tuibili tra di loro e con l’RLD di quella famiglia, poiché tutti avranno dimostrato di essere bioequivalenti all’RLD di quella famiglia di prodotti. Medicinali facenti capo a diverse famiglie, e quindi correlati a RLD diversi, non sono sostituibili tra di loro.

In Europa l’approccio è quello di mettere a confronto ciascun medicinale supposto equivalente con l’origina-tore di riferimento. In alcuni casi è riconosciuta anche la bioequivalenza tra medicinali in forma farmaceutica diversa, purché sia dimostrato ad esempio che le caratteristiche chimico-fisiche del prodotto garantiscano una stessa modalità di liberazione del principio attivo dalla forma farmaceutica.

27. COS’È L’ORANGE BOOK, E QUAL È IL CORRISPETTIVO ITALIANO?L’Orange Book, o anche Approved Drug Products with Therapeutic Equivalence Evaluations, è una pubbli-cazione ufficiale della FDA (Food and Drug Administration) americana in cui i prodotti medicinali approvati negli USA sono elencati e identificati sulla base di sicurezza ed efficacia. All’interno di esso sono incluse le valutazioni di equivalenza terapeutica per gli Approved Multisource Products, ovvero gli equivalenti. L’Orange Book classifica i medicinali raggruppandoli in modo univoco rispetto alle loro caratteristiche farmaceutiche

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e biofarmaceutiche, permettendo una rapida identificazione di prodotti sostituibili tra loro. Oltre a questo, riporta importanti informazioni quali principio attivo, eccipienti e nome della ditta produttrice. L’Orange Book è aggiornato mensilmente ed è disponibile on line sul sito della FDA.

Poiché non è sempre semplice individuare il medicinale equivalente, data l’esistenza di diverse marche, uno strumento di consultazione simile sarebbe utile anche in Italia. Tuttavia, il modello americano non è ancora decollato anche nel nostro Paese.

In Italia esistono le Liste di Trasparenza, ossia l’elenco dei medicinali copia, di cui è accertata l’equivalenza con un originatore dalla Commissione Tecnico-Scientifica (CTS), disponibili nel circuito distributivo del territorio italiano (art. 7 del Decreto Legge n. 347 del 18 settembre 2001). Anche le Liste di Trasparenza vengono aggior-nate mensilmente e sono disponibili sul sito dell’AIFA. I medicinali sono raggruppati per principio attivo o per nome commerciale, e le ASL sono tenute a divulgarle a tutti i medici del proprio ambito territoriale. L’elenco contiene quei medicinali che, rispetto al medicinale di riferimento, presentano uguale composizione in princi-pi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali. Per ogni categoria omogenea di medicinali presente nelle Liste di Trasparenza viene stabilito un prezzo massimo di riferimento, che rappresenta anche il limite di rimborso per quella categoria di medici-nali, tra cui anche quelli non coperti da brevetto, da parte del SSN.

L’utilità delle Liste di Trasparenza, come anche indicato dal loro nome, risiede nella possibilità per il paziente di consultare liberamente gli elenchi dei medicinali equivalenti e i loro corrispondenti originatori e di confron-tarne i prezzi e i margini di rimborsabilità o risparmio. Per approfondire qual è l’utilizzo pratico delle Liste di Trasparenza riguardo la sostituibilità e il prezzo dei medicinali equivalenti fare riferimento alla FAQ n. 7.

28. QUALI CONTROLLI VENGONO ESEGUITI SUI MEDICINALI EQUIVALENTI DOPO CHE SONO ENTRATI IN COMMERCIO?Gli equivalenti sono sottoposti agli stessi controlli cosiddetti “post-marketing” svolti su tutti i medicinali. Il moni-toraggio a seguito dell’immissione in commercio prevede un controllo a livello sia nazionale sia europeo. I controlli vengono effettuati sia a seguito di segnalazioni di potenziali difetti, sia tramite il Programma di Controllo Annuale definito dall’AIFA, sentito il parere della CTS. I prodotti equivalenti vengono sottoposti a programmi di farmaco-sorveglianza pianificati e attuati dalle Autorità Regolatorie come avviene per gli originatori. Nello specifico, si tratta di eseguire controlli analitici, presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), su medicinali preleva-ti dai NAS a campione tra quelli venduti in farmacia, al fine di verificare la conformità dei parametri farmacologici e di qualità, sicurezza ed efficacia farmaceutica riportati nel dossier di registrazione depositato in AIFA.

29. COS’ È LA FARMACOVIGILANZA?Dopo l’autorizzazione all’immissione in commercio, un medicinale entra nel periodo di effettiva commercializ-zazione e utilizzazione clinica (fase post-marketing). Durante tale periodo la qualità e il profilo farmacologico e di equivalenza terapeutica del prodotto equivalente dovrebbero mantenersi costanti e aderenti alle infor-mazioni contenute nel dossier depositato presso l’Autorità Regolatoria.

