tesi di laurea_victor vasarely alla triennale bovisa
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Tesi di laurea sulla mostra Vicotor Vasarely alla triennale BovisaTRANSCRIPT
LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE
IULM
Facoltà di Lingue, letterature e culture moderne
Corso di Laurea in Comunicazione e Gestione nei Mercati dell’Arte e della Cultura
MILANO
VICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISA
Chiar.ma Prof. ssa Roberta Sommariva
Prova finale di:
Michela Cairo Matr. N.25135
Anno Accademico 2007/2008
ai miei nonni Rino e Toni
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INDICEINDICEINDICEINDICE Introduzione
LA NASCITA DI TRIENNALE BOVISALA NASCITA DI TRIENNALE BOVISALA NASCITA DI TRIENNALE BOVISALA NASCITA DI TRIENNALE BOVISA 1. Il quartiere storico 2. La nuova struttura espositiva 3. La comunicazione 4. Il programma espositivo 2006-2008 VICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISAVICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISAVICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISAVICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISA 5. Victor Vasarely: nota biografica 6. L’evoluzione del progetto espositivo
. . . . La proposta iniziale
. . . . Il programma definitivo
. . . . La mostra e le sue sezioni
7. Le fasi organizzative . . . . Gli attori in campo . . . . Il piano di spesa . . . . L’acquisizione dei prestiti
. . . . L’assicurazione . . . . I trasporti . . . . La messa in scena
8. La promozione e pubblicità 9. Il periodo di esposizione
10. Lo smontaggio
Riferimenti bibliografici e fotografici
Appendici: - regesto delle opere - rassegna stampa
Ringraziamenti
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Introduzione
Questa tesi nasce dalla stimolante esperienza del Laboratorio di comunicazione
dei progetti artistici e culturali, che ha suscitato in me un grande interesse per il
meccanismo della progettazione di una mostra temporanea e per il complesso
sistema di operazioni che dall’ideazione arriva sino alla messa in scena finale.
Tale interesse si è accresciuto ulteriormente con un’esperienza di stage alla
Triennale di Milano, che mi ha portata a diretto contatto con un’istituzione che
svolge, in questi anni, un ruolo di grande rilievo nel panorama culturale ed
espositivo milanese.
Ho avuto modo di partecipare in prima persona a tutte le fasi di allestimento di
una esposizione dedicata a Victor Vasarely, maestro dimenticato dell’avanguardia
artistica della metà del XX secolo, protagonista indiscusso dell’optical art che
influenzò fortemente la moda, la grafica e il design degli anni Sessanta e Settanta,
la cui opera integra in maniera esemplare la ricerca artistica pura e l’idea di una
sua applicazione a forme di moltiplicazione dell’opera d’arte unica, nella
prospettiva di un’arte per tutti.
La mostra è stata inoltre allestita in una sede espositiva, filiazione della storica
Triennale, in un’area periferica, la Bovisa, di recente individuata come possibile
luogo, decentrato, di una nuova vivacità culturale e artistica, per la presenza,
anche, in un’area attigua, della Facoltà di disegno industriale del Politecnico di
Milano.
Sulla base di tale insieme di esperienze – laboratorio e stage – ho pensato così di
incentrare il mio lavoro di tesi sulla mostra di Vasarely, cercando di restituire
come il carattere specifico dell’opera di questo artista, che ha operato in primo
luogo nel campo della pittura, ma anche della fotografia e dell’architettura, sia
stato reso dalla mostra; e come l’ordinamento espositivo sia stato basato proprio
sul tentativo di documentare in maniera integrata tutti gli ambiti del suo lavoro,
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consentendone una lettura inedita del percorso artistico e culturale e del ruolo
assunto nell’arte e nella grafica del Novecento.
Con questa mostra, composta di 200 opere tra dipinti a olio, tempere, arazzi,
disegni, collage e scritti, distribuiti cronologicamente in nove sezioni, Triennale
Bovisa ha voluto recuperare e valorizzare anche la dimensione etica e sociale di
Vasarely, espressa in particolare in architettura, esponendo - tra gli altri - alcuni
lavori inediti sulle centrali nucleari e il progetto della Fondazione di Aix-en-
Provence con il suo nome, che volle aperta al pubblico e che rappresenta un
indubbio esempio d’arte totale. L’aspetto è quello di un’enorme scultura
minimalista, dalle linee essenziali e articolate, costruita su un modulo esagonale.
La collocazione nel paesaggio, pur risultando estremamente astratta, fu concepita
da Vasarely per instaurare un dialogo con il contesto: le linee spezzate
dell’edificio, infatti, si propagano come le onde generate da un sasso in uno
stagno a modificare le curve di livello del terreno e le rive di un lago artificiale,
simboleggiando il ruolo di questa architettura nel rapporto con la città e con la
propagazione della cultura artistica teorizzata dal maestro.
L’elaborato prodotto si articola in due capitoli, a loro volta suddivisi in numerosi
paragrafi: il primo descrive la nascita del polo espositivo di Triennale Bovisa in un
quartiere periferico in corso di rinnovato sviluppo e il suo programma di attività
2006-2008; il secondo analizza scrupolosamente l’evoluzione del progetto
espositivo dedicato a Victor Vasarely, dalla proposta di partenza alla messa in
opera finale, alla gestione nel periodo di apertura al pubblico, allo smontaggio
conclusivo e illustra le sezioni della mostra avvalendosi di citazioni dell’artista,
tratte dal catalogo pubblicato da Carlo Cambi editore, ritenute particolarmente
efficaci per la comprensione dei cicli esposti.
Completano l’elaborato due appendici: una scelta di articoli tratti dalla rassegna
stampa e il regesto completo delle opere.
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LA NASCITA DI TRIENNALE BOVISALA NASCITA DI TRIENNALE BOVISALA NASCITA DI TRIENNALE BOVISALA NASCITA DI TRIENNALE BOVISA
1.1.1.1. IIIIl quartiere storicol quartiere storicol quartiere storicol quartiere storico
Negli anni ’60 la Bovisa era uno dei simboli dello sviluppo industriale milanese. Il
paesaggio urbano era dominato dai gasometri della Edison, dallo stabilimento
della Candiani e dagli studi della Armenia Films; inoltre, l’anello ferroviario che
cingeva la città, sviluppato a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, rendeva il
quartiere un’area facilmente accessibile e strategicamente localizzata. Con la crisi
degli anni ’70 la Bovisa è andata incontro a un declino che ha portato alla
situazione di degrado in cui si trovava fino pochi anni fa.
Quartiere Bovisa
In anni recenti si è deciso che la Milano dell’innovazione potesse partire proprio
da qui, valorizzandone e riqualificandone il territorio, col preciso intento di
ridefinire la geografia urbana: non più centro (dove al centro convivono le
strutture di maggiore importanza della vita politica, sociale e culturale) e periferia,
ma un superamento di questi schemi nell’ottica di una rivitalizzazione di aree ad
oggi sotto utilizzate e di conseguenza sottovalutate.
EuroMilano, primaria società immobiliare, ha avviato proprio a Bovisa un
importante progetto di riqualificazione, inserendovi la nuova “cittadella della
ricerca”, motore di sviluppo della metropoli del nuovo millennio. Il progetto non
prevede alcuna recinzione di protezione alle aree, anzi un sistema di vaste aree
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verdi, piazze, percorsi pedonali e tranviari che aprono il quartiere Bovisa alla città,
integrandola con i quartieri limitrofi. Il nuovo Politecnico, con le facoltà di
Architettura e Ingegneria, è stato uno dei primi motori di tale progetto e ha
trasformato un paesaggio industriale in rovina in un polo della conoscenza e della
formazione. All’università si sono poi affiancate realtà come l’istituto Mario Negri,
Telelombardia e Antenna3.
In ultimo, ma non per importanza, si è scelto Bovisa anche per la nascita del
nuovo polo espositivo di arte contemporanea della Triennale di Milano.
La realizzazione di tale sede espositiva si è resa necessaria dopo l’avvio definitivo,
nel 2006, nella sede storica di viale Alemagna, dei lavori per il Museo del Design,
che hanno sottratto all’attività espositiva temporanea duemila metri quadrati circa.
L’incontro della dirigenza Triennale con Alessandro Pasquarelli, amministratore
delegato di EuroMilano, ha consentito di concretizzare l’idea di un nuovo polo
espositivo in Bovisa, diventato ben presto realtà.
In un primo tempo era stato individuato In un vecchio edificio di archeologia
industriale, benché bisognoso di un importante restauro di tipo conservativo, il
luogo adatto al progetto, un intervento architettonico e al tempo stesso di
comunicazione che doveva essere gestito da un grande architetto e
comunicatore, subito identificato in Pierluigi Cerri.
Ma i piani hanno dovuto prendere una direzione diversa quando ci si è resi conto
che l’area avrebbe dovuto essere integralmente bonificata, con un aggravio di
costi e una dilatazione dei tempi. A questo punto, è stata individuata un'altra zona,
sempre in Bovisa, e dopo una breve pausa di riflessione, si è deciso, con Pierluigi
Cerri, di progettare e costruire un edificio ex novo.
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2.2.2.2. La nuova struttura espositivaLa nuova struttura espositivaLa nuova struttura espositivaLa nuova struttura espositiva
Pierluigi Cerri, progettista della struttura espositiva, definisce la Triennale Bovisa
una non-architettura, un oggetto in cui i materiali di costruzione rivelano una
incompiutezza che ne mostra il carattere di provvisorietà (l’edificio non sarà
permanente ma avrà una durata limitata), non tanto nel suo significato di ripiego
ma piuttosto nella sua derivazione latina di provisus, participio passato di
providere, di provvedere a qualcosa che deve far fronte a un bisogno.
Il bisogno di cui parla Cerri è molteplice: per il quartiere, è quello di poter contare
su una struttura catalizzatore d’incontri, per la Triennale, quello di dotarsi di uno
spazio adeguato per esposizioni di arte contemporanea.
EuroMilano, Triennale, Studio Cerri & Associati e Bresciani Cover All, leader in
Europa nella progettazione e fornitura di tendostrutture modulari, hanno quindi
iniziato a cooperare, unendo le loro differenti competenze per raggiungere
massimi livelli di professionalità e di risultato.
La costruzione della nuova struttura espositiva
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Il sistema modulare allestito alla Bovisa utilizza tecnologie e materiali innovativi,
tra cui leghe leggere, speciali teli in PVC, pannelli isolanti. Le esigenze imposte
dalla peculiare destinazione d’uso dell’edificio, hanno comportato studi e
adeguamenti specifici, nonché alcune modifiche ai parametri costruttivi
normalmente utilizzati.
Fondamentale è stato tener presente che, benché si trattasse di una struttura
temporanea, occorreva garantire le condizioni conservative ideali per
l’esposizione di opere d’arte, anche di grande valore: quindi, un alto grado
d’isolamento termico e protezione dal rischio d’intrusione (per questo sono state
predisposte pannellature sandwich a tutta altezza, esternamente di lamiera
d’acciaio e internamente in schiuma poliuretana ad alta densità, ma anche un
doppio telo di PVC per la copertura). La struttura è stata, inoltre, rinforzata al fine
di sopportare gli stessi livelli di carico delle strutture permanenti (160 Kg/m2) ed è
stata completamente ricoperta di lastre di cartongesso ignifugo. Il tutto realizzato
in tempi brevissimi.
L’edificio è organizzato in due corpi, uno di circa 20 metri di profondità, parallelo
alla linea ferroviaria, destinato ad ospitare l’area espositiva e un corpo di 10 metri
di profondità, disposto perpendicolarmente rispetto al primo a formare una “L”,
destinato ad ospitare le funzioni a servizio, l’Artbook (la libreria specializzata) e il
Bistrot Triennale Bovisa (caffetteria, ristorante).
Planimetria Triennale Bovisa
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Tecnologicamente l’edificio è costituito da tre diversi elementi/sistemi: la
tendostruttura, l’involucro interno, la “fodera grafica” esterna. La tendostruttura
svolge la funzione di “chiusura” e di protezione dell’edificio dagli agenti
atmosferici, è realizzata con una struttura prefabbricata costituita da profilati
scatolari in alluminio. L’ancoraggio al suolo è realizzato tramite piastre collegate
con tirafondi agli elementi di fondazione. La copertura è realizzata con un telo in
pvc teso sulla struttura portante. I tamponamenti perimetrali sono costituiti da
pannelli in lamiera tipo sandwich che garantiscono protezione e isolamento
termico. L’involucro interno, ha la funzione di garantire, oltre alla finitura interna
dei locali, le caratteristiche di coibentazione termica, di resistenza al fuoco e di
rigidità necessarie alla funzione espositiva internamente ospitata. L’involucro dello
spazio espositivo è costituito da una struttura autoportante realizzata con tralicci
metallici prefabbricati, ancorati al suolo tramite piastre e tirafondi. Il rivestimento
interno è realizzato sia per le pareti sia per il plafone in cartongesso su struttura di
profilati metallici con adeguata coibentazione. Le pareti sono state realizzate con
doppia lastra in cartongesso per consentire l’appendimento delle opere.
