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Sottobanco memento BOLLETTINO DI INFORMAZIONE PER STUDENTI INTELLIGENTI FEBBRAIO 2011 Il 2011 sembrava essere iniziato nel modo più difficile: il referendum-ricatto di Mirafiori ha rappresentato il culmine di un’offensiva che dura incontrastata ormai da più di 30 anni. Non mi dilungo qui su un argomento che abbiamo già affrontato e che non manchiamo di analizzare anche in questo numero di Sottobanco (“Refe- rendum di Mirafiori, una lezione al Paese”, pg. 2), ci tengo solamente a ribadire che accanto alla violenza del modello sociale di Marchionne abbiamo anche avuto, per la seconda volta dopo Pomigliano, la dimostrazione che esiste una fetta di Italia che non è disposta ad abbassare la testa. I NO di Mirafiori rappresentano uno slancio di dignità e coraggio che non solo rispettiamo, ma che ammiriamo e sosteniamo con forza, nonostante la limitatezza dei nostri mezzi. Questi NO, assieme alle lotte studentesche, giungono come un buon augurio, come un invito ad andare avanti sapendo che niente è perduto. Ce n’è troppo bisogno, oggigiorno, di segnali come questo. Mentre l’ennesimo, gravissimo scandalo investe i palazzi del potere, ecco che ci troviamo di fronte a due modelli opposti ed anta- gonisti di società: una è quella che si vende e che si compra, quella dell’arrivismo, della competizione, di una mercificazione totalizzante e disumanizzante, della totale subalternità al volere del potente di turno; l’altra è quella di chi ci dice che la dignità non è in vendita, di chi non è disposto ad annullare la propria umanità in nome del profitto e del mercato, di chi ci insegna che la via del progresso sociale non è quella dell’egoismo e dell’individualismo, non è quella di “chi si fa gli affari suoi”, ma quella della solidarietà, della condivisione, della democrazia, dei diritti e della lotta. Questa società ha riempito le strade di tutta Italia il 28 gennaio, par- tecipando allo sciopero indetto dalla Fiom con un adesione media superiore al 70%: ecco come si comportano i lavoratori quando non hanno una pistola puntata alla tempia, ecco la reale consistenza del loro NO! Un NO costituente, come ha fatto notare qualcuno, perché è da qui che si parte, è da questo rifiuto che si estrapolano le proposte, i valori, le priorità, le ambizioni di un intero blocco sociale che sta riscoprendosi come un tutto compatto. Ebbene, dal letargo di questi anni sembra che finalmente le coscienze si stiano risvegliando: lo dicono le rivolte popolari tunisine (che hanno cacciato il dittatore Ben Ali, messo al potere da Craxi ed Andreotti nel 1987) egiziane e yemenite, le quali esigono riforme sociali e politiche, lo dicono le proteste albanesi, represse nel sangue, contro la corruzione del governo, lo dice un’Europa ancora scossa da una crisi che ha messo in luce i segni drammatici di una disuguaglianza sociale e un’assenza di futuro per le giovani generazioni senza apparenti vie d’uscita. Una nuova primavera dei popoli? Non possiamo che augurarcelo, viste le tante sconfitte subite in questo lungo trentennio post-ideologico dominato dalla tirannia di un abominevole pensiero unico. Probabilmente starò esagerando, ma ho sempre più frequentemente la sensazione di veder aprirsi numerosi spiragli di alternativa, come bucaneve dopo un lungo inverno. Ancora germogli, certo, ma tanti e con buone probabilità di fiorire: parlo di un movimento studentesco che resiste da tre anni, di un comitato per l’acqua pubblica che ha vinto la sua prima battaglia vedendosi confermare i quesiti referendari per l’abrogazione del decreto Ronchi, di un rinnovato slancio operaio che ribadisce la centralità del lavoro accorpando attorno a sé tutti i settori sociali, delle numerose realtà di base e comitati che popolano le nostre città animandosi sui temi più disparati (ricordo i neonati comitati valdostani dei pendolari e “Ultimo Respiro”). La Memoria, quella vera, non quella di facciata da tirare fuori una volta l’anno, dimostra di irrorare tutti questi corpi vivi e protesi verso il futuro: loro ricordano, lo dimostrano con la loro azione quotidiana. Noi ci sentiamo di appartenere a questo corpo diffuso e plurale che ci dice che anche dal fango in cui sembriamo immersi si possa venir fuori. Per cui vogliamo chiudere dicendo a tutti quelli che resistono e lottano: grazie, grazie di cuore! Matteo Castello

