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>> Intubazioni "alte" del sistema lacrimale >> Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono >> Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza >> Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica “a cielo coperto” >> Il profilo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty) >> Studio del profilo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica >> IOL asferiche: cosa sono e perché usarle >> Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema >> Terapia combinata con Macugen e PDT-V per l’AMD essudativa >> Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti a terapia intravitreale con anti-VEGF

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>> Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema >> Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono >> Studio del profilo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica >> Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica “a cielo coperto” >> Il profilo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty) >> IOL asferiche: cosa sono e perché usarle

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>> Intubazioni "alte" del sistema lacrimale

>> Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono

>> Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza

>> Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica “a cielo coperto”

>> Il profi lo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty)

>> Studio del profi lo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica

>> IOL asferiche: cosa sono e perché usarle

>> Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema

>> Terapia combinata con Macugen e PDT-V per l’AMD essudativa

>> Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti a terapia intravitreale

con anti-VEGF

Accomodativa. Priva di aberrazioni. Asferica.

Lente intraoculare accomodativa da camera posteriore Crystalens® BREVE DICHIARAZIONE

Solo su prescrizione medica.

Indicazioni per l’uso: Crystalens® è progettata per impianti primari nel sacco capsulare dell’occhio per la correzione visiva dell’afachia secondaria alla rimozione di una lente catarattosa in pazienti adulti affetti o meno da presbiopia. Crystalens® fornisce circa una diottria di accomodazione monoculare che consente una visione da vicino, intermedia e da lontano senza l’ausilio di occhiali.

Avvertenze: Prima di impiantare una lente in un paziente, è responsabilità del chirurgo stabilire il rapporto rischi/benefici dell’intervento sulla base di un’accurata valutazione e del proprio giudizio clinico. Alcuni eventi avversi associati all’impianto di lenti intraoculari sono: ipopion, infezione intraoculare, decomposizione corneale acuta ed intervento chirurgico secondario.

Precauzioni: Non risterilizzare; non conservare a temperatura superiore a 45°C.

ATTENZIONE: Per informazioni complete sulle modalità di prescrizione, fare riferimento alle Informazioni per il medico.

Editoriale 3Vittorio Picardo

Un premio alla carriera – Intervista a Leonardo Mastropasqua 4

Intubazioni “alte” del sistema lacrimale 6Walter Calcatelli, Vito Gasparri

Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono 10Paolo Bonci, Andrea Saitta, Paola Bonci

Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza 16Marco Leto, Patricia Indemini, Raphaël Gallo, Agostino Salvatore Vaiano,Guido Caramello

Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica “a cielo coperto” 22Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

LE VISCO INTERVISTE Intervista a... Stelvio Cipriani 32

Il profi lo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty) 34Elisabetta Böhm

TECNICA CHIRURGICA Quattro ferri... una cataratta! 40Patrizia Vincenti, Marco De Dominicis

Studio del profi lo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica 42Aldo Caporossi, Gianluca Martone, Leonardo Ciompi, Beatrice Bizzarri, Stefano Baiocchi

IOL asferiche: cosa sono e perché usarle 48Vincenzo Orfeo, Domenico Boccuzzi

Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema 52Nicola Rosa, Maddalena De Bernardo, Michele Lanza

Terapia combinata con Macugen e PDT-V per l’AMD essudativa 57Rosalia Giustolisi, Nicoletta Fantozzi, Mariateresa Staltari, Jessica Marchiori, Olga Mastrangelo, Paola Mazzotta, Federica Mirra, Corrado Balacco Gabrieli

Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti a terapia intravitreale con anti-VEGF 63Sergio Zaccaria Scalinci, Lucia Scorolli, Giulia Corradetti, Daniela Domanico,Enzo Maria Vingolo, Paolo Limoli, Mario Bifani, Cristian Metrangolo

CASO CLINICO Risoluzione spontanea di pucker maculare in donna adulta 70Fabrizio Puce, Gino Perutelli, Paolo Lavezzari, Paola Pazienza, Maria Rosa Bertonati, Fabrizio Neri

ISSN 0349 - 61

Anno XXVIN. 1 • 2011contiene I.P.

Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 335 del 14-06-1986

Fabiano Group srlReg. S. Giovanni, 40 - 14053 Canelli (AT)Tel. 0141 827801 - Fax 0141 827830e-mail: [email protected]

Direttore EditorialeVittorio Picardo

Direttore ResponsabileFerdinando Fabiano

Segretaria di redazionePierpaola EraldiTel. 0141 827836

ImpaginazioneNicoletta Troncon

StampaFabiano Group Srl Canelli (AT)

AmministrazioneTel. 0141 827818

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Chiuso in redazioneMarzo 2011

Norme per gli autoriConsultare il sito www.oculisti.net

Associato all’UnioneStampa Periodica Italiana

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Benvenuti!

Il mondo di Viscochirurgia continua ad essere vitale, grazie alla simpatia che tutti Voi, Amici e Colleghi, nutrite per il nostro giornale che, ormai da alcuni decenni, ci accompagna, fornendo un aggiornamento professionale che noi speriamo sempre utile e di attualità.Il periodo di crisi economica e sociale ha investito anche il campo della Medicina, e così pure il nostro settore risente di alcune contrazioni nella gestione dei budget, da parte delle Aziende sia internazionali che nazionali.Da parte nostra, molte volte, invece, non percepiamo questo disagio reale, e con-tinuiamo a organizzare congressi e convegni, certamente tutti interessanti, ma che spesso fi niscono con il ripetere gli argomenti di discussione per la estrema vicinanza tra loro e per il ripetersi inevitabile di alcuni Relatori.Cui prodest?Continuo a ripetere orami da tempo, forse un po’ come Don Chisciotte, che dovrem-mo saperci guardare intorno, fare un attimo di autocritica, sapere rifl ettere anche su questa continua duplicazione di Società, cosa che fi nisce col creare gruppi e fazioni che potrebbero intaccare anche qualche volta i rapporti personali tra noi.In un momento così diffi cile, con tutte le negligenze che la politica continua a propi-nare al mondo della Sanità, non sarebbe meglio diventare una grossa forza compatta, per chiedere migliori regolamentazioni della nostra attività, sia che essa si svolga in una struttura universitaria, ospedaliera, convenzionata o privata; dovremmo riuscire ad abbattere quel muro di diffi denza verso certi tipi di strutture, liberalizzare ed equi-parare l’assistenza sanitaria specialistica sul territorio nazionale; insomma poter dare il meglio a tutti i nostri pazienti, a prescindere dalla struttura dove si operi e dalla regione di appartenenza.Il federalismo della sanità, a mio avviso, può avere signifi cato solo in senso organizza-tivo, ma la qualità non può avere differenze o barriere.

Per motivi editoriali, in questo numero abbiamo dovuto omettere qualche rubrica come “Una giornata con…”, ma rimedieremo nel prossimo numero con due viaggi.Infi ne, mi fa piacere comunicare a Voi tutti che Roberto Bellucci è stato riconfermato per un altro mandato Segretario dell’E.S.C.R.S.: ciò testimonia il prestigio di cui gode l’Oftalmologia Italiana all’estero tra le Società che contano.Anzi, l’occasione delle prossime elezioni E.S.C.R.S. dovrebbe spingerci ad aumentare il numero di rappresentanti italiani in quella che è la più grande Società di chirurgia della cataratta e rifrattiva nello scenario internazionale.

Vittorio Picardo

3viscochirurgia1 • 2011

Un premioalla carriera

Intervista a Leonardo Mastropasqua

Leonardo Mastropasqua è stato insignito a novembre 2010 del premio Maestro di Oftalmologia 2010, a conferma cha la sua carriera Accademica è densa di attività clinica e soprattutto scientifi ca di grande qualità e rilievo. Non è stato diffi cile per me andarlo ad incontrare a Chieti, nella sua Università, perché la nostra amicizia e conoscenza risale al 1980 circa: Leonardo Mastropasqua era uno Specializzando iscritto a Roma alla Scuola del Prof. Scuderi perché, all’epoca, la struttura di Chieti era ancora una piccola Università, non dotata di tutte le attività accademi-che, come le Scuole di Specializzazione.

Che ricordi hai di quell’epoca?I ricordi che ho di quell’epoca, l’epoca del mio primo passo nel mondo dell’Oftalmologia, sono ancora molto vividi e forti. Rappresentano gli anni della mia giovinezza vissuti tra Roma, e l’Abruzzo ove lavoravo come medico interno universitario con funzioni assistenziali (Miuca) presso la Clinica Oculistica dell’Università “G. d’Annunzio”. Ancora più vividi sono i ricordi delle lezioni nelle aule dell’Università, dei pomeriggi di studio e delle notti insonni che annunciavano gli esami del giorno successivo, della soddisfazione liberatoria per un esame superato magari con una lode riportata sul libretto di profi tto, dello spirito goliardico con cui si affrontavano le giornate, dei mo-menti di aggregazione passati con Colleghi allora specializzandi, oggi amici fraterni e grandi professionisti. Infatti, sin dai primi tempi, era ben radicata in me la convinzione che la dedizione profonda e completa alla materia, sotto ogni punto di vista, fossero le chiavi giuste per poter accedere al mondo Universitario, mia massima aspirazione. Proprio per questo, il senso di ammirazione e di emulazione, oltre che di profondo rispetto verso il Maestro, erano per me guida nelle scelte e nel comportamento professionale.

Finita la scuola di specializzazione, inizia la carriera universitaria del prof. Mastropasqua che in pochi anni diventa Ricercatore, poi Associato, infi ne professore Ordinario e Direttore del Centro di Eccellenza in Oftalmologia dell’ Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara, Università che oggi annovera oltre 30.000 studenti ed un meraviglioso Campus tecnologico.

La mia carriera si è delineata attraverso un lungo percorso, non privo di ostacoli, impegnativo, carico di sacrifi ci, specie nella vita familiare, ma alla fi ne appagante e in grado di gratifi care anche i miei più ambiziosi obiettivi. I principi che hanno mosso il mio modo di lavorare sin dall’inizio sono stati quelli della qualità e della professionalità. Sono stato sempre cosciente che accanto la manualità chirurgica, che ritengo fondamentale, debbano esserci soli-de basi culturali e scientifi che, affi nché l’approccio al paziente sia eticamente ineccepibile. Avere grande curiosità, come quella che ha un bimbo che si avvicina ad un gioco nuovo, rappresenta il motore ed allo stesso tempo il car-

burante, per entrare e percorrere i sentieri della ricerca scientifi ca: ogni novità na-sce infatti da una intuizione e dalla capacità di tradurre praticamente, con i mezzi a disposizione, tale intuizione. Sin dai miei primi anni, in cui il mondo dell’Oftalmolo-gia non era certamente così ricco di tecnologia come lo è adesso, avevo ben chiaro che solo se si hanno a disposizione strumenti in grado di cogliere “altro ed oltre” quel che empiricamente si osserva, si potevano tradurre profi cuamente le intuizioni in termini di produzione scientifi ca ed avanzamento. Ed è questo l’ulteriore cardine su cui ho voluto costruire la mia idea di Clinica e di Scuola: avere sempre l’up to date nell’alta tecnologia in modo da poter offrire il meglio all’assistito nel pubblico. Ed infi ne, ma soprattutto, avere chiaro in mente che la prima arma per “edifi care una Clinica ed una Scuola” nel senso più completo del termine era indubbiamente

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4 viscochirurgia 1 • 2011

la scelta esclusivamente meritocratica di ogni singolo Allievo. L’onesta intellettuale di un Maestro si desume infatti dalla qualità degli Allievi che devono essere selezionati attraverso una trasparente meritocrazia, se vogliamo che l’Università italiana possa essere fortemente competitiva in Europa e nel mondo.

Con te è nata la nuova Clinica Oculistica di Chieti nelle nuove strutture del Campus. Che ricordi ti tornano nella mente e nel cuore?

Ho avuto la fortuna, circa 20 anni fa, di poter fondare una Clinica Oftalmologica completamente nuova assumen-domi la responsabilità nella scelta di uomini e strategie e ho costruito il mio curriculum, con le mie idee, la voglia di aggiungere quanti più tasselli possibili al vastissimo mondo della ricerca, con l’abnegazione, con la collaborazione dei miei Colleghi-Allievi, con l’assidua partecipazione a congressi e corsi di aggiornamento in Italia e all’estero per portare ovunque e con orgoglio il nome ed il logo della mia Università di appartenenza.

In tutto ciò conoscere bene l’inglese è oggi fondamentale.Gli uomini scelti, la condivisione del progetto, l’orgoglio di appartenenza, il gioco di squadra e l’altissima tec-nologia voluta ed ottenuta in tutti i settori ci hanno consentito di poter ottenere nel 2010 un attrazione extra regionale di oltre il 50%, di effettuare oltre 4.000 interventi chirurgici e una produzione scientifi ca documentata da un impact factor di oltre 250.

Allora… Maestro o allenatore?Forse direi meglio manager: il team è composto esclusivamente dai miei Allievi che lavorano in perfetta sintonia senza mai risparmiarsi; sono bravissimi! E io tra loro vivo lo stesso entusiasmo di un ricercatore che ha appena iniziato la propria esperienza lavorativa. Insieme a tutti loro abbiamo raggiunto riconoscimenti e certifi cazioni di Eccellenza in campo scientifi co, clinico-chirurgico e didattico sia in ambito nazionale che internazionale. La nostra Università Gabriele d’Annunzio, infi ne, vanta grandi strutture agganciate al Policlinico come il CeSI (Centro di eccellenza Europeo per le Scienze dell’Invecchiamento) per la ricerca di base e l’ITAB (Istituto di Tecnologia Avan-zate biomediche) per la ricerca in bioimmagini. Il tutto inserito in un vasto ed ameno Campus universitario ove è possibile intercalare momenti di svago ed aggregazione all’attività di studio.

Il tuo ingresso nel mondo della ricerca oftalmologica corrisponde ad un passaggio epocale: extra verso faco, chirurgia rifrattiva incisionale verso laser, e oggi non un laser ma vari laser, per le diffe-renti tipologie cliniche e per i differenti usi.

Ho cominciato con l’intracapsulare e sono stato fortunato a vivere questi periodi di transizione nelle varie branche della nostra Disciplina. Questo perché ritengo che chi ha la possibilità di vivere il passaggio evolutivo di una tecnica o di una disciplina chirurgica, riesce ad immagazzinare una esperienza più completa, direi a 360°. La chirurgia della cataratta della precedente generazione, l’extracapsulare appunto, ha permesso di formarci come chirurghi completi del segmento anteriore e tutt’oggi, nell’era dei faco più moderni, nell’era degli approcci mini-invasivi e delle micro-incisioni, rappresenta un bagaglio utile in casi selezionati e complicati che la sola curva di esperienza con le tecniche moderne non può fornire.

Stesso discorso per i laser?Un discorso analogo può essere fatto per la chirurgia laser, sia rifrattiva che corneale in senso lato. Non solo le incisioni manuali sono un ricordo del passato nel campo della correzione dei difetti di rifrazione da ormai un ven-tennio, ma anche nel campo dei trapianti di cornea, ormai, il concetto di trapanazione con lame sarà sempre più sostituito da dissezioni robotizzate mediante l’utilizzo di laser a femtosecondi sempre più sofi sticati. Addirittura ci siamo spinti, pionieri in Italia, verso la chirurgia intrastromale pura, basata sulla estrazione con laser a femtosecondi di lenticoli di stroma corneale di forma e geometria desiderata, senza necessità di interrompere la continuità della membrana di Bowman e dell’epitelio corneale. L’evoluzione in tali campi è talmente rapida che già è diventata realtà la possibilità di utilizzare una nuova generazione di laser per la chirurgia semi-robotizzata della cataratta, per realizzare incisioni corneali, capsulo ressi e faco-frammentazione, proiettandoci verso il futuro della invasività minima, standardizza-zione massima e iol iniettabili.

Leonardo ovvero il Professore Mastrapasqua vorrebbe parlarmi an-cora di tante altre cose, con il suo entusiasmo e la sua mimica, ma siamo già alla seconda tazza di caffè e bussano alla porta della sua Direzione: gli “Allievi” lo riportano all’ordine: iniziare a lavorare. E allora: ciao Leonardo, grazie dell’intervista per Viscochirurgia. Buon lavoro e complimenti: mantieni sempre questo spirito gio-vane e entusiasta!

Vittorio Picardo

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6 viscochirurgia 1 • 2011

Intubazioni “alte” del sistema lacrimale® Walter Calcatelli ® Vito Gasparri

Unità Operativa Complessa di Oculistica, Ospedale Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma

>>

>> IntroduzioneL’intubazione parziale o completa delle vie la-

crimali rappresenta spesso un’integrazione di

un precedente intervento di ricanalizzazione,

mentre meno frequentemente viene utilizzata

come unico tempo chirurgico. In passato, sono

stati impiegati diversi materiali per lo stent come

il polietilene, il nylon,il tefl on; tuttavia il silicone

(Gibbs 1967) si è poi rivelato il migliore per la

ottima tollerabilità biologica e per la ridotta trau-

maticità. Un’intubazione temporanea in silicone

agisce come conformatore delle strutture lacri-

mali e garantisce un drenaggio per capillarità,

molto importante in occasione di sepsi del si-

stema lacrimale. La patologia delle vie lacrimali

che si avvale più frequentemente di una intuba-

zione comprende le stenosi dei punti lacrimali,le

stenosi e le lacerazioni dei canalicoli lacrimali e

la ostruzione congenita del dotto naso lacrimale.

Inoltre viene utilizzata anche nell’intervento di

dacriocistorinostomia, sia che l’intervento ven-

ga eseguito ab externo, per via endonasale e

per via transcanalicolare.

Riportiamo volentieri la nostra esperienza sulle

diverse tecniche di intubazione del tratto presac-

cale delle vie lacrimali (intubazioni alte), senza

coinvolgere necessariamente il canale naso-la-

crimale, come avviene nelle già conosciute in-

tubazioni mono e bicanalicolari (Crawford, Bika,

Ritleng, Fayet-Bernard).

I punti lacrimali possono presentare stenosi più

o meno complete per patologie congenite, per

PAROLE CHIAVE intubazione

stenosicanalicolo

epifora

KEY WORDS intubation

stenosiscanaliculiepiphora

RIASSUNTO L’intubazione è una tecnica importante per conformare le vie lacrimali e facilitare il defl usso delle lacrime. La prima porzione del sistema lacrimale, cioè il tratto formato dai punti e i canalicoli lacrimali, può essere intubato autono-mamente (intubazione alta) senza interessare necessariamente il dotto naso-lacrimale. In questo articolo sono esa-minate le diverse tecniche e i più recenti tipi di intubazione alta. In modo particolare viene presentata l’intubazione bicanalicolare autostabile e sono riportati i risultati di una casistica di 45 casi sottoposti a questo tipo di intubazione per stenosi dei punti lacrimali superiori e inferiori.Conclusioni: l’intubazione autostabile si è rivelata molto effi ciente per intubare e mantenere pervio il tratto canali-colare delle vie lacrimali. La tecnica è eseguibile anche in regime ambulatoriale per la semplicità di esecuzione e per la ridotta traumaticità.

ABSTRACT Intubation is an important technique to adapt the lachrymal tract and to facilitate the downfl ow of tears.The fi rst portion of the lachrymal system, that is the stretch made up of points and lachrymal canaliculi, can be autonomously intubated (high intubation) without necessarily affecting the tear duct. Different techniques and the new kinds of high intubation are examined in this article.In particular, the self-retaining bicanaliculus intubation is presented and the results of a casuistry of 45 cases subjected to this kind of intubation for stenosis of lachrymal superior and inferior points are reported.Conclusion: self-retaining intubation has proven itself to be very effi cient to intubate and maintain pervious the canaliculus stretch of lacrimal tract. The technique is feasible also in an out’ patients department because of the simplicity of execution and the reduced traumaticity.

7viscochirurgia1 • 2011

A B

malattie cutanee limitrofe, per abuso di farma-

ci topici e talvolta per abuso o uso improprio di

lenti a contatto. Così anche il tratto canalicolare

può essere interessato da patologie congenite,

infettive, neoformative e iatrogene (tossicità di

numerosi farmaci, radioterapia per tumori can-

tali, ecc.) che ne ostacolano la pervietà. Inoltre

questo tratto del sistema di defl usso, per con-

formazione anatomica, è soggetto a lacerazioni

traumatiche sia dirette, che più spesso per stira-

mento palpebrale.

>> Materiali e MetodiIl sistema d’intubazione del tratto canalicolare

più datato e conosciuto, ancora praticato da mol-

ti, prevede l’utilizzo della sonda di Worst (Figure

1a e 1b) con la quale, dopo aver percorso tutto

il tratto canalicolare si passa un fi lo in prolene

(Figure 2a e 2b) che farà poi da guida al tubicino

in silicone (Figura 2 c).

Con altre tecniche più recenti, quando è neces-

sario intubare un solo canalicolo, vengono im-

piegati tutori in silicone con fi ssaggio al punto

lacrimale. Uno di questi è il monostent della

Eagle Vision (Figura 3a), interessante perché il

tubicino della lunghezza di 50 mm è premon-

tato in una cannula rigida (Figura 3b), che ne

facilita l’introduzione e la progressione lungo la

via canalicolare (fi no al dotto naso-lacrimale se

necessario).

Altro stent, sempre in silicone, utilizzato spesso

per le lacerazioni del canalicolo è il mini-mono-

ka della FCI Ophthalmics (Figura 4a), che diffe-

risce dal precedente per la diversa conforma-

zione della porzione prossimale, che si blocca

sul punto lacrimale con un inseritore come nei

più comuni punctal plugs (Figura 4b). È inoltre

più corto e non si avvale di una struttura rigida

di supporto.

Un ulteriore e interessante dispositivo per in-

tubazione dei canalicoli lacrimali,sul quale ci

soffermiamo particolarmente per l’esperienza

positiva fatta negli ultimi mesi, è la sonda bi-

canalicolare autostabile della FCI Ophthalmics

(Figure 5a, 5b e 5c) costituita da due ancore in

silicone collegate da un tubicino, sempre in sili-

cone, e pre-montate su due tutori, che ne rendo-

no agevole l’introduzione.

Le ancore prossimali sono formate da due lin-

guette che entrano parallelamente e distese lun-

go il tutore, per poi aprirsi in senso orizzontale

dopo aver superato il canalicolo comune e quin-

di essere penetrate nel sacco lacrimale.

Esistono sonde di lunghezza varia: 25-30-35

mm, che vengono scelte dopo la misurazione

Figura 1

A B C

Figura 2

Intubazioni “alte” del sistema lacrimale

8 viscochirurgia 1 • 2011

eseguita con un misuratore commercializzato

sempre dalla stessa Ditta (Figura 6).

Noi abbiamo impiantato intubazioni autostabili

nelle stenosi dei punti lacrimali superiori e infe-

riori (45 casi), nelle stenosi canalicolari (18 casi),

in pazienti dopo asportazione di neoformazioni

del punto lacrimale (2) e in casi di lacerazioni

canalicolari (3).

Riportiamo i risultati ottenuti nelle stenosi dei

punti lacrimali perché più signifi cativi per nu-

mero di casi trattati. I pazienti non avevano altra

patologia delle vie lacrimali salvo la stenosi dei

punti lacrimali.

Presentavano epifora con menisco lacrimale lun-

go il margine della palpebra inferiore, fastidioso

soprattutto nella lettura. La loro età era compresa

tra 24 e 87 anni (media 63 anni). È stata praticata

una modesta infi ltrazione di carbocaina sottocu-

tanea intorno ai punti lacrimali interessati, con

ago a 30 gauge.

Figura 3A B

BA

Figura 4

Figura 5

A B C

Figura 6

Figura 7 A B C

Walter Calcatelli, Vito Gasparri

9viscochirurgia1 • 2011

1. Gibbs DC. New probe for the intubation of lacrimal canalicoli with silicone rubber tubing. Br. J. Ophthalmol. 51:198,1967.

2. Spinelli D, Gambaro S, Formenti F. Trattamento chirurgico delle lesioni traumatiche delle vie lacrimali. Atti del Convegno di Schio 23-24 febbraio 1990. Ed. Ghedini pag. 97.

3. Reifl er DM. Management of canalicular laceration. Surv. Ophthalmol.1991 Sept-Oct; 36(2):113-32.

4. Kersten RC, Kulvin DR. ”One stich”canalicular repair. A simplifi ed approach for repair of canalicular laceration. Ophthalmology. 1996 May; 103(5):785-9.

5. Smit TJ, Mourits MP. Monocanalicular lesions. To reconstruct or not. Ophthalmology 106(7):1310.1999.

6. Jordan DR, Gilberg S, Mawn LA. The round-tipped,eyed pigtail probe for canalicular Intubation: a review of 228 patients. Ophthal. Plast.Recon-str. Surg. 2008 May-Jun; 24(3):176-80.

7. Liang T, Zhao GQ, Li YL, Yang SS, Zhang LY, Wu Y. Effi cency and therapeutic effect of modifi ed pigtail probe in anastomosing lacerated lacrimal canaliculus. Chin. J. Traumatol. 2009 Apr;12(2):87-91.

8. Eo, SuRak MD, PhD; Park, JiUng MD; Cho, SangHun MD, PhD; Azari, Kodi K. MD. Microsurgical reconstruction for canalicular laceration using monostent (R) and mini-monoka (R). Annals of Plastic Surgery: April 2010 - Vol. 64 – Issue 4 – pp. 421-427.

9. Leibovitch I, Kakizaki H, Prabhakaran V, Selva D.Canalicular lacerationd: repair with the mini-monoka (R) monocanlicular intubation stent. Ophthalmic. Surg. Lasers Imaging. 2010 Jul-Aug; 41 (4):472-7.

>> Bibliografia

L’inserimento della sonda era preceduto dal re-

perimento e allargamento del punto lacrimale,

sia superiore che inferiore, con un divulsore

(Figura 7) in dotazione nella confezione dell’in-

tubazione e che abbiamo apprezzato per la giu-

sta misura e conformazione.

Le due ancore prossimali erano poi spinte nei trat-

ti canalicolari superiore e inferiore con l’aiuto del

sottile tutore, che funge da mandrino (Figura 8).

Sono stati sottoposti allo stesso protocollo tera-

peutico: antibiotico con cortisonico in collirio tre

volte al dì per sette giorni dopo l’impianto.

La sonda è stata rimossa dopo un periodo

compreso tra 8 e 12 settimane.

Soltanto in tre casi (1.3%) si è verifi cata l’estru-

sione della sonda nelle prime due settimane, e

in due casi (0.9%) iperemia della congiuntiva

con prurito (probabilmente per intolleranza dei

pazienti al silicone).

La pervietà dei punti lacrimali è stata ripristinata

nel 92% dei pazienti e nel 78% dei casi i pazienti

hanno manifestato soddisfazione per la succes-

siva scomparsa di epifora (Tabella 1).

>> ConclusioniConsiderata la semplicità di esecuzione (anche

in ambulatorio), la traumaticità della tecnica e i

buoni risultati ottenuti, riteniamo che la sonda

autostabile possa rappresentare un valido ausi-

lio in molte patologie alte delle vie lacrimali.

