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Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM: formare gli insegnanti al raccordo tra fisica classica e moderna Federico Corni, Giampiero Ottaviani Dipartimento di Fisica, Università di Modena e Reggio Emilia Alessandra Mossenta Unità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine 1. La tecnica RBS: apparato sperimentale, basi fisiche e grandezze significative per l’interpretazione degli spettri La Rutherford Backscattering Spectrometry, RBS, (Chu et al. 1978) è una tecnica di analisi degli strati superficiali (per un’estensione pari a qualche centinaio di nanometri) dei materiali, utilizzata ad esempio per indagini sui materiali per l’elettronica o sui beni artistici (Feldman et al. 1986). Il fenomeno di diffusione (scattering) alla base di questa tecnica, benché non più oggetto di ricerca di base, occupa comunque un posto di rilievo nella storia della fisica, in quanto ha permesso di otte- nere i dati che hanno portato E. Rutherford a sviluppare il modello atomico che porta il suo nome (Rutherford 1911). L’apparato sperimentale per le misure RBS consiste in un acceleratore di particelle che produce un fascio ionico focalizzato e monoenergetico, seguito da una camera di scattering ove trovano posto il campione da analizzare e il rivelatore; quest’ultimo è collegato ad una catena elettronica, che ela- bora il segnale per fornire infine le misure, sotto forma di istogrammi di distribuzione energetica delle particelle retrodiffuse a un certo angolo. Questo angolo, detto angolo di scattering, quello tra fascio e normale al campione, il numero di particelle incidenti e l’ampiezza dell’angolo solido coperto dal rilevatore sono variabili e costituiscono parametri di misura. Nell’analisi delle misure ottenute con la tecnica dell’RBS si prende in esame la distribuzione ener- getica di particelle leggere (tipicamente, particelle alfa), che, dopo essere state inviate sul campione con energia inferiore a quella necessaria per superare la barriera Coulombiana nucleare ma sufficiente a oltrepassare la nuvola elettronica (le energie tipiche sono dell’ordine del MeV), vengono rivelate in direzioni di grande angolo di diffusione. L’urto nucleare può essere modellizzato come urto ela- stico tra due masse puntiformi: ne risulta che l’energia delle particelle deflesse dipende, attraverso il coefficiente di restituzione K (detto Fattore cinematico), dalla specie atomica urtata: ciò consente quindi di individuare quest’ultima una volta che sia misurata l’energia dello ione incidente dopo la deflessione. Il numero di ioni deflessi (a parte la ovvia dipendenza dal numero di particelle inviate e dall’ampiezza dell’angolo solido di rivelazione, parametri rispetto a cui è sempre possibile una nor- malizzazione dei risultati di misura) dipende dalla densità atomica del bersaglio e dalla sezione d’urto del processo, . Quest’ultima grandezza racchiude in sé l’informazione sul tipo di interazione che produce la deflessione della particella e ha significato per i processi d’urto d’ogni tipo, adattata la sua espressione alla situazione specifica presa in esame. L’analisi cinematica dell’interazione permette di collegare il parametro d’urto e l’angolo di deflessione, con una relazione del tipo b=b(); dall’equa- zione che lega il numero di particelle con un certo parametro d’urto a quelle diffuse in una certa dire- zione si perviene poi alla relazione che lega b e attraverso la sezione d’urto; la combinazione delle due equazioni ottenute fornisce l’espressione teorica per la sezione d’urto in funzione dell’angolo di deflessione. Nel caso dell’RBS, assunta un’interazione Coulombiana, si ottiene l’espressione della sezione d’urto di Rutherford, che ha permesso di validare il modello atomico planetario rispetto a quello di Thomson. La proporzionalità tra il numero di ioni diffusi (e quindi rivelati, cioè la resa di scattering) e la sezione d’urto, che nel caso di scattering Rutherford, ovvero di interazione Coulom- Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM

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Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM: formare gli insegnanti al raccordo tra fisica classica e moderna

Federico Corni, Giampiero OttavianiDipartimento di Fisica, Università di Modena e Reggio Emilia

Alessandra MossentaUnità di Ricerca in Didattica della Fisica, Università di Udine

1. La tecnica RBS: apparato sperimentale, basi fisiche e grandezze significative per l’interpretazione degli spettriLa Rutherford Backscattering Spectrometry, RBS, (Chu et al. 1978) è una tecnica di analisi degli strati superficiali (per un’estensione pari a qualche centinaio di nanometri) dei materiali, utilizzata ad esempio per indagini sui materiali per l’elettronica o sui beni artistici (Feldman et al. 1986). Il fenomeno di diffusione (scattering) alla base di questa tecnica, benché non più oggetto di ricerca di base, occupa comunque un posto di rilievo nella storia della fisica, in quanto ha permesso di otte-nere i dati che hanno portato E. Rutherford a sviluppare il modello atomico che porta il suo nome (Rutherford 1911).L’apparato sperimentale per le misure RBS consiste in un acceleratore di particelle che produce un fascio ionico focalizzato e monoenergetico, seguito da una camera di scattering ove trovano posto il campione da analizzare e il rivelatore; quest’ultimo è collegato ad una catena elettronica, che ela-bora il segnale per fornire infine le misure, sotto forma di istogrammi di distribuzione energetica delle particelle retrodiffuse a un certo angolo. Questo angolo, detto angolo di scattering, quello tra fascio e normale al campione, il numero di particelle incidenti e l’ampiezza dell’angolo solido coperto dal rilevatore sono variabili e costituiscono parametri di misura.Nell’analisi delle misure ottenute con la tecnica dell’RBS si prende in esame la distribuzione ener-getica di particelle leggere (tipicamente, particelle alfa), che, dopo essere state inviate sul campione con energia inferiore a quella necessaria per superare la barriera Coulombiana nucleare ma sufficiente a oltrepassare la nuvola elettronica (le energie tipiche sono dell’ordine del MeV), vengono rivelate in direzioni di grande angolo di diffusione. L’urto nucleare può essere modellizzato come urto ela-stico tra due masse puntiformi: ne risulta che l’energia delle particelle deflesse dipende, attraverso il coefficiente di restituzione K (detto Fattore cinematico), dalla specie atomica urtata: ciò consente quindi di individuare quest’ultima una volta che sia misurata l’energia dello ione incidente dopo la deflessione. Il numero di ioni deflessi (a parte la ovvia dipendenza dal numero di particelle inviate e dall’ampiezza dell’angolo solido di rivelazione, parametri rispetto a cui è sempre possibile una nor-malizzazione dei risultati di misura) dipende dalla densità atomica del bersaglio e dalla sezione d’urto del processo, . Quest’ultima grandezza racchiude in sé l’informazione sul tipo di interazione che produce la deflessione della particella e ha significato per i processi d’urto d’ogni tipo, adattata la sua espressione alla situazione specifica presa in esame. L’analisi cinematica dell’interazione permette di collegare il parametro d’urto e l’angolo di deflessione, con una relazione del tipo b=b(!); dall’equa-zione che lega il numero di particelle con un certo parametro d’urto a quelle diffuse in una certa dire-zione si perviene poi alla relazione che lega b e ! attraverso la sezione d’urto; la combinazione delle due equazioni ottenute fornisce l’espressione teorica per la sezione d’urto in funzione dell’angolo di deflessione. Nel caso dell’RBS, assunta un’interazione Coulombiana, si ottiene l’espressione della sezione d’urto di Rutherford, che ha permesso di validare il modello atomico planetario rispetto a quello di Thomson. La proporzionalità tra il numero di ioni diffusi (e quindi rivelati, cioè la resa di scattering) e la sezione d’urto, che nel caso di scattering Rutherford, ovvero di interazione Coulom-