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febbraio 2011

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Page 1: Sottobanco memento

S o t t o b a n c omeme n t o

BOLLETTINO DI INFORMAZIONE PER STUDENTI INTELLIGENTI – FEBBRAIO 2011

Il 2011 sembrava essere iniziato nel modo più difficile: il referendum-ricatto di Mirafiori ha rappresentato il culmine di un’offensiva che dura incontrastata ormai da più di 30 anni. Non mi dilungo qui su un argomento che abbiamo già affrontato e che non manchiamo di analizzare anche in questo numero di Sottobanco (“Refe-rendum di Mirafiori, una lezione al Paese”, pg. 2), ci tengo solamente a ribadire che accanto alla violenza del modello sociale di Marchionne abbiamo anche avuto, per la seconda volta dopo Pomigliano, la dimostrazione che esiste una fetta di Italia che non è disposta ad abbassare la testa. I NO di Mirafiori rappresentano uno slancio di dignità e coraggio che non solo rispettiamo, ma che ammiriamo e sosteniamo con forza, nonostante la limitatezza dei nostri mezzi.Questi NO, assieme alle lotte studentesche, giungono come un buon augurio, come un invito ad andare avanti sapendo che niente è perduto. Ce n’è troppo bisogno, oggigiorno, di segnali come questo. Mentre l’ennesimo, gravissimo scandalo investe i palazzi del potere, ecco che ci troviamo di fronte a due modelli opposti ed anta-gonisti di società: una è quella che si vende e che si compra, quella dell’arrivismo, della competizione, di una mercificazione totalizzante e disumanizzante, della totale subalternità al volere del potente di turno; l’altra è quella di chi ci dice che la dignità non è in vendita, di chi non è disposto ad annullare la propria umanità in nome del profitto e del mercato, di chi ci insegna che la via del progresso sociale non è quella dell’egoismo e dell’individualismo, non è quella di “chi si fa gli affari suoi”, ma quella della solidarietà, della condivisione, della democrazia, dei diritti e della lotta. Questa società ha riempito le strade di tutta Italia il 28 gennaio, par-tecipando allo sciopero indetto dalla Fiom con un adesione media superiore al 70%: ecco come si comportano i lavoratori quando non hanno una pistola puntata alla tempia, ecco la reale consistenza del loro NO! Un NO costituente, come ha fatto notare qualcuno, perché è da qui che si parte, è da questo rifiuto che si estrapolano le proposte, i valori, le priorità, le ambizioni di un intero blocco sociale che sta riscoprendosi come un tutto compatto. Ebbene, dal letargo di questi anni sembra che finalmente le coscienze si stiano risvegliando: lo dicono le rivolte popolari tunisine (che hanno cacciato il dittatore Ben Ali, messo al potere da Craxi ed Andreotti nel 1987) egiziane e yemenite, le quali esigono riforme sociali e politiche, lo dicono le proteste albanesi, represse nel sangue, contro la corruzione del governo, lo dice un’Europa ancora scossa da una crisi che ha messo in luce i segni drammatici di una disuguaglianza sociale e un’assenza di futuro per le giovani generazioni senza apparenti vie d’uscita. Una nuova primavera dei popoli? Non possiamo che augurarcelo, viste le tante sconfitte subite in questo lungo trentennio post-ideologico dominato dalla tirannia di un abominevole pensiero unico.Probabilmente starò esagerando, ma ho sempre più frequentemente la sensazione di veder aprirsi numerosi spiragli di alternativa, come bucaneve dopo un lungo inverno. Ancora germogli, certo, ma tanti e con buone probabilità di fiorire: parlo di un movimento studentesco che resiste da tre anni, di un comitato per l’acqua pubblica che ha vinto la sua prima battaglia vedendosi confermare i quesiti referendari per l’abrogazione del decreto Ronchi, di un rinnovato slancio operaio che ribadisce la centralità del lavoro accorpando attorno a sé tutti i settori sociali, delle numerose realtà di base e comitati che popolano le nostre città animandosi sui temi più disparati (ricordo i neonati comitati valdostani dei pendolari e “Ultimo Respiro”).La Memoria, quella vera, non quella di facciata da tirare fuori una volta l’anno, dimostra di irrorare tutti questi corpi vivi e protesi verso il futuro: loro ricordano, lo dimostrano con la loro azione quotidiana. Noi ci sentiamo di appartenere a questo corpo diffuso e plurale che ci dice che anche dal fango in cui sembriamo immersi si possa venir fuori.Per cui vogliamo chiudere dicendo a tutti quelli che resistono e lottano: grazie, grazie di cuore!

Matteo Castello

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2 S o t t o b a n c o S o t t o b a n c o

Re f e r e n d u m d i M i r a f i o r i , u n a l e z i o n e a l p a e s e E s t r a t t i d a E s s e r e s e n z a t e m p o d i D i e g o F u s a roNella situazione italiana, il risultato del referendum a Mi-rafiori è una vittoria morale per chi ha votato No e una lezione che gli operai hanno dato al Paese e a quanti, an-che tra le forze progressiste e di sinistra, hanno dato segni d’inconsapevolezza del reale valore della posta in gioco alla Fiat e delle sue molteplici dimensioni economiche, di democrazia e etiche.Sul piano economico la Fiat ha riproposto la logica che in anni di dibattito è stata riconosciuta come la causa strut-

turale del declino economico (e non solo) del nostro Paese; essa è con-sistita nel perseguire con miopia la competitività essenzialmente sul piano dei prezzi, riducendo i salari e aumentando la precarietà, anziché puntare sulla più lungimirante innovazione tecnologica e qualitativa e sul corrispondente maggior impiego di lavoro stabile e qualificato che identificano i paesi nella fascia alta della divisione internazionale del lavoro. Sul piano economico aziendale è particolarmente significativo che l’incentivo dato all’imprenditore che propone e attua la strategia aziendale sia legato a risultati finanziari di breve periodo e non ai risul-tati produttivi; e infatti, le quote di mercato della Fiat sono in caduta libera mentre il valore delle sue azioni cresce. Il referendum di Mirafiori poneva e pone in discussione anche que-stioni che riguardano le regole della democrazia del lavoro e della de-mocrazia tout-court. Come si può ammettere un voto cui si partecipa

con la pistola puntata alla tempia che minaccia i lavoratori, in caso di vittoria del no, di eliminare il posto di lavoro, cioè la fonte di sostentamento per loro e la loro famiglia?Più ancora la vicenda Fiat dovrebbe porre all’attenzione aspetti morali. La Fiat è guidata da un manager la cui paga base è circa quattrocento volte il salario dei suoi operai (con le stock options il rapporto sale a di-verse migliaia di volte). Come si può criticare la resistenza dei lavoratori al ricatto di accettare un ulteriore peggioramento delle condizioni minime di lavoro rispetto a quanto avviene nelle altre grandi imprese auto-mobilistiche europee dove i salari sono superiori anche del 30-40%, l’orario di lavoro è inferiore, i bilanci aziendali sono positivi e le quote di mercato sono crescenti? E come è possibile che queste posizioni, che paradossalmente si ammantano di modernità, possano beneficiare di un consenso molto diffuso anche tra le forze progressiste e di sinistra?Quest’ultima domanda rivela essa stessa la situazione di crisi drammatica in cui versa il nostro Paese che è non solo economica, ma anche civile e morale. Se è vero che un uomo è quello che fa, un paese è cosa produce, come lo produce, come assegna e impiega inizialmente le sue risorse (a cominciare dal tempo di formazione, di lavoro e libero), come ripartisce la responsabilità e l’informazione concernenti le decisioni produttive e come ne distribuisce i risultati. Il declino del nostro paese in atto da almeno due decenni è con-nesso a peggioramenti progressivi su tutti questi piani che concorrono allo sviluppo economico, sociale e civile. I beni prodotti e le tecniche utilizzate sono sempre più “maturi”; ne segue che non abbiamo bisogno di ricerca e di istruzione (i tagli ai finanziamenti della scuola e dell’università non sono un caso e non dipendono solo dalla crisi; come è noto, «la cultura non si mangia» e questo non è più un paese per persone istruite); si cercano invece lavoratori dequalificati da impiegare in modo “flessibile” e basso costo; il reddito e la ric-chezza in senso lato crescono meno e necessariamente vengono distribuiti nel modo sempre più sperequato corrispondente all’organizzazione produttiva; le condizioni dei diritti dei lavoratori e sociali necessariamente devono essere adeguati al ribasso.Il voto No espresso dagli operai di Mirafiori va inteso come un segnale di resistenza e d’inversione rispetto a questa china; le forze progressiste del Paese non dovrebbero ignorare questo segnale, ma accoglierlo e va-lorizzarlo. E a proposito di questioni etiche, sarebbe opportuno che la necessità di riportare l’attenzione sulle problematiche connesse alla vicenda Fiat non venisse “distratta” più di tanto dalla deprimente discussione sulle abitudini sessuali del premier, poiché pregiudicare le regole democratiche e la dignità del lavoro è una questione incomparabilmente più grave, che intacca la struttura portante della nostra convivenza.