Una maggiore esperienza e un numero di casi

più ampio, soprattutto di patologie traumatiche

del sistema canalicolare, saranno sicuramente

utili per una migliore valutazione di questo re-

cente tipo di sonda per intubazione. ®

Tabella 1

Figura 8

Intubazioni “alte” del sistema lacrimale

A B

10 viscochirurgia 1 • 2011

Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono® Paolo Bonci ® Andrea Saitta ® Paola Bonci

Dipartimento di Oculistica, Ospedale S. Maria della Scaletta, Imola (Bologna)

>>

RIASSUNTO Scopo: Questo studio ha come scopo quello di valutare l’effi cacia della cheratoplastica lamellare con laser ad ecci-meri topolinkata in pazienti con cheratocono, in grado di eliminare dal profi lo corneale anteriore l’ectasia del cono e tutte le conseguenti aberrazioni da essa determinata mediante fotoablazione.Materiali e Metodi: Abbiamo arruolato nel nostro studio prospettivo 95 pazienti (68 maschi e 22 femmine) con un’età media di 23.0 ± 9.6 anni (range tra i 14 e i 35 anni). Lo studio è iniziato a gennaio 2000 e si è concluso a gennaio 2009 nell’ospedale S. Maria della Scaletta di Imola (BO). I criteri d’inclusione comprendevano cornee af-fette da cheratocono con spessore corneale ≥ 380 µm misurato con pachimetro ad ultrasuoni a 50 MHz (SP 2000P, Topcon, Japan), la migliore acuità visiva corretta (BCVA) ≤ 20/50, una più o meno evidente intolleranza alle lenti a contatto gas permeabili ed una evidente progressione topografi ca del cheratocono negli ultimi tre anni. Sono stati effettuati i seguenti controlli sia in fase preoperatoria che a 9, 12, 24 mesi dopo la chirurgia: la BSCVA (Best Specta-ble-Corrected Visual Acuity) con le tavole di Snellen, lo spessore corneale mediante la pachimetria ad ultrasuoni, la topografi a corneale con il topografo Keratron scout (Optikon 2000 s.p.a., Roma, Italia) ed aberrometria con pupilla di 4,5 mm (area refrattiva), l’esame biomicroscopio, la conta delle cellule endoteliali con microscopio speculare (SP 2000P, Topcon, Giappone) e la microscopia confocale della cornea (ConfoScan 3, Nidek, Giappone).Risultati: Tutte le cornee a 12 mesi dall’intervento hanno presentato un valore pachimetrico minimo ≥ 459 ± 35 µm ed un valore massimo di 776 ± 55 µm in prossimità della tasca; dopo 24 mesi lo spessore centrale medio è stato di 466 ± 41 µm. Per quanto riguarda la topografi a corneale, in tutti i pazienti dopo 24 mesi si è evidenziata la totale scomparsa di deformazioni cheratoconiche residue ed una forma corneale centrale fi siologica. Mediante l’elabora-zione aberrometrica condotta con pupilla di 4,5 mm di diametro è stato possibile evidenziare astigmatismi di Zernike residui di 2,15 ± 1,95 diottrie a 9 mesi, ridottisi a 1,65 ± 0,95 diottrie dopo 24 mesi, coma di 0,855 ± 0,910 µm a 9 mesi, diminuitosi a 0,485 ± 0,820 µm dopo 24 mesi, ed aberrazione sferica di 0,586 ± 0,970 µm a 9 mesi, stabiliz-zatasi a 0,376 ± 0,790 µm dopo 24 mesi. La BSCVA media in fase pre-operatoria è stata di 0,35 ± 0,06 e dopo 24 mesi dall’intervento è salita a 0,77 ± 0,16. Discussione e Conclusioni: Nella ETLK, contrariamente a quanto accade in altre metodiche di cheratoplastica lamel-lare automatizzata, l’apposizione della lamella corneale non svolge effetti di schiacciamento meccanico sulla cornea già trattata con laser ad eccimeri, in quanto la cornea assume un profi lo normale e senza più ectasie. Il follow-up di circa 10 anni, infi ne, non solo non ha mai evidenziato segni clinici né topografi ci di ricomparsa di ectasia corneale ma ha anche dimostrato la perfetta stabilità nel tempo della forma corneale e della rifrazione. Questa tecnica si è infi ne dimostrata essere di semplice esecuzione, eseguibile ambulatorialmente, sicura e senza rilevanti complicanze intra-operatorie.

ABSTRACT Purpose: To prospectively evaluate the effi cacy of the excimer topolinked lamellar keratoplasty (ETLK) in keratoconus.Materials and Methods: We selected 95 patients (68 male and 22 female) with surgical keratoconus, with a mean age of 23.0 ± 9.6 years (range 14-35). To be selected it was necessary a corneal thickness ≥ 380 µm measured by ul-trasound pachymetry to 50 MHz (SP 2000P, Topcon, Japan), the best-corrected visual acuity (BCVA) ≤ 20/50 logMAR, intolerability to contact lenses and progressiveness of keratoconus in the last three years measured by computerized topography (Keratron Scout, Optikon 2000, Rome, Italy). The study period was from January 2000 to January 2009, at the S. Maria della Scaletta Hospital (Imola, Italy). We evaluated the following parameters preoperatively and po-stoperatively: BCVA with Snellen card; corneal thickness measured by ultrasound pachymetry to 50 MHz (SP 2000P, Topcon, Japan); endothelial density measured by specular microscopy (SP 2000P, Topcon, Japan); mean aberrometry

11viscochirurgia1 • 2011

PAROLE CHIAVE laser a eccimeritopolinkcheratoplastica lamellarecheratocono

KEY WORDS excimer lasertopolinklamellar keratoplasty keratoconus

measured by computerized topography (Keratron Scout, Optikon 2000, Rome, Italy); and confocal microscopy (Con-foscan 3, Nidek, Japan). The parameters were evaluated with a follow-up of 9, 12 and 24 months.Results: At the end of the follow-up (24 months) mean central corneal thickness was 466 ± 41 µm. After 24 mon-ths all the distortions measured by computerized topography in the corneal surface of all the patients disappeared. During the follow-up, residual Zernike aberration were 2,15 ± 1,95 diopters after 9 months and 1,65 ± 0,95 diopters after 24 months; coma aberration were 0,855 ± 0,910 µm after 9 months and 0,485 ± 0,820 µm after 24 months; and spherical aberration were 0,586 ± 0,970 µm after 9 months and 0,376 ± 0,790 µm after 24 months. The mean preoperative BCVA was 0,35 ± 0,06; after 24 months it was 0,77 ± 0,16 .Discussion and Conclusions: In the excimer topolinked lamellar keratoplasty application of corneal lenticules didn’t cause corneal defl ection because the cornea with keratoconus acquired a regular surface after treatment with exci-mer laser topolinked. After 10 years corneal surface remained regular. This technique is safe, simple, outpatient and without particular intraoperative complications.

>> IntroduzioneIl cheratocono è una distrofi a progressiva in cui

la cornea assume una forma conica irregolare,

secondaria all’assottigliamento stromale ed alla

protrusione. Si ricorre alla chirurgia quando il

paziente è giovane (15-30 anni) ed affetto da

cheratocono con un progressivo peggioramen-

to topografi co dell’ectasia, quando non riesce a

vedere bene con gli occhiali e/o non tollera le

lenti a contatto, oppure quando, nonostante il

loro utilizzo, non raggiunge un’adeguata acuità

visiva. Mentre da decenni ormai vengono uti-

lizzate tecniche di chirurgia lamellare manuale

a scopo tettonico o ricostruttivo, a partire dagli

anni novanta sono diventate oggetto di studio

e sperimentazione tecniche lamellari profonde

che hanno anche uno scopo ottico funziona-

le, cioè con fi nalità di ripristino di una migliore

acuità visiva. A tal proposito, si è visto che per

ottenere un buon risultato funzionale è molto im-

portante riuscire a creare interfacce refrattiva-

mente valide e mantenere così una morfologia

corneale il più possibile fi siologica. In particola-

re, come dimostrano quei pazienti affetti da che-

ratocono molto avanzato, in cui un’adeguata len-

te a contatto rigida che compensi le irregolarità

di forma della cornea riesce a fornire un’acuità

visiva molto buona, la principale responsabile

dell’acuità visiva è la superfi cie anteriore del-

la cornea. Nel 1993 è stata introdotta da noi la

cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri

(ELLK) in cui si eseguiva uno scavo di profondità

predeterminata in modalità PTK di diametro 7,5

mm centrata sulla pupilla: alla fi ne dell’asporta-

zione, nonostante rimanesse ancora la deforma-

zione del profi lo del cheratocono, il letto stroma-

le su cui appoggiava risultava molto assottigliato

soprattutto all’apice del cono; a questo punto

dopo la creazione di una tasca stromale veniva

posizionata una lamella corneale disidratata di

spessore tale da ricostituire uno spessore mi-

nimo di almeno 500 µm, allo scopo non solo di

ripristinare buoni spessori corneali ma anche di

schiacciare il cheratocono sottostante, così da

riformare un profi lo corneale anteriore regolare.

Tuttavia, anche se l’interfaccia si presentava nel

tempo suffi cientemente trasparente, la presenza

di pliche profonde determinate dall’effetto mec-

canico di schiacciamento da parte della lamella

sul cono spesso causava recuperi della BSCVA

non superiori a 0,6-0,7 e con qualità di visione

talora scarsa. Per ridurre la presenza di pliche

profonde era dunque necessario approfondire

l’ablazione, in modo da lasciare la minore quan-

tità di stroma possibile, minimizzandone così

la compressione da parte della lamella: sono

stati introdotti a tal scopo sistemi ablativi linkati

di tipo pachimetrico interfacciati con le mappe

dell’Orbscan sec.. Alessio e collaboratori della

Scuola di Bari. Questa tecnica è stata poi ulte-

riormente modifi cata apportata noi con l’avven-

to di software fotoablativi linkati dalla topografi a

corneale e dalla sua elaborazione aberrometri-

ca e ad essa è stato dato il nome di cheratopla-

stica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata

(ETLK), che si prefi gge lo scopo di eliminare dal

profi lo corneale anteriore l’ectasia del cono e

tutte le conseguenti aberrazioni da essa deter-

Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono

12 viscochirurgia 1 • 2011

minata mediante fotoablazione. Questa meto-

dologia prevede un rilievo topografi co accurato

e l’analisi aberrometrica della cornea affetta da

cheratocono, la quale evidenzia quasi sempre

un’importante aberrazione da coma, tanto più

accentuata quanto più eccentrico è l’apice del

cono e quanto più importante è l’ectasia; poi,

dopo l’elaborazione dello shot fi le ablativo, da

inviare al laser ad eccimeri tramite un apposito

programma, l’operatore deve decidere se con-

centrare l’ablazione sull’ectasia o distribuirla in

varia misura alla periferia a seconda della cur-

vatura fi nale ricercata. Quasi sempre la zona di

massima ablazione corrisponde al centro del-

l’ectasia e quindi alla massima altezza rilevata

dal topografo. Terminata la fotoablazione linkata,

viene innestata una lamella corneale donante di

spessore proporzionato a riottenere una cornea

fi nale di spessore minimo di 500 µm e viene su-

turata, con punti singoli, con il duplice obbiettivo

di ripristinare una buona acuità visiva e di arre-

stare la malattia.

>> Materiali e MetodiI pazienti operati e arruolati nel nostro studio

prospettivo sono stati 95 (68 maschi e 22 femmi-

ne) con un’età media di 23 ± 9.6 anni (range tra

i 14 e i 35 anni) nel periodo compreso tra gen-

naio 2000 e gennaio 2009. I criteri d’inclusione

comprendevano cornee affette da cheratocono

con spessore corneale ≥ 380 µm misurato con

pachimetro ad ultrasuoni a 50 MHz (SP 2000P,

Topcon, Japan), la migliore acuità visiva corretta

(BCVA) ≤ 20/50, una più o meno evidente intolle-

ranza alle lenti a contatto gas permeabili ed una

evidente progressione topografi ca del cherato-

cono negli ultimi tre anni. Per ciascun paziente

è stata eseguita una topografi a corneale con il

topografo Keratron scout (Optikon 2000 S.p.A.,

Roma, Italia) e si è poi considerata la differenza

cheratometrica a 3 mm corrispondente all’astig-

matismo cheratometrico. Infi ne si è misurato lo

spessore corneale mediante pachimetria ad

ultrasuoni. Tutte queste misure sono state effet-

tuate sia in fase preoperatoria che 9, 12, 24 mesi

dopo la chirurgia.

Per l’ablazione topoaberrometrica è stato utiliz-

zato il laser Schwind Esiris (Schwind eye-tech-

solution GmbH & Co, Kleinostheim, Germania)

e il programma linkato con il topografo Keratron

scout. Le fotoablazioni linkate hanno raggiunto

il massimo valore ablativo di 220 µm, mentre

la media dell’ablazione è stata di 160 µm. Tutti

i lenticoli utilizzati per gli innesti sono stati for-

niti dalla Banca degli occhi di Imola (fi liale del-

la Banca degli occhi dell’Emilia Romagna) e si

trattava di bottoni corneali di 9 mm di diametro,

posti in disidratazione in gel di silicio a cui pre-

ventivamente era stata asportata la membrana

di Descemet.

Tecnica chirurgica La cornea affetta da cheratocono e studiata alla

pachimetria ad ultrasuoni è stata considerata

idonea al trattamento solamente se presentava

uno spessore minimo di almeno 380 µm, il che ci

consentiva di lasciare in sede un valore residuo

di spessore di almeno 150 µm e di evitare così

qualsiasi rischio di perforazione. La nostra espe-

rienza ha altresì evidenziato come il valore pa-

chimetrico minimo, misurato a livello dell’apice

dell’ectasia, non sia del tutto affi dabile, poiché

quasi sempre esso risulta maggiore rispetto al

valore reale; per tale motivo, onde evitare mi-

croperforazioni da eccesso ablativo, abbiamo

considerato dei valori inferiori del 20% rispetto

a quelli misurati.

Ciascuna cornea è stata quindi sottoposta da

parte dello stesso operatore a studio topografi -

co e topoaberrometrico facendo estrema atten-

zione nell’eseguire topografi e precise e ripe-

titive; poi i dati sono stati immessi nel software

ablativo del laser ad eccimeri, che ha provve-

duto a costruire il profi lo dell’ablazione. Nella

correzione con il laser sono stati sempre inseriti

anche i valori di defocus minimi di 3 diottrie sino

a 6 diottrie di miopia in relazione alla curvatura

media della cornea centrale, nonché i valori del-

l’astigmatismo calcolato con i polinomi di Zer-

nike. Le aberrazioni di ordine elevato, corrette

automaticamente prevedevano la correzione di

aberrazioni sino al 5° ordine e sono state calco-

late su una zona corneale di 4 mm. Il trattamento

fotorefrattivo prevedeva una zona ottica di tratta-

mento di 7,5 mm ed una transizione fi nale fi no

a 8,5 mm.

Dopo l’applicazione di un’anestesia di superfi -

Paolo Bonci, Andrea Saitta, Paola Bonci

13viscochirurgia1 • 2011

cie (con oxibuprocaina 0,4% gocce) la cornea

è stata scarifi cata al fi ne di asportare l’epitelio

corneale su tutta la zona di trattamento, per es-

sere poi sottoposta al trattamento linkato. È stato

poi applicato sulla cornea un anello schermante

metallico (costruito dalla ditta Janach) in modo

da lasciare scoperta un’area centrale di 8 mm

di diametro, ed è stato eseguito sempre con il

laser un’ulteriore ablazione di 80 µm di profon-

dità mediante tecnica PTK allo scopo di lasciare

uno scalino periferico da utilizzare in seguito

al microscopio operatorio per formare la tasca

periferica.

Al termine di questa fase con il laser, dopo aver

posizionato una lente corneale monocurva pro-

tettiva ed avere instillato un collirio antibiotico,

ciascun paziente è stato accompagnato nella

sala operatoria attigua dove, previa anestesia

peri-bulbare, è stato sottoposto dallo stesso

chirurgo all’innesto della lamella donante con

sutura a punti singoli allo scopo di ridare spes-

sore e resistenza alla cornea trattata e di man-

tenere inalterato il profi lo anteriore rimodella-

to. Ciascuna lamella corneale utilizzata è stata

preventivamente preparata ed assottigliata con

il laser Esiris sino al valore desiderato e calco-

lato per poter riottenere uno spessore corneale

fi nale minimo di almeno 500 µm ; inoltre sempre

mediante laser sono state assottigliate le parti

terminali della lamella in modo da rendere più

agevole la sua introduzione all’interno della ta-

sca formata sulla cornea ospite.

Decorso post-operatorioPer le prime due settimane successive all’inter-

vento è stata prescritta terapia locale con an-

tibiotici e cortisonici. Nel 27% dei casi è stato

necessario rimuovere e sostituire alcuni punti

corneali singoli, perché diventati lenti. In 1 pa-

ziente è stato necessario sostituire la lamella

in seguito a fenomeni necrotici verifi catisi sul

bordo dell’innesto; tale paziente è stato escluso

dallo studio. In 7 pazienti si è verifi cato un ritar-

do di riepitelizzazione, senza ulteriori compli-

canze e per questo sono stati trattati con tera-

pia specifi ca: 6 pazienti sono guariti nel giro di

10 giorni, mentre in 1 paziente si è formata una

piccola erosione centrale guarita in 1 mese che

ha poi causato la presenza di astigmatismo irre-

golare ed una ipermetropizzazione di 2 diottrie.

In tutti i pazienti è stata applicata una lente cor-

neale terapeutica, che è stata mantenuta in sede

per il primo mese post-operatorio. Al terzo

mese è iniziata l’asportazione selettiva dei punti

singoli, nel caso fossero presenti astigmatismi

importanti, partendo dai meridiani più curvi per

minimizzare gli effetti di schiacciamento della

lamella sul parenchima residuo; entro il quinto

mese tutti i punti sono stati asportati. Nel 90%

dei casi le lamelle corneali hanno recuperato

una perfetta trasparenza entro la prima settima-

na ed il bulbo in perfetta quiete.

>> Risultati Tutti i pazienti operati sono stati sottoposti in

sede pre-operatoria e dopo 9, 12 e 24 mesi dal-

l’intervento ai seguenti controlli:

n Pachimetria ad ultrasuoni

n Esame biomicroscopio

n Topografi a e aberrometria con pupilla di 4,5

mm (area refrattiva)

n Microscopia confocale della cornea (Confo-

Scan 3, Nidek, Giappone)

n Conta delle cellule endoteliali con microsco-

pio speculare (SP 2000P, Topcon, Giappone)

n BSCVA (Best Spectable-Corrected Visual

Acuity) con le tavole di Snellen.

I dati riportati in Tabella 1 sono stati raccolti

in fase post-operatoria ed inseriti in un foglio

Excell (Microsoft, Corp.) per un’analisi succes-

siva: sono stati registrati come la media ± SD

(deviazione standard) e la loro signifi catività è

stata elaborata col metodo “t-student per dati

appaiati”; sono stati paragonati i valori del fol-

low-up a quelli misurati pre-operatoriamente e

sono stati considerati statisticamente signifi cativi

valori di p < 0.05.

Tutte le cornee a 12 mesi dall’intervento hanno

presentato un valore pachimetrico minimo ≥ 459

± 35 µm ed un valore massimo di 776 ± 55 µm in

prossimità della tasca; dopo 24 mesi lo spessore

centrale medio è stato di 466 ± 41 µm. Inoltre

tutte le cornee hanno presentato un’ottima tra-

sparenza alla valutazione con biomicroscopio e

nel 75% dei casi nella zona centrale di almeno 7

mm di diametro non è stata visibile alcuna inter-

faccia dopo accurata ricerca.

Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono

14 viscochirurgia 1 • 2011

C’è stato solamente un caso di difetto di cicatriz-

zazione epiteliale centrale che ha provocato una

modifi ca dell’opacità centrale di 0,7 mm di dia-

metro; tale paziente è stato escluso dallo studio.

Per quanto riguarda la topografi a corneale, in

tutti i pazienti dopo 24 mesi si è evidenziata la

totale scomparsa di deformazioni cheratoconi-

che residue ed una forma corneale centrale fi -

siologica. Inoltre in tutti questi la Best Fit Sfere

già dopo 9 mesi è stata pari a 41,22 ± 1,73 diot-

trie stabili anche nei controlli successivi; infatti

dopo 24 mesi è stata di 42,02 ± 1.45 diottrie.

Dopo la rimozione di tutti i punti di sutura i valo-

ri di curvatura medi centrali si sono stabilizzati

sia dopo 12 mesi sia dopo 24 mesi essendo stati

rispettivamente pari a 42,31 ± 3,66 diottrie ed a

42,21 ± 1,57 diottrie.

Mediante l’elaborazione aberrometrica con-

dotta con pupilla di 4,5 mm di diametro è stato

possibile evidenziare astigmatismi di Zernike

residui di 2,15 ± 1,95 diottrie a 9 mesi ridottisi a

1,65 ± 0,95 diottrie dopo 24 mesi, coma di 0,855

± 0,910 µm a 9 mesi diminuitosi a 0,485 ± 0,820

µm dopo 24 mesi, ed aberrazione sferica di

0,586 ± 0,970 µm a 9 mesi stabilizzatasi a 0,376

± 0,790 dopo 24 mesi.

È stato altresì possibile rilevare in tutti i casi la

presenza dell’interfaccia alla microscopia con-

focale grazie all’aumento di rifl ettività a tale li-

vello. Lo spessore dello stroma residuo al di sot-

to dell’interfaccia è risultato pari a 111 ± 55 µm

in sede centrale.

La conta delle cellule endoteliali ha evidenziato,

dopo 9 mesi, una perdita cellulare del 9,1% ri-

spetto alla misura effettuata pre-operatoriamen-

te, senza subire poi cambiamenti nei successivi

controlli.

La BSCVA media in fase pre-operatoria è stata

di 0,35 ± 0,06 e dopo 24 mesi dall’intervento è

salita a 0,77 ± 0,16.

Nel 15% dei casi si sono registrate reazioni trofi -

che a livello della cicatrice della tasca che han-

no provocato reazioni cicatriziali con alterazioni

topografi che risoltesi nel giro di 2 mesi con tera-

pia cortisonica topica.

>> Discussione e ConclusioniNell’ambito delle chirurgie lamellari strumen-

tali per cheratocono proposte e descritte sinora

in letteratura (comprese quelle che prevedono

l’uso del laser ad eccimeri) la tecnica ETLK si di-

stingue nettamente per principi e scopi. Innan-

zitutto la sua fi nalità non è quella di assottigliare

la cornea affetta da cheratocono né di omoge-

neizzare gli spessori, bensì è quella di eliminare

tutte le aberrazioni della faccia anteriore indotte

dall’ectasia mediante l’adozione di un pattern

ablativo linkato derivato dall’elaborazione aber-

rometrica della topografi a corneale malata. Per-

Tabella 1

parametri preoperatori a 9 mesi a 12 mesi a 24 mesi

Spessore corneale (µm) nel punto più sottile 405 ± 32 456 ± 91 459 ± 35 466 ± 41 (p = 0.0002) (p = 0.0001) (p = 0.0003)

Spessore corneale (µm) a livello della tasca – 758 ± 98 776 ± 55 783 ± 29 (p = 0.0002) (p = 0.0001) (p = 0.0003)

Lettura cheratometrica (D) 52.33 ± 2.95 40.01 ± 4.44 42.31 ± 3.66 42.21 ± 1.57 (p = 0.0001) (p = 0.0001) (p = 0.0001)

Best Fit Sfere (D) 52.36 ± 2.66 41.22 ± 1.73 41.19 ± 2.67 42.02 ± 1.45 (p = 0.0001) (p = 0.0001) (p = 0.0001)

Astigmatismi di Zernike (D) 5.05 ± 2.95 2.15 ± 1.95 2.08 ± 1.85 1.65 ± 0.95 (p = 0.0002) (p = 0.0001) (p = 0.0001)

Coma (µm) 1.986 ± 1.251 0.855 ± 0.91 0.468 ± 0.93 0.485 ± 0.82 (p = 0.0002) (p = 0.0001) (p = 0.0003)

Aberrazione sferica (µm) in valore assoluto 0.803 ± 0.278 0.586 ± 0.97 0.383 ± 0.83 0.376 ± 0.79 (p = 0.0002) (p = 0.0001) (p = 0.0003)

Spessore dello stroma corneale residuo (µm) – 111 ± 21 116 ± 29 119 ± 31 (p = 0.0003) (p = 0.0001) (p = 0.0002)

Densità endoteliale (n° di cellule per mm2) 2624 ± 133 2622 ± 83 2569 ± 110 2551 ± 136 (p = 0.0005) (p = 0.0005) (p = 0.0005)

Paolo Bonci, Andrea Saitta, Paola Bonci

15viscochirurgia1 • 2011

tanto, lo scopo dell’applicazione laser sulla cor-

nea affetta da cheratocono è quello di eliminare

le aberrazioni di ordine elevato sino al 5° ordine,

assieme all’astigmatismo calcolato con i polino-

mi di Zernike ricostruendo una superfi cie cor-

neale anteriore priva di aberrazioni patologiche,

senza prendere in considerazione le alterazioni

di forma della superfi cie posteriore e le disomo-

geneità di spessore presenti nella cornea malata

in quanto refrattivamente meno importanti. Infat-

ti l’esperienza contattologica con lenti rigide ha

ampiamente dimostrato come anche nei casi di

cheratocono molto avanzato la regolarizzazione

della faccia anteriore della cornea ottenuta con

lente corneale abbia permesso il raggiungi-

mento di elevate acuità visive.

L’entità massima dell’ablazione effettuata è sem-

pre stata inferiore ai 200 µm e quasi sempre la

zona di massima ablazione è coincisa con l’api-

ce del cheratocono; in questo modo si sono

raggiunti spessori fi nali sull’apice che variano

da 180 a 250 µm a seconda dello spessore di

partenza. Poi con l’apposizione di una lamella

corneale di 300 µm è stata ricostituita la zona più

sottile con spessori di circa 500 µm e si è stabi-

lizzata nel tempo la forma corneale ottenuta.

È importante sottolineare che nella ETLK, con-

trariamente a quanto accade in altre metodi-

che di cheratoplastica lamellare automatizzata

(compresa quella a link pachimetrico), l’appo-

sizione della lamella corneale non svolge ef-

fetti di schiacciamento meccanico sulla cornea

già trattata con laser ad eccimeri, in quanto la

cornea assume un profi lo normale e senza più

ectasie.

Il follow-up di circa 10 anni, infi ne, non solo non

ha mai evidenziato segni clinici né topografi ci

di ricomparsa di ectasia corneale ma ha anche

dimostrato la perfetta stabilità nel tempo della

forma corneale,e della rifrazione. Tuttavia que-

sta tecnica non è ovviamente applicabile ai che-

ratoconi in stadio molto avanzato, in quanto per

correggere le aberrazioni sarebbe necessario

effettuare scarifi cazioni tissutali tali da rischiare

perforazioni corneali.

In conclusione la tecnica da noi proposta si è

dimostrata essere di semplice e sicura esecu-

zione, eseguibile ambulatorialmente, senza ri-

levanti complicanze intra-operatorie. All’esame

confocale, eseguito a distanza di 6 mesi dal-

l’asportazione di tutti i punti di sutura, in nessun

paziente si sono evidenziate pliche stromali. ®

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>> Bibliografia

Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri topolinkata (ETLK) nel cheratocono

16 viscochirurgia 1 • 2011

Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza® Marco Leto ® Patricia Indemini ® Raphaël Gallo ® Agostino Salvatore Vaiano ® Guido Caramello

Struttura Complessa di Oculistica, Azienda Sanitaria Ospedale “Santa Croce e Carle”, Cuneo

>>

PAROLE CHIAVE trapianto endoteliale

endotelio glide di Busin OCT Visante

KEY WORDS DSAEK

endothelium Busin’s glideOCT Visante

RIASSUNTO Le cause di scompenso endoteliale rappresentano la maggiore indicazione per il trapianto di cornea. I trapianti la-mellari posteriori permettono al paziente affetto da patologia endoteliale di evitare molte complicanze associate alla cheratoplastica perforante. La DSAEK rappresenta l’incarnazione delle tecniche lamellari posteriori. Con quest’arti-colo abbiamo voluto descrivere in maniera dettagliata la nostra tecnica DSAEK per chi volesse cimentarsi in questo nuovo tipo di chirurgia che rappresenta il presente e il futuro del trattamento chirurgico delle patologie endoteliali.

ABSTRACT Taken together, causes of endothelial decompensation represent a major indication for corneal transplantation. Po-sterior lamellar grafts allow patients with endothelial failure to avoid many of the complications associated with the full thickness penetrating keratoplasty. Evolving over the last decade, Descemet’s Stripping Automated Endothelial Keratoplasty (DSAEK) represents the latest incarnation of posterior lamellar grafting techniques. With this article we want describe our DSAEK’s technique for those who want to try this new type of surgery which represents the present and the future of the surgical treatment of endothelial diseases.

>> IntroduzioneLa continua ricerca tecnica e la necessità di ri-

durre le complicanze della cheratoplastica per-

forante nel trattamento delle patologie endoteliali

corneali ha portato Melles et al. nel 1997 ad in-

trodurre la Cheratoplastica Lamellare Posteriore

(PLK). Terry e Ousley hanno, in seguito, svilup-

pato nuovi strumenti e tecniche rinominando la

PLK come Cheratoplastica Lamellare Endoteliale

Profonda (DLEK). Tuttavia, queste modifi che non

hanno ridotto né la diffi coltà tecnica né il tempo

necessario per le dissezioni stromali manuali su

paziente e donatore.

La successiva evoluzione della DLEK fu la De-

scemet Stripping Endothelial Keratoplasty

(DSEK) che prevedeva l’introduzione dello strip-

ping della Descemet. In questa procedura, inve-

ce di eseguire una dissezione lamellare, viene

effettuata uno stripping della Descemet usando

uno speciale stripper appositamente disegnato.