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biana, dipende dal quadrato del numero atomico del bersaglio, permette di avere informazioni sulla specie atomica del bersaglio anche attraverso la resa oltre che dal fattore cinematico. Le due informa-zioni sono complementari in quanto, data la dipendenza della sezione d’urto dall’inverso dell’ener-gia del proiettile (al quadrato) e dato che nella penetrazione dei proiettili nella materia essi perdono energia con processi d’urto anelastici con gli elettroni del materiale, l’energia a cui viene rivelato un proiettile che ha subito un urto in profondità nel campione è inferiore a quella che avrebbe avuto per un urto superficiale, e dunque la posizione nello spettro (l’istogramma con la distribuzione energe-tica delle particelle diffuse) non coincide con quella dello stesso elemento se urtato in superficie. In questo senso la resa fornisce l’informazione necessaria per discriminare tra un elemento superficiale con una certa massa e un altro di massa supe-riore ma posto in profondità. La dipendenza della resa dalla densità degli atomi bersaglio permette poi di riconoscere i rapporti di composizione nel caso di composti, rapportando l’altezza dei pic-chi relativi a ciascun elemento con quella relativa al corrispondente elemento puro. La dipendenza dell’energia degli ioni deflessi dalla profondità a cui è avvenuta la collisione con i bersagli fa sì che lo spettro delle particelle diffuse da un cam-pione di un certo spessore non presenti dei pic-chi sottili (corrispondenti a urti superficiali pro-iettile-campione, di larghezza dipendente sostan-zialmente dalla risoluzione della catena elettro-nica e del rivelatore) ma piuttosto delle bande. Ciò non consente di stimare direttamente lo spes-sore dello strato, ma il prodotto della densità ato-mica per lo spessore (in sostanza, uno spessore legato al numero di atomi incontrati lungo il tra-gitto dentro al campione e non al tragitto stesso). Si tratta allora di studiare come cambia l’energia nel caso di urto in profondità, per cui è necessa-rio conoscere la funzione di perdita d’energia dE/dx, a sua volta dipendente dalla specie atomica e dall’energia stessa. La natura stocastica del pro-cesso non permette di trattare analiticamente il problema, ed è necessario ricorrere a determina-zioni statistiche dei coefficienti che determinano il fattore di perdita di energia, che racchiude l’in-formazione sulla geometria di rivelazione e quella sulla perdita d’energia specifica (per atomo del campione, cioè), detta stopping cross section, sezione di frenamento; la larghezza della banda ener-getica relativa ad un certo materiale viene così ad essere proporzionale al prodotto della densità ato-mica per lo spessore secondo tale fattore e la sua misura consente la determinazione di spessori o l’individuazione delle profondità di interesse nel campione. In figura 1 è riportata una sintesi degli elementi principali da considerare: il sistema fisico reale (campione e apparato di misura) il modello fisico dell’urto e il risultato di misura da interpretare.

Figura 1 - Apparato sperimentale (in alto), modello fisico (sotto) e esempio di spettro RBS da campioni di vario spessore di film di platino su Si (in basso) (Chu et al. 1978)

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2. Aspetti di interesse della RBS dal punto di vista didatticoLa trattazione di un argomento come l’RBS è piuttosto inusuale rispetto ai curricola attualmente pro-posti nelle scuole; presenta tuttavia numerosi aspetti di interesse che possono candidarlo a trovare una collocazione tra gli argomenti oggetto di insegnamento. Per il suo ruolo all’interno della storia della disciplina può offrire spunti per affrontare le questioni legate allo sviluppo del modello ato-mico della materia, anche dal punto di vista epistemologico. L’articolo con cui Rutherford ipotizza l’esistenza del nucleo per dare conto dei dati sperimentali ottenuti da Geiger e Marsden può fornire un buon contributo a proposte che privilegiano gli aspetti storico-epistemologici. Tuttavia, altre pro-spettive interessanti si aprono quando si considerano come strumenti didattici i risultati stessi che si ottengono attraverso l’RBS. L’analisi degli spettri è infatti possibile una volta che sia noto il ruolo delle tre grandezze fattore cinematico, sezione d’urto, sezione di stopping (frenamento); il signifi-cato fisico di queste grandezze è invece legato alla trattazione degli urti attraverso i modelli di urto elastico tra masse puntiformi, di diffusione Coulombiana, di frenamento anelastico. I concetti fisici che una trattazione dell’argomento in classe consente di affrontare sono di ambito vasto e significa-tivi rispetto ai contenuti disciplinari, e allo stesso tempo possono essere proposti senza un apparato matematico troppo invadente (a questo proposito, la parte matematicamente più impegnativa, quella relativa alla sezione d’urto, può essere ridotta di molto adottando un approccio probabilistico – spe-rimentale al concetto, che al contempo aumenta anche il numero di concetti didatticamente rilevanti che si possono introdurre). Inoltre, la consapevolezza che l’apparato teorico alla base della tecnica è del tutto classico aiuta a fornire un quadro d’insieme del dominio della fisica, in cui accanto a feno-meni che devono essere trattati con gli strumenti della meccanica quantistica o con quelli della rela-tività ve ne sono altri, anche nel mondo microscopico, che continuano ad essere descritti in modo del tutto adeguato dalla fisica classica e che offrono ancora oggi possibilità di sviluppo della conoscenza (la perdita di energia nei materiali è settore di ricerca attuale, anche con tecniche computazionali, come i metodi Monte Carlo). Da non trascurare, in prospettiva didattica, sono gli aspetti motivazio-nali offerti dal tipo di utilizzo della tecnica, ad esempio nell’analisi di materiali dedicati alle appli-cazioni tecnologiche più moderne (siliciuri, ad esempio, per l’elettronica) e la natura paradigmatica dell’RBS in chiave epistemologica: sia come esempio di una delle possibili tecniche di indagine col-lisionali, che sostanzialmente adottano schemi di protocollo simili opportunamente adattati al con-testo operativo specifico, sia come contesto per attribuire significato a grandezze, quali la sezione d’urto, che lo mantengono al variare dei fenomeni considerati (urti di particelle subnucleari, tratta-zione quantistica dell’interazione). L’attualità della tecnica e il suo valore paradigmatico gli confe-riscono anche una valenza orientante: operare con le procedure proprie del ricercatore in laborato-rio fornisce agli studenti un esempio di come opera un fisico. Alcune proposte per l’introduzione dell’RBS nella scuola superiore sono state elaborate già da tempo, e hanno costituito una base di par-tenza per la progettazione di un corso per insegnanti di scuola secondaria superiore mirante a fornire strumenti per introdurre nelle classi la fisica moderna. (Corni et al. 1996a)È noto che un aspetto determinate per l’inserimento di un argomento nella programmazione del lavoro in classe è il livello di padronanza del docente riguardo ad esso: argomenti non padroneggiati ade-guatamente vengono esclusi dalla programmazione. La formazione dei docenti diventa dunque un passo obbligato per dare opportunità di formazione successiva anche agli studenti. La formazione docente deve prevedere aspetti disciplinari, data la collocazione tra gli aspetti applicativi piuttosto che tra quelli fondanti della disciplina che viene attribuita all’RBS e dunque la sua assenza da molti curricola universitari, anche di fisica; ma non meno deve soffermarsi sugli aspetti didattici, per for-mare i docenti a una professionalità che li metta in grado di elaborare proposte didatticamente effi-caci, integrando gli aspetti disciplinari e quelli didattici nel contesto della conoscenza pedagogica del contenuto (Pedagogical Content Knowledge, PCK) (Shulman 1986). La conoscenza stessa deve essere ricostruita mirando allo scopo didattico, evitando di proporre la strutturazione disciplinare canonica senza una revisione critica che la adatti allo stato cognitivo dello studente che l’apprenderà, secondo il Model of Educational Reconstruction, MER (Duit et al. 2005).