La farmacovigilanza è uno strumento atto a garantire un uso sicuro e appropriato dei medicinali. Essa prevede una raccolta delle reazioni avverse (ADR) o di mancata efficacia associate ai medicinali, il più rapidamente

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possibile, e la successiva diffusione di informazioni di ritorno in modo da migliorare la pratica terapeutica e il rapporto rischio/beneficio dei medicinali.

Le informazioni per tenere sotto controllo la sicurezza dei medicinali vengono raccolte da varie fonti: segna-lazioni spontanee, rapporti periodici di sicurezza delle aziende (PSUR), analisi del segnale, studi clinici ed epi-demiologici, database relativi all’esposizione, letteratura scientifica e segnalazioni da parte delle aziende di eventuali casi di reazioni avverse pubblicati.

La farmacovigilanza coinvolge a diversi livelli tutta la comunità (pazienti, medici prescrittori, operatori sani-tari, aziende farmaceutiche, istituzioni) e le segnalazioni possono essere effettuate non solo dall’operatore sanitario ma anche dai cittadini.

Tale processo è comune a tutti i medicinali in commercio, compresi i medicinali equivalenti. Il ruolo attivo del paziente utilizzatore di un dato medicinale è fondamentale per mantenere il controllo anche dopo la sua com-mercializzazione. Tale ruolo primario, attraverso una corretta informazione, dovrebbe rassicurare il pazien-te della possibilità di intervenire direttamente nella segnalazione di qualsiasi anomalia rilevante riscontrata nell’uso del medicinale equivalente.

30. IN QUALI OCCASIONI IL MEDICO DOVREBBE USARE LA DICITURA “NON SOSTITUIBILE”?Nel corso degli anni sono state emanate numerose leggi nazionali che regolano la prescrizione e la sostitui-bilità dei medicinali. Gli ultimi continui rimaneggiamenti dei testi normativi hanno reso incerte e confuse le regole che devono essere applicate dal medico e dal farmacista, rispettivamente nella prescrizione e nella sostituzione dei medicinali equivalenti.

La Legge finanziaria del 2001 tratta l’argomento definendo le modalità di rimborso dei medicinali equivalenti al farmacista e specificando che, nel caso in cui il medico prescriva a un paziente un medicinale con prezzo maggiore rispetto a quello rimborsato dall’SSN, la differenza è a carico del cittadino; al medico tuttavia spetta l’obbligo di informare il paziente qualora in commercio esista un medicinale bioequivalente a quello prescritto interamente rimborsato dall’SSN (art. 85, comma 26 della Legge n. 338 del 23 dicembre 2000).

Nel novembre 2001 la materia viene ulteriormente modificata, con la revisione del rimborso ai farmacisti da parte dell’SSN, evidenziando che esso si riferisce esclusivamente ai medicinali non coperti da brevetto; viene inoltre stabilito che il medico che prescrive un medicinale con prezzo maggiore di quello di rimborso può vie-tare, per motivi terapeutici, la sostituzione del medicinale prescritto: in questo caso quindi il farmacista non può in nessun caso sostituire il medicinale riportato in ricetta. In assenza di indicazione di non sostituibilità il farmacista, in presenza di prescrizione di un medicinale con prezzo superiore rispetto a quello di rimborso, di-spensa al paziente il medicinale equivalente con prezzo più basso dopo aver informato e ottenuto il consenso del paziente. Inoltre nella legge è specificato che se il medicinale non è sostituibile per presenza dell’indica-zione di non sostituibilità del medico o per mancato consenso da parte del paziente, la differenza rispetto al prezzo di rimborso rimane a carico del paziente (art. 7 della Legge n. 405 del 16 novembre 2001).

Successivamente viene stabilito che al farmacista spetta l’obbligo di informare il paziente, che chieda un me-dicinale di fascia C, della disponibilità in commercio di medicinali equivalenti al medicinale richiesto, e quindi

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con uguale composizione di principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, dose e modalità di rilascio (art. 1, comma 1 della Legge n. 149 del 26 luglio 2005).

In base al Decreto Legge n. 1 del 24 gennaio 2012, nel prescrivere i medicinali aventi un prezzo superiore al minimo il medico può apporre sulla ricetta adeguata indicazione con cui ritiene il medicinale prescritto in-sostituibile: all’atto della presentazione della ricetta da parte del paziente il farmacista non può sostituire il medicinale prescritto con un altro equivalente avente un prezzo più basso di quello originariamente prescritto dal medico stesso.