Esternamente alla tendostruttura è prevista la realizzazione di una fodera grafica,
posta a circa due metri dalle pareti perimetrali e costituita da una struttura
tralicciata metallica sulla cui superficie verticale esterna è teso un telo di pvc. Tale
manufatto costituisce la “pelle” esterna dell’edificio. Il telo in pvc riveste la
funzione di superficie di supporto per la comunicazione grafica connessa agli
eventi espositivi nonché di superficie di proiezione per filmati di vario genere
costantemente proiettati durante le ore serali di apertura al pubblico. La
pavimentazione di tutti i locali dell’edificio, con l’esclusione dei bagni è realizzata
in resina grigia su massetto adeguatamente coibentato e isolato dal suolo. La
sala mostre ha una dimensione di 68,9 x 17,4 m e altezza di 4,5 m, libera da
qualsiasi divisorio con la sola presenza di dodici pilastri in acciaio a sezione
circolare disposti longitudinalmente in due file, pareti e divisori possono essere
previsti secondo progetto d’allestimento. L’ingresso principale del pubblico alla
sala è posizionato al centro della facciata ed avviene passando attraverso
biglietteria e guardarba, l’uscita del pubblico è possibile attraverso due porte
poste in corrispondenza del corridoio che conduce al bookshop e al bistrot. La
sala è dotata di 11 uscite di sicurezza e di un grande portone con apertura di
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2,85 x 4 m che consente l’agevole trasferimento all’interno della sala delle opere
di grandi dimensioni. L’illuminazione è realizzata mediante un sistema di binari
disposti a riquadri da 5 x 5 m applicati a controsoffitto al quale sono collegati
circa 950 corpi illuminanti regolabili in tutte le direzioni e a varie altezze da circa
2,5 m dal suolo a 30 cm al di sotto del soffitto. I faretti montano lampade da 50W
con dimmer di regolazione per singolo apparecchio. Il soffitto della sala trattato
con pittura nera consente di ridurre l’impatto visivo di tutto il sistema di
illuminazione. Poiché ogni singolo apparecchio è controllabile in maniera
indipendente, il livello di illuminamento in mostra è totalmente regolabile a partire
dai 5 lux minimi necessari per la sicurezza dei visitatori fino ad arrivare ai valori
massimi consentiti per l’ottimale conservazione delle opere esposte. È inoltre
presente un sistema di illuminazione di servizio a luce fredda costituito da
proiettori posti a parete lungo il perimetro della sala, normalmente tali apparecchi
vengono mantenuti spenti durante l’orario di apertura al pubblico. L’energia
elettrica è disponibile all’interno della sala attraverso numerose prese poste lungo
tutto il perimetro. Un impianto di climatizzazione a tutta aria permette di
controllare secondo necessità i parametri di temperatura e umidità all’interno
della sala espositiva che normalmente viene mantenuta a temperatura variabile
tra 19° e 22°C e valori di umidità relativa compresi tra 45 e 55%.
L’area esterna circostante l’edificio è videosorvegliata tramite impianto costituito
da telecamere posizionate lungo il perimetro e l’intera sede è protetta da impianto
antintrusione dotato di sensori magnetici ad ogni apertura rivolta verso l’esterno e
sensori volumetrici a doppia tecnologia in grado di rilevare la presenza di persone
all’interno della struttura. La sala espositiva in particolare è dotata inoltre di
specifico sistema di videosorveglianza interna con telecamere poste in
corrispondenza di ogni uscita di sicurezza e l’attivazione e disattivazione del
sistema d’allarme può essere effettuata indipendentemente dalle altre zone
(bistrot, bookshop e uffici). Il sistema di allarme è direttamente collegato ad una
postazione interna alla sede e tramite ponte radio bidirezionale anche alla
centrale della società di vigilanza. La sorveglianza durante l’orario di apertura al
pubblico è garantita da personale addestrato disposto all’ingresso e all’interno
dell’area espositiva. Durante l’orario di chiusura al pubblico (23.00-11.00) è attivo
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un servizio di vigilanza armata.
In merito alle caratteristiche antincendio la sala mostre costituisce un comparto
indipendente ed è dotata, come l’intero edificio, di rilevatori di fumo e di impianto
antincendio con allarme sonoro, collegato con un posto di controllo interno,
secondo quanto prevede il D.lgs. 626/94 e quindi fornito di idranti, estintori a
polvere portatili e personale responsabile appositamente adibito. In merito alla
normativa riguardante l’abbattimento delle barriere architettoniche la sede, di
nuova costruzione, rispetta tutti i disposti di legge. È la società Vertical Vision che provvede alla realizzazione dei messaggi
promozionali e istituzionali sul rivestimento (l’involucro) esterno con strutture
autoportanti per una superficie totale di 2.246 m2 di PVC.
Facciata principale Triennale Bovisa
Ma, come si è già detto, la nuova Triennale Bovisa non nasce solo come sede di
esposizioni temporanee ma come un luogo d’incontri, destinato soprattutto ai
giovani, all’innovazione e alla creatività. Non soltanto, quindi, un contenitore per
opere d’arte, ma luogo per la realizzazione di concerti, performance, rassegne
cinematografiche, cortometraggi e divertimento, ospitati per lo più all’aperto,
nell’ampio piazzale antistante.
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l piazzale antistante la struttura
Il progettista (Pierluigi Cerri)Il progettista (Pierluigi Cerri)Il progettista (Pierluigi Cerri)Il progettista (Pierluigi Cerri) Pierluigi Cerri si è laureato al Politecnico di Milano. Nel 1974 è partner fondatore della Gregotti Associati. Membro dell'Alliance Graphique Internationale, nel 1976 ha diretto l'immagine della Biennale di Venezia. È stato redattore delle riviste "Casabella" e "Rassegna". Ha curato l'immagine della Kunst-und Ausstellungshalle di Bonn ed è responsabile dell'immagine di Palazzo Grassi a Venezia. Ha curato il design di collane editoriali per le più importanti case editrici italiane, fra le quali Electa, Einaudi, Bollati Boringhieri, Fabbri, Bompiani, Skira. Ha collaborato con le riviste Lotus International, Abitare, Domus, l'Espresso e ha diretto la collana di graphic design "Pagina" di Electa. Ha progettato numerosi allestimenti in importanti sedi museali: IDZ a Berlino, Palazzo della Promotrice delle Belle Arti a Torino, Centre Georges Pompidou di Parigi, Palazzo a Vela a Torino, Design Zentrum a Stoccarda e Berlino, Sogetsu Kaikan a Tokyo, Lingotto di Torino, Museo Municipal de Arte Contemporáneo di Madrid, Accademia di Brera di Milano, Science Museum di Londra, Forte del Belvedere a Firenze, Kunst-und Austellungshalle di Bonn, Palazzo Grassi a Venezia, Palazzo Reale di Milano, Nationalgalerie di Berlino, Moderna Museet di Stoccolma, Musée d'Art Moderne di Parigi, la Triennale di Milano. Con la Gregotti & Associati ha vinto numerosi concorsi di Architettura fra i quali il Centro Culturale di Belém a Lisbona, la trasformazione dell'area Pirelli alla Bicocca a Milano, la sistemazione dell'area per l'esposizione universale a Siviglia. Con Alessandro Colombo nel 1998 ha curato il progetto di segnaletica degli spazi pubblici, dei padiglioni e delle strutture temporanee per l'Expo di Lisbona e ha ristrutturato Palazzo Marino alla Scala.
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Ha disegnato oggetti per Unifor, B&B Italia, Poltrona Frau, Fontana Arte, Arflex, Molteni & C., Fusital, e ha progettato installazioni sceniche per RAI3 e Rai 2. Ha collaborato inoltre con Alenia, FIAT, Merloni e Grandi Stazioni, per i quali progetta sistemi espositivi e allestimenti. Nel 1994 ha ricevuto il premio "Award for Good Industrial Design" da parte dell'Industrie Forum Design di Hannover e nel 1995 il Compasso d'Oro per l'immagine grafica di Unifor. Nel 1998 Pierluigi Cerri dà vita allo studio Cerri & Associati che svolge la propria attività di progettazione nei campi dell'architettura, dell'industrial, graphic e interior design, e della progettazione navale. Oggi i partners, Pierluigi Cerri e Alessandro Colombo, coordinano uno staff di 25 professionisti fra architetti, designers e grafici. Progetti dello Studio Cerri & Associati sono stati realizzati in Italia, Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Stati Uniti d'America, Giappone e Australia.
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3.3.3.3. La comunicazioneLa comunicazioneLa comunicazioneLa comunicazione
Giovane, creativa e dinamica. Tutto il percorso di Triennale Bovisa, dall’idea di
partenza alla struttura, all’arredamento e alle mostre ospitate ha seguito questa
strada. Pertanto, il progetto di segnaletica non poteva che essere sviluppato da
giovani studenti, frequentanti il corso di “design della comunicazione” del
Politecnico di Milano, che si sono ispirati alla comunicazione ideata dall’Art
Directors’ Club Italiano, coinvolto nella campagna pubblicitaria di lancio.
Fondata, questa, sull’idea del “molto creativo unito al molto semplice”, dovendo
essere creativa nel linguaggio ma atta ad attrarre il pubblico più ampio, si è
avvalsa del lavoro di quattro coppie di affermati creativi che hanno “soggiornato”
in Triennale per più di un mese, per immergersi nella creatività del lavoro
dell’istituzione, e hanno sviluppato differenti proposte, tutte di forte impatto visivo.
Il punto di forza doveva essere la “T” rossa e maiuscola accompagnata da “bvs”,
quella che si vede ormai rappresentata in tutta Milano. La proposta vincente è
stata quella di una T (di Triennale Bovisa) in una sorta di fusione con il volto di
una donna: un’immagine di grande impatto, cui non sono state risparmiate
critiche da più parti.
Messaggio pubblicitario per Triennale Bovisa (Art Directors’ Club Italiano)
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Il progetto di grafica urbana, a cura degli studenti del Politecnico, doveva
rispondere alle funzioni di orientamento e di informazione, integrandosi con il
paesaggio urbano e migliorandone la percezione.
Sono stati scelti differenti mezzi di comunicazione, alcuni più convenzionali come
gonfaloni, stendardi, totem e altri meno convenzionali ma più giovani e creativi
come tags, murales, sticker.
Poiché l’obiettivo fondamentale era che tutti a Milano venissero a conoscenza
della nuova sede espositiva, cordoli, tombini, panettoni, muri e asfalto si sono fatti
portatori di questo messaggio tramite stencil che contrassegnano l’intero
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insediamento. La strada che porta alla Triennale Bovisa è diventata anch’essa
un’estensione dello spazio espositivo: sia il sottopasso della ferrovia che i muri
paralleli alla linea Cadorna-Bovisa, d’intesa con il Comune di Milano, sono stati
messi a disposizione dei writer della città di Milano, perché con i loro lavori
costituissero un ingresso in linea con le finalità della nuova struttura.
Particolari di murales realizzati nel sottopasso che conduce alla Triennale Bovisa
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4.4.4.4. Il programma espositivo 2006Il programma espositivo 2006Il programma espositivo 2006Il programma espositivo 2006----2008200820082008
Benché Triennale Bovisa sia in attività da un anno e mezzo circa, vi si sono
avvicendate numerose mostre che hanno richiamato migliaia di persone, che
hanno avuto così modo di apprezzare le potenzialità di questo luogo
multifunzionale.
Hans HartungHans HartungHans HartungHans Hartung
in principio era il fulminein principio era il fulminein principio era il fulminein principio era il fulmine
Pittura, fotografia, architetturaPittura, fotografia, architetturaPittura, fotografia, architetturaPittura, fotografia, architettura
22 novembre ‘06 – 11 marzo ‘07
Il programma della TBVS si è inaugurato con una mostra dedicata all’astrattista
tedesco Hans Hartung.
Un appuntamento che ha permesso di conoscere la vita e il lavoro dell’artista in
modo inedito ed originale. Si potevano osservare più di 200 tele, realizzate dal
1922 (quando viveva a Dresda) fino all’anno della sua morte ad Antibes, il 1989.
Oltre a queste opere erano presenti anche moltissimi disegni a china, schizzi,
fotografie e disegni preparatori, documenti del suo archivio personale conservati
nella sua casa ad Antibes, ora sede della Fondazione che porta il suo nome.
Molte delle opere presentate non erano mai state esposte e molti dei temi trattati
erano originali e inediti. Hartung veniva presentato non solo come maestro-
innovatore della pittura del Novecento, ma anche come figura poliedrica,
interessato a “sconfinamenti” in altri ambiti artistici. In una parte dell’esposizione
veniva approfondito il suo interesse per l’architettura, con i progetti delle sue
case, a Parigi, Antibes e Minorca, che si legano indissolubilmente alle esperienze
biografiche. Un’altra sezione era dedicata ai risultati della sua ricerca nell’ambito
della fotografia. L’esposizione era inoltre arricchita da una serie di filmati (uno dei
quali lo mostrava intentoal lavoro) e dai suoi strumenti personali di lavoro.
Una colonna sonora diffusa in tutte le sale riproduceva brani di compositori
ascoltati dall’artista.
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Timer 1Timer 1Timer 1Timer 1
30 marzo – 10 giugno ‘07
Timer 1 è stato il primo appuntamento di un progetto d’arte contemporanea che
intende costruire un appuntamento annuale per la città di Milano e ha come tema
generale “l’artista e il suo essere nel mondo”.