Rispetto alla DLEK, la DSEK era più facile da ese-

guire e lo stripping della Descemet lasciava una

migliore interfaccia sulla quale applicare il lem-

bo del donatore. Questo portava a un migliore

risultato visivo, ma nel contempo, persisteva una

percentuale elevata di dislocazione precoce del

lembo del donatore.

La tecnica si è evoluta poi con la Descemet-

Stripping Automated Endothelial Keratoplasty

(DSAEK) che, oltre all’aggiunta della ressi della

Descemet, sostituisce la dissezione stromale ma-

nuale della cornea del donatore con una disse-

zione automatizzata mediante un cheratomo uti-

lizzato per le LASIK. Questa metodica permette

un notevole miglioramento delle superfi ci delle

interfacce diminuendo notevolmente il tempo di

recupero visivo ed un aumento della qualità del-

la visione riducendo le note complicanze della

cheratoplastica perforante (PK), tra le quali si ri-

cordano il lento recupero funzionale (1-2 anni),

gli astigmatismi regolari e irregolari, il rischio a

lungo termine della rottura traumatica della fe-

rita, il rigetto del lembo e la ridotta percentuale

di successo in caso di reintervento. Un’ulteriore

17viscochirurgia1 • 2011

evoluzione è rappresentata dalla DMEK (Desce-

met's Membrane Endothelial Keratoplasty) che

prevede la sostituzione del lembo costituito dal

solo Endotelio-Descemet.

>> Scopo del lavoroCon quest’articolo vogliamo descrivere la

tec nica da noi utilizzata per fornire un approc-

cio a quanti vo lessero cimentarsi in questo tipo

di chirurgia, che ci ha regalato numerose soddi-

sfazioni diventando, così, l’intervento di prima

scelta nelle patologie corneali endoteliali primi-

tive o secondarie.

>> Selezione dei pazienti I chirurghi che si apprestano a eseguire per la

prima volta la DSAEK dovrebbero selezionare

pazienti pseudofachici con una camera ante-

riore profonda e una CPIOL. Più indaginosa è,

infatti, la procedura nei pazienti fachici o in quel-

li con una IOL in camera anteriore (AC). Molti

pazienti necessitano sia di un trapianto endo-

teliale sia dell’intervento di cataratta. La Facoe-

mulsifi cazione si può eseguire contestualmente

alla cheratoplastica endoteliale, eseguendo una

“procedura triplice” (FACO+IOL+DSAEK). Un

potenziale problema della procedura triplice è

la presenza di viscoelastico nell’interfaccia tra

ricevente e foglietto donatore; per tale motivo al-

cuni autori eseguono in questi casi la faco senza

uso di sostanze viscoelastiche. Noi utilizziamo

solo viscoelastici coesivi.

>> Tecnica chirurgica

AnestesiaI pazienti sono sedati con Propofol 2 ml (20 mg)

intravenoso, immediatamente prima dell’inie-

zione peribulbare di anestetico locale con ropi-

vacaina cloridrato 10 mg/ml (7 ml).

Preparazione del riceventeLa procedura inizia con il chirurgo seduto tem-

poralmente. La cornea è marcata con un marca-

tore circolare da 9 mm per evidenziare i limiti

della successiva ressi della Descemet. Si ese-

gue un’incisione temporale di 2,2 mm (che poi

sarà allargata a 4,1 mm) con un passaggio intra-

stromale breve di 1 mm circa, attraverso il quale

l’operatore compirà le manovre principali come

l’introduzione del lembo. Si esegue poi una pa-

racentesi di 1,5 mm nel settore nasale, opposta

alla temporale, che servirà a introdurre le pinze

per trascinare il lembo all’interno dell’occhio

avendo cura, per quanto possibile, di evitare l’in-

gombro del naso in modo da facilitare le mano-

vre d’introduzione dello stesso. Nei settori infe-

riori si esegue una terza paracentesi di 1,2 mm

per l’Anterior Chamber Manteiner (ACM) che

si collega a un rubinetto a tre vie con la bottiglia

d’infusione posta a circa 60 cm di altezza (ve-

rifi carne l’erogazione prima di metterlo) e con

il sistema di erogazione dell’aria di un modulo

per vitrectomia. L’ACM riforma continuamente

la camera, con la BSS o con aria, secondo le fasi

della chirurgia. Con l’uso di un vitrectomo, intro-

dotto dal taglio principale, si esegue un’iridecto-

mia settoriale periferica a ore 6. L’incisione della

Descemet è effettuata sui 360° con l’apposito

uncino introdotto attraverso il tunnel temporale,

seguendo la marcatura precedentemente effet-

tuata, sotto acqua o sotto aria che permette una

migliore visualizzazione della membrana (non

viene usato colorante e/o sostanza viscoelasti-

ca). La rimozione della membrana di Descemet

è facilitata da appositi strumenti come lo stripper

(Figura 1a-b). Si procede poi alla preparazione

del lenticolo del donatore, mentre sulla cornea

del ricevente è posta una spugnetta in merocel

umettata per protezione.

Preparazione del donatoreIl lenticolo del donatore è preparato usando l’Au-

tomated Lamellar Therapeutic Keratoplasty Sy-

stem (ALTK-Moria SA). Si collega una bottiglia

di BSS (posta a 90 cm di altezza) alla camera

artifi ciale ALTK mediante un comune defl usso-

re provvisto di roller di chiusura, posizionato a

15-20 cm circa dalla base della camera artifi cia-

le. Si permette, quindi, la fuoriuscita della BSS

dalla sommità della camera artifi ciale evitando

la formazione di bolle di aria lungo la linea d’in-

fusione. L’anello corneo-sclerale del donatore

viene posizionato sulla camera artifi ciale rivol-

gendo l’endotelio verso il basso, dopo averlo

ricoperto con una piccola quantità di sostanza

Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza

18 viscochirurgia 1 • 2011

viscoelastica. Una volta ottenuta una buona cen-

tratura del lembo corneo-sclerale, si strozza la

linea d’infusione semplicemente piegando ma-

nualmente il tubo.

Si dispone il cup cover sulla base della camera

anteriore artifi ciale fi no a serrarlo completamen-

te, per bloccare correttamente il lembo corneale

e creare una perfetta tenuta stagna tra lo stesso

e la camera artifi ciale. Si riapre, quindi, la linea

d’infusione e si serra ulteriormente la ghiera.

Si procede in seguito alla chiusura del roller, ve-

rifi cando la corretta tenuta della camera artifi -

ciale. Lo spessore corneale viene misurato con

pachimetria a ultrasuoni, mentre la camera ante-

riore artifi ciale è in pressione (circa 90 mmHg).

Se lo spessore della cornea è superiore a 550

micron, si può decidere di eseguire una disepi-

telizzazione usando una Desmarres, ottenendo

una riduzione dello spessore che ci permetterà

di ottenere un lenticolo più sottile (Figura 2a). Il

tono della camera artifi ciale deve essere alto,

allo scopo di favorire la realizzazione di un bot-

tone regolare e di diametro superiore a 9,0 mm

Questo viene ottenuto con il cosiddetto “burst”

che si realizza chiudendo il tubo dell’infusione

con una forte pressione digitale sul roller, per

agevolare l’entrata di una maggiore quantità di

BSS nel sistema, e determinando una maggiore

pressione all’interno della camera artifi ciale. Se

la procedura è effettuata correttamente, si vedrà

un lieve sbiancamento del lembo corneale.

Si applica, quindi, l’anello guida sul cup cover,

avendo cura di disporre il cilindro d’ingaggio

del microcheratomo sullo stesso lato della mano

che s’intende utilizzare per tenere la turbina che

dovrà eseguire il taglio, per favorire la corretta

Figura 1Tecnica chirurgica iniziale

A

B

C

D

Figura 2Tecnica chirurgica:

preparazione del lenticolo

Marco Leto, Patricia Indemini, Raphaël Gallo, Agostino Salvatore Vaiano, Guido Caramello

19viscochirurgia1 • 2011

procedura di taglio senza interruzioni nel movi-

mento del microcheratomo (Figura 2b).

Viene poi ingaggiato il microcheratomo, dopo

avere provveduto all’assemblaggio tra lama, te-

stina e manipolo a turbina, e si procederà con il

taglio sotto infusione di acqua continua.

La scelta della testina da utilizzare è condiziona-

ta dalla necessità di ottenere un lembo stromale/

endoteliale sottile, ma suffi cientemente spesso

per essere manipolato con facilità e sicurezza.

Solitamente si utilizza una testina da 300 o da

350 micron. Nella fase di taglio si deve mantene-

re una velocità costante che consenta un taglio

completo in 5-6 secondi. Una bassa velocità di

avanzamento della testina comporterà un au-

mento dello spessore, mentre, al contrario, un’al-

ta velocità di avanzamento produrrà un lembo

di spessore simile a quello evidenziato sulla te-

stina. Si deve evitare assolutamente di interrom-

pere la fase di taglio per evitare la realizzazione

di lembi di spessore disomogeneo. Una volta

completato il taglio, bisogna verifi care i margini

del lembo corneale superfi ciale e quindi la cor-

rettezza del taglio (Figura 2c).

Per evitare il collasso del lembo endoteliale otte-

nuto e, quindi, l’eventuale danneggiamento del-

l’endotelio stesso, procedere come segue:

A. trozzare manualmente la linea d’infusione tra

la camera anteriore e il roller (si eviti di apri-

re il roller poiché l’arretramento della rotella

provocherebbe un immediato collasso della

camera);

B. aprire poi il roller e dopo aver fatto ciò rila-

sciare la linea d’infusione.

Con la cornea ancora bloccata sulla camera ar-

tifi ciale è utile marcare i quattro punti cardinali

esattamente sul bordo del taglio ottenuto, per

permettere una facile centratura nella successi-

va fase di punzonatura con il punch. Sempre me-

diante l’utilizzo di una matita dermografi ca molto

sottile, si disegni una “F” a circa 1 mm interna-

mente al bordo del taglio ottenuto, che consenti-

rà di riconoscere il lato stromale quando s’inse-

rirà il lembo endoteliale in camera anteriore (in

caso di rovesciamento del lembo la “F” apparirà

come un “7”) (Figura 2d). Mantenendo aperta la

linea d’infusione, svitare delicatamente la ghiera

di serraggio della cornea e, dopo avere afferrato

il limbus corneale mediante apposite pinze, svi-

tare ulteriormente fi no alla completa estrazione

del lembo corneale (lo si può estrarre dall’alto

attraverso l’anello del cup cover).

Disporre delicatamente il lembo ottenuto sulla

base del punch a ghigliottina (Figura 3a). Ve-

rifi carne la corretta centratura avvalendosi dei

quattro punti cardinali in precedenza marcati (il

diametro del lembo ottenuto dovrebbe essere

compreso tra i 9.5 e i 10,0 mm).

Si procede al taglio fi nale del lembo endotelia-

le, avvalendosi di un punch da 8.50/8,75 mm di

Figura 3Tecnica chirurgica:completamento del lenticolo

A

B

C

D

Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza

diametro scelto in base alle dimensioni della

camera ricevente. Eseguito il taglio, si procede

alll’asportazione della corona circostante (dopo

aver verifi cato il corretto taglio afferrando con

una pinza e facendo [[scorrere l’anello sclerale

con movimenti circolari intorno al punzone cen-

trale) (Figure 3 b-c-d).

Introduzione del lembo in camera anterioreLa procedura per i passaggi successivi è effet-

tuata con il chirurgo seduto a ore 12. Si man-

tiene aperta l’irrigazione con BSS attraverso

A B

C D

B

D

A

C

Figura 5Fine intervento

Figura 4Tecnica chirurgica:

introduzione di lenticolo endoteliale

20 viscochirurgia 1 • 2011

Marco Leto, Patricia Indemini, Raphaël Gallo, Agostino Salvatore Vaiano, Guido Caramello

Figura 6Controlli

post operatori

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>> Bibliografia

l’ACM in modo da mantenere formata la camera

anteriore durante le manovre. Si prende delica-

tamente il lembo endoteliale e si trascina sulla

piastra del glide disegnato da Busin (Moria SA)

tenendo la faccia endoteliale rivolta verso l’alto

(Figure 4 a-b). Il glide è poi invertito (up-down)

e posizionato all’ingresso del tunnel temporale

mentre con la pinza da microincisione si attra-

versa la camera anteriore, entrando dal lato op-

posto (Figura 4c). Afferrando il bordo del lem-

bo, lo si trascina all’interno della CA, facendo

attenzione che il lembo entri correttamente con

il lato stromale verso l’alto. L’infusione continua

dovrebbe favorire la completa apertura del lem-

bo (Figura 4d). Si chiude l’infusione continua e

si sfi la l’estremità dell’ACM dalla camera ante-

riore. Dopo avere ulteriormente verifi cato il cor-

retto posizionamento del lembo e, ovviamente,

la marcatura effettuata precedentemente (deve

apparire una “F”), si introduce una bolla d’aria

in camera anteriore che favorirà l’adesione alla

volta stromale. Una corona sui 360° e un rifl es-

so argenteo del lembo (che apparirà attraverso

la cornea come un tessuto“stropicciato”) sono

sinonimo di una buona adesione. In caso con-

trario, si riduce la bolla d’aria e si eseguono dei

massaggi sulla superfi cie anteriore della cornea

in modo da far scivolare il lembo per ottene-

re un corretto posizionamento. Si procede alla

chiusura dell’incisione primaria mediante punti

staccati in Nylon 10/0 (Figura 5). La posizione del

paziente nel postoperatorio deve essere supina

intervallata con brevi periodi di posizione sedu-

ta (Figura 6 a-b-c-d).

>> ConclusioniLa DSAEK è una tecnica semplice ed effi cien-

te (Figura 7) per il trattamento delle patologie

endoteliali corneali. I pazienti hanno un veloce

recupero visivo oltre che una migliore qualità.

Tra gli svantaggi della tecnica dobbiamo anno-

verare i costi del microcheratomo. ®

21viscochirurgia1 • 2011

Descemet’ Stripping Automatized Endothelial Keratoplasty: nostra esperienza

Figura 7Immagine OCT Visantepost operatorio

22 viscochirurgia 1 • 2011

Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica “a cielo coperto”® Giuseppe Perone ® Filippo Incarbone

Centro Oculistico Giuseppe Perone, Saronno (VA)

>>

PAROLE CHIAVE cheratoplastica perforante

laser a femtosecondilaser intrastromale

lembo corneale

KEY WORDS penetrating keratoplasty

femtosecond laserintrastromal laser

corneal fl ap

RIASSUNTO Il laser a femtosecondi o laser intrastromale è uno strumento chirurgico in grado di produrre resezioni corneali. Ha ricevuto l’approvazione dall’FDA americana nel 1999. Grazie alla sua elevata precisione, sostituisce strumenti taglienti come bisturi, trapani e microcheratomi nelle procedure che hanno fi nora richiesto l’utilizzo di tali dispositivi. Dal Settembre 2006, esiste una procedura, denominata IEK (IntraLase Enabled KeratoplastyTM), che impiega il Laser a Femtosecondi per creare lembi da donatore e da ricevente allo scopo di eseguire una Cheratoplastica, dall’AMO. In questo lavoro vengono descritte alcune particolarità chirurgiche che abbiamo introdotto nel tempo, adattando le conoscenze e l’esperienza accumulata negli anni con la tecnica tradizionale con trapano alla tecnica di Chera-toplastica Perforante con laser a Femtosecondi con la quale, almeno in teoria, è possibile creare lembi dal profi lo desiderato, una collimazione ottimale tra lembo del donatore e letto del ricevente, una migliore cicatrizzazione, un minor traumatismo chirurgico, una rimozione precoce delle suture ed un minore astigmatismo indotto.

ABSTRACT The femtosecond laser (intrastromal laser) is a surgical instrument used in ophthalmic surgery to cut the corneal tissue. It received FDA approval in 1999. Due to its high precision, it replaces cutting devices like bistouries, trephine and microkeratomes in ophthalmic procedures. In 2006 it has been developed a standard procedure named IEK (IntraLase Enabled KeratoplastyTM) in order to perform both Lamellar and Penetrating KeratoPlasty (PKP), by AMO. In this paper we describe our way of performing PKP, translating the surgical skills and pearls that we learned through the past years in trephine PKP into a new laser experience, by which one can get design-fi tting corneal fl aps, exact matching donor/recipient corneal disks, better and faster scarring, besides reduced surgical injury, earlier suture removal and lesser astigmatism.

>> IntroduzioneIl laser a femtosecondi Il laser a femtosecondi è un laser chirurgico per

uso oftalmico in grado di produrre resezioni

corneali. La denominazione è legata al fatto che

la durata dell’impulso è dell’ordine dei femtose-

condi (1 Femtosecondo = 10-15 sec). Per avere

un termine di paragone, si può ricordare che 1

femtosecondo è il tempo necessario ad un elet-

trone per passare da un atomo all'altro o che le

reazioni chimiche più veloci avvengono in circa

200 femtosecondi, mentre la luce impiega 1 se-

condo per compiere il giro del mondo 7,5 volte

e 100 femtosecondi per attraversare lo spessore

di un capello.

Ricordando la formula che lega Potenza, Energia

e Tempo (Potenza = Energia/Tempo), grazie ad

una durata dell’impulso così breve, è possibile

ottenere elevate potenze in cornea impiegando

livelli di energia relativamente bassi. Ciò per-

mette di utilizzare questo tipo di laser produ-

cendo un effetto di resezione nella cornea con

minimo danno tissutale.

Il laser a femtosecondi viene defi nito anche in-

trastromale, poiché agisce nello spessore dello

stroma corneale, esclusivamente nel piano di

focalizzazione, lasciando intatto il tessuto cor-

neale attraversato. Ciò si spiega grazie al suo

meccanismo di azione: il raggio laser, di lun-

ghezza d’onda nell’infrarosso, seziona il tessuto

mediante un’azione nota come photodisruption,

termine che potrebbe essere tradotto in italiano

23viscochirurgia1 • 2011

con il termine ‘foto-disgregazione’. Il laser, fo-

calizzato nello stroma corneale, in uno spot di

2-3 micron di diametro, attraversa gli strati cor-

neali per raggiungere il piano di messa a fuo-

co e qui determina la formazione di un plasma

che, espandendosi, produce un vero e proprio

slamellamento della cornea. Un sistema ottico

controllato da computer consente di portare in

rapida sequenza migliaia d‘impulsi l’uno vicino

all’altro, secondo una strategia ed un disegno

programmato in modo da creare precise geo-

metrie di taglio. In questo modo è possibile

creare1 una lamella, un tunnel, un taglio e com-

binazioni di questi con una precisione ed una

ripetibilità elevatissima2,3.

Il laser intrastromale ha ricevuto l’approvazione

dalla FDA (Food&Drug Administration, l’organo

di controllo federale degli Stati Uniti) nel Dicem-

bre 1999 ed è stato presentato per la prima vol-

ta all’American Academy of Ophthalmology nel

meeting annuale dell’Ottobre 2000.

È dunque possibile pensare al laser a femtose-

condi come ad un’alternativa alle procedure che

impiegano una lama4,5 quali il bisturi, il trapano,

il microcheratomo. Nel caso di una LASIK, il laser

a femtosecondi si sostituisce al microcheratomo,

nel caso dell’impianto di INTACS al delamina-

tore corneale, nel caso della Cheratoplastica

Perforante o Lamellare, si sostituisce al trapano

corneale, al punch o al tagliente utilizzato per

slamellare la cornea6,7,8.

L’evoluzione nel tempo ha portato oggi al Laser

a Femtosecondi di IV generazione9 (Tabella 1).

IntraLase Enabled KeratoplastyTM

La IEK10 (IntraLase Enabled KeratoplastyTM), è

una Cheratoplastica con taglio effettuato con la-

ser a femtosecondi, e rappresenta la più avanza-

ta metodica di impiego del laser a femtosecon-

di; la IEK ha ricevuto l’approvazione dell’FDA nel

Luglio 2005 e la prima procedura su un occhio

umano fu eseguita ad Indianapolis dal chirurgo

Frank Price. Attualmente sono disponibili diffe-

renti modalità di creazione del lembo11: Top-Hat

(a cappello a cilindro), Mushroom (a fungo) e

Zig-Zag (Figura 1). La procedura di taglio ha un

verso, cioè avviene dall’endotelio verso l’epite-

lio e ciò ha, come vedremo in seguito, particola-

ri implicazioni pratiche.

I vantaggi della procedura IEK sono rappre-

sentati dalla possibilità, teoricamente infi nita,

di creare lembi personalizzati, dalla precisione

nella collimazione tra lembo del donatore e letto

del ricevente, dalla migliore cicatrizzazione, se-

condaria ad una più precisa e fi ne apposizione

e collimazione dei lembi, da un minore trauma-

tismo chirurgico, da una più precoce rimozione

Tabella 1

Evoluzione dei laser a Femtosecondi

II generazione (dal 2001)• Procedura troppo lenta (+65 secondi)*• Problemi di cheratite lamellare diffusa e microstriae

III generazione (dal 2003)• Procedura meno lenta (+35 secondi)*• Minori problemi di cheratite lamellare diffusa e microstriae

IV generazione (dal 2006)• Procedura rapida (20 secondi)*• Ridotta incidenza di complicanze

* per creare un lembo nella LASIK

Figura 1Pattern di taglio con laser a femtosecondi

Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica "a cielo coperto"

24 viscochirurgia 1 • 2011

della sutura e, dal punto di vista rifrattivo, da una

minor induzione di astigmatismo, con conse-

guente ridotte problematiche di gestione del-

l’astigmatismo stesso nel postoperatorio.

>> Descrizione della tecnicaGli Autori hanno già pubblicato una tecnica per-sonale defi nita ‘a cielo coperto’, per ridurre i rischi intraoperatori e garantire una tenuta della camera anteriore nelle prime fasi di sutura del lembo corneale12. In questo lavoro, per descrive-re le manovre chirurgiche che abbiamo introdot-to nel tempo, per ottimizzare la tecnica di Chera-toplastica Perforante con laser a Femtosecondi, adattando le conoscenze e l’esperienza accumu-lata negli anni con la tecnica tradizionale con tra-pano, abbiamo seguito il criterio della sequenza dell’intervento. Ad ogni fase della procedura, ormai ben nota, abbiamo elencato e spiegato il nostro comportamento e le varianti maturate nel corso degli ultimi tre anni di esperienza.

>> Fase di creazione dei lembi

Scelta del tipo di taglioAbbiamo creato differenti tipologie di taglio: a partire da quello a zig-zag (Figura 2) fi no a quel-la di forma cilindrica.

Taglio a zig-zagQuando si è scelto di creare un lembo a tutto spessore secondo la modalità a zig-zag, il laser ha agito in tre fasi:n taglio laterale posteriore (dalla camera ante-

riore verso lo stroma): diametro 8,9 mm, in-clinazione 45°, fi no a 320 micron di spessore (Figura 3a);

n taglio lamellare a decorso orizzontale (paral-lelo alle superfi ci corneali): a 350 micron di profondità (media dello spessore corneale a 6-7 mm) da 7,4 a 9 mm (Figura 3b);

n taglio laterale anteriore (dallo stroma fi no alla

superfi cie corneale): diametro 8,1 mm, incli-

nazione 45° (Figura 3c).

Come si nota, si programma una sovrapposizio-

ne dei margini di taglio pari a 30 micron sull’as-

se antero-posteriore e pari a 0,1 mm nel taglio

lamellare.

Figura 2Aspetto al microscopio

elettronico del taglio con margini a zig-zag

(Cortesia del Dr. Marino Campanelli, Monza)

Figura 3Taglio con margini

a zig-zag A. anterioreB. lamellare

C. posteriore

A

B

C

Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

25viscochirurgia1 • 2011

Taglio cilindricoQuando preferiamo eseguire un taglio cilindrico

a tutto spessore, impostiamo il diametro anterio-

re a 7,5 mm nel ricevente e a 7,7 nel donatore, la-

sciando così uno scarto di 0,2 mm tra donatore e

ricevente; l’angolo di taglio è di 60°. Ricordiamo

qui che il laser inizia la procedura in profondità

e la prosegue verso la superfi cie. Così, si deve

programmare l’inizio della fase di taglio più pro-

fondamente all’endotelio, cioè in camera ante-

riore per evitare di avere strati interni non incisi.

Al contrario, come vedremo in seguito, nel taglio

del ricevente lasciamo appositamente negli stra-

ti superfi ciali 70 micron non incisi a 360° e ponti

di tessuto intatto nei quattro punti cardinali.

Creazione del lembo del donatore La procedura viene eseguita appoggiando la ca-

mera di prova su di un tavolino da noi ideato che

si incastra nel testale del letto del laser ad ec-

cimeri WaveLight ALLEGRETTO che affi anca il

laser a femtosecondi (Figura 4). Questo accorgi-

mento ha consentito di sfruttare la versatilità del

lettino nei movimenti di traslazione, senza dover

ricorrere all’impiego di ulteriori tavoli chirurgici.

Uno dei primi problemi che abbiamo dovuto af-

frontare è stato il mantenimento di un’adeguata

pressione all’interno della camera di prova. In-

fatti, la semplice bottiglia di BSS collegato con

un defl ussore alla camera anteriore artifi ciale di

Barron non consentiva di adeguare puntualmen-

te la pressione alle necessità intraoperatorie.

Abbiamo così ideato un dispositivo appropriato

(Figura 5). Esso è costituito da un alloggiamento

per una siringa da 5 cc, collegata al tubo di in-

fusione che si collega ad uno dei due connetto-

ri Luer-Lock della camera di prova. Lo stantuffo

della siringa è pressato da una vite; la rotazione

di questa vite aumenta la spinta sullo stantuffo

e, quindi, la pressione nella camera di prova; la

pressione viene mantenuta dalla posizione dello

stantuffo, bloccato dalla vite. Il BSS deve uscire

dall’altro connettore Luer-Lock e deve affacciarsi

dai due fori della camera di prova; a questo pun-

to si chiude la seconda uscita Luer-Lock della

camera di prova.

Il lembo sclerocorneale viene inserito su di una

camera anteriore artifi ciale con il lato endotelia-

le appoggiato su una bolla di BSS. Può essere

utile riempire l’incavo della camera di prova con

sostanza viscoelastica; ciò eviterà la formazione

di una fastidiosa bolla d’aria che potrebbe di-

sturbare tutte le successive fasi di applanazione,

centratura e taglio. Inoltre, raccomandiamo di

chiedere alla ‘Banca Cornea’ che fornisce il lem-

bo del donatore di lasciare un anello sclerale di

almeno 3 mm su tutta la circonferenza, per con-

sentire la perfetta tenuta della camera di prova.

Più volte ci è capitato che si verifi casse una fuo-

riuscita di liquido tra una incisura del margine

del lembo e l’anello della camera di prova, con

un eccesso di manipolazione del lembo, una

grande diffi coltà nella preparazione al taglio ed

un notevole allungamento dei tempi. Inoltre, le

manovre per ricentrare il lembo possono obbli-

gare a tagliare il lembo in posizione eccentrica

fatto che, se non desiderato, può indurre ulterio-

ri variabili nella refrazione post-operatoria.

Il lembo, così preparato, è stato posto sotto l’aper-

tura del laser intrastromale per effettuare l’appla-

nazione, senza anello di suzione, la centratura ed

il taglio (Figura 6). Al termine della procedura il

lembo sclerocorneale è stato lasciato sulla ca-

mera anteriore artifi ciale, protetto da sostanza

viscoelastica sul versante epiteliale, previa veri-

fi ca al microscopio della bontà del taglio.

Figura 4Tavolino inserito nel testale del laser ALLEGRETTO WaveLight

Figura 5Camera di prova, basamento e dispositivo che alloggia la siringa per mantenere la pressione nella camera di prova artifi ciale

Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica "a cielo coperto"

26 viscochirurgia 1 • 2011

Creazione del letto del ricevente1. Preparazione: il paziente è stato preparato

con somministrazione topica di Lidocaina col-

lirio 4%, Ofl oxacina 0,3% collirio, Acido Jalu-

ronico 0,4% collirio somministrati per 5 volte,

ogni 5’ a partire da 30’ prima dell’intervento.

2. Anestesia: si è sempre scelto di evitare l’ane-

stesia generale, indipendentemente dalle

con dizioni generali dei pazienti.

Preferiamo effettuare l’infi ltrazione peribulba-

re solamente dopo il taglio per evitare l’imbi-

bizione dei tessuti molli prima della creazione

del lembo con laser a femtosecondi (potenzia-

le ostacolo alla suzione, alla centratura e man-

tenimento in sede dell’anello, possibile occlu-

sione dei fori di aspirazione con conseguente

perdita di suzione). In alcuni casi, si è scelto

di eseguire l’intera procedura con la sola ane-

stesia topica, evitando anche l’anestesia loca-

le per infi ltrazione che, dopo la creazione del

lembo, avrebbe aggiunto un‘importante e de-

leteria spinta sul bulbo (possibile deiscenza

dei piani corneali di taglio con conseguenze

sulla integrità della camera anteriore e, quin-

di, del bulbo). La compliance dei pazienti e

la presenza costante dell’Anestesista durante

tutte le fasi della procedura ci hanno, ovvia-

mente, consentito di svolgere l’intervento con

questo tipo di anestesia13.