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3. Struttura del corso sull’RBSUn corso sulla RBS è stato inserito nella programmazione del Master IDIFO, (Corni, Michelini 2006; Corni 2008) strumento di formazione degli insegnanti, strutturato secondo una programmazione a distanza e in presenza. Il corso sulla RBS, denominato “Tecniche di analisi di fisica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM”, è stato svolto prevalentemente a distanza (dal 23/5/07 all’8/7/07), con una fase in presenza, successiva al lavoro in rete, che ha previsto come conclusione un’analisi a gruppi di spettri RBS, denominata “Dentro la ricerca con un Problem Solving”. Il corso in rete si è strutturato per moduli successivi, 3, dedicati a produrre un quadro esauriente delle moda-lità di realizzazione della tecnica, delle sue basi fisiche, delle modalità interpretative che mobilita, il tutto in funzione didattica. Ogni docente in formazione ha avuto la possibilità di scaricare dal sito dedicato al corso gli strumenti per la propria formazione. Gli strumenti utilizzati sono consistiti in alcuni articoli riguardanti trattazioni teoriche dell’argomento con una sottostante prospettiva didat-tica, miranti a fornire spunti di progettazione, (Corni 1996; Corni et al. 1996b) e numerose simula-zioni di spettri significativi, interpretati e da interpretare, ricavati da software specifici che realizzano l’interpretazione delle misure adattando a queste gli spettri simulati in base al modello teorico. Le discussioni riguardo a questi strumenti, sia tra i docenti in formazione che con il docente del corso, sono state portate avanti utilizzando forum, aperti via via lungo la successione degli argomenti (e dei moduli) proposta. Essi hanno quindi riguardato: conoscenza delle basi, procedurali e fisiche, della tecnica; approfondimento sul concetto di sezione d’urto; interpretazione degli spettri. Quest’ultimo forum affiancava il lavoro di interpretazione degli studenti, che sulla base della formazione avuta dovevano produrre autonomamente interpretazioni di spettri RBS. Al termine, agli studenti è stato assegnato il compito di elaborare una proposta didattica e redigere una riflessione personale su ruolo ed utilità delle attività del corso.Il primo modulo, “Introduzione alla tecnica RBS” (un’introduzione ai concetti fisici alla base della teoria dell’RBS), ha previsto due discussioni successive in forum, a seguire il primo articolo proposto in lettura (Corni 1996): una preliminare “Discussione disciplinare” ed una successiva “Discussione didattica”, avviata una decina di giorni dopo la precedente. I fili di discussione (inseriti nel forum dal docente) sono stati nel primo caso i corrispondenti delle sezioni presenti nell’articolo, relative agli aspetti determinanti ai fini dell’interpretazione degli spettri: 1) La tecnica in generale; 2) Fat-tore cinematico; 3) Prime discussioni su sezione d’urto (approfondimento in sezione 2); 4) Sezione di stopping; 5) Straggling; nel secondo caso, nella Discussione didattica, era assente il terzo filo. La consegna è stata quella di studiare i contenuti dell’articolo riportato e discutere nei forum i nodi con-cettuali dal punto di vista disciplinare e didattico. Al termine di questo modulo si prevedeva dunque che fosse acquisito l’inquadramento complessivo delle caratteristiche e delle potenzialità dal punto di vista didattico dell’RBS.Il secondo modulo (avviato una ventina di giorni dopo il primo) è stato dedicato al concetto di sezione d’urto, l’aspetto ritenuto maggiormente significativo e suscettibile di approfondimenti per la molte-plicità di aspetti ad esso connessi, e ha ricalcato la struttura del modulo precedente; diversamente da quanto avvenuto in precedenza, nei forum non sono stati inseriti fili di discussione predeterminati dal docente, ma la discussione è stata strutturata dagli studenti stessi, che hanno individuato aspetti di interesse e criticità nell’articolo proposto in lettura (Corni et al. 1996b).Nel terzo modulo sono stati proposti agli studenti due gruppi di spettri da analizzare in base a quanto appreso in precedenza. È stato comunque allestito un forum anche in questo caso, per discussioni relative ai compiti. La prima delle schede da interpretare riportava inizialmente tre grafici, da com-mentare: 1) Grafico del fattore cinematico in funzione dell’angolo di scattering e del rapporto di massa fra l’atomo bersaglio e il proiettile; 2) Grafico della sezione d’urto di scattering di Rutherford in funzione dell’angolo di scattering e del rapporto di massa fra l’atomo bersaglio e il proiettile; 3) Grafico della sezione di stopping per ioni He di energia 2 MeV per tutti gli elementi. Questo ha con-sentito agli studenti di visualizzare l’andamento delle grandezze fondamentali (discusse in prece-denza) per l’interpretazione seguente. La seconda scheda richiedeva l’interpretazione di 7 spettri, di film sottili su un substrato: spettri simulati di film di 50 nm di Au, Ag, Cu e Ti, non necessariamente

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di elementi puri. In uno stesso campione potevano essere presenti più film sovrapposti. In figura 2 è riportato un esempio di tali spettri.

1 Osservazioni

Figura 2 - Esempio di spettro da interpretare: la casella centrale costituisce lo spazio per l’interpretazione, quella a sinistra per le osservazioni che la giustificano

Nel corso della discussione in forum il docente del corso ha svolto un ruolo principalmente propo-sitivo e normativo (i docenti inizialmente non distinguevano la discussione disciplinare da quella didattica) e di completamento della discussione nei casi di richiesta di approfondimento specifico (ad esempio indicando contesti di applicazione della tecnica). La modalità della discussione in forum ha fatto sì che molti punti rilevanti siano stati messi in evidenza e discussi spontaneamente dagli inse-gnanti, che lungo il procedere del corso hanno acquisito crescente consapevolezza del senso di una proposta didattica basato sull’RBS e sui modi di proporla. In questo modo alcuni interventi hanno affrontato più tematiche, senza una suddivisione rigorosa. Il numero di studenti che hanno parteci-pato ai forum varia, ma in totale è di 13 studenti; le prove sugli spettri sono state redatte da 16 stu-denti, singolarmente o in gruppo. Il numero degli studenti cha hanno discusso in forum è limitato, e certamente rappresenta un gruppo di professionisti interessati a migliorare la propria preparazione, sia disciplinare che professionale. Si tratta quindi di un gruppo aperto e motivato rispetto all’inno-vazione didattica. Rimane comunque il fatto che gli argomenti toccati dall’RBS, pur basati sulla fisica classica, si sono mostrati abbastanza sconosciuti per loro; alcuni degli insegnanti ne conosce-vano una trattazione di livello universitario, riconosciuta come improponibile in classe. Attraverso le discussioni in forum sono riusciti a fare un’analisi delle potenzialità didattiche dell’argomento, mettendo in luce in particolare gli aspetti motivazionali dell’introduzione di argomenti legati alla tecnologia e quelli relativi all’orientamento per far comprendere in cosa può consistere “il mestiere del fisico”. L’analisi dettagliata degli interventi in forum da parte dei docenti si trova in (Corni et al. 2010). Di seguito si prende in esame la risposta dei docenti frequentanti il Master in relazione al compito di interpretare degli spettri RBS. Si considererà la prima delle due prove di interpreta-zione assegnate.