Il tema della prima mostra è stato “Intimità”: una ricognizione sul rapporto che
l’artista ha con se stesso nell’era della rivoluzione telematica, nel nuovo contesto
sociale che si è creato dopo l’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre,
evidenziando la crisi psichica dell’Occidente dopo quella data. Si è indagato, di
conseguenza, sul rapporto con la trascendenza, considerata sia sul piano
individuale che sociale, sulla trasformazione dei rapporti sociali, che si manifesta
in maniera sottile nei linguaggi e nei temi affrontati dall’arte (che solo
apparentemente sembrano non risentire di quest’evento cerniera tra il vecchio e il
nuovo secolo), sul rapporto con la tradizione e quello della sovrapposizione di
linguaggi e culture diverse, temi non nuovi ma che si presentano oggi amplificati.
Ne è risultato che l’imprevedibile ed eclatante guerra di culture e di religioni resa
evidente dall’attentato dell’11 settembre ha spostato la questione del linguaggio
artistico dal superamento delle contrapposizioni ideologiche (in arte legate a
questioni formali: astrazione e figurazione, realismo e concettualismo smettono di
essere in antitesi e convivono all’interno della stessa opera) a quelle più
marcatamente culturali e religiose.
RancinanRancinanRancinanRancinan
La trilogia del Sacro SelvaggioLa trilogia del Sacro SelvaggioLa trilogia del Sacro SelvaggioLa trilogia del Sacro Selvaggio
26 giugno – 16 settembre ‘07
Il “Sacro Selvaggio” è una pulsione d’amore, primitiva e violenta. Un sentimento
anarchico e potente, al tempo stesso pagano e divino, sacro e profano.
Rancinan ha indagato con la sua macchina fotografica l’arte, l’altro e la fede.
“L’arte”, che costituiva la prima sezione, era dedicata ai ritratti di affermati artisti
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contemporanei: da Marina Abramovich a Damien Hirst, da Jan Fabre a Maurizio
Cattelan, da Paul McCarthy a Andrei Serrano.
“L’altro”, la seconda sezione, era un reportage fotografico sull’handicap che
segna la diversità di alcune persone. Infine nella sezione dedicata alla “fede”
erano esposte foto di cardinali che hanno una grande importanza nel mondo
attuale, da Tettamanzi al patriarca di Venezia Angelo Scola.
Che Guevara: rivoluzionario e iconaChe Guevara: rivoluzionario e iconaChe Guevara: rivoluzionario e iconaChe Guevara: rivoluzionario e icona
The Legacy of Korda’s PortraitThe Legacy of Korda’s PortraitThe Legacy of Korda’s PortraitThe Legacy of Korda’s Portrait
26 giugno – 16 settembre 2008
"O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, o dobbiamo
lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché
questo blocca il libero sviluppo dell'intelligenza." (Ernesto Guevara)
Curata da Trisha Ziff, l’esposizione ha ripercorso lo “sfruttamento” della foto di
Che Guevara, intitolata Guerrillero Heroico e scattata da Alberto Diaz Guttierez
(meglio noto come Alberto Korda) durante il funerale di centoquaranta cubani,
deceduti per l’esplosione di un mercantile francese nel porto dell’Avana, divenuta
un’icona per generazioni di giovani, sia pure di posizioni politiche diverse, e
riprodotta su poster, magliette, murales, spille di tutto il mondo. Si è posta
l’obbiettivo di spiegare come un’immagine spesso perda il suo significato
immediato, aperta dal 26 giugno al 16 settembre scorso.
Altre mostre ed eventi hanno arricchito il programma di Triennale Bovisa. Tra
questi: la mostra di “ADCI Collection”, la mostra di fotografia sulla Cina “Beijng in
& out”, “Iter architettura del moderno”. Infine, tutta l’estate è stata costellata da
eventi notturni di cinema e spettacoli all’aperto, allestiti nel piazzale.
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VICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISAVICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISAVICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISAVICTOR VASARELY ALLA TRIENNALE BOVISA
5.5.5.5. Victor Vasarely: nota biograficaVictor Vasarely: nota biograficaVictor Vasarely: nota biograficaVictor Vasarely: nota biografica
Victor Vasarely è indubbiamente una personalità di spicco degli anni ’60 e ’70,
personaggio poliedrico, artista, grande appassionato di matematica, percezione
visiva, architettura e fisica pur non essendo un uomo di scienza.
Victor Vasarely davanti alla finestra della casa di Gordes, 1948
Nato a Pécs in Ungheria nel 1906, negli anni Venti inizia i suoi studi alla Facoltà di
medicina di Budapest, ma ben presto si rende conto che questa non è la sua
strada. Decide così di iscriversi a una scuola privata di disegno e grafica,
l’Accademia Popolini-Volkmann. Nel 1929 abbandona l’Accademia per avvicinarsi
al gruppo che gravita attorno alla figura carismatica di Alexander Bortnik, direttore
della scuola Mühely molto vicina alle teorie del Bauhaus di Weimar, principi ai
quali rimarrà legato per tutta la vita. È durante questo periodo, a soli 23 anni, che
l’artista apprende la tecnica della grafica pubblicitaria e muta radicalmente la sua
poetica e la sua definizione artistica dello spazio. Artista versatile e dotato, viene
subito apprezzato nell’ambito della grafica ed è per questo che manterrà per tutta
la sua vita una situazione economica apprezzabile.
Nel 1930 decide di approfondire le sue conoscenze e gli studi a Parigi, all’epoca
centro dell’arte mondiale. Anche in quella città l’attività prevalente dell’artista
continuerà a essere la grafica pubblicitaria, mentre, nel privato, sperimenterà
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nuove ricerche tra razionalismo ed effetto pittorico. Gli studi di questi anni
verranno in seguito definiti dall’artista “répertoire fondamental” per la sua pittura.
In quegli stessi anni cambia radicalmente anche la vita privata; nel 1930 sposa
Claire, conosciuta a Budapest, dalla quale avrà due figli, André e Jean-Pierre.
Fondamentale per la sua crescita artistica è l’incontro con la gallerista Denise
René, nel 1940. Con lei lavorerà negli anni che seguono la seconda guerra
mondiale; è infatti nella sua galleria che Vasarely assume il ruolo di organizzatore
ed è qui che inaugura una importante mostra di disegni, studi grafici e lavori di
pubblicità. In questa fase i suoi lavori sono sorprendentemente vicini al
surrealismo, periodo che poi rinnegherà definendolo “confuso e sbagliato”, in cui,
per amore della ricerca, stava percorrendo delle strade sbagliate (le “fausses
routes”).
Tra il 1945 e il 1950, influenzato dall’ambiente che lo circonda, soprattutto nei
luoghi di villeggiatura, sviluppa tre importanti cicli “Belle-Isle”, “Defert” e
“Gordes”, nell’ambito dei quali produce composizioni che sembrano estendersi
oltre la tela, nello spazio circostante, sollecitando la retina e obbligando l’occhio
umano alla dinamicità.
Ma è nel 1951 che prende l’avvio il periodo fondamentale, che lo avvicinerà alla
destrutturazione completa dell’opera: il “bianco e nero”. Radicale, definitivo,
influenzato dal Quadro nero su fondo bianco di Malevič, è un momento di grande
concentrazione per l’artista. Parallelamente, espone da Denise René i
“fotografismi” e, subito dopo, nel 1952, appare la sua prima monografia, che lo
renderà un artista affermato sia a livello nazionale che internazionale.
Artista engagé, impegnato socialmente, sempre attento ai dibattiti della società
contemporanea, convinto che l’arte non può esimersi dal rendere un contributo
sociale al miglioramento della vita di tutte le classi sociali, Vasarely, prende
spunto dai temi e sfide della sua epoca. Nel 1900, convinto che l’uomo, nel suo
futuro prossimo, dovrà confrontarsi con il problema dell’energia, realizza una
serie di torri nucleari in forma di ciminiere dipinte, abbellite esternamente. È alla
continua ricerca del benessere comune, se non reale almeno nell’immaginario
collettivo. All’interno della sede della Fondazione che porta il suo nome, a Aix-en-
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Provence, inserisce una sezione, dove vengono presentate in sequenza proposte
per l’abbellimento di quartieri, periferie, edifici pubblici, sui quali i visitatori erano
chiamati a dare il proprio parere.
La sua aspirazione principale è di produrre “arte per tutti”, che richieda, per
essere compresa, semplicemente curiosità e disponibilità.
Essendo l’architettura un’arte visibile a tutti, senza la necessità di recarsi in un
museo o in una galleria per poterla apprezzare, nel 1954 decide di collaborare
alla “decorazione” del campus universitario di Caracas.
Tra i progetti messi a punto dal 1972 al 1976 figura quello della “città policroma”
con l’edificio che ospita la fondazione, tipico esempio della possibile integrazione
delle arti (è sua convinzione infatti che l’arte plastica, l’architettura, l’artigianato
debbano dialogare tra loro per produrre opere complete).
Sezione 4. Torri nucleari, fotografie Fondazione Vasarely
Quest’opera di arte totale, nella forma e nella funzione, è stata interamente ideata
e finanziata dall’artista.
Oltre all’impegno sociale, la sua arte in quegli anni continua a subire profondi
cambiamenti: dalle prime astrazioni realizzate muovendo dall’osservazione e
dallo studio del quadro di Malevič non torna più all’arte figurativa e, alla fine degli
anni Cinquanta, deposita il brevetto dell’unité plastique, con cui attua la massima
destrutturazione delle figure. Con questo “sistema”, che permette a chiunque di
riprodurre le sue opere, Vasarely introduce nella propria poetica il concetto di
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Walter Benjamin della riproducibilità dell’opera d’arte, che perde così il suo hic et
nunc, la sua “aura”. Precedentemente, invece, la fruizione di un’opera d’arte era
limitata a pochi e i manufatti artistici non erano alla portata di molti, come avviene
oggi con le riproduzioni in serie.
Vasarely insiste sul fatto che un’opera d’arte optical si basa sull’impatto ottico che
essa genera sullo spettatore e non sulla esecuzione emotiva, quindi che sia
prodotta dall’artista, da macchine o da esecutori materiali, il valore non cambia. È
inoltre convinto che tramite l’innovazione tecnologica un giorno sarebbe stato
possibile realizzare mostre semplicemente proponendo diapositive delle opere.
Non ha più senso, a suo parere, che l’opera sia un “pezzo unico”; un’opera “di
serie” (più o meno ampia), il cui disegno di partenza sia naturalmente creato
dall’artista, permette una diffusione ben maggiore di quella che si ha con le
“riproduzioni” consuete delle opere d’arte, accostandosi a quella dell’oggetto
industriale. Il suo attraversare tutti gli ambiti della sociologia, della filosofia, della
matematica e dell’arte, lo porta a essere considerato una delle personalità più in
vista e influenti degli anni ’60, ’70 e ’80. Nel 1965 è insignito, a Parigi, del
prestigioso titolo di cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere, nel 1970 è
decorato del titolo della Legion d’Onore, nel 1980 è nominato cittadino onorario di
New York e, infine, nel 1990, nonostante il progredire del morbo di Alzheimer, che
ne stava lentamente spegnendo le capacità fisiche e intellettuali, è promosso
Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito.
Si riferisce a questi anni la produzione di opere del periodo conosciuto come
“Omaggio all’esagono”, ispirato all’arte di Keplero, e “Vonal” e “Vega”.
Muore a Parigi il 14 marzo del 1997.
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6. L’evoluzione del progetto espositivo6. L’evoluzione del progetto espositivo6. L’evoluzione del progetto espositivo6. L’evoluzione del progetto espositivo
. . . . La proposta inizialeLa proposta inizialeLa proposta inizialeLa proposta iniziale
L’idea di realizzare questa mostra nasce nell’aprile 2007 su proposta
dell’architetto Cristiano Isnardi e Francesca Silvestri, organizzatrice di eventi
culturali.
Il team Silvestri, Isnardi e Triennale si era già dimostrato “vincente” nel 2006, quando si era organizzata la prima mostra della Triennale Bovisa dedicata a “Hans Hartung”. Inizialmente la mostra di Hartung era stata pensata per il “Palazzo delle Esposizioni di Roma”, ma per problemi di inagibilità della struttura la mostra avrebbe dovuto slittare al 2009. È in questo momento che entra in gioco Milano e la nuova Triennale Bovisa. Da una parte, la Triennale che stava mettendo a punto un programma di esposizioni di arte contemporanea, dall’altra, i curatori della mostra “Hans Hartung” che cercavano uno spazio adatto. Dopo un primo incontro tra i due proponenti e Davide Rampello, presidente della Triennale, fu ben presto chiaro che per la l’istituzione milanese era l’occasione di iniziare un nuovo corso, incentrato sull’arte contemporanea, e che gli ampi spazi della Bovisa erano perfetti per la mostra di Hartung. Non fu difficile raggiungere un accordo e avviare il rapporto di cooperazione. Il successo di pubblico e di critica, ottenuto dalla mostra “Hans Hartung” , ha contribuito a rafforzare il progetto di presentare in quella sede artisti del Novecento, poco conosciuti o trascurati dalla critica e dal pubblico milanese.
Quando Cristiano Isnardi propone a Francesca Silvestri l’artista Victor Vasarely
ottiene subito un riscontro positivo: l’idea di esporre le opere di Vasarely a Milano,
città considerata il centro nazionale e internazionale della grafica pubblicitaria e
del design, che per lungo tempo ha tratto ispirazione dalla sua produzione
artistica, sembra perfetta.
