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8 Canto finale Quello che io vivo non mi basta più tutto quel che avevo non mi serve più io cercherò quello che davvero vale e non più il servo, ma il padrone servirò. Rit. Francesco vai, ripara la mia casa! Francesco vai, non vedi che è in rovina? E non temere: io sarò con te dovunque andrai Francesco vai! Francesco vai! Nel buio e nel silenzio ti ho cercato o Dio Dal fondo della notte ho alzato il grido mio e griderò finché non avrò risposta per conoscere la tua volontà. Rit. Altissimo Signore, cosa vuoi da me? Tutto quel che avevo l'ho donato a te. Ti seguirò, nella gioia e nel dolore, e dalla vita mia una lode a te farò. Rit. Transito di san Francesco d’Assisi Introduzione P. Nel nome del Padre… La grazia e la pace del nostro salvatore Gesù Cristo, che ci ha redenti e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue sia con tutti voi. T. E con il tuo spirito. P. Ascoltando il nome di lui, adoratelo con timore e riverenza proni a terra: T. Signore Gesù Cristo, Figlio dell'Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli. Preghiamo la sequenza “Sanctitatis nova signa”, che ripercorre le tappe della vita di san Francesco, a cori alterni:

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Page 1: Transito di san Francesco - Qumran2.net...Signore. Transitai per la porta e mi parve di sentire un coro. Forse erano gli angeli di quella chiesina di S. Maria degli Angeli, la mia

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Canto finale

Quello che io vivo non mi basta più

tutto quel che avevo non mi serve più io cercherò quello che davvero vale

e non più il servo, ma il padrone servirò.

Rit. Francesco vai, ripara la mia casa! Francesco vai, non vedi che è in rovina?

E non temere: io sarò con te dovunque andrai Francesco vai! Francesco vai!

Nel buio e nel silenzio ti ho cercato o Dio

Dal fondo della notte ho alzato il grido mio e griderò finché non avrò risposta per conoscere la tua volontà. Rit.

Altissimo Signore, cosa vuoi da me?

Tutto quel che avevo l'ho donato a te. Ti seguirò, nella gioia e nel dolore,

e dalla vita mia una lode a te farò. Rit.

Transito di

san

Francesco

d’Assisi

Introduzione

P. Nel nome del Padre…

La grazia e la pace del nostro salvatore Gesù Cristo, che ci ha redenti e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue sia con tutti voi.

T. E con il tuo spirito.

P. Ascoltando il nome di lui, adoratelo con timore e riverenza proni a terra:

T. Signore Gesù Cristo, Figlio dell'Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli. Preghiamo la sequenza “Sanctitatis nova signa”, che ripercorre le tappe della vita di san Francesco, a cori alterni:

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Prodigi nuovi di santità, degni di lode, apparvero, stupendi e per noi propizi, affidati a Francesco. Un nuovo ordine, una nuova vita, sconosciuti al mondo, sorgono; la regola emanata ripropone il ritorno al Vangelo. Conforme ai consigli del Cristo, è dettata la regola; la norma data ricalca la vita degli Apostoli. Corda rude, veste dura cinge e copre senza cura; il cibo si dà in parsimonia, son gettati i calzari. Povertà soltanto cerca, niente vuole di terrestre; quaggiù Francesco tutto calpesta rifiuta il denaro. Cerca luoghi solitari, ove sfogarsi in pianto; geme per il tempo prezioso sciupato nel secolo. In un antro della Verna piange, prega, prostrato a terra, finché l’anima è irradiata di celeste arcana luce.

E' trattato con rigore, il corpo si trasfigura; nutrìto della parola di Dio, rifiuta ciò che è terreno. Dall’alto, un Serafino alato gli appare: è il grande Re; sbigottisce il Padre, atterrito dalla visione. Nelle membra di Francesco, tutto assorto in orazione, imprime il Serafino i segni del Crocifisso. Ecco chiodi misteriosi, fuori neri e dentro splendidi; punge il dolore, acute straziano le punte. Per le piaghe che hai portato, con le quali hai trionfato sulla carne e sul nemico con inclita vittoria, O Francesco, tu difendici fra le cose che ci avversano, per poter godere il premio nell’eterna gloria. Tutti quelli che ti seguono, siano un giorno uniti in cielo ai beati comprensori nella luce della gloria. Amen.

