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Una settimana con Gesù. Esercizi spirituali nella settimana santa www.camminidifede.wordpress.com 1 Una settimana con Gesù Esercizi spirituali personali nella settimana santa* *Rielaborazione tratta da Grün A.-Reepen M. Il ciclo pasquale, L'anno liturgico come terapia, Paoline, Milano 2007, 51-90.

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Page 1: Una settimana con Gesù - cammini di fede della ... · esistenza mortale, cerca sofferenze sostitutive. Durante la Settimana santa contempliamo la sofferenza di Gesù per riconciliarci

Una settimana con Gesù. Esercizi spirituali nella settimana santa

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Una settimana con Gesù Esercizi spirituali personali nella settimana santa*

*Rielaborazione tratta da Grün A.-Reepen M. Il ciclo pasquale, L'anno liturgico come terapia, Paoline, Milano 2007, 51-90.

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Introduzione Nella Settimana Santa, Domenica delle Palme, il Triduo sacro ossia

nei giorni di Giovedì, Venerdì e Sabato santo, e poi a Pasqua ci è mostrata la legge fondamentale della nostra vita. Questi giorni sono i più importanti dell’intero anno liturgico, perciò

dovremmo celebrarli con grande consapevolezza, trovando il tempo non

soltanto per la liturgia ma per l’approfondimento personale. Potremmo meditare sui simboli della liturgia, come il pane, il calice, la lavanda dei piedi, la croce, il sepolcro, tutte immagini della nostra vita e, al contempo, della nostra salvezza. Se in questi giorni camminiamo

con Gesù, percorriamo al tempo stesso il cammino della realizzazione del nostro Sé, un cammino che si compie in quattro fasi: accettazione (Giovedì santo), abbandono (Venerdì santo), unificazione (Sabato santo), rinnovamento (Pasqua). Possiamo introdurci in questo cammino rileggendo l’esperienza di Nicodemo che vuole incontrare Gesù. (Giovanni 3)

C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, che andò da Gesù, di notte.

Gli disse Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio?

Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito

Replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?

Rispose Gesù «come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna…

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui».

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La passione di Gesù Colletta O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione

Nelle ultime due settimane prima di Pasqua, lo sguardo si

sposta sulla Passione di Gesù. I motivi per cui la Chiesa ci esorta a contemplare la sofferenza di Gesù sono tre.

Il primo è che gli uomini sono inclini a sfuggire la sofferenza.

Durante la Settimana santa la Chiesa ci mostra il Dio sofferente affinché desistiamo dalla nostra mania di grandezza di voler essere come Dio.

Chi non vuole affrontare la sofferenza per la propria esistenza mortale, cerca sofferenze sostitutive.

Durante la Settimana santa contempliamo la sofferenza di Gesù per riconciliarci con il fatto di essere deboli e mortali, osteggiati e minacciati da altri, destinati a morire.

Ciò ci rende umani e ci libera dal timore profondo di non poter essere uguali a Dio, come pure dalle sofferenze

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sostitutive che non ci aiutano interiormente. Il secondo motivo per cui la Chiesa ci mette di fronte alla

Passione di Cristo è che in essa possiamo ritrovarci.

Ripercorriamo la sua Via crucis e scopriamo che sono le stazioni della nostra stessa vita.

Nella sofferenza di Gesù diventa ammissibile anche la nostra; non dobbiamo più reprimerla, non dobbiamo più sprecare energie per apparire forti quando invece stiamo male.

Possiamo avere dei problemi, possiamo essere malati. Non siamo costretti a essere sani e normali. In Gesù vediamo che c’è spazio presso Dio per la nostra sofferenza.

C’è un ultimo motivo che induce la Chiesa a celebrare la

Passione di Cristo. Ci mostra che nella nostra sofferenza non siamo soli, bensì in compagnia di Cristo. Il dolore ci lega a lui. La celebrazione della Passione ci mostra che la nostra sofferenza ci avvicina a Cristo, anzi è la via per incontrarlo, per essere un tutt’uno con lui.

Per meditare Mt 26,14-27,66 Is 42,1-7 Is 49,1-6 Is 50,4-9

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Giovedi Santo

O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita. (Colletta)

Il Giovedì santo tratta dell’«accettazione». Celebriamo l’istituzione dell’eucaristia. Nell’Ultima cena Cristo ci accetta in un modo molto intenso. Se mangio insieme a qualcuno non posso avercela con lui. Mangio dello stesso pane, bevo dallo stesso calice e così divento un tutt’uno con l’altro. Non c’è più nulla in noi che lui non abbia accettato.

