tesori d'abruzzo ottobre-dicembre 2009
DESCRIPTION
Rivista Trimestrale di Turismo Cultura Enogastronomia in AbruzzoTRANSCRIPT
editoriale 4di Paolo de Siena
Onna 6l’affresco ritrovato di Luana Cicchella
Gioielli pastorali 14preziosi sentimenti di Gabriella Cetorelli Schivo
Magliano dei Marsi 22montagna, arte e fiori di Maddalena Monaco
Giulianova 30il Duomo del patriarcadi Alessandra Angelucci
Pescara 40luogo, memoria, dinastia: i Cascella di Mauro Di Cola e Ermanno de Pompeis
Trasacco 50luce e splendore di Leonello Farinacci
Roccascalegna 58il castello tra mito e realtà di Nicoletta Travaglini
Bominaco 64Santa Maria Assunta, crocevia di arte e storia di Francesca Larcinese
Farindola 70quando il pecorino si fa buono di Ivan Masciovecchio
anno 4, numero 14ottobre-dicembre 2009
Direttore responsabilePaolo de Siena
Coordinamento editorialeGiovanni Lattanzi
Art DirectionAndreas Waibl
FotografiaLuana CicchellaAlfredo CorraoPaolo JammarroneGiovanni LattanziLuigi Todisco
ImpaginazioneMonica Leone
Hanno scritto in questo numeroAlessandra Angelucci, Luana CicchellaMauro Di Cola, Ermanno de PompeisLeonello Farinacci, Francesca LarcineseIvan Masciovecchio, Maddalena MonacoNicoletta Travaglini
Tesori d’AbruzzoViale Giovanni Bovio, 11165124 PescaraTel 085.4221643 - fax 085.2909114cell. 337.666543www.tesoridabruzzo.com
[email protected]@[email protected]
Registrazione presso il Tribunale di Pescaran. 9/06 del 22/06/2006Registro degli Operatori di ComunicazioneROC: n. 18293
EditorePaolo de Siena Editore srl Pescara
Stampa e allestimentoBrandolini - Sambuceto (Ch)
© Copyright Paolo de Siena Editore srlTutti i diritti riservati
in copertinaLa Presentosa realizzata dell’orafo Italo Lupo, Pescarafoto di Paolo Jammarrone
EuropaAbb. annuale di n. 4 - € 40,00 AmericheAbb. annuale di n. 4 - € 50,00
OceaniaAbb. annuale di n. 4 - € 60,00AsiaAbb. annuale di n. 4 - € 50,00
Abbonamenti per l’esteroAbbonamenti per l’Italia
Bonifico BANCARIO: intestato a Paolo de Siena Editore srlUnicredit Banca di Roma Ag. 2 PescaraIBAN: IT80 A 03002 15402 000401046727
tesorid’Abruzzo
Abb. annuale di n. 4 - € 19,00Abb. biennale di n. 8 - € 38,00
c/c POSTALE: intestato a Paolo de Siena Editore srlversamento c/c n. 94430287
Bonifico POSTALE: intestato Paolo de Siena Editore srlIBAN: IT91 G 07601 15400 000094430287
Guardare alle espressioni arti-stiche del passato, saperleleggere, significa comprende-
re l’essenza di altri tempi. Imbattersiperfino nella vita quotidiana dellepersone, condividerne le storie, leaspirazioni, i sogni. Immaginare,confrontare, analizzare: insomma,fare tesoro di un patrimonio. Ma letestimonianze non sempre sono evi-denti, vanno cercate, scovate. Espesso queste scoperte avvengonoin circostanze forse prima di allorainimmaginabili. E l’affresco ritrovatodi Onna ne è esempio superbo.Laddove le macerie ormai hannoinvaso tutto, ecco mostrarsi, emer-gere - proprio a seguito delle vio-lente oscillazioni della terra - l’orna-mentazione pittorica che rivestiva lepareti della chiesa di San PietroApostolo. Un servizio emozionante