Andrea Padovani

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S o t t o b a n c o 3S o t t o b a n c o

E s t r a t t i d a E s s e r e s e n z a t e m p o d i D i e g o F u s a roIl nostro presente è l’epoca della fretta, un “tempo senza tempo” in cui tutto corre scompostamente e senza fermarsi mai, impedendoci di vivere pienamente gli istanti presenti ma anche di riflettere serenamente su quanto accade intorno a noi. Paradossalmente non c’è tempo neanche per riflettere sulla mancanza di tempo... […]Il principio fondamentale della modernità è che in ultima istanza ogni economia è una “economia di tempo”. Il tempo diventa cioè un bene prezioso, essendo il fondamento del capitalismo: il tempo risparmiato nel processo di produzione e di circolazione si riconverte miracolosamente in un valore monetario, nell’ottica di un’economia centrata sul risparmio di tempo e su ritmi produttivi sempre più rapidi. Nel mondo moderno il tempo è denaro e insieme il denaro è tempo. I capitalisti stessi sono per Marx pressati dalla concorrenza ad accelerare i tempi di produzione e circolazione delle merci, ed è per questo che il capitalismo si è storicamen-te profilato come un tentativo ininterrotto di accelerare i tempi di rotazione del capitale, velocizzando così i mutamenti sociali in un costante processo di trasformazione del modo di produzione. […]A fine ‘800 la legge stabilì come non plus ultra della giornata di lavoro le dieci ore. Questa limitazione legale della giornata lavorativa costringeva i padroni a trovare nuovi espedienti per produrre plusvalore e profitto. Non potendo più disporre della giornata del lavoratore secondo il proprio capriccio e non essendo disposto a tollerare un calo nella produzione del profitto, il capitale optò per una riorganizzazione dei tempi di lavoro su nuove basi. Occorreva produrre quanto prima e l’unica via era quella dell’accelerazione smisurata dei procedimenti e delle operazioni del lavoro stesso. Era ora necessario insomma produrre in 10 ore ciò che prima veniva prodotto in 12-13 ore lavorative... Le macchine si rivelarono gli strumenti ideali per compiere ciò, ma dal loro ingresso gli operai di fabbrica furono costretti a conformare i loro ritmi vitali con quelli delle macchine. I ritmi di vita vennero stravolti e disumanizzati. Gli operai stessi vennero “cosificati”, trasformati in macchine da lavoro costrette a ripetere a velocità elevatissime le operazioni più monotone e reificanti. L’intensificazione del processo produttivo, portata ai limiti estremi della sopportazione fisica, produceva alie-nazione e reificazione, finendo per trasformare il lavoratore in un automa, come la satira di Tempi Moderni di Chaplin esemplifica bene. […]Nella prospettiva di Marx l’accelerazione nel ritmo dell’economia e della vita sociale generata dalla moderni-tà capitalistica risulta evidente oltre che nella sfera della produzione delle merci, in quella della loro circola-zione. L’accelerazione del ciclo della produzione determina una corrispondente velocizzazione della circola-zione, perché le merci prodotte a velocità vertiginosa devono essere consumate altrettanto rapidamente, pena “l’incepparsi” del meccanismo produttivo. Nella misura in cui la ricchezza nelle società fondate sul capita-

lismo assume la forma di una immane raccolta di merci diventa una questione di vita o di morte per il capitalismo smerciarle nel minor tempo possibile, sveltendo i tempi della loro circolazione sul mercato: di qui la velocizzazione degli scambi e del consumo che accompagna la storia della società capitalistica fino ai nostri giorni, grazie ai sempre più efficaci sistemi di comunicazione, al flusso delle informazioni, alla creazione di nuovi bisogni indotti da soddisfare con nuove merci. La stessa moda si prefigge appunto quale scopo programmatico l’invecchiamento in tempi accelerati delle merci appena prodotte, non soltanto nel settore dell’abbiglia-mento o in quello della decorazione, ma, molto più diffusamente, nella sfera degli stili di vita e delle attività creative. […]La religione del consumismo impone che le scelte che siamo chia-mati a compiere riguardino sempre e solo il “qui ed ora”. Le de-cisioni hanno cessato di essere prese o pensate in nome di futuri diversi e a lunga scadenza. Discontinuità, oblio, azzardo sono gli ingredienti fondamentali su cui si regge la fretta consumistica, con il suo doppio movimento di programmatica rinuncia al domani e di riproposizione sempre più veloce dell’oggi. [...]Di fronte a tutto ciò oggi la filosofia critica rimane la radice di ogni resistenza al capitalismo.Andrea Padovani

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4 S o t t o b a n c o

L i b e ro d i r i n u n c i a r e a l l a m i a l i b e r t à

A l t a i i n t e r v i s t a A l t a i

Abbiamo confuso la libertà di espressione con il diritto a vomitare sulla società ogni nostro pensiero. Nell’e-sasperazione della libertà d’esprimersi si è contemporaneamente creato il tumore stesso che sta trasformando questa libertà in una forma inutile e svalorizzata dell’espressione. La possibilità di esprimere le nostre tesi dovrebbe portare con se la possibilità di dargli un peso ed un valore, semplicemente per il fatto che rendere comune una tesi od un pensiero è utile solo quando questo gesto gli permette di acquisire un valore all’interno della collettività. Trasformando la libertà in necessità (tipica conseguenza del pensiero capitalista) abbiamo ridotto in modo notevole il valore del pensiero espresso. Un esempio di questo eccesso di libertà può essere trovato nell’arte, siamo arrivati ad un punto in cui ogni individuo con una chitarra in mano crede di essere un’artista, scrive canzoni e si diverte pubblicandole su you-tube. Chiaramente non si può negare la libertà di creare musica, dipinti, libri, … ma dobbiamo anche essere consapevoli che tutta questa mole di opere rende molto difficile o quasi impossibile la valorizzazione di quegli artisti che potrebbero distinguersi per la loro maturazione artistica. Questa mia affermazione non intende criticare la possibilità di esprimersi, ma sempli-cemente rendere chiaro il fatto che stiamo confondendo la libertà a fare qualcosa, con la necessità (quasi l’ob-bligo) di fare qualcosa. Ritengo non sia una mancanza di creatività o di amor- proprio il fatto di tenere i propri esperimenti artistici per se stessi aspettando una maggiore maturazione artistica. Non dobbiamo dimenticare che tutto ciò che viene espresso non viene semplicemente reso alla collettività per sfogo personale, ma perché carico di significato e utile a chi ne potrà godere.L’unica “soluzione” a questa realtà è che ognuno si renda cosciente di quello che sta proponendo. Dovremmo tornare ad avere rispetto per quello che esprimiamo, per noi stessi e per la critica. Tutti dobbiamo essere liberi di negarci la libertà d’espressione, solo in questo modo ciò che esprimiamo tornerà ad acquisire valore per noi stessi e soprattutto per gli altri.Libertà è la possibilità di scegliere contro la libertà.