3. Suzione: preparato il campo operatorio e ap-

plicato il blefarostato, è stato apposto l’anello

di suzione sull’occhio del paziente, effettuan-

do l’opportuna centratura; mediante una si-

ringa, che fa parte del set denominato ‘Patient

Interface’ (insieme all’anello di suzione ed al

cono di applanazione con lo scopo di mante-

nere solidale il laser all’occhio del paziente e

di permettere una corretta focalizzazione del

raggio laser all’interno dello stroma cornea-

le), è stato creato il vuoto necessario a man-

tenere la suzione. Per creare un adeguato

valore di vuoto, il pistone si deve arrestare a

3,2-3,4 cc. della scala di taratura della siringa.

Questo valore corrisponde, nell’occhio del

paziente, a circa 30-35 mmHg. Si è eseguita,

quindi, la fase di applanazione e il perfezio-

namento della centratura del lembo.

4. Creazione del lembo: l’integrità del bulbo

del ricevente nella fase di applanazione e, an-

cor più, al rilascio della suzione è sempre sta-

to un obbiettivo nelle nostre procedure. Per

avere le massime garanzie di conservarla,

osserviamo la seguente procedura:

Risparmio tessutale (70 micron) Impostiamo un risparmio tessutale di 70 micron

per aumentare la tenuta del lembo nelle fasi suc-

cessive. Nella schermata nella quale si program-

mano le caratteristiche del taglio, si seleziona,

tra le opzioni previste, il pulsante a video ‘More

Parameters’. Nella videata che appare si selezio-

na la voce ‘Depth in Glass’ e si inserisce il valore

–70 micron.

Ciò signifi ca che il laser viene programmato per

arrestare la fase di erogazione degli impulsi a 70

micron dalla superfi cie di contatto con la cornea,

ovvero il taglio, che avviene dall’endotelio ver-

so l’epitelio, lascerà intatti i 70 micron di tessuto

corneale più superfi ciale.

Ponti superficiali Inoltre a circa 2/3 del trattamento è stato inserito

sulla faccia superiore del cono di applanazione

un dispositivo a croce (Figura 7) che esercita un

effetto di maschera (Figura 8); in considerazione

del fatto che il taglio avviene dall’endotelio ver-

so la superfi cie epiteliale lo scopo è quello di

lasciare quattro ponti di tessuto superfi ciale per

aumentare la tenuta del lembo nelle fasi succes-

sive. Al termine viene rilasciata la suzione.

Rilascio della suzione Questa fase è ad elevato rischio e richiede gran-

de delicatezza. Il rilascio della suzione deve

essere effettuato contemporaneamente al solle-

vamento del cono di applanazione; infatti, se si

Figura 6Applanazione sul lembo del

donatore; il lembo è alloggiato nella camera

anteriore artifi ciale di Barron; la pressione

nella camera di prova è mantenuta dal dispositivo

da noi creato; il secondo connettore della camera

di prova è chiuso

Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

27viscochirurgia1 • 2011

rilascia prima la suzione c’è il rischio che il cono

di applanazione penetri in camera anteriore, se

si solleva prima l’applanazione c’è il rischio che

il bulbo si apra o si svuoti verso l’esterno. Del-

le due possibilità, la prima è la più reale dato

che non è possibile sollevare il dispositivo di

applanazione senza avere rilasciato la suzione.

Si comprende così l’importanza del dispositivo

a croce e del risparmio tessutale superfi ciale

nella creazione del taglio sul ricevente. Infi ne,

poniamo un tampone ed un guscio protettivo

sull’occhio del paziente. È a questo punto che,

quando indicato, eseguiamo l’anestesia peri-

bulbare (Figura 9). Applichiamo poi un guscio

rigido di protezione e spostiamo il paziente in

sala operatoria, accompagnandolo su di una

sedia mobile.

>> Fase di sostituzione del lemboViene eseguita dopo la consueta preparazione

del campo operatorio, l’apposizione del blefa-

rostato e l’esposizione del bulbo e si articola in

più fasi.

1. Scollamento del lembo del ricevente. Si è

proceduto con la seguente sequenza:

n la linea di taglio, anche se non raggiunge

la superfi cie epiteliale, è facilmente identi-

fi cabile al microscopio. In corrispondenza

di essa, si esegue uno scollamento ante-

riore allo scopo di verifi care presenza e

qualità del taglio; si utilizza la spatola per

dissecazione dell’epitelio (Storz E9071),

normalmente impiegata nella tecnica LA-

SIK per lo scollamento del lembo lamella-

re (Figura 10). Lo scollamento è, per ovvie

ragioni, più profondo in corrispondenza

dei quattro settori negli intervalli tra i pon-

ti tessutali; questa manovra consente una

contemporanea verifi ca della presenza

dei ponti tessutali lasciati ai quattro punti

cardinali. Nel caso di un taglio a zig-zag si

esegue lo scollamento fi no al taglio plana-

re intermedio;

n per agevolare le manovre di rimozione del

lenticolo corneale del paziente, preferia-

mo applicare un punto di sutura temporale

(ad ore IX in OD e ad ore III in OS) in seta

vergine 8.0 sullo stesso.

Figura 7Dispositivo a croce salva-tessuto

Figura 8Dispositivo a croce: veduta al microscopio del laser a femtosecondi

Figura 9Anestesia peribulbare

Figura 10Scollamento del lembo in corrispondenza dei quattro settori negli intervalli tra i ponti tessutali

Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica "a cielo coperto"

28 viscochirurgia 1 • 2011

2. Sovrapposizione e posizionamento del lembo del donatore a quello del ricevente: n si preleva il disco corneale del donatore

isolandolo dal lembo sclerocorneale e lo

si appoggia sulla superfi cie corneale del

ricevente (Figura 11); quest’ultima viene

lasciata a scopo tettonico (da qui scaturi-

sce la denominazione di ‘tecnica a cielo

coperto’). Poiché la sua faccia epiteliale è

destinata a venire a contatto con l’endotelio

del lembo donatore, essa viene ricoperta

di sostanza viscoelastica, con lo scopo di

evitare un effetto traumatico sull’endotelio

del donatore;

n ancoraggio del lembo del donatore con

quattro punti staccati in seta vergine 8.0,

collocati a metà dell’arco teso tra i due

ponti tessutali lasciati dalla apposita pro-

grammazione di taglio sulla cornea del

paziente;

n dopo avere stretto i quattro punti (Figura 12),

il bulbo del paziente è chiuso dalla cornea

nativa, ancora in sede grazie ai ponti tes-

sutali lasciati dal taglio con laser intrastro-

male a livello della porzione posteriore del

taglio; sopra ad essa, con l’interposizione

della sostanza viscoelastica, si trova la cor-

nea del donatore, ancorata dai punti di su-

tura (Figura 13).

3. Rimozione del lembo del ricevente:n a questo punto, si possono tagliare i quat-

tro ponti tessutali. La manovra può essere

agevolmente eseguita con un tagliente.

Ri cordiamo che lo spessore di cornea non

tagliata perché mascherata dal dispositi-

vo a croce è sottile (circa 100 micron) ed

ha un’ampiezza limitata a pochi gradi

angolari;

n grazie al fi lo di sutura in seta vergine posto

temporalmente sul lembo del ricevente, si

identifi ca e si mette in tensione il lembo

nativo;

n si estrae quest’ultimo con una delicata

manovra (Figura 14). La camera anteriore,

così esposta, rimane protetta dalla presen-

za del lembo del donatore, già in sede;

n ulteriori quattro punti staccati in seta ver-

gine 8.0 di ancoraggio per stabilizzare il

lembo del donatore.

Figura 11Lembo corneale

sulla superfi cie corneale del ricevente

Figura 12Lembo corneale

sulla superfi cie corneale del ricevente: sutura

a punti staccati

Figura 13Lembo corneale

sulla superfi cie corneale del ricevente

Figura 14Estrazione del lembo nativo del ricevente

Figura 15Lembo in sede

con suture singole e sutura continua

Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

29viscochirurgia1 • 2011

4. Sutura. Utilizziamo di routine una sutura conti-

nua in Nylon 10.0 con ago spatolato 3/8 di cer-

chio; effettuiamo sedici passaggi (Figura 15).

È bene ricordare che l’ago deve essere diret-

to verso il centro della cornea e che l’ingres-

so nello stroma corneale deve essere tra i 2/3

anteriori ed il 1/3 profondo dello stroma cor-

neale, in una posizione predescemetica. Nel

corso deIla sutura è bene provvedere ad un

tensionamento progressivo del fi lo. Il primo

passaggio viene effettuato ad ore XII, in senso

centripeto, sul versante stromale del lembo;

l’ultimo passaggio, sempre ad ore XII, inizia

sul versante epiteliale del letto del ricevente e

porta l’ago in senso centripeto ed il fi lo della

sutura nell’interfaccia. In tal modo, quando si

forma e si stringe il nodo, esso risulterà in-

fossato nell’interfaccia. Dopo avere trazionato

la sutura e serrato il punto, la procedura pro-

segue con la rimozione dei punti staccati in

seta vergine e si conclude con l’applicazione

di una lente a contatto terapeutica. La medi-

cazione comprende Atropina 1% collirio, De-

sametasone 1% collirio ed Ofl oxacina 0,3%

collirio.

>> ConclusioniLa Cheratoplastica Perforante ha subito, nel cor-

so degli ultimi anni, continui perfezionamenti

che hanno riguardato sia la gestione del lem-

bo del donatore, che la tecnica chirurgica, che

il comportamento nel postoperatorio allo scopo

di ottenere i migliori risultati funzionali.

L’introduzione del laser a femtosecondi si inse-

risce in questo percorso poiché rappresenta uno

strumento potenzialmente in grado di migliora-

re la tecnica chirurgica. In modo particolare, la

IEK consente di pianifi care geometrie di taglio

con una puntuale ripetibilità del taglio sia sul

donatore che sul ricevente e, quindi, una com-

plementarietà tra innesto e letto ricevente, una

maggiore stabilità del lembo sul letto del do-

natore, una maggiore prevedibilità dell’assetto

del lembo trapiantato, una maggiore uniformi-

tà dei fenomeni cicatriziali e, in defi nitiva, mi-

gliori risultati funzionali (Figura 16, Figura 17).

Nella tecnica sopra esposta, a nostro parere, le

particolarità sono rappresentate dall’aneste-

sia locale o, come descritto precedentemente,

dall’anestesia topica, dalla ripetibilità e com-

plementarietà dei lembi preparati con il laser a

femtosecondi, dalla tecnica ‘a cielo coperto’ che

si è dimostrata, in grado di mantenere la camera

durante la prima fase di sutura del nuovo lembo

e, almeno per il follow-up fi n ad oggi possibi-

le, di salvaguardare l’integrità dello strato en-

doteliale (Figura 18), fatto di assoluto rilievo per

conservare il lembo nel tempo, scongiurando il

pericolo dello scompenso tardivo. ®

Figura 16Aspetto postoperatorio a 6 ore

Figura 17Aspetto postoperatorio a 2 settimane

Figura 18Microscopia endoteliale: aspetto postoperatorio a 1 mese

Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: la tecnica "a cielo coperto"

30 viscochirurgia 1 • 2011

01. Juhasz T, Loesel F, Kurtz RM, Horvath C, Mourou G. Femtosecond laser refractive corneal surgery, IEEE Journal of Special Topicsin Qunatum Electronics 1999;5:902-910.

02. Krueger RR, Marchi V, Gualano A, Juhasz T, Speaker M, Suárez C. Clinical analysis of the neodymium:YLF picosecond laser as a microkera-tome for laser in situ keratomileusis. Partially Sighted Eye Study. J Cataract Refract Surg. 1998 Nov;24(11):1434-40.

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04. Perone G. Il laser a femtosecondi - parte prima. La Voce AICCER - Anno 2007 – n.1; pagg.36-41 – Fabiano Editore.

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11. Culbertson W. Bascom Palmer experience in IEK. ESCRS meeting - 2006 9-12 September.

12. Perone G, Incarbone F. Cheratoplastica perforante con Laser a Femtosecondi: tecnica ‘a cielo coperto’. N. 3-4, Anno 2008, Volume 60, pagg-45-5.

13. Rapisarda A, Savarino F, Rapisarda L. Anestesia nel trapianto di cornea in “Il Cheratocono” Cap. 13.3 – pag 343 – Edizioni SOI 2004.

>> Bibliografia

Giuseppe Perone, Filippo Incarbone

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TOTALE

32 viscochirurgia 1 • 2011

LE VISCO INTERVISTE

Intervista a...

Stelvio Cipriani

>>

VISC

OC

HIRU

RGIA

i, la, la, do, mi. Poche note che lette non signifi cano nulla, ma suonate sono l’inizio

di… Anonimo Veneziano, un fi lm degli anni ’70 che raccontava una storia d’amore, triste. L’Au-tore delle musiche era Stelvio Cipriani, un musi-cista all’epoca ancora non molto conosciuto, ma che con questa colonna sonora fece il gran balzo nel mondo della celluloide. La sua carriera era cominciata circa 10 anni prima in maniera diver-sa: il Maestro Cipriani era un giovane di talento che voleva inserirsi nel mondo della musica.

Maestro Cipriani, il Suo inizio è da pianista di piano bar?È vero; ero giovane, volevo cono-scere il mondo, guadagnare qual-che soldo, vivere e assaporare la linfa vitale del jazz americano. E così mi imbarcai sulle navi da cro-ciera, che navigando nelle tiepide acque del Golfo del Messico, tra la Florida, Santo Domingo, lo Yu-catan, offrivano vacanze spensie-rate ai ricconi americani. I motivi da suonare erano tanti e tra loro i pezzi di Glenn Miller, Stan Getz,

Louis Armstrong, nonché i classici delle canzoni europee, da G. Becaud a Charles Trenet, e gli Autori italiani dell’epoca come Ca-rosone, Modugno….

Per quanti anni ha fatto questa vita e a cosa Le è servito?

Per oltre 6 anni, e mi ha permesso di capi-re gli umori del pubblico, le sue sensazioni, le capacità che ha la musica di comunicare emo-zioni differenti da persona a persona. Ogni tan-

to scendevo a terra e cercavo di arrivare nelle grandi città americane per sentire (e… vedere) i grandi artisti del momento come D. Brubeck, L. Armstrong…

E poi tornato in Italia, Lei entrò nel mondo della musica leggera, arrivando addirittura ad arrangiare e dirigere il famoso pezzo “La pappa col pomodoro” colonna sonora del serial TV Giamburrasca, con Rita Pavone.

Vero, tutto questo perché la Pavone in quel perio-do viveva il momento d’oro della sua carriera ed io ero il pianista del suo gruppo. In quel tempo curavo tutti gli arrangiamenti dei pezzi per i con-certi, specie quelli estivi.

E poi il cinema, quello impegnato, quello nazionale ed internazionale...

Cambiai proprio genere e lasciai la musica leg-gera per le composizioni e le colonne sonore; più di 300 tra fi lm italiani e stranieri.

Ma Lei è anche Autore di pezzi per cerimo-nie religiose tra cui un importante brano in onore di S.S. Giovanni Paolo II.

Sì, e sono molto legato a questa parte della mia produzione perché mi ha consentito di esprime-re un’altra dimensione della mia vena artistica e in particolare il pezzo da Lei citato, che ho regi-strato ed orchestrato a Praga e suonato in occa-sione del primo anniversario della morte di Sua Santità all’Auditorium di Roma.

Mi la la do mi... il Maestro Cipriani si gira sul-lo sgabello del pianoforte, mette le mani sulla tastiera, e quelle note, inconfondibili, iniziano a riempire l’aria del suo studio.

Vittorio Picardo

M

La musica accompagna la storia dell’uomo sin dall’antichità.Nel nostro lavoro molto spesso mettiamo della musica non solo nelle sale d’attesa, ma anche in sala operatoria, dove ho visto o meglio ho sentito parecchi Colleghi canticchiare il motivetto di sottofondo per stemperare la tensione e mantenere sereno l’am-biente di lavoro. La musica di Stelvio Cipriani è stata uno dei moti-vi che hanno caratterizzato gli anni 70 e 80, nella cinematografi a italiana e internazionale. In occasione di un suo concerto, Viscochi-rurgia gli ha rubato la promessa di questa intervista.

Vittorio Picardo

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34 viscochirurgia 1 • 2011

PAROLE CHIAVE laser a femtosecondi

disegni di tagliotop hat

mushroomzig zag

diamond

KEY WORDS femtosecond laser

cut designtop hat

mushroomzig zag

diamond

Il profi lo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty)Vari disegni e razionale del loro utilizzo

® Elisabetta Böhm

Unità Operativa Complessa di Oculistica, Ospedale dell’Angelo, Mestre

>>

RIASSUNTO Scopo: Analizzare le possibilità offerte da tagli corneali a superfi cie di contatto ampliata eseguiti con il laser a femtose-condi nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty).Materiali e Metodi: Valutazione retrospettiva di cheratoplastiche eseguite su 150 occhi. Si prendono in esame la facili-tà di esecuzione del taglio e della sutura, la correttezza dell’accostamento dei tessuti in funzione del risultato anatomico e plastico mirando a ottenere la più resistente struttura giunzionale possibile.Risultati e Commenti: Con frequenza di 60 kHz tutti i disegni di taglio si sono dimostrati effi caci nell’offrire una giun-zione water-tight fra cornea ricevente e tessuto donato. Maggiore facilità di giustapposizione delle fi gure disegnate sembra esserci utilizzando tagli con angoli di 90° mentre più agevoli e meno astigmogene sembrano le suture poste sui disegni con angoli obliqui.Conclusioni: Il laser a femtosecondi offre la possibilità di personalizzare il disegno di taglio di una cheratoplastica che può agevolare non solo la sostituzione del tessuto patologico con un taglio estremamente regolare ma fornire una superfi cie di aderenza fra i tessuti più ampia, più solida, duratura e resistente.

ABSTRACT Purpose: To study the different options offered by a personalized cut performed in a IEK (Intralase Enabled Keratoplasty).Materials and Methods: Retrospective study on 150 eyes who underwent a IEK. The attention was focused on the easiness in performing a particular cut, in suturing the wound and in the fi tting of every particular cut design.Results and Comments: With a 60 kHz frequency laser all of the cuts achieved a water tight junction between host and donor tissues. The easiest tissue adhesion seems obtainable with right angle cuts, while the less astigmatic sutures seem to be put when oblique angle matches are used.Conclusions: IEKs with personalized cut’s design seem to offer a good opportunity not only in removing a tissue with great regularity but also in obtaining a wide, solid, regular scar.

l laser a femtosecondi produce una bolla

di plasma all’interno del tessuto, lì dove

il raggio è focalizzato. La microscopica area di

distruzione del tessuto così prodotta, affi ancata

da altre lungo traiettorie preselezionate produ-

ce una linea di taglio defi nita.

Nel nostro caso uno spot <3 µm produce una

bolla di gas, di dimensioni variabili in funzione

dell’energia impostata, che scolla i tessuti, ve-

nendo a contatto con la bolla prodotta dallo spot

adiacente.

La durata dello spot compresa tra 600 e 800

femtosecondi garantisce una potenza molto

elevata, anche con energie dell’ordine dei mi-

crojoule.

La frequenza dell’emissione è tipica dello spe-

cifi co laser, mentre valori di energia emessa e

distanza fra gli spots possono essere variati in

funzione del tipo di utilizzo richiesto.

Nei nostri interventi i tagli verticali sono sta-

ti eseguiti con energia di circa 2 µJ e distanza

tra gli spot di 2-3µm. I tagli con resezione oriz-

zontale per cheratoplastiche lamellari hanno

raggiunto la qualità migliore, mantenendo una

buona facilità di scollamento, con energia com-

presa tra 0,9 – 1,1 µJ e una distanza tra gli spots

I

35viscochirurgia1 • 2011

ridotta ad un massimo di 4 µm per le resezioni

più profonde (oltre i 300 µm di profondità nello

stroma corneale).

Dal 2006 all’Ospedale di Mestre stiamo utiliz-

zando un laser a femtosecondi a 60 khz di fre-

quenza, per eseguire i tagli nei trapianti di cor-

nea, sia perforanti che lamellari.

La possibilità di variare il disegno di taglio evi-

tando il taglio verticale puro, aumenta la super-

fi cie di contatto fra il tessuto ospite e il lembo

corneale del donatore.

Questo più ampio rapporto fra i due tessuti, ol-

tre a prevedere una cicatrizzazione più omoge-

nea, solida e resistente (ancora non dimostrata

mancando per fortuna casi di trauma diretto al

volto nei pazienti operati), dovrebbe permette-

re di personalizzare il tipo di cheratoplastica in

base alla patologia da correggere.

Il tempo di cicatrizzazione invece non sembra

essere infl uenzato dal diverso contatto, perché

l’estrema regolarità del taglio prodotto dal la-

ser sembra ridurre la riposta fi broblastica del-

l’ospite, con una maggiore inerzia dei processi

di wound healing (come da osservazioni perso-

nali sui pazienti operati).

Il disegno del taglio è ottenuto dal sovrapporsi

di linee verticali, orizzontali e oblique con diffe-

renti angoli di inclinazione.

Per essere effi caci ed eseguire un taglio conti-

nuo, le singole linee di taglio debbono interse-

carsi e sovrabbondare di 0,03mm verticalmente

e 0,05 mm in orizzontale.

Esaminiamo ora i diversi disegni, eseguibili con

il laser Intralase della AMO. Il campione di casi

da noi trattati, se pur non molto vasto, riguarda

150 occhi operati su diverse tipologie di pazienti,

per patologia corneale, età, sesso, occupazione.

I primi disegni, cronologicamente proposti da

Intralase, sono stati due tagli semplici ad ango-

li di 90°: “top hat” o cappello a cilindro, per la

forma superiore di cilindro verticale, con base

allargata come appunto la tesa di un cappello, e

“mushroom” con cilindro verticale profondo e

superfi cie allargata come la cappella di un fun-

go. Questi due tagli permettono un risparmio

di tessuto dove questo non va sostituito e una

più ampia superfi cie di sostituzione del tessu-

to patologico. Elettivamente venivano impiegati

impiegati, rispettivamente, nelle patologie en-

doteliali e nelle ectasie (cheratocono, degene-

razione pellucida, ectasie post lasik).

Queste tipologie di taglio prevedono una su-

Tagli ad angoli di 90°: top hat e mushroom

Taglio ad angoli < 90°

I vari disegni di taglio-base

Il profi lo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty)

36 viscochirurgia 1 • 2011

perfi cie di contatto orizzontale (shelf) che tipi-

camente abbiamo eseguito di dimensioni com-

prese tra 0,5 e 0,75 mm e ad una profondità pari

al 50% dello spessore corneale del paziente,

misurato tra i 7 e i 9 mm di diametro.

L’inserimento delle linee oblique, intersecantesi

ad angoli variabili, ha successivamente prodot-

to vari disegni, che ogni chirurgo poi modifi ca

in base alla propria esperienza.

I più utilizzati comunque sono: zig zag con profi -

lo che prevede un maggior ricambio di epitelio

e più limitata resezione di endotelio, “Christmas

tree”, con, al contrario, una maggior sostituzione

di endotelio (in pratica un “mushroom” e “top

hat” con bordi a dente di sega), “diamond” (o

“wedge” o cuneo, come l’abbiamo battezzato

nella nostra pratica), con un solo angolo obliquo

centrale, e altre fi gure intermedie come quella

a chiodo.

Le valutazioni teoriche sulla morfologia dei

tagli lasciano, però, spazio a commenti legati

all’esperienza clinica dei singoli operatori, per-

ché alcuni disegni offrono una maggior diffi col-

tà nell’apposizione dei punti di sutura.

Anche se il disegno del taglio parrebbe offrire

un accostamento “self sealing”, in realtà, trattan-

dosi della giustapposizione di tessuti a diversa

consistenza, spessore, plasticità legate anche

all’imbibizione acquosa della cornea, la cor-

rettezza della sutura riveste una grande impor-

tanza, proprio per non vanifi care, con la propria

impostazione rigida, l’effi cacia del disegno.

Ogni angolo di tessuto del donatore va acco-

stato esattamente al corrispondente angolo del

ricevente, e l’ago del nylon 10/0 o 11/0 deve fa-

vorire tale posizione.

Quando la consistenza e lo spessore del bot-

tone corneale preparato sono molto diversi dal

ricevente, la giustapposizione dello scalino è

impostata temporaneamente dal chirurgo, con

i punti di sutura.

Questa necessità rende talvolta di maggiore dif-

fi coltà l’apposizione di punti in corrispondenza

ad angoli di 90° rispetto agli angoli più acu-

ti, che riescono più facilmente a collocarsi nel

loro letto.

Taglio “zig zag”

Taglio “top hat”

Taglio “mushroom” in PK e LK

Elisabetta Böhm

37viscochirurgia1 • 2011

Secondo la nostra esperienza, il taglio “mu-

shroom” è più facile da appoggiare con preci-

sione, ma più diffi cile da suturare senza indurre

distorsioni o misalignement dei tessuti, mentre i

più semplici, perché in qualche modo prescin-

dono da spessore e consistenza degli strati di

collagene corneale, sono i tagli che offrono un

cuneo di incastro, al centro del quale si colloca

la punta dell’ago e la tensione del fi lo può esse-

re lieve per favorire la più armoniosa posizione

dell’ angolo di contatto.

È nella chirurgia lamellare che si offrono i

massimi vantaggi dell’accostamento a super-

fi cie maggiorata e specialmente con disegni a

cuneo o cunei multipli opportunamente dise-

gnati, perché si potrà, più velocemente, arrivare

all’utilizzo delle colle, evitando le suture rigide

e quindi svincolando il trapianto dalle compli-

canze indotte dalla sutura: astigmatismo da

torsione, neovascolarizzazione da ansa lassa

del fi lo o infezione lungo la stessa, oltre al

disagio di un accesso urgente a una struttu-

ra attrezzata, in caso di improvvisa apertura di

un punto.

Alcuni esempi tratti dall’esperienza personale.

I peggiori, anche perché legati alla learning

curve, furono i due tagli iniziali eseguiti con un

laser a frequenza di 30 kHz.

Avevamo scelto il disegno “mushroom” per

cheratocono, con sutura singola a sopraggitto:

abbiamo assistito a un ritardo di cicatrizzazio-

ne per mesi, con la sorpresa di verifi care una

diastasi della linea di ferita anche dopo 8 mesi

dall’intervento. Importante fu l’effetto distorsivo

del punto di sutura, con astigmatismo elevato,

che richiese la sostituzione del sopraggitto con

punti staccati.

Con le stesse frequenze si raggiungevano, inve-

ce, risultati assai migliori nelle cornee a curva-

tura regolare di partenza, che richiedevano la

cheratoplastica per patologie diverse dall’ecta-

sia e in cui si era scelto il taglio a top hat.

Con le frequenze maggiori e potenze inferiori

non si sono più verifi cate deiscenze della linea

di ferita e i risultati refrattivi sono nettamente

migliorati, inizialmente con valori di cilindro

Taglio “nail”

Cuneo in PK a spessori irregolari, l’angolo di incastro offre una buona aderenza

Taglio “diamond”; il fi lo al centro del cuneo

Il profi lo del taglio corneale nelle IEK (Intralase Enabled Keratoplasty)

38 viscochirurgia 1 • 2011

n Buratto L, Böhm E. The use of the femtosecond laser in penetrating keratoplasty, Am J Ophthalmol. 2007 May;143(5):737-742. Epub 2007 Mar 19.

n Slade SG. Applications for the femtosecond laser in corneal surgery., Curr Opin Ophthalmol. 2007 Jul;18(4):338-41.

n Farid M, Kim M, Steinert RF. Results of penetrating keratoplasty performed with a femtosecond laser zigzag incision initial report., Ophthal-mology. 2007 Dec;114(12):2208-12.

n Farid M, Steinert RF, Gaster RN, Chamberlain W, Lin A. Comparison of penetrating keratoplasty performed with a femtosecond laser zig-zag incision versus conventional blade trephination. Ophthalmology. 2009 Sep;116(9):1638-43. Epub 2009 Jul 31.

n Price FW Jr, Price MO. Femtosecond laser shaped penetrating keratoplasty: one-year results utilizing a top-hat confi guration. Am J Ophthal-mol. 2008 Feb;145(2):210-214. Epub 2007 Dec 3.

n Chan CC, Ritenour RJ, Kumar NL, Sansanayudh W, Rootman DS.Kumar NL, Sansanayudh W, Rootman DS. Femtosecond laser-assisted mu-shroom confi guration deep anterior lamellar keratoplasty., Cornea. 2010 Mar;29(3):290-5.