corredato da foto esclusive, raccon-ta quell’incredibile giornata. Le emo-zioni proseguono con l’autorevolearticolo - anche questo con foto diprim’ordine - sui gioielli pastorali. Aproposito di vita quotidiana, ce liimmaginiamo nel loro contesto, adaccompagnare amori, augurio dibuona sorte, desiderio di salute, finoa costituire un inestimabile tesoro difamiglia. Ecco, ascoltiamo le loro fili-grane. Come le bellezze architettoniche diMagliano dei Marsi, incastonate inun paesaggio lunare nel cuore delParco regionale Sirente-Velino. Quile pagine scorrono dagli insedia-menti romani alle manifestazioni dioggi. A proposito di imponenza del-l’antichità e di autorità spirituale,
arriva poi il duomo di San Flaviano aGiulianova, nel bel centro storicosviluppatosi nel corso dei secoli suldorso di un’altura da dove si scorgela costa adriatica. Da un duomomassiccio, passiamo a un edificio dipiù ristrette dimensioni, fino adassumere la formula di scrigno. E’qui, in un angolo seminascosto fra ilcaos cittadino di Pescara, oasi dicreatività che risuona ancora oggi,che il Museo Basilio Cascella tra-manda la potenza di generazioni diartisti. Con Trasacco nuove storie irecuperi e modifiche nel tempo, finoal parroco di oggi e alla sua conti-nua opera di scavo. Qui, da unluogo teatro di martirio per i primicristiani, intrecciando la storia con ilprosciugamento del fucino e il ter-remoto del 1915, nasce il centro diculto dedicato ai santi martiri
Cesidio e Rufino. Se il duomo di San Flaviano è testi-monianza di un massiccio edificioreligioso, ecco arrivare il castello diRoccascalegna, esempio magistrale,superbo, dei castelli d’Abruzzo. Fracostoni di roccia che sfidano lagravità, qui si rincorrono storie disignorotti locali, ribellioni, scontri traautorità religiose e militari. Lettol’articolo, da oggi ogni corvo porteràalla mente questo posto. La stradaprosegue fino al crocevia tra arte estorie della sublime Abbazia diSanta Maria Assunta a Bominaco. Ecome ogni visita che si rispetti, eccoil momento della tavola. Con il peco-rino di Farindola, dove il gusto siarricchisce con i segreti tramandatidalle donne. ed
itoria
leAbruzzotra arte storia e gusto
l’affresco ritrovatoOnnaNel tormento del dopo terremoto, ungiorno, timidamente, alla perdita evocatafino allo stremo si affianca l’emozione diun ritrovamento. Una scena, maestosa epacata insieme, emerge dall’intonaco dellachiesa di San Pietro Apostolo. Il raccontodi quel giorno di agosto, fra valore, potenzadell’arte e filo di speranza.
testo e foto di Luana Cicchella
l’affresco ritrovatoOnnaNel tormento del dopo terremoto, ungiorno, timidamente, alla perdita evocatafino allo stremo si affianca l’emozione diun ritrovamento. Una scena, maestosa epacata insieme, emerge dall’intonaco dellachiesa di San Pietro Apostolo. Il raccontodi quel giorno di agosto, fra valore, potenzadell’arte e filo di speranza.