La proposta di organizzare la mostra viene sottoposta alla direzione della
Triennale nell’aprile del 2007 e approvata dal comitato scientifico della fondazione
l’agosto successivo.
Il titolo proposto inizialmente, “Victor Vasarely, non il cuore ma la retina”, in un
secondo momento viene semplificato in “Victor Vasarely”, ritenuto più diretto e
appetibile per il pubblico più ampio. Come sottotitolo un lungo enunciato
dell’artista:
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“non ha che una scelta giusta: annullarsi come persona in favore della sua opera e offrirla con amore all’umanità astratta”, che sintetizza il suo sogno di un’arte sociale.
Nell’agosto del 2007, una volta approvato il progetto, la preparazione della
mostra prende l’avvio.
. . . . Il programma definitivoIl programma definitivoIl programma definitivoIl programma definitivo
L’arch. Isnardi si mette in contatto con la Fondazione Vasarely di Aix-en-
Provence, con il tramite della Fondazione Hartung, con cui si era sviluppato un
rapporto di ottima collaborazione. La Fondazione Vasarely si rende
immediatamente disponibile a partecipare all’iniziativa ma fa presente che solo un
numero limitato di opere dell’artista è tuttora in sue mani in quanto molte di esse
sono state acquistate da musei e collezionisti. Inoltre, informa gli organizzatori
che la detentrice legale del maggior numero di opere è ora la nuora Michèle
(moglie del figlio André).
Tramite la famiglia Sapone, importanti collezionisti di Vasarely, si riesce a
organizzare un incontro a Chicago con Michèle Vasarely, personalità
particolarmente eccentrica, da cui è stato possibile ottenere informazioni
essenziali per la ricostruzione della vita privata e artistica dell’artista. Inoltre, è
dalla sua collezione privata che i curatori hanno attinto gran parte dei quadri
esposti all’interno della mostra.
A luglio si avviano i primi contatti con i prestatori individuati su segnalazione di
Michèle Vasarely o della Fondazione.
L’evoluzione del progetto ha tuttavia registrato un andamento “altalenante” per i
molteplici ripensamenti da parte di alcuni prestatori (Michèle Vasarely
innanzitutto), che hanno comportato variazioni non indifferenti rispetto alla
coesione del progetto espositivo originario, messo a punto dal curatore generale,
Andrea Busto e dall’arch. Cristiano Isnardi, responsabile della sezione dedicata
all’architettura e dell’allestimento.
Una volta definito l’elenco finale delle opere e perfezionati gli accordi con i
prestatori, si è quindi proceduto all’individuazione della ditta di trasporti, alla
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progettazione esecutiva dell’allestimento e della grafica, alla scelta dell’editore e
alla preparazione del catalogo.
L’intento, fin dal principio, è stato quello di documentare la produzione artistica di
Vasarely attraverso i passaggi che l’hanno condotto alla completa scomposizione
dell’immagine.
. . . . La mostra e le sue sezioniLa mostra e le sue sezioniLa mostra e le sue sezioniLa mostra e le sue sezioni
La mostra, inaugurata il 3 ottobre 2007, è rimasta aperta al pubblico fino al 27
gennaio 2008.
Ingresso mostra
L’iniziativa ha proposto una lettura inedita del percorso culturale di Vasarely e del
suo ruolo nella storia dell’arte del secolo scorso, proponendo sia opere che
documentavano il periodo di maggior successo dell’artista, ma anche i
“passaggi” meno noti, ma altrettanto importanti.
Per far conoscere l’arte di Vasarely in tutti i sui aspetti è stato ideato un percorso
espositivo articolato in nove stanze, organizzate cronologicamente:
La formazione, Omaggio a Malevič, Belle-Isle e Gordes Cristal, Torri nucleari,
Bianco e nero, Fotografismi / Cinetismo, Alfabeto plastico / Folklore planetario,
TriDim / Vega / Vonal, Programmi.
Fondamentale per la ricostruzione dei suoi processi creativi sono state le
centinaia di appunti e annotazioni che ne hanno accompagnato la produzione.
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Biografo di se stesso e programmatore tanto della sua opera che della vita
privata, Vasarely ha sempre descritto accuratamente i passaggi fondamentali
della sua arte. Si è scelto, pertanto, proprio per questo motivo, di descrivere le
sale della mostra utilizzando, per lo più, sue citazioni, con l’idea che esse
possano rappresentare efficaci chiavi di lettura e interpretazione delle opere
esposte.
Sezione 1. La formazione Sezione 1. La formazione Sezione 1. La formazione Sezione 1. La formazione
“Ho cominciato a disegnare all’età di tre anni facendo degli scarabocchi come tutti i bambini.[...] Prendevo piacere a disegnare delle cose che si assomigliavano; non le facevo identiche: ogni serie esprimeva una progressione, delle variazioni nel colore o semplicemente delle inversioni.[…] il mio destino sembrava segnato. Ancora giovane disegnavo alla perfezione. La tecnica avanzata, l’esattezza, la rassomiglianza, il trompe d’oeil – tutto figurativo naturalmente – restavano i criteri delle mie attività artistiche.”
Sezione 1. La formazione
Fin dall’inizio la sua crescita artistica è divisa tra tradizionalismo figurativo e
stilizzazione geometrica. È però in questi primi anni che mette in secondo piano
gli studi pittorici per dedicarsi alla grafica pubblicitaria, dalla quale trarrà
importanti soddisfazioni economiche.
Nel 1929 prende la decisione che cambia la sua vita professionale: si trasferisce a
Parigi. In questo periodo è il surrealismo che prende forma nella sua poetica con
la definizione geometrica dello spazio e l’introduzione di elementi figurativi spesso
kitsch.
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“…ci volle l’esplosione della seconda Guerra Mondiale affinché la mia vita – efficace ma monotona – cambiasse radicalmente. […] chiusi il laboratorio […] cercavo una nuova espressione libera, sbarazzata della mia disciplina scolastica che sentivo invecchiare.[…] nessuna espressione aneddotica dell’ambiente circostante, ma simbolismo dei sentimenti e degli schoc subiti. Così debutta il mio primo periodo Noir-Blac figurativo.[…] questo breve periodo , battezzato da me stesso qualche anno più tardi “les fausses routes” filtravano già con l’astrazione…”
Se si analizzano le opere di questo periodo in profondità ci si accorge che i
soggetti raffigurati non hanno alcuna connessione tra loro: il soggetto dell’opera è
la cromìa (Étude en jaune, 1940) o il materiale (Étude de profondeur, 1937).
È in queste ricerche che troviamo già gli elementi che andranno a comporre le
tematiche dei periodi artistici a venire.
Fille Fleur (1932/45) contiene in nuce i primi segni del periodo “Alfabeto plastico”,
le striature delle zebre ricordano i motivi del periodo “Bianco e nero” e dei
“Fotografismi”, mentre la negazione del limite del quadro, che si ritroverà negli
ultimi periodi, è già riscontrabile all’interno dell’opera Etude en relief, (1939)”.
Fille fleur (1932/45) Étude en relief (1939)) Zèbres (1944) Étude en jaune (1940
Gli anni che seguono vengono da lui stesso definiti di "ritorno all’ordine". Durante
la seconda guerra mondiale Vasarely decide di isolarsi e di studiare analizzando
le opere precedenti. Analisi che lo porta, nel 1945, a una dimensione più intimista:
i campi cromatici diventano meno squillanti dei precedenti e le dimensioni dei
quadri si riducono notevolmente.
Sempre in questa sezione, inoltre, si è voluto rappresentare il periodo artistico,
definito dallo stesso artista "Denfert", nato dall’osservazione delle piastrelle che
ricoprono i muri della metropolitana di Parigi.
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Vasarely racconta:
"Le interminabili banchine annesse alla stazione di Denfert-Rochereau sono rivestite da piastrelle bianche finemente fessurate. Aspettando il convoglio, osservavo queste piastrelle di cui ciascuna aveva un disegno-craquelure semplice ma particolare".
I pieni e i vuoti scompongono la tela e la cornice è ormai un elemento del quadro.
Si riscontrano delle sovrapposizioni di piani e di campiture di colore.
"L’incubazione del tema plastico fu lunga; fu solo verso il 1948 che traccio a memoria i miei primi disegni Denfert, per dedurne più tardi un certo numero di composizioni [...] Si trattava di fissare il più rapidamente e il più fedelmente possibile le idee e le sensazioni fuggitive che scaturivano ad ogni istante".
Sezione 2. OSezione 2. OSezione 2. OSezione 2. Omaggio a Malevimaggio a Malevimaggio a Malevimaggio a Malevičččč (1952 (1952 (1952 (1952----1958)1958)1958)1958)
“Fu nell’abbazia cistercense di Sénaque, a qualche chilometro da Gordes, un luogo meraviglioso di purezza, che venni colpito da una cosa così semplice: il taglio di una piccola finestra in uno spesso muro: questo rettangolo che sarebbe stato nero visto dall’esterno, sarebbe stato abbacinante di luce se visto dall’interno dell’edificio.”
Omaggio a Malevi č1953)
È nei primi anni Cinquanta che Vasarely inizia a studiare l’opera artistica di
Malevič.
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“[…] penso sia utile parlare di un’opera, esistente in differenti formati, che segna una tappa importante: Omaggio a Malevič. Nel 1915 Malevič dipinse una tela che ha intitolato Quadrato nero su fondo bianco e che di fatto era esattamente un quadrato nero su sfondo bianco. Andando oltre, dipinse nel 1918 il suo Quadrato bianco su sfondo bianco, dopodichè smise di dipingere. Queste opere sono per me il simbolo della grande svolta dell’arte moderna […]. Non si poteva manifestare in modo più limpido l’urgenza di fare “altro”. In un certo modo l’Omaggio a Malevič, di cui la prima versione data al 1952, è il risultato di tutti gli orientamenti che mi avevano attraversato, avendomi permesso di ritrovare il problema posto da Malevič e al quale nessuno aveva dato fino ad ora risposta. Ma allo stesso tempo l’Omaggio a Malevič è un punto di partenza. Giacchè facendo ruotare leggermente il quadrato, ottengo una losanga, che fa nascere un nuovo spazio illusorio. Da questo grado zero della pittura che costituisce il Quadrato bianco su fondo bianco, io riparto su nuove basi con una nuova pratica. In Omaggio a Malevič, al centro di una gamma di grigi si ritrovano gli estremi: un quadrato bianco, una losanga nera, che sono anche due unità fondamentali che comporranno più tardi il mio alfabeto plastico; infine attraverso lo spostamento diagonale della losanga di sinistra e del quadrato di destra, si introduce la nozione di cinetismo. Il movimento-tempo trasforma il piano in spazio”.
Omaggio a Malevič rappresenta il passo definitivo dell’artista verso l’astrazione
pura.
SezioneSezioneSezioneSezione 3. 3. 3. 3. Belle Belle Belle Belle----Isle (1947Isle (1947Isle (1947Isle (1947----1954)e Gordes 1954)e Gordes 1954)e Gordes 1954)e Gordes Cristal (1948Cristal (1948Cristal (1948Cristal (1948----196)196)196)196)
“L’occasione mi venne offerta durante un soggiorno di vacanza a Belle-Isle nel 1947 durante il quale scoprii i paesaggi marini e quella atmosfera particolare della riva del mare dovuta al vento, all’umidità dell’aria e alla presenza di questa gigantesca massa d’acqua dalle ondulazioni incessanti, sregolatezza nella regola. […] Le pietre, le conchiglie sulla spiaggia… I mulinelli, le brume al largo, il sole, il cielo. Nelle pietre, nei pezzi di vetro di bottiglie rotte, levigati dal va-e-vieni ritmato delle onde, sono certo di incontrare la geometria interna della natura. Belle-Isle è un luogo meraviglioso, la natura è bella e mutevole, dal cielo del mattino e della sera, in cui le nuvole prendono la forma delle pietre, al sole che diventa ellittico al suo tramonto. […] Renoir aveva l’abitudine di dire che bisogna lavorare sulla natura. […] Io raccoglievo talvolta delle pietre che mi colpivano per la loro forma e ne portai tutta una collezione a Parigi. Fu soltanto al mio ritorno nell’atelier che ne scoprii la verità plastica elaborando un’immagine sintetica di queste forme, queste sono segnate da una profonda similitudine, quelle che provengono dal lento lavoro dell’usura dovuta dall’acqua. […] È con l’idea di rispettare assolutamente la purezza naturale di queste forme che ebbi l’idea di farne un quadro intitolato Belle-Isle (1947) dove erano incluse le pietre e i vetri levigati […] inglobati in uno strato di gesso liquido. Il paesaggio dal naturale all’astratto si fece così con una sorta di spontaneità del tutto naturale”.
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Sezione 3. Belle-Isle / Gordes Cristal
Si percepisce nelle opere di questo periodo una sorta di armonia cosmica in cui i
mondi separati, come cielo e terra, finalmente trovano una loro fusione armonica
e quieta.
La volumetria delle nove opere esposte è definita da forme sensuali e morbide, i
piani sono intersecati da linee orizzontali tali da delimitare appena lo spazio
inscritto nella tela, ove ellissi e ovoidi - mossi da un dinamismo simile ai Mobiles
di Calder - animano le composizioni che sembrano fluttuare, oltrechè sulla tela,
anche nello spazio circostante.
I colori vanno dai neri profondi ai grigi, dai pallidi rosa ai gialli pastello.
