storia e memoria - al lavoro per il concerto 2017 … · scatola di spartiti manoscritti che aveva...

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/ P30 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO www.moked.it n. 12 | dicembre 2016 pagine ebraiche –– Viviana Kasam Ferramonti, in Calabria, fu uno dei più grandi campi di internamento italiani della seconda guerra mon- diale. Vi transitarono, fra il giugno 1940 e il settembre ‘43, più di 3.000 ebrei stranieri e apolidi e, in numero ridotto, altri internati stra- nieri. Oggi pochi ne ricordano an- che solo il nome. È storia rimasta per decenni sconosciuta, quella di Ferramonti, ma ricostruita negli anni Ottanta da Carlo Spartaco Capogreco in un testo ormai clas- sico (Ferramonti. La vita e gli uomini del più grande campo d’ internamento fascista, edito dalla Giuntina di Fi- renze), il primo libro di uno storico italiano dedicato ad un campo d’internamento fascista. La zona su cui sorse era povera e malarica. Eppure, nonostante la mancanza di libertà, la carenza di cibo e le malattie, a Ferramonti (come, del resto, negli altri quasi cinquanta “campi del duce”, allora distribuiti nella Penisola) gli inter- nati venivano trattati con rispetto e senza violenze fisiiche. Anche perché, seppur persecutorio, l’in- ternamento degli ebrei da parte del fascismo – prima della nascita della Repubblica di Salò – non era ancora finalizzato alla Shoah. Per questo, gli internati del campo, in particolare gli ebrei, conservarono un ricordo generalmente positivo dei loro “carcerieri” (Paolo Salva- tore, Mario Fraticelli, Gaetano Marrari); come pure dei contadini dei dintorni e degli abitanti dei paesi vicini (Tarsia, Bisignano, San- ta Sofia), che avevano avuto l’op- portunità di conoscere, e del frate cappuccino inviato dal Vaticano a vivere nel campo: padre Callisto Lopinot, un missionario di origine alsaziana. Così a Ferramonti furono possibili attività artistiche e musicali. Nel campo, in particolare, erano inter- nati molti musicisti, alcuni dei quali sarebbero divenuti molto noti nel dopoguerra. Tra essi, il trombetti- sta Oscar Klein, il direttore d’or- chestra Lav Mirski, il pianista Sig- bert Steinfeld, il cantante Paolo Gorin, il compositore Isak Thaler e il pianista Kurt Sonnenfeld, gio- vane ebreo viennese, che sperava di espatriare negli Stati Uniti, ma venne arrestato a Milano e inviato a Ferramonti. Nel campo venivano organizzati concerti musicali, sia strumentali che corali, e spettacoli di vario ti- po, cui gli internati dettero il nome di “Bunter Abend” (Serata Colo- rata), dove il jazz, il cabaret, l’ope- retta dominavano la scena. Di tutta questa ricchezza musicale si era quasi persa traccia, finché Armida Locatelli, erede di Kurt Sonnen- feld, non si presentò un giorno al Conservatorio di Milano con una scatola di spartiti manoscritti che aveva ricevuto in eredità. Erano le musiche scritte ed eseguite a Fer- ramonti, ma anche fotografie, diari, lettere: un materiale inedito di cui il musicista e musicologo Raffaele Deluca comprese subito lo straor- dinario valore storico. “Serata Colorata” è il nome del concerto che stiamo organizzando per il Giorno della Memoria al- l’Auditorium Parco della Musica di Roma, il 26 gennaio 2017 (il 26 perché il 27 è la vigilia di shabbat) che riproporrà l’atmosfera degli spettacoli di Ferramonti, basandosi anche sul ricco repertorio icono- grafico e sulle testimonianze scritte che sono pervenute. Come spesso nella vita, l’incontro con Deluca è avvenuto per caso, su segnalazione di un amico co- mune, quando dubitavo di trovare un tema significativo come quello dei tre concerti organizzati negli anni passati, ed ero pronta a ri- nunciare all’incarico. La storia di Ferramonti mi ha emozionata, e l’entusiasmo ha contagiato tutti quelli che collaborano con me. Perché è anche una “storia musi- cale” ricca di episodi straordinari: da quello dell’armonium spedito dal Vaticano ed entrato nel campo come “materiale bellico”, ai violini che furono costruiti da liutai locali, grati per essere stati curati dai me- dici internati–liutai che sapevano costruire chitarre, ma si industria- no per fabbricare i violini indispen- sabili all’orchestra, al pianoforte a STORIA E MEMORIA - AL LAVORO PER IL CONCERTO 2017 Cosa ci insegna Ferramonti I musicisti di Ferramonti (ASCDEC - Fondo Israel Kalk, Milano) Kurt Sonnenfeld (Collezione privata Locatelli, Milano)