testo e foto di Luana Cicchella
7
Tesori d’Abruzzo
Fino a poche settimane fa, parlandodel patrimonio storico artisticoabruzzese colpito dal terremoto, una
delle constatazioni più amare riguardava la“perdita”. Nonostante ciò da un po’ ditempo la situazione sembrerebbe averassunto se non un’inversione di marcia, delresto impossibile, almeno un’apparentespostamento verso risvolti finalmentepositivi. Lo scorso undici agosto, infatti,durante una delle tante giornate direcupero e messa in sicurezza delle operedanneggiate dal sisma, alla parola“perdita” si è potuto sostituire il termine“ritrovamento”. All’interno della chiesa diSan Pietro Apostolo ad Onna (Aq),località simbolo del disastro seguito allascossa dello scorso sei aprile, è statarinvenuta una parte dell’ornamentazionepittorica che un tempo rivestiva le paretiinterne dell’edificio religioso. Dopo laviolenta oscillazione delle strutturearchitettoniche, buona parte dell’intonacodelle pareti si è staccato, così che dallelacerazioni sono riemersi i frammenti dicolore sugli strati murari più antichi. I dipinti murali, celati per secoli sotto ilrivestimento barocco, fatto di vernicemonocroma grigia, stucchi ed elementiarchitettonici decorativi come nicchied’altare e paraste, consistono in immaginisacre devozionali. Per il momento l’unicaporzione leggibile è quella con la scenadella Crocifissione. L’opera, come sidiceva, è stata scoperta durante una dellemissioni di recupero del patrimonio cheda quasi sei mesi la Soprintendenza locale,insieme con i Vigili del Fuoco ed ivolontari di Legambiente stanno portandoavanti. Ad Onna queste attività di recupero emessa in sicurezza, sono svolte incollaborazione con i volontari tedeschi cheogni giorno lavorano infaticabilmente allarimozione delle macerie; grazie a lorosono stati rimossi tutti i detriti della
calotta crollata nella zona absidale e sonostate recuperate due statue lignee di SantoStefano e San Emidio. Nell’ambito dei ritrovamenti in Abruzzo,a parte le straordinarie scopertearcheologiche, quello dell’affresco di Onnaè forse uno dei più emozionanti degliultimi anni. L’entusiasmo per un tale
La Crocifissione posta sullato destro dellacontrofacciata nella chiesadi San Pietro Apostolo
Presentosa in filigrana d’oro, nellaversione “classica” (Fig. 1)
Decorativi o funzionali, come i fermagli per le
cappe. Scaramantici,promessa d’amore o
indicativi delpatrimonio famigliare.
Dal mondo dellatransumanza,
passando per iregistri dei notai e
gli elenchi delladote, ecco oggi lastoria dei gioielli
pastorali. Fra riti dinascita e morte,
scintillio di sacro eprofano, ex-votod’oro e argento,
orecchini, anelli ecollane per
raccontare la vitaquotidiana dell’Abruzzo che fu
preziosi sentimenti
Gioiellipastorali
di Gabriella Cetorelli Schivofoto Alfredo Corrao
Presentosa in filigrana d’oro, nellaversione “classica” (Fig. 1)
Decorativi o funzionali, come i fermagli per le
cappe. Scaramantici,promessa d’amore o
indicativi delpatrimonio famigliare.
Dal mondo dellatransumanza,
passando per iregistri dei notai e
gli elenchi delladote, ecco oggi lastoria dei gioielli
pastorali. Fra riti dinascita e morte,
scintillio di sacro eprofano, ex-votod’oro e argento,
orecchini, anelli ecollane per
raccontare la vitaquotidiana dell’Abruzzo che fu
preziosi sentimenti
Gioiellipastorali
di Gabriella Cetorelli Schivofoto Alfredo Corrao
Origini anticheI gioielli d’Abruzzo hanno una singolarematrice culturale che affonda le proprieradici in tempi remoti: è infatti legata alladiffusione della pastorizia che, dalSeicento in poi, muovendosi sui grandipercorsi tratturali verso l’Italiameridionale, portò alla realizzazione dicospicui patrimoni derivatidall’allevamento e dal commercio dellegreggi. Il raggiungimento di uno status diagiatezza condusse ben presto allanecessità sociale dell’ostentazione deipropri beni tramite oggetti che attestasseroil lusso e la prosperità conseguiti. Nacquecosì la volontà di esprimere, ancheattraverso l’artigianato orafo,manifestazioni distintive delle diversecomunità abruzzesi. Tramite oggetti di grande pregio siraggiunse l’espressione più intima espontanea dell’antica cultura pastorale,creando, ideando e preparando manufattitesi a rappresentare un mondo dalletradizioni intatte. Il gioiello divenne cosìraffinato “utensile”, elaboratore diimmagini e di tecniche connesse aisentimenti più profondi e radicati diun’intera comunità. Compito del gioiello,infatti, è quello di comunicare valori,esprimere il patrimonio familiare,contrastare la malasorte, enfatizzare gliabiti, indirizzare gli sguardi sulla graziafemminile. L’osservazione degli antichigioielli d’Abruzzo trasmette importantiindizi sulla vita quotidiana femminile,come pure sulle manifestazioni diun’intera società, basata sul sistema dellefamiglie e sui riti collegati agli eventiciclici di nascita, matrimonio, maternità emorte, in un insieme di icone utilizzateper configurare l’immaginario collettivosulla ricchezza, sul desiderio, sul culto,sulle credenze.