Una nuova percezione dello spazio si insinua nelle forme ovoidali che si dilatano
in una sequenza dal grande al piccolo, determinando in chi le osserva uno
spostamento lenticolare e prospettico delle forme raffigurate. Gli ovoidi non sono
più forme ritagliate sulla tela ma masse che comunicano, sembrano rincorrersi in
un ritmo ordinato, una specie di effetto proto-filmico del tutto involontario ma
cosciente.
Vasarely spiega:
“D’ora in avanti questa forma ovoidale pura significherà in tutte le mie opere di questo periodo “il sentimento oceanico” […] le elissi ruotavano nella mia testa. Forma unica e per tanto diversa è divenuta la sintesi di tutto un mondo che genera in me una filosofia unitaria”.
Un anno più tardi Vasarely scopre un paesaggio radicalmente opposto, quello
della regione del Lubéron in Provenza. In particolar modo, si sofferma di fronte al
villaggio di Gordes, antica cittadina medievale dominata da un imponente castello
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arroccato sulla cima di una ripida rocca, dove le case si sovrappongono secondo
regole casuali e le strade seguono le pendenze delle rocce. L’artista è colpito
dalla bellezza del sito, parzialmente in rovina:
“Ciò che vivevo osservando Gordes […] non era che l’esempio applicato delle teorie Gestalt, la teoria delle forme o delle strutture. È da questo choc visivo che nacque il periodo Cristal, da questa stupefacente alternanza, da questo trompe-l’oil delle forme.[…] A Gordes potevo già fare una sintesi di tutte le mie tendenza precedenti. Nelle strutture minerali della montagna spoglia, per esempio, ritrovai le stesse fessure e rotture delle piastrelle di Denfert, trasposte in scala microscopica”.
Sezione 3. Belle-Isle / Gordes Cristal
Vasarely rifacendosi alla concezione pittorica dei pointillistes e, in particolare, a
George Seurat si pone la problematica di oltrepassare lo spazio fisico della tela,
imponendo allo spettatore una concezione globale, non più opera e cornice, ma
quest’ultima parte stessa dell’opera. In Hokkaido (1950-1955), Santorin (1950) e
Ruhr (1950) le forme collocate centralmente intersecano le proprie linee con il
bordo della cornice, diventato limite dinamico dell’opera.
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Sezione 4. Torri nucleariSezione 4. Torri nucleariSezione 4. Torri nucleariSezione 4. Torri nucleari
Secondo Vasarely l’arte plastica, l’architettura, l’artigianato avrebbero dovuto
dialogare per dar vita a un prodotto unico che comprendesse i caratteri migliori di
ciascuna disciplina.
Essendo sua convinzione che l’arte debba comunicare con/alle masse, nel 1954
si avvicina all’architettura e, insieme ad altri artisti, decora l’università di Caracas e
altri edifici in costruzione o già esistenti. La costruzione della Fondazione a Aix-
en-Provence è tuttavia il progetto che più si avvicina alle sue idee di “arte per
tutti”.
Come si è anticipato nella nota biografica, Vasarely affronta anche temi e sfide
della sua epoca, fra i quali quello dell’energia. È convinto che la Francia debba
dotarsi di centrali nucleari; secondo lui, saranno il simbolo della Francia del XX
secolo così come lo sono state le cattedrali nel periodo medievale. Per questo
Vasarely, artista engagé, offre alla Francia una serie di progetti di torri nucleari.
Sezione 4. Torri nucleari
Mentre la forma rimane quella tipica delle centrali, l’aspetto esteriore varia; quasi
tutte riproducono opere già realizzate dall’artista in passato.
SezSezSezSezione 5. Bianco e ione 5. Bianco e ione 5. Bianco e ione 5. Bianco e neroneroneronero
Le opere del periodo “Bianco e nero” rappresentano circa otto anni
dell’esperienza artistica dell’artista. È impossibile ricondurle a un unico periodo,
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essendo una sintesi delle fasi precedenti con l’aggiunta di nuovi studi e tecniche
fotografiche. Vasarely spiega che:
“Dopo le mie scappatelle nella fluidità della superdimensione, arricchito, eccomi nuovamente sul piano. Chiudendo un gran giro d’orizzonte, constatai che le due dimensioni sono lontane dall’essere esaurite. L’ottica, fu illusione, non appartiene al cinetismo? Ora il contrasto massimo è il Bianco e Nero. Quanto mi fu feconda l’esperienza della fototecnica! Negativo-positivo, diapositive, programmi, giochi allucinanti del bianco e del nero. Da qui parte la mia scoperta: la stessa composizione risolta in bianco e nero mi dà automaticamente una seconda composizione risolta in nero e bianco. Le due opere sono qualitativamente simili, allo stesso tempo identiche e diametralmente opposte. […] È l’opera moltiplicabile a piacere, ricreabile a distanza da altri. Bianco e nero, si e no, è il linguaggio binario della cibernetica, che permette la costituzione di una banca della plasticità nei cervelli elettronici. Bianco e nero è l’indistruttibilità del pensiero-arte e dunque la perennità dell’opera nella sua forma originale”. (1957)
Sezione 5. Bianco e nero
In questa sezione si possono osservare opere formate da semplici linee spezzate
che si susseguono, ingrandendo o rimpicciolendo forme sinuose e labirintiche
(Zint, 1952/53), e opere formate da bande verticali composte in architetture
geometriche primarie (Altar-Neg,1955/60 o Leyre e Zeta-Min, 1957).
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Sezione 6.Sezione 6.Sezione 6.Sezione 6. F F F Fotografismiotografismiotografismiotografismi //// C C C Cinetismo inetismo inetismo inetismo “Fu soltanto nel 1951 che feci ingrandire a scala del muro, attraverso un processo fotografico dei piccoli disegni lineari, per esporli con il titolo di Fotografismi. Questi stessi lavori, tradotti in diapositive, sono stati proiettati e serviranno da scenografie per un balletto. In queste esperienze, la mia scrittura diretta si presentava sotto un aspetto gigantesco, conservando tuttavia il suo carattere intatto…, l’intervento della macchina mi ha permesso di sorpassare la scala umana”.
La tecnica dei Fotografismi, come si ricava dalla citazione precedente, consiste
nel disegnare e ritagliare collage realizzati all’inchiostro di china su carta. Dopo
averli fotografati, l’artista stampa in dimensioni giganti ciò che ha realizzato
manualmente.
L’occhio è “ferito” sia dall’opera che dallo spazio circostante.
Sezione 6. Fotografismi / Cinetismo
Sempre nello stesso periodo elabora le Trasparenze: grandi fogli fotografici
desunti dai piccoli disegni vengono realizzati in positivo e negativo e stampati su
fogli di acetato. I fogli ottenuti vengono applicati su lastre di plexiglass distanti tra
loro 5 cm.
Le Trasparenze sono opere che hanno come obbiettivo principale la presenza di
uno spettatore. Questi, nell’osservare l’opera, sente la necessità di muoversi per
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meglio comprendere le mutazioni della composizione, introducendo in questo
modo il concetto di tempo nella percezione dell’opera d’arte.
Il continuo approfondimento dei suoi studi lo porta al periodo “Profondo cinetico”,
dove gli esperimenti cinetici mediante “trucchi percettivi” sono costituiti da uno
spostamento dello spettatore rispetto all’opera. Per Vasarely l’opera si costruisce
attraverso l’ingerenza e la collaborazione di chi la guarda. Nel 1965 scrive:
“L’omaggio a Malevič costituiva l’avvio di una soluzione a tutti i problemi plastici che avevo affrontato finora. […] Quest’opera sfociava su una nuova forma di espressione plastica, che includeva il movimento e allo stesso tempo lo spazio-tempo. In effetti, essendo lo spettatore sottoposto a delle variazioni percettive, l’opera non prende tutto il suo senso che in una certa persistenza, durante la quale gli sembra cambiare. Questo è in ogni caso il fondamento del cinetismo così come io lo concepisco, e tale è il principio che io spiegherò sempre più negli anni a venire. […] So che ho trovato qualcosa di veramente importante; la “natura” ridotta a scala umana si allarga verso i suoi due estremi: l’infinitamente piccolo, L’ATOMO, e l’infinitamente grande, le GALASSIE. […] La nozione del cinetismo, quella che gli dà il nome, è l’idea del movimento. […] Per me il cinetismo è ciò che passa nello spirito dello spettatore quando il suo occhio è obbligato a organizzare un campo percettivo […] instabile. Altrimenti detto, la realtà che si presenta a lui non è una realtà data, che sarebbe la “buona” visione dell’opera, vi sono al contrario diverse realtà che si alternano secondo dei meccanismi che afferiscono strettamente alla fisiologia”.
Sezione 6. Fotografismi / Cinetismo
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Sezione 7Sezione 7Sezione 7Sezione 7. Alfabeto plastico / Folklore planetario. Alfabeto plastico / Folklore planetario. Alfabeto plastico / Folklore planetario. Alfabeto plastico / Folklore planetario
Vasarely definisce l’unité plastique come
“due forme-colori necessariamente contrastanti, costituiscono l’unità plastica, dunque l’unità della creazione, eterna dualità di ogni cosa riconosciuta infine come inseparabile”.
Presenterà questo nuovo progetto per la prima volta nel 1963 a Parigi al Museo di
Arti Decorative.
“Il concetto dell’unità plastica nasce quindi dalla binarietà del bianco e nero, sviluppandosi su sei varianti di colore (primari e secondari) per poi adottarne un’infinita gamma che da “Alfabeto plastico” si tramuterà in “Folklore planetario”.
Il progetto si basa su una struttura quadrata di 10 centimetri di lato nella quale
vengono inserite altre forme geometriche.
Sezione 7. Alfabeto plastico / Folklore planetario
Vasarely definisce in questi termini il periodo:
”Il periodo Bianco e nero e il Cinetismo si caratterizzano per un rifiuto completo di tutto ciò che avrebbe potuto essere allusione alla natura o ispirarsi ad essa, a profitto di un’arte completamente astratta che gioca sull’ambiguità delle forme e delle dimensioni. Non restava insomma che estendere l’esperienza cinetica al colore e in seguito alla nozione di Folklore Planetario. Il principio dell’alfabeto plastico è semplice. Si compone di unità formate da due elementi che si incastrano l’uno nell’altro potendosi interscambiare e combinare ugualmente con altri. È sufficiente per esempio prendere un quadrato che gioca un ruolo di fondo e di includervi delle forme geometriche più piccole, cerchio, elisse, rettangolo,
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triangolo, losanga, in breve tutto ciò che si può immaginare, anche un altro quadrato. È questa l’idea che io raffiguro attraverso la semplice equazione 1=2 e 2=1. […] Contrariamente a ciò che si potrebbe credere, questo alfabeto permette delle variazioni infinite: è di una ricchezza inesauribile, esattamente come l’alfabeto del linguaggio. […] Per ciò che concerne i colori sono partito d’altronde dai più semplici e cioè dai sei colori base: un giallo cromo, un verde smeraldo, un oltremare, un viola cobalto, un rosso e anche un bianco e un nero. Ho composto partendo da questi colori una gamma di quindici sfumature partendo dal tono più chiaro n.1 al tono più scuro n.15 e più tardi mi spinsi fino a venti sfumature, partendo da meno 6 a 14. Mi è bastato in seguito far stampare attraverso un processo serigrafico, migliaia di fogli di ciascuna sfumatura e di farli ritagliare con l’aiuto di una fustella, nelle forme che avevo selezionato. […] Una volta che il codice fosse stato stabilito, avrei potuto fare eseguire il lavoro ad altri. Non bisognava vedere in questi collages delle opere compiute, destinate ad essere esposte o vendute. Il loro fine è diverso, io le chiamo con un’espressione esplicita :”prototipi-partenza”. Essi permettono di visualizzare tutte le combinazioni in modo rapido, avendo anche il vantaggio di permettersi dei ripensamenti, almeno in una certa qual misura. […] ll Folklore Planetario deriva direttamente dall’alfabeto plastico […] ed è il risultato logico di un’evoluzione irreversibile della civilizzazione […]”.
Queste opere ritornano bidimensionali, la composizione è strutturata in linee conseguenti verticali e orizzontali, lo spazio è definito da una griglia a scacchiera (Orion-or, 1964, Our MC, 1964).
Sezione 8Sezione 8Sezione 8Sezione 8. Tri. Tri. Tri. Tri----Dim Dim Dim Dim / Vega / Vonal / Vega / Vonal / Vega / Vonal / Vega / Vonal
Nel 1963, a Colonia, Vasarely scrive:
“Durante questi anni cruciali leggo molti libri sulla relatività, sulla meccanica ondulatoria, sulla cibernetica, sull’astrofisica. Una frase […] mi colpì molto: ‘in fin dei conti si potrebbe considerare la materia-energia come una deformazione dello spazio’. La fisica pura si rivela improvvisamente davanti ai miei occhi ammirati come la nuova sorgente poetica. Il paesaggio abituale scompare, certezza-incertezza si alternano.[…] Sono questi nuovi studi che contribuiscono allo sviluppo dello stile Vega”.
Tra questi studi è soprattutto l’astrofisica che lo colpisce. Vasarely è convinto
dell’esistenza della vita nello spazio, sente che altri mondi verranno scoperti e che
in quel momento vite nuove potranno essere messe in contatto con noi.
Le sue opere diventano come passaggi per entrare in contatto con queste altre
identità.