4. La prima prova sugli spettriLa prima prova, riportata in appendice, proponeva 6 spettri schematici di film uniformi di elementi puri su un substrato (indicazione esplicita). Gli elementi erano indicati con A e B, il substrato con S. Sull’asse delle ascisse erano riportati i valori di KE0 (energia delle particelle alfa dopo la diffusione da parte del bersaglio in superficie) per A, B, S, in modo da favorire il confronto tra i diversi spettri. Un marcatore verticale permetteva di collegare gli spettri 1-3 e 4-5. A titolo di esempio accanto al primo spettro era riportata la sua interpretazione e le osservazioni che la giustificavano; il secondo spettro riportava solo l’interpretazione. Gli studenti avevano il compito di completare la scheda con le interpretazioni e le osservazioni restanti.

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I primi due spettri consistevano ciascuno in un film di un elemento (A o B) su un substrato (S). Il terzo spettro era relativo a due film di elementi A e B (gli stessi degli spettri precedenti) su substrato. L’elemento di massa maggiore era quello in superficie (così da mantenere nello spettro la succes-sione del campione) e gli spessori erano tali da mantenere separati in energia i contributi relativi ai due elementi. Gli ultimi tre spettri proponevano sempre gli elementi A e B, ma con masse invertite rispetto ai precedenti. In tutti e tre i casi l’elemento in superficie era quello di massa minore, così da presentare nello spettro una successione inversa rispetto a quella del campione. Nello spettro numero 4 i contributi dei due elementi rimanevano distinti, nei due seguenti si sovrapponevano producendo un picco in corrispondenza del bordo ad alta energia dell’elemento superficiale e del bordo a bassa energia dell’elemento sottostante. Tale configurazione, rispetto allo spettro 4, corrispondeva ad un aumento di spessore del film intermedio nel caso dello spettro 5, ad un aumento di spessore del film superficiale nel caso 6.Si analizzano le risposte in relazione alla individuazione da parte degli studenti degli elementi rile-vanti che emergono dagli spettri, ai problemi interpretativi emersi e alle integrazioni rispetto a quanto suggerito.Questo dovrebbe permettere di valutare la misura in cui gli studenti del corso si sono impa-droniti dei suoi contenuti, e dunque le possibilità che li trasferiscano nelle proprie classi di insegna-mento. Le domande di ricerca cui rispondere sono: 1) Gli studenti sono in grado di individuare le caratteristiche principali dei campioni a partire dagli spettri, ovvero, sono in grado di interpretare una forma grafica del tipo proposto? 2) Quali sono gli aspetti di difficoltà incontrati dagli studenti, ovvero, quali i nodi di apprendimento emersi nel corso di tali interpretazioni? 3) Quale contributo autonomo sono in grado di produrre gli studenti, ovvero, quali aspetti della conoscenza vengono mobilitati in un corso come quello effettuato?Prima di esaminare le risposte relative all’interpretazione dei singoli spettri proposti bisogna annotare come 4/16 studenti facciano precedere l’analisi degli spettri da una breve descrizione delle caratteristi-che del modello (interazione ione-materia) alla base della tecnica e dell’interpretazione degli spettri.Relativamente agli spettri da analizzare l’analisi delle risposte conduce ai seguenti dati:

Spettro 1: Veniva proposto come esempio, per cui si indicava la struttura di un film di elemento A su substrato S, con la massa A maggiore rispetto a quella di S. Nelle osservazioni si giustificava la disposizione superficiale di A in base alla concordanza tra bordo ad alta energia dello spettro e valore KAE0 (segnato nello spettro), insieme all’arretramento in energia dello spettro di S; la successione delle masse veniva giustificata da quella dei fattori cinematici K e si faceva notare (senza collega-menti espliciti all’indicazione che fornivano) anche la successione delle rese di scattering, ovvero delle sezioni d’urto. 2/16 studenti hanno apportato integrazioni e/o modifiche a quanto proposto: 1 ha discusso gli spessori del substrato e di A sulla base della larghezza dei rispettivi spettri, 1 ha modifi-cato l’interpretazione proposta: oltre ad indicare la presenza in superficie di A e giustificarla secondo quanto proposto come esempio, giustifica la collocazione arretrata del bordo dello spettro di S (erro-neamente indicata come corrispondente al valore KSE0) con la perdita di energia del proiettile nell’at-traversamento di A (utilizzando quindi il modello dell’interazione ione-materia), individua la suc-cessione dei numeri atomici di A e del substrato in base all’altezza dei rispettivi spettri e giustifica la natura di substrato dell’elemento S con l’estensione energetica del suo spettro.

Spettro 2: In questo spettro si richiedeva il completamento dell’interpretazione con le osservazioni, dal momento che era già indicata la presenza dell’elemento B sulla superficie e del substrato S, oltre alla successione delle masse, sia tra S e B che tra A e B (introducendo così un confronto con lo spettro precedente). 15/16 studenti affermano che B è in superficie. 8 di essi giustificano ricalcando l’esem-pio proposto per lo spettro 1. I 7 restanti giustificano in modo analogo, ma considerando solo lo spet-tro di B; tuttavia, di essi 4 invocano il modello dell’interazione ione-materia, per rendere conto dello spettro del substrato: “il bordo più energetico di S non coincide con KSE0 poiché gli ioni incidenti devono attraversare lo strato B, perdendo energia, prima di raggiungere S (e analogamente quando escono da S)”. 1/16 studente ritiene che B non sia in superficie: “B si trova fra A e S (non è in sup)

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perché il bordo ad alta energia del suo spettro cade al valore KB*E0 che è intermedio fra quello di S e quello di A”: viene identificata la posizione nello spettro con quella del campione anche in assenza di resa da parte di A (e dunque, senza la presenza di A nel campione); la successione delle energie KE0 viene identificata con quella degli strati del campione.Per quanto riguarda le osservazioni sulla successione delle masse, 10/16 studenti considerano sia quella tra B e S che quella tra A e B; 2/16 considerano solo quella tra B e S, 2/16 solo quella tra A e B (in 1 caso invertita), 2/16 non prendono in considerazione le masse. Le giustificazioni fanno rife-rimento ai fattori cinematici, ricalcando l’esempio proposto in misura piuttosto aderente. Si disco-stano dall’esempio due giustificazioni per le masse di A e B: in 1 caso si giustifica in base alle altezze dei picchi (“La minor altezza del “mattoncino” di B rispetto a quello di A è una conferma che M(A)>M(B)”), in 1 in base alla posizione dello spettro di B spostato a sinistra (rispetto allo spettro precedente) e alla resa minore.Oltre a queste osservazioni, che in qualche modo erano “suggerite” dalla interpretazione e dalle osser-vazioni dello spettro precedente e dalla interpretazione dello spettro 2, sono state aggiunte autono-mamente delle osservazioni da parte di 5/16 studenti: 3 sugli spessori, del substrato e dell’elemento B, basate sulla larghezza degli spettri (1 caso) e confrontando gli spessori di A e B sulla base della larghezza degli spettri e della concentrazione del materiale (1 caso) o solo sulla base della larghezza degli spettri (1 caso); 2 sui numeri atomici di B ed S, collegando la loro successione a quella della altezza del bordo degli spettri.