Nascita, matrimonio,maternità e morte. I gioielli scandiscono l’interavita della donna che, nel caso diperdita di un parente strettorinuncia addirittura, in segno didolore e contrizione, ad indossarliper almeno tre anni, quando nontrova il pretesto di esibirli conpietre nere, sottolineandole ilvalore di “ricordo”. Feste,processioni, cerimonie, tuttorappresenta l’occasione per ostentare,con compiacimento, la propriadotazione personale. Il repertorio deigioielli è infatti uno degli insiemi chemaggiormente le comunità allestiscono,tramandano e trasformano per stabilizzarela propria immagine e darle una continuitànel tempo. Così troviamo ad esempio i gioiellimaschili, di tipo funzionale o apotropaico,come i fermagli d’argento (fig. 10) chechiudevano le grandi cappe dei pastoriabruzzesi oppure l’orecchino d’oro aforma di bottoncino, cerchio o navicella.
Cannatora con presentosain filigrana di oro, sec. XIX (Fig. 2)
“Portava agli orecchi due grevi cerchi d’oro e sul petto la Presentosa una grande stella di filigrana con in mezzo due cuori”
da Il trionfo della morte,di Gabriele D’Annunzio
Maglianomontagna, arte e fioriTra le valli del Salto e del fiume Velino, nel cuore del Parco regionale Sirente-Velinoche si estende a cavallo tra Abruzzo e Lazio. Ecco Magliano dei Marsi, con le suebellezze architettoniche incastonate in un paesaggio lunare. Dagli insediamentiromani alle manifestazioni di oggi
di Maddalena Monacofoto Luigi Todisco
Maglianomontagna, arte e fioriTra le valli del Salto e del fiume Velino, nel cuore del Parco regionale Sirente-Velinoche si estende a cavallo tra Abruzzo e Lazio. Ecco Magliano dei Marsi, con le suebellezze architettoniche incastonate in un paesaggio lunare. Dagli insediamentiromani alle manifestazioni di oggi
di Maddalena Monacofoto Luigi Todisco
dei Marsi
il Duomo del
Patriarca
È dedicato a San Flaviano uno dei monumentireligiosi più importanti e simbolici della città diGiulianova. L’imponente duomo sorge nelcaratteristico centro storico cittadino,sviluppatosi nel corso dei secoli sul dorso diun’altura da dove si scorge la costa adriatica.A testimonianza dell’autorità spirituale.
Secondo le fonti storiche il duomo furealizzato nel decennio 1472-1481seguendo inizialmente il progetto di
Francesco di Giorgio Martini, famosoarchitetto e trattatista del Rinascimento,dalle cui idee iniziali, però, ci si distaccò,apportando modifiche al disegnooriginario. Come arriva, dunque e in qualeepoca si diffonde a Giulianova il culto diSan Flaviano? Secondo una leggenda, lespoglie del Santo vennero imbarcate pervolere dell’imperatrice Galla Placidia peressere inviate a Ravenna. Durante il tragitto in mare, la nave, forsedopo una tempesta, approdò senzaequipaggio sulla costa di Castrum NovumPiceni, l’odierna Giulianova, che da quel
momento prese il nome di Castel SanFlaviano. Sulle sponde venne costruito ungrande tempio dedicato al Santo patriarcae i suoi resti vennero collocati in un’arcadi marmo. All’arricchimento del tempio, oggi nonpiù esistente, contribuirono personaggiillustri come Carlo Magno.Attualmente le ossa del patriarca riposanoa Giulianova, in luogo sicuro, in unacassetta-reliquiario d’argento, lavorata asbalzo con indorature mentre è all’internodel duomo che da pochi anni è stataricollocata, in tutto il suo splendore, laStatua del Santo, a seguito di un lungorestauro eseguito minuziosamentedall’artista locale Roberto Macellaro.