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  • / P30 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO

    www.moked.it

    n. 12 | dicembre 2016 pagine ebraiche

    !–– Viviana Kasam

    Ferramonti, in Calabria, fu uno deipiù grandi campi di internamentoitaliani della seconda guerra mon-diale. Vi transitarono, fra il giugno1940 e il settembre ‘43, più di3.000 ebrei stranieri e apolidi e, innumero ridotto, altri internati stra-nieri. Oggi pochi ne ricordano an-che solo il nome. È storia rimastaper decenni sconosciuta, quella diFerramonti, ma ricostruita neglianni Ottanta da Carlo SpartacoCapogreco in un testo ormai clas-sico (Ferramonti. La vita e gli uominidel più grande campo d’ internamentofascista, edito dalla Giuntina di Fi-renze), il primo libro di uno storicoitaliano dedicato ad un campod’internamento fascista. La zona su cui sorse era povera emalarica. Eppure, nonostante lamancanza di libertà, la carenza dicibo e le malattie, a Ferramonti(come, del resto, negli altri quasicinquanta “campi del duce”, alloradistribuiti nella Penisola) gli inter-nati venivano trattati con rispettoe senza violenze fisiiche. Ancheperché, seppur persecutorio, l’in-ternamento degli ebrei da partedel fascismo – prima della nascitadella Repubblica di Salò – non eraancora finalizzato alla Shoah. Perquesto, gli internati del campo, inparticolare gli ebrei, conservaronoun ricordo generalmente positivodei loro “carcerieri” (Paolo Salva-tore, Mario Fraticelli, GaetanoMarrari); come pure dei contadinidei dintorni e degli abitanti deipaesi vicini (Tarsia, Bisignano, San-ta Sofia), che avevano avuto l’op-portunità di conoscere, e del fratecappuccino inviato dal Vaticano avivere nel campo: padre CallistoLopinot, un missionario di originealsaziana. Così a Ferramonti furono possibiliattività artistiche e musicali. Nelcampo, in particolare, erano inter-nati molti musicisti, alcuni dei qualisarebbero divenuti molto noti neldopoguerra. Tra essi, il trombetti-sta Oscar Klein, il direttore d’or-chestra Lav Mirski, il pianista Sig-bert Steinfeld, il cantante PaoloGorin, il compositore Isak Thalere il pianista Kurt Sonnenfeld, gio-vane ebreo viennese, che speravadi espatriare negli Stati Uniti, mavenne arrestato a Milano e inviatoa Ferramonti.Nel campo venivano organizzaticoncerti musicali, sia strumentaliche corali, e spettacoli di vario ti-po, cui gli internati dettero il nomedi “Bunter Abend” (Serata Colo-

    rata), dove il jazz, il cabaret, l’ope-retta dominavano la scena. Di tuttaquesta ricchezza musicale si eraquasi persa traccia, finché ArmidaLocatelli, erede di Kurt Sonnen-

    feld, non si presentò un giorno alConservatorio di Milano con unascatola di spartiti manoscritti cheaveva ricevuto in eredità. Erano lemusiche scritte ed eseguite a Fer-

    ramonti, ma anche fotografie, diari,lettere: un materiale inedito di cuiil musicista e musicologo RaffaeleDeluca comprese subito lo straor-dinario valore storico.

    “Serata Colorata” è il nome delconcerto che stiamo organizzandoper il Giorno della Memoria al-l’Auditorium Parco della Musicadi Roma, il 26 gennaio 2017 (il 26perché il 27 è la vigilia di shabbat)che riproporrà l’atmosfera deglispettacoli di Ferramonti, basandosianche sul ricco repertorio icono-grafico e sulle testimonianze scritteche sono pervenute. Come spesso nella vita, l’incontrocon Deluca è avvenuto per caso,su segnalazione di un amico co-mune, quando dubitavo di trovareun tema significativo come quellodei tre concerti organizzati neglianni passati, ed ero pronta a ri-nunciare all’incarico. La storia diFerramonti mi ha emozionata, el’entusiasmo ha contagiato tuttiquelli che collaborano con me.Perché è anche una “storia musi-cale” ricca di episodi straordinari:da quello dell’armonium speditodal Vaticano ed entrato nel campocome “materiale bellico”, ai violiniche furono costruiti da liutai locali,grati per essere stati curati dai me-dici internati–liutai che sapevanocostruire chitarre, ma si industria-no per fabbricare i violini indispen-sabili all’orchestra, al pianoforte a