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Intenzioni di preghiera T. Benedici il tuo popolo, Signore. Padre nostro P. E’ veramente giusto esprimere con il canto l’esultanza dello spi-rito e inneggiare alla tua gloria, o frate Francesco, vero innamorato di Dio e fratello di ogni uomo. In questo giorno del tuo beato Tran-sito hai scambiato la nostra compagnia di miseri mortali con quella degli angeli e dei santi, per rifulgere più del sole nella Chiesa di Cristo, ancora pellegrina sulla terra. O padre santissimo, veramente misericordioso, sempre pron-to amorevolmente alla compassione e al perdono, Francesco, tu che ora contempli il volto dell’amato Signore, insegnaci a fare la nostra parte e a perseverare nella via di Cristo. A te cantiamo la nostra lode, a te, frate Francesco, nostro fratello di Assisi. Signore Iddio, Padre di gloria, ti preghiamo che per la tua mi-sericordia ci mostri che cosa dobbiamo fare. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

Benedizione

Il Signore, vi benedica e vi custodisca. Mostri a voi il suo vol-to, e vi usi misericordia. Rivolga su di voi il suo sguardo e vi doni la sua pace. Tutti: Amen. P. Per i meriti, le preghiere e l’intercessione di san Francesco d’Assisi, vero innamorato di Dio e fratello di ogni uomo, vi benedi-ca Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.

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Quando sentii che era giunta l’ora chiesi di essere portato alla Porziuncola… la mia chiesa madre, il luogo prediletto, la Betlem-me del mio Ordine, l’intuizione del perdono e della misericordia di Dio. Dopo aver attraversato la città, mi volli fermare e mi feci vol-tare verso di essa. Volevo benedirla. Piangevo, soffrivo ma ero feli-ce. “Benedetta sia tu da Dio città santa imperocché per te molte anime si salveranno e in te molti servi di Dio abiteranno e di te molti ne saranno eletti al reame della vita eterna”. E pensai: l’altissimo mio Signore ha fatto per me, Francesco, un’eccezione… Nella Scrittura è detto: “Nessun profeta è accetto nella sua patria” e Gesù stesso ne aveva fat-to esperienza. ma per me non fu così. Assisi mi ha amato e anch’io l’ho amata tanto! Era un sabato ed era il 3 ottobre. Non vedevo quasi più nulla perché i miei occhi erano definitivamente finiti. Attorno i miei compagni: quanto erano numerosi!Che fruscio! Che ansia! Mi pareva di trovarmi in una funzione liturgica solenne, viva, come in cattedrale. Come se fossi io il cerimoniere chiesi di essere portato fuori all’aria aperta, sotto gli alberi. Mi portarono. Attorno le creature che non vedevo più data la mia cecità mi parlavano dolcemente. Avrei detto che anch’esse pre-gavano con i frati commossi. Quando avvertii avvicinarsi l’ora ordinai che mi mettessero nudo sulla nuda terra. Dico: ordinai, perché non fu facile farsi ob-bedire. C’è sempre qualcuno che ha l’impressione che il “passaggio” sia una cosa strana, impossibile, non dovuta, da cui bisogna sem-pre rifuggire. E invece era lì e io lo desideravo. L’umidità della terra mi diede sollievo, era come un abbraccio che conoscevo e che ricominciava a stringermi. Ma io non lo cerca-vo più. Il vero abbraccio ora lo attendevo da Lui, il mio Altissimo Signore. Transitai per la porta e mi parve di sentire un coro. Forse erano gli angeli di quella chiesina di S. Maria degli Angeli, la mia prediletta di sempre.

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Brevissimo ritratto di san Francesco “affamato di Dio”, dalle parole della poetessa Alda Merini: Si dice che i santi siano dei folli, ma il rifiuto della ragione in nome

della fede può essere molto rischioso. Nella ragione c'è il dubbio e

il tormento del dubbio, ma nella fede c'è l'abbandono totale all'in-

conoscibile e al nostro io migliore. San Francesco salta a piè pari

tutte le asperità che l’uomo incontra nel suo cammino e ne fa delle

dolcezze. Ogni cosa impura la purifica con la sua lingua e il suo

appetito di Dio. Francesco è un uomo affamato di Dio, ha fame del-

la beatitudine. Questa beatitudine noi la conosciamo bene, ma ne

abbiamo paura, perché dovremmo rifiutare tutte le ricchezze del

nostro tristissimo momento. La nostra anima è sempre triste, fino

alla morte, perché l’uomo ha paura di credere. La vita di Francesco

è come un tripudio di fiori, di uccelli: è come un bambino che sco-

pre la vita per la prima volta. Scoprire la vita è come tornare fan-

ciulli, è come tornare buoni, è come incarnarsi nella virtù del Si-

gnore. Ed ecco l’incarnazione di Francesco nel volto divino. Fran-

cesco diviene una lacrima rovente sul volto di Dio che patisce e sa-

rà il refrigerio della sua morte. Vuole consolare il suo Signore: egli

stesso diventa povero per essere signore della grande poesia che è

l’universo.