di Alessandra Angeluccifoto Giovanni Lattanzi
i Cascella
Visitare il museo civico Basilio Cascella diPescara è, per un appassionato d’arte, comevisitare un luogo di “culto”. Racchiude lamaggior parte delle opere di una delle“dinastie” artistiche più importanti d’Italia cheopera, a partire dalla seconda metàdell’Ottocento, spaziando dal verismo di scuolanapoletana, passando per il simbolismo, fino agiungere alle moderne tecniche di arte digitale,ovvero quella dei Cascella.
Da Basilio, il capostipite,poliedrico artista a tutto tondo,passando per i figli Tommaso,
Michele e Gioacchino, che hannospaziato con il loro gesto artistico sianella pittura su tela, sia su maiolica, sianel disegno, continuando con Andrea ePietro (figli di Tommaso) con la loroacclarata arte scultoria, per poi giungere aMarco (figlio di Andrea) che si dedica
di Mauro Di Colafoto Giovanni Lattanzi
luogo, memoria, dinastia
i Cascella
Visitare il museo civico Basilio Cascella diPescara è, per un appassionato d’arte, comevisitare un luogo di “culto”. Racchiude lamaggior parte delle opere di una delle“dinastie” artistiche più importanti d’Italia cheopera, a partire dalla seconda metàdell’Ottocento, spaziando dal verismo di scuolanapoletana, passando per il simbolismo, fino agiungere alle moderne tecniche di arte digitale,ovvero quella dei Cascella.
Da Basilio, il capostipite,poliedrico artista a tutto tondo,passando per i figli Tommaso,
Michele e Gioacchino, che hannospaziato con il loro gesto artistico sianella pittura su tela, sia su maiolica, sianel disegno, continuando con Andrea ePietro (figli di Tommaso) con la loroacclarata arte scultoria, per poi giungere aMarco (figlio di Andrea) che si dedica
di Mauro Di Colafoto Giovanni Lattanzi
luogo, memoria, dinastia
a
anch’esso alla pittura, come Tommaso Jr.(figlio di Pietro), pittore e scultore eJacopo (figlio di Pietro) impegnato nelleincisioni d’arte. Infine, le ultimegenerazioni della stirpe dei Cascella,ovvero Matteo Basilè e Davide Sebastian(figli di Tommaso Jr.) che ripercorrono le“orme” della famiglia ma con un occhioed una impronta rivolte alla modernetecniche d’espressione artistica.
Sono ben 550 le opere contenute inquesto scrigno d’arte, tra dipinti,maioliche, sculture - su tutte Il cavalierenero di Andrea, vincitore alla Biennale diVenezia del 1964 -, disegni, litografie,bozzetti vari, poste sui due livelli dellostorico edificio che fu, un tempo, solitariaofficina di idee e di ispirazione artistica,antico spazio di lavoro e di vita, in cuiprima Basilio vi si stabilì per lungo tempo
Il dipinto “Il bagno dellapastora”.