Finalmente dopo tanto tempo ha deciso di farsi intervistare. Vuol rendere chiari ed evidenti i motivi per cui, dopo un lungo periodo di vicinanza all’ideologia fascista, egli ha ora cambiato idea. Arrivo dunque a casa sua, un grande chalet in legno e pietra pochi passi al di sotto del Monte Bianco. Suono, mi viene aperto, mi tolgo le scarpe e salgo 2 piani di scale arrivando ad un sottotetto dove egli quando è a casa dorme. Mi accoglie con un sorriso e mi invita a sedermi sul letto di fianco a quello su cui normalmente giace la notte.-“Se sei d’accordo possiamo cominciare.”Sorride. Siamo pronti.-“Per iniziare vorrei partire da molto lontano, ovvero dal tuo approccio con la politica. C’è stato un momento chiaro in cui hai iniziato ad interessarti di quelle che sono le ideologie e le differenze tra di esse?”+“Ad essere sincero non me lo ricordo. Sono sicuro però, che mio nonno, quando era ancora in vita, mi parlava spesso della seconda guerra mondiale: mi parlava di Mussolini, di Hitler e degli americani; con toni entusiastici per il primo e sconfortanti per gli altri due soggetti. Ma non saprei collocare questo punto di par-tenza, con certezza, su di una linea temporale. Sta di fatto,però, che col tempo il mio interesse, grazie anche a molti miei compaesani , anche loro di stampo nazionalista, la mia curiosità crebbe, ed arrivò un momento in cui con certezza mi definii fascista.”-“In che cosa credevi esattamente?”

Gianluca Favre

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S o t t o b a n c o 5S o t t o b a n c o

L i b e ro d i r i n u n c i a r e a l l a m i a l i b e r t à

A l t a i i n t e r v i s t a A l t a i

+“Più che altro all’inizio, guardandomi con oggettività, più che fascista vero e proprio, ero più un ducista. Era un apologia continua del duce: <<Ha bonificato l’Agro Pontino, ha fatto le battaglie del grano, ha tentato di ri-elevare la grandezza dell’impero italiano a quelli che erano i fasti dell’ Impero Romano>>. Ma la can-tilena che tra tutte, ripetevo di più, è stata quella di giustificare la scelta di Mussolini di allearsi con Hitler: <<Non poteva fare altrimenti! Hitler avrebbe invaso l’Italia in pochi giorni, Mussolini era un benefattore!>>. Insomma agli inizi, più che credere nei valori e nei fondamenti alla base del fascismo, riconoscevo al duce, una grandiosità quasi divina.”-“Ti sei mai chiesto come mai avevi questa idea di Benito Mussolini?”+“Non me lo sono mai chiesto, perché conosco perfettamente la risposta. Per me fino a quel momento si tratta-va di copia-incollare nozioni apprese da altri, poiché restavo ammaliato dalla passione con cui queste imprese venivano descritte. E tentavo, a volte con successo, di riproporle a mia volta.”-“Poi cosa successe?”+“Poi feci un passo in più. Anzi due passi in più. Analizzai con cura il tipo di governo adottato da Mussolini, ne studiai le cause economiche, sociali, culturali. E giustificai ogni singola mossa fatta dal duce: dal colpo di stato della Marcia su Roma, al corporativismo, dai Patti Lateranensi, alla fondazione della RSI. Addirittura ritenevo le leggi razziali sbagliate, ma giustificabili in vista di un alleanza con Hitler. Insomma ero diventato fascista. Il secondo passo fu comparare lo stato fascista con lo stato liberal-democratico. Ho scritto anche qualcosa che ora cito per dare un idea: <<… Perché è meglio una sincera violenza sovversiva, che promesse ipocrite di un mondo migliore. Perché è meglio una schietta Dittatura, che una falsa Democrazia. Perché è meglio sottomettere, che essere sottomessi …>>”-“Come è stato possibile a quel punto cambiare idea?”+“Se dicessi che è stata una cosa rapida direi una falsità gigantesca. Ma tutto è partito proprio dal mio para-gone con la società in cui viviamo oggi, con l’Italia Berlusconiana. Cito nuovamente <<… e questo ci porta al tracollo ed ad avere come Premier un imprenditore che la filosofia sa solo che è una materia scolastica per ‘’Comunisti’’. Bene non è lui che rappresenta la MIA destra … >>. Ma qual’era la MIA destra? Era così diversa dalla destra che stava (e sta) portando avanti Berlusconi? Stavo criticando un uomo che aveva tentato un colpo di stato negli anni ’80, un uomo che ha utilizzato una campagna propagandistica enorme, un uomo che ha fatto del culto della personalità la sua arma migliore. Stavo criticando qualcuno di troppo simile a quella che era la mia figura di riferimento. E questo fu il primo dei due motivi fondamentali per cui la mia fede stava vacillando.”-“Il secondo invece?”+“Il secondo punto, che io ritengo il più importante di tutti, si basò su un mio, chiamandolo ironicamente, limite. Infatti, nonostante fossi in grado di giustificare, per quanto approssimativamente, ogni azione contro-versa del fascismo, esiste un punto sul quale secondo me chiunque dovrebbe riflettere. Un anno in particolare: il 1926, L’Italia diventa uno stato Totalitario. Attraverso la promulgazione delle cosiddette Leggi Fascistissi-me, Mussolini negò la libertà di parola, di sciopero, di pensiero e di associazione. Il duce ha reso le persone prive di spirito critico, imponendo una volontà. Quella del PNF ovvero la sua. Come era possibile a quel punto per un ragazzo come me, che credeva nella sua stessa possibilità di andare contro il pensiero comune, continuare a difendere un sistema che negava alle persone di dire ciò che pensavano se ciò che pensavano entrava in conflitto con l’ideale fascista? Non potevo più prendere in giro nessuno, nemmeno me stesso. Da quel momento ascoltai anche chi la pensava differentemente da me e capii che la forza delle convinzioni in cui la gente comune crede è più forte di ogni tentativo di spegnerle. Libertà e Giustizia sono i due valori che, anche se stiamo perdendo, ognuno riconosce come fondamentali, e col fascismo non venivano né tutelati né garantiti. Adesso posso definirmi un uomo come tanti, che crede nella Libertà, che crede nella Giustizia, che crede nella Democrazia.”Alzo lo sguardo, sono in camera mia, da solo. Sorrido e pongo fine all’articolo di questo mese per Sottobanco.