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Sono infatti le superfici delle opere di questo periodo che, avanzando e
indrieteggiando, ci fanno entrare in contatto con l’emozione, con il nostro
inconscio. Questo avviene mediante i trucchi percettivi che Vasarely utilizza già
da tempo ma che in questo periodo raggiungono la loro massima espressione.
Sezione 8. Tri-Dim / Vega / Vonal
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Sezione 9Sezione 9Sezione 9Sezione 9. Programmi. Programmi. Programmi. Programmi
I Programmi sono dei progetti nei quali vengono riportate le istruzioni dell’artista
per la riuscita del quadro, privando in tal modo l’opera d’arte del suo autore e
lasciando a chiunque la possibilità di realizzarla. Sono fogli di carta lucida su cui
sono disegnate le linee principali e lo scheletro del quadro. Da questi schemi si
ottengono delle forme geometriche nelle quali vengono iscritti dei numeri
corrispondenti ai colori selezionati.
Sezione 9. Programmi
“Io cerco, quanto a me, di creare per l’uomo, cioè per tutti gli uomini. […] Sono quindi venuto a creare attorno a me un’équipe di assistenti che lavorano secondo le mie direttive e che eseguono queste ri-creazioni secondo il programma dettagliato che ho messo a punto. Il loro lavoro è imparentato con un artigianato altamente qualificato che è un lavoro d’artista”.
Nel 1953 Vasarely scrive in alcuni suoi appunti “autorizzo i giovani pittori a
ricreare, in altri formati, con altre unità i miei programmi”.
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7. Le fasi organizzative7. Le fasi organizzative7. Le fasi organizzative7. Le fasi organizzative
. . . . Gli attori in campoGli attori in campoGli attori in campoGli attori in campo
Ha collaborato e contribuito alla realizzazione della mostra, con differenti
competenze e funzioni, il seguente gruppo di lavoro:
- Andrea Busto e Cristiano Isnardi (cura e coordinamento scientifico; cura del
catalogo)
- Comediarting (Roberta Marino) e il Settore Iniziative della Triennale di Milano
(coordinamento organizzativo)
- Comediarting e Francesca Silvestri (rapporti con istituzioni e sponsor)
- Studio Isnardi (progettazione dell’allestimento e della grafica, direzione lavori)
Si sono occupati della promozione a mezzo stampa l’Ufficio preposto della
Triennale di Milano e la Tai Agency Torino di Giuseppe Salimi.
Le pareti divisorie e le strutture allestitive sono state realizzate da Way spa, Rho
(MI) e il sistema d’illuminazione da iGuzzini, Recanati (Mc).
La copertura assicurativa è stata garantita da RAS, ad eccezione del prestito
proveniente dal Centre Pompidou di Parigi, che ha utilizzato – come di consueto –
la propria compagnia Willis.
Il servizio d’imballaggio e trasporto è stato effettuato da Borghi International
direttamente o tramite propri corrispondenti esteri (Atelier4 per i prestiti
provenienti dagli Stati Uniti e Hungart per quelli provenienti da Pécs, Ungheria).
. . . . Il piano di Il piano di Il piano di Il piano di spesaspesaspesaspesa
L’iniziativa è stata interamente finanziata dalla Triennale di Milano.
La ripartizione percentuale dei costi ha inciso come segue:
- costi di produzione (comprendenti: consulenze scientifiche e tecniche,
collaborazioni esterne; acquisizione dei prestiti; viaggi e ospitalità degli
accompagnatori museali; trasporti e assicurazioni; opere di allestimento): 55%
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- costi di gestione (servizi di vigilanza ordinaria, armata e antincendio; pulizie):
20%
- costi di promozione (stampa e spedizione degli inviti; stampa e affissione dei
manifesti; evento inaugurale; messaggi promozionali riprodotti sull’involucro
esterno di Triennale-Bovisa): 25%.
. . . . L’acquisizione dei prestitiL’acquisizione dei prestitiL’acquisizione dei prestitiL’acquisizione dei prestiti
L’obiettivo di organizzare un percorso il più coerente possibile con i processi
creativi di Vasarely ha comportato un’attenta valutazione, da parte dei curatori,
della scelta delle opere da esporre, valutazione che non doveva tuttavia
prescindere anche dalle provenienze, da ridurre in numero perché i costi di
trasporto non incidessero troppo sul budget a disposizione.
È stato un processo difficile, soprattutto per la scarsa collaborazione di alcuni
prestatori, incerti fino all’ultimo.
I primi contatti istituzionali con i prestatori sono avvenuti nel mese di luglio 2007
attraverso una richiesta formale di concessione di prestito, corredata di
descrizione dettagliata del progetto espositivo, a firma dei curatori, della scheda
di prestito, da compilarsi accuratamente in caso di consenso, del Facility Report
della sede di Triennale Bovisa, in via Lambruschini.
Il Facility Report, che ha lo scopo di “favorire” il prestito descrivendo al potenziale
prestatore le caratteristiche tecniche della sede ospitante e le apparecchiature in
dotazione, a garanzia della tutela delle opere, riportava dettagliatamente:
1. Informazioni generali sull’edificio - Indirizzo, telefono, fax, nominativo del responsabile di riferimento - Descrizione e caratteristiche dell’edificio - Eventi che vi si svolg ono regolarmente - Se è permesso mangiare, bere e fumare - Restauri, ristrutturazioni o ricostruzioni in corso o programmati. 2. Informazioni sugli spazi espositivi - Descrizione e caratteristiche dei locali in cui si svolgono le esposizioni temporanee
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- Descrizione del/degli accessi; zone di scarico/carico (coperta e all’aperto), montacarichi - Limiti d’ingombro delle casse (dimensioni) - Locali per il deposito e il disimballo delle opere - Personale delegato alla movimentazione, al disimballo, al posizionamento e al reimballo dei prestiti - Descrizione delle modalità di allestimento.
3.Sale espositive - Descrizione - Temperatura, tasso medio d’umidità in inverno ed estate, illuminazione - Sistemi di climatizzazione 4.Sistemi di sicurezza antifurto - Descrizione degli impianti dei sistemi di sicurezza meccanici ed elettrici in funzione all’interno dell’edificio, nelle sale espositive, nelle zone di deposito e di imballaggio/disimballaggio
- Procedure di sicurezza e sorveglianza 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 - Responsabilità (inventario, frequenza dei controlli delle opere prestate) 5.Sistemi di protezione antincendio - Impianto di rilevazione fumi - Attrezzature antincendio - Piano di evacuazione.
In questa prima, delicata, fase operativa è stata necessaria una stretta
cooperazione tra la segreteria esterna (Comediarting, con base a Roma), che
aveva il compito di mantenere i contatti telefonici ed epistolari con i potenziali
prestatori a livello informale e il Settore Iniziative della Fondazione La Triennale
che era invece delegato alla formalizzazione degli accordi di prestito, alle pratiche
assicurative e al coordinamento dei trasporti.
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Foglio di prestito
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Le opere esposte in mostra sono state concesse in prestito da istituzioni
pubbliche (francesi e ungheresi), da gallerie e collezionisti privati (italiani ed
esteri), e più precisamente da:
Musei
1. Centre George Pompidou, Musée national d’art moderne, Centre de
création industrielle, Parigi (Francia)
2. Musée d’art moderne, Saint-Étienne (Francia)
3. Vasarely Museum, Pécs (Ungheria)
Collezioni Private
4. Archives Michèle Vasarely, Chicago (Stati Uniti)
5. Collezione Charles Simonyi, Seattle (Stati Uniti)
6. Collezione Antonella e Massimo Micucci, Roma
7. Collezione Antonio Sapone, Montecarlo
8. Collezione Camuffo, Venezia
9. Collezione Cristina Cusi, Milano
10. Collezione Didier Deconinck, Parigi (Francia)
11. Collezione privata Sigg, Zurigo (Svizzera)
Gallerie
12. Galerie Lahumière, Parigi (Francia)
13. J&G ART, Milano
14. Mazzoleni Galleria d’Arte, Torino
. . . . L’assicurazioneL’assicurazioneL’assicurazioneL’assicurazione
Passo fondamentale nella formalizzazione di un prestito è la stipula della polizza
assicurativa “da chiodo a chiodo”.
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La copertura assicurativa va ovviamente disposta prima del prelievo dell’opera
d’arte. Deve decorrere dalla data del ritiro nella sede abituale fino alla riconsegna
a fine mostra e coprire il trasporto di andata e ritorno, il periodo di esposizione e
quello di giacenza in fase di allestimento e disallestimento.
Eventuali condizioni particolari di prestito inserite, riportate dalla scheda di
prestito, devono essere rigorosamente rispettate anche per non pregiudicare
l’efficacia della copertura assicurativa. Le medesime condizioni (cautele in fase di
imballaggio, accompagnamento da parte di un delegato o altro) vengono
immediatamente comunicate alla ditta incaricata dell’imballaggio e trasporto.
Nel caso specifico della mostra “Victor Vasarely”, nella maggior parte dei casi i
prestatori si sono avvalsi dell’assicurazione proposta dalla sede espositiva (la
RAS), senza imporre particolari condizioni di prestito o clausole.
Solo il Centre Pompidou ha scelto di avvalersi della propria assicurazione.
Per ottenere, da parte della compagnia assicurativa RAS, l’emissione dei
certificati individuali, è stata necessaria la compilazione di un modulo specifico in
formato Excel con i seguenti campi:
Luogo di esposizione
Periodo di esposizione
Nome e dati del prestatore
Titolo, materiale e dimensioni dell’opera
Valore assicurativo
Condizioni particolari di prestito
Indirizzo per il prelievo
Indirizzo per la riconsegna.
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. . . . Trasporto e imballaggio delle opereTrasporto e imballaggio delle opereTrasporto e imballaggio delle opereTrasporto e imballaggio delle opere
Le opere, gli oggetti d’arte necessitano di particolari imballaggi e di specifiche
attenzioni durante tutte le fasi del trasporto, dal ritiro alla consegna, al
posizionamento nell’area espositiva.
Le operazioni di imballaggio, trasporto, movimentazione e allestimento delle
opere devono essere eseguite nel rispetto dei criteri di conservazione e sicurezza
di ciascuna, selezionando accuratamente le ditte che dovranno svolgerle e
assicurando che avvengano alla presenza di personale specializzato.
Ogni manufatto artistico rappresenta, infatti, un insieme di particolarità e di
problematiche legate alle caratteristiche dei materiali costitutivi, del profilo, del
peso e delle dimensioni, e non ultimo il suo “excursus vitae” con le alterazioni,
traumi e i restauri pregressi. Tutti i manufatti devono essere protetti dagli shock
meccanici e dalle vibrazioni durante il trasporto tramite una corretta progettazione
degli imballi (rigidi, semirigidi, morbidi) e l’uso di materiali idonei ad attutire gli
eventuali colpi dovuti alla movimentazione.
Pertanto, il trasportatore incaricato del servizio è tenuto a concordare con
l’organizzatore, d’intesa col prestatore:
- modalità di costituzione dell’imballaggio (casse, gabbie, cartoni)
- natura dei materiali che dovranno costituire l’imballaggio
- criteri di scelta del materiale di riempimento
- sistemi di fermo dell’opera e dell’imballaggio durante il trasporto
- precauzioni particolari
- caratteristiche del mezzo di trasporto.
Nel caso specifico, gli imballi utilizzati sono stati di differenti tipi, a seconda del
luogo di provenienza delle opere (complessità e durata del trasferimento) e delle
condizioni imposte dal prestatore.
Nel caso di imballi morbidi e in mancanza di richieste particolari, i materiali usati
sono stati: carta oleata o carta velina a diretto contatto con le opere, bolle aria/
pluriball (polietilene a cellule pneumatiche di varie dimensioni; trasparente),
cartone ondulato (a una o più onde) come protezione esterna.
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In presenza di imballi rigidi (casse) le opere, prima di esservi introdotte venivano
protette con carta velina, tessuto-non-tessuto, bolle aria/ pluriball (nei casi in cui
l’opera avesse la cornice e/o il vetro),
Le casse utilizzate si differenziavano in:
- Casse semplici o corredate di cerniere, tiranti, maniglie, chiusure e paraspigoli,
complete di divisori e imbottiture con materiali antiurto
- Casse in legno leggero per spedizioni aeree e terrestri
- Casse in truciolare e/o compensato.
Per l’appalto del servizio d’imballaggio, trasporto, pratiche doganali, disimballo,
montaggio, smontaggio e reimballo delle opere destinate alla mostra si è
proceduto tramite una trattativa privata.
Le società specializzate alla movimentazione di opere d’arte invitate alla gara
sono state:
Borghi International S.p.a.
Geodis Züst Ambrosetti S.p.a.
Panzironi Art Transport Srl
Gondrand, Spa/divisione arte.
Perché la domanda di appalto venisse accolta, fondamentale era l’accettazione di
tutte le prescrizioni e la risposta puntuale a tutte le domande contenute nel
modulo che segue. Erano pertanto escluse dalla gara le offerte non redatte in
maniera esauriente, secondo le indicazioni del modello allegato.
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L’offerta doveva essere recapitata in busta chiusa, anche a mano, entro e non
oltre le ore 17.00 del giorno 6 settembre 2007. Era specificato chiaramente che la
Triennale non avrebbe tenuto in nessun caso considerazione di offerte pervenute
al di fuori di tale limite, anche qualora il ritardo fosse dovuto a disservizi postali.