luce e splendore a
Da un luogo teatro di martirio per i primicristiani, intrecciando la storia con ilprosciugamento del fucino e il terremoto del1915, nasce il centro di culto dedicati ai santimartiri Cesidio e Rufino. Storie di recuperi emodifiche nel tempo, fino al parroco di oggi ealla sua continua opera di scavo
di Leonello Farinaccifoto Giovanni Lattanzi
luce e splendore a
Da un luogo teatro di martirio per i primicristiani, intrecciando la storia con ilprosciugamento del fucino e il terremoto del1915, nasce il centro di culto dedicati ai santimartiri Cesidio e Rufino. Storie di recuperi emodifiche nel tempo, fino al parroco di oggi ealla sua continua opera di scavo
di Leonello Farinaccifoto Giovanni Lattanzi
Trasacco
58
Tra le tante leggende che aleggianointorno alla fondazione del borgo,la più famosa di queste racconta
che i cittadini di Amnium, città romanafondata intorno al 300 a.C. vicino alfiume Sangro, per sottrarsi alle continueincursioni di pirati e banditi, sitrasferirono verso l’interno dando vita adiversi villaggi, tra cui Roccascalegna.
La tradizione popolare vuole che i“fantasmi” degli antichi abitanti diAminium vaghino ancora nei territoribagnati dal fiume Sangro. L’etimo di Roccascalegna, secondo alcunefonti, deriva dal nome proprio di un nobilelongobardo, “Aschari”; secondo altri, daltermine “Scarenna”, ovvero fianco scoscesodi una montagna.
58
Tra le tante leggende che aleggianointorno alla fondazione del borgo,la più famosa di queste racconta
che i cittadini di Amnium, città romanafondata intorno al 300 a.C. vicino alfiume Sangro, per sottrarsi alle continueincursioni di pirati e banditi, sitrasferirono verso l’interno dando vita adiversi villaggi, tra cui Roccascalegna.
La tradizione popolare vuole che i“fantasmi” degli antichi abitanti diAminium vaghino ancora nei territoribagnati dal fiume Sangro. L’etimo di Roccascalegna, secondo alcunefonti, deriva dal nome proprio di un nobilelongobardo, “Aschari”; secondo altri, daltermine “Scarenna”, ovvero fianco scoscesodi una montagna.
59
il castello di
tra mito e realtà
Roccascalegnadi Nicoletta Travaglinifoto Paolo Jammarrone
La trasmissione di memorie vuole inveceche il nome derivi dal fatto che, peraccedere alla torre del castello, vi fosse inpassato una scala di legno, come riportatosullo stemma del paese. Roccascalegna eradelimitata in passato da due porte d’accesso,“Porta del Forno” e “Porta della Terra”.Attraverso la prima, così chiamata perchéposta nelle vicinanze di un forno, oggi si
accede al borgo vero e proprio. La parte antica di questo meravigliosoangolo d’Abruzzo si sviluppa ai piedi dellaroccia calcarea alla cui sommità svetta ilmaestoso castello a cui è legato “unmisterioso fatto di sangue”. Sulle origini delmaniero non vi sono elementi precisi, madalle fonti storiche si ne deduce cheesistesse già nel XIV sec.
Adagiato lungo le pendici di un colle, ai piedi della“Grande Madre”, la Majella, tra i fiumi Sangro eAventino, sorge il borgo medioevale di Roccascalegna.Spicca, dominando in tutta la sua maestosità,immerso tra boschi di macchia mediterranea, uliveti equerce, la ieratica sagoma di un magnifico castellocostruito su uno sperone di roccia calcarea.