PS: Ci sono due cose che voglio specificare alla fine di questo scritto. La prima è che sono stato un cattivo maestro, poiché non dovrebbe mai essere data una testimonianza per esporre un fatto. Si rischia di dare un punto di vista soggettivo ad una questione che dovrebbe essere affrontata in modo oggettivo. D’altro canto credo che sia il modo migliore per me di proporre una lettura critica sul fascismo e sulla presa che ha sulle nuove generazioni. Seconda questione, non ho intenzione di convincere nessuno. Il mio articolo, come ogni articolo che scrivo non prende di mira nessun singolo, né gruppi di persone, bensì vorrei offrire uno spunto di riflessione, sono infatti aperto al dialogo se costruttivo. Il fatto che io scriva su certi argomenti piuttosto che su altri magari più concreti, è dato dal mio limite di essere più capace a trattare temi ideologici o filosofici piuttosto che politici, sociali ed economici.

Gianluca Favre

Altai Garin

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S o t t o b a n c o6 S o t t o b a n c o

S i a t e c i t t a d i n iScriveva Adolf Hitler nel Mein Kampf: “La Grande Bugia è una bugia così enorme da far credere alla gente che nessuno potrebbe avere l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame”. Spesso siamo portati a credere che i politici siano subdoli ma non falsi. Crediamo che i politici si limitino a nascondere le verità ma non che arrivino a mentire. Non è così. Abbiamo passato la politica furba e camaleontica e siamo arrivati alla politica falsa, ad una vera e propria dittatura. Cambiano i protagonisti ma rimane il metodo. Ma come svelare la Grande Bugia? Come scoprire la verità? Come distinguere la buona politica dalla cattiva politica?Lo strumento migliore è l’informazione e l’informazione migliore è quella dalle fonti ma chiaramente oggi è un’operazione difficile. Infatti questo è il lavoro dei giornalisti che però non sono garanti di un’informazio-ne imparziale e completa. Anzi, i giornali non apertamente schierati con questo o quel partito sono pochi e subiscono comunque pesanti influenze. In più se un giornalista sbugiarda o attacca un politico viene imme-diatamente etichettato come al servizio della fazione opposta. Quindi non essendo questo metodo facilmente applicabile dobbiamo passare ad un secondo metodo.Il secondo metodo consiste in un’analisi critica dell’informazione. In poche parole usare la testa. Facile a dirsi ma difficile a farsi anche perché sfido chiunque ad ammettere che non la usi. Come fare?Vi propongo un paio di consigli utili per giudicare le parole di qual-siasi persona, che sia essa un politico o meno e soprattutto indipen-dentemente dal suo pensiero.1) Abbiamo un’ottima Costituzione, una delle migliori al mondo. Quando sentite parlare di “indagare sulla magistratura” ricordatevi della divisione dei poteri, la più grande conquista della democrazia. Quando sentite parlare di “arresti preventivi ai manifestanti” o “abo-lire il diritto di sciopero” ricordatevi che manifestare e scioperare sono nostri diritti fondamentali. Nel dubbio fidatevi sempre della Costituzione. Quando sentite parlare della Corte Costituzionale che indaga approfondite e dubitate sempre perché probabilmente c’è qualche gran porcata sotto. Ricordatevi sempre dei nostri diritti fon-damentali.2) Le critiche politiche si devono basare sulla Costituzione e sulle leggi, non sulla morale o ancora peggio su pregiudizi. Accusare una persona di analfabetismo è molto diverso da accusarla di fascismo perché il primo non è reato, il secondo si. Non è una critica politica definire una persona brutta, analfabeta o nera. Non ha ragione il più bello ma il più giusto.3) Se un accusato accusa l’accusatore non si assolve. Se una perso-na accusata di un crimine scopre che la persona che lo ha accusato è anch’essa criminale questo non la scagiona. Se sono accusato di omicidio e scopro che sono stato accusato da uno stupratore, non siamo entrambi innocenti, anzi. Un ladro più un ladro fa due ladri non zero ladri.4) C’è una grande differenza tra accusato e condannato e soprattutto tra accusato e perseguitato. Si può accusare chiunque ma questo non rende colpevole l’accusato. Se è colpevole spetterà poi ai PM veri-ficarlo. Dubitate ogni volta che vedete un’accusa per diffamazione perché questo non significa colpevolezza anzi, in Italia è fin troppo facile accusare per diffamazione. Negli altri paesi, nel caso l’accu-satore perda la causa, sono previsti rimborsi fino al 50 o 100% della somma pretesa. In Italia se non ci si limitasse al solo rimborso delle spese di processo non avremmo quotidianamente migliaia di accuse infruttuose che intasano i tribunali e danneggiano gli imputati.Inoltre una persona indagata non è né perseguitata dalla magistra-tura né vittima di un complotto. Se una persona è innocente verrà verificato e soprattutto questa persona non avrà niente da perdere

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dalle indagini. Dubitate di tutti quelli che accusano la magistratura di complotti e che si definiscono vittime e perseguitati. La giustizia non è un crimine, anzi.5) Lo Stato non è il governo. Il bene dello Stato è ben diverso dal bene del governo. Può esistere un governo ingiusto e criticare questo governo non significa criticare lo Stato. I governi passano, lo Stato rimane.6) C’è una grande differenza tra verificare una fonte e verificare che sia attendibile. Se verifico che una per-sona, sia anche essa il presidente della repubblica, ha fatto un’affermazione non verifico assolutamente che quest’ultima sia vera. È diverso dire “l’ha detto davvero” e “ha detto il vero”.Questa lista proseguirebbe e anche molto ma vorrei aggiungere anche quella delle “Dieci Giustificazioni Inoppugnabili” che un paio di giorni fa ho trovato sul web.1. Io non delinquo perché sono avvocato2. Io non rapino banche perché ho un conto corrente3. Io non mi ubriaco perché possiedo un bar4. Io non rubo perché sono ricco5. Io non violo i limiti di velocità perché sono vigile urbano