L’offerta doveva contenere il prezzo che s’intendeva praticare espresso in cifre ed
in lettere e la firma chiara e leggibile del rappresentante legale dell’impresa
offerente.
L’aggiudicazione dell’appalto è stata effettuata applicando il criterio del prezzo più
basso, specificando che il committente si riservava la facoltà di aggiudicare la
gara globalmente o parzialmente o di non procedere all’aggiudicazione.
La trattativa comprendeva per tutte le opere destinate alla mostra:
- L’imballaggio (morbido e/o semirigido o rigido, sulla base delle esigenze specifiche, da verificarsi e concordarsi con i singoli prestatori qualora le opere non risultassero già provviste di imballi di sicurezza);
- Il prelievo - Il trasporto - L’espletamento delle pratiche doganali - Il disimballo - Il montaggio e il posizionamento - Lo smontaggio - Il reimballo - L’immagazzinaggio degli imballi rigidi.
La quotazione doveva esporre anche carico, scarico e movimentazione delle
opere e degli imballi vuoti presso gli spazi espositivi della Fondazione.
Le società Borghi International S.p.a., Geodis Züst Ambrosetti S.p.a. e Panzironi
Art Transport Srl hanno consegnato entro il giorno 6 settembre 2007 le offerte.
Dopo un’analisi dettagliata da parte di una Commissione composta da Andrea
Cancellato (direttore generale della Triennale), Marina Gerosa (Ufficio tecnico),
Roberta Sommariva (Settore iniziative), si è deciso di affidare il servizio alla Borghi
International S.p.a., che aveva formulato l’offerta complessiva più vantaggiosa.
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. . . . La messa in scenaLa messa in scenaLa messa in scenaLa messa in scena
La messa in scena (allestimento) della mostra inizia ufficialmente con l’arrivo delle
opere nella sede espositiva. Sono passaggi fondamentali il disimballo delle
opere, la stesura del Condition Report, il posizionamento e allestimento.
Arrivo e disimballo delle opereArrivo e disimballo delle opereArrivo e disimballo delle opereArrivo e disimballo delle opere
I primi camion che trasportavano le opere sono arrivate nei giorni 28-29 settembre
come d’accordo; mentre le opere provenenti dall’America hanno avuto un ritardo
per problemi d’imbarco all’aeroporto di Chicago e sono arrivate il 1° ottobre.
All’apertura di queste ultime, si sono riscontrate alcune differenze tra la shipping
list (lista che suddivide le opere presenti in ogni cassa) consegnata dal prestatore
ai trasportatori e le effettive opere all’interno delle casse.
Poiché le opere non erano state imballate nell’ordine comunicato in precedenza,
si è dovuto creare una nuova shipping list per ognuna delle nove casse. Inoltre,
due opere richieste dai curatori mancavano all’appello ed erano state sostituite da
opere poco coerenti con l’allestimento.
Successivamente si sono scrupolosamente controllate le condizioni di ogni
quadro (stato di conservazione del supporto, della cornice, del telaio, del film
pittorico) con indicazioni di eventuali micro-cadute di colore, fessurazioni, etc.,
predisponendo un accurato Condition Report di ciascuno.
Sono state inoltre scattate fotografie e creati file dove si sono registrate le
modalità di collocazione delle opere all’interno delle casse, per poter rispettare
l’ordine al momento del disallestimento.
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Non sono stati riscontrati importanti danni alle opere prestate, tranne un piccolo
scarabocchio in pennarello nero sul plexiglass di un’opera, un problema di
intelaiatura ed alcune crettature probabilmente causate dal tempo.
Il processo di disimballo deve essere effettuato con molta attenzione:
fondamentale è l’utilizzo di guanti appositi e di personale specializzato
(normalmente, manodopera messa a disposizione dai trasportatori) che esegua
tutte le operazioni, dall’apertura delle casse al posizionamento all’’interno di
vetrine espositive o al montaggio a parete. Al momento del disimballo delle opere
è necessario controllare che non abbiano subito danni durante il trasporto.
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Condition ReportCondition ReportCondition ReportCondition Report
Il Condition Report è una sorta di scheda sanitaria dell’opera.
Vi vengono riportati tutti i suoi dati (autore, titolo, anno di esecuzione, tecnica,
eventuali restauri) e gli eventuali problemi che, al momento dell’apertura
dell’imballo, si sono riscontrati, da documentarsi con riprese fotografiche
circostanziate.
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Fotografie di danni riscontrati
Posizionamento e allestimentoPosizionamento e allestimentoPosizionamento e allestimentoPosizionamento e allestimento Una volta compilato il rapporto di verifica e di attestazione delle condizioni all’atto
del ricevimento in sede espositiva, i curatori Cristiano Isnardi e Andrea Busto
hanno comunicato, al personale addetto al montaggio delle opere la sala e la
posizione di ciascuna, fissando a 150 centimetri da terra il posizionamento della
basedelle cornici.
La sostituzione inaspettata di alcune opere ha ovviamente costretto i curatori a
rivedere il percorso espositivo per rendere coerenti i nuovi inserimenti e ovviare ai
“buchi” creatisi .
L’allestimento, così come la grafica interna (didascalie, pannelli introduttivi,
scritte) sono stati progettati dallo studio Isnardi di Mondovì, già responsabile del
progetto scenografico della prima mostra di Triennale Bovisa, dedicata ad Hans
Hartung.
Fondamentale per il lavoro di Cristiano Isnardi è stato il dialogo costante con il
curatore generale, Andrea Busto, che ha dato senso all’ordinamento scientifico e
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al percorso allestitivo (“è importante, in fase di progettazione dell’allestimento,
mantenere una parte attiva all’interno del lavoro curatoriale”).
Si è scelto un allestimento con le sale in rapporto tra loro, mantenendo però una
struttura piuttosto rigida, vincolante per il visitatore che doveva essere portato a
seguire il percorso cronologico voluto dal curatore generale. La grafica, per non
distrarre e ostacolare la lettura delle opere da parte del pubblico, è stata
impostata nei modi più neutri e leggeri possibile.
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8. La promozione e pubblicità8. La promozione e pubblicità8. La promozione e pubblicità8. La promozione e pubblicità
Promozione significa sostanzialmente trasmettere un messaggio dando
informazioni sintetiche e chiare per persuadere il destinatario ad acquistare il
“prodotto” (in questo caso visitare una mostra).
Questa promozione si svolge attraverso la pubblicità e l’attività dell’Ufficio stampa.
Nel caso della pubblicità il mittente paga per comunicare il prodotto (nel caso
della mostra dedicata a Victor Vasarely si sono fatti due lanci di manifesti in
formato 140 x 200 cm, uno a ridosso dell’inaugurazione e uno il mese
successivo). L’Ufficio stampa è il tramite tra l’evento e i media e crea la
“notiziabilità” dell’evento, organizza un’informazione mirata al target che si vuole
raggiungere.
L’invitoL’invitoL’invitoL’invito L’invito alla mostra è stato spedito ai prestatori, ai collaboratori, agli sponsors e e
ai nominativi contenuti nell’indirizzario (mailing list) istituzionale una settimana
prima circa.
Per l’inaugurazione di Victor Vasarely è stato scelto un cartoncino rigido, dove,
sul fronte, è stato riprodotto il dipinto Vega-Quasar-B (1976) diventato elemento
ricorrente della grafica coordinata (copertina del catalogo, stendardi, pieghevole,
manifesto, pubblicità sulle facciate della sede espositiva e del Palazzo dell’Arte di
viale Alemagna) ed è stata riprodotta, con il titolo, una citazione dell’artista. Sul
retro si sono riportati i dati della mostra e dell’inaugurazione, gli orari di visita e i
loghi degli sponsor.
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La conferenza stampaLa conferenza stampaLa conferenza stampaLa conferenza stampa
Si è scelto di svolgere la conferenza stampa direttamente all’interno della mostra,
tra le 11 e le 12 del mattino (i giornalisti hanno maggiore disponibilità all’uscita
professionale). Tutti i presenti, accolti dall’addetto stampa, mentre si
accreditavano, ricevevano la cartella stampa contenente un comunicato generale,
testi di presentazione dei curatori, cd con immagini.
Dopo l’introduzione del presidente della Triennale, Davide Rampello, i giornalisti
hanno potuto visitare la mostra ponendo domande ai curatori e ascoltando i
ricordi personali raccontati da Michèle Vasarely.
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La cerimonia inauguraleLa cerimonia inauguraleLa cerimonia inauguraleLa cerimonia inaugurale
La cerimonia inaugurale si è svolta nella stessa giornata della conferenza stampa,
alle ore 18.00, nel piazzale antistante la sede espositiva. Aperta da un breve
discorso del presidente Rampello, che ha dato il benvenuto anche ai
rappresentanti della Fondation Vasarely e al nipote Pierre (in causa con Michéle
per ragioni ereditarie), giunto inaspettatamente alla mostra, è proseguita con il
curatore generale, Andrea Busto, che ha ringraziato lo staff coinvolto e
sintetizzato così novant’anni di attività artistica di Victor Vasarely:
“Era una specie di dottor Jekyll e mister Hyde: da una parte possedeva un grande talento nel disegno e una manualità eccezionale; dall’altra teorizzava una pittura geometrica, non soggettiva nonché la sua riproducibilità seriale, per mano di altri”. Alle 18.30 gli invitati sono stati ammessi all’interno di Triennale Bovisa per la visita
all’esposizione. L’inaugurazione si è protratta fino alle ore 24.00 circa.
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9. Il periodo di esposizione9. Il periodo di esposizione9. Il periodo di esposizione9. Il periodo di esposizione
Conclusa la fase allestitiva è stato necessario archiviare tutti i documenti raccolti e
prodotti. Sono stati revisionati e corretti definitivamente i Condition report delle
opere, allegandovi le fotografie dell’imballo, dell’opera nel suo insieme, di
eventuali danni o punti critici, della collocazione in mostra. È stata inoltre creata
una cartella specifica con le shipping list dei trasporti (quella trasmessa dal
trasportatore e quella effettiva).
Come previsto dai contratti di prestito, si è predisposto l’invio a tutti i prestatori del
numero di cataloghi concordato, corredato - come è consuetudine - da una
lettera, a firma del direttore, di ringraziamento e auspicio di altre possibili e
proficue collaborazioni.
Infine, è stato necessario risolvere alcuni problemi tecnici riscontrati ad
allestimento ultimato, in particolare quello legato alla porta di uscita dalla mostra
che, chiudendosi, provocava la vibrazione di una serie di tele collocate nelle
vicinanze. In attesa che l’Ufficio Tecnico risolvesse stabilmente l’inconveniente
con l’inserimento di un perno che rallentasse il movimento evitando il brusco
spostamento d’aria, è stata preparata una palina che invitava i visitatori in uscita
ad accompagnare la porta. Inoltre, per maggiore sicurezza di alcune opere, non
protette da vetro o plexiglass, a pochi giorni dall’apertura della mostra si è deciso
di fissare a terra dell’adesivo bianco a delimitazione di uno spazio di rispetto, non
oltrepassabile dal pubblico. A salvaguardia dell’integrità delle opere, si è
collocato un vigilante in ogni sala, mentre un responsabile della Fondazione ha
effettuato, per tutto il periodo di apertura, frequenti ricognizioni e controlli delle
condizioni ambientali (temperatura ed umidità).
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10101010. Lo smontaggio. Lo smontaggio. Lo smontaggio. Lo smontaggio
L’ultimo giorno di apertura al pubblico della mostra è stato il 27 gennaio 2008.
Il lunedì successivo gli addetti all’imballaggio e al trasporto di ritorno, insieme agli
organizzatori della mostra, si sono ritrovati in Triennale Bovisa per il
disallestimento e il reimballo della mostra.
Dopo aver effettuato un’ultima accurata verifica a tutte le opere e averle
nuovamente fotografate (per controllare che durante il periodo di esposizione non
si fossero verificati danni e documentare le condizioni di partenza dalla sede
espositiva), gli addetti all’imballaggio hanno iniziato il loro lavoro.
Si è deciso di partire dalle opere dei prestatori Italiani, per poi passare a quelle
estere. Per ogni opera è stata riprodotto l’imballo con cui era arrivata in Bovisa,
come risultava dalle fotografie fatte al disimballo, molto spesso scegliendo di
aggiungere del materiale di imballo per una maggiore sicurezza.
In questa delicata fase di smontaggio e reimballo, durante la quale controlli
incrociati (foto, dimensioni, imballi, elenchi per proprietario) hanno garantito una
corretta restituzione ai rispettivi prestatori, all’esterno di ogni imballo è stata
fissata una fotografia (inserita in una busta impermeabile) che ne facilitasse il
successivo smistamento.
Le operazioni si sono protratte per quattro giorni.
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APPENDAPPENDAPPENDAPPENDICIICIICIICI
Rassegna stampa
La rassegna stampa è la raccolta ordinata di segnalazioni, presentazioni,
recensioni e misura il valore complessivo della iniziativa o della manifestazione di
cui ci stiamo occupando. Da un lato fornisce indicazioni sulla qualità artistica, da
un altro lato è l’indice della risonanza di un evento. Per l’Ufficio stampa la
rassegna è il testimone della qualità e della quantità del proprio impegno
professionale, sono loro che devono creare le condizioni per cui la
manifestazione arrivi ai quotidiani, alle riviste etc.