croceviadi arte e storiadi Francesca Larcinesefoto Giovanni Lattanzi
Affidandoci alla puntigliosa indaginestorica dell’Antinori apprendiamo,che un monastero, in Mamenacus,
antico nome di Bominaco – fra i borghipiù suggestivi della piana di Navelli -esisteva certamente già nell’anno 1001quando ricevette una donazione da partedi Oderisio, conte di Valva. Ma la storiadel monastero con la sua abbazia ed il
piccolo oratorio è una storia che oggidefiniremmo ”tormentata”: divenutadipendenza dell’abbazia di Farfa, alprincipio dell’XI secolo, già nel 1093 ilmonastero venne donato al capitolo diSan Pelino e al vescovo di Valva: i monacituttavia non vollero mai soggiacere a taledecisione al punto che la definitivasottomissione al vescovo valvense avvennesoltanto nel 1342. Di lì a poco ilmonastero venne assegnato da papaMartino V alla diocesi dell’Aquila,cosicché, quando il condottiero Braccio daMontone iniziò nel 1426 la propriaguerra contro la città dell’Aquila, ancheBominaco ed il suo cenobio ne rimaserocoinvolti, risultandone fortementedanneggiati. La vita del monasteroproseguì ancora per tutto il XV secolo,ma l’assoggettamento diretto alla SantaSede voluto nel 1456 da papa Callisto IIIdiede ai monaci l’impulso all’abbandonodel cenobio che così si estinse nel suoaspetto di complesso monastico,proseguendo invece la propria esistenzacome semplice parrocchia. Nonostante lafierezza dei monaci e la resistenza alledecisioni pontificie, essi trassero talunibenefici dall’appartenenza alla diocesi diValva, che fornì loro, già sul finire dell’XIsecolo, i fondi necessari per la costruzionedi un grande edificio ecclesiale, la chiesadi Santa Maria Assunta: esso costituì ilperno del monastero, eretto alla suadestra, di cui oggi non rimangono chescarse tracce delle mura.
continua a pag. 69
croceviadi arte e storiadi Francesca Larcinesefoto Giovanni Lattanzi
Affidandoci alla puntigliosa indaginestorica dell’Antinori apprendiamo,che un monastero, in Mamenacus,
antico nome di Bominaco – fra i borghipiù suggestivi della piana di Navelli -esisteva certamente già nell’anno 1001quando ricevette una donazione da partedi Oderisio, conte di Valva. Ma la storiadel monastero con la sua abbazia ed il
piccolo oratorio è una storia che oggidefiniremmo ”tormentata”: divenutadipendenza dell’abbazia di Farfa, alprincipio dell’XI secolo, già nel 1093 ilmonastero venne donato al capitolo diSan Pelino e al vescovo di Valva: i monacituttavia non vollero mai soggiacere a taledecisione al punto che la definitivasottomissione al vescovo valvense avvennesoltanto nel 1342. Di lì a poco ilmonastero venne assegnato da papaMartino V alla diocesi dell’Aquila,cosicché, quando il condottiero Braccio daMontone iniziò nel 1426 la propriaguerra contro la città dell’Aquila, ancheBominaco ed il suo cenobio ne rimaserocoinvolti, risultandone fortementedanneggiati. La vita del monasteroproseguì ancora per tutto il XV secolo,ma l’assoggettamento diretto alla SantaSede voluto nel 1456 da papa Callisto IIIdiede ai monaci l’impulso all’abbandonodel cenobio che così si estinse nel suoaspetto di complesso monastico,proseguendo invece la propria esistenzacome semplice parrocchia. Nonostante lafierezza dei monaci e la resistenza alledecisioni pontificie, essi trassero talunibenefici dall’appartenenza alla diocesi diValva, che fornì loro, già sul finire dell’XIsecolo, i fondi necessari per la costruzionedi un grande edificio ecclesiale, la chiesadi Santa Maria Assunta: esso costituì ilperno del monastero, eretto alla suadestra, di cui oggi non rimangono chescarse tracce delle mura.