6. Io non mi drogo perché sono farmacista7. Io non dico bugie perché dirigo un giornale8. Io non sono un ruffiano perché dirigo un telegiornale9. Io non faccio sesso con minorenni perché sono nonno10. Io non vado a troie perché sono fidanzatoQueste dieci giustificazioni sono un ottimo esempio di affermazioni da smontare e smentire. Sono un ottimo esempio di bugie politiche. Riconoscerne l’infondatezza logica (la causa è scambiata con l’ef-fetto e un rapporto di necessità si sostituisce a un rapporto di eticità) non serve solo ad aprire gli occhi sulla politica ma anche a parlarne correttamente. Non è una critica politica quella basata sul luogo co-mune. In quanto cittadini dobbiamo essere in grado di parlare di po-litica, difendere le nostre idee e attaccare quelle altrui ma per poterlo fare servono due requisiti.In primo luogo bisogna avere un’ideologia. Il mondo politico è estremamente confuso e tutti promettono belle cose. Niente più crisi ma la crisi c’è. Meno tasse ma crescono sempre. Più diritti ma ne abbiamo sempre meno. Nessuno mette nel programma elettorale la propria immunità o lo stipendio milionario del cugino. L’ideologia non deve per forza coincidere con un partito, anzi sarebbero i par-titi a dover rappresentare le ideologie. La politica nasce dal “penso che in città vada fatto questo, quindi mi candido”; oggi è “penso che in città vada fatto questo, quindi voto lui che lo propone oppure non voto.” Oggi il vero partito emergente è quello degli astenuti. Il problema è il distacco crescente tra cittadino e politica dimostrato da un diffuso scetticismo, gli stipendi esorbitanti dei parlamentari e chiaramente la presenza di moltissimi disagi sociali. Questo distacco è una gravissima piaga della nostra società, difficilissima da sanare ma non per questo dobbiamo smettere di credere nella politica.Scelta un’ideologia, fosse anche quella dell’astenutismo convinto, bisogna però saperla argomentare per essere un buon cittadino. Non si deve assolutamente buttare il proprio voto casualmente e poi ri-trovarsi al bar a dire frasi come “sono tutti dei ladri”, “destra e sini-stra sono la stessa cosa”, “almeno con lui mangio” (in cambio del voto...e della libertà). Questo è anche peggio che votare la cattiva politica consapevolmente perché quel voto buttato potrebbe essere facilmente un voto utile allo Stato. Per questo vi invito a riflettere molto sulla lista (incompleta) sopra, perché dovete saper parlare di politica. Dobbiamo tutti saper parlare di politica perché dobbiamo ricordarci che lo Stato rimane comunque dei cittadini e non di chi ci governa! Matteo Courthoud

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B o i c o t t a r e l a F I AT !Storditi dalle cosce di minorenni e prostitute di vario grado, ci siamo dimenticati che soltanto una decina di giorni fa si è consumato a Mirafiori il più grave attacco al mondo del lavoro dai tempi del fascismo, in una dimostrazione inequivocabile che la lotta di classe esiste ancora, ed è condotta a senso unico dal “grande” padronato. Si predica tutto ciò nel nome del padre, del figlio, e della crescita santa del profitto, secondo il ben noto dogma del credo liberista globalizzato, chiedendo però alla controparte operaia di non farsi trascinare dalle deleterie ideologie che propongono la difesa dei diritti sindacali e costituzionali. Ah l’ipocrisia, o furbi-zia che dir si voglia!Marx ci ha insegnato che in un’azienda produttiva l’imprenditore può fare profitto attraverso tre procedure: aumento quantitativo della produzione; diminuzione del costo del lavoro; innovazione tecnologica.Pensiamoci: produrre più macchine è assurdo. Già oggi l’Italia ne straborda, la Valle d’Aosta poi non ne parliamo, se pensate che in certi orari c’è un traffico da metropoli. E vogliamo pensare all’ambiente nel caso entrino in funzione altri milioni di automobili? E come la mettiamo con la scarsità del petrolio (e di conse-guenza della benzina)?Il costo del lavoro: in pochi hanno ricordato che negli stabilimenti FIAT è compreso (a detta di Marchionne) tra il 7-8% della spesa totale di un’auto, cioè pochissimo, se si pensa che ancora nel 1980 era di circa il 30%...Occorrerebbe quindi che l’imprenditore utilizzasse la sua libertà di sfruttare gli operai per reinvestire il pro-fitto nell’innovazione tecnologica, dando così un’utilità sociale all’idea che l’attività privata funzioni meglio di quella pubblica. Ci si lamenta tanto che in Italia si investe poco nella ricerca, ed è vero. Pochi però sanno che prima degli sciagurati tagli della Gelmini i maggiori responsabili di questi scarsi finanziamenti nel settore “Sviluppo & Ricerca” siano proprio le imprese e le aziende, che nel resto d’Europa arrivano a investire fino al 2% del PIL nazionale (mentre qui se va bene lo 0,5%...).Il problema è che qui abbiamo una classe imprenditoriale parassita che dimostra quanto sia vacua l’idea del “capitalismo etico”. Qui viviamo in un paese in cui si è distrutta un’azienda all’avanguardia come l’Olivetti per necessità di fare profitto immediato, e in cui uno come Marchionne impone sacrifici agli operai pur guadagnando oltre 400 volte ognuno di loro. Come si reagisce a tutto ciò? Attraverso due livelli: 1) occorre creare la massima mobilitazione possibile per lo sciopero generale della FIOM del 28 gennaio, cercando di unire le lotte per i beni comuni (acqua e istruzione) alle rivendicazioni della FIOM. 2) bisogna partire dalla constatazione che in questa società il cittadino medio non è solo un lavoratore che si cerca di sottomettere, ma è anche il consumatore cui si chiede di acquistare la merce che la stessa classe padronale lo costringe a produrre. Per questo la mia proposta provocatoria è di non comprare automobili FIAT finchè la situazione dei diritti lavorativi nell’azienda non venga ripristinata, garantendo così una libera dialettica tra padronato e

sindacati. Sono automobili prodotte con uno sfrut-tamento ottocentesco, e non ci sarà da stupirsi se si sporcheranno di sangue a causa di incidenti sul lavoro resi più possibili dall’aumento dell’orario di lavoro e dalla diminuzione delle pause.Invito piuttosto provocatoriamente a comprare automobili tedesche dove si trovano alcune del-le migliori condizioni lavorative per gli operai. Qui non conta la nazionalità e l’onor di patria. La mia solidarietà non va al ricco e violento italiano Marchionne, ma ai poveri sfruttati sparsi in tutto il globo. Non mi interessa del buon nome della FIAT (così come di qualsiasi altra azienda) se questa non porta benefici alla collettività.Questo è il mio appello, che credo debba essere inserito in un discorso più ampio che colleghi il consumo alle modalità di produzione del prodotto. Forse è un campo su cui la sinistra potrebbe e do-vrebbe lavorare... Alessandro Pascale