>> Bibliografia

refrattivo e topografi co sovrapponibili a quelli

dei tagli eseguiti con i trapani. Risultati ancora

migliori con astigmatismi inferiori si sono avuti

negli incastri ad angolo più acuto, che sembra-

no dipendere meno dalla nostra sutura.

Sempre in relazione al taglio con il laser, questo

sembra meritare una posizione privilegiata nelle

patologie con neovascolarizzazione importante

del letto, perché, nell’osservazione dei nostri

pazienti, la grande regolarità del taglio sembra

ridurre in modo importante la congestione bul-

bare e la proliferazione di possibili nuovi gettoni

vascolari, che invece regrediscono fi no a scom-

parire nella totalità dei casi trattati.

Naturalmente con numeri piccoli di casisti-

ca non se ne possono trarre delle valutazio-

ni di certezza, ma i primi esempi sono così

positivi da essere francamente incoraggianti.

Il futuro a cui stiamo lavorando è: cheratopla-

stiche lamellari stromali o profonde con taglio

a cuneo lungo (es. angolo di 30° 1 mm di fl an-

gia) con colla di fi brina sul bordo superiore

del cuneo e 4-8 punti di puro accostamento

temporaneo. ®

Taglio ad angoli retti (mushroom e top hat):

aspetto del bordo

Regressione dei neovasi dopo 1 mese

(taglio top hat)

Elisabetta Böhm

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40 viscochirurgia 1 • 2011

TECNICA CHIRURGICA

Quattro ferri... una cataratta!® Patrizia Vincenti ® Marco De Dominicis

Unità Operativa di Oculistica, Casa di Cura “Nuova Itor”, Roma (Responsabile: Dott. V. Picardo)

>>VI

SCO

CHI

RURG

IA

ell’era mo-

derna, dove

tutto quello che ri-

guarda l’intervento

di cataratta si è rin-

novato, anche i fer-

ri chirurgici hanno

subito via via delle

modifi che: sempre

più sottili, sempre

più leggeri, ma anche sempre più costosi e con

una necessità di manutenzione sempre più fre-

quente e delicata.

A questo c’è da aggiungere che nel mondo della

chirurgia oftalmica è sempre più di moda l’“usa

e getta” per varie motivazioni. Si butta il telo pa-

ziente e il copriservitore, si buttano siringhe, ta-

glienti e aghicannula, si buttano tubi e punte del

faco, iniettori delle IOL e loro cartridge, cannule

per l’I/A ma i ferri fi no ad oggi ... no.

Oggi però, sempre più di frequente, le ditte che si

occupano di chirurgia oftalmica stanno cercando

di venir incontro anche a questa nuova esigenza

e forniscono, così, set disposable anche di ferri

chirurgici, composti addirittura a richiesta del

singolo chirurgo, e quindi con un numero varia-

bile di pezzi.

Negli anni passati

ne avevamo prova-

ti vari tipi, prodotti

anche da ditte im-

portanti, con risul-

tati favorevoli. Ulti-

mamente abbiamo

sperimentato anche

noi quelli della ditta

La chirurgia della cataratta diventa ogni giorno sempre più tecnologica e sofi sticata, per ottenere i migliori risultati anatomo-funzionali. Unità faco, a breve anche laser, fanno la loro parte, ma le mani del chirurgo hanno comunque un ruolo fondamentale, mediato ancora oggi da alcuni essenziali strumenti. Del resto, l’etimologia della parola chirurgo viene dal greco e signifi ca “colui che agisce con le mani”. Può venire bene allora una facomulsifi cazione … anche con quattro ferri?

Vittorio Picardo

N

Set completo per faco

41viscochirurgia1 • 2011

TECNICA CHIRURGICA

di SUPRAMED (Marseille – France), che unisce

ad una buona qualità degli strumenti, la praticità

della confezione “personalizzabile”.

Ci siamo così accorti che, in fondo, per un inter-

vento di routine bastano “quattro ferri” nel vero

senso della parola!

Il set scelto è infatti composto da:

n 1 blefarostato a vite

n 1 pinza di Bonn (con denti)

n 1 pinza da ressi (Corydon o Utrata a scelta)

n 1 manipolatore del nucleo (di varie forme).

Gli interventi eseguiti hanno dato ottimi risultati,

senza complicanze legate ad eventuali imperfe-

zioni di tornitura dei ferri stessi.

Il peso e la maneggevolezza sono apparsi con-

soni alle necessità.

Anche per chi usa la tecnica bimanuale o la coas-

siale da 1.8 mm esiste, sempre della stessa ditta,

un set con pinza da ressi per piccola incisione.

Un’ultima considerazione va fatta sicuramente

per la spesa, che incide sul budget totale del-

l’intervento di cataratta. Sui grandi numeri, però,

il vantaggio del risparmio dell’uso dell’autocla-

ve, la migliore utilizzazione del personale di sala

operatoria, che potrà dedicarsi ad altre mansio-

ni anziché alla pulizia e manutenzione dei ferri,

nonché il preservare il personale medico ed in-

fermieristico e, perché no, i pazienti da possibi-

li contagi (epatite, AIDS, etc.), può sicuramente

controbilanciare la spesa, tanto che esistono re-

parti ospedalieri che li usano abitualmente.

In conclusione, rimanendo sempre consapevoli

che ogni intervento, anche il più semplice, può

nascondere le sue insidie, possiamo sicuramente

dire che oggi per eseguire una buona facoemul-

sifi cazione serve una unità faco e “quattro ferri”

chirurgici perchè il gesto chirurgico è sempre

più semplifi cato e limitato a pochi passaggi.

Ma quando arriverà il femtosecondi nel mondo

della cataratta (ed è già alle porte!) il chirurgo

sarà “disposable”? ®

1. Buratto L. et al. Comportamento di sala operatoria in oculistica. Collana di Oftalmologia pratica vol. 3 Fogliazza Editore 1994.

2. Buratto L. et al. Chirurgia della cataratta. Vol 1-2-3 Fogliazza Editore 1994.

3. Buratto L. et al. Phacoemulsifi cation principles and techniques. Editore Slack Incorporated 2003.

>> Bibliografia

Panno sinteticopoggia ferri

Rimozione dei ferridal kit monouso

Apertura del kit

Disposable vs riutilizzabili

42 viscochirurgia 1 • 2011

PAROLE CHIAVE IOL toriche

astigmatismoaberrazioni

rotazione asse

KEY WORDS toric IOL

astigmatismaberrations

axis rotation

Studio del profi lo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica

® Aldo Caporossi ® Gianluca Martone ® Leonardo Ciompi ® Beatrice Bizzarri ® Stefano Baiocchi

Unità Operativa Complessa di Oculistica, Dipartimento di Scienze Oftalmologiche e NeurochirurgicheUniversità di Siena

>>

RIASSUNTO

Scopo del lavoro: Valutare la stabilità nel sacco capsulare della IOL torica Acrysof (Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX) in pazienti con cataratta e astigmatismo corneale preoperatorio e l’entità delle aberrazioni oculari di alto ordine in rapporto all’allineamento della IOL rispetto al planning chirurgico.

Tipo di studio: Studio prospettico comparativo.

Materiali e Metodi: In questo studio abbiamo esaminato pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica Acrysof. Sono stati selezionati 10 pazienti con il follow-up più lungo e ciascun paziente è stato sottoposto a misurazione dell’acuità visiva non corretta e corretta, della cheratometria, dell’astigmatismo residuo postoperatorio, della topografi a cornea-le (CSO, Italy), aberrometria totale oculare (Zywave II, B+L, USA) e della rotazione della IOL a 3 mesi di follow-up.

Risultati: I pazienti presentavano un visus preoperatorio corretto medio di 0,5 con un valore di correzione sferica di 0.77 D e di astigmatismo medio di -2.02D. A 3 mesi di follow-up, l’acuità visiva media non corretta era di 0.84, corretta di 0.97, con un difetto refrattivo sferico di 0.19 D e astigmatico di -0.16D. All’analisi attraverso fotografi a digitale tutti i pazienti presentavano un rotazione inferiore a 10 gradi rispetto al planning chirurgico. Sono stati creati due gruppi a seconda dell’entità della rotazione della IOL torica: nel primo gruppo la rotazione della IOL era inferiore a 5 gradi, nel secondo gruppo invece la rotazione era compresa fra 6 e 10 gradi. Dall’analisi aberrometrica totale nei due gruppi, non sono state evidenziate differenze signifi cative sulla base della rotazione ad eccezione del trifoglio verticale (Z331).

Discussione e Conclusioni: In questo studio la IOL Acrysof torica ha mostrato un’ottima stabilità rotazionale. Inoltre una rotazione della IOL inferiore a 10° rispetto al piano chirurgico non comporta importanti conseguenze nel profi lo aberrometrico.

ABSTRACT

Aim of the study: To investigate rotational stability of the AcrySof Toric IOL (Alcon Laboratories, Inc., Fort Worth, TX) in subjects with cataracts and preexisting corneal astigmatism and to correlate the IOL rotation respect of surgical planning with total high order ocular aberrations.

Type of the study: Prospective, comparative.

Matherials and Methods: Ten eyes underwent uncomplicated phacoemulsifi cation and were implanted with an Acrysof toric IOL. Uncorrected visual acuity (UCVA) and best-corrected (BCVA), keratometry, postoperative residual astigmatism, corneal topography (CSO, Italy), ocular aberrometry (Zywave II, B+L, USA) and postoperative rotation of the IOL were estimated after three months after the surgery.

Results: Preoperative BCVA was 0,5 with a spherical correction of 0.77D and mean astigmatism of -2.02. Three months postoperatively, UCVA was 0.84, BCVA was 0.97 with a spherical correction of 0.19D and mean astigmati-sm of -0.16D. The digital photography showed a rotation inferior to 10 degrees in all patients. Regard IOL rotation, the patients were divided in two groups: fi rst group with a rotation less of 5° and second group with a IOL rotation between 5° an 10°. No statistically signifi cant differences among the two groups in terms of total high order aber-rations except vertical trefoil (Z331).

Discussion and Conclusion: This study demonstrates that Acrysof toric IOL shows a good rotational stability. Besides a rotation inferior to 10° doesn’t produce signifi cant effects on aberrometric values.

43viscochirurgia1 • 2011

ttualmente un obiettivo della chirurgia

della cataratta è quello di consentire un ri-

sultato refrattivo sempre più preciso, correggen-

do oltre al difetto sferico anche l’astigmatismo

preoperatorio. Diversi studi statistici hanno evi-

denziato come il 15-30% dei pazienti che devo-

no sottoporsi ad intervento di cataratta presenta

più di 1 D di astigmatismo corneale1,2. Il tratta-

mento ideale per correggere l’astigmatismo in

un paziente da operare di cataratta deve essere

preciso, non troppo complicato per il chirurgo

e deve fornire risultati prevedibili. La valutazio-

ne del grado di astigmatismo pone una gamma

di strategie chirurgiche da valutare bene, sul-

la base dell’entità dell’astigmatismo corneale

preoperatorio.

Con la nascita delle IOLs toriche, il panorama

strategico chirurgico si è ben ampliato. L’uso

delle IOL toriche dei chirurghi ASCRS è salito

dal 36% nel 2007 al 83% nel 20093. Sono pre-

senti in commercio diversi modelli di IOL tori-

che che si differenziano oltre che per i materiali

e la forma, anche per la capacità di correggere

l’astigmatismo sul piano corneale.

Il corretto allineamento e la stabilità rotazionale è

un elemento cruciale nell’impianto della IOL to-

rica. È stato infatti evidenziato come ogni grado

di rotazione della lente faccia perdere il potere

correttivo cilindrico del 3,3%, tanto che una rota-

zione ≥30° comporta una perdita completa della

capacità correttiva della lente. Per questo, nel-

l’impiantare una IOL torica è necessario porre

attenzione su tutte le fasi (preoperatoria, chirur-

gica e postoperatoria) per ottenere un allinea-

mento fi nale della IOL il più possibile corrispon-

dente all’asse dell’astigmatismo programmato.

In questo studio abbiamo esaminato pazien-

ti sottoposti ad impianto di IOL torica Acrysof,

valutando la stabilità nel sacco capsulare della

IOL nel tempo e l’entità delle aberrazioni di alto

ordine, in rapporto all’allineamento della IOL ri-

spetto al planning chirurgico.

>> Materiali e MetodiSono stati arruolati 10 pazienti, con follow-up più

lungo, affetti da cataratta sottoposti ad intervento

di facoemulsifi cazione ed impianto di IOL torica

per correggere l’astigmatismo corneale.

In fase preoperatoria, i pazienti sono stati sotto-

posti, oltre che ad un’attenta valutazione oftal-

mologica, a biometria e cheratometria median-

te IOL Master (Carl Zeiss, Germania) valutando

e confrontando i valori cheratometrici con i dati

manuali e topografi ci ottenuti mediante Oftalmo-

metro di Javal e mediante Topografo corneale

Eye Top (CSO, Italy).

I criteri di inclusione sono stati, oltre che la ca-

taratta, un astigmatismo corneale regolare > di

1 D. Sono stati invece esclusi pazienti che pre-

sentavano astigmatismi asimmetrici, astigmati-

smi > di 5 D, con lassità zonulare, già sottoposti a

chirurgia refrattiva o altre chirurgie oculari, con

complicanze intraoperatorie, con maculopatie o

storia di infi ammazione oculare pregressa.

Dopo aver arruolato ed esaminato il paziente, è

stato utilizzato il programma di calcolo della IOL

torica on-line nel sito www.acrysoftoriccalcula-

tor.com (Figura 1) per calcolare quale IOL (mo-

dello e potere equivalente sferico) impiantare

e l’asse di posizionamento della IOL stessa nel

sacco, basandosi sul potere dell’astigmatismo

(K readings) e sui valori biometrici. Oltre ai dati

cheratometrici è stato inserito il sito d’incisione

ed il SIA (Surgical Induced Astigmatism), cal-

colato effettuando alcuni calcoli su delle tabel-

le di Excel grazie ad un lavoro di Hill5. Le for-

mule biometriche utilizzate sono state la SRK/t

A Figura 1Foglio di calcolo per il potere sferico, modello ed asse della IOL da impiantare

Studio del profi lo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica

44 viscochirurgia 1 • 2011

e la Holladay 2, con la refrazione target che era

l’emmetropia.

Tutti gli interventi sono stati effettuati dallo stesso

chirurgo (AC). Prima dell’intervento è stata ef-

fettuata la prima marcatura di riferimento a livel-

lo del limbus corneale a 0° e a 180° mediante il

Pendolo di Elies (Janach, Italia) con il paziente

seduto alla lampada a fessura.

Ciascun paziente è stato poi sottoposto ad una

facoemulsifi cazione della cataratta attraverso

un’incisione di 2.75 mm, facendo particolare

attenzione alla centratura della capsulo ressi.

Dopo la facoemulsifi cazione è stata inserita la

IOL torica Acrysof nel sacco, attraverso l’inietto-

re Monarch II e, dopo il dispiegamento, ruotata

fi no a circa 20-30 gradi dalla posizione fi nale di

allineamento previsto, dopo aver marcato intrao-

peratoriamente mediante l’anello di Mendez

(Janach, Italia) il corretto asse di posizionamento

della IOL come programmato nel precedente

calcolo, prendendo come riferimento la prima

marcatura. È stata poi effettuata accuratamente

la rimozione della sostanza viscoelastica e infi ne

la IOL è stata ruotata fi no al preciso allineamento

con l’asse prestabilito, applicando una leggera

pressione sul corpo ottico verso la capsula po-

steriore per permetterne l’aderenza.

La IOL torica Acrysof (Alcon, USA) è una lente

monopezzo con ottica di 6 mm, composta di

acrilico idrofobo, che presenta la caratteristica

di toricità nella faccia posteriore dell’ottica e si

estende per tutt il corpo ottico (Figura 2). Sono

stati sviluppati 7 modelli con un potere cilindrico

dal 1.50 a 6 D in grado di correggere un astig-

matismo sul piano corneale da 1.03 a 4.11 D.

Nel follow-up postoperatorio tutti i pazienti sono

stati sottoposti oltre che ad una misurazione del-

l’acuita visiva corretta e non corretta, dell’astig-

matismo mediante cheratometria e topografi a

corneale per dimostrare l’assenza di variazioni

di entità e di asse dell’astigmatismo indotte chi-

rurgicamente. Inoltre, per ciascun occhio è stata

calcolata la rotazione della IOL rispetto al plan-

ning chirurgico, mediante documentazione foto-

grafi ca digitale. Infi ne è stata effettuata una mi-

surazione aberrometrica oculare totale a 5 mm

con l’aberrometro Zywave II (B+L, USA) per stu-

diare le varie componenti aberrometriche totali,

in particolare le aberrazioni di alto ordine (HO),

il trifoglio orizzontale (Z330) e verticale (Z331),

la coma orizzontale (Z310) e verticale (Z331) e

l’astigmatismo secondario (Z421).

>> Risultati I pazienti arruolati nello studio presentavano un

visus preoperatorio corretto medio di 0,5 con un

valore di correzione sferica di 0.77 D e di astig-

matismo medio di -2.02D (Tabella 1).

Non sono state segnalate complicanze intra-

operatorie. A 3 mesi di follow-up i pazienti arruo-

lati avevano un’acuità visiva media non corretto

di 0.84, corretta do 0.97, con un difetto refrattivo

sferico di 0.19 D e astigmatico di –0.16 D.

Non sono stati evidenziati casi di decentramen-

to o tilt della IOL nei controlli postoperatori tali

da necessitare un riposizionamento della lente.

Non abbiamo inoltre avuto evidenti opacizzazio-

ni della capsula posteriore in nessun caso.

Figura 2Lente Acrysof torica

Tabella 1

Dati funzionali pre e post-operatori

Difetto Difetto k1 k2 AV AV Lunghezza Potere sferico cilindrico non corretta corretta assiale IOL

Pre-op 0.77 –2.02 43.54 45.68 0.2 0.5 23.78 20.2

Post-op 0.19 –0.16 43.67 45.49 0.84 0.97

P<.05 P<.05 P>.05 P>.05 P<.05 P<.05

Aldo Caporossi, Gianluca Martone, Leonardo Ciompi, Beatrice Bizzarri, Stefano Baiocchi

45viscochirurgia1 • 2011

B

A

Figura 3Esempio di 2 pazienti con rotazione postoperatoria della IOL torica di 5 (A) e 10 (B) gradi rispetto al planning chirurgico. Freccia azzurra: asse di posizionamento indicato dal piano chirurgico; freccia gialla: asse della lente nel sacco;freccia rossa: asse di riferimento 0/90°

All’analisi attraverso fotografi a digitale, tutti i pa-

zienti presentavano un rotazione inferiore a 10

gradi rispetto al planning chirurgico. Abbiamo

quindi suddiviso la popolazione operata in 2

gruppi a seconda dell’entità della rotazione del-

la IOL torica: nel primo gruppo la rotazione della

IOL era inferiore a 5 gradi, nel secondo gruppo

invece la rotazione era fra 6 e 10 gradi (Figura 3).

In termini di acuità visiva non corretta e corretta

e di astigmatismo residuo postoperatorio, non

sono state evidenziate differenze signifi cative fra

i due gruppi.

Nella Tabella 2 sono evidenziati i valori ottenuti

dall’analisi aberrometrica totale nei due gruppi.

Non sono state dimostrate differenze signifi cati-

ve sulla base della rotazione ad eccezione del

trifoglio verticale (Z331).

>> Discussione Ad oggi i candidati ideali all’impianto di IOL tori-

ca, sono tutti quei pazienti con cataratta ed astig-

matismo corneale regolare preoperatorio ≥ 1 D,

con una topografi a corneale che mostri un astig-

matismo simmetrico e che presentino un’integri-

tà del sacco capsulare e dall’apparato zonulare,

Tabella 2

Aberazioni alto Trifoglio vert. Coma vert. Coma orizz. Trif orizz. Secondo astigm. ordine totali (HO) (Z331) (Z311) (Z310) (Z330) (Z421)

<5° O,61 0,16 -0,04 0,08 0,02 0,015

>10° 0,63 0,39 -0,2 0,07 -0,1 -0,02

>.05 <.05 >.05 >.05 >.05 >.05

Studio del profi lo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica

46 viscochirurgia 1 • 2011

naturalmente escludendo coloro che presentano

anomalie oculari o sistemiche concomitanti in

grado di interferire con la capacità visiva.

Un’accurata cheratometria manuale e la misu-

razione dell’astigmatismo tramite topografi a

corneale o IOL Master (Zeiss, Jena, Germania)

è necessaria per programmare correttamente

l’impianto di una IOL torica.

Secondo uno studio recente i valori di curvatu-

ra corneale (K1, K2) sono risultati molto simili e

confrontabili fra una cheratometria manuale, un

topografo e lo IOL Master. Una lieve variazione

fra i 3 strumenti di analisi è stata invece eviden-

ziata per quanto riguarda l’asse dell’astigmati-

smo, anche se la differenza fra i valori ottenuti

è risultata all’interno di valori di 5° nel 54% dei

casi ed all’interno di 10° nell’81% dei casi6. Co-

munque, nel caso in cui si misuri una discrepan-

za maggiore di 5°, è consigliabile l’utilizzo di un

cheratometro manuale per la conferma dell’asse

dell’astigmatismo. Nel trial clinico FDA sulla IOL

torica Acrysof è stata utilizzata la cheratometria

manuale, anche se attualmente è consigliato

l’uso di strumenti computerizzati, anche per evi-

denziare ed eventualmente escludere pazienti

con astigmatismo irregolare.

Le IOL toriche sono in grado di correggere le

aberrazioni di secondo ordine come il defocus

(Z2,0) e l’astigmatismo semplice (Z2,-2;2,2). Le

aberrazioni di alto ordine, invece, sono correg-

gibili solamente attraverso un trattamento laser a

eccimeri customizzato.

È noto che errori di posizionamento delle IOL

toriche riducono l’effetto correttivo nei confronti

dell’astigmatismo. Una deviazione di 10° rispet-

to all’asse programmato determina una riduzio-

ne del 30% del potere correttivo della IOL7.

L’ottimo risultato fi nale e la prevedibilità dell’im-

pianto di una IOL torica è infl uenzato da 3 fattori

fondamentali che possono essere fonti di errore

e di disallineamento: la corretta marcatura del-

l’asse programmato e di inserimento, il corretto

impianto della IOL ed infi ne la stabilità rotazio-

nale della IOL nel tempo8.

Per quanto riguarda la fase preoperatoria, mar-

care accuratamente l’asse in previsione di un

impianto di IOL torica è una fase cruciale per il

corretto orientamento della IOL nel sacco cap-

sulare. È innanzitutto consigliato fare una marca-

tura preoperatoria sul meridiano orizzontale (0-

180) mentre il paziente è seduto alla lampada a

fessura, per evitare la possibile ciclotorsione che

può presentarsi in posizione supina sul letto ope-

ratorio. È importante inoltre evitare che il punto di

marcatura limbare abbia un segno di dimensioni

troppo grosse. Infatti l’uso di una penna dermo-

grafi ca può essere una fonte di errore per cui è

consigliato in questo senso di non premere trop-

po la penna e di andare oltre il limbus all’interno

della periferia corneale. Inoltre questo segno

può allargarsi o cancellarsi durante l’intervento

chirurgico a causa dell’irrigazione della superfi -

cie oculare. Non sempre può essere utilizzata la

vascolarizzazione perilimbare come punto di re-

pere in quanto ci possono essere delle modifi ca-

zioni legate ai colliri preoperatori (anestetici, mi-

driatici) ed alla chirurgia. È stato proposto come

aiuto un piccola marcatura in cornea periferica,

con un’ago da 30G, per aumentare la precisione.

In alternativa è possibile creare immediatamen-

te prima della chirurgia, dei markers corneali a

livello della membrana di Bowman sul meridiano

dove la IOL torica dovrebbe essere posizionata

utilizzando il Nd:Yag laser9.

Questa fase di marcatura preoperatoria può co-

munque creare dei piccoli errori di allineamento

fi nale in quanto l’orientamento complessivo dello

strumento di marcatura, è determinato da fattori

che non sono legati allo strumento di marcatura

fra cui i micromovimenti oculari, la non corretta

posizione della testa del paziente, l’imprecisio-

ne dell’innesto del marcatore sul tonometro con

conseguente imprecisione nella marcatura del-

l’asse orizzontale ed infi ne l’imprecisione nel-

l’avvicinamento del pendolo al paziente.

In questo senso, nuovi strumenti chirurgici e si-

stemi di imaging dovrebbero aiutare il chirurgo

a ridurre gli errori di marcatura, che inducono,

poi, una deviazione dal corretto meridiano sul

quale la IOL torica dovrebbe essere impiantata.

Una nuova precisa tecnica di marcatura utilizza

un sistema di imaging (Micron Imaging System)

che cattura l’immagine ad alto ingrandimento

dell’iride sulla quale, in fase preoperatoria, iden-

tifi ca i punti di repere (cripte, vasi, pigmento,

pattern stromali, etc.) per ricostruire i meridiani

e l’asse su cui impiantare la lente.

Per quanto riguarda la fase intraoperatoria, quan-

Aldo Caporossi, Gianluca Martone, Leonardo Ciompi, Beatrice Bizzarri, Stefano Baiocchi

47viscochirurgia1 • 2011

do impiantiamo una IOL torica è fondamentale

un corretto allineamento della IOL sul meridiano

corneale più curvo. Una fonte di errore può deri-

vare dal fatto che i marcatori più frequentemente

utilizzati e attualmente in commercio per la mar-

catura intraoperatoria presentano delle varia-

zioni di rotazione in steps di 5 o 10 gradi. Inoltre

uno step chirurgico fondamentale in termini di

accuratezza dell’allineamento fi nale della IOL, in

quanto può causare rotazione tardiva della IOL, è

la rimozione attenta del viscoelastico dal sacco

capsulare, soprattutto quello situato posterior-

mente la IOL. È necessario poi fare molta atten-

zione, mentre si riforma la camera anteriore, a

non creare un fl usso importante in camera stessa

che può indurre una rotazione della IOL.

La IOL Acrysof torica ha presentato una stabilità

rotazionale importante grazie alle sue caratteri-

stiche tecniche che prevedono un’elevatissima

capacità di adesione alla capsula posteriore

nell’immediato postoperatorio, alle anse di tipo

Stableforce, ed al materiale di tipo acrilico idro-

fobo. Lo studio FDA ha dimostrato che l’81,9%

presenta una rotazione inferiore a 5 gradi, men-

tre il 97,1% inferiore a 10 gradi4.

Numerosi studi hanno valutato la rotazione po-

stoperatoria della IOL torica Acrysof dimostran-

do una rotazione maggiore di 10° dallo 0 al

9%10. Questi risultati sono confermati dalla no-

stra casistica, che ha evidenziato un’assenza di

rotazione oltre i 10 gradi per tutte le IOL toriche

impiantate.

In questo studio abbiamo evidenziato, che seb-

bene sia importante il corretto posizionamento

della IOL torica lungo l’asse dell’astigmatismo,

una rotazione della IOL inferiore a 10° rispetto al

piano chirurgico non comporta conseguenze nel

profi lo aberrometrico. Infatti dall’analisi aberro-

metrica totale nel gruppo con rotazione < di 5°

e quello con rotazione < di 10° non sono state

dimostrate differenze signifi cative ad eccezione

del trifoglio verticale (Z331). È necessario attra-

verso altri studi con una maggiore casistica e un

follow-up più lungo approfondire questo aspet-

to e in particolare valutare la correlazione fra la

rotazione della IOL torica rispetto al planning

chirurgico con la variazione delle aberrazioni di

alto ordine. Inoltre sarà importante valutare l’in-

fl uenza dell’opacizzazione capsulare posteriore

sulle performance funzionale ed aberrometrica

della IOL torica. I nostri risultati iniziali sono in-

coraggianti per quanto riguarda la stabilità e dal

centraggio della IOL valutata mediante confronto

nel tempo con foto digitale e con studio aberro-

metrico. Nuove tecnologie e strumenti chirurgici

dovrebbero migliorare ulteriormente il corretto

allineamento della IOL torica.