Spettro 3: 15/16 studenti individuano la presenza degli elementi A, B e S; di questi, 12 ne indi-cano la successione (film dell’elemento A su film dell’elemento B su substrato S), e in 10 casi (tra cui 1 studente che fa riferimento al modello microscopico) giustificano l’affermazione analoga-mente all’esempio 1, mentre nei restanti 2 casi non si dà alcuna giustificazione dell’affermazione riportata; 3 indicano la presenza dell’elemento A in superficie ma in 2 casi non collocano esplicita-mente il secondo elemento (dichiarano che il campione consiste in “un film di due elementi A e B su un substrato di elemento S” e la posizione di B risulta implicitamente dalle osservazioni, in un caso facendo riferimento generico, per A, a quanto detto in precedenza, nell’altro, dopo aver giusti-ficato la presenza di A in superficie come proposto nell’esempio 1, ipotizzando una somiglianza con lo spettro 1 e utilizzando il modello di perdita di energia nello strato B) e nel restante si ritiene che l’elemento B sia interno ad S “perché lo spettro di B cade intorno a KS” mostrando di interpretare la retta delle ascisse come un riferimento di posizione senza tener conto dello spostamento dei picchi. 1/16 individua la presenza degli elementi A e S, ma ipotizza due possibilità per il picco dello spet-tro restante: l’elemento B sotto A o un terzo elemento C in superficie come A. I picchi esterni dello spettro vengono interpretati in analogia all’esempio 1, l’ipotesi dell’elemento di B sotto A viene suf-fragata dal modello di perdita di energia degli ioni nell’attraversamento dello strato superficiale, che spiega l’arretramento del bordo ad alta energia rispetto al valore KBE0, l’ipotesi di una lega super-ficiale si basa sulla possibile coincidenza tra bordo ad alta energia dello spettro e KE0 per un terzo elemento C. Le difficoltà emerse in questo caso dipendono in parte da mancato collegamento con la consegna (la presenza di leghe era esclusa) in parte da mancata integrazione delle informazioni rica-vabili dagli spettri (non si è guardato alle rese, che in caso di composti sarebbero dovute essere infe-riori all’elemento puro).In relazione alla successione delle masse, tutti gli studenti individuano correttamente la successione delle masse, ma in 1 caso solo tra A e B, trascurando S. 13/16 studenti la giustificano analogamente all’esempio proposto, 3/16 non giustificano.Osservazioni ulteriori si sono avute da parte di 6/16 studenti: 3 osservazioni sugli spessori: “lo spes-sore di A è maggiore di quello di B”, 3 osservazioni sulla successione delle sezioni d’urto: 2 giusti-ficate dalla resa (o dall’altezza dello spettro) e dal numero atomico, “Inoltre A> B> S, come si vede dall’altezza degli spettri e come previsto in base ai valori dei numeri atomici”, 1 ingiustificata o giu-stificata dalle K (non risulta chiaro): “Inoltre, osservando i K: A è più pesante di B che è più pesante di S. Sezione d’urto A>B>S”).

130 Tecniche di analisi di fi sica della materia e proposte didattiche dai laboratori MASEM

PRIMA PROVA DI INTERPRETAZIONE DI SPETTRI RBS

Spettri di film uniformi di elementi puri su un substrato

1Spettro RBS di un film di un elemen-to A su un substrato di elemento S, con M(A)>M(S)

OsservazioniA è in superÞ cie perché il bordo ad alta energia del suo spettro cade proprio al valore K(A)*E0, mentre quello di S cade ad energia decisamente più bassa. A è più pesante di S perché il suo K è maggiore, inoltre è maggiore anche la sua resa di scattering (sezione d’urto).

2Spettro RBS di un film di un elemen-to B su un substra-to di elemento S, con M(B)>M(S) e M(A)>M(B)

Osservazioni

3 Osservazioni

4 Osservazioni

5 Osservazioni

6 Osservazioni

Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fi sica moderna e orientamento 131

In sintesi, per interpretare lo spettro 3, in 13/16 casi si fanno osservazioni che correlano caratteri-stiche degli spettri (bordi dello spettro confrontati con valori dell’energia KE0) a caratteristiche dei campioni (composizione del campione) e in 3 di questi casi si ricorre anche al modello dell’intera-zione ione– materia. 2 tra questi 13 studenti fanno riferimento allo spettro 1. In 3/16 casi non si fanno osservazioni valutabili sulla composizione del campione.

Spettro 4: Tutti gli studenti individuano la presenza degli elementi A, B, S. Considerando anche quanto indicato nelle osservazioni, 12/16 studenti indicano la successione degli strati: in 9 di questi casi, tra cui 1 studente che fa riferimento al modello microscopico, giustificano in analogia all’esem-pio 1; 1 studente giustifica solo il fatto che lo strato intermedio è composto dall’elemento B, facendo riferimento (non corretto) anche alla resa di scattering: “B si trova nello strato intermedio, come si può vedere sia dal fatto che il bordo più energetico di B non coincide con KBE0, sia perché la resa di scattering di B è maggiore di quella di A”, infine 2/16 studenti non danno alcuna giustificazione. 2/16 studenti indicano la presenza dell’elemento A in superficie ma non collocano chiaramente il secondo elemento “spettro RBS di un film di due elementi B ed A su un substrato di elemento S”: nelle osser-vazioni la correlazione tra bordo dello spettro e valori delle KE0 viene fatta solo per lo strato super-ficiale A e lascia ambiguità sullo strato di B e su S (“A è in superficie perché il bordo ad alta energia del suo spettro cade proprio al valore K(A)*E0”). 2/16 studenti danno indicazioni contraddittorie: da un lato indicano che l’elemento B è quello superficiale (“Film di elemento B su film di elemento A su substrato S”), per poi osservare come non lo sia o come vi sia A in superficie. Nel primo caso si fa riferimento solo alla mancata coincidenza tra bordo superiore e K(B)*E0 per giustificare l’affer-mazione che B non è in superficie (poiché si tratta dello studente che leggeva la struttura degli spet-tri precedenti in base alla disposizione dei K anche questa contraddizione potrebbe derivare da que-sto problema), nel secondo caso la correlazione tra energia e spettro viene fatta per A e per B (anche riferendosi al modello microscopico per spiegare l’arretramento dello spettro di B) ma c’è incoe-renza tra le dichiarazioni sulla successione degli strati (scorretta, per cui il film di B è “sovrapposto ad un film di A a contatto con un substrato S”) e le osservazioni, per cui A è in superficie, afferma-zione giustificata facendo riferimento alla coincidenza del bordo ad alta energia con KAE0.In relazione alla successione delle masse, tutti gli studenti individuano correttamente la successione delle masse, ma in 1 caso solo tra A e B, trascurando S. 12/16 studenti la giustificano analogamente all’esempio proposto, 4/16 non giustificano.Osservazioni ulteriori si sono avute da parte di 6/16 studenti: 3 osservazioni sugli spessori di A e B: “lo spessore di B è maggiore di quello di A”, e 1 su quello del substrato, per cui si correla l’estensione dello spettro (fino a E=0) con la perdita di energia delle particelle nello spessore (adottando quindi un punto di vista microscopico); 3 osservazioni sulla successione delle sezioni d’urto: 2 giustificate dalla resa (o dall’altezza dello spettro) e dal numero atomico, “Inoltre dall’altezza degli spettri B> A> S, come previsto in base ai valori dei numeri atomici”, 1 ingiustificata o giustificata dalle K (come in precedenza fatto per gli spettri 2 e 3): “Analizzando i K: B è più pesante di A che è più pesante di S ed anche la sezione d’urto di B è maggiore di quella di A che è maggiore di quella di S”.In sintesi, per interpretare lo spettro 4, in 14/16 casi si fanno osservazioni che correlano caratteristi-che degli spettri (bordi dello spettro confrontati con valori dell’energia KE0, e in 1 caso anche la resa di scattering) a caratteristiche dei campioni (composizione del campione) e in 2 di questi casi (3 se si considerano anche le osservazioni sugli spessori) si ricorre anche al modello dell’interazione ione – materia. In 2/16 casi non si fanno osservazioni valutabili sulla composizione del campione.