    !– STORIA E MEMORIA - AL LAVORO PER IL CONCERTO 2017

    Cosa ci insegna Ferramonti

    ! I musicisti di Ferramonti (ASCDEC - Fondo Israel Kalk, Milano)

    ! Kurt Sonnenfeld (Collezione privata Locatelli, Milano)

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    pagine ebraiche n.12 | dicembre 2016

    coda che non si sa come riuscì adarrivare nel campo..E poi ci sono gli spartiti. Moltis-simi decorati con disegni sul fron-tespizio, con annotazioni a margi-ne; tutti con le impronte delle ditadei musicisti; spartiti vivi che rac-contano di sogni e di speranze co-lorate, nella realtà grigia dell’inter-namento. E ci sono le lettere com-moventi di ringraziamento, i diari,le cartoline disegnate a mano, untesoro inestimabile, perché la storiadi Ferramonti è particolarmentericca e complessa. Quella vita ar-tistico-musicale diventerà presto,con il coordinamento di RaffaeleDeluca, anche un progetto di ri-cerca musicale e musicologica, conallestimenti espositivi, concerti,convegni, un libro, secondo pro-grammi aperti ad importanti col-laborazioni italiane e internazio-nali. Ma ricordare Ferramonti ogginon è significativo solo per questo.In un momento storico in cui sitornano a erigere muri e recintiper isolare i perseguitati, in cui gliegoismi sembrano avere la megliosulla pietas umana, Ferramonti ciricorda che – anche sotto le ditta-ture – ognuno di noi può semprefare qualcosa.Nel settembre 1943, per una for-tunata coincidenza di date e dieventi geopolitici, gli internati diFerramonti si salvarono dal rischiodi finire nelle mani dei nazisti: po-

    che settimane, forse pochi giornie – se l’avanzata degli Alleati fossestata meno rapida – sarebbero statitrasferiti nel Settentrione e poi,molto probabilmente, deportati neiLager. Invece, quando vi giunseroi soldati alleati che risalivano loStivale, agli ebrei, che non sape-vano dove andare, fu concesso dirimanere nel campo, che divenneun centro per “displaced persons”,ma sembrava un incrocio tra unoshtetl e un kibbutz.Purtroppo di questa storia riman-gono pochissime tracce. Dopo laguerra le baracche vennero in granparte smantellate, e, pochi anni fa,alcune delle ultime sono state sna-turate da una “ristrutturazione”inadeguata. Ricordare nel Giornodella Memoria Ferramonti – dovegli internati seppero, comunque,fare cultura – è un’opportunità eun monito contro ogni forma dipersecuzione, e anche una denun-cia nei confronti di chi tende asminuire il carattere persecutoriodel fascismo e delle leggi razzialiitaliane. Ma è anche un modo perrendere omaggio alla forza d’ani-mo, alla creatività, al coraggio dichi - anche in quella situazione- riuscì a mantenere intatti la di-gnità, il desiderio di cultura e laforza del sogno. Inoltre, è unmodo per ricordare chi, per co-me ha potuto, si prodigò per aiu-tare quegli internati.

    ! Lagerkapelle nel campo di Ferramonti (ASCDEC - Fondo Israel Kalk, Milano) ! Il coro di Ferramonti (ASCDEC - Fondo Israel Kalk, Milano)

    MOLTI NOMI NOTI TRA GLI INTERNATI

    Il campo di internamento di Ferramonti, nel comune di Tarsia in pro-vincia di Cosenza, è stato il principale tra i numerosi luoghi di inter-namento per ebrei, apolidi, stranieri nemici e slavi aperti dal regimefascista tra il giugno e il settembre 1940, all'indomani dell'entratadell'Italia nella seconda guerra mondiale. Il campo fu liberato dagli inglesi nel settembre del 1943, ma moltiex-internati rimasero a Ferramonti anche negli anni successivi. Fu uf-ficialmente chiuso l'11 dicembre 1945. Tra gli internati celebri Moris Ergas, tra i maggiori produttori cinema-tografici degli anni Sessanta; Michel Fingesten, forse il più grande in-cisore del Novecento; Imi Lichtenfeld, l'inventore del Krav Maga.