Nella lavanda dei piedi Gesù spiega ai suoi discepoli la propria morte, che diventa presente nell’eucaristia.

Nella morte Gesù si china fino ai nostri piedi, nella polvere. Nella morte assume le sembianze di uno schiavo.

La lavanda dei piedi ci mostra efficacemente ciò che accade in ciascuno di noi nell’eucaristia: siamo accettati con la nostra colpa, che è lavata via, ed entriamo in comunione con Cristo.

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Quando mangiamo il suo corpo, egli si china fino ai nostri piedi e ci accetta.

Sul Monte degli Ulivi, quando Gesù, lasciato solo dagli apostoli, lotta con il Padre, che pretende da lui la passione, la morte sulla croce. Gesù ha paura e lo prega di allontanare da lui quel calice, ma si rimette alla volontà di Dio.

Qui accettazione significa acconsentire alla volontà divina, a ciò che Dio pretende da noi, riconciliarci con il nostro de-stino. Tutti prima o poi incontriamo nella nostra vita difficoltà che non possiamo evitare.

Il Giovedì santo la Chiesa ci invita a vegliare insieme a Gesù, per giungere come lui all’accettazione della volontà di Dio

Vegliamo con Gesù per resistere a queste tentazioni, per non cedere al fascino del potere, dell’apprezzamento altrui, dell’accecamento, bensì per arrenderci alla volontà di Dio, sperimentando in ciò la nostra vera liberazione. Ma non serve che facciamo gli eroi.

Vediamo Gesù nella sua paura e solitudine, perciò anche noi possiamo sentirci soli e spaventati.

Per la meditazione

Es 16 1Re 19 Mc 6,28 ss.

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Venerdi Santo

O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l’immagine dell’uomo terreno, così per l’azione del tuo Spirito, fa’ che portiamo l’immagine dell’uomo celeste.

La liturgia del Venerdì santo è una vera e propria rappresentazione sacra. Non si predica, non ci sono spiegazioni a parole, si compiono invece dei riti così intensi da non sopportare sermoni verbosi Noi non possiamo far altro che celebrare il mistero della nostra redenzione con muto stupore. Il silenzio ci prepara all’ascolto delle parole misteriose del profeta Isaia: « Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori [...] per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Is 53,4-5).

La storia della Passione è un’unica storia di guarigione delle nostre ferite interiori.

Ci vuole dimostrare che Cristo si è calato in tutte queste situazioni malsane e le ha redente. Ha portato sulla croce le nostre ferite e quelle del nostro mondo, eliminandole.

Il cammino della Passione è per Giovanni al tempo stesso il cammino della glorificazione. Sulla croce Cristo regna come colui che ha sconfitto ogni sofferenza.

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E ogni volta rispondiamo con un gesto. Ci mettiamo in ginocchio e, inginocchiandoci in silenzio, diveniamo un tutt’uno con le persone per le quali preghiamo.

Ci liberiamo dei nostri pregiudizi e delle nostre antipatie e diveniamo solidali con loro. Ci sentiamo in comunione e auguriamo loro di percepire la redenzione attraverso la croce di Cristo.

Con questi gesti la redenzione penetra nel corpo per farci sentire fin nelle ossa che siamo redenti, che in questo segno di umiliazione si fonda anche la nostra speranza.

La croce è simbolo del sacrificio dell’io a favore del Sé. L’uomo deve sacrificare il suo Io, al quale si aggrappa spasmodicamente, deve lasciarlo andare per progredire verso il Sé. Deve sacrificare la propria istintività per dirigere la sua libido, la sua energia vitale, verso una realtà spirituale.

La croce è anche simbolo della sofferenza. Ogni passo sulla via della coscienza lo si compie soltanto attraverso la sofferenza. L’uomo è pieno di contrasti, non è univoco, non è soltanto buono né soltanto cattivo, ma sempre le due cose insieme. E non può sbarazzarsi semplicemente di tali contrasti né con l’ascesi né con la preghiera.

In quanto simbolo dell’unità dei contrasti, la croce simboleggia anche l’interezza dell’uomo e quindi la sua guarigione. L’uomo infatti può diventare intero e sano soltanto se accetta e integra in sé i contrasti.