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F l y & F i g h t – l ’ a l t e r n a t i v a p o s s i b i l e

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Alessandro Pascale

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F l y & F i g h t – l ’ a l t e r n a t i v a p o s s i b i l e“E’ sera, finalmente riesco a guardare un bel telegiornale. Che gran show, l’attualità!Il primo articolo parla del caso di Arcore: come al solito i magistrati (quei cattocomunisti!) attaccano il nostro beneamato Premier, Berlusconi. Che grand’uomo, il Berlusca! Che hanno da insultarlo? Ha i soldi, il potere, tutte le donne che vuole... E’ giusto che se la spassi,no? Magari poter essere come lui, circondato da decine di puttanelle sexy (e chissenefrega se sono minorenni!)Noi uomini normali, invece, dobbiamo sorbirci ‘ste femministe che si lamentano della perdita di stima della società nei confronti delle donne... Pensate che l’altro giorno ne ho sentito un gruppo che inveiva contro Belen, dicendo che dava un cattivo esempio di successo alle ragazzine.Non hanno capito niente! Di donne medico o avvocato ne abbiamo fin troppe (le infermierine e le poliziottine, invece, non bastano mai...): quelli sono ruoli da uomini! Le belle ragazze non sono fatte per perdere tempo a pensare. Noi uomini abbiamo bisogno di culetti danzanti che ci facciano divertire, non di filosofe!”Siete d’accordo con questi discorsi da “uomo medio”? Oppure siete stanchi, come lo siamo noi, di questa mentalità che ogni giorno umilia la donna e tutto ciò che la riguarda?Non si può più accettare niente di simile.Non è giusto che siano ammesse donne in politica solo grazie alle quote rosa, e che poi queste siano additate come prostitute del capo di partito di turno.Non è accettabile che sul lavoro le donne siano discriminate rispetto ai colleghi maschi solo perché c’è la possibilità che rimangano incinte (non stiamo scherzando: il 26.01.11 è apparsa al telegiornale un vittima di un sopruso di questo genere).E’ inaccettabile che migliaia di ragazze siano costrette a vendere il proprio corpo ogni notte sulle strade pur di continuare a poter vivere in Italia (questo tipo di schiavitù esiste da anni, ma negli ultimi mesi il fenomeno è aumentato fino a raggiungere livelli preoccupanti...).Noi del gruppo Fly & Fight crediamo ci sia un’alternativa possibile, pensiamo veramente di poter costruire un mondo in cui la donna non è vista come una bambola gonfiabile nelle mani dei potenti, ma come una persona al pari dell’uomo, con una dignità da difendere.Per questo ci ritroveremo con chiunque voglia unirsi a noi in questa lotta il 10 febbraio davanti alla cattedrale di Aosta... Chi vorrà discutere con noi, esporci le sue idee, o semplicemente avere informazioni sul nostro gruppo sarà il benvenuto, ragazzo o ragazza che sia!

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5 0 c a n z o n iCi abbiamo provato ma non ce l’abbiamo fatta a sintetizzare in 50 canzoni addirittura 30 anni. Per questo abbiam pensato di fare bene lo splendido ventennio 80-90s spulciando le cose migliori che ci ha regalato con fenomeni musicali come dark, hardcore, metal, indie, grunge, brit-pop, dream-pop e chi più ne ha più ne metta. Sul prossimo numero chiuderemo finalmente questo viaggio nel meraviglioso mondo del rock con una selezione del decennio appena trascorso! (ricordiamo che tutti i pezzi si trovano facilmente su youtube)Bauhaus-Bela Lugosi’s Dead (gothic-dark, 1979)Joy Division-Love Will Tear Us Apart (dark-wave, 1980)The Feelies-Loveless Love (wave-rock, 1980)Psychedelic Furs-Sister europe (dark-wave, 1980)The Cure-Boys Don’t Cry (dark-pop, 1980)Dead Kennedys-California Uber Alles (hardcore, 1980)Iron Maiden-Phantom of the opera (progressive-metal, 1980)Mission of Burma-That’s when I reach for my revolver (post-punk, 1981)Black Flag-Rise Above (beach-punk, 1981)The Gun Club-She’s Like Heroin To Me (punk-rock, 1981)Violent Femmes-Blister in the sun (punk-folk, 1982)Bad Religion-Pity (hardcore, 1982)U2-Sunday Bloody Sunday (alt-rock, 1983)Hüsker Dü-Zen Arcade (hardcore, 1984)Replacements-Unsatisfied (power-pop, 1984)Metallica-Fade To Black (heavy metal 1984)Dream Syndicate-Bullet with my name on it (folk-rock, 1984)The Smiths-I know it’s over (pop, 1986)Dinosaur Jr.-Little Fury Things (indie-rock, 1987)The Pixies-Where Is My Mind (indie-pop, 1988)Guns n’Roses-Sweet Child O’Mine (heavy metal, 1988)Galaxie 500-Strange (pop psichedelico, 1989)Fugazi-Waiting Room (post-core, 1989)Sonic Youth-Dirty Boots (noise-rock, 1990)Ride-Dreams burn down (dream-pop, 1990)The Stone Roses-I Wanna Be Adored (pop psichedelico, 1990)My Bloody Valentine-Sometimes (shoegaze, 1991)Slowdive-Catch the breeze (dream-pop, 1991)Nirvana-Smells Like Teen Spirit (grunge, 1991)Kyuss-Green machine (stoner, 1992)Pavement-Summer babe (rock lo-fi, 1992)Pearl Jam-Black (grunge, 1992)Suede-She’s Not Dead (glam-pop, 1993)Grant Lee Buffalo-Fuzzy (folk-rock, 1993)REM-Everybody Hurts (pop, 1993)Unwound-Valentine card (post-core, 1993) Red House Painters-Katy Song (folk, 1993)Soundgarden-Black Hole Sun (grunge, 1994)Weezer-In the garage (power-pop, 1994)Motorpsycho-Kill Some Day (psichedelia heavy, 1994)Built to Spill-Car (indie-rock, 1994)Jeff Buckley-Lover you should’ve come over (folk-soul, 1994)Low-Words (slo-core, 1994)Oasis-Don’t Look Back In Anger (brit-pop, 1995)Dirty Three-Red (post-rock, 1996)Rage Against The Machine-Bulls on Parade (crossover, 1996)Smashing Pumpkins-Tonight, tonight (alt-rock, 1996)Radiohead-Paranoid Android (alt-rock, 1997)Blur-Song 2 (brit-pop, 1997)Belle and Sebastian-Seeing Other People (indie-pop, 1997)Neutral Milk Hotel-Two headed boy (indie-rock, 1998)