Riviviamo ora la Pasqua dell’umile frate

di Assisi che va incontro al suo Amato

Gesù cantando. Possiamo ascoltare il

tutto come un racconto descritto con

“belle parole” oppure possiamo seguire

ogni momento come se fossimo presenti.

Lasciamo che la santità di Francesco ispiri ed illumini la nostra vita! È

come se fosse lui stesso a parlare…

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La morte non poteva più essere lontana e mi era ormai facile

ripetere: “Tanto il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”.

La vita e la morte erano due aspetti della stessa cosa come il

dolore e la gioia, la luce e le tenebre, il freddo e il caldo. Il reale era

come tagliato in mezzo da una porta. Non per nulla Cristo aveva

trovato lui l’immagine dicendo: “Io sono la porta”.

La porta è un di qua e un di là. Cristo è la porta e domina nel-

lo stesso tempo il di qua e il di là col suo amore che al di qua è cro-

cifisso e al di là è glorioso. Per divenire immortali ed entrare nella

gloria del Cristo Risorto ogni uomo deve passare quella porta e chi

apre e chiude è il Signore come dice l’Apocalisse: “Se io apro nessu-

no chiude”. Il passaggio si chiama Pasqua e il primo a passare è sta-

to il Cristo Signore. Difatti si dice: “Questa è la Pasqua del Signore”.

Tutto il di qua della porta ha un significato, lo puoi capire so-

lo in funzione e nello sviluppo dell’al di là.

Qualche volta ti viene da chiedere: perché sono ancora di qua? E la

risposta è sempre la stessa: Devi imparare ad amare perché di là

non c’è più nulla se non l’amore. Allora non dobbiamo stupirci se qualche volta Dio ci fa sostare tremando davanti alla porta.

Dopo la quaresima di san Michele del settembre 1224 sentii il mio passaggio vicino: me lo richiamava ogni piccolo movimento. Rividi ancora con gioia la mia Umbria e mi era dolce dire qualche parola di conforto a chi mi veniva incontro. Sono gli ultimi giorni di settembre del 1226. Ora è giunto il tempo di passare attraverso la porta. Il Cristo non mi aveva mai fatto paura e dopo la rivelazione a san Damiano lo sentivo amico, vicino, vero. Giunsi perfino a dire e mi pareva cosa vera: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Queste parole di san Paolo mi confortavano. ma intanto mi sentivo sempre più debole. I medici mi circondavano sempre più come in un assedio. La porta si stava aprendo e mi piaceva recitare il salmo 142:

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Con la mia voce grido al Signore, con la mia voce supplico il Signore;

davanti a lui sfogo il mio lamento, davanti a lui espongo la mia angoscia

mentre il mio spirito viene meno. Tu conosci la mia via: nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio.

Guarda a destra e vedi: nessuno mi riconosce. Non c'è per me via di scampo, nessuno ha cura della mia vita.

Io grido a te, Signore! Dico: "Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia eredità nella terra dei viventi".

Ascolta la mia supplica perché sono così misero! Liberami dai miei persecutori perché sono più forti di me.

Fa' uscire dal carcere la mia vita, perché io renda grazie al tuo nome; i giusti mi faranno corona quando tu mi avrai colmato di beni.

Ma poi ritornò con irruenza il mio salmo, il salmo della mia vita, quello che avevo scritto io intingendo la penna nelle bellezze della mia terra: “Il cantico delle Creature”.

Canto

Laudato sii, mì Signore, per frate sole, sora luna, frate vento, il cielo e le stelle, per sora acqua, frate focu.

Laudato sii, Signore, per la terra e le tue creature. (2 v.)

Laudato sii, mì Signore, quello che porta la tua pace e saprà perdonare, per il tuo amore saprà amare.

Laudato sii, mì Signore, per sora morte corporale dalla quale omo vivente non potrà mai scappare.

Laudate e benedite, ringraziate e servite il Signore con umilitate, ringraziate e servite.