Per la meditazione

Gn 15 Ez 36 Ap 22

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Sabato Santo

O Dio eterno e onnipotente, che ci concedi di celebrare il mistero del Figlio tuo Unigenito, disceso nelle viscere della terra, fa' che, sepolti con lui nel battesimo, risorgiamo con lui nella gloria della risurrezione. (Lodi mattutine)

Anche il Sabato santo ha una funzione importante sulla via dell’interezza. La liturgia ci esorta a scendere nella nostra tomba, nel profondo di noi stessi, per essere un tutt’uno con il fondo del nostro essere, con le radici della nostra vita.

Nel sepolcro Cristo ha sperimentato la morte come solitudine radicale, nella quale nessuna parola d’amore può più penetrare. Il Sabato santo ci vuole dire che nella nostra solitudine, nel nostro freddo, nella nostra rigidità è entrato Cristo.

Potremmo quindi interpretare così questa immagine: Cristo è sceso nelle nostre ombre, nel nostro inconscio, per liberare tutto ciò che vi è sepolto.

Perciò possiamo scendere insieme a lui nella nostra tomba, nel nostro inconscio, ma soltanto nella misura in cui siamo consapevoli del legame con Cristo.

Lo scopo del Sabato santo è quello di farci scendere con Cristo nell’ombra dentro di noi per farvi riemergere e vivere le potenzialità che Dio ci ha donato.

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La morte nella nostra vita l’avvertiamo in molti campi. L’avvertiamo nel nostro corpo, dove alcune parti sono come morte. Se una parte del nostro corpo è morta, lo è sempre anche una parte del nostro cuore, della nostra essenza più intima.

Il Sabato santo dovremmo far penetrare la vita di Cristo in tutti i punti morti del nostro corpo.

Cristo giace nel sepolcro. Anche questo è un simbolo della nostra vita. Anche noi spesso giacciamo nel sepolcro della nostra autocommiserazione, della nostra rassegnazione, del nostro orgoglio. E così rimaniamo nella nostra tomba.

Credere nella risurrezione significa alzarci dalle nostre debolezze, nel mezzo di esse, senza timore che alzandoci la debolezza ci resti addosso e gli altri la vedano.

Il Sabato santo interessa anche la guarigione della propria storia, la guarigione dei ricordi.

Dobbiamo immaginarci di giacere per tre giorni nella tomba... dopo di che dobbiamo chiederci che cosa lasceremmo nel sepolcro, che cosa si staccherebbe da noi. Quali pretese esagerate che ci rovinano la vita, quali paure, quali ricordi, quali motivazioni sbagliate? Quali macigni ci trasciniamo dietro, che potremmo lasciare nella tomba? Quante cose morte ci portiamo dentro, nel nostro corpo, nei nostri sentimenti? Quanti irrigidimenti ci pesano sullo stomaco come pietre?

Simili ferite richiedono spesso molto tempo per guarire, ma dovremmo chiederci quali sono le ferite per le quali continuiamo a soffrire impedendo che si rimarginino. Delusioni, insuccessi, figuracce, fallimenti personali, offese da parte di altri, paure? Cosa affiora se scruto nel mio passato? Dove spuntano rabbia e rancore, dove monta l’aggressività, perché improvvisamente mi rendo conto che mi è stato fatto del male, che sono stato preso in giro, che altri sono stati preferiti a me, che i miei desideri più

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profondi di tenerezza e amore, di sicurezza e comprensione non si sono realizzati, perché i miei genitori erano troppo presi da se stessi? Cosa mi ha ferito da bambino, a cosa penso ancora oggi con furore e rabbia?

Dovremmo semplicemente ripercorrere tutta la storia della nostra vita alla ricerca delle esperienze che ci hanno fatto male, delle offese, delle ferite che gli altri ci hanno inferto, e chiederci come abbiamo reagito. Forse non volevamo percepirle in tutta la loro dolorosità, perché facevano troppo male.

Il Sabato santo ci invita a mettere a nudo le nostre ferite e i nostri giuramenti, a scoprire tutte queste soddisfazioni sostitutive, le difese e le consolazioni che ci siamo costruite per compensare le nostre offese, l’amarezza e l’odio che abbiamo nutrito finora. Dovremmo deporre tutto questo nella tomba e lasciarcelo, permettere che Cristo lo guarisca, lui che nella risurrezione è stato guarito dalla morte, la ferita più dolorosa e profonda, e vuole guarire anche noi.

Per la meditazione

Giona 1 e 2 2Re 5 Rom 6,1-11

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