Comunque è possibile affermare che, malgrado

il corretto posizionamento della IOL torica sia

fondamentale, una rotazione di 10° può consi-

derarsi accettabile in termini di signifi cativa ri-

duzione del cilindro residuo assoluto refrattivo

e con conseguente miglioramento dell’acuità

visiva non corretta. In attesa di un follow-up più

lungo, possiamo affermare che i risultati ottenuti

dimostrano, con evidenza, come l’affi dabilità ed

il risultato rifrattivo sia garantito dall’utilizzo di

una IOL torica. ®

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>> Bibliografia

Studio del profi lo aberrometrico in pazienti sottoposti ad impianto di IOL torica

48 viscochirurgia 1 • 2011

PAROLE CHIAVE lenti asferiche

lenti iperasfericheaberrazione sferica positiva

aberrazioni di ordine elevato polinomi di Zernike

KEY WORDS aspherical lenses

hyper-aspheric lensespositive spherical aberration

high order aberrations Zernike polynomials

IOL asferiche: cosa sono e perché usarle® Vincenzo Orfeo ® Domenico Boccuzzi

Clinica Mediterranea, Napoli

>>

RIASSUNTO Scopo: Questo studio rappresenta una nota tecnica, in cui sono descritte le caratteristiche delle differenti tipologie di IOL asferiche, e le loro specifi che indicazioni di impianto.Materiali e Metodi: Sono stati confrontati i valori di aberrazione sferica di tre differenti tipologie di lenti asferiche, approvate dalla FDA (Food and Drug Administration) americana: la SofPort AO (Bausch+Lomb), la Tecnis Z9000 (Abbott Medical Optics), e la Acrysof IQ (Alcon). Conclusioni: In previsione di impiantare una IOL asferica, è indispensabile effettuare una topografi a e valutare l’aberra-zione sferica positiva corneale (calcolata a 6 mm). Sulla base del risultato ottenuto, è possibile scegliere tra tre differenti lenti asferiche-iperasferiche, cercando di puntare ad un risultato lievemente positivo, con un valore che si avvicini il più possibile ai +0.10 µm, solo se c’è la sicurezza di un’ottima centratura della IOL.

ABSTRACT Purpose: This study represents a technical note, describing the characteristics of different types of aspheric IOLs, and their specifi c implant indications. Methods: We compared the values of spherical aberration of three different types of aspherical lens, FDA approved (Food and Drug Administration): SofPort the AO (Bausch+Lomb), the Tecnis Z9000 (Abbott Medical Optics) and the AcrySof IQ (Alcon). Conclusions: In anticipation of setting up an aspheric IOL, it is essential to evaluate the topography and corneal positive spherical aberration (estimated at 6 mm). Based on the results, you can choose between three aspherical lens, trying to aim at a slightly positive result, with a value that is as close as possible to +0.10 microns, only if there is a security of good centering of the IOL.

lcuni pazienti, dopo un intervento di ca-taratta condotto senza complicanze, si

di chiarano insoddisfatti del risultato funzionale perchè lamentano la visione di aloni in certe condizioni di luce. Le IOL standard, non asferi-che, che si impiantano più comunemente du-rante un intervento di cataratta inducono, infatti, soprattutto con una midriasi medio-elevata, una aberrazione sferica positiva determinata dal fat-to che il fuoco della luce incidente sulla parte periferica della IOL non cade nello stesso punto del fuoco dei raggi che incidono sulla lente più centralmente. Questa non coincidenza dei fuo-chi induce un fenomeno di alone o glare di cui talvolta il paziente si lamenta.Le IOL asferiche, invece, sono delle lenti intrao-culari che presentano un profi lo dell’ottica in gra-

do di modifi care l’aberrazione sferica positiva.L’analisi di Wavefront del sistema visivo ha incre-mentato le nostre conoscenze sulle aberrazioni ottiche che condizionano la visione. I polinomi di Zernike (Figura 1) hanno consentito di caratte-rizzare e descrivere le aberrazioni ottiche. Oltre al difetto sferico e cilindrico (aberrazioni di bas-so ordine), esistono infatti aberrazioni di ordine elevato di vario tipo, che descrivono le altera-zioni che il fronte d’onda luminoso può subire attraversando dei mezzi diottrici: in questo caso il sistema “occhio”. Normalmente le aberrazioni di basso ordine sono correggibili con occhiali, mentre ciò non è possibile per le aberrazioni di ordine elevato. L’aberrazione sferica è un’aberrazione di ordine elevato (Z40 secondo i polinomi di Zernike), che

A

49viscochirurgia1 • 2011

è caratteristica di tutte le lenti positive. Si genera in quanto i raggi luminosi periferici, che colpi-scono la lente, non convergono nello stesso pun-to in cui convergono i raggi luminosi centrali.Quando i raggi luminosi periferici sono messi a fuoco davanti ai raggi luminosi centrali, allora si parla di aberrazione sferica positiva (Figura 2). Viceversa, quando sono messi a fuoco dietro i raggi luminosi centrali si parla di aberrazione sferica negativa (Figura 3). Il fronte d’onda si modifi ca passando da un fronte piano a forma-re una “caustica”, una fi gura geometrica solida, simmetrica rispetto all'asse ottico. Questa aber-razione si traduce nella visione di un cerchio luminoso centrale, circondato da anelli scuri e luminosi (Figura 4). In termini di visione per il paziente, l’aberrazione sferica positiva è re-sponsabile della visione di aloni attorno alle luci. Tale fenomeno risulta tanto più evidente quanto maggiore è il diametro pupillare.L’aberrazione sferica positiva è una caratteri-stica della cornea e non si modifi ca nel tempo. Importanti variazioni dell’aberrazione sferica si ottengono in seguito a chirurgia refrattiva con la-ser ad eccimeri. Un trattamento miopico induce un’aberrazione sferica positiva, mentre un trat-tamento ipermetropico induce un’aberrazione sferica negativa.Molti studi hanno valutato che l’entità dell’aber-razione sferica (SA) è strettamente correlata alla sensibilità al contrasto; infatti all’aumentare del-l’aberrazione sferica si ha una progressiva ridu-zione della sensibilità al contrasto1-3.Una seconda importante aberrazione è la “coma” (Figura 5). La coma si manifesta quando i raggi rifratti sono deviati da un solo lato del fuo-co principale della lente, determinando una di-storsione luminosa simile ad una cometa. Anche la coma può essere positiva o negativa, in base alla direzione in cui sono deviati i raggi luminosi. La coma è prodotta quando i vari elementi di un sistema ottico sono decentrati (Figura 6).Le aberrazioni di ordine elevato (HOAs) dell’oc-chio fachico derivano dalle varie strutture coin-volte nella visione, ovvero dalla superfi cie ante-riore e dalla superfi cie posteriore della cornea, dal cristallino e dalla retina. Nell’occhio afachico, il 98.2% delle aberrazioni derivano dalla super-fi cie anteriore della cornea4. Quindi negli occhi pseudofachici, si può intuire come le aberrazio-ni corneali siano di grande importanza e pos-

Figura 1Polinomi di Zernike

Figura 2Aberrazione sfericapositiva

Figura 3Aberrazione sfericanegativa

sono essere considerate rappresentative di tut-to il “sistema occhio” afachico. I coeffi cienti di Zernike delle aberrazioni di ordine elevato della cornea, possono essere derivati dalla topografi a corneale. Numerosi studi hanno dimostrato che l’intervento di cataratta, con la microincisione, non modifi ca le aberrazioni di ordine elevato della cornea, che si possono considerare uguali a quelle del preoperatorio5.In questo modo un attento studio delle aberra-zioni di ordine elevato della cornea, ed in parti-colare dell’aberrazione sferica, può consigliare la scelta di una IOL asferica che possa compen-sare le aberrazioni corneali, in modo tale da ottenere un risultato che garantisca la migliore acuità visiva e sensibilità al contrasto. Attualmente esistono in commercio, in Europa,

IOL asferiche: cosa sono e perché usarle

50 viscochirurgia 1 • 2011

circa +0.27 µm valutata a 6 mm).6,7 Pertanto, per la precisione, solo la lente Bausch+Lomb potrà defi nirsi asferica, mentre le altre saranno defi ni-te iperasferiche (perché dotate di aberrazione sferica negativa). Differenti studi hanno dimo-strato che esiste una correlazione tra l’aberra-zione sferica positiva e la “supervisione” (con-siderata come un’acuità visiva naturale uguale o superiore a 13/10). Levy e col.7 hanno quantifi ca-to l’aberrazione sferica positiva totale in pazienti con pupille dilatate, con un diametro superiore o uguale a 6 mm, in 70 occhi di 35 soggetti con un’età media di 24.3 ± 7.7 anni con una visione supernaturale (≥ 13/10) tramite un aberrometro OPD Scan Nidek (Nidek Co, LTD, Gamagori, Japan). L’RMS medio (root-mean-square) del-l’aberrazione sferica di questa popolazione di soggetti era di +0.110 ± 0.77 µm.Per cui, secondo i risultati di questo studio, si può ritenere che avere una lieve aberrazione sferica positiva induca i vantaggi della “supervisione”.Altri studi hanno quindi cercato di riprodurre le stesse condizioni di aberrazione sferica positi-va totale in soggetti pseudofachici, constatando che la sensibilità al contrasto era più elevata nei soggetti che presentavano nel post-operatorio un’aberrazione sferica positiva di +0.10 µm.Allora come regolarsi per la scelta della IOL asferica da impiantare? Perchè tre differenti tipo-logie di lenti? Ovviamente per poter compren-dere le scelte tecniche di ogni singola Azienda è necessario conoscere la distribuzione dell’aber-razione sferica nella popolazione. In uno studio effettuato su 696 occhi8, è stato appunto valutato che il valore medio di aberrazione sferica posi-tiva corneale è di 0.274 ± 0.095 µm in una curva Gaussiana normale. Secondo questa conside-razione, la IOL che è in grado di riprodurre le condizioni post-operatorie di aberrazione sfe-rica positiva di 0.10 µm è la Alcon AcrySof IQ (SA –0.20 µm), che determina un‘aberrazione sferica residua lievemente positiva. Ma è necessario fare un’altra importante consi-derazione. Quando si combina la sfericità della cornea con una IOL iperasferica, il centro ottico della cornea e quello della IOL devono necessa-riamente essere coincidenti, per non rischiare di indurre “coma”. L’occhio non è un sistema visivo centrato, in funzione del fatto che l’asse ottico e l’asse visivo sono differenti. Così anche se la IOL è perfettamente centrata nel sacco capsulare,

Figura 4Aberrazione sferica

Figura 5Coma

Figura 6IOL decentrata

numerose lenti asferiche; la FDA (Food and Drug Administration) americana ha approvato tre lenti per la correzione delle aberrazioni sferiche po-sitive: la SofPort AO (Bausch+Lomb), la Tecnis Z9000 (Abbott Medical Optics), e la AcrySof IQ (Alcon) (Figure 7-8-9). Le tre lenti presentano tre differenti strategie per la correzione dell’aber-razione sferica. La SofPort AO presenta un‘aberrazione sferica positiva uguale a zero, perché è stata concepi-ta con lo scopo di correggere esclusivamente l’aberrazione sferica positiva della lente, lascian-do invariato il fattore proveniente dalla cornea; la Tecnis Z9000 presenta un’aberrazione sferica negativa di –0.27 µm, per andare a compensa-re completamente l’aberrazione sferica positi-va della cornea; la AcrySof IQ, invece presenta un’aberrazione sferica negativa di –0.20 µm, an-dando a compensare solo parzialmente l’aber-razione sferica positiva della cornea (che è di

Vincenzo Orfeo, Domenico Boccuzzi

51viscochirurgia1 • 2011

sarà allora decentrata sull’asse visivo, inducen-do inevitabilmente una piccola coma. Questa potrà aggiungersi o sottrarsi alla coma fi siologi-ca della cornea. Pertanto possiamo concludere che le IOL iperasferiche possono determinare la comparsa di coma come le normali IOL sferi-che9. Con decentramenti di maggiori dimensio-ni, invece, le aberrazioni indotte dalle IOL ipera-sferiche possono superare quelle delle normali IOL sferiche, che sono a loro volta maggiori di quelle indotte dalle IOL asferiche. Per questa ragione, in sistemi visivi in cui sia presente una coma corneale (soggetti con cheratocono o de-generazioni marginali pellucide etc.) oppure nei casi in cui c’è il rischio di un maggior decentra-mento della IOL (es. zonule deboli oppure dopo trauma) è preferibile impiantare una IOL asferi-ca con aberrazione sferica uguale a zero (neu-tral aspheric IOL, Bausch+Lomb AO) (Figura 6).In conclusione, in previsione di impiantare una IOL asferica, è indispensabile effettuare una to-pografi a e valutare l’aberrazione sferica positiva corneale (calcolata a 6 mm). Sulla base del ri-sultato ottenuto, è possibile scegliere tra tre dif-

ferenti lenti asferiche-iperasferiche, cercando di puntare ad un risultato lievemente positivo, con un valore che si avvicini il più possibile ai +0.10 µm, solo se c’è la sicurezza di un’ottima centra-tura della IOL. Ma quando in realtà è maggiormente indicato l’impianto di una IOL asferica? Sicuramente uno dei fattori che condiziona maggiormente la deci-sione di impiantare questa tipologia di lenti, oltre all’aberrazione sferica positiva corneale, è il dia-metro pupillare. Per diametri pupillari di grandi dimensioni, che raggiungono i 5-6 mm ed oltre, il ruolo dell’aberrazione sferica inizia ad avere un discreto peso nel sistema visivo, e può essere re-sponsabile della comparsa di aloni e glare. Quin-di, soprattutto nei pazienti non troppo anziani, con pupille di dimensioni medio-grandi, dobbiamo “seriamente” valutare la possibilità di impiantare una IOL asferica. Molti sono infatti ancora oggi i pazienti che si lamentano della qualità della loro visione pur raggiungendo i 10/10, con inevitabili effetti psicologici che possono far giudicare “er-roneamente non riuscito” l’intervento chirurgico per la rimozione della cataratta. ®

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Figura 7Sofport AO B+L

Figura 9Acrysof IQ AMO

Figura 8Tecnis Z9000 AMO

IOL asferiche: cosa sono e perché usarle

52 viscochirurgia 1 • 2011

Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema® Nicola Rosa ® Maddalena De Bernardo ® Michele Lanza

Seconda Università di Napoli, Dipartimento di Oftalmologia

>>

RIASSUNTO Scopo: Verifi care quale formula potrebbe essere più opportuno utilizzare con un metodo che abbiamo pubblicato nel 2002. Questo metodo permette di calcolare il potere della lente intraoculare (IOL) in occhi sottoposti a fotocheratecto-mia rifrattiva (PRK) quando i parametri preoperatori sono sconosciuti. Metodi: 76 occhi sottoposti a facoemulsifi cazione ed impianto di IOL nel sacco dopo chirurgia rifrattiva sono stati inclusi in questo studio. Un fattore di correzione del raggio corneale che abbiamo descritto in precedenza, applicato alle formule SRK T e SRK II è stato utilizzato per calcolare retrospettivamente il potere delle IOL che avrebbero dato gli stessi risultati di rifrazione ottenuti in questi pazienti. Risultati: La differenza tra le IOL impiantate e quelle calcolate con la SRK T modifi cata dava un errore refrattivo di: -0.74 ± 0.79 (p<0.001) D; con la SRK II modifi cata di +0.36 ± 0.93D (p=0.001); utilizzando la media tra le IOL ottenute con queste due formule, si sarebbe ottenuto un errore refrattivo di -0.19 ± 0.74 D (p=0.025).Conclusioni: Le IOL calcolate con la media tra le formule SRK T e SRK II modifi cate hanno fornito i risultati migliori.

ABSTRACT Purpose: To check which formula could be more appropriate to use with a method we published in 2002. This method allows to calculate the IOL power in eyes that underwent photorefractive keratectomy (PRK) when the history are unknown. Methods: 76 eyes that underwent phacoemulsifi cation and in the bag implantation after previous refractive surgery were included in this study. A corneal radius correcting factor we previously described, applied to SRK T and SRK II for-mulas was used to back calculate the IOLs that would have given the same refractive results obtained in these patients and the differences were used to calculate the residual refractive error. Results: The difference between the implanted and calculated IOLs gave a refractive error of -0.74 ± 0.79 D (p<0.001) with the modifi ed SRK T; and +0.36 ± 0.93D (p=0.001) with the modifi ed SRK II; utilizing the mean between the IOLs obtained with these two formulas the mean difference was -0.19 ± 0.74 D (p=0.025)Conclusions: The IOLs calculated with the average between modifi ed SRK T and SRK II formulas gave the best results.

PAROLE CHIAVE calcolo della IOL

chirurgia rifrattivamiopia

KEY WORDS IOL power calculation

refractive surgerymyopia

alcolare il potere della lente intraoculare

(IOL) da impiantare in occhi precedente-

mente sottoposti a chirurgia refrattiva corneale

quali la cheratotomia radiale (RK), la fotoche-

ratectomia rifrattiva (PRK) e la LASIK può dare

risultati inaspettati. Il motivo principale di ciò è

che i dispositivi solitamente utilizzati per misu-

rare il potere corneale non sono attendibili dopo

questo tipo di chirurgia, poiché tendono a so-

vrastimare il potere corneale1-3. Questa sovra-

stima si tradurrà in una sottostima della IOL da

impiantare, con un elevato rischio di ipermetro-

pia post-operatoria, che può rendere necessa-

rio uno scambio di IOL o l’impianto di una lente

piggyback4-7.

Nel 2002, abbiamo pubblicato uno studio teori-

co8 in cui abbiamo descritto un fattore di corre-

zione del raggio corneale (CRCF), collegato alla

lunghezza assiale, da utilizzare in questi casi.

Successivamente, lo abbiamo chiamato fattore

R, a sottolineare che esso deve essere moltipli-

cato per il raggio e non per il potere corneale.

C

53viscochirurgia1 • 2011

Questo metodo non richiede né la conoscenza

dei parametri preoperatori né l’entità del tratta-

mento, il che risolve un problema importante,

poiché purtroppo, questi parametri sono spesso

indisponibili.

>> Materiali e MetodiIn questo studio retrospettivo sono stati valutati

76 occhi sottoposti a estrazione di cataratta e im-

pianto di IOL dopo RK, LASIK, o PRK. La ricerca

ha seguito i principi della Dichiarazione di Hel-

sinki ed il consenso informato è stato ottenuto da

tutti i pazienti. La facoemulsifi cazione in questi

pazienti è stata effettuata da chirurghi diversi, in

centri diversi; le misurazioni pre e post-opera-

torie dei pazienti sono state inviate ad un unico

Centro, il nostro, per l'analisi dei dati.

Di tutti gli occhi erano disponibili i seguenti dati:

la cheratometria e la lunghezza assiale (AL) pri-

ma della facoemulsifi cazione, la costante A della

IOL impiantata, ed il risultato rifrattivo almeno ad

1 mese dall’intervento chirurgico. Il potere del-

la IOL impiantata è stato calcolato utilizzando il

CRCF pubblicato precedentemente8,9. In breve,

il raggio corneale è stato modifi cato in base alla

seguente formula di regressione:

Y = 0,0276 * AL + 0,3635,

dove Y è il CRCF.

Il potere della IOL impiantata variava da 13,00

a 25,00 diottrie (D) (media 19,75 ± 2,46 D) con

una costante A fornita dal produttore che anda-

va da 118 a 120 (media: 118,60 ± 0,45). L'errore

rifrattivo ottenuto con le IOL impiantate è stato

utilizzato come target da immettere nelle formu-

le SRK/ T ed SRK 2. Sono state quindi valutate le

differenze fra le IOL calcolate e quelle effettiva-

mente impiantate e l’errore rifrattivo a tempiale.

Nello specifi co, abbiamo stimato che per ogni

diottria di cambiamento nel potere della IOL, si

ottengono 0,70 D di cambiamento nella rifrazio-

ne a livello della lente a tempiale. Per eseguire

questi calcoli, è stato utilizzato un biometro Axis

II, versione 3.02 (Quantel Medical, Clermont

Ferrand, Francia). La differenza tra la rifrazione

fi nale ottenuta con la IOL impiantata e quella che

si sarebbe ottenuta utilizzando le formule SRK / T

e SRK II e la media tra queste ultime è stata valu-

tata con il T test di Student per dati appaiati.

>> Risultati

Il CRCF applicato alla formula SRK / T avrebbe

dato un errore rifrattivo medio di -0,74 ± 0,79

D (da -2,95 D a +0,50 D), con 37 occhi (49%)

nel range di ±0,50 D dall’emmetropia, 55 occhi

(72%) nel range di ±1,00 D dall’emmetropia, e

69 occhi (91%) nel range di ±2,00 D dall’emme-

tropia (p<0.001) (Figura 1).

Il CRCF applicato alla formula SRK II avrebbe

dato un errore rifrattivo medio di +0,36 ± 0,93

D (da -2,11 D a +2,74 D), con 36 occhi (47%)

nel range di ±0,50 D dall’emmetropia, 55 occhi

(72%) nel range di ±1,00 D dall’emmetropia, e

74 occhi (97%) nel range di ±2,00 D dall’emme-

tropia (p=0.001) (Figura 2).

Il CRCF applicato alla media delle formule SRK

/ T e SRK II avrebbe dato un errore rifrattivo me-

dio di -0,19 ± 0,74 D (da -2,53 D a +1,03 D), con

47 occhi (62%) nel range di ±0,50 D dall’emme-

tropia, 69 occhi (91%) nel range di ±1,00 D

dall’emmetropia, e 74 occhi (97%) nel range di

±2,00 D dall’emmetropia (p=0.025) (Figura 3).

Utilizzando i dati grezzi, senza il fattore di corre-

zione, si sarebbe ottenuto un errore rifrattivo me-

Figura 1Errore rifrattivo ottenuto applicando il metodo CRCF alla formula SRK/T per calcolare il potere della IOL

Figura 2Errore rifrattivo ottenuto applicando il metodo CRCF alla formula SRK II per calcolare il potere della IOL

Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema

54 viscochirurgia 1 • 2011

dio di +2,28 ± 1,54 D (da -2,25 a +7,04 D), con

5 occhi (7%) nel range di ± 0,50 D dall’emme-

tropia, 15 occhi (20%) nel range di ±1,00 D, e

32 occhi (42%) nel range di ±2,00 D (p<0.001)

(Figura 4).

>> Discussione La diffi coltà nel calcolo del potere della IOL

negli occhi sottoposti a chirurgia rifrattiva è un

problema emergente che sarà sempre più fre-

quente in futuro, considerato il numero crescen-

te di pazienti che si prevede si sottoporranno a

questo trattamento.

Ad oggi, sono stati pubblicati diversi metodi per

superare questo problema, ma la maggior parte

è costituita da lavori teorici o basati solo su ri-

sultati limitati.10-31 Per questo motivo, è diffi cile

capire quale metodo fornirà i risultati migliori.

Inoltre, i metodi possono essere suddivisi in due

categorie: la prima richiede la conoscenza della

storia del paziente (cioè l’entità del trattamento,

la cheratometria preoperatoria etc.)8,15,20,21,23-28,

mentre la seconda è indipendente da queste in-

formazioni10,11,14,16,17,19,29,30.

Siamo stati i primi, tempo fa, a descrivere un fat-

tore di correzione indipendente dai dati preope-

ratori, ma facilmente correlato con i consueti dati

disponibili in un paziente che deve sottoporsi ad

estrazione di cataratta ed impianto di IOL, vale

a dire la lunghezza assiale.8 Successivamente,

altri Autori hanno sviluppato altri fattori di cor-

rezione, correlati alla lunghezza assiale10 o al

potere corneale11,19.

Diversi Autori sostengono che i metodi che ri-

chiedono la conoscenza della storia del pazien-

te siano i più precisi21,22,32-35, ma purtroppo,

nella maggior parte dei pazienti, le informazio-

ni necessarie per applicare questi metodi non

sono sempre disponibili. Non siamo completa-

mente d'accordo con l'affermazione che i meto-

di che richiedono la conoscenza della storia del

paziente siano i più precisi. Infatti, in uno studio

precedentemente pubblicato, abbiamo dimo-

strato che il nostro metodo, anche se in un nume-

ro limitato dei pazienti, era superiore per preci-

sione al metodo descritto da Aramberri che da

alcuni viene considerato il metodo “gold stan-

dard”9. Inoltre, la maggior parte di questi meto-

di presuppone che la chirurgia rifrattiva cornea-

le modifi chi soltanto la superfi cie anteriore della

cornea, e questo non è sempre vero.36 Infatti è

stato dimostrato che dopo chirurgia rifrattiva

corneale, avvengono dei cambiamenti nella lun-

ghezza assiale37 e nella profondità della camera

anteriore38, che potrebbero condurre ad errori

nel calcolo del potere della IOL, basandosi solo

sui parametri preoperatori.

Quando abbiamo iniziato ad utilizzare il nostro

metodo con la formula SRK / T, abbiamo riscon-

trato che la maggior parte dei pazienti presen-

tava una rifrazione miopica, soprattutto in occhi

con elevate lunghezze assiali, per cui, in un suc-

cessivo lavoro39, abbiamo suggerito di utilizza-

re, in pazienti con lunghezza assiale <30 mm,

la formula SRK / T, mentre nei pazienti con lun-

ghezza assiale > 30 mm la media delle formule

SRK / T e SRK II.

I risultati ottenuti nel presente lavoro ci sug-

gerisco di utilizzare la media tra queste due for-

mule anche nei pazienti con lunghezza assiale

<30 mm.

Se confrontiamo i risultati ottenuti in questo lavo-

ro con quelli che, secondo la Letteratura più re-

Figura 4Errore rifrattivo ottenuto

non utilizzando alcun fattore di correzione per

calcolare il potere della IOL

Figura 3Errore rifrattivo ottenuto

applicando il metodo CRCF alla media delle formule

SRK/T e SRK II per calcolare il potere della IOL

Nicola Rosa, Maddalena De Bernardo, Michele Lanza

55viscochirurgia1 • 2011

cente40, dovrebbero essere ottenuti in occhi non

sottoposti a chirurgia rifrattiva, non si osservano

grandi differenze. Infatti secondo Olsen40, negli

occhi senza precedente chirurgia, utilizzando

gli ultrasuoni il 45,5% è compreso tra ± 0,50 D

dall’emmetropia, il 77,3% è compreso tra

± 1,00 D, e il 98,4% è compreso tra ± 2.00 D.