Sempre nel 2012 sono state introdotte altre novità riguardanti la prescrizione dei medicinali per le nuove te-rapie, come incentivo all’utilizzo degli equivalenti. In particolare, si prevede che nel prescrivere medicinali per nuove terapie, se sono disponibili in commercio più medicinali equivalenti il medico deve indicare in ricetta il principio attivo del medicinale, a pena di invalidità della ricetta, eventualmente indicando altresì il nome commerciale. Il farmacista non può sostituire il medicinale se la ricetta ne riporta il nome specifico, oltre alla clausola di non sostituibilità, e se il medicinale prescritto ha un prezzo pari a quello di rimborso, purché, in quest’ultimo caso, il paziente non richieda un altro medicinale (Decreto Legge n. 95 del 6 luglio 2012).

Quindi, attraverso la dicitura “non sostituibile” il medico può impedire che il medicinale originatore ven-ga sostituito con un equivalente. Considerando ciò, diventa importante capire quali motivazioni possono spingere il medico ad apporre tale nota. Medicinali equivalenti possono presentare differenze per la loro composizione in eccipienti rispetto al medicinale originatore: questo aspetto sembra essere l’unico motivo plausibile per cui un medico debba apporre la dicitura “non sostituibile”. Infatti, l’assunzione di un medicina-le equivalente contenente eccipienti diversi dall’originatore, di cui il paziente faceva uso cronico, può com-portare ripercussioni, soprattutto per quel che riguarda le allergie. Ad esempio, il glucosio può costituire un problema per i pazienti diabetici, l’amido di grano per quelli affetti da celiachia, l’aspartame per quelli affetti da fenilchetonuria. Esistono poi forme di intolleranza, come quella al lattosio. Fatti salvi questi casi particolari, che devono essere stati appurati in precedenza da un medico, il rischio di allergie accidentali a qualche eccipiente è molto basso.

Questi aspetti vengono gestiti attraverso una corretta informazione sul Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e sul Foglio Illustrativo, seguendo quanto previsto dalle linee guida europee in relazione al para-grafo “Avvertenze speciali: informazioni importanti su alcuni eccipienti del medicinale X”. Tale indispensabile informazione consente sia al medico sia al paziente di fare ricorso all’impiego del medicinale equivalente con consapevolezza e tranquillità.

31. CHE RUOLO HA IL FARMACISTA NELLA VENDITA DI MEDICINALI EQUIVALENTI? QUALI SONO I SUOI OBBLIGHI?La possibilità per il farmacista di sostituire quanto prescritto dal medico è stata introdotta nel 1989 e suc-cessivamente ribadita, per garantire al paziente l’accesso al medicinale in regime assistenziale qualora quello prescritto sia irreperibile nel normale ciclo distributivo, con particolare riguardo ai casi di urgenza assoluta e manifesta e alla situazione.

Inoltre, in base all’art. 7, comma 4, della Legge n. 405 del 16 novembre 2001, il farmacista, in assenza dell’indi-cazione di non sostituibilità, dopo aver informato l’assistito, consegna allo stesso qualsiasi medicinale equi-

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valente avente il prezzo più basso, disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, in riferimento a quanto previsto nelle direttive regionali. Lo stesso obbligo di informare il paziente è previsto anche nel caso di medi-cinali di auto-medicazione, che vengono quindi venduti su semplice richiesta del paziente o su consiglio.

32. COME SI POTREBBE OTTIMIZZARE L’ADERENZA ALLA TERAPIA?Per aderenza alla terapia si intende il conformarsi del paziente alle raccomandazioni del medico riguardo ai tempi, alle dosi e alla frequenza nell’assunzione del medicinale per l’intero ciclo di terapia.

La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmaco-logiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbilità e della mortalità, rappresentando un danno sia per i pazienti sia per il sistema sanitario e per la società. Com’è ormai noto, la popolazione anziana è quella più a rischio sotto il profilo dell’aderenza alle terapie, specie in presenza di più patologie, poiché è nelle condizioni di doversi ricordare di assumere farmaci diversi a diverse ore del giorno. Secondo il rapporto OsMed 2015 l’aderenza a terapie croniche da parte dei pazienti anziani si verifica solo in circa il 50% dei casi.

Come si può immaginare, con l’introduzione dei medicinali equivalenti, la situazione non può che complicarsi. Il confezionamento, e talvolta l’aspetto dell’unità posologica, dei medicinali equivalenti può liberamente diffe-rire da quello del medicinale di riferimento (FAQ n. 13). Poiché gli stessi medicinali equivalenti a un originatore sono prodotti da diverse aziende, è molto probabile che questi siano venduti in confezioni con diverso aspet-to, e ciò costituisce un altro fattore perturbante alla fragile aderenza terapeutica dei soggetti anziani. Per ridurre le difficoltà potrebbe essere utile acquistare sempre il medicinale equivalente della stessa azienda produttrice, in modo da acquisire familiarità con il prodotto.