Spettri 5 e 6: In relazione alla composizione, negli spettri 5 e 6 sono sempre presenti le stesse affer-mazioni. Individuano la presenza degli elementi A, B, S 15/16 studenti; tra essi, 10 indicano espli-citamente la successione tra gli strati A-B-S (corretta), 2 lo fanno implicitamente (riferendosi allo spettro precedente, “analoga situazione rispetto alla precedente”), 1 non la indica, e differenzia solo il substrato: “due film, A e B, sovrapposti su un substrato”; 1 studente ritiene che dietro l’elemento A puro in superficie (data la coincidenza tra bordo ad alta energia del suo spettro e KAE0, mentre quelli

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di B e S cadono ad energie più basse) vi sia il substrato S in cui sono presenti atomi di A e di B “in concentrazioni inferiori a quelle dello strato superficiale, il che rende conto dell’altezza degli spettri inferiore a quello del picco relativo allo strato A superficiale”: il picco relativo alla sovrapposizione degli spettri è visto come relativo all’elemento puro e le porzioni ad altezze inferiori come contri-buti da elemento non puro con rese inferiori a quelle dell’elemento puro (anche nel caso in cui non c’è possibilità di rilevare un dislivello di altezza, ovvero per l’elemento B), come si evince anche dall’osservazione sullo spettro 6, per cui rispetto al 5 risulta che “cambino solo le diverse profondità a cui si spingono gli atomi di A e di B mescolati al substrato (e quindi in concentrazione minore di quella di A superficiale)” ove lo spessore dello strato diventa profondità di penetrazione degli atomi. Qui si nota come sia carente il controllo nei confronti della globalità del grafico, che in base a queste ipotesi avrebbe dovuto presentare un dislivello anche nel contributo spettrale relativo al substrato. Inoltre, non si tiene conto né della consegna (che esclude la presenza di composti) né del fatto che le rese di elementi diversi sono diverse. 1 studente indica 2 ipotesi: 1) “film di B contenente anche A su substrato S” e 2) “o meglio, film di B, film di B contenente anche A, film di A tutto su substrato S”; entrambe in contraddizione con l’osservazione seguente che “B non è in superficie”. L’interpre-tazione adottata sembrerebbe quella per cui un contributo spettrale continuo rappresenta uno strato unico nel campione, in cui gli elementi sono distribuiti lateralmente: nelle osservazioni sullo spet-tro 6, per cui si ripete la stessa indicazione sulla composizione, si riporta che “c’è sempre una zona di film (di spessore minore di tutte), contenente sia A che B, la cui resa di scattering (sezione d’urto) è maggiore delle altre”. Emerge comunque l’interpretazione dello spazio dello spettro come spazio fisico, per cui una zona di spettro in cui si sommano i contributi da A e quelli da B (il picco) rappre-senta una zona del campione in cui sono presenti insieme A e B. 1/16 studente accomuna gli spet-tri 5 e 6, senza specificare gli elementi presenti nel campione; ritiene che “si tratta sempre di una sostanza depositata sopra un’altra” e che “non siamo in presenza di un elemento puro ma di un com-posto (o una lega?) costituito da tre elementi” interpretando in tal modo i “gradini” presenti nello spettro: quindi, si notano due difficoltà: lo spettro relativo ai due elementi A e B viene interpretato come relativo ad una sola sostanza (o strato…), e quindi i contributi da cui è formato come prove-nienti da composto, con rese inferiori a quella dell’elemento puro dovute appunto alla presenza del composto. Le tre interpretazioni date allo spettro con sovrapposizione di contributi energetici relativi a elementi diversi testimonia l’attenzione necessaria per un’interpretazione corretta.In figura 3 sono sintetizzate le composizioni individuate per gli spettri 3, 4 e 5.Se si prendono in esame anche le osservazioni riportate in relazione alle interpretazioni degli spettri 5 e 6 si nota che la maggior parte degli studenti confronta gli spettri 4, 5 e 6. 11/16 studenti in totale confrontano lo spettro 5 con il precedente; 15/16 studenti confrontano lo spettro 6 o col precedente o con lo spettro 4. Per quanto riguarda lo spettro 5, 3 studenti spiegano la composizione del campione confrontando lo spettro con quello del campione precedente in relazione alle caratteristiche signifi-cative e al loro significato: la medesima posizione del bordo ad alta energia indica la medesima posi-zione dei film e lo stesso spessore del film A, superficiale; la sovrapposizione degli spettri (la cui ori-gine non viene spiegata) indica un maggiore spessore del film B rispetto al caso precedente e il picco in corrispondenza di K(A)*E0 che l’elemento A è in superficie. Nello spettro 6 si ripropone il con-fronto con lo spettro 4: l’arretramento del bordo ad alta energia rispetto al caso 4 viene interpretato come indicazione che A è sempre in superficie, ma ha maggiore spessore che in quel caso. La stessa configurazione dello spettro precedente per quanto riguarda il picco indica che A è in superficie anche in questo caso. Considerazioni sulla posizione dei bordi a sinistra (dello spettro e del picco al suo interno) e su quello ad alta energia danno indicazioni sugli spessori degli elementi, A aumentato e B invariato rispetto al caso 4: “lo spostamento a sinistra del bordo a bassa energia conferma l’allarga-mento del film di A; poiché la differenza in energia fra il bordo destro dello spettro e quello a sini-stra del picco è uguale ala larghezza dell’elemento B del caso A lo spessore è lo stesso”. 8 studenti in tutto affermano la somiglianza dello spettro 5 con quello precedente, sottolineando solo in cosa si differenziano; 6 di essi producono anche osservazioni, mentre in 2 casi si afferma solo l’analogia con lo spettro precedente (il 4) ma con maggior spessore di B, così come nello spettro 6 si afferma