continua a pag. 69
Santa Maria Assuntadi BominacoUscita pressoché indenne dai danneggiamenti delsisma del 6 aprile 2009, rimane ancora oggi atestimonianza della grandezza di un ordine, quellodei monaci benedettini e della forza di un popolo,come quello abruzzese, capace, con la propriacaparbietà di fronteggiarsi non solo con le più alteistituzioni della storia, ma anche con le più violenteforze della natura
quando il
si fapecorino
buonodi Ivan Masciovecchio
ph. A
ndre
as W
aibl
quando il
si fapecorino
buonodi Ivan Masciovecchio
ph. A
ndre
as W
aibl
Conosciuto ed apprezzato già inepoca romana con il generico
nome di “formaggio dei Vestini”, ilPecorino di Farindola acquisiscenome proprio ed esplicitacittadinanza nei primi anni delsecolo scorso, quando il paesevantava la più alta concentrazionedi ovini della zona, oltre ad unavasta disponibilità di pascolirigogliosi. Negli anni successivi allaseconda Guerra mondiale, ilprogressivo spopolamento dell’areane ridusse drasticamente laproduzione, determinando il crollodel suo valore commerciale e lasostanziale scomparsa.Meritoriamente, sul finire deglianni novanta, si è avviato un lentoprocesso di recupero evalorizzazione, grazie ancheall’interessamento e all’operadell’associazione Slow Food,culminato nel 2001 conl’istituzione del Presidio a garanziadella sua qualità e biodiversità. Daallora, il Pecorino di Farindola èdiventato una riconosciutaeccellenza alimentare della nostraregione, ambito ed apprezzato daibuongustai di tutto il mondo. Lasua caratteristica principale consistenell’essere probabilmente l’unicoformaggio al mondo, sicuramente ilsolo in Italia, ad utilizzare il caglioliquido di suino. Il Consorzio diTutela, nato nel 2002 grazie allacollaborazione tra i comunidell’area tipica di produzione(Farindola, Montebello di Bertona,Penne, Villa Celiera, CivitellaCasanova, Carpineto della Nora inprovincia di Pescara e Arsita,Bisenti e Castelli in quella diTeramo), il Parco Nazionale delGran Sasso e Monti della Laga,
l’Arssa - Agenzia regionale per iservizi di sviluppo agricolo e SlowFood, prevede un disciplinare diproduzione particolarmente rigido,a cominciare dalla materia prima,ovvero il latte. Che deve esseremunto a mano, derivante da pecoredi razza Pagliarola Appenninicaallevate il più possibile allo statobrado sulle alture della fasciapedemontana vestina ed alimentatesolo con erba, fieno e concentratitradizionali (mais, orzo, grano,fave, ecc.). Una volta raccolto,opportunamente filtrato, vieneportato a circa trentasei-trentasettegradi, mescolandolocontinuamente.
È qui, in questa fase dellalavorazione, che entra in gioco ilcaglio di maiale che permette allatte di coagulare e di formare lacosiddetta cagliata. Il caglio èottenuto dalle mucose dellostomaco del maiale, lavate,tagliuzzate a listarelle, salate emesse in infusione con unamiscela di aceto e vino biancoper circa tre-quattro mesi. Rottala cagliata, sempre rigorosamentea mano, la massa viene posta infiscelle o canestrelli dove vienesalata alternativamente suentrambe le facce e fatta riposare.Estratta dalla fiscella, la formainizia il processo di stagionatura,che può durare da quattro mesiad un anno, durante il quale verràunta periodicamente con un mixdi olio extravergine di oliva edaceto per evitare la formazione dimuffe e, allo stesso tempo,conferire alla pasta morbidezzaed aromi. Quello che, però, rendedavvero unico il Pecorino diFarindola è la sua straordinariacapacità di saper raccontare unterritorio, la sua storia millenariagiunta fino ai nostri giorni, igesti semplici e i piccoli segretidi una lavorazione lenta emeticolosa, riservataesclusivamente alle mani di donnecapaci di trasmettere alla “formadi cacio” il proprio sapere antico,tanto da imprimere il proprionome sull’etichetta del prodottofinito. Paolina, Domenica, Iolettae le altre; sono loro le artefici diquesta meraviglia, le madri diquesto ambasciatore del gusto.Ed è a loro che dobbiamo diregrazie se ancora oggi il miracolosi rinnova.
71
Tesori d’Abruzzo
Superato il comune di Penne, lungo la strada checonduce sul versante orientale del Gran Sasso, Farindola sembra non arrivare mai. Ma è proprio qui, trale pieghe tortuose delle curve a gomito, i prati a perditad’occhio e le verdi montagne che prende forma - esapore - quello che nel giro di pochi anni è diventato ilsuo fiore (o sarebbe meglio dire ‘cacio’) all’occhiello.Vera gioia del palato e prelibatezza gourmet
Paolo de Siena Editore srlwww.paolodesienaeditore.com