Osservando la rassegna stampa della mostra “Victor Vasarely” si nota che due
articoli sono stati pubblicati prima dell’inaugurazione della mostra:
- Eppur si muove, Corriere della sera, 2 ottobre 2007
- L’inventore dell’arte con gli effetti speciali, “la Repubblica”,
2 ottobre 2007
Numerosi sono stati quelli pubblicati il 3 ottobre, in concomitanza con
l’inaugurazione:
- L’uomo delle illusioni, “Corriere della Sera”
- Visioni optical, “Vivi Milano”
- Arte, dal rosa all’ Optical, “Leggo”
- Victor Vasarely, “Metro”.
Gli articoli pubblicati successivamente sono stati:
- Le invenzioni tridimensionali di Vasarely, “Tuttomilano”, 4 ottobre 2007
- L’arcobaleno di Vasarely colora la Triennale, “Il Giornale”, 15 ottobre
- Vasarely, l’arte che colora il mondo, “Il Giornale”, 15 ottobre
- Victor Vasarely padre dell’optical art, “Libero”, 3 novembre 2007
- Arte contemporanea, “E Polis” Milano, 4 ottobre 2007
- Vasarely, il fascino democratico dell’astrazione, “il Giorno”,
4 ottobre 2007
- Vasarely, il padre dell’optical art, “Cronacaqui”, 5 ottobre 2007
62
- La retina du Vasarely alla Triennale Bovisa, “Metro”, 9 ottobre 2007
- Victor Vasarely, “Lombardia oggi”, 14 ottobre 2007.
La stampa periodica ha pubblicato articoli nel mese di novembre:
- L’optical per dire l’ordine dell’universo, “Arte”, 1 novembre 2007
- Memo, “Elle decor”, novembre 2007
- Vasarely: eppur si muove, “Il Giornale dell’Arte”
- Il pensiero in movimento, “Stile Arte”
- L’agenda delle mostre, “Stile Arte”
- Victor, David e Tony,”Vernissage”.
Tutti gli articoli comparsi sulla stampa quotidiana e periodica sono stati
decisamente positivi e hanno dato particolare risalto alle sezioni tematiche
dedicate ai progetti architettonici, ai fotografismi e ai programmi, lavori meno noti,
in alcuni casi del tutto inediti, della produzione artistica di Vasarely.
Articolo del “Corriere della Sera”, 3 ottobre 2007
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Regesto delle opere
Sezione 1. La formazione
Artiste devant sa toile,1947 Olio Coll. privata
Autoportrait, 1942 Tela emulsionata Coll. Michèle Vasarely
Cocherelle Jour, 1946 Tempera su cartone Coll. Michèle Vasarely
En Gris, 1946-56 Olio su isorel Centre Pompidou
Nevrose cardiaque, s.d. Matita, inchiostro, pastelli,carta Coll. Antonio Sapone
Prurit, s.d. Matita, inchiostro, pastelli,carta Coll. Antonio Sapone
Affections cutanée, 1936 Matita, inchiostro, pastelli,carta Coll. Antonio Sapone
Étude lineaire Les Bagnards, s.d. Inchiostro su carta Coll. privata
Étude lineaire Les Bagnards, s.d. Disegno Coll. Michèle Vasarely
Hargita, 1950-53 Olio, masonite Museo d’Arte Moderna
Cocherelle,1947
Olio su tavola
Gall. J&G ART s.r.l.
Houat, 1951 Olio su tela Gall. Lahumière
Cuisine Jaune à Cocherelle, s.d. Olio su tela Coll. Michèle Vasarely
L’Atelier, 1945 Olio su tela Coll.privata
Le Cinque, 1942 Olio Coll. Michèle Vasarely
Le Manège, 1942 Olio su tela Coll. Michèle Vasarely
Zèbres, 1950 Tempera Coll. privata
Le metro, 1946 Olio su tela Coll. privata
Poprad, 1954 Olio su tela Coll. Massimo Micucci
Ujjain-MC, 1959-65 Acrilico su tavola Gall. J&G ART s.r.l.
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Xinov, 1950 Olio su tela Coll. Didier Deconinck
Ybla, 1954 Olio su legno Coll. Didier Deconinck
Zèbres, 1944 Inchiostro su carta Coll. Michèle Vasarely
Zèbres, 1937 Encre/papier Coll. Michèle Vasarely
Zilah, 1953 Olio Coll. Didier Deconinck
Zombor, 1950 Olio su tavola Mazzoleni Galleria d’Arte
Catch, 1937 Olio,masonite Coll. Earling Neby
Sezione 2. Omaggio a Malevič (1952-1958)
Yellan II, 1949 Olio su tela Gall. Sandelson
Hommage a Malevič, 1953 Acrilico su tela Coll. privata
Santorin, 1950 Olio su tela Gall. Lahumière
Santorin, 1950 Oilo su tavola Mazzoleni Galleria d’Arte
Donan-3, 1951-58 Olio su tela Coll. Privata
Sezione 3. Belle-Isle (1947-1954)e Gordes Cristal (1948-196)
Banghor, 1951 Inchiostro su carta Coll. Michèle Vasarely
Fantômes, 1952 Collage Coll. Didier Deconinck
HA-KO-DA-TE, 1960 Olio su tela Mr. Pierre Sigg
Sauzon, 1950 Olio su legno Gall. Lahumière
Tampico, 1953 Olio su tela Gall. Lahumière
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Yapoura, 1951-56 Olio su tavola Gall. Lahumière
Belle-Isle Meaux, 1949-52 Olio su legno Gall. Lahumière
Sezione 4. Torri nucleari
Donan, s.d. Disegno, foto, carta Coll. Michèle Vasarely
Donan, s.d. Disegno, foto, carta Coll. Michèle Vasarely
Torri nucleari, s.d. modelli Coll. Michèle Vasarely
Torri nucleari, s.d. modelli Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
Torre nucleare, s.d. Tempera acrilica Coll. Michèle Vasarely
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Sezione 5. Bianco e Nero
Altai-4, 1956 Olio su tavola Coll. Cristina Cusi
Anadyr-Neg, 1957-71 Acrilici su legno Coll. Camuffo
Betel, 1957 Acrilico su tela Vasarely Museum
Biadan, 1959 Acrilico su tela Vasarely Museum
Canopus, 1959 Mista Coll. Didier Deconinck
Helios VIII, 1959 Acrilico su tela Vasarely Museum
Ibadan Gris,1957 Olio su legno Coll. Didier Deconinck
Leyre, 1964 Olio su tavola Coll. Didier Deconinck
Manifest jaune, 1955 Stampa Coll. Michèle Vasarely
Sophia 111, 1960 Acrilico Vasarely Museum
Zeta Min, 1957 Acrilico su tavola Gall. J&G ART s.r.l.
Cassiopée, 1957 Mista Coll. Didier Deconinck
Sezione 6. Fotografismi / Cinetismo
Amron, 1962-79 Acrilico su tela Coll. Sapone
Binaire, 1964 Olio su legno Coll. Didier Deconinck
Centauri-XI, 1965 Olio su tela Gall. Sandelson
CTA-104, 1965 Tempera su tavola Gall. Sandelson
Eridan-Argent, 1965 Legno dipinto Charles Simonyi Coll.
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Fotografismo, s.d. Tecnica mista Coll. Sapone
Fotografismo, s.d. Tecnica mista Coll. Sapone
Fotografismo, s.d. Tecnica mista Coll. Sapone
Fotografismo, s.d. Tecnica mista Coll. Sapone
Fotografismo, s.d. Tecnica mista Coll. Sapone
Fotografismo, s.d. Tecnica mista Coll. Sapone
Tlinko, 1956 Collage Coll. Monahan
Trasparenze, 1960 Plexiglas Coll. Neby
Tuz, 1966-70 Acrilico su tela Vasarely Museum
Sezione 7. Alfabeto plastico / Folklore planetario
Alphabet L.R., 1960 Acrilico su tela Coll. privata
Alphabet V.B., 1960 Acrilico su tela Coll.privata
Arpad, 1967 Legno Charles Simonyi Coll.
Bika NB, 1975 Olio su tela Gall. sandelson
Dia-Argent, 1969 Lana Vasarely Museum
Kanta Majus A, 1971 Plastica Charles Simonyi Coll.
Kettes, 1984 Acrilico su tela Gall. sandelson
Kiral, 1967 Legno Charles Simonyi Coll.
Majus-MC, 1964 Lana Vasarely Museum
Orion Blanc, 1966-67 Lana Vasarely Museum
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Photon-MC, 1966 Acrilici su tela Coll. Camuffo
Procion, 1959,65 Olio su tela Gall. Sandelson
Tridim-HH, 1968 Acrilico su legno Coll. Camuffo
Vega, 1957 Acrilico su tela Charles Simonyi Coll.
Orion or, 1964 Acrilico su tela Charles Simonyi Coll.
Sezione 8. Tri-Dim / Vega / Vonal
Aurap, 1987 Acrilico su tela Coll. Antonio Sapone
Axo-NY-2, 1972-73 Acrilico su legno Coll. Camuffo
Cheyt pyr, 1970-71 Acrilico su tela Vasarely Museum
Compo, 1070-89 Acrilico su tela Coll. Antonio Sapone
Kat Tuz, 1972-75 Acrilico su tela Gall. Sandelson
Or-var, 1970-73 Acrilico su legno Coll. Camuffo
Tridim-0, 1968 Acrilico su tela Vasarely Museum
Vega-Pal-Zin, 1973 Acrilico su tela Mazzoleni Galleria d’Arte
Vega-Quasar-B, 1976 Acrilico su tela Mazzoleni Galleria d’Arte
Vega Szin,1978 Acrilico su tela Coll. Antonio Sapone
Vonal-Feny, 1975 Acrilico su tela Mazzoleni Galleria d’Arte
Vonal-Lila, 1968 Acrilico su tela Charles Simonyi Coll.
Vonal SZS, 1968 Olio su tela Gall. Sandelson
Zig Zag, 1986 Acrilico su tela Gall. Sandelson
Zsinor, 1974 Acrilico su tela Coll. Antonio Sapone
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Sezione 8. Programmi
Gammes, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Gammes, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Alphabet V.B., 1960 Acrilico Coll.privata
Alphabet V.R., 1960 Acrilico Coll. privata
5 programmi, s.d. Tecnica mista Coll. Michèle Vasarely
Folklore, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Programma, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
9 programmi, s.d. Tecnica mista Coll. Michèle Vasarely
Hellka, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Terz, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Programma, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Programma, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Programma, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Programma, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
Bator, s.d. Tempera su carta Coll. Michèle Vasarely
2 dischi, s.d. Coll. Michèle Vasarely
Arch. Poprad, 1952 Matita, carta Coll. privata
2 Bouteilles Taitinger, s.d. Vetro Coll. Michèle Vasarely
Foulard, s.d. stoffa Coll. Michèle Vasarely
Jeux de partecipation, s.d. gioco Coll. Michèle Vasarely
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Pagina appunti teorici, s.d.
Disegno su carta
Coll. privata
Ruhr, 1950
Disegno su carta
Coll. privata
Ruhr, 1950
Disegno su carta
Coll. privata
Siris, 1952-58
Disegno su carta
Coll. privata
Swatch, s.d.
Collage
Coll. Privata
Textes encadrés, s.d.
Pagine di appunti teorici
Coll. Michèle Vasarely
Textes encadrés, s.d.
Pagine di appunti teorici
Coll. Michèle Vasarely
Textes encadrés, s.d.
Pagine di appunti teorici
Coll. Michèle Vasarely
Tekers-MC, 1976
Acrilico su tela
Coll. Michèle Vasarely
VVVVV, 1974
Collage
Coll. Michèle Vasarely
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Riferimenti bibliografici
• Politecnico di Milano, Fondazione La Triennale di Milano, Progetto Bovisa,
Polipress, 2006
• Andrea Busto, Cristiano Isnardi (a cura di), Victor Vasarely, catalogo della
mostra, Carlo Cambi Editore, 2007
• Dispensa del corso “ Laboratorio di comunicazione dei progetti artistici e
culturali” (I modulo), 2005-2006
• Roberto Canziani (a cura di), Comunicare spettacolo. Teatro, musica,
danza, cinema. Tecniche e strategie per l’ufficio stampa, FrancoAngeli,
2005
• Documentazione di lavoro fornita dal Settore Iniziative della Fondazione La
Triennale di Milano.
Riferimenti fotografici
• Le fotografie riprodotte alle pagine 4 e 6 sono di Donata Pizzi, quelle che
compaiono alle pagine 21, 25, 26, 30, 32, 34, 35, 36, 38 sono di Fabrizio
Marchesi.
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Ringraziamenti
Vorrei ringraziare di cuore
.... la Triennale di Milano con i suoi dipendenti e collaboratori, senza i quali non
sarebbe stata possibile la realizzazione di quest’elaborato; in modo particolare
Roberta Sommariva che con pazienza e dedizione ne ha seguito i processi di
stesura
.... il prof. Antonello Negri per il quale nutro una profonda ammirazione
.... mia madre che con pazienza mi è sempre stata vicina, sopportando i frequenti
malumori e il mio carattere spesso difficile
.... e in ultimo, ma non per importanza, mio padre e mio fratello, gli uomini della mia
vita.
Un sincero ringraziamento anche a Francesca Silvestri, Andrea Busto e Cristiano
Isnardi per i suggerimenti e le informazioni che mi hanno dato.