Progetto IDIFO - Formazione a distanza degli insegnanti all’innovazione didattica in fi sica moderna e orientamento 133

l’analogia con lo spettro precedente (il 5) ma con minore spessore di B e maggiore spessore di film A, tutto senza osservazioni che giustifichino quanto affermato. Per quanto riguarda le osservazioni degli altri 6 studenti, in 4 casi si spiega il picco come sovrapposizione dei due contributi non più separati, come effetto di una estensione energetica delle particelle proiettile (relativa alla specie più pesante, cosa che però non è specificata) superiore alla separazione in energia tra i picchi dei due ele-menti; (in 2 di questi casi si aggiunge che “data la larghezza degli spettri si può dedurre lo spessore dei film”); in 1 caso il picco viene spiegato come coincidenza delle energie tra ioni diffusi da A e da B a causa del maggior spessore di B, cosicché il picco viene formato dagli ioni diffusi da entrambi gli elementi. Il maggiore spessore di B è visto come fonte anche dell’arretramento della banda di S, nuovamente spiegata con la maggior perdita di energia, rispetto al caso precedente, degli ioni dif-fusi da S. In tutti questi 5 casi si usa dunque un modello microscopico. In un altro caso la differenza rispetto allo spettro 4 è citata come aumento dello spessore di B (“è il caso precedente semplice-mente con lo spessore di B aumentato”), si spiega la posizione di superficie di A con la coincidenza del suo bordo ad alta energia col valore KAE0 e la “punta nella sovrapposizione dei mattoncini “come somma del bordo ad alta energia dello spettro di A con lo spettro di B. Per quanto riguarda lo spettro 6, i primi 4 casi fanno un confronto con il 5, affermando che il film ha uno spessore maggiore e (solo in 2 di questi casi) quello di B minore rispetto al caso 5, giustificando con la larghezza degli spettri, poiché “la larghezza della banda di energia è direttamente proporzionale allo spessore del film”; in 2 di questi casi si sottolinea a conferma l’arretramento del bordo di B (visto quindi come contributo distinto da quello di A anche se il picco è unico) rispetto al caso 5. L’ultimo caso di modello micro-scopico afferma ancora la similitudine con lo spettro 5, con l’unica differenza sugli spessori di A e di B più e meno spessi rispettivamente (senza giustificare, però). Si osserva pure il fatto che permane la sovrapposizione delle bande in corrispondenza di KAE0. Lo studente seguente, infine, afferma la similitudine col caso precedente, con la differenza che lo spessore dello strato A è aumentato men-tre quello dello strato B è diminuito (anche qui senza giustificare l’affermazione). 5/16 studenti non fanno riferimento allo spettro precedente per quanto riguarda lo spettro 5 ma 4 di essi lo confron-tano con lo spettro 6. In 2 casi si considera il picco dello spettro 5 come regione di intersezione delle bande in energia da A e da B, dove i conteggi dell’una e dell’altra si sommano. In uno di questi casi si aggiunge anche la giustificazione della successione di A e B ricavata dalla coincidenza e dall’ar-retramento rispettivamente tra bordo ad alta energia e KE0 dei rispettivi spettri, che vengono quindi individuati come separati anche se i contributi sono uniti. Per quanto riguarda gli spessori, a partire dalla successione delle larghezze delle bande energetiche di A e B si ricava la successione dei pro-dotti tra densità e spessore dei film, vista la proporzionalità tra le due grandezze. Lo spettro 6 viene associato al 5, osservando come differenza l’inversione, rispetto a quest’ultimo, delle successioni delle ampiezze energetiche di A e di B, e dunque degli “spessori” intesi come prodotto di N*t, ovvero delle densità atomiche e degli spessori “Come nel caso precedente ma questa volta la banda di A è più larga della banda di B quindi NBsB<NAsA”; uno dei due studenti ricava anche la successione degli spessori da quella delle densità atomiche. Lo studente che ritiene che nel campione siano presenti A in superficie (giustificando in modo analogo all’esempio 1) e poi atomi di A e di B nel substrato (in base all’altezza delle porzioni di spettro) rileva come differenza dello spettro 6 rispetto al 5 le profondità a cui si spingono gli atomi di A e B mescolati al substrato . Lo studente che ritiene che il campione dello spettro 5 sia costituito da un film di B, da un film di B contenente A, film di A tutto su substrato, osserva poi che “B non è in superficie perché il suo bordo sup non cade in corrispon-denza di K(B)*E0”. Individua come differenza dello spettro 6 rispetto al 5 il fatto che lo spessore del film di B risulta minore di quello del film di A, mentre osserva che permane una zona (di spes-sore minore di tutte e resa di scatttering - sez d’urto - maggiore delle altre) contenente sia A che B. Lo studente che interpreta i gradini che compaiono nel contributo nello spettro come lega di tre ele-menti non compie osservazioni né confronti.La discussione sugli spessori, non presente nelle indicazioni proposte inizialmente, riguarda 11/16 studenti nel caso dello spettro 5, 14/16 studenti nel caso dello spettro 6.Nel caso degli spettri 5-6 c’è stato un rilevante utilizzo del confronto tra spettri da parte degli stu-

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denti: 12/16 confrontano lo spettro 6 col 5, 3/16 li confrontano entrambi col 4, rapportando nei diversi casi le caratteristiche degli spettri per dedurne l’interpretazione, 1/16 che considera insieme gli spettri 5 e 6 e non fa confronti. Dei 12 studenti che confrontano lo spettro 5 con il 6, 6 registrano come differenza il maggior spessore di A e il minor spessore di B rispetto allo spet-tro 5, 2 si riferiscono solo ad A, 3 confrontano le successioni degli spessori (ora quello di A mag-giore che quello di B, rispetto alla successione inversa, riportata nello spettro 5 da 2 soli studenti), 1 ritiene che cambino le profondità (nel substrato) a cui si spingono gli atomi di A e B.Per quanto riguarda la successione delle masse, nello spettro 5 13/16 studenti (a volte solo nelle osservazioni) la individuano correttamente e la esplicitano; 2 indicano la situazione come analoga alla precedente, in cui era riportata anch’essa; 1 non la indica. Guardando alle osservazioni, dei 15/16 studenti che fanno riferimento alle masse, 3 studenti giustificano la successione delle masse con la successione delle rispettive K, 2 indicano solo il parametro K cui riferirsi, 4 non giustifi-cano ma si riferiscono al caso precedente in cui ciò era stato fatto, 6 non giustificano. Nello spet-tro 6 la successione è indicata esplicitamente da 6/16 studenti, anche se i restanti nel fare rife-rimento allo spettro precedente implicitamente confermano anche la successione delle masse. 1 studente soltanto giustifica la successione delle masse, per “la disposizione dei valori dei K”. Va escluso lo studente che non fa riferimento alle masse né nello spettro 5 né nel 6.Altre informazioni prodotte nelle osservazioni: nello spettro 5 (in cui 3/16 studenti aggiungono osservazioni) osservano che “la resa di scatte-ring è maggiore in B che in A B> A> S” 2 stu-denti; 1 afferma (pur restando indecifrabile se lo ritenga o meno dipendere da K) che “la sezione d’urto maggiore è quella in corrispondenza del film di A contenente anche B. Mentre quella di B è maggiore di quella di A che è maggiore di quella di S”. Solo in questo caso si ha un’osservazione in relazione allo spettro 6: “c’è sempre una zona di film (di spessore minore di tutte) contenente sia A che B la cui resa di scattering (sez. d’urto) è mag-giore delle altre”.In figura 4 sono sintetizzate le informazioni ricavate dagli studenti senza che fossero indicate nello schema interpretativo proposto come esempio (spettri 1 e 2), in particolare per quanto riguarda gli spessori; in figura 5 è rappresentata la distribuzione degli studenti che hanno utilizzato il modello dell’interazione ione- materia nell’interpretazione: 3 studenti l’hanno citato in 3 interpretazioni, 1 in 2, 5 in 1 interpretazione. Lo spettro 5 ha visto il maggior numero di studenti che hanno usato il modello, 5.