Questo studio suggerisce che il CRCF è affi da-

bile nel predire il potere della IOL in occhi che

hanno subito precedentemente chirurgia rifratti-

va corneale. Tuttavia, ulteriori studi, su una serie

ampia di pazienti, saranno necessari per con-

frontare i vari fattori di correzione, per mostrare

quale sia il più accurato e preciso. ®

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>> Bibliografia

Calcolo della IOL dopo chirurgia rifrattiva: come risolvere il problema

Ringraziamenti

Prof. Teresio AvitabileTeresio Avitabile, Catania Dott. Michele AvvisatiMichele Avvisati, Napoli Prof. Mario BifaniMario Bifani, Napoli Dott. Lucio BurattoLucio Buratto, Milano Dott. Luigi CapassoLuigi Capasso, Napoli Dott. Roberto CerbellaRoberto Cerbella, Pozzuoli Dott. Nicola CiampaNicola Ciampa, Napoli Dott. Angelo CostantinoAngelo Costantino, Benevento Prof. Luigi CotticelliLuigi Cotticelli, Napoli Dott. Maria Tecla CrisciMaria Tecla Crisci, Roma Dott. Giorgio CusatiGiorgio Cusati, Telese Dott. Michele Della CorteMichele Della Corte, Napoli Dott. Concetta Di NardoConcetta Di Nardo, Atri Dott. Luca CappucciniLuca Cappuccini, Reggio Emilia

Dott. Leonardo FalcoLeonardo Falco, Firenze Dott. Matthew HughesMatthew Hughes, Usa Dott. Wojciech KolodziejczykWojciech Kolodziejczyk, Polonia Dott. Giovanni IulianoGiovanni Iuliano, Napoli Dott. Alessandro MancinoAlessandro Mancino, Matera Dott. Beniamino MastursiBeniamino Mastursi, Napoli Dott. Emilio MazzilliEmilio Mazzilli, S. Giovanni Rotondo Dott. Gioacchino MolloGioacchino Mollo, Pompei Dott. Alfredo MontesarchioAlfredo Montesarchio, Napoli Dott. Vincenzo OrfeoVincenzo Orfeo, Napoli Dott. Franco PaolercioFranco Paolercio, Vico Equense Dott. Fabrizio PascottoFabrizio Pascotto, Napoli Dott. Francesco PellegrinoFrancesco Pellegrino, Nocera InferioreDott. Stefano PicciocchiStefano Picciocchi, Napoli Dott. Paolo PolisenaPaolo Polisena, Larino

Dott. Lelio SabettiLelio Sabetti, L’aquila Dott. Alfredo SammartinoAlfredo Sammartino, Napoli Dott. Silvio SavastanoSilvio Savastano, CassinoDott. Mario SbordoneMario Sbordone, Pozzuoli Dott. Vincenzo ScorciaVincenzo Scorcia, Catanzaro Dott. Anna StanislawskaAnna Stanislawska, Legionowo, Polonia Dott. Andrea StellaAndrea Stella, Foggia Dott. Giorgio TaralloGiorgio Tarallo, Napoli Dott. Paolo TeramoPaolo Teramo, Napoli Dott. Trond ThielsenTrond Thielsen, Trondheinen, Norvegia Dott. Federico ToniFederico Toni, Napoli Dott. Achille Tortori Achille Tortori, Napoli Dott. Elio TrottaElio Trotta, Battipaglia (SA) Dott. Lucio ZeppaLucio Zeppa, Avellino

56 viscochirurgia 1 • 2011

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Nicola Rosa, Maddalena De Bernardo, Michele Lanza

57viscochirurgia1 • 2011

Terapia combinata con Macugen e PDT-V per l’AMD essudativa

Rosalia Giustolisi ® Nicoletta Fantozzi ® Mariateresa Staltari ® Jessica Marchiori ®

Olga Mastrangelo ® Paola Mazzotta ® Federica Mirra ® Corrado Balacco Gabrieli ®

Dipartimento di Oftalmologia, Facoltà di Medicina, Università “Sapienza” di Roma

>>

RIASSUNTO Scopo: Lo studio confronta la sicurezza e l’effi cacia, in termini funzionali ed anatomici, della terapia combinata, defi -nita come terapia fotodinamica con verterporfi na (PDT-V) a fl uenza standard e pegaptanib 0.3 mg somministrati nello stesso giorno in un gruppo di pazienti affetti da neovascolarizzazione coroideale (CNV) a componente prevalentemente classica, secondaria a degenerazione maculare senile (AMD) in pazienti non trattabili con ranibizumab.Tipo di studio: Lo studio è un case series prospettico, open-label, monocentrico.Materiali e Metodi: 5 occhi di 5 pazienti con CNV sono stati consecutivamente arruolati e trattati con terapia combi-nata defi nita come PDT-V a fl uenza standard e pegaptanib 0.3 mg per via intravitreale. Il follow-up è stato eseguito con visite ogni 6 settimane comprendenti la misurazione della Best corrected visual acuity (BCVA), la tomografi a a coerenza ottica (OCT) con valutazione dello spessore maculare centrale (CMT) e la fl uorangiografi a (FA). La durata totale dello studio è di sei mesi.Discussione e Conclusioni: Alla baseline la BCVA media è 21.6 lettere (LogMar 0.68) con ± SD 17.12, al sesto mese dal trattamento la BCVA media è 19.8 (LogMar 0.72) con ±SD 14.7 (p=0.508). Per quel che riguarda la CMT il valore medio alla baseline è di 286.6 µm con ± SD 62.15 µm, al sesto mese è 187.2 µm con ± SD 12.7 µm (p=0.015). In con-clusione il trattamento non comporta un signifi cativo guadagno funzionale ma si dimostra effi cace in termini anatomici e di sicurezza. Questo tipo di terapia può essere riservata a pazienti con reperti anamnestici sfavorevoli al trattamento con ranibizumab.

ABSTRACT Purpose: To compare the effi cacy and safety of the combination of Photodynamic Therapy (PDT) with standard fl uence verteporfi n and pegaptanib 0.3 mg administered on the same day, in patients with choroidal neovascularization (CNV) due to AMD untreatable with ranibizumab.Methods: 5 eyes of 5 patients were consecutively enrolled and treated with combined therapy defi ned as standard fl uence PDT and intravitreal pegaptanib 0.3 mg on the same day. Best corrected visual acuity (BCVA), central macular thickness (CMT) on optical coherence tomography (OCT) were examined before and after treatment every 6 weeks. Patients were followed-up for six months.Discussion and Conclusion: The mean baseline BCVA (± standard deviation, SD) was 21.6 letters (± 17.12 LogMar 0.68), at 6 months after treatment mean BCVA was 19.8 (±14.7 LogMar 0.72) (p=0.508). The mean CMT at baseline (±SD) was 286.6µm (± 62.15 µm), at 6 months was 187.2 µm (± 12.7µm) (p=0.015). In conclusion the treatment there is not a functional improvement but it showes its antomical effi cacy and safety. This type of therapy can be reserved to patients with adverse clinical history for the treatment with ranibizumab.

PAROLE CHIAVE CNVAMDRanibizumabPDT

KEY WORDS CNVAMDRanibizumabPDT

>> IntroduzioneL’AMD è la principale causa di cecità legale e

di disabilità visiva nella popolazione ≥60 anni

nel Nord America e in Europa, mentre a livello

mondiale è la terza causa dopo cataratta e glau-

coma.1 Lo spettro clinico dell’AMD comprende

due forme: la forma secca o dry AMD e la forma

umida o wet AMD, la prima è la più diffusa ed è

responsabile dell’85% dei casi, mentre la secon-

da è meno frequente (15%) ma è causa dell’80%

dei casi di perdita severa della visione2.

L’evento chiave alla base della patogenesi della

forma umida è dato dallo sviluppo della CNV,

caratterizzata dalla presenza di neovasi che,

attraverso delle deiscenze della membrana di

Bruch, penetrano nello spazio al di sotto del-

l’epitelio retinico (EPR) e/o al di sotto del neu-

roepitelio, determinando emorragie e perdita di

58 viscochirurgia 1 • 2011

liquido (leakage) alla fl uorangiografi a retinica

ed edema sub-intraretinico alla tomografi a a

coerenza ottica3.

L’ampliamento delle conoscenze inerenti la pa-

togenesi e il decorso clinico dell’AMD essudati-

va ha permesso, nel corso degli anni, lo sviluppo

di vari modelli di trattamento4.

La terapia fotodinamica con verteporfi na com-

bina l’iniezione endovenosa di un farmaco foto-

sensibilizzante con la sua attivazione, ottenuta

mediante un’irradiazione laser a bassa poten-

za5-7. Recentemente la terapia con fattori an-

tiangiogenetici (anti-VEGF) come il pegaptanib

sodico, approvato dall’FDA (Food and Drug Ad-

ministration) nel 2004 e il ranibizumab, (appro-

vato dall’FDA nel 2007) per via intravitreale, è

diventata il gold standard per il trattamento delle

forme essudative8-12.

Una recente strategia, che migliora il trattamento

delle CNV, è data dalla terapia combinata che

consente di trattare la neovascolarizzazione col-

pendo in più punti la cascata dei fattori che ne

induce la progressione.

L’utilizzo della PDT-V determina infatti l’ablazio-

ne dei neovasi, e l’associazione con l’anti-VEGF

ne impedisce la ricrescita grazie all’azione an-

tiangiogenetica13-16. Il nostro studio confronta

la sicurezza e l’effi cacia in termini funzionali ed

anatomici della terapia combinata con PDT a

fl uenza standard e pegaptanib 0.3 mg sommini-

strati nello stesso giorno.

>> Materiali e MetodiIl nostro è uno studio case series prospettico,

open-label, monocentrico designato a valutare

l’effi cacia e la sicurezza della terapia combi-

nata, defi nita come PDT-V a fl uenza standard e

pegaptanib sodico 0.3 mg per via intravitreale

somministrati nello stesso giorno. Il gruppo di

pazienti selezionati è costituito da pazienti affetti

da CNV a componente classica o prevalente-

mente classica, secondaria all’AMD, in sogget-

ti non trattabili con ranibizumab a causa della

storia anamnestica sfavorevole. Da gennaio a

dicembre 2009 cinque occhi di cinque pazienti

con CNV secondaria a AMD sono stati conse-

cutivamente arruolati e trattati. Tutti i pazienti

risultati eleggibili per lo studio hanno fi rmato il

consenso informato. Questo studio non ha spe-

cifi che limitazioni circa il numero di pazienti ar-

ruolati ed è in linea con le Good Clinical Practice

e Declaration of Helsinki.

I criteri d’inclusione sono stati:

n età pari o superiore ai 55 anni;

n presenza CNV subfoveale in pazienti con

AMD, evidenziabile alla FA come presenza di

leakage e all’OCT come presenza di edema

in zona foveale;

n greatest linear dimension (GLD) dell’intera

lesione ≤ 5400 microns.

I criteri d’esclusione sono stati:

n precedenti trattamenti per CNV;

n presenza di patologie oculari quali glaucoma,

strie angioidi, traumi, coroiditi, pregressa chi-

rurgia vitreo retinica.

La presenza di reperti anamnestici, come prece-

dente storia di trombosi venosa profonda, ische-

mia miocardica e storia clinica di stroke, non

sono stati considerati quali criteri d’esclusione.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a visita oftal-

mologica completa alla baseline e ogni 6 setti-

mane, per un totale di 6 mesi di follow-up.

La misurazione della Best Corrected Visual

Acuity (BCVA) in entrambi gli occhi è stata at-

tuata tramite la tavola Early Treatment of Dia-

betic Retinopathy Study (ETDRS) a tre metri

da un ortottista in cieco valutando il numero di

lettere che il paziente riesce ad apprezzare. Un

miglioramento della visione è defi nito come un

aumento pari o superiore a 10 lettere (2 linee

ETDRS), un peggioramento da una riduzione di

10 o più lettere.

La tomografi a a coerenza ottica è stata effettuata

con STRATUS OCT (V4.01 Zeiss Meditec, Du-

blin, CA) con valutazione dello spessore macu-

lare centrale usando il protocollo Radial Lines e

il programma d’analisi Retinal Thickness Map.

L’attività della CNV è defi nita dalla presenza

all’esame fl uorangiografi co e tomografi co di

emorragie e/o edema intraretinico. Un aumento

dello spessore centrale ≥10% rispetto al CMT

alla baseline è defi nito come un peggioramento,

una riduzione ≥10% è defi nito come un miglio-

ramento. L’esame fl uorangiografi co è stato effet-

tuato da uno specialista esperto in retina usando

HRA2 FA (Heidelberg Engineering).

La presenza di leakage dovuto alla CNV è stato

R. Giustolisi, N. Fantozzi, M. Staltari, J. Marchiori, O. Mastrangelo, P. Mazzotta, F. Mirra e C. Balacco Gabrieli

59viscochirurgia1 • 2011

esaminato in fase precoce (1-2 minuti) e in fase

tardiva (3-5 minuti). Il leakage è stato valutato

prima e dopo il trattamento e descritto come as-

sente (chiusura della CNV) o persistente. L’ese-

cuzione e la valutazione di tutte le scansioni

OCT e delle immagini fl uorangiografi che è stata

effettuata da due specialisti in patologia retinica

in modo non mascherato.

La terapia fotodinamica con Visudyne (PDT) è

un processo che si svolge in due fasi:

n la prima fase consiste in una infusione endo-

venosa di Visudyne della durata di 10 minuti

alla dose di 6 mg/m2 di superfi cie corporea,

diluito in 30 ml di soluzione per infusione;

n la seconda fase prevede una fotoattivazione di

Visudyne 15 minuti dopo l’inizio dell’infusio-

ne. Per la fotoattivazione di Visudyne, si usa la

luce rossa non termica (con lunghezza d’on-

da di 689 nm ± 3 nm) generata da un laser a

diodi attraverso un dispositivo a fi bre ottiche

montato su una lampada a fessura e una lente

a contatto appropriata. Si raccomanda un’in-

tensità della luce pari a 600 mW/cm2, per un

periodo di 83 secondi per l’erogazione di una

quantità di luce pari a 50 J/cm2.

Il trattamento con Macugen 0.3 mg è stato effet-

tuato, in condizioni asettiche attraverso un’inie-

zione intravitreale da un oftalmologo esperto in

patologia retinica.

Prima di iniziare la procedura per l’iniezione

intravitreale, è stata attentamente valutata la sto-

ria clinica del paziente, per rilevare eventuali

precedenti reazioni di ipersensibilità, indotta

un’adeguata anestesia e somministrato un anti-

biotico topico ad ampio spettro.

Il ritrattamento è stato riservato solo ai pazienti

con criteri di attività della CNV quali perdita di

visione pari ad almeno 5 lettere ETDRS, presen-

za di liquido subretinico e/o intraretinico all’OCT

ed evidenza di leakage alla FA. Gli occhi con

questi requisiti sono stati trattati dopo sei setti-

mane con pegaptanib e/o al mese 3 con terapia

combinata pegaptanib e PDT-V.

>> RisultatiCinque occhi di cinque pazienti di cui quattro

donne e un uomo, sono stati consecutivamente

arruolati e trattati. L’età media è 78.8 anni (± Stan-

dard Deviation [SD] 6.22). Tutti i pazienti hanno

completato il follow-up di sei mesi. Alla baseli-

ne la BCVA media è 21.6 lettere (LogMar 0.68)

con ± SD 17.12, al sesto mese dal trattamento la

BCVA media è 19.8 (LogMar 0.72) con ±SD 14.7

(p=0.508). Tutti gli occhi sono stabili (100%). La

differenza media è di –1.8 lettere ETDRS. Per

quel che riguarda il CMT il valore medio alla ba-

seline è di 286.6 µm con ± SD 62.15 µm, al sesto

mese è 187.2 µm con ± SD 12.7 µm (p=0.015).

La differenza media fra la baseline e il mese 6

è di 100.4 µm. Comparando i risultati del mese

sei rispetto la baseline possiamo osservare una

riduzione dello spessore ≥10% in 4 occhi (80%)

mentre rimane stabile 1 occhio (20%).

Dei 5 occhi trattati 4 non hanno necessitato di

ritrattamento (80%) mentre uno (20%) al mese 4

ha mostrato i criteri di attività della membrana e

ha necessitato di ritrattamento con terapia com-

binata pegaptanib e PDT. In seguito al trattamen-

to il leakage al mese 6 è scomparso e l’edema è

stato riassorbito.

Il numero di iniezioni richieste a paziente in me-

dia è di 1.2 (Range 1-2).

>> ConclusioniFin dal 2000 la terapia fotodinamica con verter-

porfi na è stata il gold standard approvato dal-

l’FDA per la CNV correlata all’AMD. Il trattamento

PDT-V, somministrato ogni 3 mesi, si è dimostrato

sicuro ed effi cace in diversi trials clinici.

Il TAP study valuta l’effi cacia della PDT-V nei pa-

zienti con CNV di tipo prevalentemente classi-

co. La percentuale di pazienti con una perdita di

acuità visiva inferiore a 3 linee rispetto alla ba-

seline nel periodo di studio a 2 anni è stata del

59% dei pazienti trattati rispetto al 31% dei con-

trolli. 7 La PDT-V è stata attuata inoltre nel VIM

study in pazienti con CNV di tipo minimamen-

te classico e nel VIP study in pazienti con CNV

di tipo occulto, in entrambi i casi con riscontro

positivo rispetto ai controlli. La PDT-V realizza il

maggiore effetto terapeutico a livello delle lesio-

ni subfoveali di tipo classico o prevalentemente

classico, con minori vantaggi per quel che ri-

guarda le lesioni a componente prevalentemen-

te occulta17-18.

Recentemente il progredire della ricerca scien-

Terapia combinata con Macugen e PDT-V per l’AMD essudativa

60 viscochirurgia 1 • 2011

tifi ca ha portato alla ribalta una nuova catego-

ria di farmaci approvati per il trattamento delle

CNV subfoveali, costituita dagli inibitori selettivi

del VEGF, ad azione antiangiogenetica, sommi-

nistrati tramite via intravitreale. È assodato infatti

che le cellule dell’EPR secernono VEGF, fattore

vasoproliferativo il cui legame ai recettori VEGF-

R1 e VEGF-R2 porta ad una proliferazione delle

cellule endoteliali della neovascolarizzazione e

ad un aumento della permeabilità vasale, tutti

fattori che si ritiene contribuiscano alla progres-

sione della forma neovascolare della degenera-

zione maculare senile19-21.

Farmaci “on label” attualmente utilizzati per

questo tipo di terapia sono il Pegaptanib sodico

approvato dall’FDA nel 2004, e il Ranibizumab

approvato dall’FDA nel 200722. Farmaco “off

abel” utilizzato per lo stesso scopo è il Beva-

cizumab23.

Il pegaptanib sodium (Macugen; OSI/Eyetech,

Inc., Melville, New York, USA) è un oligonucleoti-

de peghilato modifi cato che si lega con elevata

specifi cità ed affi nità al fattore di Crescita Vasco-

lare Endoteliale extracellulare VEGF165 bloc-

cando in maniera specifi ca l’attività di questa

isoforma. Viene somministrato in iniezione intra-

vitreale (0.3 mg) ogni 6 settimane24. La sicurezza

e l’effi cacia del trattamento sono state valutate da

un trial multicentrico, randomizzato, controllato e

in doppio cieco (VISION) condotto da D’Amico

et al (2006). I risultati pubblicati dopo 12 mesi

di terapia evidenziano che il pegaptanib sodium

mantiene o migliora la funzione visiva nel 33%

dei pazienti, a confronto con il 23% dei controlli.

Inoltre il 71% dei pazienti trattati (0.3 mg) non ha

manifestato un calo visivo superiore a tre linee

ETDRS, a confronto con il 55% dei controlli11.

Il ranibizumab (Lucentis; Genentech, Inc., South

San Francisco, California, USA) è un frammento

di un anticorpo monoclonale umanizzato, che

lega con un’elevata affi nità le isoforme del VEGF-

A (per es. VEGF110, VEGF121 e VEGF165),

prevenendo così il legame del VEGF-A ai suoi

recettori.

La sicurezza e l’effi cacia clinica di Lucentis sono

state valutate in trials clinici quali il Marina, l’An-

chor e il Pier12,25-26.

Una recente strategia che migliora il trattamento

delle neovascolarizzazioni è data dalla terapia

combinata. La terapia combinata consente di

trattare la neovascolarizzazione colpendo in più

punti chiave la cascata di fattori che ne induce

la progressione. Infatti l’utilizzo della PDT-V de-

termina l’ablazione dei neovasi, e l’associazio-

ne con l’anti-VEGF ne impedisce la ricrescita

grazie all’azione antiangiogenetica13-15. Inoltre

in un recente studio che valuta i livelli di VEGF

presenti nell’umor acqueo prima della terapia e

ad un mese da essa, ne dimostra un signifi cativo

decremento, positivamente correlato con una ri-

duzione dello spessore retinico centrale valuta-

to tramite OCT16. Lo studio FOCUS condotto da

Antoszyk AN et al (2008) valuta l’effi cacia della

terapia con Lucentis combinato con la PDT-V

(un’applicazione di PDT con tre applicazioni di

Ranibizumab nell’arco di tre mesi) in compara-

zione con un gruppo di controllo che ha ricevuto

PDT-V più un’iniezione sham mensile. A 12 mesi

il 90.5% dei pazienti trattati con combinata e il

67.9% dei controlli hanno perso meno di 15 let-

tere.27 Uno studio condotto da Calvo-Gonzalez

et al (2008) valuta l’effi cacia della terapia com-

binata con Macugen e PDT rilevando un decre-

mento medio di 5 lettere nei soggetti trattati e

un incremento delle dimensioni della GLD da

1280.3 µm a 2065.7 µm28. Non ci sono trials su

larga scala che valutino l’effi cacia di questo tipo

di terapia.

Questo studio ha valutato anch’esso l’effi cacia

della terapia combinata con pegaptanib sodico

per via intravitreale associato a PDT-V nello stes-

so giorno considerando oltre al risultato funzio-

nale, inteso come variazione della BCVA, anche

il risultato anatomico inteso come variazione del

CMT misurato tramite OCT.

Dal punto di vista funzionale tutti i pazienti resta-

no stabili (100%) e la variazione BCVA media è

di -1.8 lettere all’ETDRS.

Dal punto di vista anatomico si ha una riduzione

del CMT ≥10% in 4 occhi (80%) mentre rima-

ne stabile 1 occhio (20%). La riduzione media è

di –100.4 µm. Quindi è possibile affermare che

mentre dal punto di vista funzionale si confer-

mano i dati dello studio effettuato da Gonzalez,

dal punto di vista anatomico si ha un succes-

so statisticamente signifi cativo con riduzione

del CMT e quindi riassorbimento dell’edema

intraretinico e sub retinico e ripristino del-

R. Giustolisi, N. Fantozzi, M. Staltari, J. Marchiori, O. Mastrangelo, P. Mazzotta, F. Mirra e C. Balacco Gabrieli

61viscochirurgia1 • 2011

la normale morfologia foveale (Figure 1 e 2).

In tutti gli occhi (100%) la FA al mese 6 mostra

la scomparsa del leakage e regressione della

CNV. Solo in un caso al mese 4 si ha avuto la riat-

tivazione della membrana ed è stato necessario

un secondo ciclo di combinata.

Per quel che riguarda la sicurezza del trattamen-

to, non ci sono stati effetti collaterali maggiori né

a livello oculare, come endoftalmiti e distacco di

retina, né a livello sistemico (quali stroke e infar-

to). In conclusione il trattamento non comporta

un signifi cativo guadagno funzionale, ma si di-

mostra effi cace in termini anatomici e di sicu-

rezza. I limiti del nostro studio sono il numero di

pazienti arruolati e la durata del follow-up, pari

a sei mesi. In conclusione questo tipo di terapia

può essere riservata a quelle categorie di pa-

zienti con storia anamnestica sfavorevole per il

ranibizumab, ad aumentato rischio di compli-

canze, ad esempio con storia di stroke, ischemia

e precedenti eventi tromboembolici. Questo è

possibile in quanto il pegaptanib è un’isoforma

specifi ca per il VEGF165, e quindi non andreb-

be ad inibire le restanti isoforme presentando,

quindi, una sicurezza maggiore rispetto al tratta-

mento con ranibizumab che invece si lega a tutte

le isoforme di VEGF e può andare ad interferire

con le funzioni biologiche sistemiche del VEGF,

quali la rivascolarizzazione in aree ischemiche e

la funzionalità neuronale.

Il trattamento elettivo con ranibizumab deve es-

sere riservato alle categorie di pazienti con fat-

tori di rischio CV nella norma, in quanto ha mo-

strato, in numerosi trias, un’effi cacia maggiore

nella stabilizzazione e miglioramento dell’acuità

visiva. ®

Figura 1

A. Esame fl uorangiografi co, fase tardi-va: due aree di leakage con com-ponente emorragica (prima della terapia combinata)

B. Esame fl uorangiografi co, fase tardi-va: sei mesi dopo il trattamento si nota assenza di leakage e risoluzio-ne della componente emorragica

C. OCT prima del trattamento: area di iporefl ettività intraretinica corri-spondente ad edema associata ad aree di iper-refl ettività, corrispon-denti alla neovascolarizzazione

D. OCT dopo il trattamento: completa risoluzione dell’edema intrareti-nico, con ripristino della normale morfologia strutturale.

A B

C D

A B

C D

Figura 2

A. Esame fl uorangiografi co, fase tardi-va: prima della terapia combinata si notano due aree di leakage

B. Esame fl uorangiografi co, fase tar-diva: sei mesi dopo il trattamento si evidenzia la completa risoluzione del leakage

C. OCT prima del trattamento: area di iporefl ettività intraretinica corri-spondente a neovascolarizzazione intraretinica, associata a distacco sieroso del neuroepitelio

D. OCT dopo il trattamento: comple-ta risoluzione sia del distacco del neuroepitelio che dell’edema intra-retinico con ripristino della normale morfologia foveale

Terapia combinata con Macugen e PDT-V per l’AMD essudativa

62 viscochirurgia 1 • 2011

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>> Bibliografia

R. Giustolisi, N. Fantozzi, M. Staltari, J. Marchiori, O. Mastrangelo, P. Mazzotta, F. Mirra e C. Balacco Gabrieli

63viscochirurgia1 • 2011

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RIASSUNTO

Introduzione e Scopo: Scopo dello studio è stato quello di descrivere un innovativo approccio terapeutico della degenerazione maculare senile (DMS) neovascolare, basato sull’associazione della tradizionale terapia intravitreale con anti-VEGF al trattamento riabilitativo microperimetrico mediante MP-1 (Nidek Techonologies, Italia).

Materiali e Metodi: Sono stati selezionati 92 pazienti con età media di 74,75 ± DS 2,54 anni, affetti da degenerazione maculare senile neovascolare, con un residuo visivo <1/10, mai sottoposti ad altri interventi di chirurgia retinica, né ad altri trattamenti intravitreali. Tutti i soggetti sono stati suddivisi in due gruppi, 1 e 2. I pazienti in gruppo 1 sono stati sottoposti alla terapia intravitreale-riabilitativa associata. È stata effettuata un’iniezione intravitreale mensilmente. Gli stessi, dopo due giorni dall’intervento chirurgico, sono stati sottoposti a 15 sedute riabilitative con MP-1 della durata di 15 minuti ognuna, a giorni alterni, ripetute mensilmente. I pazienti di Gruppo 2 sono stati sottoposti soltanto alla terapia intravitreale.

Risultati: Tutti i pazienti in Gruppo 1 hanno evidenziato un netto miglioramento sia dell’acuità visiva, che della fi ssa-zione e della sensibilità retinica, nonché hanno mostrato una riduzione soggettiva ed oggettiva dello scotoma centrale, rispetto ai pazienti di Gruppo 2.

Conclusioni: Sono evidenti i vantaggi del trattamento riabilitativo dei pazienti affetti da DMS neovascolare in asso-ciazione alla terapia intravitreale. La valutazione della mappa microperimetrica potrebbe essere assumere in futuro un importante ruolo nella valutazione quantitativa dello scotoma centrale nel pre e nel post trattamento con anti-VEGF. Sarà necessario approfondire il ruolo di questa terapia riabilitativa con studi successivi.

ABSTRACT Introduction and Purpose: To describe a challenging therapeutical approach for the treatment of the neovascular age-related macular degeneration (AMD), based on the association of the traditional intravitreal therapy anti-VEGF based to the rehabilitative treatment, using the microperimeter MP-1 (Nidek Technologies, Italy).

Materials and Methods: 92 patients, with mean age of 74.75 ± SD 2.54 years old, affected by neovascular AMD, with a best corrected visual acuity (BCVA)~ 20/200 or less, never treated with retinal surgery or other intravitreal therapy.

All patients enrolled in the study were divided into two subgroups, 1 and 2. Patients in group 1 underwent both the intravitreal treatment with bevacizumab at dose of 0.3 mg and the rehabilitative treatment with MP-1. They received a bevacizumab injection monthly and in the postoperative, two days from the surgery, they began the rehabilitative cycle (15 times, 15 minutes each, every other days, monthly). Patients in group 2 were treated with intravitreal injection of bevacizumab only.

Results: All patients in group 1 showed a great improvement either in the BCVA, or the fi xation and the retinic sensibi-lity. Plus, in this group, we remarked a reduction both subjective and objective in the central scotoma evolution, while in patients in group 2 this did not occurred.

Conclusions: From the analysis of the results, clear are the advantages patients with AMD could take of undergoing an intravitreal-rehabilitative associated treatment. In the future, the evaluation of the microperimetric map could gain a primary role on the follow-up of the central scotoma in patients with AMD. Further studies are needed in order to confi rm these results.

PAROLE CHIAVE microperimetriadegenerazione maculare senileanti-VEGFbevacizumablocus retinico preferenziale KEY WORDS microperimeter examinationA.R.M.D.anti-VEGFbevacizumabpreferred retinal locus

Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti

a terapia intravitreale con anti-VEGF Sergio Zaccaria Scalinci¹.² ® Lucia Scorolli¹.² ® Giulia Corradetti¹.² ® Daniela Domanico³ ®

Enzo Maria Vingolo4 ® Paolo Limoli5 ® Mario Bifani6 ® Cristian Metrangolo¹ ®

1. Università degli Studi di Bologna, Centro per lo studio dell’Ipovisione e del Glaucoma, Bologna 2. Ospedale S. Orsola-Malpighi, Dipartimento di Oftalmologia, Bologna

3. Ospedale S.M. Goretti, Dipartimento di Oftalmologia, Latina 4. Università degli Studi di Roma “Sapienza”, Dipartimento di Oftalmologia, A. Fiorini Polo Pontino, Roma

5. Resp. Scientifi co Centro Studi Ipovisione, Milano 6. Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di Oftalmologia, Napoli

64 viscochirurgia 1 • 2011

>> Introduzione e Scopo La degenerazione maculare senile (DMS) rap-

presenta oggi, la principale causa di cecità le-

gale nella popolazione di età superiore ai 65

anni, soprattutto nei paesi industrializzati¹,²,³. La

perdita della funzione visiva è il risultato di pro-

cessi degenerativi che comportano l’accumulo

di materiale tra la lamina basale dell’epitelio

pigmentato retinico (EPR) e lo strato collageno

interno della membrana di Bruch, dovuto ad un

defi cit locale di smaltimento dei residui metabo-

lici4,5. Tale defi cit nelle fasi precoci della malat-

tia implica la formazione di drusen. Il processo

degenerativo danneggia progressivamente e in

modo irreversibile la macula, deputata alla visio-

ne distinta dei dettagli visivi per lontano e per

vicino, alla visione cromatica e alla sensibilità al

contrasto6.