Oltre a questo aspetto pratico occorre sensibilizzare il paziente riguardo all’affidabilità dei medicinali equiva-lenti e alla loro qualità, sicurezza ed efficacia. L’utilizzo della terminologia sbagliata e l’errata propaganda sul risparmio economico apportato dagli equivalenti sono fattori che portano un paziente anziano, o semplice-mente un paziente non adeguatamente informato, a diffidare dei medicinali equivalenti.

La popolazione anziana è quella su cui maggiormente ci si focalizza poiché rappresenta un’ampia percentuale della popolazione italiana, e comprende la fascia di pazienti che maggiormente usufruiscono di medicinali. Quindi capita spesso che il paziente anziano, proprio perché anziano, si senta considerato una cavia su cui testare questi “nuovi medicinali di seconda classe”.

33. COME CONSIDERARE I PAZIENTI PIÙ SENSIBILI?I medicinali equivalenti, come anche gli originatori, potrebbero rappresentare un argomento delicato quan-do si tratta di pazienti sensibili, ma è ampiamente dimostrato, grazie alla loro ampia diffusione, che possono essere utilizzati in sicurezza anche per trattare patologie importanti: malattie cardiovascolari, depressione, infiammazioni, reumatismi, asma, infezioni, allergie, diabete, disturbi venosi, rigetto d’organo e altro.

La definizione di “paziente sensibile” indica una particolare condizione clinica o una fascia d’età (bambini e anziani) spesso associata alla necessità di ricevere un trattamento “con un occhio di riguardo”: purtroppo, la percezione di efficacia e sicurezza dei medicinali equivalenti, in questi casi, risulta negativamente distorta.

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Come già ampiamente argomentato, i medicinali equivalenti non rappresentano medicinali prodotti con ma-terie prime più scadenti, ai quali sono rivolte minori attenzioni dal punto di vista legislativo o della qualità, o che ancora sono confezionati in Paesi in via di sviluppo. Il loro costo inferiore deriva dall’utilizzo di principi atti-vi già ampiamente studiati per cui è scaduto il brevetto appartenente all’azienda produttrice dell’originatore. Il risparmio deriva dalla possibilità di utilizzare i dati degli studi eseguiti in sede di registrazione del medicina-le originatore, senza la necessità di doverli ripetere in quanto superflui.

Certamente esistono categorie di pazienti a cui va posta maggiore attenzione nella tutela della salute e nel-la definizione di un trattamento farmacologico adeguato; in tale processo è fondamentale utilizzare tanto gli originatori quanto gli equivalenti. Le due tipologie di medicinali, in questo contesto, sono da considerarsi completamente sostituibili.

34. COME SI POSIZIONA L’ITALIA NEL MERCATO EUROPEO DEI MEDICINALI EQUIVALENTI? In generale, pur rappresentando oltre il 60% della quota dei medicinali dispensati in Europa, gli equivalenti corrispondono soltanto al 29% del valore del mercato farmaceutico totale. Tuttavia la quota varia in funzione dei singoli Paesi: mercati più maturi come quelli di Danimarca, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Svezia registrano quote di mercato superiori al 60-70%, mentre nei Paesi in crescita come Francia, Belgio, Austria, Spagna e Italia tali quote sono inferiori al 30%.

Per quel che riguarda i mercati emergenti, tra cui vi è l’Italia, l’efficacia delle politiche sanitarie e propagandi-stiche, purtroppo, non è ancora tale da favorire un’ottimale diffusione dei medicinali equivalenti. Nonostante le aziende riconoscano gli sforzi compiuti dai responsabili decisionali, è importante sottolineare come esista-no ancora alcune barriere culturali che ostacolano la piena diffusione degli equivalenti nel mercato.

È importante che gli operatori sanitari siano i primi a mostrare un atteggiamento positivo nei confronti dei medicinali equivalenti, smentendo le false credenze tutt’ora diffuse e favorendo conoscenze adeguate per una loro maggiore penetrazione.

La Germania e il Regno Unito sono i Paesi europei pionieri nella diffusione dei medicinali equivalenti, i quali sono ormai una realtà consolidata. In Germania le aziende produttrici di medicinali equivalenti rivestono un ruo-lo cruciale, investendo molto nella promozione dei loro prodotti. Nel Regno Unito la determinazione dei prezzi dei medicinali è volta a garantire sia i profitti delle aziende farmaceutiche sia il contenimento della spesa a ca-rico del servizio pubblico. In Danimarca e in Svezia la sostituzione del medicinale originatore con l’equivalente è una prassi ormai consolidata. Infine, l’introduzione degli equivalenti in Francia è avvenuta contemporaneamen-te all’Italia e il mercato non ha avuto ancora una completa espansione. La spesa del sistema sanitario francese è sostenuta per la maggior parte dalla Securité Sociale, mentre il resto è a carico dei cittadini.

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