Alessandro Pascale

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S o t t o b a n c oMirafiori, vince il sì. Decisivi gli operai all’estero.Lo spoglio si è protratto fino a tarda notte. Tanto per prendere l’abitudine.Per la dirigenza ora è necessario allargare il consenso degli operai. Bell’eufemismo.In Fiat si pensa già al futuro: presto Mirafiori sparirà da Google.Tunisia: screditato e braccato, il presidente fugge nella notte lasciando il paese nel caos. Presto anche su questi schermi.Un morto ad Hammamet. Stavolta è una cattiva notizia.Ora il governo tunisino è retto da un direttorio di sei persone. Scelte tra quelle che non avevano ancora chiuso la valigia.Una troupe del Tg3 è stata aggredita da alcuni manifestanti. Aizzati da una troupe del Tg1.Pentito di mafia accusa Berlusconi per le stragi del ’93. Ghedini:“Erano bombe ornamentali”.“Berlusconi doveva abolire il 41 bis, cosa che non è successa”. Che disonesto.Le stragi avevano l’obiettivo di ammorbidire la legge sul carcere duro. Per Berlusconi era un piano pensio-nistico.Caso Ruby, perplessità dal mondo ecclesiastico. La ragazza non è battezzata.Il premier: “C’è un disegno per farmi fuori”. No no, ci sono proprio le foto.Ora il premier è blindato ad Arcore. Be’, è già qualcosa.Vent’anni fa nasceva l’informazione di Mediaset. È l’unica maggiorenne tra le puttane di Berlusconi.Andreotti compie 92 anni. Però se stiamo sempre qui a contare non ci passa più.Berlusconi accusato di prostituzione minorile. Ma nessuno è un vecchio porco fino all’ultimo grado di giu-dizio.Monsignor Fisichella: “La figa è la figa”.Berlusconi indagato anche per concussione. Ma così, in generale, nella vita.Il premier: “Si sta sovvertendo la democrazia”. Finalmente l’annuncio ufficiale.In comunità, Ruby si vantava con le altre ragazze: “Lo sapete chi conosco io?”. Ma lo conoscevano anche loro.Ruby trascorse ad Arcore tutta la notte del 25 aprile. Complimenti per la resistenza.Ghedini, raggiunto telefonicamente dai giornalisti: “Accuse risibili e strumentali”. Era la segreteria.Secondo i legali del premier, la procura competente sarebbe quella di Monza. Le ragazze infatti erano tutte del circuito.Berlusconi si difende con un video. Azzeccata la scelta di non indossare l’impermeabile.“Da tempo ho un rapporto stabile con una donna”. Quindi i festini sono una copertura.(Berlusconi sostiene di avere una fidanzata. Ma non riuscirà a impietosirci)“Da tempo ho una relazione stabile”. È lei che va con tutti.Berlusconi: “Spesso, nelle conversazioni private tra amici, ci si vanta per gioco di cose mai accadute”. Tipo aver pulito Napoli.

tratto da spinoza.it

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CICL.IN.PROP.VIA MOCHET,7 PRC

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U l t i m e l e t t e r e d e i c o n d a n n a t ia m o r t e d e l l a Re s i s t e n z a I t a l i a n a

Mario Batà (Roma 1917 – Macerata 20-12-1943)Di anni 26. Iscritto alla facoltà di ingegneria dell’Università della capitale, nel 1940 sospende gli studi per rispondere alla chiamata alle armi. Tenente di complemento nel Genio militare, dopo l’armistizio dell’8 set-tembre 1943 ed il conseguente sbandamento dell’esercito, anziché tornare a casa decide di unirsi alle prime bande partigiane marchigiane, comandando la formazione del comune di Cingoli. Ne cura l’organizzazione e l’armamento, compiendo le prime azioni di guerra. Nel novembre del 1943 viene catturato dai fascisti durante un’azione a Macerata. Rinchiuso nelle carceri cittadine, a dicembre viene processato e condannato a morte dal tribunale di guerra tedesco. Fucilato il 20 dicembre 1943 a Sforzacoste (MC) da plotone tedesco. Alla sua memoria è stata conferita la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione: “Organizzatore del movimento clandestino nella zona di Macerata, si esponeva ai più gravi rischi per il potenziamento delle ban-de armate partigiane da lui formate con sicura fede patriottica. Arrestato su delazione e condannato a morte chiedeva che gli fosse concesso di indossare l’uniforme e che la sua salma fosse sepolta avvolta nel tricolore, affrontando quindi, con serena fierezza, il plotone di esecuzione. Riceveva in pieno petto il piombo fratricida che troncava nelle sue labbra la suprema invocazione alla Patria. Fulgido esempio di elette virtù militari, che ha legato il suo nome alla storia della redenzione d’Italia.”

Macerata, 20 dicembre 1943

Cari genitori,il vostro Mario, quando riceverete questa lettera, non sarà più nel mondo dei vivi.

La così detta giustizia umana ha troncato la sua vita nel mondo dei vivi.Non piangete, non disperatevi, io sarò sempre vicino a voi e vi verrò spesso a trovare.

Pensate che non sono morto, ma sono vivo, vivo nel mondo della verità.Mamma, papà, Maria, non addio, arrivederci.

La mia anima sta per iniziare una nuova vita nella nuova era.Desidero che la mia stanza rimanga com’è... io verrò spesso.

Perdonatemi se ho preposto la Patria a voi.Arrivederci.

VostroMario