Si distinguono due forme di DMS7:

n forma “secca o atrofica”: rappresenta il 90%

di tutte le maculopatie ed è caratterizzata da

una progressiva ed irreversibile atrofi a dei

fotorecettori, dell’EPR e della coriocapillare,

dovuta alla deposizione di materiale giallastro

che altera la funzionalità delle cellule deputa-

te alla visione centrale8;

n forma “umida o essudativa o neovascolare”: più rara ma più rapida, è aggressiva ed è ca-

ratterizzata dalla comparsa di una neovasco-

larizzazione coroideale (CNV) che ha origine

dalla coriocapillare e cresce attraverso i difetti

della membrana di Bruch. Tali neovasi lascia-

no trasudare del liquido che danneggia le cel-

lule fotosensibili della macula o possono rom-

persi causando emorragie retiniche. Sembra

che questo sia il risultato di uno squilibrio tra

il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor-

Fattore di crescita endoteliale vascolare), che

stimola la crescita vascolare, ed il PEDF (Pig-

ment Epithelial Derived Factor), che ne sop-

prime la crescita.

La sintomatologia d’esordio della patologia, ge-

neralmente, è caratterizzata da metamorfopsie

e da un progressivo e graduale annebbiamento

della visione. La fase tardiva, invece, comporta la

comparsa di uno scotoma centrale positivo per

cui i pazienti non sfruttano il punto di fi ssazione

foveale per visualizzare un’immagine10,11.

Attualmente il trattamento di questa forma di-

spone di un approccio medico, di un approccio

parachirurgico e di un approccio chirurgico.

La terapia medica, seppur con scarsi risultati,

si basa sull’utilizzo di composti vitaminici o di

sostanze antiossidanti, con lo scopo di arrestare

il processo degenerativo a carico della macu-

la12,13,14,15,15. Il trattamento parachirurgico inclu-

de la terapia fotodinamica (PDT)17 e la terapia

antiangiogenica18,19. La terapia antiangiogenica

implica sia l’utilizzo di steroidi intravitreali, qua-

li il triamcinolone acetonide, sia i fattori antian-

giogenici (anti-VEGF), quali il bevacizumab20,

il ranibizumab ed il pegaptanib sodico. Il tratta-

mento con steroidi intravitreali può essere asso-

ciato alla PDT. Negli ultimi anni, numerosi studi

hanno posto la propria attenzione sull’effi cacia

terapeutica di tali fattori, steroidi intravitreali e

fattori antiangiogenici, nel trattamento di diverse

patologie retiniche, caratterizzate da processi di

neoangiogenesi, quali la forma proliferante di

retinopatia diabetica (RDP), la forma essudativa

di degenerazione maculare senile. Recenti studi

hanno enfatizzato l’importanza del trattamento

riabilitativo nei pazienti affetti dalla forma umida

di DMS21,22,23.

Scopo del nostro studio è stato quello di aiuta-

re il paziente affetto da degenerazione macula-

re senile neovascolare a trovare e mantenere il

locus retinico preferenziale di fi ssazione (PRL)

e di insegnare loro a seguire la direzione della

fi ssazione, acquisendo la capacità di mantenerla

anche durante il movimento24. Tale trattamento

riabilitativo è stato effettuato mediante la tecnica

del biofeedback microperimetrico (MP-1, Nidek

Technologies - Italia)25, che consente all’opera-

tore di disegnare una mappa della fi ssazione,

nonché della sensibilità retinica del paziente in

esame e di confrontarla alla precedente ad ogni

follow-up successivo.

La tecnica del biofeedback microperimetrico26

sta ad indicare una tecnica di autoregolazione,

pertanto il paziente ipovedente svolge un ruolo

“attivo” durante le diverse sedute. Il vantaggio

di tale tecnica è quello di permettere al paziente

di acquisire la capacità di controllare, volontaria-

mente, la sua risposta corticale agli stimoli. L’MP-

1 permette all’operatore di poter impostare e/o

modifi care l’intensità dello stimolo visualizzato

al paziente in esame in qualsiasi momento della

S. Z. Scalinci, L. Scorolli, G. Corradetti, D. Domanico, E.M. Vingolo, P. Limoli, M. Bifani, C. Metrangolo

65viscochirurgia1 • 2011

seduta riabilitativa, in relazione alla risposta del

paziente stesso e con lo scopo di ottenere la mi-

glior performance auspicabile.

Altra fi nalità del nostro studio è stata quella di

valutare e documentare il miglioramento di effi -

cacia del trattamento intravitreale con anti-VEGF,

qualora associato alla riabilitazione microperi-

metrica del paziente affetto da degenerazione

maculare senile neovascolare. È stata quindi,

esaminata l’entità della progressione e/o ridu-

zione dell’area scotomatosa centrale ad ogni

successivo follow-up, mediante un’attenta va-

lutazione della mappa microperimetrica. Dal-

l’analisi dei dati ottenuti è risultato che la terapia

intravitreale anti-neongiogenica in associazione

con la tecnica riabilitativa ha contribuito ad una

maggior riduzione dello scotoma centrale, ri-

spetto ai pazienti non sottoposti a tale trattamen-

to riabilitativo.

>> Materiali e Metodi 92 pazienti affetti da degenerazione maculare

senile neovascolare, con età compresa tra i 65

ed i 81 anni (età media = 74,75 ± DS 2,54 anni)

sono stati inclusi in questo studio sperimentale

prospettico di tipo randomizzato. La selezione

dei pazienti è stata effettuata sulla base dei se-

guenti criteri di inclusione ed esclusione.

Criteri di inclusione1. pazienti con età = 65 anni;

2. acuità visiva < 1/10 (< 20/200), valutata con

le tavole di Snellen (acuità visiva media = 1,2

logMAR ± DS 0,3);

3. diagnosi di DMS neovascolare all’esame oftal-

moscopico del fundus oculi, confermata dalla

tomografi a a coerenza ottica (SD-OCT)27,28 e

dall’esame fl uorangiografi co (FAG); 4. Test di

Amsler positivo29;

5. pazienti affetti da DMS neovascolare e non

precedentemente sottoposti a trattamenti

anti-neoangiogenici per via intravitreale;

6. pazienti affetti da DMS neovascolare non re-

sponder alla terapia medica basata sull’utiliz-

zo di anti-ossidanti e complessi vitaminici;

7. pazienti sottoposti precedentemente alla chi-

rurgia della cataratta.

Criteri di esclusione1. pazienti affetti da DMS atrofi ca;

2. pazienti affetti da DMS precedentemente sot-

toposti a trattamenti con anti-VEGF o altri trat-

tamenti basati sull’utilizzo della fotodinamica

o terapia con steroidi;

3. pazienti con evidenza clinica di emorragia

retinica massiva;

4. pazienti sottoposti a precedenti interventi di

chirurgia retinica nell’occhio in esame.

Figura 1

Retinografi a + mappa microperimetricaA. Caso di paziente con DMS neovascolare nel preoperatorio.

Viene mostrata a destra la mappa di fi ssazione che risulta instabile

B. Caso di paziente con DMS neovascolare al termine della sperimentazione. A destra viene mostrata la mappa di fi s-sazione che risulta stabile entro i 2° centrali

Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti a terapia intravitreale con anti-VEGF

66 viscochirurgia 1 • 2011

Tutti i soggetti inclusi nello studio sono stati sud-

divisi in due gruppi:

a. Gruppo 1 - Gruppo di studio (41 pazienti):

pazienti sottoposti a trattamento anti-neoan-

giogenico intravitreale in associazione a cicli

di riabilitazione microperimetrica con MP-1;

b. Gruppo 2 - Gruppo controllo (41 pazienti):

pazienti sottoposti a trattamento anti-neoan-

giogenico tradizionale mediante utilizzo di

anti-VEGF per via intravitreale.

Tre giorni prima dal trattamento chirurgico con

anti-VEGF tutti i pazienti sono stati sottoposti ad

un esame oculistico completo, con misurazione

dell’acuità visiva con le tavole di Snellen, esame

biomicroscopico del segmento anteriore, esa-

me tonometrico ad applanazione di Goldmann,

esame del fundus oculi con lente +90D di Volk.

Inoltre, sono stati effettuati l’esame retinografi -

co, tomografi co a coerenza ottica (SD-OCT)30,

l’esame fl uorangiografi co (FAG) e l’esame mi-

croperimetrico mediante il microperimetro

MP-1 (Nidek Technologies, Italia), che ci ha per-

messo di valutare sia la mappa di fi ssazione del

soggetto in esame, sia quella della sensibilità

retinica. Tutti i pazienti sono stati valutati da un

punto di vista anestesiologico, al fi ne di esclude-

re eventuali allergie a farmaci, in particolare allo

Iodopovidone. La preparazione pre-operatoria

ha previsto la sottoscrizione, da parte di tutti i

pazienti candidati all’intervento chirurgico, di un

consenso informato, precedentemente conse-

gnato al paziente con congruo anticipo rispetto

alla data dell’intervento.

A tutti i pazienti è stata richiesta la somministra-

zione, a casa, di un collirio topicoantibiotico per

3 giorni antecedenti all’intervento.

Tutti i pazienti di Gruppo 1, dopo 3 giorni dal

controllo pre-operatorio, hanno ricevuto un’inie-

zione intravitreale di bevacizumab alla dose di

0,3 mg che è stata ripetuta mensilmente³¹. A

partire da 2 giorni dopo il primo trattamento in-

travitreale, questi pazienti sono stati sottoposti a

15 sedute di trattamento riabilitativo con biofee-

dback, ognuna della durata di 15 minuti, a giorni

alterni, ripetute mensilmente. Questo ciclo (inie-

zione intravitreale di bevacizumab alla dose di

0,3 mg e biofeedback microperimetrico) è stato

ripetuto 4 volte. All’inizio di ogni seduta di ria-

bilitazione e a 30 giorni dal termine del quarto

ciclo sono stati eseguiti l’esame microperimetri-

co ed il test della fi ssazione al fi ne di valutare la

sensibilità retinica, le aree scotomatose, la loca-

lizzazione e la stabilità del PRL, nonché la scelta

della miglior stategia riabilitativa per la localiz-

zazione di un PRL il più funzionale possibile per

il paziente.

Tutti i pazienti di Gruppo 2 sono stati invece sot-

toposti ad iniezione intravitreale di bevacizumab

mensilmente, ma non alle sedute di riabilitazio-

ne con il biofeedback.

Procedura chirurgica Iniezione intravitreale di bevacizumab L’intervento chirurgico è stato sempre effettuato

in sala operatoria in regime di Day Surgery: dila-

tazione pupillare con midriatici, pulizia della cute

perioculare e periorbitaria con Iodopovidone

al 10%, alla quale segue l’anestesia topica me-

diante collirio monodose di ossibuprocaina clo-

ridrato. Si prosegue con un ulteriore instillazione

di gocce di iodopovidone al 5% sulla superfi cie

oculare e sul sito di iniezione. In questo studio,

sono stati utilizzati aghi delle dimensioni di 27 G.

L’iniezione intravitreale di bevacizumab alla dose

di 0,3 mg è stata effettuata in tutti i casi via pars

plana nel quadrante infero-temporale a circa 3,5

mm dal limbus,considerando che tutti gli occhi

trattati sono pseudofachici. Dopo aver iniettato

Figura 2

Test della fi ssazioneVengono mostrati i test della fi ssazione a cui è stato sot-toposto un paziente incluso nello studio prima e dopo il nostro studio. Prima del trattamento intravitreale e del processo riabilitativo la fi ssazione risulta relativamente instabile nei 2° centrali, mentre al termine del trattamen-to la fi ssazione risulta essere stabile

S. Z. Scalinci, L. Scorolli, G. Corradetti, D. Domanico, E.M. Vingolo, P. Limoli, M. Bifani, C. Metrangolo

il farmaco, alla fuoriuscita dell’ago, si esegue

nel sito di entrata una compressione mediante

un bastoncino imbevuto di iodopovidone al 5%

e successivamente si instillano due/tre gocce di

acido jaluronico al fi ne di creare nell’immediato

postoperatorio una barriera cicatriziale a livello

congiuntivale. Al termine di ogni iniezione intra-

vitreale è stata valutata la pressione intraocula-

re, la pervietà dell’arteria centrale della retina e

sono stati instillati antibiotici topici ed ipotoniz-

zanti oculari per 15 giorni.

Follow-up postoperatorio Nell’immediato postoperatorio è stato chiesto a

tutti i pazienti si eseguire a domicilio la profi lassi

antibiotica per via topica. Dopo due giorni dal-

l’iniezione intravitreale è stato effettuato il primo

controllo, al fi ne di controllare la pressione ocu-

lare, valutare la distribuzione del farmaco, verifi -

care l’assenza di emorragie intraoculari, rotture

retiniche o distacchi retinici.

Analisi statistica I 92 pazienti inclusi nel nostro studio sono stati

seguiti complessivamente per un periodo di 6

mesi. L’analisi statistica è stata effettuata median-

te il Software XLSTAT 2010 e tutti i dati ottenuti

sono stati elaborati con il Test t-Student (t-Test)

per dati appaiati. È stata quindi valutata la signi-

fi catività statistica dei risultati, considerando ri-

sultati statisticamente signifi cativi per p < 0,05.

L’analisi statistica ha valutato inoltre il t generale

al fi ne di valutare l’omogeneicità dei due gruppi,

1 e 2, per quanto riguarda lo stadio di DMS neo-

vascolare nella fase 0 dello studio. Ne è risultato

un valore di p gen < 1,25, pertanto i due gruppi

sono risultati vantaggiosamente comparabili.

>> Risultati Dall’analisi dei risultati, è emerso un netto mi-

glioramento dell’acuità visiva espressa in termi-

ni di logMAR, della fi ssazione e della sensibilità

retinica espressa in termini di riduzione sogget-

tiva ed oggettiva dell’area scotomatosa centrale,

nei pazienti di gruppo 1 rispetto ai pazienti di

gruppo controllo (Gruppo 2).

I pazienti di gruppo 1 hanno infatti mostrato un

miglioramento dell’acuità visiva, passando da

valori di 1,2 logMAR ± DS 0,3 (~ 20/320) a valori

di 0,45 logMAR ± DS 0,2 (~ 20/50) al termine

della sperimentazione (p< 0,05).

Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti a terapia intravitreale con anti-VEGF

68 viscochirurgia 1 • 2011

Anche i pazienti di gruppo 2 hanno mostrato un

miglioramento dell’acuità visiva in seguito ai 4

cicli di iniezioni intravitreali con bevacizumab,

ma di entità minore rispetto al gruppo prece-

dentemente valutato. Questi soggetti infatti, in

fase 0 presentavano valori di acuità visiva di

1,2 logMAR ± DS 0,3 (~ 20/320), mentre in se-

guito al quarto ciclo di iniezione intravitreale

hanno raggiunto valori di 0,7 logMAR ± DS 0,1

(~ 20/100) con p < 0,05.

Nei pazienti sottoposti a riabilitazione micrope-

rimetrica è stato evidenziato un netto migliora-

mento della fi ssazione, sia nel controllo che nel

mantenimento del PRL nei 2° centrali. L’esame

microperimetrico a cui sono stati sottoposti

tutti i pazienti prima del trattamento chirurgico

con bevacizumab mostra una relativa instabili-

tà di fi ssazione (49% ± DS 1,3). Questi pazienti

(gruppo 1) hanno presentato un miglioramento

della stabilità di fi ssazione nei 2° centrali: da va-

lori di stabilità del 13% ± DS 1.8 al tempo 0 a va-

lori di stabilità del 59% ± DS 2,1 al termine del

processo riabilitativo (p < 0.05). I restanti pa-

zienti hanno mostrato per un 25% ± DS 3,3 una

fi ssazione relativamente instabile nei 2° centrali

e soltanto per un 16 % ± DS 1,1 una fi ssazione

instabile.

La valutazione della sensibilità retinica, valu-

tata mediante analisi quantitativa della mappa

perimetrica ha messo in evidenza un notevo-

le ampliamento dell’area retinica responsiva

agli stimoli visivi ed una riduzione dello scoto-

ma, maggiormente accentuata nei pazienti di

Gruppo 1.

Nel corso dello studio non stati evidenziate né

reazioni avverse locali e/o generali né effetti

collaterali. La compliance dei pazienti è risul-

tata ottimale, tale che nessuno dei pazienti ha

abbandonato lo studio prima del termine della

sperimentazione.

>> Discussione e Conclusioni Dalla valutazione dei risultati, possiamo afferma-

re che la terapia intravitreale con bevacizumab

associata al trattamento riabilitativo con MP-1

garantisce un continuo e signifi cativo migliora-

mento dell’acuità visiva, della fi ssazione e della

sensibilità retinica, nonché una riduzione sog-

gettiva ed oggettiva dello scotoma centrale in

pazienti affetti da DMS neovascolare, maggiore

rispetto ai pazienti sottoposti soltanto alla terapia

anti-neoangiogenica per via intravitreale. Pertan-

to, la mappa microperimetrica potrebbe essere

assumere in futuro un importante ruolo nella va-

lutazione quantitativa dello scotoma centrale nel

pre e nel post trattamento con anti-VEGF. Inoltre,

è emerso che la maggior effi cacia del trattamen-

to intravitreale-riabilitativo associato si ottiene

qualora il trattamento con MP-1 viene eseguito

in concomitanza delle iniziezioni intravitreali a

cicli alterni come descritto precedentemente.

Il miglioramento della sensibilità retinica ottenu-

to nel nostro studio può essere rapportato al fatto

che durante il trattamento riabilitativo le cellule

della corteccia corrispondenti allo scotoma am-

plifi cano i propri campi recettivi alle aree adia-

centi, potenziando le connessioni intercellulari

orizzontali.

Si parla dunque di “fi lling in” dello scotoma ed

il miglioramento della visione è attribuibile alla

capacità del paziente di spostare l’oggetto inte-

ressato immediatamente al di fuori dello scoto-

ma, sulla retina integra (remapping).

Ulteriore vantaggio del training è dovuto all’as-

sociazione di uno stimolo visivo ad uno sonoro;

in tal modo la percezione del suono incrementa

l’attenzione cosciente del paziente su una va-

riabile, che normalmente non viene percepita

e così facilita il “lock-in” del bersaglio, aumen-

tando i tempi di permanenza dello stesso sulla

retina. In questo modo si riesce a facilitare la tra-

smissione dello stimolo sia a livello intra-retinico,

nei primi neuroni del sistema, che tra retina e

cervello dove avviene l’elaborazione più elevata

delle afferenze.

Affi nché i risultati ottenuti possano essere man-

tenuti stabili nel tempo, riteniamo necessario ri-

petere un ulteriore ciclo riabilitativo di 15 sedute

di 15 minuti ognuna a giorni alterni a distanza

di 6 mesi dal termine del precedente training.

Studi successivi a lungo termine potranno con-

fermare i risultati ottenuti in questo studio preli-

minare. ®

S. Z. Scalinci, L. Scorolli, G. Corradetti, D. Domanico, E.M. Vingolo, P. Limoli, M. Bifani, C. Metrangolo

69viscochirurgia1 • 2011

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>> Bibliografia

Studio preliminare microperimetrico in pazienti affetti da CNV neovascolare sottoposti a terapia intravitreale con anti-VEGF

70 viscochirurgia 1 • 2011

I Colleghi di Sarzana ci riferiscono su un caso clinico di fi siopa-

tologia maculare con esiti favorevoli, ma spontaneo.

Qualche volta attendere per l’eventuale scelta chirurgica...

ripaga.

Vittorio Picardo

Caso clinico

Risoluzione spontanea di pucker maculare in donna adulta® Fabrizio Puce ® Gino Perutelli ® Paolo Lavezzari ® Paola Pazienza ® Maria Rosa Bertonati ® Fabrizio Neri

Ospedale S. Bartolomeo, Struttura Complessa di Oculistica, Sarzana (SP) (Direttore: Dr. Fabrizio Neri)

>>

VISC

OC

HIRU

RGIA

CASE REPORT

Donna di 72 anni, G. L, ad aprile 2008 si reca a visita oculistica per comparsa di metamorfopsie in OS. All’atto della visita usa occhiali solo per lettura

e presenta un’acuità visiva pari a 7/10 per lon-

tano, non migliorabili né con lenti né con foro

stenopeico, mentre per vicino, pur riuscendo

a leggere il I° carattere, lamenta una distorsio-

ne delle immagini (Test di Amsler: ++–) in OS.

L’esame obbiettivo del segmento anteriore evi-

denzia un’iniziale sclerosi del cristallino in O–O–,

una tensione oculare di 14 mm/Hg in OD e 15

mm/Hg in OS.

L’esame oftalmoscopico del fundus oculi, inve-

ce, mostra la presenza di un pucker maculare

nell’occhio sinistro (Figura 1). A seguito di tale

riscontro alla paziente è consigliato di eseguire

un esame OCT, per poter valutare più dettaglia-

tamente la patologia diagnosticata.

L’esame è eseguito in data 09/06/2008 con l’ap-

parecchio 3D OCT-1000 di Topcon e conferma

la presenza del pucker maculare in OS che ri-

sulta in gran parte adeso alla retina sottostante

causando l’ispessimento della retina (310 µm) e

l’attenuazione della fi siologica depressione fo-

veale con alcune pieghe superfi ciali (Figura 2).

Inoltre si apprezza anche un distacco posterio-

re di vitreo incompleto che, appare aderente in

parte alla membrana epiretinica (Figura 3).

Le immagini OCT relative all’occhio destro, in-

vece, non mostrano alterazioni patologiche.

In considerazione dell’acuità visiva e dell’entità

della sintomatologia, viene deciso, d’accordo

con la paziente, di monitorare l’evoluzione del

quadro, riservandosi di ricorrere alla rimozione

chirurgica del pucker qualora la situazione clini-

ca e anatomica possa peggiorare, come peraltro

indicato anche dalla Letteratura in proposito1.

Purtroppo la paziente non si presentava ai suc-

cessivi controlli programmati, fi nché ritorna alla

nostra attenzione, spontaneamente, il giorno

13/01/2011 riferendo una progressiva riduzione

delle metamorfopsie nel tempo intercorso dal-

l’ultima visita.

Nuovamente visitata, l’acuità visiva per lontano

di OS risulta stabile, ma migliorabile con foro

stenopeico, mentre per vicino la paziente non

avverte più la distorsione delle immagini riferita

in precedenza (Test di Amsler:– – –). L’opacità

del cristallino risulta aumentata, il tono oculare

appare nei limiti in O–O–. All’esame del fundus

oculi non vi è più evidenza del pregresso pucker

maculare in OS (Figura 4), come confermato dal-

l’esame OCT eseguito subito dopo: il profi lo re-

tinico appare regolare, non si osservano pieghe

della superfi cie e la depressione foveale, normo-

71viscochirurgia1 • 2011

CASE REPORT

conformata e di spessore normale (228 µm), mo-

stra solo una lieve irregolarità sul bordo supero-

temporale (Figura 5). Il distacco posteriore del

vitreo, parziale nella precedente osservazione,

appare ora completo (Figura 6). Poiché al tempo

della prima osservazione non era ancora dispo-

nibile l’implementazione software dell’OCT per

la scansione tridimensionale, è stata eseguita

una scansione in modalità radiale, al fi ne di po-

ter confrontare le immagini (Figura 7).

>> Discussione

Presumibilmente la risoluzione del quadro so-

pradescritto è da attribuire all’avvenuto distacco

posteriore del vitreo che risultava solo parziale

nella prima osservazione e completo nell’ulti-

ma. Casi analoghi sono già stati descritti in Let-

teratura2,3,4 ma sempre in soggetti giovani, 15-30

anni3, dove, s’ipotizza, che la forza di contrazione

delle membrane, immature, sopravanzi la forza

Figura 1

Figura 2

Figura 4

Figura 3

Figura 5 Figura 6

72 viscochirurgia 1 • 2011

d’adesione alla retina provocandone il distacco

spontaneo da quest’ultima3.

Non sono riportati casi simili in persone adulte.

Nel caso specifi co pensiamo che l’adesione al

corpo vitreo della membrana epiretinica fosse

maggiore dell’adesione alla retina e pertanto,

quando il distacco posteriore del vitreo ha coin-

volto la regione maculare, abbia provocato la se-

parazione tra la membrana e la macula, che ha

ripreso la sua conformazione anatomica in ma-

niera simile a quanto può avvenire dopo peeling

chirurgico del pucker5,6.

Il mantenimento di una buona acuità visiva, che

potrà essere ulteriormente incrementata con

l’estrazione della cataratta, è da attribuirsi, oltre

CASE REPORT

1. Garay-Aramburu G, Larrauri-Arana A. Spontaneous resolution of an idiopathic epiretinal membrane in a young patient. Arch Soc Esp Oftal-mol. 2005 Dec; 80(12):741-3.

2. Meyer CH, Rodrigues EB, Mennel S, Schmidt JC, Kroll P. Spontaneous separation of epiretinal membrane in young subjects: personal obser-vations and review of the literature. Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol. 2004 Dec; 242(12):977-85. Epub 2004 Jun 9.

3. Sachdev N, Gupta V, Gupta A, Singh R. Spontaneous separation of idiopathic epiretinal membrane in a young patient. Int Ophthalmol. 2008 Aug; 28(4):301-2. Epub 2007 Sep 1.

4. Georgopoulos M, Geitzenauer W, Ahlers C, Simader C, Scholda C, Schmidt-Erfurth U. High-resolution optical coherence tomography to eva-luate vitreomacular traction before and after membrane peeling. Ophthalmologe. 2008 Aug; 105(8):753-60.

5. Massin P, Allouch C, Haouchine B, Metge F, Paques M, Tangui L, Erginay A, Gaudric A Optical coherence tomography of idiopathic macular epiretinal membranes before and after surgery. Am J Ophthalmol. 2000 Dec; 130(6):732-9.

6. Michalewski J, Michalewska Z, Cisiecki S, Nawrocki J. Morphologically functional correlations of macular pathology connected with epiretinal membrane formation in spectral optical coherence tomography (SOCT). Graefes Arch Clin Exp Ophthalmol. 2007 Nov; 245(11):1623-31. Epub 2007 May 4.

7. Munuera JM, Garcia Layana A, Maldonado MJ et al. Optical coherence tomography in successfull surgery of vitreo macular traction syndrome. Arch Ophthalmol 1998;116:1388-1389

8. Díaz-Llopis M, Cervera E Posterior vitreous detachment and pharmacologic vitreolysis: the new age of enzymatic vitrectomy Arch Soc Esp Oftalmol. 2007 Aug; 82(8):465-6.

>> Bibliografia

che alla separazione della membrana preretini-

ca e al ripristino della regolare anatomia macu-

lare, anche al mantenimento dell’integrità della

giunzione IS/OS dei fotorecettori, documentata

all’OCT7.

Certamente l’intervento chirurgico rimane il

gold standard nei casi di forte riduzione del-

l’acuità visiva, ma quando quest’ultima è con-

servata può essere utile tenere sotto osservazio-

ne il paziente, per osservare l’evoluzione della

patologia mediante l’esame oftalmoscopico e

l’OCT. In futuro, al termine dei necessari trias

clinici, potrà essere presa in considerazione la

cosiddetta “vitrectomia enzimatica”, anche in

casi come quello in esame8. ®

Figura 7

B

A

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Avvertenze: Prima di impiantare una lente in un paziente, è responsabilità del chirurgo stabilire il rapporto rischi/benefici dell’intervento sulla base di un’accurata valutazione e del proprio giudizio clinico. Alcuni eventi avversi associati all’impianto di lenti intraoculari sono: ipopion, infezione intraoculare, decomposizione corneale acuta ed intervento chirurgico secondario.

Precauzioni: Non risterilizzare; non conservare a temperatura superiore a 45°C.

ATTENZIONE: Per informazioni complete sulle modalità di prescrizione, fare riferimento alle Informazioni per il medico.

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