Figura 4 - Numero di studenti che hanno considerato grandezze non riportate nello schema proposto per l’analisi; in rosso, estrapolazione dei dati sugli spessori

Figura 5 - Distribuzione dell’utilizzo del modello di interazione ione – materia nell’interpretazione degli spettri. 4 studenti (segnati con *) lo hanno usato anche in un’introduzione al lavoro

Figura 3 - Composizione dei campioni degli spettri 3-6: *= errato; **= parzialmente errato; ***= contraddittorio

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5. Discussione e conclusioniGli studenti hanno mostrato di individuare in buona percentuale le caratteristiche principali dei cam-pioni a partire dagli spettri (vedi figura 3), e di essere in grado di giustificare adeguatamente le pro-prie affermazioni; tali giustificazioni non si limitano alla riproposizione delle osservazioni introdotte come esempio, ma comportano anche l’utilizzo del modello microscopico del fenomeno di intera-zione ione- materia (citato da 9/16 studenti, vedi fig. 5) e il confronto tra i diversi spettri da interpre-tare, realizzato sia sulla base dell’individuazione delle differenze (tra gli spettri 5 e 6 per lo più) che sulla base del confronto di caratteristiche (nei 3 casi che hanno confrontato gli spettri 5 e 6 col 4). Questo fa pensare a modalità diverse di realizzazione dell’interpretazione.Nonostante la maggior parte degli studenti abbia interpretato correttamente gli spettri, una minoranza ha messo in evidenza difficoltà interpretative che, seppure in parte forse derivanti da una non attenta lettura delle consegne, riguardano i seguenti aspetti:-passaggio dalla scala in energia degli spettri a quella dimensionale del campione sia per la diffe-renza tra successione dei fattori cinematici (moltiplicati per l’energia E0) in ascissa e posizione nel campione che per quella tra posizioni dei picchi sullo spettro e posizione nel campione;-passaggio tra spessore dei picchi e del campione, da intendere sempre come prodotto Nt tra densità atomica N e spessore t, e non solo come spessore t;-individuazione del significato delle rese, in relazione alla concentrazione atomica;-gestione contemporanea dell’informazione sull’energia dei bordi dei picchi e sulla altezza per pas-sare alla concentrazione.Questi aspetti sono alla base dei problemi interpretativi osservati per quanto riguarda l’interpretazione di spettri con sovrapposizione di contributi (quelli che danno origine ai “picchi” di resa negli spettri 5 e 6). Si notano 3 interpretazioni diverse degli spettri con sovrapposizione di contributi, accomu-nati dalla incapacità a vedere un contributo spettrale unico nello spettro come somma di due contri-buti separati, capacità che si nota nei casi di interpretazione corretta.Le interpretazioni in cui si individuano composti sono da far risalire forse a lettura affrettata della consegna e a difficoltà ad interpretare le informazioni fornite dalla resa di diffusione.Il numero e la tipologia di contributi autonomi alle interpretazioni hanno riguardato diversi aspetti: sia l’uso del modello microscopico, in 9/16 casi, (vedi fig. 5) sia i confronti tra spettri, con modalità diverse, sia le considerazioni su aspetti non toccati dagli esempi di interpretazione proposti, in parti-colare la discussione sugli spessori, registrati in modo crescente nel corso della prova, come si vede in fig. 4. Il numero, la tipologia e la frequenza di tali contributi fanno pensare che il corso nel suo complesso abbia attivato modalità di gestione autonoma dei contenuti trattati da parte studenti.I risultati esaminati portano ad affermare che un’attività di interpretazione di spettri RBS da un lato è alla portata degli insegnanti in formazione, che riescono a per lo più a padroneggiarla adeguata-mente, dall’altro richiede l’attivazione di abilità interpretative non scontate e che costituiscono un guadagno formativo una volta conseguite. Il carattere aperto della proposta permette ai docenti in for-mazione di mettere in campo modalità interpretative personalizzate: per metà dei partecipanti l’uti-lizzo del modello microscopico dell’interazione ione-materia è stato un efficace mediatore interpre-tativo, mentre l’altra metà ha collegato direttamente caratteristiche grafiche a caratteristiche fisiche dei campioni. Il grado di autonomia mostrato fa ritenere che i docenti si sentano abbastanza sicuri sull’argomento e possano pensare ad un suo inserimento nella propria attività in classe.

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Formazione a distanzadegli insegnantiall’innovazione didattica in fi sica modernae orientamento

Contributi di una comunità di ricerca in didattica della fi sica a un progetto di formazione a distanza: strategie e metodi

a cura di

Marisa Michelini

Università degli Studi di UdineDipartimento di Fisica

M.I.U.R.Ministero dell’Istruzionedell’Università e della Ricerca

PLSProgetto LaureeScientifi che

Progetto IDIFO

Formazione a distanza degli insegnantiall’innovazione didattica in fi sica moderna e orientamentoContributi di una comunità di ricerca in didattica della fi sica a un progetto di formazione a distanza: strategie e metodi

Il Progetto IDIFO è stato proposto al Progetto Lauree ScientiÞ che nel 2006 dall’Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell’Uni-versità degli Studi di Udine, con partner le Unità di Ricerca in Didattica della Fisica delle Università degli Studi di Bologna, Milano, Milano Bicocca, Napoli, Palermo, Pavia, Roma La Sapienza, Torino, che per anni avevano condotto insieme Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN). Si sono contestualmente impegnate per la collaborazione al Progetto IDIFO le Univer-sità degli Studi di Bari, Bolzano, Lecce, Modena e Reggio Emilia, Trento, Trieste cooperanti con le proponenti per le ricerche in didattica della Þ sica. Il Progetto IDIFO ha realizzato dal 2006 al 2009 un Master biennale per insegnanti in rete telematica e tre Workshop in presenza di cui uno dedicato a studenti ed insegnanti del Friuli Venezia Giulia (WS2) e due a livello nazionale uno tutto dedicato agli insegnanti del Master (WS1) ed uno per gli insegnanti del Master e gli studenti selezionati per la Prima Scuola Estiva di Fisica Moderna tenutasi a Udine nel luglio 2007 (WS3). Questo volume contiene gli studi, le riß essioni e le analisi di ricerca più signiÞ cative effettuate nell’ambito della formazione in rete telematica del Master IDIFO.

CuratoreMarisa Michelini, Università degli Studi di Udine

Comitato scientiÞ co ed editorialeBocchicchio Mario, DIDA, Università degli Studi del Salento

Corni Federico, Università degli Studi di Bolzano e di Modena e Reggio Emilia

De Ambrosis Anna, Università degli Studi di Pavia

Fazio Claudio, Università degli Studi di Palermo

Gagliardi Maria Paola Francesca, Università degli Studi di Bologna

Giliberti Marco Alessandro, Università degli Studi di Milano

Giordano Enrica, Università degli Studi di Milano Bicocca

Guidoni Paolo, Università degli Studi di Napoli Federico II

Levrini Olivia, Università degli Studi di Bologna

Michelini Marisa, Università degli Studi di Udine

Minichini Ciro, Università degli Studi di Napoli Federico II

Oss Stefano, Università degli Studi di Trento

Ottaviani Giampiero, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Rinaudo Giuseppina, Università degli Studi di Torino

Santi Lorenzo, Università degli Studi di Trieste

Sperandeo Rosa Maria, Università degli Studi di Palermo

Stella Rosa, Università degli Studi di Bari

Tarsitani Carlo, Università degli Studi di Roma La Sapienza

Segreteria redazionaleCristina CassanDonatella CeccolinChiara Geretti

Stampa Lithostampa - Pasian di Prato (Ud)

© Copyright Università degli Studi di Udine

ISBN 978-88-97311-01-0

Università degli Studi di UdineDipartimento di Fisica

M.I.U.R.Ministero dell’Istruzionedell’Università e della Ricerca

PLSProgetto LaureeScientifi che